GLI SCIACALLI DELLĠINFORMAZIONE DEFINISCONO PIRATI
I MIGRANTI IN FUGA: ANCORA VIOLATO IL DIVIETO DI ESPULSIONI COLLETTIVE.
La vicenda del respingimento collettivo degli
ultimi naufraghi rimasti sul peschereccio tunisino ÒdirottatoÓ in acque
internazionali ripropone tragicamente la questione degli accordi di
cooperazione tra i paesi mediterranei nella ÒlottaÓ contro lĠimmigrazione
clandestina. In realt non si trattato di un dirottamento n di un atto di
pirateria, ma solo del disperato tentativo di non perdere i contatti con i
familiari, che in precedenza erano stati trovati su un gommone vicino al
peschereccio e quindi condotti a Lampedusa da una unit della marina italiana.
Lo sciacallaggio di alcuni mezzi di informazione su questa vicenda si commenta
da solo.
Gli interventi basati sulla cooperazione bilaterale
dei paesi rivieraschi si stanno rivelando la Òsoluzione finaleÓ per bloccare i
flussi misti di migranti economici e potenziali richiedenti asilo che tentano
di raggiungere le coste siciliane. Le cronache di questi giorni ci confermano
infatti il sostanziale ÒfallimentoÓ dellĠoperazione Nautilus II organizzata
dallĠagenzia europea FRONTEX, anche per la mancanza di regole di ingaggio certe
e condivise da tutti i paesi partecipanti, oltre che per il rifiuto della Libia
di partecipare al pattugliamento congiunto delle proprie coste. In ogni caso,
in assenza di interventi capaci di smantellare la rete criminale ed
istituzionale che gestisce lĠimmigrazione clandestina nei paesi del
Nord-africa, le uniche vittime di questi interventi sono i migranti, respinti
verso paesi che non riconoscono i loro diritti fondamentali, il diritto di
asilo e neppure il diritto allĠunit familiare. LĠaccentuarsi della spirale
repressiva accresce le fortune dei trafficanti ed il loro potere di ricatto.
Non stupisce in questo quadro lĠallarme dei magistrati che lamentano i limiti
dei loro poteri di indagine nel contrasto delle organizzazioni criminali che
dai paesi di transito gestiscono indisturbati il traffico e la tratta, fenomeni
comunque da non confondere.
LĠaspetto pi preoccupante delle politiche
comunitarie e nazionali in materia di immigrazione ed asilo dunque la stipula
di accordi di cooperazione, o altre volte di intese operative a livello di
polizia, nella ÒlottaÓ allĠimmigrazione clandestina, da ultimo con paesi di
transito come la Mauritania ed il Ghana. LĠapproccio dominante sempre quello
della Òcondizionalit migratoriaÓ: in cambio di aiuti economici e di limitate
possibilit di ingresso legale per i cittadini di quei paesi, si dovrebbe
ottenere un maggiore impegno nellĠarresto e nella successiva espulsione, o nel
respingimento verso altri paesi dei migranti in transito, molti dei quali
provenienti da lontano, spesso potenziali richiedenti asilo. Quanto avviene in
queste settimane nel Canale di Sicilia frutto della visione esclusivamente
repressiva con la quale lĠUnione Europea e lĠItalia hanno affrontato il
problema delle migrazioni nel Mediterraneo. Una politica estera
sullĠimmigrazione nei rapporti con la Libia e la Tunisia che caratterizzata
da una sostanziale continuit, dal governo Berlusconi al governo Prodi. Una
impostazione di chiusura indiscriminata delle frontiere marittime che si
scaricata immediatamente sui soggetti pi deboli, i potenziali richiedenti
asilo, le donne, i minori, le vittime di tortura, malgrado lĠimpegno di
salvataggio delle unit della nostra marina militare.
Rimane ancora assai controverso il momento del respingimento in
frontiera, provvedimento che talvolta viene ancora adottato senza il rispetto
di particolari formalit. Nel caso degli interventi di pattugliamento congiunto
a mare si tratta di stabilire quando il respingimento avviene nelle acque nazionali
di un determinato paese, o quando si verifica invece in acque internazionali.
