Paolo
Bonetti
Professore associato di
diritto costituzionale
nellĠUniversit degli
studi di Milano-Bicocca
OSSERVAZIONI SUL
DISEGNO DI LEGGE DELEGA
AL GOVERNO
PER LA MODIFICA DELLA
DISCIPLINA DELLĠIMMIGRAZIONE E DELLE NORME SULLA CONDIZIONE DELLO STRANIERO,
APPROVATO IN VIA
PRELIMINARE DAL CONSIGLIO DEI MINISTRI NELLA RIUNIONE DEL 24 APRILE 2007
20 maggio 2007
1.
Osservazioni generali sullo strumento della legge di delega
legislativa al Governo
1.1. Osservazioni sullĠopportunit della scelta della delega
legislativa
Lo strumento prescelto dal Governo, cio
una legge delega da attuarsi entro 1 anno, inopportuno sotto molti
profili.
Certo si potrebbe ritenere che un ddl di delega
legislativa di riforma del T.U. sullĠimmigrazione potrebbe consentire di
aggirare meglio le difficolt derivanti dall'esigua maggioranza parlamentare di
cui il Governo dispone soprattutto al Senato della Repubblica.
Tuttavia una delega legislativa appare del tutto
controproducente in materia di condizione giuridica dello straniero, materia
sulla quale l'art. 10, comma 2 cost. prevede una riserva di legge.
Infatti ovvio che qualsiasi disegno di legge
delega, dopo un esame parlamentare che comunque non sar certo facile e
breve, finir per rinviare ulteriormente (di un ulteriore
anno) l'effettiva entrata in vigore delle norme di riforma e per limitarsi
all'enunciazione di criteri e principi direttivi lasciando notevole
discrezionalit al Governo di attuarle come meglio ritiene e contro
eventuali scelte non condivisibili ben poco potr influire neppure un
eventuale parere delle commissioni parlamentari, che nel ddl non stato
delineato come vincolante, per evitare di incorrere in analoghi infortuni
numerici.
Il risultato perci quello di un ddl che prevede
un insieme di norme di per s piuttosto vaghe, che da un lato
talvolta rinviano ulteriormente il tempo delle scelte precise e spinose
politicamente e dall'altro lato saranno poi attuate con norme che potrebbero
essere altrettanto vaghe o che comunque ben potrebbero lasciare ampi
spazi di discrezionalit all'autorit amministrativa, magari col rinvio ad
ulteriori norme regolamentari da emanare in periodo ancora pi
successivo.
Invece noto che nell'attuazione pratica e
nella certezza del diritto che si giocano i diritti dello straniero.
Inoltre occorre ricordare che la normativa
legislativa in materia di stranieri prevede anche norme penali e processuali,
sulle quali la Costituzione prevede una riserva di legge assoluta.
Infine occorre rilevare la contraddizione
oggettiva tra lĠurgenza e necessit di provvedere alle modifiche affermata dal
Governo e lĠovvio rinvio di almeno 1 anno di tale modifiche dei testi
legislativi dei quali il Governo stesso asserisce lĠurgenza e necessit e forse
gi dispone di una formulazione .
*** Pertanto si richiede che il
Governo ripensi allĠuso della delega legislativa e si orienti o a presentare un
disegno di legge recante ben precise disposizioni di immediata applicazione
oppure a riformulare il ddl in modo che accanto a ben precise modificazioni di
immediata ed urgente necessit di facile individuazione e formulazione, sia
prevista una delega legislativa per quegli aspetti per i quali le modifiche
richiedono complesse elaborazioni dal punto di vista giuridico e/o successivi
approfondimenti tecnico-amministrativi.
1.2.
Osservazioni sulla legittimit ed opportunit dei termini e delle coperture
finanziarie per lĠesercizio delle diverse deleghe legislative
I termini per lĠesercizio della delega
legislativa sono previsti nel ddl in modo a tal punto prolungato nel tempo che
- in violazione degli artt. 70 e 76 Cost. - configurano una specie di delega in
bianco al Governo a legiferare per anni in materia di immigrazione.
I termini indicati sono cos
ricostruibili:
- entro 12 mesi dallĠentrata in vigore
della legge (e comunque non prima del gennaio 2008): emanazione del D. Lgs. di
modifica del T.U. su proposta dei Ministri dell'interno e della solidariet
sociale di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, della
difesa, del lavoro e della previdenza sociale, delle politiche europee, della
salute, per le politiche per la famiglia, per i diritti e le pari opportunit,
dellĞistruzione, degli affari regionali e delle autonomie locali e
dell'economia e delle finanze. Lo schema di decreto legislativo trasmesso
alla Conferenza unificata che si esprime entro 30 giorni e alla Camera dei
deputati e al Senato della Repubblica per il parere delle Commissioni
parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario,
che si esprimono entro 40 giorni dalla data di assegnazione, trascorsi i quali
il decreto legislativo emanato anche in assenza del parere (comma 2).
- entro 1 anno dallĠentrata in vigore del primo D.Lgs.(cio
entro 2 anni dallĠentrata in vigore della legge): delega al Governo ad
adottare, sentito il Consiglio di Stato che deve rendere il parere entro
novanta giorni e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica,
un decreto legislativo per coordinare le disposizioni emanate ai sensi del
comma 1 con le altre disposizioni concernenti lĞimmigrazione e la condizione
giuridica dello straniero al fine di semplificare e garantire la coerenza
logica, sistematica e lessicale della normativa (comma 4)
- entro i 2 anni successivi allĠentrata in vigore del primo D.
Lgs.(cio entro 3 anni dallĠentrata in vigore della legge): facolt di adottare
uno o pi D.Lgs. recanti disposizioni correttive e integrative di questĞultimo
sempre in osservanza dei criteri e principi direttivi e della procedura (comma
3)
A ci si aggiunga che il comma 5
prevede una forma di copertura finanziaria che di dubbia costituzionalit,
sia ai sensi degli artt. 81 Cost. e 119 Cost., sia ai fini del rispetto
dellĠobbligo indicato nellĠart. 76 Cost. di indicare termini precisi per
lĠesercizio della delega legislativa.
Infatti la norma rende di per s futuri ed incerti sia lĠemanazione del
primo D. lgs., sia dei D. Lgs. integrativi e correttivi. Prevedere che la loro
Òattuazione determini nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica sono
emanati solo successivamente all'entrata in vigore di provvedimenti legislativi
che stanzino le occorrenti risorse finanziarieÓ significa eludere lĠobbligo
costituzionale, perch il 5 comma rinvia e impedisce di attuare i termini per
lĠesercizio delle deleghe legislative indicate nei commi 2 e 3. Come ha
affermato la Corte costituzionale (sent. n. 163/1971) ben possibile la
previsione di un termine anche indirettamente con lĠindicazione di un evento
futuro, ma certo, il momento iniziale e quello finale del termine. Si deve
invece osservare che nel ddl indicato un termine certo iniziale per
lĠesercizio della delega, ma il comma 5 rende futuro ed incerto il termine
finale.
In effetti molte disposizioni del ddl
comportano lĠattribuzione di nuove funzioni amministrative sia alle
amministrazioni dello Stato, sia alle amministrazioni delle Regioni e degli
enti locali, ma la mancata previsione di specifiche coperture finanziarie elude
lĠobbligo di indicare copertura finanziaria di nuovi e maggiori spese previsto
dallĠart. 81 Cost. ( evidente dal comma 1 che si rinvia la copertura alle
disposizioni future ed incerte dei ddl della manovra di bilancio 2008) e rende
impossibile verificare se e come siano integralmente finanziate le funzioni
attribuite alle Regioni e agli enti locali, come prescrive lĠart. 119 Cost.
***Pertanto il comma 5 dovrebbe essere
sostituito con una disposizione che individui se e quali sono le maggiori spese
e quali siano le coperture finanziarie delle nuove spese, con particolare
riguardo per lĠindividuazione del finanziamento da conferire alle Regioni e
agli enti locali per coprire integralmente le spese derivanti dalle nuove
funzioni attribuite.
In ogni caso si rende indispensabile
rivedere, accorpare e ridurre tutti i termini per lĠesercizio delle deleghe
legislative, anche per dare fin da subito maggior certezza del diritto, sia per
aumentare e migliorare le forme di partecipazione allĠelaborazione finale dei
decreti legislativi da parte delle autonomie territoriali e degli organi
consultivi del Governo.
***Pertanto
1)
la
delega prevista nel comma 4 dovrebbe essere fin da subito accorpata nella
delega legislativa originaria disposta ai sensi del comma 1, in particolare col
principio indicato nella lett. r), includendovi anche quello di coordinare le
disposizioni emanate ai sensi del comma 1 con le altre disposizioni concernenti
lĞimmigrazione e la condizione giuridica dello straniero nonch con tutte le altre disposizioni legislative
vigenti in materia di condizione giuridica dello straniero, di immigrazione, di
diritto dĠasilo e di soggiorno dei cittadini degli altri Stati membri
dellĠUnione europea e dei loro familiari extracomunitari, al fine di
semplificare e garantire la coerenza logica, sistematica e lessicale della normativa;
2)
i
termini per lĠesercizio della delega ad adottare decreti legislativi
integrativi e correttivi indicati nel comma 3 devono essere ridotti da 24 mesi
a 12 mesi;
3)
i
termini per lĠesercizio della delega prevista nel comma 1 pur restando
complessivamente fissati in 12 mesi devono essere riformulati in modo da
consentire unĠampia e approfondita consultazione come segue:
-
Lo schema di decreto legislativo deve essere trasmesso entro
otto mesi dallĠentrata in vigore della presente legge alla Consulta per i
problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie, istituita ai sensi
dellĠarticolo 42 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, al Consiglio
nazionale dellĠeconomia e del lavoro, al Consiglio di Stato e alla Conferenza
unificata di cui allĠarticolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
che si esprimono con pareri e specifiche richieste emendative entro trenta
giorni.
-
Lo schema di decreto legislativo, insieme con i pareri resi
da tali organi, deve essere poi trasmesso alla Camera dei deputati e al Senato
della Repubblica per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per
materia e per le conseguenze di carattere finanziario, che si esprimono entro
quaranta giorni dalla data di assegnazione, anche con specifiche richieste
emendative ovvero aderendo o riformulando le richieste emendative formulate
dagli organi consultivi suddetti.
-
Il Governo adotta il testo definivo del decreto legislativo
conformandosi ai pareri delle commissioni parlamentari o, in mancanza, ai
pareri resi dai citati organi consultivi, e qualora voglia discostarsene
tenuto a fornirne una espressa motivazione e a richiedere un nuovo parere alle
Commissioni parlamentari che si esprimono entro i successivi trenta giorni,
trascorsi i quali il decreto legislativo emanato anche in assenza del parere.
4)
al
fine di evitare ulteriori rinvii nellĠapplicazione pratica delle nuove norme
occorre che il Governo contestualmente alla presentazione dello schema di
decreto legislativo provveda a presentare ai medesimi organi anche gli schemi
di regolamento di attuazione al fine di modificare le norme regolamentari
vigenti in attuazione delle norme legislative riformate e di consentire che i
pareri sulle norme legislative siano resi insieme ai pareri sulle norme
regolamentari di attuazione in modo da assicurare lĠentrata in vigore
contestuale delle nuove norme legislative e delle relative norme regolamentari
di attuazione.
5)
Occorre
altres prevedere tra i criteri e i principi direttivi un termine, non
superiore a 30 giorni dalla pubblicazione, per lĠentrata in vigore dei decreti
legislativi e dei regolamenti.
2. Osservazioni sul merito dei criteri e dei principi direttivi
per lĠesercizio della delega legislativa prevista dal comma 1
I principi indicati nel ddl appaiono
in astratto complessivamente condivisibili ed apprezzabili.
Tuttavia in concreto essi sono attuati
mediante disposizioni che spesso appaiono assai mal formulate e meritevoli di
un profondo ripensamento sotto il profilo tecnico-giuridico, tanto che in
mancanza di un profondo ripensamento di quelle singole disposizioni il giudizio
sul ddl dovrebbe essere negativo.
Infatti molti dei criteri e principi
direttivi indicati nel lunghissimo comma 1 appaiono criticabili sotto 2
profili:
a)
i
principi e i criteri direttivi della delega legislativa sono formulati in modo
cos vago e ambiguo che in alcuni casi paiono privi di una sostanziale capacit
innovativa e comunque ben potrebbero essere attuati dal Governo in modi molto
diversi lĠuno dallĠaltro, sicch si ritiene indispensabile che essi siano
riformulati in modo pi preciso e vincolante;
b)
vi sono significative lacune su diversi aspetti
della normativa vigente che necessitano di modifiche ulteriori oltre a quelle
indicate nel ddl e/o in relazione a quelle da esso previste.
2.1.
Osservazioni circa i criteri e principi direttivi contenuti nella lett. Òa) promuovere lĠimmigrazione regolare,
favorendo lĠincontro tra domanda e offerta di lavoro di cittadini stranieriÓ
LĠobiettivo indicato appare senzĠaltro
condivisibile anche al fine di ridurre lĠimmigrazione clandestina e di abrogare
alcune norme vigenti di dubbia legittimit costituzionale ed internazionale.
Tuttavia il testo della lett. a) poi
concretizzato con criteri e principi direttivi che appaiono opinabili sotto
diversi profili.
Da un lato si segnalano soprattutto i
punti 1, 2), 3), 4), 6), 7), perch appaiono privi di una sostanziale capacit
modificativa della legislazione vigente o perch riproducono con minime
modifiche il sistema gi vigente o perch addirittura prevedono di introdurre
nellĠordinamento giuridico istituti che sostanzialmente in realt gi sono
vigenti.
DallĠaltro lato si segnalano
soprattutto i punti 9) e 11) relativi al ripristino del sistema degli ingressi
per inserimento nel mercato del lavoro (sponsorizzazione e
autosponsorizzazione), il cui contenuto troppo vago e dovrebbe essere meglio
precisato ed integrato.
Circa il punto 1) (ÒRevisione
del meccanismo di determinazione dei flussi di ingresso, prevedendo, in particolare, una programmazione
triennale delle quote
massime di cittadini stranieri da ammettere ogni anno sul territorio nazionale
e una procedura per lĠadeguamento annuale delle quote ad ulteriori e nuove
esigenze del mercato del lavoroÓ) si deve osservare in generale che appare un
poĠ contraddittorio e inutilmente complicato introdurre nellĠordinamento
giuridico un sistema di dialettica permanente tra una programmazione triennale
e un adeguamento annuale della stessa programmazione.
Infatti a livello teorico lĠintroduzione di una
programmazione triennale pu essere considerata in modo diverso a seconda di
quali si ritengano le previsioni sullĠandamento del fenomeno migratorio: condivisibile
se si ritiene che lĠimmigrazione di stranieri extracomunitari per lavoro sia un
fenomeno strutturale tanto che appare irragionevole ipotizzare significative
variazioni anno per anno ed in tal senso una programmazione triennale pu ritenersi
uno strumento di semplificazione e razionalizzazione del sistema, mentre non condivisibile
se si ritiene che lĠimmigrazione per lavoro sia un fenomeno congiunturale
sicch ragionevole pensare a significative variazioni anno per anno alle
quali si dovrebbe corrispondere una programmazione annuale.
A livello pratico appaiono comunque disomogenei e
contraddittori i diversi presupposti sui quali si fonderebbero da un lato la
programmazione triennale e dallĠaltro lĠadeguamento annuale: da un lato si
prevede una programmazione triennale fondata su Òflussi sostenibili in rapporto
alle capacit di assorbimento del tessuto sociale e produttivoÓ, il che
comporta fare un opportuno riferimento sia alle richieste del mondo produttivo,
sia alla sostenibilit dei nuovi flussi rispetto alle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali erogabili da Regioni ed enti locali nellĠambito delle
loro risorse legislative,
amministrative e finanziarie, dallĠaltro si prevede che poi tale
programmazione triennale possa essere di volta in volta rettificata e corretta
anno per anno e con procedura semplificata in relazione alle sole Ònecessit
emergenti dal mondo del lavoroÓ indicate da Òrichieste di nulla osta eccedentiÓ.
