FULVIO VASSALLO
PALEOLOGO
Universit di Palermo
LA FRONTIERA
MEDITERRANEO : MIGRAZIONI IRREGOLARI E
DIRITTI FONDAMENTALI
DEI MIGRANTI
ROMA, 29 Giugno 2007
(Fonte: FORTRESS EUROPE,
http://fortresseurope.blogspot.com) - Sedici morti in ventiquattro ore,
di cui 14 dispersi in mare. La lista dei morti del Canale di Sicilia continua
ad allungarsi. Il 28 giugno un rimorchiatore maltese aveva soccorso 23
naufraghi, 60 miglia a sud di Lampedusa, ripescando in mare il cadavere di una
donna annegata. Ma secondo le testimonianze dei sopravvissuti, mancano altre 4
persone allĠappello: un uomo, due donne e un bambino. Disperse sui fondali di
un cimitero chiamato Mediterraneo, insieme ai tre uomini morti su unĠaltra imbarcazione,
giunta ieri a Pozzallo, Ragusa, i cui corpi sono stati abbandonati in mare dai
compagni di viaggio, durante la traversata. Un altro corpo, in avanzato stato
di decomposizione, stato recuperato da una motovedetta dalla Guardia costiera
dieci miglia a sud di Lampedusa.
Ma la tragedia pi grave
si consumata nelle acque libiche. Soccorsi dal peschereccio islandese Eyborg,
della compagnia maltese Ta' Mattew Fish Farms, 23 naufraghi aggrappati alle
gabbie dei tonni trainate dallĠEyborg hanno parlato di almeno 7 dispersi in
mare. LĠEyborg ha recuperato il
corpo di una donna annegata e sta navigando verso Malta, grazie alla
determinazione del capitano Raymond Bugeja. La
Valletta aveva imposto a Bugeja di riportare i naufraghi in Libia, nel porto di
Misratah, secondo il diritto marittimo internazionale che prevede
lĠaccompagnamento al porto pi vicino. Tripoli aveva gi
concesso lĠautorizzazione. Ma Bugeja si rifiutato, nonostante le pressioni
delle autorit maltesi, che lo avrebbero minacciato di arresto con lĠaccusa di
traffico di esseri umani. Bugeja ha detto che la Libia non il posto adatto
per un richiedente asilo politico. I naufraghi infatti sono perlopi etiopi. Secondo
le ultime notizie, al momento sembrerebbe che i profughi siano stati sbarcati a
Malta.
Dopo le timide aperture del processo di Barcellona, avviato nel 1995, e le speranze suscitate dai documenti di Tampere nel 1999, da un Consiglio Europeo allĠaltro, soprattutto a partire dallĠ11 settembre 2001, le politiche di sbarramento e di militarizzazione delle frontiere hanno condizionato le scelte degli organismi comunitari in materia di immigrazione ed asilo. Intanto lĠimmigrazione clandestina non certo diminuita, inserendosi come un fenomeno strutturale in un economa liberista di dimensione globale caratterizzata dalla delocalizzazione su scala internazionale delle attivit produttive e da un consistente mercato parallelo del lavoro irregolare, dallĠedilizia allĠagricoltura, dai servizi ai lavori di cura. Un mercato comune europeo, formidabile attrazione per i lavoratori migranti di tutto il mondo, disposti ad accettare il rischio di una traversata su una ÒcarrettaÓ del mare, la condizione di clandestinit ed una retribuzione irrisoria pur di garantire una minima possibilit di sopravvivenza alle proprie famiglie. Ed noto a tutti il ruolo crescente delle rimesse degli immigrati nella formazione del prodotto nazionale lordo dei paesi di provenienza e di transito. Mentre i principali paesi europei si distinguevano per il sostegno offerto alle guerre ÒumanitarieÓ promosse dagli Stati Uniti, dal Kosovo allĠAfghanistan, dallĠIrak alla Somalia, ed in tante altre parti del globo, si restringevano drasticamente le possibilit di ingresso, e spesso anche le vie di fuga, a milioni di potenziali richiedenti asilo, ed anche lĠUnione Europea adottava direttive che comportavano una sostanziale diminuzione del numero di rifugiati, pure in presenza di un incremento di migranti costretti a lasciare il proprio paese per le guerre o per gli Òeffetti collateraliÓ della desertificazione politica e sociale, oltre che fisica, imposta dallo scontro di vecchi e nuovi potentati economici per il controllo delle risorse mondiali. LĠUnione Europea non neppure riuscita ad adottare una direttiva sugli ingressi per lavoro e le diverse direttive adottate in materia di asilo e protezione umanitaria consentono ancora situazioni molto differenziate tra i diversi paesi e prassi delle autorit amministrative che impediscono generalmente lĠaccesso effettivo alla procedura di asilo. LĠUnione Europea adesso vicina allĠapprovazione di una direttiva sui rimpatri forzati che potrebbe costituire ulteriore stimolo per molti paesi nella direzione di un ulteriore inasprimento delle normative e delle prassi in materia di respingimento, espulsione e detenzione amministrativa
2.
Di fronte al fallimento delle politiche espulsive praticate a livello
nazionale, che hanno ridotto i centri di detenzione amministrativa a luogo di
selezione e di espulsione della forza lavoro in eccesso, o di prolungamento
della detenzione carceraria, piuttosto che di effettivo allontanamento degli
immigrati irregolari presenti nel territorio, i principali paesi europei hanno
riscoperto la Òcooperazione internazionaleÓ, e le politiche europee di vicinato
( PEV). In assenza di strumenti operativi idonei a praticare una autentica
solidariet con gli abitanti dei paesi pi poveri, con iniziative affidate agli
enti locali ed alle organizzazioni non governative, si tentato di imporre ai
governi degli stati di transito, soprattutto dei paesi nord-africani, accordi
di collaborazione basati sul finanziamento delle politiche di arresto, di
detenzione e di espulsione dei migranti irregolari, prima che questi potessero
tentare lĠultimo salto, la traversata verso lĠEuropa. In questa direzione lĠItalia e la Spagna hanno offerto gli
esempi pi eclatanti, nei rapporti, rispettivamente, con la Libia e con il
Marocco, concludendo accordi bilaterali e/o intese a livello di forze di
polizia che hanno permesso il blocco e lĠarresto di migranti,in molti casi potenziali
richiedenti asilo e minori non accompagnati, anche se provenienti da paesi
terzi, in cambio di trattamenti preferenziali negli scambi commerciali con i
paesi dellĠarea comunitaria.
