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“Linee guida per il trattamento dell’informazione in tema di tratta di esseri umani”

Presentazione

Sono state presentate il 17 luglio 2007 nel corso di una conferenza stampa promossa nell’ambito del progetto europeo Equal: “Tratta No!”, in collaborazione con il Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità, le “Linee guida per il trattamento dell’informazione in tema di tratta di esseri umani”- Esse rappresentano un valido strumento per giornalisti e comunicatori di professione, una guida che li accompagni nel delicato compito di informare circa le violazioni che donne, uomini, bambini subiscono ogni giorno, vittime di un fenomeno che assume proporzioni sempre più preoccupanti.

Il documento, firmato e sottoscritto da esponenti del mondo del giornalismo, della comunicazione sociale e delle istituzioni, è un primo passo affinché si crei presso l’opinione pubblica una conoscenza reale del problema, oltre che un impegno da parte di tutti di utilizzare consapevolmente i termini esatti, senza generare sovrapposizioni che sarebbero nocive alla formazione di una società aperta e cosciente.

Il primo capitolo riguarda “La tratta di esseri umani”, definita – secondo il Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata, elaborato nel dicembre 2000 a Palermo - come “lo spostamento attraverso l’uso della forza o dell’inganno di una persona in un luogo diverso da quello dove risiede, al fine di sfruttarne il corpo (o parti di esso) per fini lavorativi e/o sessuali”.

Cause del fenomeno della tratta di esseri umani sono individuabili:

  • nel processo di globalizzazione;
  • nello sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa;
  • nell’aumento della componente femminile nei flussi migratori.

La tratta di esseri umani è pertanto un fenomeno complesso, dato che lo spostamento, l’inganno e lo sfruttamento delle vittime non si realizza attraverso un processo lineare, ma si nasconde nei processi dell’immigrazione clandestina e nei circuiti del lavoro informale e non protetto del mercato del lavoro. Essa coinvolge diverse figure, aventi un diverso grado di responsabilità: 1) il trafficante, 2) lo sfruttatore, 3) la vittima.

Ma non sempre è agevole distinguere il livello di responsabilità di ciascuna delle tre figure. Infatti, un individuo può, a sua insaputa, diventare trafficante (quando, per es., aiuta un connazionale in un paese straniero a trovare persone disponibili a migrare per rispondere  all’offerta di un lavoro); una vittima può diventare a sua volta trafficante o sfruttatore, e gli sfruttatori possono esserlo inconsapevolmente (come, per es., nel caso dei clienti di prostitute che senza saperlo si imbattono in una vittima di tratta).

La tratta di esseri umani provoca un danno, oltre che alla persona coinvolta, anche a tutta la comunità di appartenenza. È un fenomeno legato alle migrazioni: dietro ogni progetto migratorio vi sono aspettative e speranze individuali e collettive (della famiglia, della sua comunità ecc.). Quindi, ogni volta che un progetto è interrotto, ostacolato o impedito, si crea un meccanismo che farà soffrire altre persone (della stessa famiglia o della stessa comunità).

La tratta di esseri umani va quindi combattuta perché, fra l’altro, essa “avvelena” le relazioni tra le persone; perché favorisce nuove ondate migratorie; perché promuove lo sfruttamento lavorativo; perché altera le regole della competitività nel settore produttivo.

Nel secondo capitolo si cerca di definire “La vittima di tratta”. Mentre la tratta è un crimine o un reato o una violazione a danno di una persona, la facilitazione dell’immigrazione clandestina o irregolare (il così detto “contrabbando di persone”), configura un reato contro lo Stato. La definizione di tratta delinea i confini di questo reato, ma non definisce chiaramente chi sia la vittima di tratta.

Per identificare correttamente la vittima di tratta, è quindi opportuno partire dalla “Dichiarazione delle Nazioni Unite dei principi fondamentali di giustizia per le vittime di crimini ed abusi di potere”, del 1986, che così recita:

“Per vittima intendiamo una persona che ha sofferto:

  • un danno fisico o mentale
  • una sofferenza emotiva
  • una perdita economica
  • una sostanziale violazione dei diritti fondamentali della persona”.

Oltre a ciò va considerato che la condizione di vittima della tratta di esseri umani comporta sempre il verificarsi dei tre elementi che costituiscono il fenomeno:

  • lo spostamento della persona da un luogo ad un altro;
  • l’inganno o la forza con cui tale spostamento si compie;
  • lo sfruttamento che avviene a seguito dello spostamento.

“Come informare” è l’oggetto del terzo capitolo. Non essere in grado di riconoscere i confini della tratta fa sì che si utilizzino come sinonimi termini invece indicano fenomeni diversi (alimentando così stereotipi, false credenze, perdita di efficacia negli interventi di contrasto). Si tenga dunque presente che:

  • la tratta non è prostituzione, ma sfruttamento sessuale (laddove il corpo di una persona è utilizzato contro la sua volontà);
  • la tratta non è lavoro irregolare, ma sfruttamento del lavoro (laddove la persona si trova in condizioni di servitù, privata dei documenti e mantenuta in un continuo stato di vulnerabilità e di ricatto);
  • la tratta non è accattonaggio, ma sfruttamento di minore (laddove viè la sottrazione di un minore alla famiglia per portarlo in altro paese, dove sarà costretto a chiede l’elemosina o a compiere reati come furto, contrabbando, spaccio);
  • la tratta non è pedofilia, ma sfruttamento sessuale di minore (laddove un minore è sottratto alla famiglia con false promesse, costretto a cedere il proprio corpo a scopi sessuali o a prestare la propria immagine a scopi pornografici).

 


 

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