Il dibattito sullimmigrazione ha avuto in Italia, almeno da quando diventato tema diffuso, una modalit precisa. CՏ un soggetto politico –la Lega - che ha fatto di xenofobia e razzismo la propria colonna portante. Non solo il contenuto del suo agire ma, a mio avviso, la stessa ragione sociale di esistenza.

La risposta rimasta vincolata a queste speculazioni irresponsabili, scesa sullo stesso terreno, magari attenuandone i toni, magari tentando di separare gli immigrati buoni da quelli cattivi, ma raramente ha cercato di andare oltre. I dibattiti che pure si sono aperti, grazie anche alle spinte dei movimenti, delle forze antirazziste, di uomini e donne migranti, si sono rapidamente rappresi.

Arretra il discorso pubblico, arretrano anche le forme di buon senso comune che si stanno comunque affermando

Riprende vigore un razzismo strisciante: ogni fatto di cronaca diventa un'occasione per agitare, esasperare i fantasmi della paura, ogni errore di un immigrato diventa un'occasione di compiacimento, nella ricerca disperata di fatti dimostrativi che confermino il carattere mostruoso, incompatibile, sostanzialmente delinquenziale del migrante. Non conta, come ci stato ripetuto ieri in parlamento da importanti docenti e ricercatori, nellambito dellindagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, che dagli anni Sessanta ad oggi non solo non siano aumentati i reati ma non sia aumentata neanche una percezione sostanziale di insicurezza sociale. Importa laumento del frastuono mediatico.

La paura etnicizzata trova amplificazione naturale nei mezzi di comunicazione e trascina con se, non soltanto una parte dei settori maggiormente sprovvisti di strumenti culturali di decodifica,  quindi pi facilmente manipolabili, pi vulnerabili e disposti ad agire in base a propagande localiste, che smuovono lo pi basse pulsioni. Queste pulsioni corrompono anche il resto del corpo sociale, in ci aiutate da esponenti politici che riproducono a loro volta il discorso razzista. I media riproducono e veicolano la percezione di insicurezza della gente.

La lettera pubblicata, non da giornali apertamente xenofobi ma  da Repubblica in prima pagina sotto il titolo aiuto, sono di sinistra ma sto diventando razzista, risponde ad una precisa scelta editoriale, legitima la banalizzazione del discorso, la semplificazione irresponsabile della realt, operando quello che Betty Gilmore chiama l'abbassamento del livello di accettazione del razzismo e che trova nuovi aderenti. Ma la lettera ne solo un esempio.

Il giorno precedente, lo stesso quotidiano aveva pubblicato i dati di una ricerca sull'integrazione. Il titolo ingannatore, induce a pensare che effettivamente aumenti l'ostilit, la paura degli italiani nei confronti dei migranti; leggendo bene i dati, le informazioni pi rilevanti per qualit sono quelle riferite al voto e ai diritti. Poi l'aumento dell'ostilit non cos rilevante.

E, a mio avviso, la recrudescenza delle ostilit del razzismo sottinteso giunge in contemporanea con le elezioni francesi e la vittoria di Sarkozy. La destra in Francia ha vinto rivendicando con vanto il suo razzismo nelle manifestazioni pi violente da parte di chi autorizzato a usare la forza; l'ha fatto con parole volgari, umilianti, con linguaggio minaccioso, ha vinto anche per questo.

Sar questo il discorso dominante della nuova Europa?

Spero di no: trovo imbarazzante per me, donna di sinistra, trovarmi d'accordo con Giuliano Ferrara. La sua proposta di menzionare, o sempre o mai, la nazionalit degli autori di fatti di cronaca, appare come un barlume di buon senso, ma la cui applicazione sarebbe un contributo alla non etnicizzazione dei reati e alla non criminalizzazione generalizzata.

Ci vuole Ferrara per ricordarci che chi commette un crimine, per quanto efferato, una persona, che il suo un gesto che va ricondotto ad una responsabilit personale e non pu essere esteso alla sua provenienza nazionale?

Eppure sembra che per le donne e uomini migranti, le colpe dei padri debbano necessariamente ricadere non solo sui figli o sui consanguinei ma servono a creare uno stereotipo utile, o meglio una serie di stereotipi.

La giovane rumena diviene stereotipo di poco di buono e violenta, il cinese da guardare con sospetto, come con sospetto da guardare l altro o l altra, qualsiasi forma assumano se non conforme agli standard ammessi, in una scala gerarchica che vede allultimo posto i rom, che anche sindaci sedicenti di sinistra cacciano dal proprio territorio, recintano con muri visibili e invisibili.

Disumanizzare ed espellere chi non adatto alla identit nazionale, non per scelta ma per nascita o provenienza, impersonificare il disagio dandogli la forma di una etnicit, quando si usa il termine etnico per non pronunciare la parola politicamente scorretta: razza. Forse il nuovo razzismo questo, contiene qualcosa di antico- la presunzione di avere pi diritti di altri – e qualcosa di nuovo, la percezione di pericoli imminenti quanto fantasmatici. Ma sarebbe cos duro rendersi conto che paure e insicurezze albergano in progetti di vita precari, in metropoli impazzite, in relazioni trasformate in merci, nellinfelicit e nella solitudine da consumatori in cui siamo in tante e in tanti immersi?

 

Mercedes Frias, maggio 2007