Nello specifico si deve poi rilevare che
I) in realt gi oggi, nella legislazione vigente,
lĠart. 2 T.U. prevede che il Governo adotti il Documento programmatico delle
politiche migratorie su base triennale, nel quale tra lĠaltro sono indicati i
criteri generali per lĠadozione (annuale) delle quote. Quindi perch la
disposizione del ddl apporti una modifica del T.U. occorre che si chiarisca il
legame tra il decreto di programmazione triennale delle quote e il Documento
programmatico stabilendo che il Documento rechi non gi dei generici criteri
generali che dovranno essere successivamente attualizzati, bens lĠindicazione
delle quote da distribuirsi nei successivi 3 anni (eventualmente distinte per
settori, qualifiche e mansioni e/o per i Paesi di provenienza dei lavoratori
e/o per il tipo di ingresso: chiamata nominativa o numerica, inserimento nel
mercato del lavoro a seguito di sponsorizzazione o di autosponsorizzazione);
II) gi oggi lĠart. 3, comma 4, T.U., come
modificato dalla legge n. 189/2002 prevede la facolt per il Presidente del
Consiglio dei Ministri di adottare altri decreti di determinazione delle quote
durante lĠanno oltre al primo e di emanare decreti di adozione in via
provvisoria di quote anche in caso di mancata pubblicazione del decreto
annuale, sicch poich il vigente T.U. non impedisce lĠadozione di aggiustamenti
per le quote annuali questa parte del ddl appare cos vaga che sembra una
modifica irrilevante;
III) qualsiasi nuova procedura dovr comunque
prevedere che sul provvedimento triennale e su quello annuale siano in ogni
caso acquisiti i pareri delle regioni e della Conferenza Unificata, poich le
Regioni hanno competenza
costituzionalmente garantita sulle materie della tutela del lavoro e dei
servizi sociali ed assistenziali . Del resto il vigente art. 21, comma 4-ter, T.U.,
inserito dalla legge n. 189/2002, consente alle Regioni di inviare valutazioni
sul fabbisogno regionale di manodopera nellĠanno successivo e sulle previsioni
triennali circa i flussi sostenibili in relazione alla capacit di assorbimento
del tessuto sociale e produttivo.
Circa il punto 2) ÒPartecipazione
alle procedure dei rappresentanti delle organizzazioni dei lavoratori e dei
datori di lavoro nonch degli enti e delle associazioni nazionali maggiormente
attivi nellĠassistenza e nellĠintegrazione degli immigrati.Ó la disposizione appare di dubbia
utilit, poich la ÒpartecipazioneÓ gi prevista dalla normativa vigente
(art. 3, comma 1 T.U.) che prevede espressamente la consultazione dei medesimi
enti prima dellĠadozione del documento triennale programmatico delle politiche
migratorie. La formulazione della
disposizione appare perci poco chiara e priva di ogni capacit innovativa,
salvo che si tratti di procedere a qualche mero aggiustamento di coordinamento
rispetto allĠattuazione del punto 1)
Circa il punto 3) Òla previsione
che, in relazione a necessit emergenti del mondo del lavoro, in
occasione dellĞadeguamento annuale delle quote, da adottare con procedura
semplificata e accelerata, la quota stabilita per lavoro subordinato e autonomo
possa essere superata, in presenza di un numero di richieste di nulla osta
eccedenti la stessa quota, prevedendo la possibilit di introdurre un diverso
tetto numerico sulla base del monitoraggio semestrale del numero di nulla osta
al lavoroÓ si possono formulare diversi rilievi.
In primo luogo si osserva che appare un criterio
di modifica che in sostanza poco innovativo perch si limita a precisare
quali sono i criteri in base ai quali il Presidente del Consiglio dei Ministri
pu emanare durante lĠanno ulteriori decreti, facolt gi oggi prevista dalla
legislazione vigente (art. 3, comma 4 T.U.) e di questa facolt i Governi si sono
pi volti avvalsi dal 2002 ad oggi.
In secondo luogo il criterio delineato nel ddl
in modo oscuro ed ambiguo, perch non si comprende come dovrebbe funzionare il
nuovo sistema: non chiaro in quale senso il legame con il monitoraggio
semestrale dei nulla-osta al lavoro, n con quali criteri possa essere superato
il numero numerico massimo (ben si potrebbe mantenere il limite degli ingressi
complessivi e consentire flessibilit allĠindividuazione di quote distinte per
settori, qualifiche, mansioni, Paesi di origine, al fine del rilascio dei
diversi tipi di nulla-osta allĠinterno del numero complessivo annuo).
In terzo luogo occorre prevedere che la semplificazione nellĠadozione
del nuovo decreto non esclude dallĠobbligo di chiedere il parere delle regioni
interessate e della Conferenza Unificata, poich le Regioni hanno competenza
costituzionalmente garantita sulle materie della tutela del lavoro e dei
servizi sociali ed assistenziali. Infatti la previsione della possibilit di
prevedere annualmente con procedura semplificata Òin relazione a necessit
emergenti dal mondo del lavoroÓ indicate da Òrichieste di nulla osta eccedentiÓ
la possibilit di un superamento delle quote previste dal documento triennale
appare in contrasto con la concomitante disciplina della programmazione
triennale e dei relativi parametri, anche perch le Regioni rischierebbero di
essere escluse dal processo decisionale annuale per poi subire le conseguenze
di scelte fondate soltanto sulla domanda da parte dei datori di lavoro e non
anche sulla sostenibilit nellĠaccesso alle prestazioni dei servizi sociali sul
territorio.
Circa il punto 4) ÒPrevisione di
opportune azioni di sviluppo dei canali per lĠincontro della domanda e
dellĠofferta nel settore del lavoro domestico e di assistenza
alla persona e la promozione di specifiche azioni formative e di riconoscimento
delle professionalit pregresseÓ si osserva che il ddl sembra insistere su unĠipotetica possibilit
di incontro a distanza tra domanda e offerta di lavoro, sempre sul presupposto
che si possa assumere regolarmente una persona quando si trova ancora nel suo
paese, senza averla ne vista ne conosciuta. Anche questa possibilit gi
prevista dalla normativa vigente (art. 23 T.U., come modificato dalla legge n.
189/2002), ma noto che ai datori di lavoro non interessa questo tipo di
assunzione a distanza. Per il resto lĠaccesso alla formazione professionale e i
riconoscimenti dei titoli lavorativi pregressi sono istituti gi previsti dal
T.U., sicch non si comprende quale sarebbe lĠinnovazione sostanziale che il
ddl vorrebbe introdurre.
In ogni caso la disposizione prevede elementi
(Òopportune azioniÓ, ÒcanaliÓ, Òspecifiche azioniÓ) che sono troppo vaghe ed
ambigue per costituire un sufficiente Òprincipio e criterio direttivoÓ ai sensi
dellĠart. 76 Cost.
Circa i punti 5), 6), 7, che istituiscono
allĠestero liste di stranieri da candidare a lavorare in Italia occorre ricordare che liste di
collocamento allĠestero sono gi previste dallĠart. 21, comma 5 T.U. in
attuazione di accordi bilaterali, anche se non sono state quasi mai istituite
finora, le liste non dovrebbero essere istituite presso i consolati italiani,
ma da parte di organizzazioni (anche non governative) con le quali lĠItalia pu
stipulare convenzioni per la loro gestione.
In ogni caso la diffusione ampia e generalizzata
di tali liste appare opinabile sotto molti profili.
In primo luogo lĠorganizzazione della raccolta dei
nominativi da inserire in queste liste e/o in alternativa nellĠanagrafe
interministeriale indicata al punto 8) ha un indubbio costo, che per il ddl
non quantifica in violazione dellĠart. 81 Cost.
In secondo luogo non pu certo bastare
lĠindicazione che tali liste dovrebbero istituirsi in quei Paesi in cui le
autorit collaborino a prevenire e reprimere lĠemigrazione clandestina: occorre
prevedere che in Paesi in cui vi una violazione dei diritti fondamentali
lĠorganizzazione di tali liste non pu mai spettare alle autorit locali o ad
organismi locali. In ogni caso lĠaffidamento ad organismi locali dovrebbe
essere evitato al fine di prevenire il rischio di corruzione, soprusi o
favoritismi.
In terzo luogo non si capisce per quale motivo si
debba prevedere come preferenziale il solo criterio cronologico, tenuto conto
che probabile che nella prassi si vernichino iscrizioni pi recenti di
lavoratori pi appetibili dalle imprese rispetto a quelli di iscrizione pi
risalente.
Circa il punto 8) ÒIstituzione di una Banca
dati interministeriale di raccolta delle richieste di ingresso per lavoro e delle offerte
di lavoroÓ si osserva che non si tratta di una sostanziale novit, poich lĠart.
21, comma 7 T.U. gi istituisce unĠAnagrafe informatizzata delle offerte e
delle richieste di lavoro subordinato dei lavoratori stranieri, finora peraltro
assai poco attuata nella pratica, sicch non si capisce in che cosa consti la
differenza con lĠistituenda banca dati interministeriale il che comporta che
nel ddl dovrebbe prevedersi la soppressione o lĠaggiornamento dellĠAnagrafe
informatizzata gi istituita o, in alternativa, la sue esplicita sostituzione con la stessa.
Di particolare significato innovativo appaiono i
punti 9) e 11) che mirano a reintrodurre nellĠordinamento italiano gli ingressi
per inserimento nel mercato del lavoro, sia nella forma della sponsorizzazione da parte
di enti pubblici o di singoli privati, sia nella forma
dellĠautosponsorizzazione da parte del potenziale migrante.
In ogni caso condivisibile lĠintroduzione di
queste due nuove forme che si affiancano alla chiamata nominativa o numerica da
parte di un potenziale datore di lavoro, sia perch esse rendono realistico il
mercato del lavoro per quelle mansioni per le quali essenziale che prima
dellĠinstaurazione del rapporto di lavoro avvenga una preventiva conoscenza tra
datore di lavoro e lavoratore, sia perch esse consentono di far emergere e
governare in modo trasparente la catena migratoria che nella realt di ogni
fenomeno migratorio regola i flussi migratori.
Infatti occorre ricordare che la previsione della
possibilit della sponsorizzazione da parte di privati (in genere legati al
migrante da legami parentali o amicali) e non solamente da parte di enti
pubblici o associazioni del mondo del lavoro, pur da sottoporre a precisi
controlli al fine di evitare situazioni di distorsione o abuso, costituisce
elemento essenziale al fine di assicurare che la norma incida con efficacia nel
governo della cosiddetta Òcatena
migratoriaÓ, che, in caso diverso, viene attratta inevitabilmente nei canali
dellĠirregolarit. EĠ noto infatti che i flussi migratori per lavoro, cos come
accadeva anche per le emigrazioni italiane, sono anzitutto il frutto di flussi
spontanei di rapporti tra amici e conoscenti, attraverso i quali passano
informazioni ed aspettative; sicch la garanzia presentata da un privato
straniero gi legalmente inserito in Italia nei confronti di un proprio amico,
parente o conoscente non va affatto guardata con sospetto, ma anzi rispetto
alla sponsorizzazione ÒistituzionaleÓ molto pi semplice, spontanea e
costituisce una responsabilizzazione degli stranieri in direzione di
unĠimmigrazione pi razionale; senza considerare che essa non fa altro che spostare
dallĠimmigrazione illegale (con i suoi rischi e costi derivanti anche dalle
organizzazioni criminali) a quella legale le tante decisioni individuali di
emigrare comunque per cercarsi un posto di lavoro. Tale strumento pu diventare
decisivo per il governo dellĠimmigrazione se gli oneri imposti al garante
privato sono spiegati in modo chiaro e non siano eccessivi (in ogni caso assai
inferiori ai costi economici e ai rischi per la vita e sicurezza derivanti
dallĠaffidarsi alle organizzazioni criminali).
Tuttavia le previsioni inserite nel ddl appaiono
assai vaghe su aspetti di notevole importanza pratica, sicch dovrebbero comunque
essere meglio precisate sotto diversi profili.
In primo luogo nel ddl manca uno specifico
criterio e principio direttivo che precisi le caratteristiche essenziali che
devono qualificare ogni tipo di ingresso per inserimento nel mercato del
lavoro: occorre perci inserire la previsione che il permesso di soggiorno per
inserimento nel mercato del lavoro ha durata non inferiore ad un anno e
consente lĠaccesso a tutte le prestazioni sociali ed assistenziali, ai rapporti
di lavoro subordinato e ai corsi di formazione professionale e di studio ed
convertito, anche prima della scadenza, in un permesso di soggiorno per lavoro
subordinato in presenza di un regolare rapporto di lavoro subordinato.
In secondo luogo circa la sponsorizzazione da
parte di enti pubblici o
privati il ddl dovrebbe essere modificato in modo da prevedere una distinzione:
I) la garanzia presentata da Regioni, province autonome, enti locali, associazioni
imprenditoriali, professionali e sindacali o istituti di patronato in favore di
lavoratori stranieri che abbiano partecipato a progetti di formazione
allĠestero svolti da tali enti, progetti che sono stati verificati, autorizzati
e magari cofinanziati dai competenti ministeri nei casi e nei modi previsti dal
vigente art. 23 T.U.; si tratta di casi che devono essere in ogni modo
favoriti;
II) la garanzia presentata da Regioni, province autonome, enti locali, associazioni
imprenditoriali, professionali e sindacali o istituti di patronato in favore di
lavoratori stranieri che non abbiano partecipato a tali progetti suscita
perplessit perch occorre distinguere a seconda delle diverse condizioni
giuridiche di tali soggetti:
a)
Regioni,
Province autonome ed enti locali di per s non svolgono stabili funzioni
allĠestero, sicch potrebbero disporre di strumenti istituzionali di raccolta
ed intermediazione della manodopera straniera allĠestero soltanto nei casi in
cui essi siano previsti nellĠambito dellĠattuazione di propri progetti di
cooperazione allo sviluppo (cooperazione decentrata) o di apposite intese o
accordi internazionali, regolarmente comunicati ed autorizzati dalle competenti
autorit dello Stato ai sensi dellĠart. 117 Cost. e della legge n. 131/2003
b)
Nei restanti
casi unĠefficace garanzia di garanzia e di intermediazione potrebbe essere svolta
allĠestero soltanto da quei medesimi enti privati (societ,
cooperative, associazioni, fondazioni) gi autorizzati dal Ministero del
Lavoro e della previdenza sociale allĠintermediazione della manodopera sulla
base della legislazione entrata in vigore dal 1997 ad oggi e che sono stati
spesso promossi proprio da associazioni di imprenditori, associazioni
professionali e sindacali, le quali di per s non hanno scopi di garanzia e di
intermediazione di lavoratori allĠestero (anche gli istituti di patronato in
base alla legge n. 152/2001 potrebbero svolgere allĠestero attivit in materia
di lavoro, ma in materia previdenziale ed assistenziale, e non gi di
intermediazione della manodopera, e anche sulla base di convenzioni con le
autorit diplomatico-consolari).
In terzo luogo occorre che il ddl preveda cautele
e garanzie pi precise circa i requisiti soggettivi ed oggettivi del garante
e del garantito al fine
di evitare che gli ingressi di nuovi immigrati per inserimento nel mercato del
lavoro possano costituire una forma di eventuale concorrenza con i disoccupati
italiani o stranieri gi presenti in Italia o possano essere oggetto di
illeciti o abusi di ogni tipo:
I)
La
Òcostituzione di forme di garanzia patrimoniale a caricoÓ dellĠente che
presenti una richiesta di sponsorizzazione prevista dal n. 9) dovrebbe consistere nella messa
a disposizione di un alloggio adeguato e del pagamento delle relative spese
nonch nella copertura delle spese di viaggio e del sostentamento, commisurate
ad un importo mensile non inferiore allĠimporto mensile dellĠassegno sociale,
con la previsione che tale garanzia venga meno allorch lo straniero ottenga la
conversione del permesso di soggiorno in un permesso di soggiorno per lavoro
subordinato;
II)
la garanzia
richiesta allĠindividuo al fine di attestare la capacit di sostentamento
richiesta a livello mensile per il ÒgarantitoÓ non pu essere superiore
allĠimporto mensile dellĠassegno sociale, anche mediante fideiussioni bancarie
o assicurative;
III)
ogni garante
individuale residente in Italia deve avere una comprovata capacit di
sostentamento fondata su redditi derivanti da fonte lecita pari al doppio
dellĠimporto annuo dellĠassegno sociale e deve indicare quale sar lĠalloggio
adeguato in cui dimorer il nuovo immigrato e le modalit di copertura delle
relative spese;
IV)
la facolt
di prevedere nel decreto di programmazione delle quote che gli ingressi per
inserimento nel mercato del lavoro siano limitati a persone che abbiano
determinati requisiti professionali o di conoscenza della lingua italiana o
determinati livelli di istruzione che consentano lĠassunzione del garantito per
ben determinate qualifiche o mansioni per le quali vi una diffusa scarsit di
manodopera ovvero che sia limitato a persone garantite da garanti che risiedano
in province italiane in cui il tasso di disoccupazione nellĠultimo anno
inferiore alla media nazionale e comunque in province in cui il tasso di
disoccupazione nellĠultimo anno inferiore al 4%, con il conseguente obbligo
che lĠiniziale rapporto di lavoro possa essere instaurato soltanto per rapporti
di lavoro da svolgersi nella provincia del garante o in unĠaltra di tali
province;
V)
occorre
prevedere criteri per consentire una selezione tra le diverse domande di
garanzia concernenti lĠingresso nel mercato del lavoro di persone appartenenti
alla medesima categoria, anche per prevenire lĠipotesi, in s molto probabile,
che le domande presentate siano assai numerose: occorre prevedere che esse
siano esaminate non tanto in ordine cronologico di presentazione, quanto
piuttosto in ragione di alcune caratteristiche soggettive ed oggettive idonee a
facilitare lĠincontro della domanda e dellĠofferta di lavoro con particolare
riguardo allo straniero (conoscenza della lingua italiana, titoli di studio
riconosciuti, precedenti esperienze lavorative in Italia o allĠestero, presenza nella stessa
zona di familiari regolarmente residenti in Italia).
