EMN EUROPEAN MIGRATION NETWORK

Italian National Contact Point

 

Contributo italiano al terzo studio pilota europeo

“Le migrazioni di ritorno nei paesi dell’Unione Europea”

 

a cura di IDOS - Punto Nazionale di Contatto dell’EMN

in collaborazione con il Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes

e con il supporto del Ministero dell’Interno – Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione

 

“Le migrazioni di ritorno: il caso italiano” è un volume dedicato ai rimpatri assistiti degli immigrati nei loro paesi di origine. Si tratta di un argomento poco conosciuto, perché solitamente si pensa al rimpatrio forzato degli immigrati illegali, che invece non possono essere beneficiari di questi provvedimenti. Ad essere interessate sono alcune categorie non molto numerose ma molto importanti: i richiedenti asilo, gli stranieri accolti per motivi umanitari, le persone recuperate dallo sfruttamento per fini sessuali, ecc.

Per la prima volta, grazie alla collaborazione dell’OIM e dell’ANCI, sono stati raccolti tutti i dati statistici al riguardo, ripartiti per anni e per categorie.

Dal 1991 ad oggi si è trattato di poco più di 7.000 casi. Il numero non deve però far pensare che si tratti di una posta scarsamente significativa.

Infatti, seguendo le riflessioni sviluppate dalla ricerca e riprese dalla Caritas Italiana, l’assistenza può essere uno strumento da estendere a altre categorie di immigrati, evitando così che i flussi irregolari continuino ad essere una voce estremamente dispendiosa per lo Stato e una posta fallimentare per gli interessati.

Soprattutto in questo periodo di riflessione sulle possibili riforme da apportare al Testo Unico sull’Immigrazione, i dati riportati, l’esperienza maturata e gli ampliamenti ipotizzati possono tornare di grande utilità.

 

Un quadro statistico organico sul ritorno volontario assistito

Nel panorama italiano, il ritorno volontario assistito è stato previsto formalmente per la prima volta dalla Legge 286/98 “Turco/Napolitano” in riferimento alle vittime di tratta e, poi, esteso dalla Legge 189/2002 “Bossi/Fini” ad altre categorie, per cui i beneficiari di programmi di ritorno volontario assistito possono essere generalmente distinti in due grandi gruppi:

a) Emergenze umanitarie e asilo: titolari di permesso per protezione umanitaria temporanea e sfollati per emergenze umanitarie, richiedenti asilo, rifugiati, ma anche persone che hanno rinunciato alla domanda di asilo o a cui è stato negato lo status di rifugiato o altra forma di protezione temporanea e, infine, soggetti ex Convenzione di Dublino;

b) Vittime di tratta e casi umanitari: gruppi di migranti in stato di vulnerabilità, vittime della tratta, casi umanitari, minori non accompagnati e lavoratori in difficoltà.

Sono esclusi i migranti irregolari, per i quali la legislazione italiana non prevede alcun accesso diretto ai programmi di ritorno volontario, misura che invece sarebbe auspicabile.

Il numero complessivo di ritorni, dal 1991 fino ai primi mesi del 2006, è stato pari a 7.223 beneficiari così disaggregati:

-         i tre quarti (72,7%) hanno beneficiato di programmi speciali di ritorno, legati alle emergenze umanitarie prima nei Balcani (inizio anni ’90) e poi in Kosovo (inizio del 2000). Dal 2001, anno di istituzione del Piano Nazionale Asilo (PNA, poi divenuto operativamente, dal dicembre 2003, Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati, SPRAR), al settembre 2006 si sono aggiunti altri 797 casi riguardanti richiedenti asilo, rifugiati, titolari di protezione temporanea, ecc., pari a circa l’11,0% del totale;

-         il restante 16,3% dei casi ha riguardato 458 vittime di tratta (6,3%), la cui assistenza al ritorno volontario trae inizio nel 1999; 571 lavoratori in difficoltà, assistiti dal 1992 a oggi grazie al Fondo per il rimpatrio gestito dall’Inps (10,0%); alcuni altri casi umanitari.

