Cari Ministri,
sottopongo
alla Vostra attenzione alcune considerazioni sulla disposizione, contenuta nel
pacchetto sicurezza, che sanziona con l'arresto da uno a sei mesi e l'ammenda
da 200 a 2000 euro il cittadino comunitario che non rispetti l'obbligo di
consegnare al consolato italiano l'attestazione di ottemperanza
all'allontanamento.
Mi sembra che
una disposizione di questo genere non sia compatibile con la Direttiva 38/2004.
La direttiva, infatti, stabilisce (art. 15, co. 3) che non puo' essere vietato
il reingresso a seguito di un allontanamento legato alla mancanza dei requisiti
previsti per il diritto di soggiorno.
Il reingresso
rimane quindi regolato dalle disposizioni ordinarie e non puo' essere
condizionato all'adempimento di oneri da parte del comunitario diversi da
quelli imposti a qualunque altro cittadino comunitario che entri per la prima
volta in Italia.
Meno che mai,
allora, potra' essere gravato da un obbligo, come quello configurato dalla
disposizione del pacchetto sicurezza.
Per di piu',
tale obbligo, costringendo l'interessato a recarsi nel proprio paese,
limiterebbe il suo diritto di recarsi direttamente in altro Stato membro e
violerebbe l'art. 4, co. 1 della Direttiva 38/2004:
"1.
Senza pregiudizio delle disposizioni applicabili ai controlli dei documenti di
viaggio alle frontiere nazionali, ogni cittadino dell'Unione munito di una
carta d'identitˆ o di un passaporto in corso di validita' e i suoi familiari
non aventi la cittadinanza di uno Stato membro e muniti di passaporto in corso
di validita' hanno il diritto di lasciare il territorio di uno Stato membro per
recarsi in un altro Stato membro."
E' vero che lo
Stato italiano puo', in base all'art. 36 della Direttiva, determinare sanzioni
da irrogare in caso di violazione delle disposizioni adottate in base alla
direttiva stessa. Ma valgono le due considerazioni che seguono:
1) non puo'
che spettare allo Stato stesso la dimostrazione che la violazione ha avuto
luogo. E la mancata ottemperanza all'obbligo di consegna dell'attestazione non
puo' evidentemente essere fatta valere come prova di mancata ottemperanza
all'allontanamento, a meno di non invertire illegittimamente l'onere della
prova;
2)
l'imposizione di un obbligo al comunitario allontanato per mancanza dei
requisiti si configura di per se' come sanzione (dal momento che limita il suo
diritto a circolare immediatamente e liberamente negli altri Stati membri), e
tale sanzione e' di fatto irrogata senza che vi sia stata alcuna violazione
delle disposizioni nazionali. La mancanza di requisiti per il soggiorno di
lunga durata non costituisce infatti violazione delle disposizioni, ma solo
motivo per l'adozione di un provvedimento di allontanamento.
Infine,
riguardo all'efficacia della disposizione in esame, occorre tener presente un
aspetto non trascurabile. E' vero che essa ostacolerebbe il cittadino
comunitario che, a seguito di un allontanamento, intenda restare sul
territorio. Ma, nella stragrande maggioranza dei casi, non risolverebbe affatto
il problema di come adottare, a carico di un comunitario privo di requisiti per
il soggiorno di durata superiore a tre mesi, il primo provvedimento di
allontanamento. A fronte di qualunque controllo sul possesso dei requisiti, il
comunitario potra' sempre affermare di essere appena entrato in Italia o, per
controlli successivi al primo, di essere uscito e rientrato successivamente al
controllo precedente. Spettera' all'Amministrazione provare il contrario, dato
che nessun soccorso viene, in questo caso, dalla disposizione del pacchetto sicurezza.
In mancanza di tale prova, il comunitario potra' far valere, con giusta
alterigia, il diritto sancito dall'art. 6, co. 1 della Direttiva:
"1. I
cittadini dell'Unione hanno il diritto di soggiornare nel territorio di un
altro Stato membro per un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna
condizione o formalita', salvo il possesso di una carta d'identita' o di un
passaporto in corso di validita'."
E tale diritto
vale (art. 14, co. 1 della Direttiva) finche' il cittadino comunitario non
diventa un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato.
Vale quindi in tutti i casi in cui il sistema di assistenza sociale non si sia
affatto attivato a beneficio dell'interessato.
Benche' sia
comprensibilissima la preoccupazione di dare sostanza alla facolta' dello Stato
di allontanare un cittadino comunitario che non abbia i requisiti previsti,
credo si debba accettare il fatto che le disposizioni in materia di limitazione
del diritto di soggiorno per ragioni diverse da ordine pubblico e sicurezza
sono assolutamente inefficaci ad impedire tale soggiorno. Restano efficaci ai soli fini dell'esclusione
del cittadino comunitario dal godimento di diritti correlati (ad esempio,
riguardo all'acquisizione del diritto di soggiorno permanente).
Si tratta
allora di una battaglia irrimediabilmente persa? Credo proprio di si', sempre
che abbia senso combattere di queste battaglie. La situazione e' simile a
quella di un parroco che non sopporti che un mendicante chieda l'elemosina in
chiesa, disturbando i fedeli intenti a pregare. Il parroco in questione non
puo' fare altro che frapporsi tra il mendicante e la persona cui viene chiesta
l'elemosina ogni volta che questo avviene. Ma non puo' mettere fuori dalla
chiesa il mendicante. Per due ragioni. Una - che qui non rileva - di carattere
sostanziale: Matteo 25, 31-46. L'altra, di carattere formale: il mendicante
potrebbe dirsi contrito per aver disobbedito agli ordini del parroco ed esigere
il proprio diritto di pregare per ottenere il perdono divino.
Cordiali
saluti
sergio
briguglio