Lettera aperta agli operatori dellŐinformazione

 

 

Gli esiti della tragica vicenda che ha interessato Erba, interrogano la nostra societˆ civile e chiedono a tutti noi un surplus di riflessione. EŐ significativo che vari organi di stampa abbiano considerato criticamente il modo in cui hanno affrontato allŐinizio la vicenda, ma forse pu˜ essere utile cogliere questa occasione per iniziare una riflessione pi approfondita. Mi pare necessario che si cominci a riflettere seriamente su come sempre pi spesso la logica del Ňcapro espiatorioÓ permei la comunicazione relativa allŐimmigrazione e produca effetti devastanti in un corpo sociale profondamente inquieto e attraversato da paure crescenti.

LŐimmigrazione  un fenomeno che appartiene ormai stabilmente al panorama del nostro paese, eppure la ŇnormalitˆÓ di questa presenza non sembra emergere. Tre milioni di immigrati che lavorano in Italia e producono il 5% del Pil continuano a fare meno notizia di un singolo caso di cronaca nera di cui pu˜ essere protagonista un immigrato.

Appare perci˜ necessario interrogarsi su come viene costruita la figura pubblica dellŐimmigrato, su come i mezzi di comunicazione di massa concorrono a definirne la figura nellŐimmaginario collettivo, su come si formi, su questo tema, ci˜ che definiamo come Ňsenso comuneÓ. E su questo punto mi sembra emerga un problema di fondo, perchŽ la figura dellŐimmigrato viene presa in considerazione prevalentemente se fa ŇspettacoloÓ, non esiste mai nella sua normalitˆ. LŐimmigrato esiste se delinque (o al limite se salva qualcuno mettendo a rischio la proprio vita): non appare quasi mai nella sua quotidiana attivitˆ lavorativa, scolastica, ecc. Emblematica da questo punto di vista  la vicenda di Lampedusa. Nonostante nel corso del 2006 siano diminuiti gli sbarchi nellŐisola siciliana rispetto al 2005, durante tutti i mesi estivi si sono ripetuti gli allarmi sullŐÓinvasioneÓ, come se gli sbarchi fossero raddoppiati o triplicati. 

Parallelamente la maggioranza degli immigrati ha continuato ad entrare clandestinamente in Italia in autobus, dalle frontiere di terra, senza far notizia e senza che si aprisse una seria discussione sul perchŽ siano costretti ad entrare in Italia clandestinamente.

Il punto che voglio sollevare  in definitiva questo: PerchŽ non aprire nel nostro paese una riflessione approfondita sul modo in cui stiamo diventando una societˆ di immigrazione, nella quale i nuovi arrivati sono almeno in parte destinati a diventare cittadini cos“ come i nostri nonni sono diventati cittadini statunitensi o francesi, dopo essere stati per altro storicamente una societˆ di emigranti? In questo contesto  possibile che gli operatori dellŐinformazione, senza schierarsi con questa o quella parte politica, provino ad affrontare il tema dellŐimmigrazione nella sua complessitˆ e non solo per gli aspetti che sconfinano nella cronaca nera? Il punto non  parlare bene o male degli immigrati ma parlare del fenomeno nel suo complesso, considerandone la ricchezza e la complessitˆ. Capisco che questo sia difficile, in un contesto in cui la destra fa una sistematica e demagogica campagna di allarme sociale, alimentando paure, razzismo e odio sociale. Tuttavia mi pare che su questa capacitˆ di trattare correttamente un grande fenomeno storico come lŐimmigrazione, si giochi il senso stesso della democrazia nel nostro paese.

Questo quesito attraversa la societˆ italiana ma, si tratti degli operatori dellŐinformazione come di chi opera nel campo della cultura, della comunicazione o delle pratiche sociali o della politica, avrebbe forse bisogno di un momento condiviso di riflessione. PerchŽ non cogliere ora questa occasione e costruire insieme un tale appuntamento?

 

Paolo Ferrero, Ministro della Solidarietˆ sociale

Roma, 13 gennaio 2007