Bologna, 10 maggio 2007                                                                               Spett.le

 

LA REPUBBLICA

 

Egr. dott. Corrado Augias

 

vorremmo proporLe alcune riflessioni in merito alla lettera del sig. Claudio Poverini pubblicata su La Repubblica del 7 maggio. Lettera in cui si manifesta la preoccupazione di un uomo di sinistra di diventare razzista, alla quale hanno fatto eco interventi del sindaco di Roma Veltroni, del sindaco di Padova Zanonato, del sindaco di Bologna Cofferati, e su altri organi di stampa del sindaco di Torino Chiamparino. Sindaci, tutti, di citt governate dal centro sinistra e tutti concordemente tesi a rassicurare che la questione immigrazione/sicurezza/legalit questione anche di sinistra o meglio non di destra n di sinistra, ma di tutta la societ; sottende preoccupazioni della gente e dunque va ascoltata e non liquidata n con il buonismo n con la criminalizzazione ma coniugando legalit e integrazione.

Lo stesso ministro dellinterno Amato (firmatario di un disegno di legge sullimmigrazione) si indirettamente collegato alla questione e parlando dellelezione di Sarkozy allEliseo ha plaudito al messaggio efficace del nuovo presidente francese secondo cui va garantita una forte difesa dalla criminalit e dalle invasioni straniere ma senza escludere affatto la regolarizzazione caso per caso.

Insomma, il nuovo dibattito italiano : limmigrazione criminale o anche semplicemente maleducata o sporca o chiassosa o clandestina ci sta facendo diventare razzisti e noi non lo vogliamo, perch siamo di sinistra e dunque vogliamo una societ aperta che sappia accogliere gli immigrati rispettosi della legalit ma che rinvii gli altri - gli illegali, i maleducati, gli irrispettosi -  nel Paese di provenienza.

Sarebbe facile rispondere alle sollecitazioni del sig. Poverini e dei politici dicendo che nessuno di essi si posto innanzitutto la domanda basilare in un dibattito sul razzismo e cio: perch mi suscita pi irritazione, pi fastidio, pi rabbia un atto criminale, o di maleducazione, compiuto da uno straniero, da un rumeno, da uno zingaro, da un marocchino, da un arabo, da un sudamericano, da un nero, da un cinese, rispetto ai sentimenti che mi provoca un atto identico (o magari pi efferato) compiuto da un italiano o da un europeo o da un americano?

Sarebbe facile chiedere agli uomini di sinistra timorosi di diventare razzisti perch, pensando ai delitti italiani (innumerevoli ammazzamenti della/tra la criminalit organizzata, uccisioni crudelissime di minori, tra familiari, tra vicini, tra ex fidanzati ex amanti ex coniugi, ecc.), non si fermano mai sulla italianit dellassassino ma cercano di indagare sulle ragioni che hanno spinto quella persona, quella madre, quel figlio, quellex marito, quel vicino di casa, quel ragazzo che butta sassi dallautostrada, quel nipote che uccide il nonno che gli nega i soldi, a compiere un atto culturalmente contro natura quale lomicidio.

Sarebbe facile chiedere e chiederci perch solo con gli stranieri, e solo con determinati stranieri, lattenzione si sofferma sulla nazionalit, sul colore della pelle, sullessere un immigrato.

Sarebbe facile rispondere a coloro che invocano legalit ed integrazione, ricordando che la giusta pretesa delladempimento dei doveri non pu prescindere dalla effettiva fruizione dei diritti: e di questo non cՏ grande traccia nella societ italiana,  ove nellattesa non pi prorogabile di una riforma della legge sullimmigrazione che sia consona ai principi della Costituzione, la precariet della condizione dello straniero la situazione comune, mentre nelle scuole i ragazzi stranieri non hanno adeguati programmi di inserimento n di sostegno, che sono naturalmente destinati a scuole professionali e raramente ai licei, che non hanno concretamente nessuna possibilit di salire la scala sociale, che anche per questo crescono nella frustrazione e nella disillusione di una migliore esistenza rispetto a quella dei loro genitori.

Sarebbe facile dire che pochissime sono le risorse finanziarie destinate a serie politiche sociali di integrazione degli immigrati, nonostante essi producano una significativa percentuale del PIL nazionale e tengano in piedi, da soli, il nostro welfare , accudendo i bambini, gli anziani e i malati.

Sarebbe facile ribattere che la legalit quella cosa che noi per primi non rispettiamo, lasciando che migliaia di persone (italiani e stranieri, poco importa) muoiano sul lavoro, assistendo rassegnati a fenomeni di piccole prevaricazioni negli uffici pubblici, ad una giustizia che per essere tale si definisce nellarco di decenni.

Sarebbe facile chiedere cosՏ la legalit? Se un concetto condiviso tra noi italiani, se solo la pretesa che gli altri rispettino le regole o se un valore – prima che una legge - condiviso innanzitutto da noi.

Sarebbe facile, anche, far notare che linsicurezza sociale ha origini ben pi complesse dellimmigrazione, ma che nellimmigrazione trova un diffuso e comodo recettore di paure, ansie, frustrazioni, un potente ansiolitico sociale.

Sarebbe, infine, facile evidenziare come i mass media possano essere uno dei pi grandi veicoli di formazione della cultura razzista, allorch qualificano sempre e comunque limmigrazione in termini nazionalistici e paventando invasioni aliene.

Ma non vogliamo fermarci a formulare queste facili domande retoriche e perci Le proponiamo solo di ricordare ai Suoi lettori di sinistra ci che rispose Albert Einstein quando si present alla frontiera USA per immigrare in quel paese in fuga dalla Germania nazista: dopo avere declinato le proprie generalit, alla domanda del poliziotto che chiedeva a quale razza appartenesse, Einstein rispose: razza umana.

Questa la questione che ogni donna e uomo, di sinistra o di destra, cittadino o straniero, cristiano o musulmano o buddista o laico, dovrebbero porsi. Tutto il resto sono vuote e sterili dissertazioni.

 

Lorenzo Trucco e Nazzarena Zorzella – avvocati dellAssociazione per gli studi giuridici sullimmigrazione ASGI