Circa il punto 10) Òla revisione dei
canali di ingresso e soggiorno agevolato al di fuori delle quote e con esclusione dallĞiscrizione nelle
liste o nella banca dati,
rivedendo le procedure, le categorie e le tipologie previste
dallĞarticolo 27 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286Ó si osserva che
prevedere come criterio direttivo la mera ÒrevisioneÓ costruisce una direttiva
troppo vaga che rischia di essere viziata da
illegittimit costituzionale: la mera indicazione della ÒrevisioneÓ di una
disciplina non significa nulla e non pu dunque essere considerata Òcriterio e
principio direttivoÓ ai sensi dellĠart. 76 Cost. se il ddl non specifica quale
sia lĠobiettivo della revisione stessa
Perci
il ddl dovrebbe essere modificato indicando i criteri in base ai quali il
legislatore delegato possa indicare in quali ipotesi il lavoratore possa essere
direttamente assunto al di fuori della programmazione delle quote, come p. es.
lĠeccezionalit o la specializzazione delle mansioni che il lavoratore dovrebbe
svolgere o lĠelevata responsabilit dirigenziale nellĠambito delle imprese o
lĠelevata preparazione culturale o scientifica richiesta o lĠeccezionale ed
indifferibile urgenza di disporre della prestazione lavorativa dello straniero.
2.2.
Osservazioni circa i criteri e i principi direttivi contenuti nella lett. b) Òagevolare lĞinvio delle rimesse degli
stranieri verso i Paesi di origineÓ
Condivisibili
sono tutti i 3 criteri e principi direttivi previsti dal ddl nellĠambito della
lettera b) Òagevolare lĞinvio delle rimesse degli stranieri verso i Paesi di
origineÓ.
Tuttavia
al fine di rispettare la potest legislativa regionale in materia di relazioni
internazionali e con lĠUnione europea delle Regioni prevista dallĠart. 117,
comma 3 Cost., occorre aggiungere alla fine del punto 3) ai progetti effettuati
in collaborazione con i Ministeri competenti i progetti effettuati in collaborazione
con le Regioni e gli enti locali nellĠambito della cooperazione decentrata.
2.3. Osservazioni
circa i criteri e i principi direttivi contenuti nella lett. c) Òsemplificare,
nel rispetto dei vincoli derivanti allĞItalia dallĞadesione agli accordi di
Schengen, le procedure per il rilascio del visto per lĞingresso nel territorio
nazionale anche attraverso la revisione della documentazione da esibire da
parte dello straniero interessato e la previsione dellĞobbligo di motivazione
del diniego per tutte le tipologie di visto, prevedendo forme di tutela e
garanzia per i richiedenti i vistiÓ.
Condivisibili
ed opportuni sono i criteri e i principi direttivi indicati nella lettera c) del
ddl, ma il loro contenuto appare per alcuni aspetti troppo vago e generico.
Preliminarmente
occorre peraltro confermare che senzĠaltro indispensabile la Òprevisione
dellĞobbligo di motivazione del diniego per tutte le tipologie di vistoÓ perch
una piena tutela del diritto alla difesa esige che siano abrogate tutte le ipotesi
nelle quali lĠart. 4 T.U. esenta dallĠobbligo di motivazione i provvedimenti di
dinieghi dei visti di ingresso.
In
ogni caso occorre che il ddl sia modificato in modo che si precisi che la
semplificazione e revisione deve comportare anche la revisione delle cause
ostative allĠingresso oggi previste dallĠart. 4 T.U., sia per ridurre ai casi
davvero gravi i presupposti di applicazione, sia per ridurre ogni tipo di
automatica applicazione degli stessi presupposti. Perci si deve prevedere che costituiscono
motivo ostativo allĠingresso i soli casi di sentenza definitiva di condanna a
pena detentiva per uno dei reati non colposi indicati nellĠarticolo 380 e 381
del codice di procedura penale, senza che vi sia stata sospensione condizionata
della pena, e semprech sia stata disposta la misura di sicurezza
dellĠespulsione, salva la revoca a seguito della cessazione della pericolosit
sociale.
2.4. Osservazioni
circa i criteri e principi direttivi contenuti nella lett. d) Òsemplificare le
procedure ed i requisiti necessari per il rilascio del nulla osta, del permesso
di soggiorno e del suo rinnovo ecc.Ó
Condivisibili
ed opportuni sono i principi e criteri direttivi contenuti nella lett. d) del
ddl.
Tuttavia
la gran parte di essi deve essere riformulata perch si tratta di principi
formulati in modo troppo vago e generico.
Preliminarmente
si osserva che dal punto di vista della tecnica legislativa e della
semplificazione del linguaggio lĠaver incluso nel testo della lettera d) una
serie lunghissima di proposizioni rende troppo complesse la lettura e la
comprensione del testo stesso, tanto che al lettore non facile capire se vi
sia e quale sia la differenza tra il lunghissimo principio generale e i singoli
criteri e principi di delega ivi contenuti e rende in ogni caso necessario
analizzare in modo distinto i singoli aspetti contenuti nella lunga
enunciazione del principio generale previsto nella lettera d).
In
primo luogo si prevede da un lato la semplificazione delle procedure e dei
requisiti necessari per il rilascio del nulla-osta al lavoro e dallĠaltro lĠeliminazione
del contratto di soggiorno. Sul punto per la disposizione appare troppo ambigua e
perci deve essere senzĠaltro riformulata in modo pi preciso.
Infatti
per ci che riguarda gli stranieri gi regolarmente soggiornanti sul territorio
nazionale lĠistituto del contratto di soggiorno introdotto dalla legge n.
189/2002 nel T.U. deve essere senzĠaltro abrogato perch in s viziato da
illegittimit costituzionale per violazione degli artt. 10, comma 2, e 117,
comma 1, Cost., poich esso viola il principio di parit di trattamento tra
lavoratori nazionali e stranieri gi presenti sul territorio nazionale,
previsto dalla Conv. n. 143 O.I.L.
Per
ci che attiene ai nuovi ingressi dei lavoratori stranieri sul territorio dello
Stato alla soppressione del contratto di soggiorno deve essere associata la
previsione di garanzie a tutela del diritto al lavoro dei cittadini previsto
dallĠart. 4 Cost. e della libert di circolazione, soggiorno e stabilimento dei
lavoratori cittadini dei Paesi membri dellĠUE, il che consente al legislatore
di prevedere ragionevoli condizioni di ingresso dei nuovi lavoratori per i
quali sia stata presentata richiesta nominativa o numerica da parte di datore
di lavoro, come quelle che sono ricavabili sia dalla setessa conv. n. 143
O.I.L. dalle norme comunitarie e degli accordi di Schengen, sia dalle norme del
T.U. che erano state abrogate nel 2002, cio la garanzia che il datore di
lavoro disponga di un reddito tale da poter assicurare un trattamento
retributivo e previdenziale del lavoratore straniero pari a quello previsto
dalla legge e dai contratti collettivi applicabili e possa mettere a
disposizione del nuovo lavoratore straniero un alloggio adeguato.
In
secondo luogo si prevede lĠistituzione di sportelli presso i Comuni per
presentare le richieste di rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno e per
il ritiro del documento e, dopo una congrua fase transitoria, il
passaggio delle competenze ai Comuni per il rinnovo del permesso di soggiorno.
La
disposizione prevede un innovativo e significativo sistema di funzioni
amministrative in materia di immigrazione e di condizione giuridica dello
straniero che appare senzĠaltro condivisibile e opportuno sia per unĠesigenza
di semplificazione, sia per dare attuazione allĠart. 118 Cost. che affida in
linea di principio al solo Comune lĠesercizio di tutte le funzioni
amministrative, sia per sgravare da compiti amministrativi e destinare gran
parte del personale di polizia attualmente addetto agli uffici immigrazione
delle Questure alla prevenzione e repressione dei reati e al controllo del
territorio.
Tuttavia
la disposizione appare troppo vaga e rischia di avere unĠapplicazione
involontariamente restrittiva, sicch deve essere riformulata.
Infatti
occorre ricordare che nella vigente legislazione si prevedono diversi titoli di
soggiorno che sono rilasciati dalle questure (permessi di soggiorno CE per gli
stranieri lungo residenti, carta di soggiorno per i familiari conviventi con
cittadini dellĠUE residenti in Italia, carta di soggiorno di lungo periodo per
i familiari conviventi con cittadini dellĠUE residenti in Italia, iscrizione
dei minori di 14 anni sul permesso di soggiorno dei genitori), sicch esigenze
di coerenza, di razionalit e di semplificazione esigono che il ddl preveda
espressamente che la competenza amministrativa dei Comuni si eserciti sul
rilascio e rinnovo di tutti i citati titoli di soggiorno.
Inoltre
non chiara la distinzione tra la presentazione delle richieste e il ritiro
del documento e le competenze sul rinnovo dei titoli di soggiorno.
Infatti
si deve ricordare che lĠart. 118 Cost. esige che qualora il Comune non sia
adeguato a svolgere determinate funzioni amministrative e vi siano esigenze
unitarie la legge deve provvedere ad allocare le funzioni amministrative ad
altri soggetti, tra cui lĠamministrazione dello Stato.
In
proposito rilevante ricordare che molte norme comunitarie o internazionali
esigono di centralizzare in poche autorit statali la verifica di determinati
requisiti di polizia, sicch di per s la verifica di taluni presupposti
richiesti sia per il rilascio, sia per il rinnovo dei titoli di soggiorno
possibile soltanto allĠautorit di pubblica sicurezza, anche in collegamento
con lĠautorit giudiziaria, con le autorit diplomatico-consolari italiane
allĠestero e con le autorit degli altri Paesi dellĠUE mediante lĠaccesso al
SIS (Sistema informativo Schengen) e ad altre banche dati comunitarie
concernenti gli stranieri che si trovino in particolari condizioni, come
EURODAC che riguarda i dati sensibili da verificare nei confronti dei
richiedenti asilo ecc.
Perci
occorre che il ddl preveda una distinzione chiara tra lo svolgimento delle
funzioni che ben pu essere attribuito ai soli Comuni (presentazione delle
richieste di rilascio e rinnovo dei titoli di soggiorno e il ritiro del
relativo documento, ma anche il primo rilascio – nulla lo impedisce ed
anzi auspicabile in unĠottica di razionalizzazione – oltre che il
rinnovo dei titoli di soggiorno) e le verifiche di taluni presupposti che
condizionano lo svolgimento di tali funzioni, per lĠeffettuazione delle quali
lĠintervento delle amministrazioni dello Stato - ai sensi dellĠart. 118 Cost.
- il solo che sia adeguato per esigenze unitarie (il che pu tradursi nella
previsione dellĠobbligo per il Comune di acquisire dal Questore un preventivo
nulla-osta e/o di consultare o interpellare determinate banche dati gestite
dalle amministrazioni statali e/o di svolgere determinati adempimenti preliminari
obbligatori anche in collegamento con amministrazioni statali in osservanza di
determinate norme statali).
In
ogni caso lĠart. 119 Cost. obbliga la legge dello Stato che prevede
lĠattribuzione da parte della ai Comuni di tali nuove e delicatissime funzioni
di inevitabile impatto quotidiano nella vita di migliaia di stranieri, preveda
contestualmente lĠindividuazione dei costi e lĠattribuzione di risorse
finanziarie e strumentali necessarie a consentire lĠintegrale finanziamento
delle funzioni attribuite ai Comuni stessi. Tali importanti precisazioni sono
invece del tutto carenti nel ddl, sicch in mancanza di una precisa modifica e
puntualizzazione dei costi e delle relative coperture finanziarie ai sensi
degli artt. 81 e 119 Cost., il nuovo sistema non potrebbe mai funzionare con le
risorse di cui dispongono attualmente i Comuni.
In
terzo luogo si prevede, oltre alla graduazione la durata dei permessi di
soggiorno – di cui tratta pi oltre-, di razionalizzare i relativi
procedimenti Òanche con una riorganizzazione degli sportelli unici per
lĞimmigrazione istituiti presso le Prefetture-Uffici Territoriali del Governo attraverso forme di
supporto e collaborazione alle loro attivit da parte degli enti pubblici
nazionali, degli enti locali, delle associazioni di datori di lavoro, di
lavoratori, nonch di associazioni di promozione sociale del volontariato e
della cooperazioneÓ: il criterio senzĠaltro opportuno ed in fondo recepisce
una prassi delle convenzioni concluse dalla fine del 2006 tra gli enti privati
e i competenti Ministeri e gi in parte attuata.
In
proposito appare per ambigua e di dubbia legittimit costituzionale la
previsione di forme di supporto e di collaborazione alle attivit degli
Sportelli unici delle Prefetture svolte dagli enti locali.
Infatti
ad una prima lettura pu essere spontaneo ritenere che i soggetti del privato
sociale debbano essere sempre equiparati alle autonomie territoriali e da ci
si potrebbe facile concludere che a maggior ragione il ddl dovrebbe essere
modificato in modo da prevedere che la razionalizzazione degli Sportelli unici
per lĠimmigrazione avvenga anche mediante lĠaffidamento totale o parziale del
servizio alle amministrazioni dei Comuni o della Provincia in cui ha sede la
Prefettura, secondo un apposito protocollo di intesa.
Tuttavia
una lettura pi approfondita e complessiva del ddl fa concludere che nel nuovo
sistema di funzioni amministrative che sarebbero svolte in materia di
immigrazione e di condizione dello straniero a seguito delle riforme previste
dal ddl il solo e vero ÒSportello unico per lĠimmigrazioneÓ sar in realt
quello del Comune, il quale sar competente a ritirare le domande dei titoli di
soggiorno e a rilasciare i relativi titoli e, in seguito, a provvedere
direttamente al rinnovo (e auspicabilmente anche al rilascio) dei titoli di
soggiorno. Come si sopra accennato il ddl prevede cos una profonda riforma
delle funzioni amministrative in materia di immigrazione e condizione dello
straniero attribuendole in generale al Comune, cos adeguando il sistema
legislativo al principio costituzionale previsto dallĠart. 118 Cost. secondo il
quale le funzioni amministrative spettano in linea di principio al Comune e
possono essere attribuite dalla legge alle amministrazioni di enti territoriali
diversi dal Comune (Provincia, Citt metropolitana, Regione, Stato) soltanto se
vi siano esigenze unitarie e il Comune non ritenuto adeguato a svolgere
determinate funzioni.
Appare
perci un poĠ contraddittorio il ddl nella parte in cui da un lato prevede una cos rilevante
riforma generale delle funzioni amministrative in materia di immigrazione e di
condizione dello straniero svolte sul territorio nazionale in forma di
sportello aperto al pubblico degli italiani e soprattutto degli stranieri, e
dallĠaltro lato sembra ritenere che permangano tuttora esigenze unitarie tali
da far ritenere inadeguato il Comune a svolgere alcune funzioni amministrative
in materia di immigrazione e di condizione dello straniero oggi svolte
dallĠamministrazione periferica statale, cio dallo Sportello unico per
lĠimmigrazione della Prefettura.
In
realt lo Sportello unico per lĠimmigrazione responsabile dellĠintero
procedimento amministrativo relativo allĠassunzione di lavoratori subordinati
stranieri a tempo determinato e indeterminato (cfr. art. 22 T.U., come
modificato dalla legge n. 189/2002) e al nulla-osta al ricongiungimento
familiare (cfr. art. 29 T.U., come modificato dalla legge n. 189/2002) e in
realt la sua attivit si svolge in continuo rapporto con i Centri per lĠimpiego
gestiti dalla Provincia, con lĠagenzia delle Entrate (per il rilascio dei
codici fiscali), con le Questure (per i nulla-osta allĠingresso e il rilascio
dei successivi permessi di soggiorno) e con i consolati italiani allĠestero (a
cui si inviano i nulla-osta che consentono il rilascio dei visti di ingresso
per lavoro e per motivi familiari).