 

ITALIA. Beneficiari di ritorno volontario assistito dal 1991 al 2006

Periodo

Motivo

v.a.

%

Dal 1991 al 2001

Emergenze umanitarie

     5.252

72,7

Dal 2001 al 2006

Richiedenti asilo

          797

11,0

Dal 1999 al 2005

Vittime tratta

           458

6,3

Dal 1992 al 2006

Casi umanitari/Lavoratori stranieri in difficoltà

           716

10,0

Dal 1991 al 2006

Totale

         7.223

100,0

FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati OIM Roma

 

Per quanto riguarda le provenienze geografiche, nella maggioranza dei casi si tratta di cittadini albanesi (41,5%) beneficiari per lo più dei programmi di ritorno connessi all’emergenza sbarchi del 1991 e del 1997 e promossi dal Ministero dell’Interno. Seguono nella graduatoria altri 4 paesi balcanici: il Kosovo (15,2%), la Romania (7,8%), la Serbia Montenegro (6,7%) e la Bosnia Erzegovina (5,5%).

I programmi d’assistenza sono gestiti sul piano operativo dall’OIM e in alcuni casi anche da organizzazioni non governative e da enti locali. Il ritorno volontario assistito non si limita esclusivamente al concetto del viaggio di ritorno nel paese d’origine, ma include tre fasi distinte: le attività propedeutiche alla partenza (informazioni, preparativi, colloqui con la persona che fa richiesta di assistenza al ritorno, iter organizzativo e logistico, “counselling”), il viaggio di ritorno, l’accoglienza all’arrivo e, infine, vari programmi di reinserimento nel luogo di destinazione finale. È importante sottolineare anche che, optando per il ritorno volontario assistito, generalmente non vi è alcun divieto di ritorno sul territorio italiano.

I costi del ritorno volontario assistito possono variare tra i 2.000 e i 5.000 € a beneficiario, a seconda degli obiettivi del progetto, del paese di ritorno e delle caratteristiche del beneficiario. Nel caso delle vittime della tratta, infatti, i costi possono essere maggiori, essendo il percorso di reinserimento più complesso.

Nel paese di origine ha inizio il processo di reintegrazione, anche attraverso l’erogazione di apposite borse, l’avvio di progetti di micro-imprenditoria (o, in alternativa, di percorsi di formazione o riqualificazione professionale), l’assistenza all’acquisto di beni di prima necessità o di attrezzature professionali.

La fase finale prevede infine il monitoraggio, cioè la verifica dell’effettiva reintegrazione. La sostenibilità viene meno soprattutto quando il beneficiario percepisce il ritorno come un fallimento del proprio progetto migratorio, anche a causa delle aspettative deluse dei propri familiari che aumentano la frustrazione e il desiderio di ripartire.

È difficile parlare di sostenibilità in riferimento al ritorno forzato, come attestano i costi elevati dei respingimenti e dei ritorni. Inoltre, come ha denunciato l’ANCI, il ritorno assistito, in confronto, costerebbe un quarto rispetto a quello forzato (come noto, secondo quanto riferisce la Corte dei Conti, il contrasto dell’immigrazione irregolare nel 2004 è costato all’Italia circa 316 mila euro al giorno). Tuttavia, quello economico non è l’unico elemento critico.

 

ITALIA. Beneficiari di ritorno volontario assistito dal 1991 al 2006 (provenienze)

 

 Provenienze

emergenze

 asilo

 tratta

 casi umanitari

 Totale

 %

1

 Albania

2.971

4

19

1

2.995

41,5

2

 Kosovo

1.017

88

-

-

1.105

15,3

3

 Romania

-

314

213

34

561

7,8

4

 Serbia Montenegro

451

25

5

-

481

6,7

5

 Bosnia Erzegovina

294

100

1

-

395

5,5

6

 Nigeria

-

3

59

37

99

1,4

7

 Macedonia

-

64

1

-

65

0,9

8

 Turchia

-

49

-

-

49

0,7

9

 Fed. Russa

-

31

6

3

40

0,6

10

 Moldavia

-

-

34

1

35

0,5

 