Adesso il caso del peschereccio tunisino ÒdirottatoÓ in acque internazionali
dai migranti separati dalle loro famiglie e il successivo respingimento dei
ÒdirottatoriÓ verso la Tunisia configura una nuova ipotesi di respingimento
collettivo, vietato da tutte le Convenzioni internazionali. Anche se i migranti
si trovavano su un imbarcazione battente bandiera tunisina in acque
internazionali avevano manifestato lĠintenzione di raggiungere le loro famiglie
a Lampedusa, e si trattava in prevalenza di donne e minori, i cui parenti erano
stati gi soccorsi da unit italiane. LĠequipaggio tunisino ( che assai
probabilmente li aveva condotti fino al limite delle acque territoriali) aveva
abbandonato ( secondo quanto riferito dalle agenzie di stampa) il natante salendo
su una motovedetta tunisina. Tutti, compresi i minori di et, sono stati
costretti a salire su una imbarcazione militare che li ha ricondotti in un
porto tunisino senza che sia stato possibile una identificazione individuale o
la proposizione di una domanda di asilo. Il riconoscimento dellĠesclusiva
giurisdizione dello stato di bandiera in acque internazionali ( in questo caso
il peschereccio batteva bandiera tunisina) ha costituito cos il presupposto
per la violazione di diritti fondamentali della persona. I respingimenti
collettivi sono vietati dal
Protocollo n.4 della Convenzione
europea dei diritti dellĠuomo e dallĠart.19 della Carta dei diritti fondamentali
dellĠUnione Europea, e gli stati parte dellĠUnione Europea che concorrano a
realizzare questi illeciti internazionali possono essere chiamati a risponderne
davanti alla Corte di Giustizia di Lussemburgo ( competente per le violazioni
del diritto comunitario) e davanti alla Corte Europea dei diritti dellĠuomo di
Strasburgo ( competente per la applicazione della CEDU).
I controlli di frontiera
dovrebbero contribuire anche nelle acque internazionali alla lotta contro
lĠimmigrazione clandestina e la tratta degli esseri umani, nonch
alla prevenzione di qualunque minaccia per la sicurezza interna, lĠordine
pubblico, la salute pubblica e le relazioni internazionali degli Stati membri.
Ma nessuna interpretazione di alcuna parte della normativa pu porsi in
contrasto con la tutela dei diritti dei rifugiati e dei diritti umani in
genere, a partire dal diritto di asilo, dal diritto alla vita e dal divieto di
trattamenti inumani o degradanti ( art. 3 della CEDU) nei limiti di quanto
internazionalmente riconosciuto e di quanto fa parte dei principi dello stesso
ordinamento comunitario. Il divieto di respingimenti collettivi ed il rispetto
dei diritti dei minori e delle loro famiglie sono principi superiori che non
possono essere derogati in alcun modo.
Fulvio Vassallo Paleologo
Universit di Palermo
MIGRANTI, OBBLIGHI DI PROTEZIONE E DIRITTO INTERNAZIONALE
DEL MARE
Negli anni passati lĠItalia stata allĠavanguardia in
Europa nella pratica delle espulsioni collettive verso i cd. paesi di transito,
come la Libia e lĠEgitto, paesi dai quali numerosi migranti, tra i quali molti
potenziali richiedenti asilo, sono stati respinti verso quegli stessi stati,
come lĠEritrea, il Sudan, la Nigeria, il Ghana, il Mali, ma anche il
Bangladesh, il Pakistan o lo Sri Lanka, dai quali erano fuggiti. Solo a partire dal marzo del 2006 il
ministro dellĠinterno Pisanu ancora in carica per poche settimane aveva sospeso
le deportazioni dai centri di detenzione italiani, Crotone in particolare,
verso la Libia, mentre era aperta una indagine del Parlamento Europeo per
accertare le espulsioni collettive effettuate da Lampedusa verso la Libia a
partire dallĠottobre del 2004.
