Comitato Schengen - Seduta del 15/2/2007

 

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Audizione del presidente della Commissione per le verifiche e le strategie dei centri per gli immigrati, ambasciatore Staffan De Mistura.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'immigrazione e l'integrazione, l'audizione del presidente della Commissione per le verifiche e le strategie dei centri per gli immigrati, ambasciatore Staffan De Mistura, che ringrazio sinceramente a nome del Comitato. Si tratta di un'audizione di grande rilievo richiesta da vari membri sia per l'interesse del lavoro che stato svolto sia perch il tema dei centri stato pi volte evocato nel corso dei lavori avviati. nostro interesse avere da lei, ambasciatore, una presentazione dei risultati dell'indagine e una valutazione sul funzionamento attuale dei diversi tipi di centro, in considerazione dei dati raccolti e delle categorie degli stranieri presenti nei centri, delle tipologie dei servizi, dei sistemi di identificazione utilizzati, dei costi e delle criticit riscontrate. Purtroppo, abbiamo dei problemi di tempo, dovendo per le 15 tornare in aula per partecipare ai lavori dell'Assemblea.

 

La ringrazio nuovamente e le passo la parola.

STAFFAN DE MISTURA, Presidente della Commissione per le verifiche e le strategie dei centri per gli immigrati. Grazie presidente. Vi ringrazio per avermi dedicato l'opportunit di presentare il risultato del lavoro della Commissione. Dato che i tempi a disposizione sono ristretti, piuttosto che elencare ci che riportato nel rapporto, comunque disponibile in quanto di pubblico dominio, preferirei attirare la vostra attenzione su alcune conclusioni. L'ideale sarebbe trovare, insieme, formule che diventino realt. Come sapete, ho un passato neutrale sull'argomento e credo che uno dei motivi per cui sono stato coinvolto il fatto che, per molti anni, ho avuto modo di vedere le realt di chi parte. Vorrei essere utile al mio paese in un ambito che non riguarda soltanto l'Italia, ma ha carattere internazionale.

La prima domanda che mi sono posto insieme ai membri della Commissione ( una domanda che tutti dobbiamo porci) , piuttosto che chiudere o aprire, espandere o meno i centri, capire se il sistema attuale funzionasse, se rispondesse alle aspettative di chi ha approvato una legge e, a distanza di pochi anni, un'altra legge. Fermo restando che ognuna delle due leggi varate erano basate sulla fotografia di un momento storico in cui un determinato problema andava affrontato in maniera decisiva e dimenticando qualunque altra analisi, la domanda che ci siamo posti stata, ripeto, se il sistema funzionasse. Siamo arrivati unanimemente alla conclusione, dopo avere visitato tutti i quattordici centri e aver fatto circolare alcuni questionari che sono serviti a darci un'indicazione sufficientemente chiara, che il sistema, oggi, come tale non funziona. Alcuni alti funzionari che si occupano della questione hanno detto che se si fosse trattato di un'azienda privata, sarebbe stata un'operazione fallimentare.