 Altri

519

               97

120

                  640

1.398

19,3

 

 Totale

           5.252

             797

458

                  716

7.223

100,0

FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati OIM Roma

 

a)     Emergenze umanitarie e asilo

La parte maggiore dei rimpatri assistiti è strettamente collegata alle emergenze umanitarie e ai flussi di richiedenti asilo. La prima esperienza di gestione e ritorno di flussi migratori di massa ha riguardato proprio l’Albania, che dopo la caduta del regime comunista ha conosciuto due ondate migratorie verso l’Italia: quella del febbraio-marzo e agosto 1991 (1.198 persone) e quella del 1997 (1.261), quando dai porti albanesi sono salpate navi gremite dirette verso la Puglia.

Le emergenze degli anni ‘90, con le ripetute ondate di migrazioni forzate dall’Albania, dalla ex-Jugoslavia e dalle altre aree di instabilità prossime al nostro paese, sono state affrontate ricorrendo all’emanazione di leggi o decreti ministeriali ad hoc, senza affrontare il problema più generale della capienza e della qualità del sistema d’accoglienza in Italia e dell’assenza di una normativa organica in materia di asilo.

Nel corso degli anni ’90 fino al luglio 2001 i ritorni volontari assistiti sotto la specifica delle emergenze umanitarie sono stati complessivamente 5.252. A metà del 2001 il Ministero dell’Interno, in collaborazione con l’ACNUR e l’ANCI, ha messo in atto il Piano Nazionale Asilo (PNA) che, occupandosi del coordinamento delle attività di accoglienza e ritorno di tutti i richiedenti asilo, rifugiati o titolari di protezione temporanea presenti in Italia, ha indirettamente supplito ai programmi di ritorno ad hoc.

Come previsto dalla Legge 189/2002, l’esperienza del PNA è poi confluita nel Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) e il coordinamento è stato affidato dal Ministero dell’Interno all’ANCI. Tra i beneficiari di ritorno assistiti dall’OIM si distinguono le persone che hanno rinunciato alla domanda di asilo e quelli a cui è stato negato lo status di rifugiato o altre forme di protezione temporanea.

Dal 30 giugno 2001 alla fine del 2005 il numero totale di beneficiari è stato pari a 780, pari al 6,3% dei 12.289 accolti dal PNA/SPRAR.

 

ITALIA. Beneficiari di ritorno volontario assistito attraverso i programmi PNA/SPRAR (2001-2006)

Periodo

Programma

Totale

% F

Famiglie

Minori

Giu.-dic. 2001

Piano Naz. Asilo (PNA)

103

Nd

Nd

Nd

Apr.02-gen. 2003

PNA

91

6,6

68

16

Feb.-nov. 2003

PNA

69

18,8

50

12

Dic. 03-gen. 2004

Sist.Protezione (SPRAR)

39

17,9

20

12

Feb.-dic. 2004

SPRAR

187

21,9

95

63

Giu.2004-ott.2005

SPRAR - Misure Integrative

119

Nd

Nd

Nd

Gen.-dic. 2005

SPRAR

172

15,7

105

46

Lug. 2006-giu. 07 *

SPRAR

17

47,1

Nd

Nd

Totale 2001-2006

PNA / SPRAR

797

12,8

358

149

* dato provvisorio, di cui 3 minori

FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati OIM Roma

 

b)     Vittime di tratta e casi umanitari

L’Italia rappresenta un’importante meta internazionale della tratta degli esseri umani a fini di sfruttamento. Le vittime di tratta per scopi sessuali giunte sul territorio italiano tra il 2000 e il 2004 sono stimate in circa 50.000 (fonte: Gruppo Abele-Caritas-Cnca).

La questione del ritorno volontario assistito in favore delle vittime di tratta risale nel panorama italiano al luglio 1999, quando è stato avviato il primo programma specifico, finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e indirizzato in particolare alle donne ed ai minori albanesi (21 casi). Questo progetto pilota è stato poi prorogato fino a marzo del 2001, garantendo il ritorno ad altre 35 persone.