A
ci si aggiunga che lĠesperienza della concreta attuazione pratica
dellĠeffettiva attuazione degli Sportelli unici, che sono stati istituiti
soltanto dal 2004, ha comportato molte difficolt operative per le notevoli
carenze organizzative e di personale da parte dellĠamministrazione statale, il
che ha prodotto spesso a livello locale rilevantissimi ritardi nello
svolgimento dei loro compiti istituzionali in materia di lavoro degli stranieri
e di nulla-osta ai ricongiungimenti familiari. A tali gravi disfunzioni i
Ministeri dellĠInterno, del Lavoro e della Solidariet sociale hanno pi volte
tentato di rimediare sia razionalizzando le procedure a livello nazionale, sia
prevedendo la stipula a livello nazionale e provinciale di apposite convenzioni
con enti del privato sociale ai quali sono stati affidati compiti di
preselezione, affiancamento e orientamento delle domande da presentarsi agli
Sportelli unici, compiti che sarebbero indirettamente confermati dallo stesso
ddl.
Si
conferma perci lĠoggettiva inadeguatezza della sola amministrazione statale
decentrata a far fronte ai compiti, vecchi e nuovi, conferiti agli Sportelli
unici.
In
tale scenario il ddl peraltro apporta unĠimportante innovazione perch prevede
la soppressione dellĠistituto del contratto di soggiorno, alla preparazione,
stipula, controllo e registrazione del quale sono preposti proprio gli
Sportelli unici.
A
tale oggettiva riduzione di compiti il ddl affianca poi la previsione
dellĠesigenza di semplificare le procedure per i nulla-osta e lĠaffiancamento e
supporto degli Sportelli unici da parte degli enti locali.
Perci
in materia di ingresso di nuovi lavoratori stranieri dallĠestero allo Sportello
unico si occuperebbe di rilasciare nulla-osta al lavoro in collegamento con il
Centro per lĠimpiego, con la Questura, il consolato italiano allĠestero e
lĠAgenzia per le entrate e allo stesso Sportello unico il datore di lavoro
dovrebbe riferire le comunicazioni concernenti il lavoratore straniero.
In
proposito occorre dunque chiedersi se nellĠambito del riordino delle funzioni
amministrative in materia di immigrazione il coordinamento di tutte queste
funzioni concernenti i lavoratori stranieri oggi spettanti allo Sportello
unico, ciascuna delle quali spetterebbe comunque alle citate amministrazioni
statali, non possa pi razionalmente spettare non gi alla Prefettura, quanto
piuttosto ai Centri per lĠimpiego gestiti da ogni Provincia.
Anche
le funzioni amministrative di rilascio dei nulla-osta ai ricongiungimenti
familiari dovrebbero essere pi razionalmente attribuite non pi allo Sportello
unico, quanto allo stesso Comune al quale il ddl affida la gestione della
raccolta e consegna dei titoli di soggiorno, anche in ragione del fatto che gi
dal 1998 allo stesso Comune spetta certificare lĠadeguatezza dellĠalloggio ai
fini del ricongiungimento familiare. Ovviamente anche tale funzione sarebbe
svolta in collegamento con le amministrazioni competenti in materia di pubblica
sicurezza (Questura) e di relazioni internazionali (rappresentanza consolare
italiana allĠestero).
Ovviamente
un simile ripensamento comporterebbe lĠesigenza che il ddl sia modificato in
modo da prevedere un razionale trasferimento delle funzioni amministrative
suindicate rispettivamente alle Province e ai Comuni e il loro collegamento e
coordinamento con le funzioni amministrative svolte dalle amministrazioni
statali in materia di pubblica sicurezza, di relazioni consolari, di vigilanza sui
rapporti di lavoro e di riscossione delle entrate tributarie, la conseguente
soppressione dello Sportello unico presso le Prefetture e lĠattribuzione delle
necessarie risorse finanziarie alle Province e ai Comuni che ai sensi dellĠart.
119 Cost. servono alla gestione delle nuove funzioni amministrative attribuite.
Lo
spostamento dellĠallocazione delle citate funzioni amministrative nella forma
pi sopra delineata sarebbe assai pi chiaro e conforme alla netta attribuzione
delle funzioni amministrative prevista dallĠart. 118 Cost. rispetto ad un
ambiguo affiancamento/supporto da
parte degli enti locali a funzioni che resterebbero statali, come si prevede
nel ddl, il che invece di produrre un adeguato coordinamento amministrativo
potrebbe aumentare diseconomie, commistioni e sovrapposizioni tra le diverse
funzioni amministrative in materia di immigrazione e di stranieri
complessivamente riordinate dallo stesso ddl.
Pienamente
condivisibile (in unĠottica di diminuzione della precarizzazione della condizione
giuridica dello straniero regolarmente soggiornante e di una sua crescente
integrazione sociale, di semplificazione amministrativa e di deflazione di
compiti inutilmente onerosi per le pubbliche amministrazioni) il principio e
criterio direttivo Ò1) lĞallungamento dei termini di validit iniziali dei
permessi di soggiorno non stagionali, la cui durata raddoppiata in sede di
rinnovo, con lĞunificazione dei termini per la relativa richiesta, prevedendo,
in particolare, il rilascio del permesso di soggiorno per una durata pari
ad un anno per un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato di
durata inferiore o pari a sei mesi, per due anni per un rapporto di lavoro
superiore a sei mesi e per tre anni per un rapporto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato o autonomoÓ.
Peraltro
occorre che il ddl preveda ulteriori norme di chiarimento e di semplificazione:
I)
occorre
prevedere la qualificazione giuridica delle diverse tipologie precarie di rapporto di lavoro (che dovrebbero
essere equiparati al lavoro subordinato) e dei rapporti di lavoro autonomo
allorch essi siano esercitati non in forma continuativa o in forma occasionale
e non professionale.
II)
Occorre
prevedere che con decreto del Ministro dellĠInterno sia stabilita in modo
uniforme ed esaustivo la modulistica e tutta la documentazione necessaria alla
presentazione delle domande di rilascio o di rinnovo di ogni titolo di
soggiorno. Infatti oggi molti stranieri senza colpa si presentano ai competenti
uffici con dubbi relativi alla documentazione da consegnare e vorrebbero avere
in anticipo chiarimenti o informazioni precise su di essa oppure esibiscono
documenti o contratti di lavoro imprecisi o compilati male dal datore di
lavoro.
Circa il principio e criterio direttivo Ò2) la previsione
di misure idonee ad assicurare la continuit degli effetti del soggiorno
regolare nelle more del rinnovo del permesso di soggiornoÓ la valutazione pienamente
condivisibile in unĠottica di semplificazione degli oneri posti a carico degli
stranieri e dei datori di lavoro.
Tuttavia occorre prevedere nel ddl criteri e
principi direttivi precisi che consolidino le prescrizioni contenute nella
recente direttiva del Ministro dellĠInterno del 5 agosto 2006 e nelle
successive circolari ministeriali e dellĠINPS:
I) Il mancato rispetto da parte della competente
amministrazione del termine per la conclusione del procedimento di rinnovo del
permesso di soggiorno non incide sulla piena legittimit del soggiorno stesso e
sul godimento dei diritti ad esso connessi, qualora la domanda di rinnovo sia
stata presentata prima della scadenza del permesso di soggiorno o entro
sessanta giorni dalla scadenza dello stesso, sia stata verificata la
completezza della documentazione prescritta a corredo della richiesta di
rinnovo e sia stata rilasciata dallĠufficio la ricevuta attestante lĠavvenuta
presentazione della richiesta di rinnovo.
II) Gli effetti dei diritti esercitati, nelle more
del rinnovo del permesso di soggiorno, cessano solo in caso di mancato rinnovo,
revoca o annullamento del permesso in questione.
III) nelle more del rinnovo di un permesso di
soggiorno che consente lĠaccesso al lavoro, il lavoratore straniero pu
instaurare nuovi rapporti di lavoro e deve essere considerato in possesso di
tutti i diritti acquisiti e maturati nell'ambito del rapporto di lavoro
instaurato, anche ai fini previdenziali.
IV) Lo straniero in possesso del permesso di
soggiorno, ancorch scaduto, e della ricevuta di presentazione dellĠistanza di
rinnovo, ha la facolt di lasciare il territorio della repubblica e di farvi
regolare rientro, alle condizione di esibire il documento di viaggio e la
ricevuta della domanda del rinnovo, nei consentiti alla circolazione degli
stranieri nellĠambito dellĠarea Schengen, regolate dalle norme internazionali e
comunitarie.
Circa il principio e criterio direttivo n.
3) ÒlĞestensione del periodo di validit del permesso di soggiorno per
attesa occupazione, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, ad un
anno, ovvero alla maggiore durata degli istituti previsti dalla normativa
vigente in materia di ammortizzatori sociali, ove applicati, con possibilit di
un solo rinnovo del medesimo permesso, in presenza di adeguati mezzi di
sussistenza, e con la previsione di misure dirette a consentire lĞassunzione,
su formale iniziativa del datore di lavoro, di uno straniero gi titolare di un
permesso di soggiorno per lavoro subordinato da almeno diciotto mesi che abbia
perso la regolarit del soggiorno a seguito di cessazione del suo ultimo
rapporto di lavoroÓ si
osserva che si tratta di un criterio e principio direttivo sostanzialmente
condivisibile che deve essere peraltro meglio collegata ed armonizzata al
principio n. 5) la previsione della possibilit di
svolgere attivit lavorativa per lo straniero che ha titolo di soggiornare sul
territorio nazionale in ragione di disposizioni di legge senza dover dimostrare
il possesso di risorse economiche.
Queste misure consentono una riduzione
della produzione di clandestini e dei costi burocratici che poi conseguono alla
entrata in clandestinit degli immigrati. Costa molto meno consentire alle
persone che trovano, sia pure tardivamente, un lavoro regolare e consentire
loro di vivere regolarmente, piuttosto che produrre lavoro nero e costi
incalcolabili per lĠesecuzione di provvedimenti di espulsione, con un tasso di
riuscita – peraltro - molto scarso, come dimostra anche la recente
relazione della Commissione De Mistura sui CPT.
Tuttavia i 2 principi sono formulati in
modo troppo vago e lacunoso sotto diversi profili.
Infatti in unĠottica di progressiva
integrazione e stabilizzazione della condizione giuridica del lavoratore
straniero regolarmente soggiornante il ddl dovrebbe essere modificato in modo
da prevedere anche garanzie pi precise , cio che:
1)
decorso un
certo numero di anni dal primo rilascio (unĠipotesi ragionevole potrebbe essere
quella di fissare in 3 anni tale periodo), ai fini del rinnovo del permesso di
soggiorno per lavoro non pi richiesta la dimostrazione della capacit
reddituale minima;
2)
in ogni caso
anche prima dei tre anni dal primo rilascio di un permesso di soggiorno che
consente lĠaccesso al mercato del lavoro occorre sopprimere ogni automatismo
tra capacit reddituale e titolarit del permesso di soggiorno (attualmente,
tale automatismo , nella prassi, una delle cause pi diffuse di trasformazione
della regolarit in irregolarit, anche dopo anni di regolarit di presenza in
Italia).
3)
nei casi in
cui lo straniero dimostri di avere svolto o di svolgere un regolare corso di
formazione professionale o di avere avuto o di avere in corso una grave
malattia o una gravidanza o una maternit o di avere una concreta proposta di
lavoro regolare la mancanza dei mezzi di sostentamento non pu essere motivo di
revoca o di rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno che gli consente
lĠaccesso al lavoro.
4)
In ogni caso
i mezzi di sussistenza adeguati a cui si deve far riferimento devono riguardare
la disponibilit finanziaria mensile non superiore allĠimporto dellĠassegno
sociale, derivante da qualsiasi fonte lecita, e la disponibilit di un
alloggio, ancorch si tratti di una comprovata ospitalit presso terzi o in un
centro di accoglienza.
5)
Occorre che
il legislatore delegato precisi in modo finalmente preciso ed esaustivo quali
siano i titoli di soggiorno (in particolare quelli di breve periodo) che
consentono lĠaccesso al lavoro, ancorch si tratti di titoli di soggiorno per
breve periodo (p. es. quelli per attesa cittadinanza,) e anche se si tratti di
un accesso al lavoro limitato a determinati settori strettamente collegati al
motivo del soggiorno (si pensi al permesso di soggiorno per motivi religiosi),
e fermo restando la necessit di evitare di provocare lĠelusione sostanziale
della disciplina dei nuovi ingressi per motivi di lavoro.
Una sostanziale e condivisibile innovazione,
ancorch formulata in modo troppo vago e ambiguo, contenuta nel principio 4) Òla revisione dei permessi di
soggiorno per motivi umanitari, da rilasciare da parte del Prefetto, sentiti il
Consiglio territoriale per lĞimmigrazione ed il Questore, anche a favore dello
straniero che dimostri spirito di appartenenza alla comunit civile e non
costituisca una minaccia per lĞordine pubblico e la sicurezza dello Stato,
disciplinando ipotesi di riconoscimento del diritto al ricongiungimento
familiare a favore del titolare del permesso compatibilmente con la normativa
comunitariaÓ.
Preliminarmente si ricorda che di per s
che la disposizione rischia di essere viziata da
illegittimit costituzionale: la mera indicazione della ÒrevisioneÓ di una
disciplina non significa nulla e non pu dunque essere considerata Òcriterio e
principio direttivoÓ ai sensi dellĠart. 76 Cost. se il ddl non specifica quale
sia lĠobiettivo della revisione stessa
Peraltro pi in generale si osserva che la
vigente normativa sullĠimmigrazione complessa e lĠesperienza accumulata in
questi ultimi anni ha posto come valore necessario, stante il non funzionamento
della chiamata a distanza da parte dei datori di lavoro e la drammaticit delle
situazioni soggettive che la realt presenta, la necessit di elaborare una
forma di regolarizzazione a regime che possa funzionare da Ònorma di chiusuraÓ, come elemento di flessibilit del sistema, al fine di legalizzare
situazioni che altrimenti troverebbero soluzione solo nellĠallontanamento che
appaiono inique nei casi concreti.
Alcuni esempi esistono gi nel nostro
ordinamento: si vedano a questo proposito le categorie di persone inespellibili di cui allĠart. 19 T.U.,
o la fattispecie di cui allĠart. 31 c.3 T.U. in tema di minori o gli stranieri
irregolarmente soggiornanti che hanno diritto ad ottenere il permesso di
soggiorno per motivi familiari (art. 30 T.U.). Lo stesso permesso per Òmotivi
umanitariÒ previsto gi dallĠart. 5, comma 6 T.U. e dallĠart. 11 c. 1 lett
c) ter del regolamento di attuazione del T.U. approvato
con d.p.r. n. 394/1999: si tratta
di una generale facolt del questore di rilasciare - a chi non ha mai avuto un
permesso di soggiorno o da definirsi comunque irregolare – di un
permesso di soggiorno per motivi umanitari, nei casi in cui si tratti di
prendere utilmente in considerazione diritti fondamentali della persona,
tutelati a livello costituzionale. In altre parole, il potere discrezionale di
rilasciare in casi che non sono regolati dalla legge, un permesso di soggiorno
per motivi umanitari rinnovabile e valido per lavoro esiste gi, ma questo
potere discrezionale esercitato con notevole parsimonia, perch
lĠinterpretazione del tutto riduttiva ne ha limitato drasticamente
lĠapplicazione, riservandola in sostanza ai soli casi di richiedenti asilo la
cui domanda sia stata respinta e la competente Commissione abbia, tuttavia,
ritenuto sussistente un diritto alla protezione.
In tal senso spostare questo potere
discrezionale dal questore al Prefetto e di prevedere che si possa esprimere a
riguardo il Consiglio territoriale sullĠimmigrazione potrebbe rendere un poĠ
meno raro il rilascio di questo tipo di permesso e consentire lĠinterclocuzione dei rappresentanti delle
autonomie territoriali e del privato sociale che fanno parte di ogni Consiglio
a fianco delle amministrazioni statali.
Peraltro il criterio direttivo di indicare
lĠobiettivo della mera ÒrevisioneÓ appare troppo vago e deve essere meglio
precisato, eliminando anche contraddizioni col resto del ddl.
Anzitutto evidente che il ddl allude a
due diverse ipotesi di regolarizzazione a regime: a) un permesso di soggiorno
per motivi umanitari; b) un permesso di soggiorno per motivi familiari.
Troppo vaga e ambigua appare la
motivazione prevista per il rilascio di tali permessi di soggiorno: non
chiaro sulla base di quali criteri si possa prevedere che straniero Òdimostri
spirito di appartenenza alla comunit civile e non costituisca una minaccia per
lĞordine pubblico e la sicurezza dello StatoÓ ed anche il riferimento alla
compatibilit con la normativa comunitaria pu essere usato in modo vario.