Vi fornisco alcune cifre per poi giungere alle conclusioni. I centri sono 14; i posti 1.940; le persone che transitano per i centri 22 mila dall'anno scorso ad oggi, di cui sono state identificate 8.400 e non identificate pi di 11 mila. Dobbiamo inserire questi dati nel contesto generale: in Italia vi sono un po' pi di 300 mila irregolari (non sapremo mai la cifra esatta); sono coinvolti 970 agenti di polizia, che potrebbero essere usati in altre circostanze o in maniera pi focalizzata. Inoltre, sono state realmente espulse seimila persone circa (le cifre non sono precise ma ci siamo basati su stime). In merito ai costi, ogni espulsione costa circa 15 mila euro. Nel 2006, sono stati stanziati 95 milioni di euro. Come dicevo al presidente poco fa, abbiamo chiesto di avere informazioni precise sui costi, ma non ci sono pervenute. Probabilmente voi stessi avrete interesse a chiederle dato che dovranno essere ben quantificate. 120 milioni di euro sono serviti per la costruzione dei vari CPT; il costo medio di un nuovo CPT di circa 6 milioni di euro; il costo medio di una gestione di un CPT 1,3 milioni di euro; i costi totali per le operazioni di contrasto sono 164 milioni di euro. Sono cifre che ho citato per darvi l'idea complessiva. Gi il solo dato relativo all'espulsione di seimila persone sulle 22 mila che sono passate per i CPT farebbe considerare, dimenticando qualunque posizione ideologica, che il sistema non funziona.
Ci siamo recati in Francia e Spagna per capire cosa fanno in quei paesi. Senza entrare nei dettagli, anche per rispetto all'ospitalit offerta, loro non hanno come noi una Commissione indipendente ed erano cauti ma molto curiosi e interessati al fatto che l'Italia avesse intenzione di rivedere la situazione. La loro condizione simile alla nostra: non stanno risolvendo il problema. Chiamano i centri diversamente, in maniera pi marcata; hanno numeri leggermente diversi, ma solo leggermente. Le statistiche relative alle espulsioni sono migliori, perch inseriscono nei CPT soltanto chi realmente da espellere in quel momento, ma anche loro stanno brancolando di fronte ad un problema che in espansione e che non si sta risolvendo.
Passo ad alcuni esempi pratici. Nei CPT abbiamo trovato pi del 47 per cento di rumeni, che ora non sono pi nei centri, e pi del 60 per cento, in alcuni casi, di ex carcerati che, terminato di scontare la pena carceraria, erano finiti nei CPT. Un caso classico (non menzioner certamente il suo nome) quello di una persona dell'est europeo che aveva scontato dieci anni e sette mesi di prigione, in Italia, periodo durante il quale non era stato identificato. Al termine del periodo di detenzione, uscito con l'indulto (abbiamo trovato molti soggetti usciti con l'indulto perch i tempi delle nostre visite hanno coinciso con l'effetto collaterale dell'indulto ed era normale che ne trovassimo molti), stato mandato nel CPT. Naturalmente non potendo identificare in sessanta giorni chi non si riuscito a identificare in dieci anni, stato dato a questa persona un foglio di via. Lui non va via, ma finisce nelle strade, cerca di scomparire, entra nuovamente nel giro perch non ha forse altre opzioni, viene rimesso in carcere e dopo uno o due anni di prigione, ancora non identificato, torna al CPT. Questo una sorta di giro di porte scorrevoli. I colleghi della pubblica sicurezza o di altre amministrazioni che si occupano di ci sono perplessi della futilit della situazione. Vi sono persone che sono passate sei volte per i CPT e alcuni di loro sono stati ritrovati in Spagna o Francia.