Inoltre, nel 2001 il Ministero degli Affari Esteri ha deciso di finanziare misure per la prevenzione della tratta e l’assistenza al ritorno volontario delle sue vittime a Benin City (28 persone), luogo di partenza di molte vittime nigeriane della tratta in Italia.

Sulla scia di queste prime esperienze è stato successivamente instaurato, nel periodo tra luglio 2001 e giugno 2002, un apposito programma stabile per il ritorno volontario assistito delle vittime di tratta, gestito dall’Azione di Sistema su iniziativa del Ministero dell’Interno e finanziato dalla Commissione interministeriale per l’applicazione dell’art. 18 presieduta dal Dip. delle Pari Opportunità; programma ripetuto poi nel 2003-2004 e nel 2005-2006.

La base legale dei progetti individuali per le vittime di tratta in Italia, tra cui anche l’ipotesi del loro ritorno assistito, si fonda sull’art. 18 del T.U. sull’immigrazione, che per le vittime di sfruttamento prevede la concessione di un permesso di soggiorno per protezione sociale della durata di sei mesi e la partecipazione a programmi specifici di integrazione in Italia e/o il ritorno volontario assistito se il beneficiario lo desidera. I permessi di soggiorno per protezione sociale sono stati complessivamente 4.286 (1998-2004) e hanno riguardato nella quasi totalità dei casi donne provenienti da cinque paesi: Nigeria 23,3%, Romania 18,7%, Moldavia 15,1%, Albania 12,2% e Ucraina 10,2%.

L’ultimo programma che riguarda il ritorno volontario assistito delle categorie vulnerabili, e in particolare i lavoratori in difficoltà, è quello garantito dall’art. 13 della Legge 943/1986 che ha istituito il Fondo Rimpatrio dell’Inps. Secondo quanto previsto dalla norma legislativa, però, dei finanziamenti del Fondo (alimentati dagli stessi lavoratori mensilmente con lo 0,5% delle loro buste paga) potevano usufruire unicamente i lavoratori immigrati in difficoltà che avevano versato all’Inps, almeno una volta, i contributi, escludendo così i loro familiari.

Il programma in questione ha iniziato ad operare nel 1992 ed è attivo ancora oggi, anche se la tassazione dello 0,5% sul Fondo Rimpatrio è stata abolita dalla Legge 286/98. Da ciò che rilevano le statistiche, fino alla metà del 2006 le persone che ne hanno usufruito, per ottenere assistenza nel ritorno volontario, sono state complessivamente 571. Tuttavia per 385 casi si è trattato del ritorno delle salme di lavoratori deceduti sul territorio italiano.

Per quanto riguarda i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati da un lavoratore straniero che intenda far ritorno in patria, essi sono godibili solo alla maturazione dei requisiti previsti dalla normativa vigente. La Legge 189/2002 ha infatti abolito la possibilità di riscattare i contributi una volta tornati in patria.

Le pensioni sociali, gli assegni sociali e le prestazioni agli invalidi civili, invece, non possono essere erogate all’estero. La precedente Legge 335/1995 (da cui l’art. 22, comma 11, T.U. 286/1998) prevedeva, per l’immigrato che avesse deciso il ritorno prima della maturazione del diritto alla pensione e provenisse da un paese non comunitario e non convenzionato, la possibilità di ottenere la liquidazione dei contributi previdenziali maggiorati al tasso nominale annuo del 5%. Questa opportunità ha per alcuni anni rappresentato un incentivo al ritorno, per la possibilità di disporre da subito di un piccolo capitale.