Perci indispensabile che tali criteri
siano sostituiti o affiancati da elementi pi sicuri e facilmente verificabili
in modo oggettivo anche in riferimento a casi dubbi che potrebbero verificarsi
con maggiore frequenza. In tal senso occorre modificare il ddl prevedendo che
1)
qualora lo
straniero in questione sia stato condannato a pena detentiva occorre comunque
valutare positivamente la mancanza o lĠavvenuta della valutazione di
pericolosit sociale
2)
eventuali
segnalazioni ostative provenienti da altri Stati membri dellĠUnione europea devono
essere valutate con i limiti e le garanzie previste dallĠarticolo 25 della
convenzione del 19 giugno 1990 di applicazione dellĠaccordo di Schengen del 14
giugno 1985, ratificata e resa esecutiva con legge 30 novembre 1993, n. 388,
3)
occorre
assicurare comunque una specifica attenzione per quelle documentate richieste
di permesso di soggiorno per motivi umanitari o familiari che siano state presentate
da straniero il quale, ancorch sprovvisto di titoli di soggiorno o al quale il
titolo di soggiorno per altri motivi sia scaduto o non rinnovabile, fornisca
concreti elementi di inserimento sociale, della durata temporale del domicilio
di fatto sul territorio della Repubblica ovvero lĠesistenza di legami familiari
con italiani o stranieri legalmente residenti ovvero la comprovata possibilit
di svolgimento di regolare attivit lavorativa ovvero lĠesistenza di
particolari condizioni di salute che, in considerazione della situazione del
paese di origine o la provenienza nonch della propria condizione sociale, non
possono, in caso di rientro, trovare nel paese di destinazione adeguate cure
ovvero il precedente possesso di un titolo di soggiorno.
Deve essere modificata ed armonizzata al
resto del ddl anche la disciplina degli aspetti procedurali del rilascio di
simili titoli di soggiorno in deroga, come segue:
1)
la
competenza al rilascio del titolo di soggiorno non pu essere attribuita al Prefetto,
sentiti il Consiglio territoriale per lĞimmigrazione ed il Questore, ma deve restare dellĠautorit a cui in
generale spetta il rilascio e il rinnovo dei titoli di soggiorno (in futuro il
Comune), ma esso deve avvenire su richiesta scritta e motivata del Consiglio
territoriale per lĠimmigrazione della Provincia in cui si trova lo straniero
(si ricorda che gi oggi ogni Consiglio presieduto dal Prefetto e ha tra i
suoi componenti un rappresentante della Questura);
2)
lĠadozione
della richiesta potrebbe essere esaminata dal Consiglio territoriale su
proposta motivata di uno dei suoi membri o su apposita istanza motivata ed
entrambe dovrebbero essere esaminate con la massima celerit e con una
procedura che garantisca la verifica delle condizioni oggettive di sicurezza e
un effettivo contraddittorio tra i diversi membri del Consiglio e con
lĠaudizione dello straniero interessato, anche assistito da una persona di
fiducia.
2.5. Osservazioni circa i criteri e principi
direttivi contenuti nella lett. e) Òprevedere in conformit al capitolo C della
Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello
locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992, lĞelettorato attivo e passivo
per le elezioni amministrative a favore degli stranieri titolari del permesso
di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo alle modalit di esercizio
e alle condizioni previste per i cittadini dellĞUnione europeaÓ.
LĠinnovazione prevista assai
significativa ed condivisibile in unĠottica di ampliamento delle occasioni di
partecipazione degli stranieri regolarmente soggiornanti.
Tuttavia ancora una volta si tratta di
un criterio e principio direttivo formulato in un modo impreciso e non privo di
vizi di legittimit costituzionale.
Infatti occorre osservare che lĠattribuzione
dellĠelettorato agli stranieri extracomunitari senza la necessit di modificare la Costituzione,
ma con legge ordinaria dello Stato, legittima in considerazione della riserva
rinforzata di legge in materia di stranieri prevista dallĠart. 10, comma 2
Cost. e delle limitazione di sovranit consentita dallĠart. 11, cio a
condizione che essa avvenga nei casi e nei modi previsti dalle norme
internazionali, tra le quali senzĠaltro vi quella prevista dalla lettera C)
della Convenzione europea sulla partecipazione alla vita pubblica, firmata a
Strasburgo il 5 febbraio 1992, ratificata e resa esecutiva con legge n.
203/1994.
Quella convenzione tende a migliorare
lĠintegrazione dei residenti stranieri nella vita delle comunit locali e si
applica ad ogni persona non cittadina dello Stato in questione e che risiede
regolarmente sul suo territorio.
La Convenzione prevede 3 capitoli.
Nel capitolo A gli Stati si impegnano a garantire
ai residenti stranieri, alle stesse condizioni dei loro cittadini, i diritti Ç classici È
della libert di espressione, della libert di riunione pacifica e della
libert di associazione, ivi compreso il diritto di fondare un sindacato e di
affiliarvi, e inoltre si impegnano a coinvolgere gli stranieri residenti alle
consultazioni a livello locale. A certe condizioni previste dalla legge, i
diritti alla libert di espressione e alla libert di riunione possono essere
limitati.
Nel Capitolo B la Convenzione agevola la creazione
di organismi consultivi a livello locali eletti da stranieri residenti, in
comunit locali aventi sul loro territorio un significante numero di stranieri
residenti.
Nel Capitolo C la Convenzione prevede che gli
Stati possono impegnarsi ad accordare il diritto di voto e di eleggibilit alle
elezioni locali agli stranieri residenti che abbiano risieduto legalmente ed
abitualmente nello Stato in questione nei cinque anni precedenti le elezioni o
in un periodo pi breve indicato in accordi bilaterali e multilaterali.
Oggi la Convenzione stata ratificata ed in vigore
in Albania, Danimarca, Finlandia,
Islanda, Italia, Paesi Bassi , Norvegia e Svezia. Al momento hanno
firmato la Convenzione, ma non lĠhanno ancora ratificata anche Cipro, Regno
Unito, Repubblica Ceca, Slovenia. Soltanto Albania ed Italia hanno posto la
riserva sul capitolo C. Poich dunque nel 1994 il Governo italiano pose la
riserva sul capitolo C oggi esso non in vigore per lĠItalia.
Tuttavia affinch lĠelettorato attivo e passivo
possa essere attribuito agli stranieri extracomunitari con legge ordinaria
senza che vi sia necessit di prevedere modifiche o deroghe alla Costituzione
(le quali possono essere disposte soltanto con legge costituzionale approvata
con la procedura aggravata prevista dallĠart. 138 Cost.), necessario che tale
legge attui obblighi internazionali.
Ci comporta che la legge deve prevedere il ritiro
della riserva posta al Capitolo C e che poi essa sia pienamente conforme alle
norme previste dagli artt. 6 e 7 della Convenzione stessa che sono contenuti in
tale capitolo.
In proposito invece il ddl appare viziato da
illegittimit costituzionale allorch limita lĠattuazione di tali norme
internazionali.
Occorre perci che il ddl sia modificato in modo
da prevedere che:
1) si preveda un nuovo comma del ddl che disponga
che allĠentrata in vigore della legge il Governo provvede agli adempimenti
necessari al ritiro della riserva che fu posta alla lettera C) della
Convenzione europea sulla partecipazione alla vita pubblica, firmata a
Strasburgo il 5 febbraio 1992, ratificata e resa esecutiva con legge n.
203/1994
2) la lett. e) del comma 1 del ddl sia modificato
in modo da prevedere che gli stranieri residenti in Italia che alla data delle
elezioni sono titolari di un regolare titolo di soggiorno da almeno 5 anni (e
non di un permesso di soggiorno di lungo periodo, il che limiterebbe
illegittimamente lĠapplicazione del capitolo C della citata convenzione) siano
ammessi allĠelettorato a livello comunale alle medesime modalit di esercizio e
condizioni previste parit di
condizioni con i cittadini dellĠUnione europea (cio a richiesta e in liste
distinte di elettori come previsto per i cittadini dellĠUnione europea dal
d.lgs. n. 197/1996), ma fatta salva la previsione che essi non sono soggetti
allĠobbligo dellĠesibizione di certificazione straniera attinente alla
titolarit dellĠelettorato nel Paese di origine e, per le persone a cui sia
stato riconosciuto lo status di apolide o la status di rifugiato, di ogni tipo
di certificazione straniera. Queste ultime esenzioni sono fondate sul carattere
non democratico della forma di Stato di molti dei Paesi non appartenenti
allĠUE, tanto che da un lato sarebbe contraddittorio chiedere lĠiscrizione alle
liste elettorali o il possesso dei diritti politici ai Governi di Stati che non
li garantiscono o in cui non si svolgono libere elezioni e dallĠaltro lato
sarebbe una richiesta che involontariamente potrebbe attivare Governi
politicamente ostili ad organizzare persecuzioni a carico dello straniero o dei
suoi familiari.
2.6. Osservazioni circa i criteri e principi
direttivi della lett. f) Òarmonizzare la disciplina
dellĞingresso e soggiorno sul territorio nazionale alla normativa dellĞUnione
europea anche prevedendo la revisione degli automatismi collegati alla
sussistenza di determinati presupposti o allĞassenza di cause ostative, con
lĞintroduzione di una pi puntuale valutazione di elementi soggettiviÓ
Si
tratta di criterio senzĠaltro condivisibile, ma la norma troppo vaga e
lacunosa, sicch dovrebbe essere completamente
riformulata in modo assai pi preciso.
In
primo luogo occorre che il ddl preveda una precisa norma sulle cause
ostative allĠingresso e al soggiorno in modo da prevedere che sia abrogata lĠattuale
previsione delle condanne per determinate categorie di reati (come quelli indicati
nellĠart. 380 cod. proc. pen.) quali clausole ostative allĠingresso e al
soggiorno, perch il connesso rifiuto di ingresso e/o di rilascio o di rinnovo
o di revoca del permesso di soggiorno (art. 4 T.U. in combinato disposto con
lĠart. 5 T.U.) ha portato effetti
deleteri proprio perch si basa su di un automatismo rigido, senza
alcuna possibilit discrezionali e con rilevanti iniquit sostanziali
(nellĠambito dellĠart. 380 c.p. vi sono reati di una certa gravit ma altri di
minimo disvalore sociale, ad es.
tentato furto aggravato, che possono essere normalmente sanzionati anche con una condanna
alla sola pena pecuniaria).
La
condanna penale, ovviamente definitiva, non dovrebbe mai essere di
per s causa di non applicazione dellĠistituto, ma occorrer valutare caso per
caso, secondo i parametri, ampiamente elaborati dalla giurisprudenza, della
pericolosit sociale. Pertanto al di fuori dei casi in cui si debba eseguire
unĠespulsione a titolo di misura di sicurezza, senza che sia cessata la
pericolosit sociale del condannato, occorre che non debbano comunque essere prese in
considerazione le condanne per le quali vi stata applicazione del beneficio
della sospensione condizionale della pena, evidente elemento di valutazione
positiva sulla personalit del soggetto, nonch le condanne a pena pecuniaria (anche a titolo di sanzione
sostitutiva di pena detentiva),
perch indice inequivocabile
di minimo disvalore sociale.
Essendo
necessaria una valutazione specifica in relazione alla singola posizione, lĠistituto
deve potersi applicare anche alla
situazione di coloro che, detenuti, hanno svolto un percorso positivo di
reinserimento, ad es. anche attraverso la partecipazione a progetti di
assistenza e integrazione sociale previsti dallĠart. 18 T.U. o la fruizione di
misure alternative alla detenzione, le quali, anche alla luce della normativa
attuale, hanno consentito lo svolgimento di attivit lavorativa (ad oggi,
tuttavia, queste paradossalmente deve interrompersi proprio nel momento in cui
termina definitivamente la pena, in quanto interviene invece il provvedimento
di allontanamento).
In
secondo luogo indispensabile che il ddl
dia piena attuazione art. 1 del Prot. n. 7 della Conv. Eur. Dir.
uomo, ratificato e reso esecutivo con legge 9 aprile 1990, n. 98, che prevede che uno
straniero regolarmente soggiornante nel territorio di uno Stato non ne possa
essere espulso (salvo che per motivi di ordine pubblico o di sicurezza
nazionale), prima di poter esercitare i diritti a far valere le ragioni che si
oppongono alla sua espulsione, a far esaminare il suo caso e a farsi
rappresentare a questi fini di fronte allĠautorit competente o davanti ad una
o pi persone indicate da questa autorit.
Ci
comporta la necessit di riformare la disciplina delle espulsioni disposte dal
Prefetto nei confronti di straniero gi regolarmente soggiornante, cio nelle
ipotesi di revoca o annullamento del permesso di soggiorno, nonch nellĠanalogo
caso del rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno.
Nella
vigente disciplina legislativa esse sono disposte dal prefetto senza che sia
dato allo straniero alcuna possibilit di essere ascoltato e senza che sia data
effettivit al suo diritto alla difesa garantito dallĠart. 24 Cost., poich il
provvedimento amministrativo di espulsione configurato come automatico nei
casi nei quali il Questore abbia disposto i provvedimenti di revoca o di
annullamento del permesso di soggiorno, anchĠessi adottati senza che allo
straniero sia obbligatoriamente consentita alcuna interlocuzione con lĠamministrazione.
Occorre
dunque che si preveda, innanzitutto, unĠapplicazione rigorosa delle norme
della legge sul procedimento amministrativo e sullĠazione amministrativa (legge n. 241/1990, come
modificata ed integrata dalla legge n. 15/2005) anche ai procedimenti che
precedono lĠemanazione dei provvedimenti che riguardano il soggiorno e
lĠespulsione dello straniero; egli deve essere informato dallĠamministrazione
degli elementi a suo carico e deve essere invitato a presentarsi entro un
termine, breve ma congruo, assistito da un difensore (anche gratuito se non ne
dispone), di fronte allĠautorit amministrativa competente (il Comune,
nellĠipotesi di trasferimento delle competenze o il Consiglio territoriale per lĠimmigrazione.
In
terzo luogo occorre che il ddl preveda di
unificare la giurisdizione su tutti i provvedimenti relativi alla condizione
giuridica dello straniero, oggi divisa in due giurisdizioni e davanti a tre
giudici differenti (rispettivamente il giudice amministrativo, il giudice di
pace ed il tribunale ordinario, dotati di poteri e strumenti diversi, il che da
un lato rende inefficace e difficoltosa la difesa e dallĠaltro impedisce allo
straniero di ottenere dal giudice il giudizio sullĠeventuale ricorso
giurisdizionale o, in alternativa, la sospensione dellĠefficacia del
provvedimento amministrativo impugnato che costituisce il presupposto del
provvedimento espulsivo).
Trattandosi
di materia che afferisce a diritti soggettivi e/o a diritti fondamentali della
persona, la giurisdizione dovrebbe essere quella ordinaria e non pi quella
amministrativa e, pi esattamente, occorrerebbe prevedere la giurisdizione
esclusiva del giudice ordinario, in particolare del tribunale in composizione
monocratica.
In
quarto luogo per quanto riguarda i provvedimenti di revoca, annullamento o
diniego di rinnovo dei permessi di soggiorno, dovrebbe essere prevista una sospensione
ex lege a seguito della
proposizione di ricorso giurisdizionale, con termine fissato per la decisione
del giudice; pi esattamente occorre prevedere un termine breve dallĠadozione
del provvedimento per lĠeventuale impugnazione (comunque non inferiore a 15 giorni), anche con la previsione
della gratuit degli atti del giudizio, e un termine altrettanto breve per la
decisione sul ricorso presentato e fino alla decisione del giudice nessuna
proposta di espulsione potrebbe essere formulata. Negli altri casi (diniego di
rilascio del primo permesso di soggiorno o espulsione non preceduta da
richiesta di rilascio del titolo di soggiorno), la sospensione dovrebbe essere
valutata dal giudice in via cautelare e tenendo conto anche degli elementi
indicati dal ricorrente e delle possibilit di acquisizione di uno status regolare.