Ci siamo chiesti, visto che il problema non stato risolto e non si sta risolvendo, perch non spostare la nostra ottica dalle costruzioni, dalle questioni riguardanti le grate, i bagni, le cucine (che in alcuni casi vanno migliorate, in altri non sono male), alle persone, visto che le persone sono parte del problema e, forse, della soluzione. Coloro i quali partono, in buona misura, il 97 o 98 per cento, lo fanno per un motivo economico e vengono per trovare un'attivit economica. Molti di loro non si fanno identificare perch sanno che il sistema migliore per continuare ad avere una chance per restare in Italia. Buona parte di loro non vogliono farsi mandare indietro, perch l'umiliazione e la vergogna di tornare al loro paese da cui sono partiti sfidando il mare o altro unita al debito contratto tale per cui faranno di tutto, anche tagliarsi le vene, per non tornare. E diventano i casi pi difficili, quando potrebbero essere attivati per diventare parte della soluzione, pi umana e pi efficace, del problema. Fermo restando (e finisco con l'aspetto, diciamo cos, pi filosofico della questione per passare ai dettagli operativi) che la sicurezza dei cittadini in Italia deve essere prioritaria e che ci accorgiamo che soltanto seimila persone sono espulse dai CPT e che sono premiati coloro che non dichiarano la propria identit e, paradossalmente, puniti coloro che sono identificati (essendo i primi ad essere espulsi), perch non gradualizzare una serie di incentivi e, allo stesso tempo, gli approcci punitivi? Lo facciamo con i peggiori criminali al mondo: perch non farlo con chi, nel 98 per cento dei casi, non ha un motivo criminale per venire in Italia, anche se forse finisce in un giro criminale per nascondersi o per altri motivi? Cerchiamo di farli parte della soluzione.
La proposta di puntare sulle persone. Sperimentiamo, proviamoci, visto che le grate da sole non sono bastate e non hanno risolto il problema e, anzi, diventano in parte una frustrazione per chi deve gestire i CPT. Togliamo dai centri, in primo luogo, chi non ci deve stare, come gli ex carcerati. Se vogliamo che qualcosa del rapporto diventi realt, come si augura chi lo prepara, sarebbe di aiuto stimolare e premere sul Ministero della giustizia affinch il paradosso che persone che sono detenute in carcere per anni e non sono state identificate vengano inviate nei CPT per esserlo nei famosi sessanta giorni. una categoria di persone che dovrebbero essere espulse direttamente dal carcere e non essere inviate nei CPT. Sarebbe un elemento di non contaminazione dei CPT, in cui abbiamo trovato ex carcerati, colf, persone che non hanno rinnovato il permesso di soggiorno perch hanno perduto la propria opportunit di farlo e altre persone che potrebbero essere vittime di tratta e, quindi, dovrebbero essere protette prima. Per non mandare gli ex carcerati non identificati nei CPT, servir uno sforzo particolare del Ministero della giustizia e bisogner aiutarlo, dare maggiori risorse, ma risolveremmo una questione a valle. Inoltre, nel rapporto abbiamo fatto una proposta relativa a quelle persone che potrebbero essere oggetto di tratta, affinch non entrino nei CPT ma rientrino, ad esempio, nell'articolo 18, meglio applicato. Poi, dobbiamo considerare quelle persone che hanno avuto il permesso di lavoro e che diventano over-stayer perch il permesso di lavoro non stato rinnovato. Infine, chi disposto a farsi identificare ed pronto a collaborare deve avere una serie di premi e applicate misure, comunque restrittive, ma ben diverse da quelle della terza categoria, l'ultima, quella degli irriducibili.
Per chi pensa (anche io l'ho pensato) che ci possa apparire un invito al cosiddetto irriducibile, dopo aver fatto un'analisi con chi deve gestire questi problemi, rispondo che se riusciamo a ridurre il numero delle persone nei CPT svuotandoli delle categorie di cui ho parlato, e lavoriamo sull'incentivazione e gradualizzazione di premi e punizioni, avremo molte pi risorse in termini finanziari e di Forze di polizia per seguire il vero gruppo di persone che deve essere seguito, quelle persone che alla fine sono coloro che circolano mentre i buoni, gli ingenui stanno nei CPT e sono espulsi.
