Consiglio di Stato

Sezione VI

Decisione 20 febbraio 2007, n. 905

N. 905/07
Reg.Dec.
N. 6359
Reg.Ric.
ANNO 2002

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 6359/2002, proposto da:

- E. A., rappresentato e difeso dagli avv.ti Michele Cela ed Ernesto Torres e con questi elettivamente domiciliato presso lo studio dellĠavv. Sante Foresta, in via Tacito n. 23, Roma;

contro

- il Ministero dellĠinterno, in persona del Ministro in carica, rappresentata e difesa dallĠAvvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in via dei Portoghesi n. 12, Roma;

- la Prefettura di F., in persona del Prefetto in carica, non costituita in giudizio;

per annullamento e/o riforma, previa sospensione dellĠefficacia,

della sentenza del T.a.r. Puglia, Bari, sezione I, n. 2319/2002, resa inter partes e concernente il decreto 10 dicembre 1993 del Prefetto di F., intimante lĠespulsione dellĠinteressato dal territorio nazionale.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati.

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero intimato.

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese.

Visti gli atti tutti della causa.

Relatore, alla pubblica udienza del 12 dicembre 2006, il Consigliere Aldo SCOLA.

Udito, per la p.a. appellata, lĠavvocato dello Stato Daniela Giacobbe.

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO

A. E. ricorreva al T.a.r. Puglia per lĠannullamento del provvedimento in epigrafe indicato, con cui il Prefetto della Provincia di F. ne aveva disposto lĠespulsione dal territorio dello Stato italiano per violazione delle norme dĠingresso e soggiorno di extracomunitari.

In attuazione del decreto del Prefetto di F. del 10 dicembre 1993, il Questore della stessa Provincia, con atto di pari data, aveva intimato al ricorrente di lasciare il territorio italiano entro il termine ivi indicato.

Nel 1987 egli aveva ottenuto il permesso di soggiorno quale esercente lĠattivitˆ di venditore ambulante di articoli di biancheria, di aver presentato istanza di iscrizione nel registro degli esercenti il commercio presso la Camera di commercio di F., e di aver ottenuto la partita I.V.A..

Egli era stato tratto in arresto dai Carabinieri di F. a causa di una diverbio insorto con i suoi parenti ed era stato sottoposto a processo per direttissima, a conclusione del quale era stato condannato a mesi due di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale della pena.

LĠinteressato prospettava le seguenti censure: violazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui alla legge 28.2.1990 n. 39 ed eccesso di potere, atteso che la p.a. intimata non avrebbe motivato in modo sufficiente ed adeguato il decreto di espulsione, essendosi limitata ad indicare in detto provvedimento le disposizioni di legge in materia di ingresso e di soggiorno, senza in alcun modo specificamente indicare le norme ritenute violate; inoltre, il suindicato provvedimento di espulsione sarebbe stato adottato in carenza dei necessari presupposti di legge, di cui allĠart. 4, comma 12, ed allĠart. 7, legge n. 39/1990, prescritti ai fini dellĠespulsione dello straniero dal territorio dello Stato italiano.

Si costituiva in giudizio la Prefettura della Provincia di F., che resisteva al ricorso, poi respinto (dopo lĠaccoglimento della relativa domanda cautelare con ordinanza n. 117/1994) dai primi giudici con sentenza prontamente impugnata dallĠinteressato soccombente per vizio di motivazione.

La p.a. appellata si costituiva in giudizio e resisteva al gravame.

AllĠesito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione, dopo il rigetto di una domanda cautelare (con ordinanza n. 3619/2002, della IV sezione di questo Consiglio di Stato).

DIRITTO

Prima di affrontare il merito del presente ricorso, appare opportuno delineare brevemente i principi cui si  ispirato il legislatore nel disciplinare lĠingresso e il soggiorno dei cittadini extracomunitari in Italia, in particolare con la legge 6 marzo 1998 n. 40.