Per
i motivi sopra indicati il ddl dovrebbe prevedere che
1) lĠapplicazione delle
vigenti norme sul procedimento amministrativo nelle ipotesi di revoca o
annullamento del permesso di soggiorno, incluso il permesso per lungo
soggiorno, e nelle ipotesi del rifiuto di rinnovo o della conversione del
permesso di soggiorno, esclusi i casi eccezionali in cui tali provvedimenti
siano motivati da un pericolo grave ed attuale per lĠordine pubblico o per la
sicurezza dello Stato o degli altri Stati membri dellĠUnione europea, anche a
seguito di eventuali segnalazioni valutate nei limiti e con le garanzie
previste dallĠarticolo 25 della citata Convenzione di applicazione degli
accordi di Schengen, prevedendo anche che lo straniero deve essere informato
dallĠamministrazione degli elementi a suo carico o delle sue omissioni e deve
essere invitato a presentarsi di fronte allĠautorit amministrativa competente
entro un termine breve ma congruo, assistito da un difensore, anche dĠufficio e
anche a spese dello Stato se non ha redditi sufficienti, per essere ascoltato e
fornire elementi contrari, prevedendo che lĠeventuale provvedimento possa
essere adottato soltanto se lo straniero non si presenta ovvero se dagli
elementi da esso addotti o reperiti dĠufficio, non sussistono giustificazioni
plausibili delle sue omissioni o elementi utili a fargli rilasciare o rinnovare
comunque un qualsiasi tipo di titolo di soggiorno, inclusi il permesso di
soggiorno per motivi umanitari richiesto con la procedura indicata nel numero
4) della lettera d) e
il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale previsto dallĠart. 18
decreto legislativo 25
luglio 1998, n. 286, come integrato dallo stesso ddl, e prevedendo che allo straniero che si
presenti o che invii documentazione e nei cui confronti sia comunque adottato
un provvedimento di revoca o di annullamento o di rifiuto di rinnovo o di
conversione del permesso di soggiorno il Questore offra la possibilit di
partecipare al programma di Òrientro concordatoÓ, salvo che si tratti di
straniero che ne abbia gi fruito;
2) la
previsione che i provvedimenti di revoca, annullamento o diniego di rinnovo o
di conversione dei permessi di soggiorno siano impugnabili entro un termine non
inferiore a 15 giorni con ricorso giurisdizionale al giudice ordinario, e la
previsione che gli atti dei relativi giudizi sono gratuiti, che il giudice
dispone di un termine altrettanto breve per la decisione sul ricorso presentato
e che nessuna proposta di espulsione per irregolarit del soggiorno possa
essere formulata fino alla decisione del giudice sul ricorso giurisdizionale
presentato o fino alla scadenza del termine per lĠimpugnazione;
3) la
previsione che nei casi di ricorso contro il diniego di rilascio del primo
permesso di soggiorno o contro il provvedimento di espulsione per irregolarit
dellĠingresso o del soggiorno che non sia stato preceduto dalla presentazione
della richiesta di rilascio del titolo di soggiorno, la sospensione degli
effetti del provvedimento impugnato sia valutata dal giudice in via cautelare e
tenendo conto anche degli elementi indicati dal ricorrente e delle concrete
possibilit di acquisizione di un regolare titolo di soggiorno, incluso il
permesso di soggiorno per motivi umanitari richiesto con la procedura indicata
nel numero 4) della lettera d) e il permesso di soggiorno per motivi di
protezione sociale previsto dallĠart. 18 decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come integrato a a seguito del ddl;
2.7. Osservazioni
circa i principi e criteri direttivi previsti nella lett. g) Òrendere effettivi
i rimpatri, graduando le misure dĞintervento, anche al fine di migliorare il
contrasto dello sfruttamento dellĞimmigrazione clandestina, incentivando la
collaborazione, a tal fine, dellĞimmigratoÓ ecc.
La
lettera g) del ddl contiene le norme che riguardano i provvedimenti e le misure
in materia di prevenzione e repressione dellĠimmigrazione illegale ed
inevitabilmente si collega ai principi contenuti nella lett. h) concernente i
trattenimenti degli stranieri respinti ed espulsi.
Esse
contengono molte innovazioni sostanziali, ma anche molte importanti ambiguit,
contraddizioni e lacune, sicch si tratta di una parte del ddl, le cui norme
devono essere riformulate nel modo pi ampio e pi approfondito, anche per
prevedere precise modifiche a quelle norme legislative vigenti che sono viziate
da gravi problemi di legittimit costituzionale.
In
proposito anzitutto indispensabile affermare e precisare meglio taluni
presupposti che forse sono sottesi alle norme contenute nelle lett. g) ed h), ma che meritano di essere enunciati
e concretizzati nel ddl in modo assai pi completo ed efficace.
Nella
legislazione entrata in vigore nel 1998, come riformata dalla legge n.
189/2002, il trattenimento nei centri di permanenza temporanea e assistenza
dello straniero espulso o respinto configurato come un Òincidente di
esecuzioneÓ dellĠaccompagnamento immediato alla frontiera, mediante il quale
deve eseguirsi il provvedimento di espulsione o il provvedimento di
respingimento disposto dal Questore.
Perci
al fine di giungere ad un realistico ed efficace superamento dei trattenimenti
occorre anzitutto ripensare allĠopportunit e alla legittimit dei presupposti
e delle modalit dei provvedimenti di respingimento e di espulsione.
A
tale proposito si deve rilevare che da un lato tali provvedimenti di
allontanamento, affinch possano essere gestiti in condizioni di umanit e di
piena legittimit costituzionale ed internazionale, devono essere comunque
intesi come provvedimenti sostanzialmente eccezionali e non gi come il rimedio
ad un fenomeno di ingressi illegali di massa di stranieri derivanti
dallĠimpossibilit di accesso regolare sul territorio nazionale a seguito di
unĠirrealistica disciplina degli ingressi (in tal senso occorre - come
opportunamente prevede il ddl - ampliare le ipotesi di ingressi regolari per
lavoro mediante la reintroduzione degli ingressi per inserimento nel mercato
del lavoro che consentano lĠincontro diretto tra domanda ed offerta di lavoro,
sia dare finalmente completa attuazione al diritto dĠasilo secondo ci che
prevedono lĠart. 10, comma 3 Cost. e le direttive comunitarie in materia), n
come lĠesito della precarizzazione della condizione giuridica degli stranieri
regolarmente soggiornanti.
Circa
il punto 1) Òla previsione di programmi di rimpatrio volontario ed assistito
indirizzati anche a cittadini stranieri non espulsi privi dei necessari mezzi
di sussistenza per il rientro nei Paesi di origine o di provenienza, finanziati
da un ÒFondo nazionale rimpatriÓ da istituire presso il Ministero
dellĞinterno alimentato con contributi a carico dei datori di lavoro,
degli enti o associazioni, dei cittadini che garantiscono lĞingresso
degli stranieri e degli stranieri medesimiÓ si osserva che la disposizione
condivisibile, ma deve essere riformulata perch troppo vaga ed ambigua.
Invero
il
sistema del "ritorno concordato" dovrebbe essere meglio precisato
come segue:
1)
allo
straniero sprovvisto di mezzi di sostentamento e di viaggio e che provenga da
Paesi in via di sviluppo, il quale non possa comunque permanere sul territorio
offerta, anche tramite la Questura, l'opzione del "ritorno
concordato" che presuppone la piena collaborazione per stabilire la vera
identit e per l'ottenimento di un documento di viaggio da parte del Consolato
dello Stato di appartenenza.
2)
Se
lo straniero aderisce al programma di rientro concordato e non dispone di mezzi
propri lo Stato paga le spese per il viaggio di ritorno e al momento dell'
effettivo rimpatrio il giudice dispone lĠannullamento dell'eventuale
provvedimento ÒamministrativoÓ di espulsione e del suo connesso divieto di
rientro.
3)
All'arrivo
della persona nel paese di origine viene erogata un'assistenza una tantum in denaro e offerte di
inserimento in un programma di reintegrazione nella comunit di origine.
4)
sanzioni
nei confronti degli stranieri che, avendo usufruito della misura del rientro
concordato, facciano reingresso irregolare nel territorio nazionale. Questi
ultimi non potranno in ogni caso accedere nuovamente a misure alternative
allĠespulsione, salvo che nel Paese di origine siano sopraggiunte nuove circostanze
in base alle quali essi abbiano accesso al diritto dĠasilo.
5)
I
vantaggi devono essere spiegati dettagliatamente allo straniero preferibilmente
da parte di operatori non istituzionali e ci comporta che, anche tramite
convenzioni con enti o istituti di volontariato o ONLUS, vi siano operatori
abilitati a valutare anche la possibilit di una permanenza regolare in Italia
dello straniero per motivi di protezione sociale o nei casi di divieti di
espulsione previsti dallĠart. 19 T.U. e permette un approfondimento della
storia individuale e familiare del soggetto.
In
ogni caso questo meccanismo stato ampiamente sperimentato e attuato
dall'O.I.M. in convenzione con vari Stati europei di immigrazione, in particolare
in Germania, Olanda, Belgio e Spagna. Si pu pensare anche al coinvolgimento
dei paesi di origine, per esempio nel contesto degli accordi di riammissione.
Tale
sistema pu risultare vantaggioso per lo straniero: il viaggio di ritorno
volontario senza scorta e senza consegna alle autorit del paese di origine,
nei suoi confronti non si applica il divieto del reingresso in Italia o altro
Stato dell'Unione Europea e la misura del "ritorno concordato" non
viene registrata nel SIS. In alcuni casi si pu anche pensare al loro inserimento
nelle liste di prenotazione per l'ingresso per motivi di lavoro presso i
Consolati italiani.
Un
altro vantaggio consiste nel fatto di evitare o ridurre il senso di fallimento
o di vergogna che spesso lo straniero espulso sente nei confronti della
comunit di appartenenza per il fallimento del progetto migratorio.
Il
sistema risulterebbe vantaggioso anche per lo Stato: la misura del
"ritorno concordato" potrebbe essere molto meno onerosa rispetto alle
spese connesse all'espulsione forzata, incluse le spese per il trattenimento in
CPT, quelle per la scorta e quelle amministrative. Attraverso il "ritorno
concordato" si pu ridurre notevolmente la recidivit, cio i consecutivi
tentativi di ingresso irregolare della stessa persona.
Nel
caso auspicato della piena collaborazione del cittadino straniero e sulla base
di accordi con i Paesi di origine, si pu ottenere la documentazione e
organizzare il viaggio di ritorno in tempi veloci che non richiedono il
trattenimento.
Circa
il principio 2) Òla differenziazione della durata del divieto di reingresso
per gli stranieri espulsi in considerazione della partecipazione ai programmi
di rimpatrio di cui al precedente punto 1 nonch ai motivi dellĞespulsioneÓ si osserva che si
tratta di norma condivisibile, ma che deve essere riformulata perch troppo
vaga.
In
particolare
1)
tra i motivi da valutare ai fini dellĠindividuazione della durata dei divieti
di reingresso degli espulsi dovrebbero esserci anche i motivi di reingresso,
tra i quali si dovrebbero valutare con il massimo valore, trattandosi di
diritti soggettivi, il diritto al mantenimento o al ricongiungimento dellĠunit
della famiglia e il diritto dĠasilo
2)
la massima durata dei divieti di espulsione dovrebbe riguardare gli stranieri
espulsi a titolo di misura di sicurezza disposta dal giudice in presenza della
pericolosit sociale del condannato: il divieto dovrebbe permanere finch il
competente magistrato non abbia disposto la revoca della misura di sicurezza in
considerazione della cessata pericolosit sociale del condannato;
3)
la minor durata dei divieti di reingresso dovrebbe sanzionare lo straniero
espulso per violazione delle norme sugli ingressi o i soggiorni nel territorio
dello Stato;
4)
la
soppressione di ogni divieto di reingresso e di ogni segnalazione ai fini della
non ammissione degli stranieri espulsi per ingresso o soggiorno irregolari che
abbiano lasciato il territorio nazionale nellĠambito dei programmi di rimpatrio:
al fine di
rendere davvero appetibile per lo straniero il ricorso a tale programma occorre
prevedere che in caso di ingresso o soggiorno irregolari lo straniero potr
comunque accedere al programma di rientro concordato senza alcuna altra
conseguenza negativa ed in particolare senza che si adotti nei suoi confronti
un provvedimento di espulsione che comporterebbe comunque un divieto di rientro
nel territorio italiano.
Il
principio n. 3) Òla rimodulazione delle scelte sanzionatorie correlate alla
violazione delle disposizioni in materia di immigrazione mediante la previsione
di un meccanismo deterrente graduale, anche con riferimento al tipo di sanzione
da irrogare (amministrativa o penale), in relazione alla gravit e alla
reiterazione delle violazioni, nonch ai motivi dellĞespulsioneÓ senzĠaltro della
massima importanza e deve ritenersi condivisibile proprio nellĠottica della
prioritaria esigenza di riformare la tipologia degli allontanamenti prima di
superare i trattenimenti.
Tuttavia
evidente che si tratta disposizione formulata in modo troppo ambiguo, vago e
generico e trascura di fare fondamentali precisazioni che rimedino ai gravi
vizi costituzionali del sistema vigente.
Infatti
occorre intervenire sia sulla disciplina dei respingimenti, sia sulla
disciplina dei provvedimenti amministrativi di espulsione per ingresso o
soggiorno irregolari, sia sui presupposti e la procedura dei vari tipi di
provvedimenti espulsivi.
In
primo luogo circa i respingimenti e il loro rapporto con le espulsioni occorre
abrogare il respingimento disposto dal Questore (art. 10 TU 286/98), che si
sovrappone ad un analogo provvedimento amministrativo di espulsione e che oggi
consente allĠamministrazione della P.S. di scegliere con piena discrezionalit
quale provvedimento adottare e i relativi effetti. Oggi infatti il
provvedimento di respingimento disposto dal questore (nei confronti di chi
abbia eluso i controlli di frontiera o sia sorpreso subito dopo o di chi sia
stato accolto sul territorio nazionale per necessit di pubblico soccorso al
momento del suo ingresso illegale) eseguito con accompagnamento alla frontiera
e consente unĠillimitata discrezionalit allĠautorit di pubblica sicurezza
nellĠadozione di un provvedimento limitativo della libert personale, in
violazione della riserva assoluta di legge e della riserva di giurisdizione
previste dallĠart. 13 Cost., senza che sia possibile allo straniero far
verificare di fronte ad unĠautorit terza (il giudice) e con lĠausilio di un
difensore la sussistenza di eventuali divieti di respingimento o di espulsione,
inclusi quelli in materia di persecuzione (il che talvolta conduce a situazioni
di respingimento di massa che violano il divieto di refoulement e il divieto di
espulsioni collettive previsti dalle vigenti convenzioni internazionali:
Protocolli n. 4 e n. 7 alla CEDU e art. 33 Convenzione di Ginevra del 1951
sullo status dei rifugiati).
Perci
si deve ritornare ad una disciplina nella quale i respingimenti siano previsti
soltanto quali respingimenti alla frontiera, cio quei provvedimenti disposti
dalla polizia di frontiera nei confronti degli stranieri presentatisi ai valichi
di frontiera che non abbiano i requisiti necessari ai fini dellĠingresso nel
territorio nazionale previsti dalla norme internazionali, comunitarie e
nazionali, sempre facendo salvi gli ingressi dello straniero che richiede asilo
e dei minori non accompagnati e comunque prevedendo un sistema di controllo di
detti respingimenti.
In
secondo luogo i presupposti dei provvedimenti di espulsione per ingresso o
soggiorno illegale dovrebbero essere riformati in modo da ridurne sensibilmente
i numeri complessivi, prevedendo lĠintroduzione di 3 tipi contestuali di
misure alternative allĠadozione o, meglio, alla proposta degli stessi
provvedimenti espulsivi:
a)
il rilascio di un altro tipo di permessi di soggiorno a chi non ha pi titolo
ad ottenere il proprio di cui prima era titolare;
b)
rilascio dei permessi di soggiorno per motivi di protezione sociale ad un
ulteriore gruppo di stranieri a rischio di marginalit o di sfruttamento;
c)
ammissione dello straniero che sia disponibile a farsi identificare ad un
programma di assistenza economica al Òritorno concordatoÓ.
Il
provvedimento espulsivo sarebbe cos disposto soltanto nei confronti di quegli
stranieri per i quali le autorit amministrative e giudiziarie non verifichino
che risulti in concreto possibile applicare nessuna delle precedenti misure.
Pertanto
indispensabile che il ddl sia modificato prevedendo ci che segue:
1)
lĠabrogazione del provvedimento di respingimento disposto dal Questore e il
contestuale riordino di tutti i tipi di provvedimenti di espulsione a seguito
di ingresso o soggiorno irregolari, prevedendo che questi ultimi sanzionino a) gli
stranieri entrati nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di
frontiera, b) gli stranieri fermati subito dopo lĠingresso irregolare nel
territorio dello Stato, c) gli stranieri che si sono presentati ai controlli di
frontiera senza avere i requisiti previsti per lĠammissione nel territorio
dello Stato e nei cui confronti non stato possibile eseguire il respingimento
alla frontiera entro 24 ore o che c) sono stati ammessi nel territorio dello
Stato per necessit di pubblico
soccorso e d) gli stranieri che si trovano sul territorio dello Stato senza
avere un titolo di soggiorno in corso di validit o di rinnovo;
2)
la previsione che i provvedimenti di espulsione per ingresso o soggiorno
irregolari
nei confronti di uno straniero che si trovi in una delle ipotesi indicate al
punto 2) pu essere disposto soltanto nei casi in cui non sia possibile in
alcun modo ottenere seppur in extremis un titolo di soggiorno regolare, cio
nei casi in cui lo straniero si trova in una delle seguenti situazioni: a) non
rientra tra le tipologie ammissibili ai programmi di assistenza o integrazione
sociale; b) non si trova in una delle circostanze per le quali si prevede un
divieto di espulsione o di respingimento; c) non ha accettato di essere ammesso
ad un programma di ritorno concordato; d) non ha pi i requisiti per fruire di
un programma di ritorno concordato; e) non ha i requisiti per ottenere il rilascio
di alcun tipo di titolo di soggiorno, inclusi il permesso di soggiorno per
motivi umanitari richiesto con la procedura indicata nel numero 4) della
lettera d)
e il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale previsto dallĠart.