Questa la filosofia del rapporto. Si pu discutere su quanti debbano essere i giorni per cui bisogna rimanere nei CPT. Abbiamo considerato 5 e 20 giorni. La proposta pu sembrare limitata, ma ci dovuto ad alcune considerazioni. La prima una verifica con gli altri paesi europei: in Danimarca sono previste 72 ore, in Finlandia 4 giorni, in Francia 32 giorni, in Ungheria un mese, in Irlanda 8 settimane, in Spagna 40 giorni, in Svezia 10 giorni, in altri paesi 5 mesi e 6 mesi nella Repubblica Ceca. Ogni paese ha una sua logica. Noi ci troviamo in prima linea essendo costantemente coinvolti dagli arrivi, ma l'argomento usato che dato che i CPT sono stati creati per identificare le persone, facilitare la loro espulsione, trovare i documenti di viaggio e il vettore, se le persone si fanno identificare questa parte sarebbe superata e si calcolato, insieme ai funzionari del Viminale, che riutilizzando risorse ora spese nella situazione attuale da porta girevole si potrebbe aumentare il numero di vettori affinch, in cinque giorni, il tutto funzioni effettivamente. In merito ai 20 giorni per gli irriducibili, termine che potrebbe sembrare riduttivo, abbiamo fatto calcoli statistici. Nei primi 30 giorni avviene il 90 per cento delle identificazioni. Chi non stato identificato in questo lasso di tempo non lo neanche dopo perch, ovviamente, sa come nascondere la propria identit.
Nel rapporto vi sono elementi che riguardano il cosiddetto fine tuning cio i piccoli ma importantissimi dettagli, come i minori, le raccomandazioni su come affrontare la questione della tratta di persone, la prevenzione, la punizione (dobbiamo ricordare che nello stesso CPT vi pu essere chi vittima a fianco del carnefice e quindi ha timore di denunciare quella persona che dovrebbe essere mandata in carcere, e insieme vi la categoria delle colf e altri soggetti) e la necessit di apportare alcuni miglioramenti relativi al funzionamento dei CPT, ad esempio avere maggiore trasparenza. Nell'opinione pubblica, nella stampa e in molte associazioni vi la sensazione che, essendo i CPT irraggiungibili e non visitabili se non da deputati e pochi altri, siano luoghi misteriosamente crudeli. Devono essere resi pi trasparenti, affinch possano essere visitabili, come stato per noi. Inoltre, vi l'aspetto relativo ai CID e ai CPA. Nel rapporto proponiamo che i CID debbano essere gradualmente modificati, affinch si utilizzi lo SPRAR (Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati), un sistema abbastanza efficace che gi esiste in Italia e, con i contributi delle varie realt cittadine e delle associazioni, fa s che si possa realizzare lo stesso lavoro a costi minori. Invece, vanno rafforzati i CPA, i centri di prima accoglienza, che inevitabile avere, dato che gli arrivi avvengono a ondate.
Inoltre, noto a voi tutti che ci che vediamo arrivare a Lampedusa la punta dell'iceberg. I veri arrivi sono diretti altrove.
Infine, quando siamo andati in Spagna e in Francia, abbiamo notato che i francesi e gli spagnoli, come altri, erano alla ricerca di una formula. Ho avuto un senso di orgoglio italiano, legittimo. Siamo in prima linea e per questo motivo abbiamo grandi difficolt, un po' come la Spagna, ma gli altri non hanno trovato la bacchetta magica, anche perch il problema in evoluzione continua. Poich si deciso di avere un dibattito, stata istituita una Commissione e dato che anche in Europa si dovr dibattere di ci, anzi si sta gi dibattendo, sarebbe bello avere quella componente di creativit italiana, che ci sempre stata riconosciuta, che ci permetta di non rimanere incastrati contro un muro e una sbarra affermando che questa sia la formula magica. Al di l di quale sar la soluzione, mi piacerebbe molto che riuscissimo a trovare una formula diversa.