Va, innanzitutto, rilevato che la scelta  stata quella di individuare una strada intermedia tra lĠapertura incondizionata al flusso migratorio e la chiusura totale, sulla scia di quanto  avvenuto nel corso della storia in quasi tutti i Paesi democratici.

La normativa italiana si ispira conseguentemente al principio del cosiddetto flusso regolato, tendente cio ad ammettere lĠingresso e il soggiorno degli stranieri nel limite di un numero massimo accoglibile, tale da assicurare loro un adeguato lavoro, mezzi idonei di sostentamento, in una parola un livello minimo di dignitˆ e di diritti, e tra questi, quelli alla casa ed allo studio.

Quale corollario alla decisione di porre un limite allĠingresso dei cittadini extracomunitari, si pone lĠobbligo di espulsione per quelli che non sono in regola, sia in relazione allĠingresso, sia al soggiorno.

Due sono i limiti esterni allĠimpostazione sopra esposta: uno  dato dalle ragioni di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato, per cui, quando sono in gioco tali valori, uno straniero pu˜ sempre essere espulso, anche ove si trovi regolarmente in Italia.

LĠaltro limite, questa volta di segno opposto,  dato da particolari esigenze umanitarie, che consentono una deroga alle norme sullĠingresso; si tratta, infatti, di dare prioritˆ ai principii dei diritti dellĠuomo fatti propri dalla Costituzione ed introdotti nellĠordinamento italiano con la ratifica di numerosi accordi internazionali.

Viene in rilievo, in particolare, la tutela della famiglia e dei minori (donde le deroghe allĠingresso per favorire il ricongiungimento familiare), di coloro che si trovano in particolari situazioni di difficoltˆ (per cui si concede lĠasilo per straordinari motivi umanitari, come  avvenuto per gli sfollati dalla ex Jugoslavia), fino a giungere, in caso di persecuzioni dovute a ragioni etniche, religiose o politiche, alla concessione dello status di rifugiato politico.

EĠ evidente quindi che, come affermato dalla Corte costituzionale (sentenza 21 novembre 1997 n. 353), le ragioni della solidarietˆ umana non possono essere sancite al di fuori di un bilanciamento dei valori in gioco: tra questi, vi sono indubbiamente la difesa dei diritti umani, la tutela dei perseguitati ed il diritto di asilo, ma altres“, di non minore rilevanza, il presidio delle frontiere (nazionali e comunitarie), la tutela della sicurezza interna del Paese, la lotta alla criminalitˆ, lo stesso principio di legalitˆ, per cui chi rispetta la legge non pu˜ trovarsi in una posizione deteriore rispetto a chi la elude.

Il bilanciamento dei vari interessi in gioco  stato effettuato dal legislatore, il quale ha graduato le varie situazioni: in alcuni casi, ad esempio, ha disposto lĠespulsione dello straniero in via quasi automatica, al semplice verificarsi di determinati presupposti, mentre, in altre ipotesi, ha ammesso una certa discrezionalitˆ in capo allĠamministrazione, nella valutazione e ponderazione dei fatti.

Naturalmente, anche nellĠapplicazione della normativa sui cittadini extracomunitari trovano ingresso i principi generali dellĠordinamento, in specie quelli regolanti lĠattivitˆ della p.a., tra cui basterˆ menzionare quello relativo allĠobbligo della motivazione dellĠatto amministrativo (pi attenuato qualora si tratti di un atto dovuto, pi stringente qualora la discrezionalitˆ dellĠamministrazione sia pi estesa), quello dellĠeconomicitˆ dellĠazione amministrativa, per cui determinate irregolaritˆ si considerano sanate qualora lĠatto abbia raggiunto il suo scopo, ed infine la potestˆ dellĠamministrazione di revocare in ogni tempo un atto amministrativo ad effetti permanenti, qualora vengano meno i presupposti per la sua concessione.

LĠart. 7, comma 4, legge n. 39/1990, espressamente prevede che lĠespulsione dello straniero dal territorio dello Stato italiano sia disposta con motivato decreto.