18 decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come integrato a seguito del ddl;
3)
il
riordino secondo i principi vigenti nel sistema delle misure di prevenzione
dei provvedimenti di espulsione per motivi di prevenzione,
raggruppandoli in unĠunica tipologia da adottarsi nei casi in cui sussistano
elementi concreti ed attuali che fanno ritenere che uno straniero appartenga ad
una delle categorie di persone pericolose indicate a) nellĠarticolo 1 della
legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dallĠart. 2 della legge 3
agosto 1988, n. 327; b) nellĠarticolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575,
come sostituito dalla legge 13 settembre 1982, n. 646; c) nellĠarticolo 18
della legge 22 maggio 1975, n. 152, come modificata dallĠart. 7 del
Decreto-legge 18 ottobre 2001, n. 374, convertito con modificazioni nella legge
15 dicembre 2001, n. 438, e dallĠarticolo 14 del Decreto-legge n. 144/2005,
convertito nella legge n. 155/2005;
4) il riordino dei provvedimenti di espulsione per motivi
di ordine pubblico o sicurezza dello Stato prevedendoli
nei soli casi eccezionali in cui sussistano pericoli concreti ed attuali per la
difesa della Repubblica o per la tutela dellĠordinamento costituzionale.
Circa il principio Ò4) la riconduzione,
per i casi in cui si preveda il ricorso alla sanzione penale, delle procedure
correlate alla violazione delle disposizioni in materia dĞimmigrazione
nellĞalveo degli istituti e dei principi stabiliti in via generale dal codice
penale e di procedura penaleÓ si deve osservare che la disposizione senzĠaltro
condivisibile in quanto ispirata allĠidea di limitare al massimo il diritto
penale speciale indirizzato soltanto a stranieri, ma formulata in modo cos
vago che pare di dubbia legittimit costituzionale, per violazione del
principio costituzionale della tassativit delle norme penali previsto
dallĠart. 25 Cost.
Pertanto occorre che il ddl
sia modificato in modo da prevedere alcune precise conseguenze:
1)
lĠabrogazione
dellĠordine di lasciare il territorio nazionale impartito dal Questore allo
straniero espulso di cui non stato possibile eseguire lĠallontanamento e dei
connessi reati di inottemperanza al medesimo ordine; si tratta di un istituto e
di reati che hanno comportato lĠarresto di molti stranieri e la loro detenzione
penitenziaria, senza condurre comunque alla loro effettiva espulsione, ma
portando al controproducente effetto di intasare di stranieri clandestini gli
istituti penitenziari e di avvicinare molti stranieri ad un successivo percorso
criminale;
2)
la
previsione che il Questore nei confronti di straniero che abbia fatto
reingresso in violazione di un divieto di rientro per effetto di un precedente
provvedimento di espulsione a titolo di misura di sicurezza o a titolo di
misura alternativa o sostituiva alla detenzione provvede al ripristino della
reclusione o della custodia cautelare e/o allĠarresto obbligatorio per il reato
compiuto e ne informa subito le autorit giudiziarie competenti;
3)
la
previsione che il Questore nei confronti di straniero che abbia fatto
reingresso in violazione di divieti di espulsione che sono effetto di
espulsioni disposte ad altro titolo verifica se allo straniero possa essere
rilasciato un qualsiasi titolo di soggiorno, escluse le possibilit di
ottenere un permesso di soggiorno
per motivi umanitari con la procedura indicata nel numero 4) della lettera e) del ddl e di partecipare a programmi di
rientro assistito e concordato;
4)
lĠobbligo
dellĠautorit giudiziaria di negare il nulla-osta allĠesecuzione di un
provvedimento di espulsione nei confronti di uno straniero che sia indagato,
imputato o condannato per uno dei reati gravi indicati nellĠart. 407 cod. proc.
pen. allorch costui si trovi sottoposto ad una misura cautelare o debba
scontare la pena detentiva (per evitare che lo straniero che abbia commesso un
grave delitto si sottragga alla pretesa punitiva dello Stato, cos come accade
per ogni altra persona italiana o straniera che abbia commesso identico reato,
soltanto a causa della necessit di eseguire unĠespulsione a suo carico);
5)
la riduzione
delle sanzioni penali in caso di reingresso illegale dello straniero espulso ai
soli cassi di reingresso in violazione del divieto di rientro stabilito per
effetto dellĠespulsione disposta a titolo di misura di sicurezza o a titolo di
misura alternativa alla detenzione o di sanzione sostitutiva della detenzione
per reati brevi;
6)
la
previsione di una specifica circostanza aggravante che sanzioni pi duramente
lo straniero che commetta in Italia uno dei delitti gravissimi indicati
nellĠart. 407 cod. proc. pen. o uno dei delitti di favoreggiamento
dellĠimmigrazione clandestina previsti dallĠart. 12 T.U., nelle ipotesi in cui
quando il fatto fu commesso egli si trovava sul territorio dello Stato
sprovvisto di un titolo di soggiorno in corso di validit o di rinnovo o in
violazione del divieto di rientro disposto a seguito di un precedente
provvedimento di espulsione.
Circa il principio 5) Òla
revisione delle modalit di allontanamento, con sospensione dellĞesecuzione per
gravi motivi, tenendo conto della natura e gravit delle violazioni commesse
ovvero della pericolosit per lĞordine pubblico e la sicurezza dello Stato
dello straniero espulsoÓ si osserva che si tratta di disposizione troppo vaga ed ambigua
che rischia di essere viziata da illegittimit costituzionale: la mera indicazione
della ÒrevisioneÓ di una disciplina e dei fattori che dovrebbero essere tenuti
in considerazione ai fini della revisione significa poco e non pu dunque
essere considerata Òcriterio e principio direttivoÓ ai sensi dellĠart. 76 Cost.
se non si specifica quale sia lĠobiettivo della revisione stessa.
Occorre perci che la
disposizione del ddl sia riformulata in modo da prevedere anche altri diritti
ed interessi costituzionalmente garantiti da controbilanciare rispetto
allĠesigenza dellĠesecuzione dellĠespulsione, sia che si tratti di diritti
garantiti a livello costituzionale, comunitario ed internazionale anche allo straniero (mantenimento
dellĠunit familiare, tutela della salute, diritto dĠasilo, diritto di difesa),
sia che si tratti di interessi collettivi che hanno un fondamento
costituzionale (esigenze della giustizia, prevenzione e repressione dei reati:
in particolare occorrerebbe prevedere che lĠesecuzione di ogni espulsione deve
essere sospesa se lo straniero sottoposto in Italia a procedimento penale o
deve scontare la pena per un reato indicato nellĠart. 380 cod. proc. pen
irrogata in una sentenza definitiva).
Assai condivisibile, ma
completamente privo di ogni effettivo contenuto giuridico preciso il
principio previsto al punto 6) ÒlĞattribuzione delle competenze
giurisdizionali al giudice ordinario in composizione monocraticaÓ.
In
primo luogo non si capisce di quali competenze giurisdizionali si tratti, se
quelle sui ricorsi contro i provvedimenti in materia di soggiorno (annullamento,
revoca, rifiuto di rilascio, rifiuto di rinnovo, rifiuto di conversione) e/o
anche quelle concernenti i provvedimenti di allontanamento (respingimento ed
espulsione, nonch sugli eventuali provvedimenti provvisori adottati prima
dellĠesecuzione di tali atti). Infatti occorre in realt anzitutto unificare le
giurisdizioni vigenti concernenti i provvedimenti in materia di stranieri oggi
divisa in due giurisdizioni e davanti a tre giudici differenti (rispettivamente
il giudice amministrativo, il giudice di pace ed il tribunale ordinario, dotati
di poteri e strumenti diversi, il che da un lato rende inefficace e
difficoltosa la difesa e dallĠaltro impedisce allo straniero di ottenere dal
giudice il giudizio sullĠeventuale ricorso giurisdizionale o, in alternativa,
la sospensione dellĠefficacia del provvedimento amministrativo impugnato che
costituisce il presupposto del provvedimento espulsivo). Occorre perci che la
disposizione del ddl sia meglio precisata in modo da prevedere la giurisdizione
esclusiva del giudice ordinario, in composizione monocratica.
In
secondo luogo necessario riformare la disciplina dellĠadozione dei
provvedimenti ÒamministrativiÓ di espulsione in senso conforme alla riserva di
giurisdizione prevista dallĠart. 13 Cost. Infatti nel vigente sistema ogni
provvedimento di espulsione comporta in via ordinaria lĠaccompagnamento
immediato alla frontiera da parte delle forze di polizia, cio una limitazione
della libert personale assoggettata alle garanzie dellĠart. 13 Cost., mentre
lĠunica eccezione prevista riguarda lĠespulsione disposta nei riguardi di
straniero che non abbia presentato domanda di rinnovo del permesso di soggiorno
entro 60 giorni dalla scadenza.
Poich la riforma introdotta con la legge n. 189/2002 rende ordinario e
non pi eccezionale lĠallontanamento coattivo, in base allĠart. 13 Cost. perde
di eccezionalit il provvedimento amministrativo, ancorch sottoposto a
successivo controllo giurisdizionale, e dunque occorre ripristinare la piena
riserva di giurisdizione prevista dallĠart. 13, comma 2 Cost., affidando non
pi al Prefetto o al Ministro dellĠinterno bens al giudice su richiesta
motivata di costoro lĠadozione dei provvedimenti di espulsione sia nei casi di
ingresso o soggiorno irregolari, sia a titolo di misura di prevenzione.
In
tale contesto, da un lato occorre prevedere termini rapidi e perentori per
la decisione del giudice e il diritto per lo straniero espulso (almeno per
quello espulso per ingresso o soggiorno irregolari) di essere sentito dal
giudice anche con lĠausilio di un difensore e di un interprete e dallĠaltro lato
potrebbe verificarsi lĠesigenza di disporre misure di vigilanza per impedire
allo straniero nelle more di tale giudizio di rendersi irreperibile al fine di
sottrarsi allo svolgimento del procedimento e al successivo accompagnamento
alla frontiera.
Sarebbero
cos da prevedere la facolt di disporre misure di vigilanza dello straniero diverse
dal trattenimento in un C.P.T. (quali la sorveglianza speciale della pubblica
sicurezza, il soggiorno obbligato presso centri di accoglienza o di cura o
presso la propria abitazione o presso lĠabitazione di amici, parenti o conoscenti,
ecc.).
In
ogni caso il ddl dovrebbe specificare criteri e principi direttivi per modulare
i tempi e modi dei diversi tipi di procedimenti espulsivi di tipo
ÒamministrativoÓ come segue:
1) il
riordino, in conformit alla riserva di giurisdizione prevista dallĠart. 13 Cost.,
di tutti i tipi di procedimenti di adozione degli attuali provvedimenti
amministrativi di espulsione, prevedendo che ogni tipo di provvedimento di
espulsione che non sia gi disposto dallĠautorit giudiziaria e che sia da
eseguirsi con accompagnamento alla frontiera a cura delle forze di polizia, sia
adottato con ordinanza motivata, ricorribile in Cassazione ed immediatamente
esecutiva anche in pendenza di impugnazione, pronunciata dal tribunale
ordinario del luogo in cui lo straniero dimora, entro 96 ore dal ricevimento di
una richiesta scritta e motivata, recante anche lĠindicazione di eventuali
motivi che impediscano lĠimmediata esecuzione del provvedimento, presentata
dallĠautorit nazionale o provinciale di pubblica sicurezza, la quale, nei casi
in cui vi sia il pericolo concreto che lo straniero si renda irreperibile, pu
disporre con apposito provvedimento motivato, che deve essere subito inviato, insieme ad eventuali
richieste di successiva proroga, allĠinteressato e al medesimo giudice per la
convalida entro il medesimo termine, una misura di vigilanza, quale la
sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, il soggiorno obbligato presso
centri di accoglienza o di cura o presso la propria abitazione o presso
lĠabitazione di parenti o conoscenti;
2) la
previsione che per lĠadozione del provvedimento di espulsione per ingresso o
soggiorno irregolari (da riordinarsi come indicato) la competenza
spetta del tribunale in composizione monocratica del luogo in cui lo straniero
si trova, tutti gli atti del procedimento sono gratuiti e la richiesta di
espulsione presentata al giudice dal Questore competente per territorio con
atto scritto e motivato, nel quale si dimostra che lo straniero non rientra tra
le tipologie di stranieri che potrebbero comunque ottenere un titolo di
soggiorno o non ha titolo o non vuole partecipare al programma di rientro
concordato; la previsione che la richiesta deve essere contestualmente inviata,
con annessa traduzione, allo straniero e al suo difensore, da nominarsi anche
dĠufficio, i quali hanno la facolt di presentare o inviare al giudice
controdeduzioni; la previsione che il giudice, sentite le parti ed acquisite
ulteriori informazioni, nellĠunica ordinanza provvede a decidere di convalidare
o meno il provvedimento provvisorio di vigilanza e di respingere la richiesta
di espulsione nei casi in cui lo straniero si trovi in una delle condizioni per
le quali previsto il divieto di espulsione o prima della pronuncia
dellĠordinanza abbia presentato richiesta di un permesso di soggiorno per
motivi umanitari o per motivi di protezione e sicurezza sociale o di essere
ammesso ad un programma di ritorno concordato e abbia comunque i requisiti, ed
in tal caso di ordinare al Questore di rilasciare il permesso o di mettere lo
straniero in contatto immediato con
i soggetti competenti, ovvero di adottare il provvedimento di espulsione
richiesto, fissando anche, su richiesta del Questore, un eventuale periodo di
divieto di rientro nel territorio nazionale, comunque non superiore a 5 anni,
in relazione alla sua situazione personale, e in queste ultime ipotesi di
disporre nei confronti dello straniero espulso un ulteriore periodo, di durata
complessiva non superiore a trenta giorni, di applicazione di misure di
vigilanza, su richiesta del Questore, a condizione che risultino fondati gli
elementi concreti prodotti dal Questore circa la mancanza di documenti di
viaggio o lĠindisponibilit di vettori o lĠimminenza dellĠidentificazione della
persona e della sua nazionalit o la necessit di acquisire il nulla-osta
allĠesecuzione dellĠespulsione da parte dellĠautorit giudiziaria competente
per il giudizio nel quale parte lo straniero, prevedendo che se al termine di
questo periodo lo stesso nulla-osta negato o non sono disponibili i documenti
di viaggio o il vettore o lĠidentificazione della persona lo straniero non
raggiunta lĠespulsione si intende annullata di diritto e lo straniero deve
essere rimesso in libert e gli deve essere rilasciato un titolo di soggiorno,
anche di breve durata, indicato dal giudice sulla base dei tempi necessari per
lĠidentificazione, sempre revocabile senza alcuna altra formalit qualora si
raggiunga lĠidentificazione della persona o cessino gli altri impedimenti
allĠesecuzione dellĠespulsione, prevedendo altres apposite sanzioni, anche
penali, per lo straniero di cui si dimostri che abbia distrutto o alterato i
suoi documenti di viaggio o i suoi dati di identificazione al fine di impedire
lĠadozione o lĠesecuzione dellĠespulsione;
3) la
previsione che i provvedimenti di espulsione per motivi di prevenzione,
raggruppandoli in unĠunica tipologia da adottarsi nei casi in cui sussistano
elementi concreti ed attuali che fanno ritenere che uno straniero appartenga ad
una delle categorie di persone pericolose indicate nellĠarticolo 1 della legge
27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dallĠart. 2 della legge 3 agosto
1988, n. 327 o nellĠarticolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come
sostituito dalla legge 13 settembre 1982, n. 646 o nellĠarticolo 18 della legge
22 maggio 1975, n. 152, come modificata dallĠart. 7 del Decreto-legge 18
ottobre 2001, n. 374, convertito con modificazioni nella legge 15 dicembre
2001, n. 438 e dallĠarticolo 14 del Decreto-legge n. 144/2005, convertito nella
legge n. 155/2005, prevedendo che la richiesta del Questore e i provvedimenti
indicati al punto 1) devono essere presentati al tribunale del luogo in cui lo
straniero si trova competente per le misure di prevenzione, il quale, qualora
sia in presenza di atti coperti dal segreto di indagine o dal segreto di Stato,
pronuncia lĠordinanza allo stato degli atti e sempre che non ravvisi
sussistenti uno dei divieti di espulsione o impedimenti materiali
allĠesecuzione dellĠaccompagnamento alla frontiera con immediatezza, anche al
momento dellĠapplicazione provvisoria delle misure di prevenzione e
nellĠordinanza che convalida e proroga fino a trenta giorni i provvedimenti di
vigilanza e dispone lĠespulsione indica il periodo di divieto di rientro, non
inferiore a 5 anni, prevedendo altres che se si tratta di richiesta di
espulsione di straniero titolare di un titolo di soggiorno essa deve essere
presentata insieme con lĠistanza di applicazione delle altre misure di
presentata dal Questore stesso o dai magistrati e il tribunale deve procedere
con le medesime procedura e garanzie, incluso lĠintervento dellĠinteressato e
del suo difensore, previste per lĠapplicazione delle misure di prevenzione; in
tale contesto occorre contestualmente prevedere lĠabrogazione dellĠart. 3 del D.L. 144/2005
(conv. in L. 155/2005: misure antiterrorismo) nella parte in cui prevede
lĠespulsione ministeriale con esecuzione immediata, senza convalida e senza
possibilit di sospensione da parte del giudice: la norma gi stata rinviata
alla Corte costituzionale, per lĠevidente violazione della riserva di
giurisdizione prevista dallĠart. 13 Cost., sicch un analogo provvedimento ipotizzabile,
ma deve essere meglio precisato per ci che riguarda i suoi presupposti e deve
essere adottato soltanto da un giudice seppur su proposta dal Ministro o del
Prefetto, secondo la nuova procedura appena delineata;
4) il
riordino dei provvedimenti di espulsione per motivi di ordine pubblico o
sicurezza dello Stato prevedendoli nei soli casi eccezionali
in cui sussistano pericoli concreti ed attuali per la difesa della Repubblica o
per la tutela dellĠordinamento costituzionale, su richiesta
scritta e motivata del Ministro dellĠInterno, previa informazione al Presidente
del Consiglio dei Ministri e al Ministro degli Affari esteri, presentata al
tribunale di Roma, il quale, acquisita ogni informazione utile, deve comunque decidere
allo stato degli atti qualora sia in presenza di atti coperti dal segreto di
indagine o dal segreto di Stato e deve convalidare le misure di vigilanza ed
accogliere la richiesta di espulsione se sussistono i presupposti e semprech
non sussistano divieti di espulsione e il provvedimento sia eseguibile con
immediatezza.