PRESIDENTE. Ringrazio l'ambasciatore e do la parola ai colleghi per eventuali domande che intendano porre.

TITTI DI SALVO. La comunicazione stata ricchissima di spunti e per questo difficile interloquire. Ringrazio l'ambasciatore per l'umanit oltre che per la quantit di informazioni date. importante che nella comunicazione politica l'elemento di umanit compaia e la comunicazione non sia asettica. Trovo particolarmente interessante che l'umanit divenga un criterio di approccio al tema e non soltanto un aspetto della sfera dei sentimenti.

Aggiungo una riflessione, peraltro contenuta nell'ultima osservazione fatta dall'ambasciatore, su un argomento che il Comitato ha gi avuto modo di affrontare nell'audizione con il commissario Frattini. Non vi dubbio che il tema non temporaneo, che i flussi migratori sono strutturali, che le ragioni che lo determinano sono economiche, quindi relative alle differenze tra nord e sud del mondo e andrebbero affrontate con un mix di strumenti, tra cui la politica agricola europea. Esiste, insomma, un problema di prospettiva e un problema immediato. Condivido il suggerimento dell'ambasciatore di arrivare ad un approccio europeo, da inserire nell'agenda di oggi e non solo in prospettiva. Il Comitato ha inteso svolgere un'indagine sul processo di integrazione nel nostro paese avendo come approccio la questione dell'integrazione a livello europeo. Il tema delle buone pratiche da compiere in Europa si sposa con la scelta italiana di istituire una Commissione, che rappresenta un esempio di buona pratica.

Le soluzioni sono da trovare ma, il fatto che vi sia una Commissione indipendente che abbia inquadrato il tema, che vi sia la consapevolezza che la soluzione debba trovarsi a livello europeo, che l'umanit, oltre alle ragioni economiche, sia un criterio di approccio utile, sono tre aspetti importanti da sottolineare.