 

ITALIA. Beneficiari di ritorno volontario assistito per vittime di tratta (1999-2006)

Periodo

Ente

casi

Ritorno Volontario Assistito - Albania (dal 1999 al 2000)

Ministero Affari Esteri

21

Ritorno Volontario Assistito - Balcani (2000)

Ministero Affari Esteri

35

Ritorno Volontario Assistito - Nigeria (2001)

Ministero Affari Esteri

28

I Anno(01/07/2001-31/06/2002, esteso al 30/09/2002)

Azione di sistema/ Dip. Pari Opportunità

80

II Anno (01/04/2003-31/03/2004)

Azione di sistema/ Dip. Pari Opportunità

80

III Anno (01/03/2004-31/07/2005)

Azione di sistema/ Dip. Pari Opportunità

78

IV Anno (01/08/2005-31/07/2006, esteso al 31/12/2006)

Azione di sistema/ Dip. Pari Opportunità

136

TOTALE

 

458

FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati OIM Roma

 

Le prospettive per il futuro

In conclusione questa ricerca, che per la prima volta prende in esame tutte le fattispecie di rimpatrio assistito finora praticate, corredandole di dati e soffermandosi sull’impatto esercitato da ciascuna di esse, serve, più che per tirare un bilancio, per preparare il futuro. Facendo perno sulla sostenibilità del “ritorno”, occorre rendersi tutti conto che mandare via gli irregolari sempre in maniera coattiva, con accompagnamento della forza pubblica, comporta pesanti effetti negativi. Innanzitutto servono più soldi di quanti se ne ha a disposizione, facendo così diminuire quelli previsti per le politiche di integrazione, che invece hanno un impatto più duraturo. Inoltre queste forme coattive rischiano di essere controproducenti, qualora non vengano limitate a ben precise ipotesi. Diventa, così, necessario pensare ad altre forme di contenimento e siamo lieti di constatare come questa impostazione abbia improntato la relazione finale della Commissione De Mistura chiamata a pronunciarsi sul ruolo che i CPT hanno svolto nel contrasto della irregolarità.

Non è qui il caso di entrare nel commento dettagliato delle proposte, che si ritrovano in tale relazione, se non sollevando nuovamente alcuni interrogativi in grado di stimolare la riflessione. I decreti di espulsione, che impediscono di tornare in Italia per un periodo di 10 anni, non sono esagerati nella loro durezza e in qualche misura controproducenti? Ribadito il necessario rigore nei confronti dei trafficanti e dei delinquenti, per gli altri immigrati che non possiamo accogliere è preferibile invitarli a lasciare il paese con un semplice foglio di via o, tenuto conto della loro volontà, aiutarli a reinserirsi in patria e, all’occorrenza, tenerli in conto anche nelle quote degli anni successivi? La questione di fondo è, insomma, se una certa promozionalità non sia una via pedagogica alla legalità, in grado di ridimensionare traffici, trafficanti e irregolarità.

Le misure di contrasto e le misure incentivanti dovrebbero trovare una sintesi più efficace, rispondendo non solo all’esigenza di una maggiore efficacia ma anche alla funzione risocializzante della pena, così come previsto dalla Costituzione. Un esempio significativo è l’art. 18 del Testo Unico sull’immigrazione, in cui la repressione dei trafficanti illegali si accompagna all’impegno di favorire l’integrazione delle vittime.

Ogni volta che è stata modificata la normativa sull’immigrazione e varata una regolarizzazione, si è ipotizzata la scomparsa della irregolarità in previsione della rigidità dei nuovi controlli. Così non è stato perché la repressione da sola non basta.

Gli accordi di riammissione e gli accordi di polizia sono indispensabili ma non sufficienti. L’Italia si è certamente distinta in questo impegno, e ha previsto anche quote privilegiate a favore dei paesi che collaborano nella gestione dei flussi migratori, ma per coinvolgere più efficacemente i paesi di origine, come partner nelle politiche migratorie, bisogna ampliare la base dello scambio, rendendolo maggiormente funzionale alle loro economie attraverso la cooperazione allo sviluppo, nella quale potrebbe essere valorizzato l’apporto degli stessi immigrati, possibilità esclusa dalla vigente normativa. La politica migratoria arriverà a maturità quando si attuerà una sintesi dei diversi elementi implicati, come peraltro è stato adombrato nello stesso Libro Verde sull’immigrazione economica della Commissione Europea del 2005.