Ma lĠaspetto pi preoccupante delle politiche
comunitarie in materia di immigrazione ed asilo la stipula di accordi di
cooperazione nella ÒlottaÓ allĠimmigrazione clandestina, da ultimo con paesi di
transito come la Mauritania ed il Ghana. LĠapproccio sempre quello della
Òcondizionalit migratoriaÓ: in cambio di aiuti economici e di limitate
possibilit di ingresso legale per i cittadini di quei paesi, si ottiene in
cambio un maggiore impegno nellĠarresto e nella successiva espulsione, o nel
respingimento verso altri paesi dei migranti in transito, molti dei quali provenienti
da lontano, spesso potenziali richiedenti asilo.
Le incertezze della politica comunitaria in materia di immigrazione ed asilo si sono evidenziate soprattutto con i paesi terzi relativamente al trattamento dei potenziali richiedenti asilo. Con riferimento ai potenziali richiedenti asilo, o protezione umanitaria, sono assai recenti i rapporti di organi dellĠUnione Europea che denunciano i limiti del sistema Dublino e lĠurgenza di un suo superamento, anche a fronte di episodi diversi di respingimento collettivo da parte dellĠItalia, di Malta, della Grecia. Da ultimo si richiama il Rapporto del Parlamento Europeo del <Date>{14/05/2007}14.5.2007 COM(2007) 301 sullĠasilo : cooperazione pratica, qualit delle decisioni prese nel quadro del regime comune europeo in materia di asilo. Italia e Spagna stanno costituendo in queste settimane gli snodi operativi delle operazioni di contrasto dellĠimmigrazione clandestina coordinate dallĠagenzia europea FRONTEX. La Spagna ha concluso nuovi accordi di riammissione con il Marocco, prevedendo il rimpatrio anche nel caso di minori non accompagnati e di migranti provenienti da paesi terzi, ed altri accordi sono stati sottoscritti con il Senegal e con diversi paesi africani, ai quali si offerta la possibilit di quote preferenziali di ingressi legali ed un consistente fascio di aiuti economici.
Negli anni
passati lĠItalia stata allĠavanguardia in Europa nella pratica delle
espulsioni collettive verso i cd. paesi di transito, come la Libia e lĠEgitto,
paesi dai quali numerosi migranti, tra i quali molti potenziali richiedenti
asilo, sono stati respinti verso quegli stessi stati, come lĠEritrea, il Sudan,
la Nigeria, il Ghana, il Mali, ma anche il Bangladesh, il Pakistan o lo Sri
Lanka, dai quali erano fuggiti. La
svolta avveniva a partire dal caso Cap Anamur, nellĠestate del 2004, quando la
Germania mutava politica,
probabilmente anche per ragioni elettorali del governo allora in carica,
negando ai naufraghi salvati dalla nave tedesca lĠaccesso alla procedura di
asilo. LĠItalia, al fine dichiarato di non creare Òun pericoloso precedenteÓ,
espelleva sommariamente persino coloro che avevano ottenuto da parte della
Corte Europea dei diritti dellĠuomo la sospensiva del provvedimento di
respingimento. In quella occasione lĠintesa tra i ministri degli interni di
Italia, Gran Bretagna e Germania, Pisanu, Blunkett e Schily, riuniti il 6
luglio del 2004 a Sheffield, in Inghilterra, apr la strada alle successive politiche europee centrate
sulle espulsioni collettive, sui respingimenti in mare aperto e sulla
esternalizzazione dei controlli di frontiera e dei centri di detenzione
amministrativa. Come si speriment poco tempo dopo a Lampedusa, con le
espulsioni collettive verso la Libia, nellĠottobre del 2004 e poi nel marzo del
2005, e poi ancora in altre occasioni nel corso del 2005, dallĠItalia verso la
Libia e lĠEgitto, malgrado le censure del Parlamento Europeo e della Corte
Europea dei diritti dellĠuomo. Dopo la vicenda della Cap Anamur, sulla quale
ancora aperto un processo ad Agrigento, sanzioni penali sempre pi severe
dissuadono le imbarcazioni da pesca e le navi mercantili dal prestare aiuto ai
migranti, come se in alto mare non valessero pi le Convenzioni internazionali
che prevedono comunque lĠobbligo di salvataggio immediato. Come se nelle acque
internazionali non fosse pi applicabile quella causa di giustificazione
umanitaria che invece esclude la sanzione penale per coloro che aiutano senza
fine di lucro gli immigrati irregolari nel territorio nazionale. Numerose testimonianze di migranti riferiscono
come le navi e le imbarcazioni da pesca ignorino le richieste di soccorso,
talvolta senza neppure rilanciare un allarme che potrebbe salvare la vita a
decine di persone. Senza
lĠestensione immediata della esimente umanitaria agli interventi di
salvataggio operati da mezzi civili in acque internazionali si corre il rischio
che le attivit di soccorso siano sempre meno tempestive e che lĠelenco dei
morti e dei dispersi possa allungarsi ancora di pi.
3.
Snodo essenziale delle politiche di Òlotta allĠimmigrazione clandestinaÓ, se
non di vero e proprio blocco dei movimenti migratori, costituito dagli
accordi di pattugliamento congiunto e dalle attivit dellĠagenzia FRONTEX istituita nel 2004 dallĠUnione Europea
per il controllo delle frontiere esterne ed il contrasto dellĠimmigrazione
clandestina. LĠeffetto deterrente costituito dallo schieramento di unit
militari finanziato dallĠUnione Europea
non ha comunque arrestato i
movimenti migratori clandestini, ma ne ha reso pi pericolosi gli itinerari,
anche per il ricorso ad imbarcazione sempre pi piccole per sfuggire ai controlli dei radar e degli aerei
ricognitori. Se diminuito il numero degli immigrati transitati attraverso la
Libia ed il Marocco verso lĠItalia e la Spagna, aumentato il numero delle
partenze dalla Mauritania, dal Senegal, persino dalla Guinea Conakry, di
migranti diretti verso la Spagna, e dallĠAlgeria, dalla Tunisia, dalla Turchia,
attraverso la Grecia, di migranti diretti in Italia, non solo verso la Sicilia,
ma anche verso la Sardegna, e di nuovo verso la Puglia. Ancora incalcolabile il
numero delle vittime di queste nuove rotte dei forzati dellĠimmigrazione
clandestina, costretti ad intraprendere i viaggi della disperazione in assenza
di un riconoscimento effettivo del diritto di asilo nei paesi del nord africa,
e di un sostanziale canale di ingresso per lavoro.
