Presidenza del Consiglio dei Ministri

Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunit

Ufficio per la promozione della parit di trattamento

e la rimozione delle discriminazioni

fondate sulla razza o lorigine etnica

 

 

Prot. N. 1019 -1020/UNAR

 

                                                                                  Roma, 10 ottobre 2007

 

 

 

 

 

          

 

Dott. Vittorio Crecco

Direttore Generale I.N.P.S.

ROMA

 

 

Dott. Vincenzo Damato

I.N.P.S.

ROMA

 

Dott. Francesco DI MAGGIO

I.N.P.S.

Coordinamento e supporto

delle attivit connesse al fenomeno migratorio

ROMA

 

Dott. Mauro NORI

I.N.P.S.

Direzione Centrale Prestazioni

ROMA

 

Dott.ssa Maria Teresa Ferraro

Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale

Direzione Generale per le Politiche Previdenziali

Direttore Generale

ROMA

 

 

E  p.c.  Gabinetto Ministro del Lavoro

             On. Cesare Damiano

             Ministro del Lavoro

          

             Gabinetto della Solidariet Sociale 

             On.   Paolo Ferrero

             Ministro della Solidariet Sociale

             Via Fornovo 8 pal. A

             00192 Roma     

 

 

 

 

Con il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215 stata data attuazione in Italia alla direttiva comunitaria 2000/43, istituendo presso il Dipartimento per i Diritti e  le pari opportunit della Presidenza del Consiglio dei Ministri, lUfficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR) con la funzione di promuovere la parit di trattamento e di rimuovere le discriminazioni fondate sulla razza e sullorigine etnica.

A tal fine, lUNAR opera attraverso diverse strategie che prevedono, da un lato, la rimozione dei fenomeni discriminatori tramite lassistenza legale gratuita alle vittime della discriminazione e la formulazione di pareri e raccomandazioni ad enti pubblici e privati, dallaltro, la realizzazione di campagne di prevenzione attraverso le iniziative di sensibilizzazione e la promozione di progetti di azioni positive volti a favorire lintegrazione interetnica.

LUfficio altres competente per lesame dei casi di discriminazioni collettive che possono riguardare un gruppo o una comunit e per le quali non siano individuabili in modo diretto ed immediato, le persone lese dal comportamento discriminatorio.

In questo ambito, di recente, anche su sollecitazioni di singoli ei di alcune associazioni che operano nel settore, lUfficio ha analizzato approfonditamente la  questione concernente laccesso degli stranieri allassegno sociale e alla provvidenze economiche non contributive in relazione al disposto di cui allart. 80, comma 19, della legge n. 388/2000.

Avendo ravvisato alcuni profili di carattere discriminatorio nella mancata concessione di tali prestazioni a molti cittadini extracomunitari abbiamo elaborato una nota che qui si allega.

Sarebbe auspicabile un momento collegiale di confronto tra le varie istituzioni coinvolte al fine di trovare una soluzione congiunta e condivisa a pi livelli, che sia volta ad assicurare anche in questa materia leffettivit del principio della parit di trattamento.

Da parte nostra, mettiamo a disposizione la esperienza maturata dal nostro Ufficio in questi anni, in quanto interessati, per i motivi sopra evidenziati, a seguire da vicino levoluzione della vicenda.

Rimaniamo in attesa di conoscere le determinazioni chele S.V. vorranno assumere in merito, con la preghiera ei essere informato sugli ulteriori sviluppi.

Distinti saluti.

 

                                                                      Il Direttore Generale

                                                                   (Dott. Marco De Giorgi)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Presidenza del Consiglio dei Ministri

Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunit

Ufficio per la promozione della parit di trattamento

e la rimozione delle discriminazioni

fondate sulla razza o lorigine etnica

 

 

 

 

PARERE UNAR – PROFILI DISCRIMINATORI IN ORDINE ALLAPPLICABILITA DELLART. 80, COMMA 19, LEGGE N. 388/2000 – RESTRIZIONE ACCESSO ASSEGNO SOCIALE E PROVVIDENZE ECONOMICHE NON CONTRIBUTIVE A CITTADINI EXTRACOMUNITARI.

 

 

Di recente lUfficio, su segnalazione di singoli utenti, ma anche di alcune associazioni specializzate come lASGI, ha approfondito lesame e lo studio della questione afferente la mancata concessione dellassegno sociale e delle provvidenze economiche non contributive a molti cittadini extracomunitari.