ISABELLA BERTOLINI. Ringrazio l'ambasciatore per il lavoro svolto in questi mesi. Lo abbiamo visto girare per l'Italia in modo faticoso. Avremo modo di leggere il rapporto; comunque, gli spunti che lui ha offerto oggi sono molti. Lei, ambasciatore, ha detto con grande chiarezza che il sistema non funziona e che le nostre problematiche sono comuni agli altri paesi, al di l del numero di giorni di permanenza all'interno dei centri. Rispetto alla questione dell'identificazione, una problematica ampia che certamente non pu risolvere lei n noi, vi sono proposte che provengono anche dagli altri paesi? Stiamo ragionando sui giorni di permanenza, su come svuotare i centri e riadattarli, ma nessuno riesce a proporre un modo in cui ovviare a tale problematica. I dati che lei ha fornito, cos allarmanti nel rapporto tra costi e risultati, sono comuni agli altri paesi? preoccupante il fatto che si investano molte risorse che risultano quasi vanificate rispetto all'obiettivo datosi.

Quanto emerge dal rapporto e dal suo intervento odierno che non vi sono reali alternative al sistema dei centri, al di l di come possiamo chiamarli (di identificazione, di permanenza o altro) e che questo sistema sia da migliorare.

Inoltre, dai dati citati, considerando che il gruppo dei rumeni, il 47 per cento, oggi non rappresenta pi un problema e che se si potrebbe evitare di inviare nei centri l'altissima percentuale dei carcerati, ci contribuirebbe a ridimensionare di molto il problema. Certo bisognerebbe trovare una soluzione legislativa, di comune accordo o di provenienza governativa, ma quello che vorrei sapere se ritenga che ci renderebbe efficace ed effettivo il lavoro delle forze dell'ordine.

Rimane il fatto che la questione dell'identificazione rimarrebbe, passando in capo al Ministero della giustizia. Se non scioglieremo questo problema, al di l delle soluzioni che troveremo (e al momento non ne vedo all'orizzonte), non risolveremo la situazione.

MERCEDES LOURDES FRIAS. Volevo anch'io ringraziare l'ambasciatore per l'illustrazione cos puntuale del lavoro effettuato. Ho letto il rapporto, che gi circola da qualche giorno. Faccio parte di quella categoria di esagitati che hanno sempre contestato l'esistenza dei centri, gi da quando si discuteva la legge del 1998, la Turco-Napolitano, che li ha istituiti. Allora, come giustificazione si diceva che la politica dell'emigrazione sarebbe stata sempre pi europea e, poich i centri esistevano anche negli altri paesi europei, avremmo dovuto fare altrettanto. Dalla sua relazione emerge che i paesi che avete visitato non hanno trovato una soluzione. Il fatto di dire che anche gli altri avessero intrapreso questa strada non dimostrava nulla e non risolveva automaticamente nulla, anzi sta dimostrando che a livello europeo vi un dispendio assurdo di risorse. Suppongo che il ministro, quando ha deciso di istituire la Commissione, non era certamente del mio parere cio che non vi debbano essere i centri; ma vi ha incaricato di vedere come stavano le cose, immaginando che sarebbero emersi alcuni problemi di funzionamento (come si denuncia attraverso la stampa o in Parlamento). Nessuno, neanche noi che contestiamo radicalmente i centri, aveva la misura esatta delle dimensioni di questa assurdit. Noi denunciamo l'incostituzionalit dei luoghi, ma ora emerso che non solo sono incostituzionali ma che non funzionano, cio non rispondono all'obiettivo per cui sono stati costituiti, sono completamente inutili e, in aggiunta, rappresentano un costo enorme. Non so come possiamo sopportare in coscienza che i soldi siano spesi in questa maniera. Se si costruisce un'aula di scuola per i bambini rom c' chi fa una manifestazione perch ritiene che i soldi siano buttati via e, poi, nessuno s'indigna di tutto ci.
Lei ha presentato delle proposte indicando dove si debba andare. Le chiedo cosa pensi del fatto che non avere, nella legge, una regola d'ingresso in Italia sia ci che determina la clandestinit. Infatti, tutti coloro che vengono in Italia o entrano clandestinamente o hanno un visto di breve durata e poi diventano irregolari. Non vi sono regole d'ingresso e vi una massa enorme di persone che arriva in cerca di lavoro. Conosco bene la situazione che lei ha descritto tramite amici e tramite la mia famiglia. In una visita che ho fatto al CPT di Torino ho incontrato una donna africana che vive in Italia da dodici anni. Per i motivi che conosciamo non ha potuto rinnovare il permesso di soggiorno. Dopo aver litigato con il padrone di casa, dove ha sempre abitato, questo ha chiamato la polizia e lei stata portata in un CPT. un'assurdit; si tratta di una persona che ha sempre lavorato e che tutti conoscono nel quartiere. una situazione di vulnerabilit in cui sono ridotte le persone. I luoghi sono assurdi e la stessa legge assurda. il meccanismo di clandestinizzazione che rende il fenomeno di dimensioni maggiori. Vi dovrebbero, invece, essere meccanismi di regolarizzazione. La presenza irregolare l'unico illecito non redimibile, a meno che non si faccia una sanatoria, con cui risolvere tutto. La maggior parte dei migranti, i tre milioni che oggi hanno un permesso di soggiorno, sono stati clandestini e la situazione stata risolta con le sanatorie. Il problema a monte, quando si identifica come criminale il clandestino. Ci passato nella cultura e diventa difficile fare un discorso come il suo, ambasciatore, sostenendo la necessit di svuotare i centri dato che vi sono categorie di persone che non devono trovarvisi. Se andiamo a guardare, rimangono solo le colf, e anche su questo avrei molto da dire.
Non ho capito bene, invece, quando lei ha parlato del meccanismo di incentivi e di misure di rigore. Sarei contenta se si trovasse una via italiana per uscire da questo problema, che viene ingigantito e aggravato, ma che - non intendo negarlo - esiste.