Ma anche le direttive ed I regolamenti comunitari non sempre sono applicati quando si tratta di combattere la Òguerra allĠimmigrazione clandestineÓ. Numerosi strumenti internazionali, accordi di riammissione e accordi di polizia fanno salvi ( almeno sulla carta) i diritti dei richiedenti asilo ma non fanno alcuna menzione a coloro che potrebbero potenzialmente ottenere in Europa uno status di protezione sussidiaria, regime introdotto a partire dal 2004 con diverse direttive che i diversi stati europei stanno provvedendo ad attuare con grande lentezza, e talora in modo difforme da quanto previsto a livello comunitario.
LĠItalia continua invece la sua politica ÒsommersaÓ con Gheddafi, dal vertice di Tripoli dello scorso anno, fino al viaggio di DĠAlema, sempre a Tripoli, lo scorso aprile. Nessun accordo ufficiale, ma una politica di riammissione gestita a livello di alti funzionari di polizia, ufficiali di collegamento e contatti diplomatici informali, che determinano puntualmente, ad ogni situazione di crisi, ritardi nei soccorsi a mare e una totale incertezza sulla sorte dei migranti, una parte dei quali sicuramente proveniente da paesi dai quali pu essere fatta valere una richiesta di asilo, come la Somalia o lĠEritrea, ma inesorabilmente abbandonati al loro destino di clandestini, se non di naufraghi, quando non respinti direttamente verso la Libia.
Secondo numerose
testimonianze, raccolte da operatori umanitari e giornalisti, consultabili nei
siti di Migreurop (Parigi), di PICUM ( Bruxelles), di Border Europe ( Berlino) e
di Fortress Europe (Roma), confermate da rapporti di agenzie internazionali
come Amnesty o Human Rights Watch (HRW), facilmente reperibili nei siti di
queste organizzazioni, numerosi paesi europei impegnati nelle operazioni di
contrasto dellĠimmigrazione clandestina non rispettano neppure le regole
procedurali vincolanti dei regolamenti comunitari. Rimane ancora assai
controverso il momento del respingimento in frontiera, provvedimento che
talvolta viene ancora adottato senza il rispetto di particolari formalit. Nel
caso degli interventi di pattugliamento congiunto a mare si tratta di stabilire
quando il respingimento avviene nelle acque nazionali di un paese comunitario,
o quando si verifica invece in acque internazionali. Secondo recenti
testimonianze di migranti arrivati nellĠisola di Lampedusa dopo diversi
tentativi di traversata, sembrerebbe che in taluni casi i respingimenti siano
effettuati a mare senza alcuna formalit, da parte di unit militari di diversi
paesi, anche dalle acque territoriali maltesi o italiane verso le acque
territoriali libiche. EĠ opportuno
ricordare le prescrizioni formali imposte dallĠart. 13 del regolamento comunitario 562
del 2006 entrato in vigore il successivo 13 ottobre in base al quale:
Sono respinti dal territorio degli Stati membri i cittadini di paesi terzi che non soddisfino tutte le condizioni dĠingresso previste dallĠarticolo 5, paragrafo 1, e non rientrino nelle categorie di persone di cui allĠarticolo 5, paragrafo 4. Ci non pregiudica lĠapplicazione di disposizioni particolari relative al diritto dĠasilo e alla protezione internazionale o al rilascio di visti per soggiorno di lunga durata./2. Il respingimento pu essere disposto solo con un provvedimento motivato che ne indichi le ragioni precise. Il provvedimento adottato da unĠautorit competente secondo la legislazione nazionale ed dĠapplicazione immediata. Il provvedimento motivato indicante le ragioni precise del respingimento notificato a mezzo del modello uniforme di cui allĠallegato V, parte B, compilato dallĠautorit che, secondo la legislazione nazionale, competente a disporre il respingimento. Il modello uniforme compilato consegnato al cittadino di paese terzo interessato, il quale accusa ricevuta del provvedimento a mezzo del medesimo modello uniforme./3. Le persone respinte hanno il diritto di presentare ricorso. I ricorsi sono disciplinati conformemente alla legislazione nazionale. Al cittadino di paese terzo sono altres consegnate indicazioni scritte riguardanti punti di contatto in grado di fornire informazioni su rappresentanti competenti ad agire per conto del cittadino di paese terzo a norma della legislazione nazionale. LĠavvio del procedimento di impugnazione non ha effetto sospensivo sul provvedimento di respingimento. Fatto salvo qualsiasi indennizzo concesso a norma della legislazione nazionale, il cittadino di paese terzo interessato ha diritto a che lo Stato membro che ha proceduto al respingimento rettifichi il timbro di ingresso annullato e tutti gli altri annullamenti o aggiunte effettuati, se in esito al ricorso il provvedimento di respingimento risulta infondato./4. Le guardie di frontiera vigilano affinch un cittadino di paese terzo oggetto di un provvedimento di respingimento non entri nel territorio dello Stato membro interessato./5. Gli Stati membri raccolgono statistiche sul numero di persone respinte, i motivi del respingimento, la cittadinanza delle persone respinte e il tipo di frontiera (terrestre, aerea, marittima) alla quale sono state respinte. Gli Stati membri trasmettono annualmente tali statistiche alla Commissione. La Commissione pubblica ogni due anni una compilazione delle statistiche fornite dagli Stati membri./6. Le modalit del respingimento figurano nellĠallegato V, parte A.
Se queste
disposizioni non sono applicabili a mare, quali sono le regole di ingaggio e le
garanzie procedurali durante le operazioni di respingimento, spesso di
respingimento collettivo, praticato ai limiti delle acque territoriali dei
paesi mediterranei che appartengono allĠUnione Europea ?
4.