Gi nellĠagosto del 2006 L'ASGI ,
associazione studi giuridici sullĠimmigrazione, esprimeva la propria ferma
contrariet e preoccupazione allĠannuncio dato dal nuovo Governo italiano sull'avvio
di pattugliamenti europei nel Mediterraneo, non essendoci garanzia alcuna che
essi sarebbero stati di aiuto e non di respingimento dei migranti e dei
richiedenti asilo. Come si legge in un comunicato di questa associazione Ò tali
pattugliamenti, da attuarsi con unit navali congiunte tra pi paesi europei,
appaiono finalizzati a contrastare l'arrivo di cittadini stranieri in fuga
sulle cosiddette Òcarrette del mareÓ verso le coste italiane.
A causa della perdurante scelta
politica di sostanziale chiusura di effettivi canali di ingresso regolare
nell'Unione Europea, si assiste ogni anno ad un progressivo incremento degli
ingressi irregolari realizzati con natanti sempre pi piccoli ed insicuri, per
sfuggire ai crescenti controlli. Le grandi organizzazioni criminali che gestiscono
il traffico trovano cos modo di arricchirsi sempre di pi, rimanendo al riparo
e limitandosi a ÒvendereÓ il viaggio, comprensivo di imbarcazione e
rifornimenti, a migranti che non dispongono di altro modo di fare ingresso
nell'Unione Europea. L'inasprimento dei controlli, ben lungi dallo scoraggiare
il fenomeno dell'immigrazione irregolare lo alimenta e le conseguenze di tale
circuito vizioso ricadono solo sulle vittime di tale traffico con esiti sempre
pi tragici.
Inasprire i controlli in mare
allo scopo di scoraggiare gli arrivi rappresenta quindi un grave errore,
foriero di nuove tragedie. Particolarmente grave appare l'annuncio, dato dal
Governo italiano, di volere procedere ad pattugliamento al limite dei confini
territoriali marittimi con la Libia allo scopo di contrastare l'uscita delle
imbarcazioni dai porti e restituire i migranti stessi alle autorit libiche. La
Libia un paese che non daĠ alcuna garanzia di tutela dei diritti fondamentali
dell'Uomo ed in particolare dei potenziali richiedenti asilo, non avendo, come
noto, ad oggi, neppure ratificato la Convenzione di Ginevra sullo status dei
rifugiati.
Attuare con la Libia accordi di
rimpatrio o altre forme di collaborazione, ivi compresi accordi di polizia mai
sottoposti all'approvazione del Parlamento, rappresenta pertanto una gravissima
violazione delle normative internazionali, comunitarie e di diritto interno.
LĠItalia e lĠUnione Europea
devono accettare il fenomeno strutturale dellĠimmigrazione, governandolo senza
pretendere di contrastarlo, consentendo un regolare accesso al territorio e al
mercato del lavoro e garantendo altres in maniera effettiva lĠaccesso alla
procedura di asilo.
L'ASGI sollecita l'introduzione
al pi presto nel nostro ordinamento dell'istituto dell'ingresso per Òricerca
nel mercato di lavoroÓ consentendo altres a coloro che gi si trovano
irregolarmente, sul territorio italiano di regolarizzare la propria posizione
dimostrando di avere unĠoccupazione (cos combattendo, per davvero, il lavoro
nero)
L'ASGI, nel ricordare
preliminarmente che qualsiasi accordo internazionale che incida su diritti
fondamentali della persona, quali sono senza dubbio gli accordi di
collaborazione in materia di immigrazione, debbono essere votati dalla Camere,
nel rispetto dell'art. 80 della Costituzione, non essendo affatto sufficiente
una mera nota informativa, richiede al Governo italiano di sospendere ogni
avventato programma di contrasto in mare dell'arrivo dei migranti ed in
particolare ogni forma di collaborazione con la Libia finalizzata al contrasto
della immigrazione irregolare e di potenziare invece gli interventi di soccorso
in mare dei cittadini stranieri in fuga verso l'Europa.Ó
Nel corso del 2006 e ancora questĠanno, lĠItalia ha
invece continuato la sua politica ÒsommersaÓ con Gheddafi e con gli altri paesi
nord-africani, dal vertice di Tripoli dello scorso anno, fino al viaggio di
DĠAlema, sempre a Tunisi e a Tripoli, lo scorso aprile. Nessun accordo
ufficiale, ma una politica di riammissione gestita a livello di alti funzionari
di polizia, ufficiali di collegamento e contatti diplomatici informali, che
determinano puntualmente, ad ogni situazione di crisi, ritardi nei soccorsi a
mare e una totale incertezza sulla sorte dei migranti, una parte dei quali
sicuramente proveniente da paesi dai quali pu essere fatta valere una
richiesta di asilo, come la Somalia o lĠEritrea, ma inesorabilmente abbandonati
al loro destino di clandestini, se non di naufraghi, quando non respinti
direttamente verso la Libia.