Si ritiene, in primo luogo, di condividere i dubbi espressi dallASGI nella nota del 26 giugno 2007 in merito ai profili di legittimit costituzionale dellart. 80 comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001) con riferimento agli aspetti qui di seguito riportati.

La citata disposizione legislativa stabilisce che lassegno sociale e le altre provvidenze economiche (qualificate dallordinamento come diritti soggettivi) siano concesse solo agli stranieri extracomunitari titolari della carta di soggiorno (oggi permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo), con lesclusione dei titolari di permesso di soggiorno, mentre la norma precedente, contenuta nellarticolo 41 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, riconosceva tale beneficio anche ai titolari di permesso di soggiorno, purch la durata del medesimo permesso non fosse inferiore ad un anno.

LA.S.G.I., nella nota sopra citata, ritiene che tale disposizione legislativa sia viziata da illegittimit costituzionale per violazione della riserva di legge rinforzata in materia di condizione giuridica dello straniero, prevista, dallarticolo 10, comma 2, della Costituzione, in quanto essa non appare conforme alle previsioni contenute nella Convenzione OIL n. 143 del 24 giugno 1975 n a quelle contenute nellart. 14 della Convenzione Europea dei Diritti dellUomo. Da ci ne fa discendere la richiesta di disapplicazione dellarticolo 80, comma 19, della legge 288 del 2000, con conseguente estensione delle prestazioni sociali di tipo non contributivo a tutti gli stranieri regolarmente residenti in Italia.

Sul punto, questo Ufficio tiene a sottolineare che gi sul piano dellinterpretazione letterale e sistematica, i primi due commi dellart. 38 cost. non prevedono che laccesso ai diritti da esso garantiti sia subordinato a requisiti di cittadinanza, ovvero a requisiti discriminanti per chi non sia cittadino. La giurisprudenza costituzionale, del resto, ritiene pacificamente che i diritti civili, economici e sociali per i quali la Costituzione non contiene alcun riferimento esplicito alla titolarit dei cittadini vadano classificati tra i diritti fondamentali delluomo, da assicurarsi per lart. 2 , cost. ad ogni persona senza discriminazioni riferite appunto a cittadinanza e nazionalit (cfr., in tema di diritti sociali e legati alla compagine familiare, sentt. 28 del 1995, n. 203 del 1997 e n. 252 del 2001).

E inoltre giurisprudenza costante della Corte Costituzionale che, per fare eccezione a principi generali soprattutto attinenti alla disciplina dei diritti individuali, lart. 3 cost. imponga una giustificazione ragionevole del trattamento differenziato, per via legislativa, di determinate situazioni appunto eccezionali.

Il che vale ovviamente anche per la disciplina di diritti di chi non sia cittadino italiano.

In specie, sin dalla sentenza n. 454 del 1998, concernente lavviamento al lavoro mediante assunzione obbligatoria, la Corte Costituzionale ha ritenuto di poter desumere, anche a livello della legislazione ordinaria, il principio (che supera la disciplina del rapporto di lavoro in senso stretto) di parit di trattamento e piena eguaglianza di diritti per i lavoratori extracomunitari  rispetto ai lavoratori italiani (art. 1 della l. n. 943 del 1986, e oggi art. 2 comma 3, del testo unico approvato con dlgs. 22 luglio 2998 n. 286), garanzia ulteriormente ribadita e precisata dallart. 2, comma 2, del testo unico n. 286 del 1998, secondo cui lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali o lo stesso testo unico dispongano diversamente.

In tale quadro, lart. 41 del dlgs. n. 286 del 1998 ha tra laltro disposto nel senso che gli stranieri sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni anche economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti; e questo alla sola condizione della verifica di una minima stabilizzazione della presenza nel territorio statuale, senza la quale la fruizione dei diritti alle prestazioni non avrebbe significato, e cio alla sola condizione della titolarit di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno.

In contraddizione con i principi della legislazione sullimmigrazione, ed in contrasto con lo stesso art. 41 del dlgs. n. 286 del 1998, il comma 19 dellart. 80 della legge n. 388 del 2000, senza darsi carico di un compiuto inserimento delle nuove norme nel sistema, ha invece inteso recare al perdurante principio generale di piena  eguaglianza e parit di trattamento una rilevante eccezione, richiedendo, per chi non sia cittadino italiano, il possesso della carta di soggiorno per laccesso allassegno sociale e a tutte le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali.

