LĠintegrazione degli immigrati, delle loro famiglie e dei giovani

 

Intervento introduttivo di S. E. mons. Francesco Montenegro, Vescovo presidente di Caritas Italiana

Roma, Auditorium del Goethe Institut, 11 giugno 2007

 

            La mia presenza in questo convegno intende innanzi tutto esprimere lĠapprezzamento di Caritas Italiana per lĠiniziativa promossa dallĠAmbasciata Tedesca, che nellĠorganizzazione ha coinvolto in uguale misura autoritˆ e studiosi del proprio paese ma anche del nostro paese.

Impegni giˆ assunti mi impediscono purtroppo di seguire e partecipare in modo pieno al confronto di questa giornata, quindi nella decina di minuti previsti per il mio intervento, intendo non limitarmi ad unĠespressione di plauso bens“ affrontare, seppure in maniera succinta, alcuni temi riguardanti la sostanza di una nuova politica migratoria.

            Innanzi tutto ritorno sullo stile coinvolgente di questa conferenza, che ha previsto lĠintervento anche di numerosi protagonisti italiani nella consapevolezza che la riflessione sullĠimmigrazione  pi attendibile quando viene condotta da pi punti di vista, perchŽ ogni paese riflette sulla peculiare situazione con la quale si  confrontato. In teoria questa reciproca attenzione dovrebbe essere la norma, sia a livello comunitario che nel rapporto tra i vari Stati membri; in realtˆ la capacitˆ di reciproco ascolto  bassa: tutti tendiamo a pensare che il nostro caso nazionale sia la misura di quanto avviene in Europa e questo  il motivo per cui lĠUnione procede con grande lentezza nella costruzione di una politica migratoria condivisa e dalle risposte efficaci.

            Continuando sulla scia di queste riflessioni, non esagero dicendo che questo incontro di Roma  importante perchŽ unisce lĠesperienza della Germania - lo Stato membro che conta la pi numerosa collettivitˆ di immigrati e che vanta lĠesperienza di pi di mezzo secolo di immigrazione di massa e di convivenza con la diversitˆ - a quella dellĠItalia, che - pur trasformatasi tardivamente da paese di emigrazione a paese di immigrazione - sta conoscendo una dinamica demografica estremamente negativa e vede la collettivitˆ emigrata crescere al ritmo tendenziale di 300.000 unitˆ lĠanno. Fatte le debite proporzioni, questo attesta giˆ ora un impatto dellĠimmigrazione superiore a quello riscontrabile negli Stati Uniti e farˆ tra pochi decenni dellĠItalia uno dei paesi a pi alta incidenza di immigrati, con una percentuale che si attesterˆ tra il 16% del Canada e il 20% della Svizzera. Evidenziando le trasformazioni in atto in Italia, ma anche in Spagna e in altri Stati membri del Mediterraneo, voglio sottolineare che a livello comunitario non sempre si ha la prontezza, riscontrabile invece tra gli organizzatori di questo convegno, di capire che siamo costretti dalla storia a seguire un solco che non  proprio identico a quello degli Stati membri del Centro e del Nord Europa.

            Purtroppo la disattenzione alle ragioni altrui non riguarda solo il rapporto tra gli Stati membri ma anche, allĠinterno di uno stesso paese, il rapporto tra i partiti politici e tra gli stessi cittadini a seconda delle loro scelte politico-culturali. Da noi in Italia si  molto lontani da questa mediazione di alto livello, che noi vescovi auspichiamo perchŽ la riteniamo possibile e fruttuosa, se non fosse ostacolata da una vera e propria rigiditˆ ideologico-partitica: questa contrapposizione, che chiama ad una seria riflessione tutti gli schieramenti, non sempre  giustificata e a dirlo siamo noi come comunitˆ ecclesiale, da sempre impegnati a fianco dellĠimmigrazione. Bisogna avere il senso della misura e saper comporre lĠappartenenza politica con i valori superiori, quelli del paese, dellĠintegrazione armoniosa degli immigrati, del rispetto dei diritti umani e religiosi, dellĠattenzione al futuro che ci aspetta.

            Veniamo, quindi, al tema dellĠintegrazione, che costituisce il cuore di questo incontro e che peraltro  oggetto di una profonda riflessione avviata dalla Caritas ormai da diverso tempo. La Germania ha pi di cinquantĠanni di esperienza, la Francia e la Gran Bretagna ancora di pi, eppure anche questi paesi devono, per cos“ dire, navigare a vista. Non valgono pi le certezze del passato e dobbiamo avere lĠumiltˆ di porci alla ricerca. Non voglio minimamente affermare che quanto  stato sperimentato sia oggi irrilevante: penso allĠobbligo di adattarsi al contesto giuridico-culturale locale sottolineato dalla Francia, agli spazi di autonomia comunitaria creati in Gran Bretagna, al rispetto della lingua e della cultura dĠorigine che ha contraddistinto la Germania. Tuttavia questi aspetti, tuttora validi, incorniciati in modelli di integrazione superati dalla recente storia dellĠimmigrazione, portano a dire che ormai si  diventati tutti apprendisti in materia e dobbiamo ricominciare insieme ai nuovi paesi di immigrazione, altrimenti, come diceva Goethe nel Faust, rimarremo vittime delle creature che noi stessi abbiamo creato.