Secondo numerose testimonianze, raccolte da operatori umanitari e
giornalisti, consultabili nei siti di Migreurop (Parigi), di PICUM (
Bruxelles), di Borderline Europe ( Berlino) e di Fortress Europe (Roma),
confermate da rapporti di agenzie internazionali come Amnesty o Human Rights
Watch (HRW), facilmente reperibili nei siti di queste organizzazioni, numerosi
paesi europei impegnati nelle operazioni di contrasto dellĠimmigrazione
clandestina non rispettano neppure le regole procedurali vincolanti dei
regolamenti comunitari.
Secondo lĠart. 13 del Regolamento Comunitario 562 del 2006 entrato in vigore il
successivo 13 ottobre in base al quale sono dettate regole precise per il
respingimento in frontiera, regole che non possono essere applicate in alto
mare:
Sono respinti dal territorio degli Stati
membri i cittadini di paesi terzi che non soddisfino tutte le condizioni
dĠingresso previste dallĠarticolo 5, paragrafo 1, e non rientrino nelle
categorie di persone di cui allĠarticolo 5, paragrafo 4. Ci non pregiudica
lĠapplicazione di disposizioni particolari relative al diritto dĠasilo e alla
protezione internazionale o al rilascio di visti per soggiorno di lunga
durata./2. Il respingimento pu essere disposto solo con un provvedimento
motivato che ne indichi le ragioni precise. Il provvedimento adottato da
unĠautorit competente secondo la legislazione nazionale ed dĠapplicazione
immediata. Il provvedimento motivato indicante le ragioni precise del
respingimento notificato a mezzo del modello uniforme di cui allĠallegato V,
parte B, compilato dallĠautorit che, secondo la legislazione nazionale,
competente a disporre il respingimento. Il modello uniforme compilato
consegnato al cittadino di paese terzo interessato, il quale accusa ricevuta
del provvedimento a mezzo del medesimo modello uniforme./3. Le persone respinte
hanno il diritto di presentare ricorso. I ricorsi sono disciplinati
conformemente alla legislazione nazionale. Al cittadino di paese terzo sono
altres consegnate indicazioni scritte riguardanti punti di contatto in grado
di fornire informazioni su rappresentanti competenti ad agire per conto del
cittadino di paese terzo a norma della legislazione nazionale. LĠavvio del
procedimento di impugnazione non ha effetto sospensivo sul provvedimento di
respingimento. Fatto salvo qualsiasi indennizzo concesso a norma della
legislazione nazionale, il cittadino di paese terzo interessato ha diritto a
che lo Stato membro che ha proceduto al respingimento rettifichi il timbro di
ingresso annullato e tutti gli altri annullamenti o aggiunte effettuati, se in
esito al ricorso il provvedimento di respingimento risulta infondato./4. Le
guardie di frontiera vigilano affinch un cittadino di paese terzo oggetto di
un provvedimento di respingimento non entri nel territorio dello Stato membro
interessato./5. Gli Stati membri raccolgono statistiche sul numero di persone
respinte, i motivi del respingimento, la cittadinanza delle persone respinte e
il tipo di frontiera (terrestre, aerea, marittima) alla quale sono state
respinte. Gli Stati membri trasmettono annualmente tali statistiche alla
Commissione. La Commissione pubblica ogni due anni una compilazione delle
statistiche fornite dagli Stati membri./6. Le modalit del respingimento
figurano nellĠallegato V, parte A.