Le operazioni Hera II e III svolte nei mesi scorsi dalle unit europee
coordinate dallĠagenzia europea FRONTEX, davanti alle coste del Senegal e della
Mauritania, hanno gi dimostrato il groviglio di interessi contrastanti e di
conflitti di competenza scatenati dal Òpattugliamento congiuntoÓ delle acque
territoriali dei paesi di transito, allo scopo dichiarato di bloccare i flussi
di immigrazione irregolare via mare, in Oceano dallĠAfrica occidentale verso la
Spagna, nel Mediterraneo verso lĠItalia e la Sicilia in particolare. Conflitti
di competenza tra stati e ragioni di carattere economico ritardano gli
interventi di salvataggio e lasciano i migranti per giorni e giorni alla deriva
in balia delle onde. Elemento costante delle nuove politiche europee in difesa
della Fortezza Europa il numero dei morti, e dei dispersi in mare, mentre le
cifre dellĠimmigrazione clandestina, su scala europea, continuano a segnalare
un costante aumento. Nei confronti dei migranti sospesi tra le onde si usa il
pattugliamento congiunto, che dovrebbe garantire un effettivo contrasto
dellĠimmigrazione clandestina, con lĠobiettivo di respingere le carrette del
mare verso i porti di partenza, in modo da dissuadere gli aspiranti
allĠimmigrazione irregolare, mentre tutti riconoscono ormai che siamo in
presenza di flussi misti, composti da migranti economici e potenziali richiedenti
asilo, che avrebbero comunque, in ogni caso, diritto ad entrare nel territorio
nazionale. In occasione della
vicenda Cap Anamur e poi in successive occasioni, sino a pochi giorni fa, anche
per effetto delle diverse interpretazioni delle normative internazionali da
parte degli stati coinvolti nel salvataggio di migranti in procinto di
annegare, sono state violate le norme del diritto internazionale del mare che
impongono la salvaguardia assoluta della vita umana a mare. Anche durante la
pi recente operazione Nautilus nel Canale di Sicilia, iniziata alla fine di
giugno, non sono mancate le differenze di vedute tra i diversi governi dei
paesi che vi partecipavano, circa la sorte dei naufraghi salvati da mezzi
civili, e sono purtroppo continuate le stragi di migranti.
Le misure adottate a livello
europeo, e soprattutto quelle disposte da agenzie tecnico operative, o da
gruppi riservati di coordinamento, a livello di forze di polizia o di
rappresentanze diplomatiche non possono risultare in contrasto con il diritto
internazionale del mare universalmente riconosciuto.
La Convenzione di
Montego bay del 10 dicembre 1982 (UNCLOS) costituisce la fonte primaria del
diritto internazionale del mare. LĠart. 311 dispone, infatti, che sono salvi
soltanto gli altri accordi internazionali compatibili con la Convenzione stessa.
Due o pi Stati - continua lĠart. 311 della Convenzione sul diritto del mare - possono
concludere accordi che modifichino o sospendano lĠapplicazione delle
disposizioni della Convenzione e che si applichino unicamente alle loro
reciproche relazioni, solo a condizione che questi accordi non rechino
pregiudizio ad una delle disposizioni della Convenzione, la cui mancata
osservanza sarebbe incompatibile con la realizzazione del suo oggetto e del suo
scopo e, parimenti, a condizione che questi accordi non pregiudichino
lĠapplicazione dei principi fondamentali della Convenzione e non pregiudichino
anche il godimento dei diritti o lĠadempimento degli obblighi degli altri Stati
derivanti dalla Convenzione stessa. Questo principio di compatibilit non entra
in discussione qualora la medesima Convenzione di Montego bay richiami e
confermi espressamente accordi internazionali in vigore o ne auspichi la
stipulazione con riferimento a specifici settori.
Tra le norme che non
possono essere oggetto di deroga da parte degli Stati anche mediante accordi
con altri Stati va richiamato anzitutto lĠart. 98 dellĠUNCLOS, perch esso
costituisce lĠapplicazione del principio fondamentale ed elementare
della solidariet . Ogni Stato - si legge nel citato art. 98 - impone che
il comandante di una nave che batta la sua bandiera, nei limiti del possibile e
senza che la nave, lĠequipaggio ed i passeggeri corrano gravi rischi (non un
rischio qualunque, dunque!): a) presti assistenza a chiunque si trovi in
pericolo in mare; b) vada il pi presto possibile in soccorso delle persone in
difficolt se viene informato che persone in difficolt hanno bisogno
dĠassistenza, nei limiti della ragionevolezza dellĠintervento; c) presti soccorso,
in caso di collisione (cfr. Conv. int. sullĠurto di navi del 1910), allĠaltra
nave, al suo equipaggio ed ai passeggeri e, nella misura del possibile, indichi
allĠaltra nave il nome ed il porto dĠiscrizione e il primo porto del suo
approdo. Il secondo comma prevede che gli Stati costieri creino e curino il
funzionamento di un servizio permanente di ricerca e di salvataggio adeguato ed
efficace per garantire la sicurezza marittima e aerea e, se del caso,
collaborino a questo fine con gli Stati vicini nel quadro di accordi regionali.
Varie convenzioni
internazionali, tutte in vigore in Italia insieme allĠUNCLOS, costituiscono un
completamento (c.d. implementation) della norma ora citata.
In primo luogo, lĠart.
10 della Convenzione del 1989 sul soccorso in mare (e nelle acque in genere)
cos dispone: Ogni comandante obbligato, nella misura in cui ci non crei
pericolo grave per la sua nave e le persone a bordo, di soccorrere ogni persona
che sia in pericolo di scomparsa in mare. Gli Stati adotteranno tutte le misure
necessarie per far osservare tale obbligo.
La seconda Convenzione
internazionale che viene in considerazione riguarda anchĠessa la ricerca ed il
salvataggio marittimo.La Convenzione on Marittime Search and Rescue SAR 1979
a contenuto essenzialmente pubblicistico. LĠautorit responsabile per
lĠapplicazione della convenzione il Ministro dei trasporti mentre
lĠorganizzazione centrale e periferica affidata al Comando generale del Corpo
delle Capitanerie di porto ed ad relative strutture periferiche.
