SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Sentenza 11-22 gennaio 2007, n. 1815

(Presidente Fazzioli Đ Relatore Corradini)

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 12 aprile 2006 la Corte dŐAppello di Messina ha confermato la sentenza 23 maggio 2003 del GUP del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto che, a seguito di rito abbreviato, aveva dichiarato F. Giuseppe colpevole del reato di cui allŐart. 12, commi 1, 3 e 5, del D.Lgs 286/98 per avere favorito, a fini di lucro, lŐingresso illegale nel territorio dello Stato e comunque la permanenza di cittadine polacche provvedendo alla loro sistemazione iniziale in un appartamento di Terme Vigliatore per poi avviarle al lavoro domestico o di assistenza agli anziani, dal dicembre del 2000 allŐaprile del 2001, e lo aveva condannato alla pena di tre anni e due mesi di reclusione oltre alla multa.

Il F. era stato accusato da un polacco di reclutare ragazze polacche per avviarle alla Prostituzione prelevandole da Messina dove giungevano con un pullman e conducendole in una casa di Terme Vigliatore o di Falcone, di cui aveva la disponibilitˆ, ricevendone in cambio somme di denaro. La Corte di merito ha ritenuto provato, sulla base dei successivi accertamenti dei Carabinieri Đ che avevano tra lŐaltro individuato il F. in compagnia di numerose ragazze extracomunitarie ed in occasione di un controllo presso la sua abitazione avevano identificato due donne polacche prive di documenti e quindi entrate illegalmente in Italia Đ delle intercettazioni telefoniche, dei tabulati telefonici e dellŐesame di diversi testi, che il F., previi contatti, si recasse effettivamente presso la stazione di Messina per prelevare le donne che giungevano con i pullman direttamente dalla Polonia e che quindi, a bordo di una Lancia Dedra, le conducesse in una casa di cui aveva la disponibilitˆ per avviarle per˜ non giˆ alla prostituzione bens“ al lavoro di badanti, allŐuopo accompagnandole presso gli anziani, ricevendo in tal senso richieste telefoniche da tutta lŐItalia, stante la notorietˆ che aveva assunto nellŐintermediazione nei rapporti di lavoro domestico. Era stato altres“ ritenuto provato che svolgesse tale rapporto di intermediazione per fini di lucro ricevendo una percentuale sugli incassi delle lavoratrici extracomunitarie che andava da 350.000 lire a 500.000 lire mensili a seconda dello stipendio che ricevevano le donne, come era emerso attraverso le intercettazioni telefoniche, oltre ad un compenso per lŐaffitto della casa che metteva a disposizione in attesa di reperire loro il lavoro.

Ha proposto ricorso per cassazione lŐimputato personalmente deducendo:

- violazione degli artt. 129 c.p.p. e 2 c.p., poichŽ, a decorrere dal 1.5.2004, data in cui era stato ratificato il Trattato di adesione della Polonia allŐUnione Europea, comprensivo dellŐaccordo di Schengen, i cittadini polacchi potevano circolare liberamente allŐinterno dellŐUnione Europea, per cui non era pi previsto come reato il favoreggiamento dellŐingresso illegale in Italia di cittadini polacchi;

- la responsabilitˆ dellŐimputato era basata soltanto su supposizioni in palese contraddizione con le risultanze istruttorie, poichŽ era rimasto accertato direttamente dai Carabinieri che le cittadine polacche prive di permesso di soggiorno ospitate dal F. erano soltanto due, di cui comunque non si sapeva quando erano entrate in Italia e quindi se il F. ne avesse o meno favorito lŐingresso ovvero le avesse ospitate successivamente, mentre per le altre donne, cui si riferivano le intercettazioni, non si sapeva se fossero o meno prive di permesso di soggiorno e comunque se fossero state poi effettivamente avviate ad un lavoro.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso lŐimputato lamenta che, essendo ormai prevista la libera circolazione nellŐambito dei paesi della Comunitˆ Europea dei cittadini polacchi, a fare data dal 2004, sarebbe cessata, da tale data, successiva alla commissione del reato, la antigiuridicitˆ della condotta di favoreggiamento dellŐingresso illegale di cittadini polacchi nel territorio italiano a fini di lucro, a norma dellŐart. 2 del c.p..

In sostanza, ad avviso del ricorrente, posto che il comma 1 dellŐart. 12 del D.Lgs 298/98 contemplerebbe solamente la condotta di ingresso clandestino, mentre le donne polacche, pur se prive di visto di ingresso e di permesso d“ soggiorno, potrebbero oggi entrare legalmente in Italia, il fatto non costituirebbe pi reato, ai sensi dellŐart. 2, comma 2, c.p..