Se queste disposizioni non sono applicabili a mare, quali sono le
regole di ingaggio e le garanzie procedurali durante le operazioni di
respingimento, spesso di respingimento collettivo, praticato ai limiti delle
acque territoriali dei paesi mediterranei che appartengono allĠUnione Europea ?
In occasione della vicenda Cap Anamur e poi in
successive occasioni, sino a pochi giorni fa, anche per effetto delle diverse
interpretazioni delle normative internazionali da parte degli stati coinvolti
nel salvataggio di migranti in procinto di annegare, sono state violate le
norme del diritto internazionale del mare che impongono la salvaguardia
assoluta della vita umana a mare. Anche durante la pi recente operazione
Nautilus nel Canale di Sicilia, iniziata alla fine di giugno, non sono mancate
le differenze di vedute tra i diversi governi dei paesi che vi partecipavano,
circa la sorte dei naufraghi salvati da mezzi civili, e sono purtroppo
continuate le stragi di migranti.
Le misure adottate a livello
europeo, e soprattutto quelle disposte da agenzie tecnico operative come
FRONTEX, o da gruppi riservati di coordinamento, a livello di forze di polizia
o di rappresentanze diplomatiche non possono risultare in contrasto con il
diritto internazionale del mare universalmente riconosciuto.
La
Convenzione di Montego bay del 10 dicembre 1982 (UNCLOS) costituisce la fonte
primaria del diritto internazionale del mare. LĠart. 311 dispone, infatti, che sono
salvi soltanto gli altri accordi internazionali compatibili con la Convenzione stessa.
Due o pi Stati - continua lĠart. 311 della Convenzione sul diritto del mare - possono
concludere accordi che modifichino o sospendano lĠapplicazione delle
disposizioni della Convenzione e che si applichino unicamente alle loro
reciproche relazioni, solo a condizione che questi accordi non rechino
pregiudizio ad una delle disposizioni della Convenzione, la cui mancata
osservanza sarebbe incompatibile con la realizzazione del suo oggetto e del suo
scopo e, parimenti, a condizione che questi accordi non pregiudichino
lĠapplicazione dei principi fondamentali della Convenzione e non pregiudichino
anche il godimento dei diritti o lĠadempimento degli obblighi degli altri Stati
derivanti dalla Convenzione stessa. Questo principio di compatibilit non entra
in discussione qualora la medesima Convenzione di Montego bay richiami e
confermi espressamente accordi internazionali in vigore o ne auspichi la
stipulazione con riferimento a specifici settori.
Tra le
norme che non possono essere oggetto di deroga da parte degli Stati anche
mediante accordi con altri Stati va richiamato anzitutto lĠart. 98 dellĠUNCLOS,
perch esso costituisce lĠapplicazione del principio fondamentale ed elementare della solidariet . Ogni Stato - si legge nel citato
art. 98 - impone che il comandante di una nave che batta la sua bandiera, nei
limiti del possibile e senza che la nave, lĠequipaggio ed i passeggeri corrano
gravi rischi: a) presti assistenza a chiunque si trovi in pericolo in mare; b)
vada il pi presto possibile in soccorso delle persone in difficolt se viene
informato che persone in difficolt hanno bisogno dĠassistenza, nei limiti
della ragionevolezza dellĠintervento; c) presti soccorso, in caso di collisione,
allĠaltra nave, al suo equipaggio ed ai passeggeri e, nella misura del
possibile, indichi allĠaltra nave il nome ed il porto dĠiscrizione e il primo
porto del suo approdo. Il secondo comma prevede che gli Stati costieri creino e
curino il funzionamento di un servizio permanente di ricerca e di salvataggio
adeguato ed efficace per garantire la sicurezza marittima e aerea e, se del
caso, collaborino a questo fine con gli Stati vicini nel quadro di accordi
regionali.