I CPT, diventati oggetto di forti controversie, sono stati introdotti come misura complementare alle aperture in materia di programmazione dei flussi e alle misure per l’integrazione. Un tale istituto, che è solo residuale in una corretta visione della politica migratoria, non deve comunque distrarre dal rispetto continuo della dignità personale degli immigrati clandestini. E per questo la ratifica della Convenzione ONU sui lavoratori migranti, che continua ad essere rimossa dall’agenda da tutti gli Stati membri, potrebbe comportare progressi significativi.

La clandestinità influisce negativamente sull’efficienza e la remuneratività della migrazione come investimento, perché ne comprime la dimensione salariale e ne sottovaluta l’utilizzo dei cervelli: si riduce così il contributo di questa presenza alla crescita economica del paese di accoglienza come anche si restringe la gamma di beni e servizi di cui il migrante può fruire. Questa riflessione, sebbene utilitaristica, mostra che il clandestino, una volta regolarizzato, può rappresentare non un peso ma una risorsa per lo sviluppo del paese che lo accoglie.

È necessario perciò insistere sul valore pedagogico delle vie legali, che devono essere rese agevoli e incentivanti, vincendo ogni tipo di strozzatura nei meccanismi tanto di ingresso quanto di permanenza in Italia. I passi in avanti che si stanno facendo non autorizzano a dimenticare che si è ancora indietro in un paese in cui gli immigrati sono già presenti in misura consistente e lo saranno ancora di più nel futuro, quando l’Italia si collocherà tra i paesi del mondo a più alta densità migratoria. Queste previsioni richiedono una politica migratoria più impegnativa che, coinvolgendo forze sociali, amministrazione e politici, dovrà riuscire ad operare una sintesi equilibrata tra controllo e solidarietà.

 

 

 

EMN – EUROPEAN MIGRATION NETWORK

PUNTO DI CONTATTO NAZIONALE per l’ITALIA

 

 

 

 

 

 

 

Al fine di costituire il Network, ogni Stato Membro ha designato al Punto di Contatto Nazionale. Nel 2001, il Ministero italiano dell’Interno (Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione) ha coinvolto Caritas Italiana grazie alla lunga esperienza maturata nel campo delle statistiche sull’immigrazione e l’asilo. La Caritas ha quindi incaricato il centro studi IDOS e l’équipe del Dossier Statistico Immigrazione per la sua implementazione.

 

L’EMN - European Migration Network è una rete su scala europea di Punti di Contatto Nazionali, con propri network nazionali collegati tra loro, che forniscono una base sistematica di monitoraggio del fenomeno multi-dimensionale dell’immigrazione.

 

A livello nazionale e internazionale l’EMN fornisce I seguenti servizi e valori aggiunti:

     Fornisce alla Commissione, agli Stati membri e al pubblico in generale informazioni oggettive e comparabili sull’immigrazione e l’asilo negli Stati Membri dell’UE;

     Rende accessibili le fonti esistenti di informazioni su immigrazione e asilo;

     Facilita e rafforza lo scambio di informazioni tra le fonti di informazioni e i loro utilizzatori;

     Identifica e fa conoscere le best practices;

     risponde o anticipa nuovi bisogni informativi connessi alle priorità dell’UE nel campo di immigrazione e asilo.

 

 

 

Ministero dell’Interno

Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione

Direzione Centrale per le Politiche dell’Immigrazione e dell’Asilo

Piazzale del Viminale 2 – Roma – Italia

 

Persona di contatto: Carmelita Fortunata Ammendola

Tel. +39 06 46 54 80 88 / Fax +39 06 46 54 97 51
 
 www.interno.it - carmelita.ammendola@interno.it

Centro Studi e Ricerche IDOS

Dossier Statistico Immigrazione

Caritas/Migrantes

 

Viale Baldelli 41 – 00146 Roma – Italia

 

Persone di Contatto: Antonio Ricci, Franco Pittau

Tel. +39 06 54 19 22 84 / Fax +39 06 54 19 22 52

www.emnitaly.it - info@emnitaly.it