FEDERICO ENRIQUES. Ringrazio molto l'ambasciatore; anche io sono stato colpito dall'umanit del suo discorso. Il dato che mi ha colpito di pi il 97 per cento di persone coinvolte nel fenomeno che hanno motivazioni economiche e che, secondo la nostra sensibilit, non dovrebbero essere coinvolte. una macchina repressiva inefficiente che colpisce in prevalenza persone che non dovrebbero esserlo. Anche la questione dell'inefficienza della macchina non pu non colpirci. Purtroppo, mi chiedo se, in termini molto simili, non si potrebbe fare lo stesso discorso sul sistema carcerario, sia sulla sproporzione tra le persone coinvolte e l'effettiva criminalit, sia sui costi enormi sostenuti.

Le pongo due domande. Essendo del collegio dell'Emilia volevo sapere qualcosa in particolare sul CPT di Bologna e, inoltre, fermo restando che la soluzione dovr trovarsi sul piano europeo, volevo sapere se pu dirci qualcosa sulle soluzioni che adottano negli Stati Uniti.

PRESIDENTE. Anch'io, ambasciatore, ho alcune domande da porle. Parto da una constatazione di sostegno al vostro approccio, che mi sembrato non ideologico. chiaro che se affrontassimo la questione relativa ai CPA con un approccio puramente ideologico non troveremmo una soluzione. Non si tratta certamente di dire che tutto va bene e che non bisogna cambiare nulla (le esperienze sia italiane sia di altri paesi europei ci spingono ad una riflessione sul sistema), n possiamo semplicemente sopprimere qualsiasi forma di centro. all'interno di questi due estremi e con un approccio pragmatico ed umano - come ha detto anche la collega Di Salvo - da voi seguito, che bisogna trovare un modello italiano. Ritengo che il fatto di proporre un modello nuovo e innovativo che possa diventare una buona prassi in Europa un'opportunit che abbiamo, colleghi.
Passando alle domande, ambasciatore, vorrei sapere se la riforma dei centri debba essere collegata ad una programmazione dei flussi pi regolare, multiannuale. Avete riscontrato un legame tra un'assenza di regolarit nella programmazione ed un problema di promiscuit all'interno dei centri? Inoltre, voi proponete un approccio collaborativo, individuale, basato sulle esigenze della persona e considerate che molti dei residenti nei centri sono immigrati spinti da motivi economici. Ci richiede un raccordo molto approfondito all'interno della pubblica amministrazione. Quali sono le problematiche che avete rilevato nella mancanza di questo rapporto? una questione che lega aspetti di sicurezza (dato che rimane una percentuale di soggetti che dovranno essere espulsi) ad aspetti di integrazione sociale. Infatti, nell'approccio da voi proposto l'integrazione potrebbe cominciare da una collaborazione tra la persona nel centro e l'amministrazione. Nuovi percorsi integrativi potrebbero iniziare da alcuni centri dove vi minore promiscuit. Poi, vi sono gli aspetti economici che si legano alla politica di sviluppo e, in particolare, al microcredito e alla formazione professionale, due questioni collegate ad un approccio pi ampio. Quali sono, secondo voi gli ostacoli alla realizzazione della proposta da voi delineata, soprattutto in considerazione dei rapporti tra le amministrazioni?
STAFFAN DE MISTURA, Presidente della Commissione per le verifiche e le strategie dei centri per gli immigrati. Cercher di essere rapido nella risposta, date le vostre esigenze. In primo luogo, vi ringrazio. Non vi dubbio che l'aspetto europeo sia fondamentale. L'ideale sarebbe che il nostro sistema paese potesse trovare una formula che dia, diciamo cos, il la agli europei nell'affrontare un problema che di carattere europeo. In merito al dato finanziario, se si riuscisse a fare da traino in quella che attualmente una situazione di stallo (dato che vi sono posizioni diverse tra il nord e il sud dell'Europa; noi ci troviamo in prima linea e ci dicono che una questione che riguarda noi), se proponessimo qualcosa di nuovo, di diverso e fattibile, l'aspetto finanziario potrebbe essere affrontato insieme con altri paesi in un contesto europeo. Da soli non si pu riuscire, ma non funziona nemmeno se rimaniamo ad aspettare che qualcun altro trovi la soluzione.
Per la questione delle identificazioni, onorevole Bertolini, lei ha ragione. Ci siamo impegnati a lungo anche per capire se fosse il vero problema e, alla fine, abbiamo capito che un problema. Lo affermano i numeri ma anche il modo in cui le persone rifiutano di farsi identificare. Come possiamo risolvere la situazione? Quando suggerisco un atteggiamento umano, aggiungo non ingenuamente umano. Deve essere un sistema basato su un'analisi tipicamente italiana della natura umana. qui che vorrei che fossimo diversi. Stiamo parlando di esseri umani, come lo eravamo noi quando emigravamo negli Stati Uniti o come era mio padre in Svezia alla fine degli anni quaranta. Studiamo la natura umana di chi viene in Italia, cerchiamo di capire come coinvolgerla ad aiutarci a risolvere il loro problema ma anche quella che , per noi, una questione paradossale. Vi invito a leggere il rapporto, in particolare l'executive summary. Vi sono iniziative di incentivazione verso chi si fa identificare (non entro nei dettagli) in termini di cosa avverr a chi si fa identificare. Dobbiamo puntare sul tam tam, che funziona dovunque. Purtroppo, oggi funziona prima della partenza, quando li consigliano di non dichiararsi, o di affermare di essere palestinesi (e, parlando l'arabo, capivo che erano egiziani o algerini), di dichiarare di aver perso i documenti e di non avere padre n madre, di dire di avere sedici anni (quando ne dimostrano venticinque). Tutto ci parte di un tam tam che avviene all'origine. Se il tam tam, invece, riporta la notizia che in Italia pu andare bene o male, ma che il secondo caso prima o poi succeder, capirebbero che sarebbe molto meglio farsi identificare, altrimenti si potrebbe cadere nel girone di quelli che devono nascondersi, e finire prima o poi in prigione, neanche in un CPT.