Varie
convenzioni internazionali, tutte in vigore in Italia insieme allĠUNCLOS, costituiscono
un completamento della norma ora citata.
In
primo luogo, lĠart. 10 della Convenzione del 1989 sul soccorso in mare cos
dispone: Ogni comandante obbligato, nella misura in cui ci non crei pericolo
grave per la sua nave e le persone a bordo, di soccorrere ogni persona che sia
in pericolo di scomparsa in mare. Gli Stati adotteranno tutte le misure
necessarie per far osservare tale obbligo.
La
Convenzione Internazionale per la sicurezza della vita in mare del 1974 (
Convenzione SOLAS) impone al comandante di una nave Ò che si trovi nella
posizione di essere in grado di prestare assistenza avendo ricevuto
informazione da qualsiasi fonte circa la presenza di persone in pericolo in
mare, a procedere con tutta rapidit alla loro assistenza, se possibile
informando gli interessati o il servizio di ricerca e soccorso del fatto che la
nave sta effettuando tale operazioneÓ.
La
terza Convenzione internazionale che viene in considerazione riguarda anchĠessa
la ricerca ed il salvataggio marittimo. In base alla Convenzione on Marittime
Search and Rescue SAR 1979 lĠautorit responsabile per lĠapplicazione della
convenzione il Ministro dei trasporti mentre lĠorganizzazione centrale e
periferica affidata al Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto
ed ad relative strutture periferiche. La Convenzione SAR si fonda sul principio
della cooperazione internazionale. Le zone di ricerca e salvataggio sono
ripartite dĠintesa con gli altri Stati interessati. Tali zone non corrispondono
necessariamente con le frontiere marittime esistenti. Esiste lĠobbligo di
approntare piani operativi che prevedono le varie tipologie dĠemergenza e le
competenze dei centri preposti.
La
Convenzione SAR impone un preciso obbligo di soccorso e assistenza delle
persone in mare Òregardlerss of the nationality or status of such a person or
the circumstances in which that person is foundÓ, senza distinguere a seconda
della nazionalit o dello stato giuridico, stabilendo altres, oltre lĠobbligo
della prima assistenza anche il dovere di sbarcare i naufraghi in un Òluogo
sicuroÓ.
I
poteri-doveri di intervento e coordinamento da parte degli apparati di un
singolo Stato nellĠarea di competenza non escludono, sulla base di tutte le
norme pi sopra elencate, che unit navali di diversa bandiera possano iniziare
il soccorso quando lĠimminenza del pericolo per le vite umane lo richieda.
Occorre per garantire che dopo lĠespletamento delle operazioni di salvataggio
i migranti siano ricondotti in un porto sicuro.
Soprattutto nei rapporti con la Tunisia e la
Libia imangono ancora da definire le regole d'ingaggio delle marine nel caso
vengano salvati immigrati in difficolt e questo pu comportare gravi ritardi
nelle operazioni di salvataggio, oltre che respingimenti collettivi verso i
porti di partenza di paesi che non riconoscono (o non siano nelle condizioni di
applicare effettivamente, come nel caso della Tunisia) la Convenzione di
Ginevra o altre norme internazionali che tutelano i diritti della persona
umana, con particolare riferimento ai soggetti pi vulnerabili ( donne, minori,
vittime di tortura).
In ogni caso, la doverosa cooperazione dello Stato coinvolto
nellĠoperazione di soccorso in mare, comprende lĠobbligo dello sbarco dei
naufraghi in un logo sicuro sulla base del giudizio del comandante dellĠunit
che porta a compimento lĠintervento di salvataggio, prescindendo dal potere
dello Stato stesso di perseguire i presunti favoreggiatori (comandante ed
equipaggio) o di adottare verso i clandestini (ma in tutta sicurezza) i
provvedimenti di espulsione o di respingimento previsti dalla legge.