La Convenzione SAR si
fonda sul principio della cooperazione internazionale. Le zone di ricerca e
salvataggio sono ripartite dĠintesa con gli altri Stati interessati. Tali zone
non corrispondono necessariamente con le frontiere marittime esistenti. Esiste
lĠobbligo di approntare piani operativi che prevedono le varie tipologie
dĠemergenza e le competenze dei centri preposti. La Convenzione SAR impone un
preciso obbligo di soccorso e assistenza delle persone in mare Òregardlerss of
the nationality or status of such a person or the circumstances in which that
person is foundÓ, stabilendo altres, oltre lĠobbligo della prima assistenza
anche il dovere di sbarcare i naufraghi in un Òluogo sicuroÓ.
I poteri-doveri di
intervento e coordinamento da parte degli apparati di un singolo Stato
nellĠarea di competenza non escludono, sulla base di tutte le norme pi sopra
elencate, che unit navali di diversa bandiera possano iniziare il soccorso
quando lĠimminenza del pericolo per le vite umane lo richieda..
Malgrado lĠavvio di diverse operazioni FRONTEX nel Mediterraneo
rimangono ancora poco chiare le regole di ingaggio tra le diverse unit dei
paesi che partecipano a queste operazioni e gli stati rivieraschi. Tra Malta e
la Libia alla fine del mese di giugno cominciata l'operazione 'Nautilus Ií
sotto tutela della Frontex, l'agenzia europea per i controlli di frontiera.
L'operazione prevede pattugliamenti congiunti tra le marine di stati membri
della Ue per contrastare l'esodo senza sosta di immigrati clandestini dal nord
Africa. Oltre a Italia e Malta i paesi partecipanti all'operazione sono Spagna,
Grecia, Germania e Francia. Come si evince anche da fonti di stampa, rimangono
ancora da definire le regole d'ingaggio delle marine nel caso vengano salvati
immigrati in difficolt e questo pu comportare gravi ritardi nelle operazioni
di salvataggio, oltre che respingimenti collettivi verso i porti di partenza di
paesi che non riconoscono la Convenzione di Ginevra o altre norme
internazionali che tutelano i diritti della persona umana, con particolare
riferimento ai soggetti pi vulnerabili ( donne, minori, vittime di tortura).
Un funzionario dellĠagenzia
Frontex, citato da The Times in questi ultimi giorni, ha spiegato che "la
Libia non ha risposto alle richieste della Ue di partecipare ai pattugliamenti.
Questo rende molto difficoltosa l'operazione, particolarmente su chi deve
assumersi la responsabilit di accettare gli immigrati recuperate in zona Sar
libica, come successo molte volte in queste ultime settimane".
In Italia si
discute ancora oggi se e come istituire la zona contigua alle acque
territoriali, e non risultano atti di accordo con la
Libia e con Malta per notificare a tali stati lĠesistenza di una zona contigua.
In effetti nel 2002 la c.d. legge Bossi Fini aveva istituito la zona contigua,
ed un successivo regolamento del 2003 determinava le competenze delle autorit
marittime italiane ( Marina militare, Guardia di Finanza, Corpo delle
Capitanerie di porto, Polizia di stato, Carabinieri) ma ancora oggi gli
interventi di salvataggio, assai numerosi
da parte dellĠItalia, avvengono sulla base di criteri emergenziali,
senza limiti imposti dalla definizione di zone contigue o di zone di soccorso e
salvataggio, assai spesso in acque maltesi e libiche.
In ogni caso, la
doverosa cooperazione dello Stato coinvolto nellĠoperazione di soccorso in
mare, comprende lĠobbligo dello sbarco dei naufraghi, prescindendo dal potere
dello Stato stesso di perseguire i presunti favoreggiatori (comandante ed
equipaggio) o di adottare verso i clandestini (ma in tutta sicurezza) i
provvedimenti di espulsione o di respingimento previsti dalla legge.
Una particolare considerazione merita la problematica relativa a ci
che debba intendersi per conduzione della persona salvata in luogo sicuro. Infatti dal momento dellĠarrivo
in tale luogo che cessano gli obblighi internazionali (e nazionali)
relativamente alle operazioni di salvataggio, che pertanto non si esauriscono
con le prime cure mediche o con la soddisfazione degli altri pi immediati
bisogni (alimentazione etc.). Con lĠentrata in vigore (luglio 2006) degli
emendamenti allĠannesso della Convenzione SAR 1979 (luglio 2006) e alla
Convenzione SOLAS 1974 (e successivi protocolli) e con le linee guida -
adottate in sede IMO lo stesso giorno di approvazione degli emendamenti alle
convenzioni e protocolli - viene fatta maggiore chiarezza sul concetto di place of safety e sul fatto che la nave soccorritrice un
luogo puramente provvisorio di salvataggio, il cui raggiungimento non coincide
con il momento terminale delle operazioni di soccorso. Le Òlinee guidaÓ
insistono particolarmente sul ruolo attivo che deve assumere lo Stato costiero
nel liberare la nave soccorritrice dal peso non indifferente di gestire a bordo
le persone salvate.
Specifiche norme penali,
nei diversi ordinamenti, sanzionano lĠomissione di soccorso in mare ed i codici
della navigazione dei paesi comunitari rispettano formalmente quanto previsto
dalle convenzioni internazionali.
Malgrado tutto questo
impianto normativo sono frequenti le denunce che si ascoltano nelle sedi pi
diverse circa navi che pur avendo avvistato naufraghi o navi in grave pericolo
fanno finta di nulla proseguendo per la propria rotta.