Poi, dobbiamo far sapere che se si facessero identificare, non sarebbero puniti; potrebbero ricevere un contributo finanziario, a condizione che rimangano alcuni anni fuori (e non i famosi dieci, perch a chi si fatto identificare saranno condonati alcuni di questi anni) e il meccanismo cambierebbe. Certo, dovremmo favorire il tam tam a valle, nei paesi di partenza. un esperimento, ma anche i CPT sono onesti esperimenti. Proviamo a vedere come andr con queste incentivazioni e con il rigore. Quando si offre chiarezza, si offrono incentivazioni; si offre la chance di identificarsi e non diventare il maggiore ostacolo ai problemi che abbiamo. Se non avessimo collaborazione il rigore sarebbe fermo, in termini di permanenza nei CPT, che per questo rimangono utili fino a quando saranno talmente svuotati da essere superati. Chi rimarr, lo far per periodi pi brevi. Sulla base di questo teorema, abbastanza concreto, libereremo risorse: sia le Forze di polizia sia gli innumerevoli funzionari e le persone in genere coinvolte nel cercare di risolvere il problema; inoltre, abbatteremo i costi e ci si potr concentrare sulle persone che devono essere seguite (duemila, mille; un giorno, zero) e non sulle colf, sull'ex carcerato n su chi aveva soltanto un problema di rinnovo del permesso di lavoro, senza affrontare ideologicamente la situazione, ma lavorando sulla natura umana, con incentivazioni e rigore, un rigore per non verbale. Uno dei problemi che il rigore solo verbale. Il foglio di via, ad esempio, non significa nulla. Invece, quando sar rimasto un numero non elevato di persone, potremo concentrarci meglio.
Un esempio quanto avvenuto a Caltanissetta: 2.082 presenze, di cui ne sono state rilasciate, dopo sessanta giorni, perch non identificate, 2.026, il 97,3 per cento. Se fossero state incentivate a valle, prima di tentare questa avventura pericolosa, sbagliata in molti sensi (molte sono morte), sapendo comunque che esiste un meccanismo di identificazione e che non sarebbero cadute nel girone dei dannati, molti avrebbero deciso di identificarsi. Forse mi sbaglier, ma vorrei che fosse provato nei fatti, come nei fatti stato dimostrato che altri sistemi non hanno funzionato. In cambio dell'identificazione e con l'obbligo di non tornare per alcuni anni (ma non dieci anni, che abbiamo visto diveniva una sorta di punizione tale da spingerli a rischiare, dato il forte indebitamento che queste persone hanno sostenuto per venire nel nostro paese), si potrebbero proporre delle facilitazioni cos da permettere loro di tornare a casa e aprire un negozio con i soldi che avremmo speso per l'espulsione (15 mila euro, e forse anche meno). Offrendo una chance, si ridimensionerebbe il problema ad un punto tale da svuotarlo; vi deve essere una forma di compromesso tra ideal politik e real politik. Poi, vedremo quanti irriducibili rimarranno e, in base al loro numero, capiremo se saranno ancora necessari i CPT, senza entrare nell'aspetto di principio che abbiamo evitato.
Rispondendo al senatore Enriques, non so come facciano negli Stati Uniti, non avendo studiato la situazione in quel paese. Sappiamo che hanno sistemi in continua elaborazione, tra cui il famoso muro, che dimostra che anche loro hanno un problema notevole.
Sul CPT di Bologna non vorrei entrare nel dettaglio, altrimenti dovrei parlare anche degli altri centri. Nel rapporto abbiamo volutamente evitato di dare, diciamo cos, i voti, per volare pi alto e affrontare il problema per grandi linee per trovare una soluzione generale.
Passando alle domande poste dal presidente, senza dubbio vi deve essere un legame con la programmazione dei flussi, che sarebbe molto utile. Non siamo entrati nell'analisi, ma si tratta di un mosaico. Qualunque iniziativa proposta nel rapporto talmente specifica su un settore che, senza l'insieme di una politica generale, non avrebbe lo stesso effetto.
Per quanto riguarda l'approccio collaborativo e il raccordo tra le amministrazioni, la nostra proposta richieder lavoro e un cambio di focalizzazione da parte di chi oggi deve solo stare attento ad evitare che qualcuno scappi, a riprenderlo se scappato e riportarlo in carcere o nel CPT. Invece, vorremmo che parte di queste risorse, umane e finanziarie, possano essere utilizzate nell'interessare la societ civile, associazioni e comuni che vorrebbero essere pi coinvolti nell'affrontare certi problemi, affinch non siano lasciati solo alla Pubblica sicurezza. Spesso mi sono occupato di casi disperati e ci mi ha aiutato e tuttora mi aiuta a vedere che vi uno spiraglio di cambiamento e miglioramento. You make a difference, fai la differenza, ma quel meccanismo di porta girevole che ho descritto non aiuta a pensare di provare con altri metodi, utilizzando altre risorse. Quella la sensazione che ho avuto visitando i CPT. In quei casi il segreto era pensare out of the box, fuori della scatola; mettiamoci fuori, guardiamo la scatola. Se non altro abbiamo sufficiente energia per muoverci, sostenendo la necessit che le amministrazioni debbano reinvertarsi nell'affrontare la situazione e non considerino semplicemente business is usual.

PRESIDENTE. Ringrazio l'ambasciatore non solo per la chiarezza dell'esposizione ma anche per il rispetto dei tempi che ci eravamo prefissi. Ringrazio i colleghi e di nuovo l'ambasciatore a nome del Comitato.

Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,55.