Una particolare considerazione merita la
problematica relativa a ci che debba intendersi per conduzione della persona
salvata in luogo sicuro. Infatti dal momento
dellĠarrivo in tale luogo che cessano gli obblighi internazionali (e nazionali)
relativamente alle operazioni di salvataggio, che pertanto non si esauriscono
con le prime cure mediche o con la soddisfazione degli altri pi immediati
bisogni (alimentazione etc.). Con lĠentrata in vigore (luglio 2006) degli
emendamenti allĠannesso della Convenzione SAR 1979 (luglio 2006) e alla
Convenzione SOLAS 1974 (e successivi protocolli) e con le linee guida -
adottate in sede IMO lo stesso giorno di approvazione degli emendamenti alle
convenzioni e protocolli - viene fatta maggiore chiarezza sul concetto di place of safety e sul fatto che la
nave soccorritrice un luogo puramente provvisorio di salvataggio, il cui
raggiungimento non coincide con il momento terminale delle operazioni di
soccorso.
Le Òlinee guidaÓ insistono
particolarmente sul ruolo attivo che deve assumere lo Stato costiero nel
liberare la nave soccorritrice dal peso non indifferente di gestire a bordo le
persone salvate.
Secondo
le linee guida sul trattamento delle persone soccorse in mare adottate nel
maggio del 2004 dal Comitato marittimo per la sicurezza, che emendano le
convenzioni SAR e SOLAS, Òil governo responsabile per la regione SAR in cui
sono stati recuperati i sopravvissuti responsabile di fornire un luogo sicuro
o di assicurare che tale luogo venga fornitoÓ. Secondo le stesse linee guida
Òun luogo sicuro una localit dove le operazioni di soccorso si considerano
concluse e dove la sicurezza dei sopravvissuti o la loro vita non pi
minacciata; le necessit umane primarie ( come cibo, alloggio e cure mediche)
possano essere soddisfatte; e possa essere organizzato il trasporto dei
sopravvissuti nella destinazione
vicina o finale.
Sono
quindi i naufraghi che possono indicare il luogo di sbarco sicuro, e
comunicarle al comandante della nave sulla quale si trovano, e non le decisioni
politiche o delle autorit di polizia. Si sottolinea in particolare come Ò lo
sbarco di richiedenti asilo e rifugiati recuperati in mare, in territori nei
quali la loro vita e la loro libert sarebbero minacciate, dovrebbe essere
evitatoÓ. Si aggiunge infine che Ò ogni operazione e procedura come
lĠidentificazione e la definizione dello status delle persone soccorse, che
vada oltre la fornitura di assistenza alle persone in pericolo, non dovrebbe
essere consentita laddove ostacoli la fornitura di tale assistenza o ritardi
oltremisura lo sbarcoÓ.
La questione pi
importante – rileva lĠUNHCR - lĠevitare concretamente (cio in tutti
gli Stati comunitari ) che il richiedente asilo venga inviato fuori dello
spazio regolato da Dublino II, senza che la sua richiesta sia stata esaminata.
Secondo lĠart. 33 della
Convenzione di Ginevra nessuno pu essere espulso o respinto verso le frontiere
dei luoghi ove la sua vita o la sua libert sarebbero minacciate a causa della sua
razza, religione,nazionalit,appartenenza ad un determinato gruppo sociale o
delle sue opinioni politiche.
LĠUNHCR evidenzia anche la necessit di un sistema pi
efficace per assicurare i ricongiungimenti familiari con una definizione pi
estesa della nozione di membro di una famiglia.
Contro le organizzazioni che gestiscono il traffico dei migranti va
riaffermato il principio di legalit e strumenti di monitoraggio delle attivit
delle polizie locali. Come
confermato da numerose testimonianze in molti paesi di transito la corruzione
della polizia e le organizzazioni criminali dei trafficanti di uomini formano
un sistema unico che stritola migliaia di vite e che risulta invisibile
soltanto ai governanti europei che con gli stati di polizia del nord-africa non
esitano a concludere accordi di riammissione che sulla carta richiamano i
diritti fondamentali ed il diritto di asilo, ma che nella pratica si riducono a
pratiche di deportazione e di schiavizzazione indegne di un qualsiasi paese che
voglia continuare a definirsi democratico.