La circostanza che la Polonia sia entrata a fare parte dellŐUnione Europea alcuni anni dopo la commissione, da parte dellŐimputato, della condotta incriminata, non consente per˜ di affermare che non sia pi previsto come reato il favoreggiamento della immigrazione clandestina sia pure limitatamente ad una determinata categoria di soggetti, quali i cittadini polacchi che ora fanno fatto dellŐUnione Europea. Non  infatti intervenuta alcuna legge che abbia modificato la fattispecie criminosa cos“ depenalizzando la precedente condotta poichŽ la norma incriminatrice  rimasta invariata e la ratifica del Trattato di adesione allŐUnione Europea, al pari della ratifica di altri analoghi Trattati che hanno negli anni pi recenti interessato lŐingresso nella Unione Europea di numerosi nuovi paesi, non pu˜ considerarsi come norma integratrice del precetto penale sottoposta al regime di cui allŐart. 2, comma 2, c.p., nŽ come elemento esterno che ridisegni la fattispecie penale del favoreggiamento dellŐimmigrazione clandestina che tale resta in relazione a tutti i soggetti che abbiano la qualifica di cittadini di stati non appartenenti alla Unione Europea, ai sensi dellŐart. 1 del D.Lgs 286/98.

Tale qualifica viene certamente in considerazione ai fini della applicazione della norma penale di cui si tratta, ma solo nel senso che costituisce un presupposto della condotta che pu˜ riflettersi sulla rilevanza penale del fatto concreto, senza invece concorrere a delineare il precetto penale di cui allŐart. 12 del Tu sullŐimmigrazione il quale  rimasto inalterato con tutto il suo contenuto offensivo derivante dalla situazione di sfruttamento dellŐessere umano in condizioni di particolare debolezza poichŽ non dotato di cittadinanza di un paese facente parte dellŐUnione Europea e quindi dei diritti alla libera circolazione, alla libera permanenza ed alla tutela che spettano ai cittadini dei paesi appartenenti alla Ue.

Nel caso di partecipazione del paese di appartenenza dellŐautore del fatto alla Ue, successiva alla violazione della norma incriminatrice, si tratta quindi, ad avviso di questo Collegio, di vicenda successoria di norme extrapenali che non integrano la fattispecie incriminatrice e tanto meno implicano una modifica della disposizione sanzionatoria penale, bens“ determinano esclusivamente una variazione della rilevanza penale del fatto con decorrenza dallŐemanazione del successivo provvedimento normativo di adesione del nuovo paese allŐUE, limitatamente ai casi che possono rientrare nel nuovo provvedimento, senza fare venire meno il disvalore penale del fatto anteriormente commesso (v. Cassazione, sezione terza, 5457/99, RV. 213565; Cassazione, sezione quarta, 9233/04, Buglione, con riguardo allŐanalogo caso della Lettonia, la cui partecipazione allŐUE  stata ratificata con legge 24 dicembre 2004 n. 9233).

é poi da escludere pure che ricorra una ipotesi di abolito criminis, fosse pure parziale, come tale rilevante ai sensi dellŐart. 2, comma 4, c.p., in relazione a fatti, commessi prima dellŐingresso della Polonia nella Ue, che non siano riconducibili alla fattispecie criminosa di cui si tratta, poichŽ la fattispecie non ha subito modificazioni in conseguenza di una successione di leggi penali che non vi  stata (Cassazione, Sezioni unite, 25887/03, Giordano).

Questa Corte ha giˆ affermato che la condotta punibile relativa allŐimmigrazione clandestina riguarda il compimento di atti diretti a procurare lŐingresso nel territorio dello Stato in violazioni delle disposizioni del Tu e quindi di ogni tipo di violazione e mira ad impedire ogni ingresso illegittimo, indipendentemente dal fatto che possa essere illegale o clandestino ai sensi dellŐart. 4, cio per violazione della normativa sul visto, dovendosi valutare se la condotta di immigrazione illegale sia solo quella relativa allŐingresso nello Stato, inteso come atto di transito alla frontiera o qualcosa di pi ampio comprendente ad esempio anche la disciplina della permanenza nello Stato per motivi di lavoro; avendo presente in particolare che sia lo straniero che il cittadino italiano sono comunque tenuti al rispetto ed alla osservanza degli obblighi previsti dalla normativa vigente, ivi compresi quelli espressamente dettati per esigenze di ordine e sicurezza pubblica.