5. Italia, Spagna e Grecia stanno costituendo i
principali snodi operativi delle attivit promosse dallĠagenzia europea FRONTEX
su impulso della Commissione europea. Queste operazioni consistono in pratiche
di riammissione sempre pi sbrigative e in azioni coordinate di polizia di
frontiera, con il ricorso al Òpattugliamento congiuntoÓ delle frontiere marittime
in acque internazionali . Si cominciano a conoscere i casi di imbarcazioni
cariche di migranti respinte dalle forze militari greche verso le coste turche,
in alcuni casi con esiti tragici. Alcune decine di unit militari europee, e
tra queste un mezzo navale italiano, operano stabilmente nelle acque
dellĠAfrica occidentale, davanti alle coste della Mauritania, tra le isole di
Capoverde e le Canarie. La Spagna ha inviato una sua imbarcazione militare nel Canale
di Sicilia ed ha concluso nuovi accordi di riammissione con il Marocco,
prevedendo il rimpatrio anche nel caso di minori non accompagnati e di migranti
provenienti da paesi terzi, ed altri accordi sono stati sottoscritti con il
Senegal e con diversi paesi africani, ai quali si offerta la possibilit di quote preferenziali
di ingressi legali ed un consistente fascio di aiuti economici. Malgrado questi
accordi, ogni volta che viene intercettata una imbarcazione carica di migranti,
si apre una lunga fase di trattative che ritarda gli interventi di salvataggio
come si verificato nei mesi scorsi in Atlantico con il respingimento in alto
mare del Marine I e dellĠ Happy Day, bloccati davanti alle coste africane con
il concorso di mezzi militari italiani.
Si assiste
dunque ad una moltiplicazione degli strumenti di contrasto nella lotta contro
lĠimmigrazione clandestine con norme, accordi internazionali bilaterali o
multilaterali, pratiche concordate a livello di forze di polizia o di gruppi
operative tecnici, emanazione dei ministeri dellĠinterno e degli esteri o di
specifici comitati o gruppi di lavoro a livello comunitario, con un crescente
pregiudizio per la vita umana dei migranti, in parte richiedenti asilo ed in
parte costretti allĠingresso irregolare per lĠassenza di canali legali di
ingresso per lavoro o per ricongiungimento familiare. La Commissione europea,
in vista dellĠestate del 2007, stagione nella quale tradizionalmente si
intensificano i tentativi di traversata dei migranti, aveva rivolto un invito
ai ministri dellĠinterno dei 27 paesi comunitari per fornire un maggiore
sostegno economico a FRONTEX, in particolare per rinforzare il pattugliamento
congiunto al largo delle Canarie e nel Mediterraneo. Ancora navi militari,
elicotteri, aerei da ricognizione,
e poi tecnologie militari e uomini specializzati per bloccare in alto
mare le imbarcazioni cariche di migranti e tentare con ogni mezzo di
respingerle verso i porti di provenienza. LĠappello non sembra avere ottenuto
risultati concreti, anche a fronte dei pi generali problemi che sta
attraversando lĠUnione Europea dopo il recente vertice di Bruxelles di giugno.
Sembra comunque ancora aperta la
stessa linea di politica dellĠimmigrazione, incentrata soprattutto sulla lotta
allĠimmigrazione clandestina, seppure a livello di cooperazione rafforzata o
sulla base di accordi intergovernativi a dimensione regionale.
Sempre pi
evidente in questi casi il rischio che i programmi e le attivit di contrasto
dellĠimmigrazione clandestina possano scaricarsi sulle vite dei migranti, una
parte dei quali appartiene sicuramente, secondo quanto dichiarato dallĠACNUR,
alla categoria dei richiedenti asilo. Tra gli altri sempre pi numerosi i
soggetti particolarmente vulnerabili come donne e banbini.
La disapplicazione
delle norme del diritto internazionale del mare appare particolarmente grave
con specifico riferimento alle difficolt operative del Regolamento Dublino II
ed alle differenti modalit applicative del Codice delle Frontiere Schengen del
quale si auspica da tempo una ulteriore revisione.
Il regolamento Dublino II , in uno studio pubblicato nella
primavera del 2006 dallĠAlto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati
(UNHCR) evidenziava la necessit di una sostanziale revisione, al fine di assicurare il rispetto
dei diritti di richiedenti asilo e rifugiati. Il rapporto dellĠUNHCR stato
reso pubblico proprio mentre la Commissione Europea era impegnata nella
preparazione di una propria revisione del Regolamento. Il funzionamento del
Regolamento presuppone che le leggi sullĠasilo e le derivanti prassi dei paesi
aderenti poggino su standard comuni. Tuttavia – osserva anche tale studio
- unĠarmonizzazione delle politiche dĠasilo e delle pratiche adottate
allĠinterno dellĠUE non ancora stata raggiunta. Sia le legislazioni nazionali
che le rispettive prassi in materia dĠasilo variano ancora molto da paese a
paese, generando cos un diverso trattamento dei richiedenti asilo. Ci pu
produrre disparit nellĠapplicazione del Regolamento Dublino II. La questione
pi importante – rileva ancora lĠUNHCR - lĠevitare concretamente (cio
in tutti gli Stati comunitari ) che il richiedente asilo venga inviato fuori
dello spazio regolato da Dublino II, senza che la sua richiesta sia stata
esaminata. LĠUNHCR
evidenzia anche la necessit di un sistema pi efficace per assicurare i
ricongiungimenti familiari con una definizione pi estesa della nozione di
membro di una famiglia.
Con particolare riferimento al controllo
delle frontiere comunitarie esterne e al gi citato reg. com. n. 562 del 15
marzo 2006 (Schengen borders code) va premesso che il testo riconosce e sĠispira al convincimento che
il controllo di frontiera nellĠinteresse non solo dello Stato membro alle cui
frontiere esterne viene effettuato, ma di tutti gli Stati membri che hanno
abolito il controllo di frontiera interno
Il controllo di frontiera dovrebbe contribuire alla lotta
contro lĠimmigrazione clandestina e la tratta degli esseri
umani nonch alla prevenzione di qualunque minaccia per la sicurezza interna,
lĠordine pubblico, la salute pubblica e le relazioni internazionali degli Stati
membri. Nessuna interpretazione di alcuna parte della normativa pu porsi in
contrasto con la tutela dei diritti dei rifugiati e dei diritti umani in
genere, a partire dal diritto alla vita e dal divieto di trattamenti inumani o
degradanti ( art. 3 della CEDU) nei limiti di quanto internazionalmente
riconosciuto e di quanto fa parte dei principi dello stesso ordinamento
comunitario.