Di fronte alla
composizione mista dei flussi migratori occorre un regolamento europeo che
superi la Convenzione di Dublino e garantisca la salvaguardia della vita umana
a mare e la protezione dei soggetti pi vulnerabili come i richiedenti asilo,
le donne ed i minori. In particolare si devono depenalizzare al pi presto gli
interventi di salvataggio a mare da parte delle imbarcazioni non militari, in
modo da rendere pi tempestive le azioni di salvataggio. Le missioni FRONTEX
devono essere rimodulate nella prospettiva della salvaguardia assoluta della
vita umana e del diritto di asilo.
Le operazioni di
pattugliamento congiunto gestite dallĠagenzia FRONTEX devono essere bloccate o
riconvertite nella prospettiva della salvaguardia assoluta della vita umana e
del diritto di asilo. Devono essere evitate pratiche di polizia concretamente riconducibili al divieto di
espulsioni collettive. Vanno interrotti immediatamente i finanziamenti concessi
dai governi europei ai paesi di transito per mantenere centri di raccolta dei
migranti irregolari, che assumono spesso, come rilevato in Libia da Human
Rights Watch e da una
delegazione del Parlamento europeo, il carattere di veri e propri lager. Come
vanno interrotti i finanziamenti europei dei voli con i quali gli stati di
transitano restituiscono molti potenziali richiedenti asilo alla polizia dei
paesi, come lĠEritrea, dai quali questi sono fuggiti.
Gli accordi di
riammissione con i paesi nordafricani sono basati sul presupposto che questi
paesi, ad eccezione della Libia, hanno aderito alla Convenzione di Ginevra sui
rifugiati. Quando poi si va a considerare la dimensione effettiva del diritto
di asilo in questi stati si verifica come il diritto di asilo venga
riconosciuti in poche centinaia di casi. Non si pu ritenere sufficiente
lĠadesione formale alla Convenzione di Ginevra, se poi i singoli stati si
comportano in modo da violare i principi essenziali di quella convenzione, e
neppure consentono il tempestivo intervento dei funzionari dellĠACNUR.
In questo quadro, pu
costituire la premessa per gravi violazioni dei diritti fondamentali della
persona il coinvolgimento nelle pattuglie FRONTEX di unit navali di paesi che
non rispettano i diritti dei richiedenti asilo, come Malta, la Tunisia e la
Libia. Non si dovranno pi verificare espulsioni o respingimenti verso paesi
che non garantiscono i diritti fondamentali della persona umana, a partire dal
diritto di asilo.
Piuttosto che
finanziare campi di detenzione amministrativa nei paesi di transito, strutture
che diventano luoghi di abusi e di traffici di ogni tipo, occorre istituire, negli stessi paesi
di transito, veri e propri centri di accoglienza per i richiedenti asilo. Bisogna estendere lĠistituto
dellĠasilo extraterritoriale, dare quindi la effettiva possibilit di
presentare una richiesta di asilo nei paesi di transito e di garantire un
rigoroso rispetto del principio di non refoulement previsto dalla Convenzione di Ginevra.
Deve essere
riconsiderata dai Parlamenti nazionali la materia degli accordi di
riammissione, sia perch in contrasto con le normative internazionali ed
interne in materia di protezione dei diritti fondamentali della persona
migrante, sia perch le azioni di polizia attuate sulla base di tali accordi
sono sottratte ad ogni effettivo controllo giurisdizionale. Gli accordi gi
stipulati con i paesi di transito e di provenienza vanno revocati o comunque
rinegoziati, ed eventuali accordi futuri, comunque discussi ed approvati dalle
assemblee parlamentari, dovranno essere strettamente conformi alle norme
internazionali e costituzionali sulla tutela dei diritti fondamentali della
persona, a partire dalla Carta di Nizza, che vieta le espulsioni collettive, e
dalla Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dellĠuomo, che prevede, in
caso di violazione, mezzi immediati di ricorso davanti alla Corte Europea dei
diritti dellĠUomo.
Fulvio Vassallo
Paleologo
Universit di Palermo
Associazione studi giuridici sullĠimmigrazione (ASGI)