La soluzione adottata da questa Corte  stata nel senso che lŐunica interpretazione possibile della normativa  che il legislatore abbia voluto punire il compimento di tutti gli atti che realizzano lŐimmigrazione di stranieri in violazione delle norme del testo unico, fra le quali vi sono anche le norme sullŐingresso e la permanenza dello straniero per motivi di lavoro o per altri motivi ed in particolare ogni qualvolta la permanenza nel territorio dello Stato deve considerarsi illegale fin dal suo inizio, con lŐatto di ingresso in Italia, perchŽ giˆ conseguenza di unŐazione illegale, in quanto, pur essendo in ipotesi determinato da motivi di lavoro, questi vengono occultati, per motivi di profitto ovvero perchŽ lŐingresso sia clandestino ai sensi dellŐart. 10 del Tu in quanto avvenuto al d“ fuori dei valichi di frontiera, sottraendosi ai controlli di frontiera, come previsto dallŐart. 4 del Tu sullŐimmigrazione (cfr. Cassazione, 7 aprile 2004, n. 17973; Cassazione, Sezione prima, 12 maggio 2004, Deinita, RV. 228254; Cassazione, Sezione sesta, 16 dicembre 2004, Buglione, RV. 230950; Cassazione, Sezione prima, 27 ottobre 2004, Passaro, RV. 229823). Lo spirito della legge sullŐimmigrazione, nel suo complesso, vuole infatti evitare qualsiasi artificio diretto a fare entrare in Italia persino i lavoratori, anche provenienti da paesi che abbiano stipulato particolari accordi per la libera circolazione dei propri cittadini, per impiegarli in violazione delle leggi sul lavoro, tanto  vero che si  procurato di disciplinare lŐingresso dello straniero per motivi di lavoro (art. 22) e da ci˜ se ne pu˜ dedurre che se lŐingresso  illegalmente avvenuto per fini di lavoro o addirittura per finalitˆ diverse, non meritevoli di alcuna protezione, si tratta di ingresso comunque illegale con conseguente individuazione della ipotesi criminosa contestata allŐimputato.

Ci˜ comporta che la condotta di favoreggiamento dellŐingresso del cittadino straniero nel territorio nazionale determinato per motivi di permanenza stabile, mediante sottrazione ai controlli di frontiera, previsti dagli artt. 10 e 4 del Tu come condizioni per la lega1itˆ dellŐingresso, deve qualificarsi come ingresso illegale o clandestino che dir si voglia e tale permane fino a quando il soggetto che entra illegalmente nel territorio nazionale resti uno straniero nel senso inteso dallŐart. 1 dal Tu sullŐimmigrazione e sia favorito dalla attivitˆ dellŐautore del fatto illecito, mente non potrˆ pi essere posta in essere la condotta Đ sotto il profilo fattuale prima ancora che giuridico Đ di sfruttamento o favoreggiamento della immigrazione clandestina una volta che il soggetto acquisti la cittadinanza di un paese UE ovvero addirittura la cittadinanza italiana.

LŐapplicazione dellŐart. 2 del c.p., invocata dal ricorrente, non rileva in definitiva nel caso in esame poichŽ il fatto continua a costituire reato conservando, nella previsione legislativa, tutto il proprio disvalore (v. Cassazione, sezione terza, 5457/99, RV. 213565) e ci˜ specie se si considerano le finalitˆ di sfruttamento e di lucro del reato contestato che connotano lŐantigiuridicitˆ dello specifico comportamento.

Il primo motivo di ricorso deve essere pertanto respinto.

Il secondo motivo di ricorso  pretestuoso.

Il ricorrente lamenta mancanza di motivazione in ordine alla valutazione della prova sotto il profilo che soltanto per due donne polacche, identificate dai carabinieri allŐinterno della casa del F., sarebbe stato dimostrata la mancanza di permesso di soggiorno, pur non essendovi la prova che il F. ne avesse favorito lŐingresso clandestino in Italia posto che erano uscite dalla Polonia pi di un mese prima, mentre per le altre, interessate dalle intercettazioni, non sarebbe stato dimostrato che non avessero i documenti in regola.

La Corte territoriale ha per˜, con argomentazioni ineccepibili sotto il profilo logico e del tutto conformi al parametro normativo, indicato i motivi per cui ha ritenuto provato che lŐingresso delle donne fosse avvenuto illegalmente, previi accordi diretti con il F., visto che si recava a prelevarle alla stazione di Messina non appena erano giunte in Italia in pullman dopo due o tre giorni ininterrotti di viaggio dalla Polonia, e che non fosse neppure prospettabile che le donne avessero fatto ingresso regolare e cio con un regolare contratto di lavoro, poichŽ, in tal caso, si sarebbero recate direttamente dal loro datore di lavoro e non avrebbero versato pi di un terzo del loro stipendio al F., considerato anche che comunque le due donne identificate dai Carabinieri allŐinterno della casa del F. avevano certamente fatto ingresso illegale, potendo contare sullŐospitalitˆ, ovviamente non gratuita, dellŐimputato che quindi ne aveva favorito lŐingresso e la permanenza in Italia.

Il ricorso deve pertanto essere respinto perchŽ infondato su sotto tutti i profili addotti, con le conseguenze di legge in punto di spese (art. 616 c.p.p.).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.