6. A livello comunitario le cd. Politiche
di protezione regionale ( PPR) o le nuove Politiche di vicinato (PEV) non
possono essere finalizzate, di fatto, allĠesclusivo scopo di bloccare gli
ingressi, facilitare i rimpatri forzati e esternalizzare i sistemi di
detenzione amministrativa e di allontanamento forzato, magari in cambio di
modesti aiuti economici o di esigue quote di ingresso legale. In presenza di
Òflussi migratori mistiÓ, come rilevato anche dallĠAlto Commissariato delle
Nazioni Unite per i rifugiati ( ACNUR), occorre invece realizzare una effettiva
politica comunitaria di protezione nei confronti dei richiedenti asilo o
protezione umanitaria, con una disciplina uniforme del diritto di asilo e di
protezione umanitaria nei diversi stati europei, basata sulla distribuzione
degli interventi di accoglienza ( burden sharing) con una particolare tutela
dei soggetti vulnerabili ( donne, minori, vittime di tortura), ma anche
riaprendo canali di ingresso legale per ricerca di lavoro, ed introducendo
meccanismi di regolarizzazione permanente individuale sulla base del modello
adottato alcuni anni fa dalla Spagna.
Contro le organizzazioni che gestiscono il traffico dei migranti va
riaffermato il principio di legalit e strumenti di monitoraggio delle attivit
delle polizie locali. Come confermato da numerose testimonianze in molti
paesi di transito la corruzione della polizia e le organizzazioni criminali dei
trafficanti di uomini formano un sistema unico che stritola migliaia di vite e
che risulta invisibile soltanto ai governanti europei che con gli stati di
polizia del nord-africa non esitano a concludere accordi di riammissione che
sulla carta richiamano i diritti fondamentali ed il diritto di asilo, ma che
nella pratica si riducono a pratiche di deportazione e di schiavizzazione
indegne di un qualsiasi paese che voglia continuare a definirsi democratico.
Quanto successo
nei mesi di maggio e di giugno conferma le previsioni che avevamo fatto subito
dopo il lancio delle operazioni Frontex, per le quali il commissario europeo
Frattini rivendica adesso maggiori finanziamenti, ammettendo, di fronte
allĠevidenza, che altrimenti queste missioni resteranno prive di una reale
efficacia di contrasto dellĠimmigrazione clandestina. Tra la Libia e la Sicilia
si giocata una partita che costata la vita di decine di migranti, nella
quale i mezzi mercantili non sono intervenuti tempestivamente, e gli stati
interessati hanno cercato fino allĠultimo di eludere le proprie responsabilit
derivanti dalle convenzioni internazionali che impongono la salvaguardia della
vita umana a mare ed il diritto
allĠaccesso alla procedura di asilo. Diverse piccole imbarcazioni, avvistate da
aerei ricognitori a sud di Malta, venivano poi data per dispersa, e a
Lampedusa, on Sicilia, sono giunte diverse imbarcazioni sfuggite per giorni ai
controlli, con un carico di immigrati in stato di disidratazione, ed una donna
eritrea che si trovava su un battello approdato dopo giorni di navigazione
stata costretta ad abortire per le sofferenze del viaggio. Altri immigrati
hanno dichiarato di avere gettato in mare i cadaveri di compagni che non
avevano resistito ai lunghi giorni passati in attesa di un intervento di
soccorso.
La risposta
dellĠ Europa alla tragica domanda posta dallĠimmigrazione irregolare via mare
non pu affidarsi a risposte univoche, buone per ogni paese e per ogni luogo.
Tra Italia e Spagna, ad esempio, si registrano significative differenze, dovute
in parte alla diversa situazione geopolitica nella quale si trovano. Sono
migliaia i migranti espulsi dalla Spagna verso il Marocco ed il Senegal, ed
altri ancora respinti in mare verso la Guinea e la Mauritania, sono poi
ricacciati verso i paesi dai quali sono fuggiti, come nel caso delle
imbarcazioni Marine I ed Happy Day. Si registra invece una diminuzione
costante, malgrado lĠaumento degli sbarchi nel mese di giugno 2007, degli
sbarchi ( o meglio dei salvataggi) nel Canale di Sicilia, tra Lampedusa e la
Sicilia meridionale. Diminuzione che corrisponde per ad operazioni di
rastrellamento condotte periodicamente dalla polizia libica nei confronti degli
immigrati irregolari, attratti in Libia negli anni dellĠembargo, ed adesso
preziosa merce di scambio per accreditare Gheddafi come partner privilegiato
dei governi europei, non solo nel contrasto dellĠimmigrazione clandestina, ma
anche negli scambi commerciali e nelle forniture di gas e petrolio. Prima delle
stragi in mare, spesso il deserto che arresta i viaggi della speranza dei
migranti attraverso la Libia. Almeno per quelli che non trovano il danaro per
corrompere un funzionario della polizia di frontiera. Come confermato da
numerose testimonianze, in molti paesi di transito la corruzione della polizia
e le organizzazioni criminali dei trafficanti di uomini formano un Òsistema
unicoÓ che stritola migliaia di vite. Un sistema illegale bene organizzato che
risulta invisibile soltanto ai governanti europei che con gli stati di polizia
del nord-africa non esitano a concludere accordi di collaborazione e di
riammissione che -sulla carta- richiamano i diritti fondamentali ed il diritto
di asilo, ma che nella pratica si riducono a pratiche di deportazione e di
schiavizzazione indegne di un qualsiasi paese che voglia continuare a definirsi
democratico.Una partita sempre pi dura che si gioca sulla pelle dei migranti
internati in Libia in condizioni disumane e poi espulsi verso i paesi di
provenienza, come lĠEritrea e il Niger, il Mali e la Nigeria.
E non mancano i
paradossi. Dove Frontex intervenuto con maggiori forze, al largo della
Mauritania e del Marocco, il numero degli sbarchi alle Canarie raddoppiato,
mentre proprio a Lampedusa ed in Sicilia, dove Frontex ha finora limitato la
sua presenza ad alcune missioni simboliche, il numero dei migranti arrivati, o
pi spesso salvati dalle unit militari italiane, praticamente dimezzato.
Quali garanzie per i
diritti fondamentali della persona umana saranno riconosciuti adesso ai
migranti di fronte alle nuove frontiere europee ed alle politiche di
riammissione?
La prima linea di
intervento va individuata a livello europeo e consiste nel sostegno a tutte quelle azioni positive poste
in essere da enti locali e da ONG, che a livello nazionale ed internazionale,
soprattutto nei paesi di transito, si rivolgono alla tutela dei richiedenti
asilo e protezione umanitaria.
