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  prova Immigrati espulsi: confermata la linea dura della Bossi-Fini  
 
 
La Consulta, pur dichiarando inammissibili le questioni di legittimità, ha invitato il legislatore a correggere al più presto gli squilibri della normativa

Immigrazione, la Corte costituzionale conferma la linea dura della legge Bossi Fini, ma "invita" il legislatore a eliminare al più presto gli squilibri, le sproporzioni e le disarmonie della normativa. Così la Consulta con la sentenza 22/2007 (depositata venerdì scorso, 2 febbraio, redatta da Gaetano Silvestri e qui leggibile nei documenti correlati) ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità dell'articolo 14 commi 5ter e 5quinquies del D.Lgs 286/98, come sostituito dall'articolo 1 della legge 271/04.
A sollevare la questione erano stati i Tribunali di Genova, Bologna, Ancona, Gorizia, Trieste, Milano, Trani (l'ordinanza è stata pubblicata sul quotidiano del 7 giugno 2005) e Verona nella parte in cui la norma prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni per lo straniero che senza giustificato motivo si trattiene nel territorio italiano in violazione dell'ordine di espulsione del Questore.
Inoltre, il Tribunale di Torino, dubitava anche della legittimità della norma nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio dello straniero che si trattiene nel territorio dello Stato malgrado l'ordine di espulsione emesso nei suoi confronti dal Questore.
La pena originariamente stabilita per il reato di indebito trattenimento introdotta dall'articolo 13 della legge 189/02 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo) prevedeva l'arresto da sei mesi ad un anno. La sanzione è stata poi fortemente inasprita con la legge 271 del 2004, in seguito alla quale la stessa condotta è punita con la reclusione da uno a quattro anni.
La Consulta nel dichiarare inammissibile la questione, confermando la legittimità dei minimi e dei massimi edittali della pena, ha spiegato che il controllo dei flussi migratori rappresenta un grave problema sociale, umanitario ed economico che implica valutazioni di politica legislativa non riconducibili a mere esigenze generali di ordine e sicurezza pubblica né sovrapponibili o assimilabili a problematiche diverse, legate alla pericolosità di alcuni soggetti e di alcuni comportamenti che nulla hanno a che fare con il fenomeno dell'immigrazione.
Tuttavia, ha ammesso l'Alta corte, "potrebbero trovarsi sullo stesso piano lo straniero che si rende responsabile per la prima volta del reato di indebito trattenimento nel territorio nazionale e lo straniero che, dopo essere stato effettivamente estromesso a seguito di uno o più provvedimenti di espulsione, si attiva per reiterare una violazione delle vigenti disposizioni in materia, vanificando gli effetti dell'attività giudiziale ed amministrativa culminata con il suo allontanamento".
Il sindacato di costituzionalità, hanno continuato i giudici delle leggi, può investire le pene scelte dal legislatore solo se vi sia una evidente violazione del principio di ragionevolezza, ossia solo nel caso in cui esistono fattispecie di reato sostanzialmente identiche, ma sottoposte a diverso trattamento sanzionatorio.
Infine, la Corte costituzionale ha invitato il legislatore ad intervenire al più presto per eliminare gli squilibri, le sproporzioni e le disarmonie che caratterizzano il quadro normativo in materia di immigrazione. (cri.cap)


CORTE COSTITUZIONALE


 
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