In proposito, lĠasserita Òviolazione delle disposizioni di ingresso e soggiornoÓ nel territorio dello Stato italiano nonchŽ lĠindicazione, in particolare, della disposizione di legge di cui allĠart. 7, comma 2, legge n. 39/1990, la quale espressamente prevede che Òsono espulsi dal territorio nazionale gli stranieri che violino le disposizioni in materia di ingresso e soggiornoÉ.Ó, costituiscono una sufficiente motivazione del provvedimento di espulsione 10 dicembre 1993, nel quale risultano indicati i motivi e cio Òla violazione delle disposizioni in materia di ingresso e di soggiornoÓ e le norme che hanno condotto allĠemanazione di un provvedimento a seguito degli accertati presupposti di legge.

Infondati appaiono, altres“, gli ulteriori profili di censura secondo i quali lĠimpugnato provvedimento di espulsione sarebbe stato adottato in carenza dei necessari presupposti di diritto, nonchŽ trascritto in una lingua non conosciuta dal ricorrente, che afferma di non aver violato alcuna disposizione in materia di ingresso e soggiorno nel territorio dello Stato italiano, avendo ottenuto un regolare permesso di soggiorno nellĠanno 1987, nonchŽ lĠiscrizione alla Camera di commercio di F. e lĠapertura della debita partita I.V.A..

Il permesso di soggiorno, ai sensi dellĠart. 4, comma 4, citata legge n. 39/1990, ha durata temporale limitata e, pertanto, la permanenza del cittadino straniero nel territorio dello Stato italiano, nel caso di mancato rinnovo del permesso di soggiorno scaduto, costituisce una chiara violazione delle disposizioni di legge regolanti la permanenza dello straniero nel territorio nazionale e, dunque, il legittimo presupposto previsto ex art. 7, comma 2, suindicata legge n. 39/1990, per lĠadozione del provvedimento di espulsione dal territorio italiano.

Orbene, dagli atti depositati dalla p.a. in data 18 gennaio 2002, risulta che il permesso di soggiorno era stato rilasciato in favore del ricorrente in data 4 febbraio 1987 per lĠiscrizione nelle liste di collocamento e non per lĠesercizio di attivitˆ commerciale e che lĠistanza di rinnovo proposta da A. E. era stata motivatamente respinta con provvedimento del 12 febbraio 1992.

Infine, a norma dellĠart. 5, legge n. 39/1990, lĠamministrazione ha legittimamente provveduto ad emanare nonchŽ a notificare al ricorrente il provvedimento di espulsione, in epigrafe indicato, anche in lingua francese, avendo peraltro ivi espressamente rappresentato le relative modalitˆ di impugnazione richieste dalla citata disposizione di legge: il fatto che lĠinteressato abbia potuto adeguatamente difendersene in sede giurisdizionale costituisce la miglior prova della piena idoneitˆ dellĠadottata strumentazione giuridica.

LĠappello va, dunque, respinto, con salvezza dellĠimpugnata sentenza, mentre le spese del giudizio di seconda istanza possono integralmente compensarsi per giusti motivi tra le parti costituite, tenuto anche conto del loro reciproco impegno difensivo e delle peculiaritˆ della vicenda.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta,

á       respinge lĠappello;

á       compensa spese ed onorari del giudizio di secondo grado.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dallĠAutoritˆ amministrativa.

Cos“ deciso in Roma, Palazzo Spada, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 12 dicembre 2006, con l'intervento dei signori magistrati:

Claudio VARRONE Presidente
Sabino LUCE Consigliere
G. Paolo CIRILLO Consigliere
Giuseppe ROMEO Consigliere
Aldo SCOLA Consigliere rel. est.

Presidente
f.to Claudio Varrone

Consigliere Segretario
f.to Aldo Scola f.to Glauco Simonini

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il..................20/02/2007...................
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
f.to Maria Rita Oliva