2.7. Osservazioni
circa i principi e criteri direttivi previsti nella lett. h) Òsuperare
lĞattuale sistema dei centri di permanenza temporanea e assistenza,
promuovendone e valorizzandone la funzione di accoglienza, di soccorso e di
tutela dellĞunit familiare, e modificando la disciplina
relativa alle strutture di accoglienza, e di trattenimento degli
stranieri irregolari in modo da assicurare comunque sedi e strumenti efficaci
per lĞassistenza, il soccorso e lĞidentificazione degli immigrati ed il
rimpatrio di quanti sono legittimamente espulsiÓ ecc.
Da
un punto di vista teorico il principio generale enunciato nella lettera h)
appare condivisibile, ma i criteri e principi direttivi che seguono allĠenunciazione
generale appaiono un poĠ vaghi e forse contraddittori.
Inoltre
non tutti i criteri e i principi previsti nel ddl recepiscono le numerose e
concrete raccomandazioni contenute nella relazione presentata il 31/1/2007 al
Ministro dellĠInterno dalla Commissione ministeriale per le verifiche e le strategie dei Centri di accoglienza e
permanenza temporanea, istituita nel luglio 2006 dallo stesso Ministro e presieduta da S. De Mistura.
In
ogni caso in via generale occorre ribadire che per giungere ad un realistico ed
efficace superamento dei trattenimenti occorre anzitutto ripensare
allĠopportunit e alla legittimit dei presupposti e delle modalit dei
provvedimenti di respingimento e di espulsione. Perci – come si
analiticamente approfondito in precedenza - si ribadisce anche affinch tali
provvedimenti di allontanamento possano essere gestiti in condizioni di umanit
e di piena legittimit costituzionale ed internazionale, devono essere comunque
intesi come provvedimenti sostanzialmente eccezionali e non gi come il rimedio
ad un fenomeno di ingressi illegali di massa di stranieri derivanti
dallĠimpossibilit di accesso regolare sul territorio nazionale a seguito di
unĠirrealistica disciplina degli ingressi, n come lĠesito della
precarizzazione della condizione giuridica degli stranieri regolarmente
soggiornanti.
Perci
il superamento dei centri di permanenza temporanea e assistenza non sar mai
possibile senza che si attui una contestuale e profonda riforma che persegua
contestualmente 3 obiettivi: 1) renda flessibile e realistico il sistema degli
ingressi e dei soggiorni regolari; 2)
renda i provvedimenti di allontanamento sostanzialmente residuali e
limitati ai casi non risolubili con forme di regolarizzazione o di rimpatrio
concordato ed assistito; 3) riformi le procedure per lĠadozione dei
provvedimenti di allontanamento, ciascuno dei quali o sar disposto se
eseguibile concretamente o non sar neppure disposto fin dallĠorigine dal
giudice.
Tuttavia
occorre ricordare che dopo che la riforma abbia ridotto drasticamente di numero
i provvedimenti di allontanamento degli stranieri rester comunque
lĠimprescindibile obbligo internazionale di allontanare dal territorio dello
Stato di quel pi limitato numero di stranieri nei confronti dei quali siano stati
disposti i provvedimenti di allontanamento. Infatti i provvedimenti di
allontanamento non possono certo restare ineseguiti o essere lasciati alla mera
spontanea osservanza da parte degli interessati, perch altrimenti il ddl
sarebbe incostituzionale per violazione degli artt. 10, comma 2, e 117, comma
1, Cost. nella parte in cui violerebbe gli obblighi internazionali derivanti
dallĠart. 23 della Convenzione di applicazione dellĠaccordo di Schengen che
impone che ogni Stato parte dellĠaccordo che abbia fermato uno straniero che
non soddisfi o che non soddisfi pi le condizioni di soggiorno di breve durata
in uno degli Stati membri gli deve consentire il soggiorno regolare oppure deve
provvedere ad allontanarlo se costui non vi provveda volontariamente senza
indugio o se pu presumersi che non lo far, ovvero se motivi di sicurezza
nazionale o di ordine pubblico impongono l'immediata partenza dello straniero.
Alla
luce di tali premesse alcuni dei punti in cui si concreta il principio indicato
nella lett. g) appaiono davvero troppo vaghi e polisensi.
Infatti
il ddl distingue tra Òstrutture finalizzate allĠaccoglienza, al soccorso e
allĠidentificazione degli stranieri presenti irregolarmente sul territorio
nazionaleÓ (previste al punto 1)) e Òstrutture per le espulsioniÓ destinate sia
al Òtrattenimento dei cittadini stranieri da espellere che si sono sottratti
allĞidentificazioneÓ, sia allĠutilizzo Òper
il tempo strettamente necessario nei confronti dei cittadini stranieri
identificati o che collaborano fattivamente alla loro identificazione, quando
non possibile eseguire con immediatezza lĞespulsione con accompagnamento
coattivoÓ (previste al punto 3)).
A
tale proposito per nel ddl vi sono gravi ambiguit e lacune sotto il profilo
del rispetto delle garanzie costituzionali a tutela della libert personale e
della libert di circolazione e soggiorno, per le limitazioni dei quali gli
artt. 13 e 16 Cost. prevedono una riserva assoluta di legge e anche,
limitatamente alle limitazioni
della libert personale, una riserva di giurisdizione.
In
primo luogo dal punto 1) si ricava che nei centri di accoglienza, soccorso e
identificazione lo straniero sarebbe sottoposto soltanto a misure limitative
della sua libert di circolazione (si prevedono orari giornaliera di libera
uscita dal centro, senza che peraltro siano previste sanzioni in caso di
violazione), ma anche in tali centri alcuni tipi di stranieri dovrebbero essere
trattenuto, seppur per un breve periodo, poich nel ddl per tali centri si
dovrebbero prevedere Òmisure di sicurezza strettamente limitate e proporzionate
in relazione alle loro finalit, con un congruo orario di uscita per gli
stranieri gi identificati o anche non identificati, per ragioni a loro non
imputabili, dopo un congruo termine per le operazioni di identificazioneÓ.
Dalla lettura della disposizione si ricava facilmente che tali Òmisure di
sicurezzaÓ consistono in misure limitative della libert personale e non in
misure limitative della mera libert di circolazione e soggiorno e che esse
dovrebbero adottate nei confronti dello straniero ivi collocato sia prima che
esso sia identificato, sia dopo che sia trascorso un ÒcongruoÓ termine per le
operazioni di identificazione. Si tratterebbe di misure ordinarie e non
eccezionali, sicch ai fini del rispetto della riserva di giurisdizione
prevista dallĠart. 13 Cost. occorre che il ddl sia modificato in modo da
prevedere che tali misure siano adottate (ed eventualmente prorogate) dal
giudice del tribunale ordinario su richiesta scritta e motivata del Questore,
sentito lo straniero e il suo difensore. In ogni caso il ddl dovrebbe essere
modificato altres per prevedere se e come tali centri possano essere unificati
con i centri di identificazione per richiedenti asilo istituiti dalla legge n.
189/2002.
In
secondo luogo se il trattenimento nei CPT e le connesse procedure di convalida
giurisdizionale si devono ritenere sostituite con il trattenimento nelle
Òstrutture per espulsioneÓ previste nel principio n. 3) - il che peraltro
dovrebbe essere meglio precisato – comunque indispensabile prevedere
lĠintervento del giudice gi al momento dellĠadozione del provvedimento di
allontanamento (che - si ripete - dovrebbe restare extrema ratio allĠesito della procedura
di soccorso, identificazione ecc. indicata nel punto 1) che deve essere
eseguito col trattenimento, mediante il procedimento che si illustrato nel
precedente paragrafo e che tale provvedimento sia adottato contestualmente al
provvedimento adottato dal giudice su richiesta del Questore allĠesito infruttuoso
della procedura indicata nel punto 1) e delle proposte alternative ivi
previste.
In
ogni caso sia nel punto 1), sia nel punto 3) occorre prevedere un termine
massimo di espletamento ed esecuzione dei provvedimenti custodiali e di
vigilanza e prevedere forme di vigilanza alternative a quelle in tali centri
(vigilanza speciale presso lĠalloggio proprio o di amici o presso un ospedale).
Il
principio previsto al punto 2) appare condivisibile, anche se appare
sostanzialmente assai poco innovativo, perch gi oggi si potrebbe dare
effettiva attuazione alla vigente normativa legislativa (artt. 15, comma 1-bis,
e 49, comma 2-bis T.U.) che suggerisce allĠautorit giudiziaria e allĠamministrazione
penitenziaria di collegarsi per tempo al Dipartimento della P.S. allorch si
debba eseguire lĠespulsione disposta dallĠautorit giudiziaria nei confronti di
un detenuto straniero.
Il
principio al punto 4) condivisibile in unĠottica di piena trasparenza della
gestione quotidiana dei centri in cui lo straniero trattenuto.
2.8.
Osservazioni circa i principi e criteri direttivi previsti nella lett. i) Òfavorire lĞinserimento civile e sociale dei
minori stranieri, compresi quelli affidati e sottoposti a tutela, adeguando le
disposizioni sul loro soggiornoÓ.
Assai
condivisibili ed opportuni ai fini della tutela dei diritti dei minori sono i
criteri e principi direttivi inclusi nella lettera i), salvo che per 2 punti
specifici.
In
primo luogo il punto 3) appare assai poco innovativo perch sostanzialmente
riproduce ci che gi oggi lĠart. 18, comma 6 T.U. consente.
In
secondo luogo il punto 8) incostituzionale per violazione della riserva di
giurisdizione prevista dallĠart. 13 Cost.: poich il rimpatrio del minore
ultraquattordicenne senza il suo consenso o del minore infraquattordicenne sarebbe ordinario esso deve essere
adottato fin da subito dal giudice (e non convalidato ex post), con la presenza
dellĠinteressato, del suo difensore e con lĠassistenza di uno psicologico.
2.9. Osservazioni circa i principi e criteri
direttivi previsti nella lett. l) Òfavorire il pieno
inserimento dei cittadini stranieri legalmente soggiornantiÓ
Il principio generale contenuto nella
lett. l) condivisibile, ma esso realizzato con criteri e principi direttivi
assai contraddittori
Infatti il punto 1) appare piuttosto
incomprensibile, poich la parit di trattamento nellĠaccesso alle strutture
sanitarie gi oggi prevista dagli artt. 34 e 35 T.U.
Invece il punto 2) deve essere valutato
negativamente, perch forse involontariamente prevede in materia di misure
assistenziali un trattamento identico a quello dei cittadini, ma addirittura
pi restrittivo rispetto a quello previsto dallĠart. 41 T.U.
2.9. Osservazioni circa i principi e criteri
direttivi previsti nella lett. m) Òconsentire
interventi di carattere straordinario e temporaneo di accoglienza da parte
degli enti locali per fronteggiare situazioni di emergenzaÓ.
La norma condivisibile ed opportuna, ma
essa appare sostanzialmente poco innovativa, perch presente nelle disposizioni
del T.U.: essa prevista in calce alla legge dalla stessa legge n. 189/2002
che ha abrogato analoga norma dallĠart. 41 T.U.
2.10. Osservazioni circa la
lett. n) aggiornare le disposizioni relative alla composizione ed alle
funzioni della Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro
famiglie anche in relazione alla sua collocazione presso il Ministero della
solidariet sociale ed alla presidenza del Ministro della solidariet sociale o
di persona da lui delegata;
La norma condivisibile ed opportuna, ma
il ddl dovrebbe essere modificato prevedendo il diritto di chiedere che la
Consulta sia chiamata a rendere noti i documenti in materia di immigrazione ed
asilo, consistenti in disegni di legge, decreti-legge, regolamenti ecc. di iniziativa
del Governo.
2.11.
Osservazioni circa le lett. o) potenziare le misure dirette allĞintegrazione
dei migranti, concepita come inclusione, interazione e scambio e non come
coabitazione tra comunit separate, con particolare riguardo ai problemi delle
seconde generazioni e delle donne anche attraverso la definizione della figura
e delle funzioni dei mediatori culturali e p) prevedere ulteriori fonti di
finanziamento del Fondo per lĞinclusione sociale degli immigrati, tra i quali
contributi volontari dei datori di lavoro e contributi, donazioni o
cofinanziamenti disposti da privati, enti, organismi anche internazionali e
dallĞUnione Europea;
Si tratta di norme condivisibili, ma non
si capisce in che cosa potrebbero consistere.
Manca la previsione della definizione del
percorso di formazione universitaria del mediatore.
2.12 Osservazioni
circa la lett. q) favorire una adeguata tutela delle vittime di riduzione o
mantenimento in schiavit o in servit, delle vittime di tratta, delle vittime
di violenza o grave sfruttamento e garantire il loro accesso ai diritti
previsti dalla normativa vigente
Il principio e le sue attuazioni non sono
assai condivisibili.
Tuttavia occorre aggiungere nel ddl la possibilit dellĠestensione del rilascio del
permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale previsto dallĠart. 18
T.U. immigrazione ad
altri stranieri che si trovino sul territorio dello Stato in condizione
irregolare e che
accettino di essere inseriti in un regolare ed approvato progetto di assistenza
ed integrazione sociale, non limitando i reati di riferimento a quelli previsti dallĠart. 380 c.p.p.
o allĠart. 3 Legge n. 75/58:
a)
stranieri
che hanno svolto attivit di prostituzione in condizioni di sfruttamento;
b)
stranieri
che hanno svolto precedentemente
attivit di commercio in condizioni abusive;
c)
giovani stranieri che per un lungo
periodo hanno avuto la protezione in quanto minori e che non hanno pi legami
con il paese di origine e che non svolgano alcuna attivit lavorativa;
d)
lavoratori
stranieri impiegati in condizioni illegali e di sfruttamento;
e)
persone
costrette a svolgere attivit di accattonaggio
f)
detenuti
stranieri che non siano sottoposti ad espulsione a titolo di misura di
sicurezza o di misura alternativa o sostitutiva alla detenzione
g)
stranieri
che abbiano svolto attivit lavorative alle dipendenze di imprenditori e in
condizioni illegali o di schiavit.
In ogni caso si nutre timore piuttosto
fondato che la vera volont sia invece quella di introdurre delle restrizioni, ampliando sostanzialmente
la possibilit di utilizzo di questa specie di espulsione che si chiama accompagnamento
assistito, disposto da
parte dal Comitato minori stranieri, riducendo a possibilit di ottenere un
permesso di soggiorno da parte degli ex minorenni che siano stai beneficiari di
interventi di tutela da parte degli enti locali.