In Italia, un modello nazionale di integrazione  ancora lungi dallĠessere individuato; il percorso  denso di incognite, prima fra tutte la capacitˆ da parte del sistema economico e sociale di mobilitare, in un processo di inclusione e partecipazione, gli stessi cittadini italiani. Ma se una definizione vogliamo dare a questo complesso fenomeno,  bene richiamare il testo di Caritas Europa  dove lĠintegrazione  individuata come un processo impegnativo e di lunga durata, con molteplici componenti e fattori, che mira a stabilire tra tutti i membri di una societˆ, migranti inclusi, relazioni su base di uguaglianza, di reciprocitˆ e di responsabilitˆ. Quindi lĠintegrazione  innanzitutto una questione di relazioni tra persone di diverse appartenenze e identitˆ che condividono lo stesso spazio fisico, sociale, amministrativo e politico. Non sono quindi le diverse culture che si incontrano o si scontrano, ma le persone che ne sono portatrici. DĠaltra parte, nessun essere umano oggi ha elaborato unĠunica monolitica appartenenza, ma individui, gruppi e societˆ sono incessantemente obbligati a confrontasi con orizzonti culturali in continuo cambiamento.

LĠintegrazione  soprattutto un processo di tutta la societˆ che deve includere le dimensioni economica, sociale, politica e religiosa del fenomeno, senza le quali non si compie una vera integrazione; non sono in primo luogo gli individui ad integrarsi nel proprio contesto, ma  il contesto in tutti i suoi aspetti relazionali, procedurali e organizzativi, che pu˜ rivelarsi pi o meno integrato. Il processo di integrazione coinvolge anche le diverse appartenenze – etniche, nazionali, religiose, politiche, professionali, ecc. - cui fa riferimento la persona nella propria esistenza;  quindi un processo che coinvolge gruppi portatori di specifiche identitˆ, anche collettive che sono a loro volta costantemente sollecitate dal cambiamento, se non altro per la stessa evoluzione identitaria dei propri membri.

La sfida, dunque, si gioca non tanto nellĠimportare modelli integrazionisti stranieri. Piuttosto lĠesperienza ormai consolidata di alcuni paesi pu˜ aiutarci a evitare gli effetti negativi sia delle impostazioni  assimilazioniste, dove le diversitˆ delle appartenenze e la loro evoluzione non hanno trovato sempre cittadinanza sociale, che di quelle separatiste, dove il rispetto e la preservazione delle diversitˆ pu˜ diventare lĠalibi per evitare la contaminazione generata dalla quotidianitˆ dei rapporti interpersonali e intercomunitari.

Visto, dunque, che oggi non ha pi senso rifarsi meccanicamente al passato, ci si pu˜ chiedere se sia possibile elaborare una via italiana allĠintegrazione,  non come soluzione studiata a tavolino, ma  come sperimentazione di un processo di coesione e partecipazione sociale, partendo anche da una grande risorsa come quella che rappresenta la comunitˆ cristiana in Italia, ancora capillarmente presente nei nostri territori. Riteniamo che sia possibile nella misura in cui si diffonderˆ la consapevolezza che la presenza degli stranieri in Italia non  passeggera ma strutturale e che anzi  destinata ad aumentare.

Un uomo di chiesa ha anche lĠobbligo di parlare della dimensione religiosa. Citando il Messaggio di Giovanni Paolo II per la GMM del 2001 mi piace ricordare come le migrazioni presentano sempre un duplice volto: quello della diversitˆ e quello della universalitˆ. Il primo  dato dal confronto fra uomini e gruppi di popoli diversi, esso comporta tensioni inevitabili, latenti rifiuti e polemiche aperte; il secondo  quello costituito dallĠincontro armonico di soggetti sociali diversi che si ritrovano nel patrimonio comune ad ogni essere umano, formato dai valori dellĠumanitˆ e della fraternitˆ. Ci si arricchisce, cos“, reciprocamente attraverso la messa in comune di culture diverse. Sotto il primo profilo le migrazioni accentuano le divisioni e le difficoltˆ della societˆ che accoglie; sotto il secondo contribuiscono in modo incisivo allĠunitˆ della famiglia umana e al benessere universale.

Ed  in questo contesto che la  Caritas si pone come obiettivo quello di sostenere i processi di integrazione innanzitutto attraverso la conoscenza del fenomeno migratorio.  Per questo abbiamo pensato di tenere fede allĠobbligo della concretezza e nella relazione che seguirˆ il coordinatore del ÒDossier Statistico Immigrazione Caritas/MigrantesÓ vi illustrerˆ i risultati di unĠindagine sullĠintegrazione condotta su 50 leader di associazioni di immigrati operanti a Roma, che tra Metropoli e Provincia conta 360.000 persone immigrate, tra comunitari e non comunitari. Inoltre mi piace segnalare la ricerca che, ormai da cinque anni,  il Consiglio Nazionale dellĠEconomia e del Lavoro conduce sugli indici socio-statistici di integrazione territoriale degli immigrati in Italia. QuestĠanno  stato avviato un progetto che consente di confrontare questa sperimentazione avanzata, avviata organicamente per prima dallĠItalia con Portogallo, Spagna, Francia e Gran Bretagna.

Infine, la Caritas e la Migrantes, per fornire un supporto concreto allĠimpostazione che qui ho esposto, fin dal 1991 hanno costituito lĠŽquipe del ÒDossier Statistico ImmigrazioneÓ. Studiano lĠimmigrazione mettendo tra parentesi i pregiudizi e quindi a partire dai dati concreti. Ho pensato di fare cosa gradita mettendo a disposizione dei relatori tedeschi copia delle nostre ultime pubblicazioni con lĠauspicio, che i nostri rapporti annuali, tanto quello sullĠimmigrazione come quelli sugli italiani che vivono allĠestero, possano essere presentati anche in Germania, un paese dove ancora oggi risiedono pi di mezzo milione di italiani, per cui, parlando di integrazione, abbiamo parlato anche di loro.

            Grazie per lĠattenzione.