Gli accordi di
cooperazione economica dovranno restituire un ruolo progettuale alle
organizzazioni non governative ed agli enti locali, anche per diffondere
informazioni corrette sulle prospettive dellĠemigrazione in Europa e per
fornire un sostegno alle famiglie dei candidati allĠemigrazione clandestina.
Occorre stabilire poi una nuova disciplina degli ingressi legali per lavoro, a
livello nazionale, se non sar possibile trovare una intesa a livello europeo.
Se non si introdurranno al pi resto forme di regolarizzazione individuale
occorrer ricorrere ad un ennesima sanatoria generalizzata. Va comunque
moralizzato il mercato del lavoro. Altrimenti il lavoro informale costituir
una potente attrazione che nessuna nave militare riuscir ad offuscare.
Di fronte alla composizione
mista dei flussi migratori occorre un regolamento europeo che superi la
Convenzione di Dublino e garantisca la salvaguardia della vita umana a mare e
la protezione dei soggetti pi vulnerabili come i richiedenti asilo, le donne
ed i minori. In particolare si devono depenalizzare al pi presto gli
interventi di salvataggio a mare da parte delle imbarcazioni non militari, in
modo da rendere pi tempestive le azioni di salvataggio. Le missioni FRONTEX
devono essere rimodulate nella prospettiva della salvaguardia assoluta della
vita umana e del diritto di asilo. Va quindi modificata la disciplina nazionale
delle espulsioni e dei respingimenti, considerandola strumento eccezionale e
non metodo ordinario di gestione dellĠimmigrazione. Di conseguenza devono
essere chiusi gli attuali centri di detenzione amministrativa e i centri di
identificazione.
Gli accordi di
riammissione con molti paesi nordafricani sono basati sul presupposto che
questi paesi hanno aderito alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati. Quando
poi si va a considerare la dimensione effettiva del diritto di asilo in questi
paesi si verifica come tale status venga concesso in poche centinaia di casi.
Non si pu ritenere sufficiente lĠadesione alla Convenzione di Ginevra se poi i
singoli stati si comportano in modo da violare i principi essenziali di quella
convenzione, e neppure consentono il tempestivo intervento dei funzionari
dellĠACNUR In questo quadro, pu costituire la premessa per gravi violazioni
dei diritti fondamentali della persona il coinvolgimento nelle pattuglie
FRONTEX di unit navali di paesi che non rispettano i diritti dei richiedenti
asilo, come Malta e la Libia.
Le missioni FRONTEX
devono essere bloccate o riconvertite nella prospettiva della salvaguardia
assoluta della vita umana e del diritto di asilo. Devono essere evitate
pratiche di polizia concretamente
riconducibili al divieto di espulsioni collettive. Vanno interrotti
immediatamente i finanziamenti concessi dai governi europei ai paesi di
transito per mantenere centri di raccolta dei migranti irregolari, che assumono
spesso, come rilevato in Libia da Human Rights Watch e da una delegazione del Parlamento europeo,
il carattere di veri e propri lager. Come vanno interrotti i finanziamenti
europei dei voli con i quali gli stati di transitano restituiscono molti
potenziali richiedenti asilo alla polizia dei paesi, come lĠEritrea, dai quali
questi sono fuggiti.
Gli accordi di
riammissione con i paesi nordafricani sono basati sul presupposto che questi
paesi, ad eccezione della Libia, hanno aderito alla Convenzione di Ginevra sui
rifugiati. Quando poi si va a considerare la dimensione effettiva del diritto
di asilo in questi stati si verifica come il diritto di asilo venga
riconosciuti in poche centinaia di casi. Non si pu ritenere sufficiente
lĠadesione formale alla Convenzione di Ginevra, se poi i singoli stati si
comportano in modo da violare i principi essenziali di quella convenzione, e
neppure consentono il tempestivo intervento dei funzionari dellĠACNUR.
In questo quadro, pu
costituire la premessa per gravi violazioni dei diritti fondamentali della
persona il coinvolgimento nelle pattuglie FRONTEX di unit navali di paesi che
non rispettano i diritti dei richiedenti asilo, come Malta e la Libia. Non si
dovranno pi verificare espulsioni o respingimenti verso paesi che non
garantiscono i diritti fondamentali della persona umana, a partire dal diritto
di asilo. Piuttosto che finanziare campi di detenzione amministrativa nei paesi
di transito, strutture che diventano luoghi di abusi e di traffici di ogni
tipo, occorre istituire, negli
stessi paesi di transito, veri e propri centri di accoglienza per i richiedenti asilo. Bisogna estendere
lĠistituto dellĠasilo extraterritoriale, dare quindi la effettiva possibilit
di presentare una richiesta di asilo nei paesi di transito e di garantire un
rigoroso rispetto del principio di non refoulement previsto dalla Convenzione di Ginevra.
Non si dovranno pi
verificare espulsioni o respingimenti verso paesi che non garantiscono i
diritti fondamentali della persona umana, a partire dal diritto di asilo.
Piuttosto che finanziare campi di detenzione amministrativa nei paesi di
transito, campi che diventano luoghi di abusi e di traffici di ogni tipo, occorre istituire, anche nei paesi di
transito, veri e propri centri di accoglienza per i richiedenti asilo.
Deve essere
riconsiderata dai Parlamenti nazionali la materia degli accordi di
riammissione, sia perch in contrasto con le normative internazionali ed
interne in materia di protezione dei diritti fondamentali della persona
migrante, sia perch le azioni di polizia attuate sulla base di tali accordi
sono sottratte ad ogni effettivo controllo giurisdizionale. Gli accordi gi
stipulati con i paesi di transito e di provenienza vanno revocati o comunque
rinegoziati, ed eventuali accordi futuri, comunque discussi ed approvati dalle
assemblee parlamentari, dovranno essere strettamente conformi alle norme
internazionali e costituzionali sulla tutela dei diritti fondamentali della
persona, a partire dalla Carta di Nizza, che vieta le espulsioni collettive, e
dalla Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dellĠuomo, che prevede, in
caso di violazione, mezzi immediati di ricorso davanti alla Corte Europea dei
diritti dellĠUomo.
Fulvio Vassallo
Paleologo
Universit di Palermo
Associazione studi giuridici sullĠimmigrazione (ASGI)