a) per quello che riguarda la discriminazione (perch sul resto meglio stendere un velo pietoso, come ad esempio la buffonata della scomparsa della parola cpt...) da valutare in maniera insoddisfacente il mancato inserimento nel testo del d.lgs. 215/03 di una disposizione in merito allinversione dellonere della prova, laddove la modifica non presenta particolari caratteri di novit:

Si ricorda che la direttiva 2000/43/CE, in merito allattuazione del principio di parit di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dallorigine etnica, allart. 8 faceva esplicito riferimento alla necessit di stabilire, allinterno dei procedimenti riguardanti i casi di discriminazione, un principio di inversione dellonere della prova che favorisse realmente la persona che lamentava di essere stata vittima di una condotta discriminatoria, e stabiliva che innanzi allesposizione di fatti dai quali si potesse (anche solo) presumere che ci fosse stata una condotta discriminatoria, spettasse al convenuto lonere di provare di non aver violato il principio di parit di trattamento. Quindi, inversione dellonere della prova in senso pieno.

Il decreto legislativo 215/2003, nel dare attuazione interna alla normativa europea, ne aveva completamente disatteso lintenzione originaria, facendo riferimento, al 3 comma dellart. 4,  semplicemente al meccanismo delle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. e rimettendo cos alla prudente valutazione del giudice solo quei fatti gravi, precisi e concordanti da cui si potessero trarre conseguenze logico-fattuali.

Lemendamento inserito in sede di conversione del decreto legge non sembra per apportare le modifiche auspicate:

 

Art. 2-ter. Al decreto legislativo n. 215 del 2003, allarticolo 4, comma 3 sostituito con il seguente: 3. Qualora il ricorrente al fine di dimostrare la sussistenza di un comportamento discriminatorio a proprio danno, deduca in giudizio elementi di fatto in termini gravi, precisi e concordanti incombe alla parte convenuta provare che non vi stata violazione del principio della parit di trattamento.

 

E infatti evidente che la norma cos come modificata non cambia per nulla la sostanza del problema, finendo per riproporre il consueto schema di ripartizione dellonere probatorio fra attore e convenuto e evitando una volta ancora di introdurre un vero e proprio sistema processuale realmente favorevole alle vittime di discriminazioni.


b)
Una piccola modifica anche a quanto previsto dallart. 2 comma 3 (quello su cui stiamo basando lazione civile contro Fini...)

Art. 2-bis. Allarticolo 2 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, al comma 3 le parole: umiliante e offensivo sono sostituite con le seguenti: umiliante o offensivo.

Nulla di che: viene corretto quello che gi veniva pacificamente considerato alla stregua di un refuso.

Al massimo, eviter quantomeno che qualcuno interpreti in modo del tutto restrittivo il testo della norma (laddove si fa riferimento a condotte che, poste in essere per motivi di razza o origine etnica, avessero lo scopo o leffetto di violare la dignit di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante e offensivo), finendo per considerare gli attributi negativi del clima creato dal comportamento discriminatorio o molesto non come fra loro alternativi, ma come necessariamente compresenti  perch ci possa essere una molestia o condotta discriminatoria.

Ecco allora come appare il testo definitivo dellart. 2 comma 3 del decreto legislativo 215/03:

Sono, altres, considerate come discriminazioni, ai sensi del comma 1, anche le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi di razza o di origine etnica, aventi lo scopo o leffetto di violare la dignit di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.


c)
Una piccola modifica anche per quel che riguarda quelle condotte discriminatorie o moleste poste in essere come ritorsione a precedenti azioni oppositive:

Art. 2-quater. Al decreto legislativo n. 215 del 2003, allarticolo 4 comma 5, sono soppresse le parole: del soggetto leso.

La modifica amplia lambito di tutela rispetto alle ritorsioni o azioni di rivalsa poste in essere come reazioni ad attivit oppositive iniziate dal soggetto leso lesa dalla condotta discriminatoria (condotta evidentemente preesistente).

La modifica in esame, eliminando il riferimento esclusivo alla vittima della condotta, comporta che siano vietate anche le condotte discriminatorie di rivalsa che colpiscono il singolo in ragione di quelle azioni contro le discriminazioni che vengano portate avanti non da lui medesimo, ma da soggetti terzi, come associazioni o enti esponenziali.


Il testo dellart. 4 , n. 5 del d.lgs. 215/03 diviene pertanto:

Il giudice tiene conto, ai fini della liquidazione del danno di cui al comma 4, che latto o il comportamento discriminatorio costituiscono ritorsione ad una precedente azione giudiziale ovvero ingiusta reazione ad una precedente attivit volta ad ottenere il rispetto del principio della parit di trattamento.

d) Lultimo punto, forse quello che sta suscitando maggiori polemiche per il riferimento alla  sanzione per le condotte cosiddette omofobe, ma non solo, riguarda la modifica della legge 654/75:

Art. 1 bis: All'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, il comma 1 sostituito dal seguente:

Salvo che il fatto costituisca pi grave reato, anche ai fini dellattuazione dellarticolo 4 della convenzione punito:

a) con la reclusione fino a tre anni chiunque, incita a commettere o commette atti di discriminazione di cui allarticolo 13, n. 1 del trattato di Amsterdam;

b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, in qualsiasi modo incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per i motivi di cui alla lettera precedente.

 

      I motivi cui si fa riferimento sono quelli basati su sesso, la razza o lorigine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, let o le tendenze sessuali (o lorientamento sessuale, come pare di capire).

      Rispetto alla dicitura della normativa penale comera finora, stato tolto il riferimento allelemento della nazionalit. E tutto da vedere cosa questo comporter in futuro. Sar di certo interessante il dibattito che si aprir sui nuovi motivi cui la norma fa riferimento, posto che, come mi sembra si sia gi affrettato a dire un ministro del governo in carica, la norma non venga di nuovo modificata.

      Altro aspetto che suscita estrema perplessit che sembra che, con la modifica cos come presentata nel testo, venga abrogato sic e simpliciter il reato di diffusione/propaganda di idee discriminatorie! Sembra infatti che la norma del disegno di legge sostituisca in toto il precedente art. 3 comma 1 della legge 654/75 con la previsione di illiceit penale della sola condotta dell'incitamento, dimenticandosi per di fare riferimento alla condotta di "diffusione" di idee razziste. Non ci si pu augurare altro se non che si sia di fronte ad una semplice svista (seppur madornale!) cui dar subito rimedio.

      Infine, si ritornati, sia dal punto di vista delle sanzioni, che da quello delle condotte, a quanto prevedeva la legge Reale prima della modifica operata dalla legge 85/2006, con il reingresso della previsione del divieto dellincitamento in luogo della istigazione introdotta dalla norma dello scorso anno, con la previsione della pena detentiva nuovamente fissata fra i sei mesi e i  quattro anni, rispetto a quella pi mite precedentemente prevista, e la contestuale eliminazione dellalternanza fra reclusione e multa.