 Eassai dubbio che questa eccezione, introdotta in un sistema improntato al principio di parit ed eguaglianza di diritti tra italiani e stranieri, abbia un qualche ragionevolezza e possa trovare una razionale giustificazione. Tanto pi che la carta di soggiorno presuppone, per il suo ottenimento, requisiti del tutto estrinseci, quali una presenza nel nostro paese lungamente protratta, e cio per cinque anni, ed il possesso di un reddito di mantenimento che pu essere posseduto anche indipendentemente  dal lavorare o dallaver lavorato (art. 9 del dlgs. n. 286 del 1998).

Daltro canto, la carta di soggiorno, anche al riguardo delle finalit del suo rilascio, non volta a verificare solamente una continuit di presenza in Italia maggiormente o massimamente protratta, ma soprattutto volta a stabilire, per lo straniero, una condizione ormai predisposta e prossima allacquisizione della cittadinanza italiana: ne testimonianza non solo il fatto che il rilascio della carta di soggiorno sia a tempo indeterminato, bens che da esso scaturiscano taluni dei diritti, come quello dellingresso nel territorio dello Stato senza il visto o come i diritti stessi di partecipazione politica, i quali nella tradizione anche storica, sono legati alla cittadinanza (art. 9, comma 12 del dlgs. n. 286 del 1998).

Pertanto, il subordinare alla carta di soggiorno lassegno sociale, e addirittura tutte le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali, non solo stabilisce un requisito di eccezionale ed irragionevole severit ai fini dellaccesso degli stranieri di diritti propri dei cittadini italiani, ma finisce con il togliere al principio generale della parit ed eguaglianza tra lavoratori senza differenze di cittadinanza e nazionalit (che pure resta come principio generale nella legislazione in vigore) pressoch ogni portata ed effettivit.

Ne discende la evidente violazione di quel principio di ragionevolezza espresso con chiarezza dalla Corte Costituzionale anche nella recente sentenza n. 432/2005.

E inoltre il caso di aggiungere che lart. 35 cost., nel disporre che la Repubblica promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro esprime un principio di aderenza e conformazione alle risultanze non solo di accordi internazionali ma soprattutto di quegli accordi, di portata generale, maturati nellambito di organizzazioni come lO.I.L., la quale unagenzia specializzata delle Nazioni Unite che persegue la promozione della giustizia sociale e i riconoscimento universale dei diritti umani collegati al lavoro. Ebbene, anche questo principio internazionalistico delle garanzie del lavoro, oggi ulteriormente rafforzato dallart. 117, comma 1, della Costituzione, laddove esso richiama il legislatore allosservanza dei vincoli derivanti [] dagli obblighi internazionali, sembra essere stato violato dal comma 19 dellart. 80 della l. n. 388 del 2000.

Infatti, lart. 10 della gi citata Convenzione OIL n. 143/1975, ratificata con legge di ratifica 10 aprile 1981 n. 158, recepito dal nostro ordinamento nellart. 2 del dlgs. n. 286/98, garantisce parit di opportunit e di trattamento anche in materia di sicurezza sociale per i lavoratori migranti.

Pertanto, il subordinare allottenimento della carta di soggiorno, data per una lunga permanenza ed in base a requisiti anche reddituali svincolati dalla svolgimento di attivit lavorativa, la parit e leguaglianza di diritti tra lavoratori nazionali e stranieri, quanto allassegno sociale e alla provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi, viola i vincoli internazionalistici derivanti dalle summenzionate convenzioni O.I.L. e, con essi, lart. 35, oltre che il comma 1 dellart. 117 cost.

Daltro canto, il diritto di ogni individuo alla sicurezza sociale, ivi comprese le assicurazioni sociali non discende soltanto dalle convenzioni O.I.L., ma anche dallart. 9 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali del 1966, in vigore in Italia dal 15 dicembre 1978 (legge di ratificata 25 ottobre 1977, n. 881). E non certamente privo di significato che lo stesso principio abbia trovato altres riscontro nella giurisprudenza della Corte dei diritti delluomo di Strasburgo, la quale ha avuto occasione di ricordare  che il lavoratore, il quale abbia lavorato regolarmente, con assolvimento degli obblighi imposti relativamente alla contribuzione socio-previdenziale, non pu essere escluso da benefici di una prestazione sociale (prestation sociale) esclusivamente per considerazioni inerenti alla nazionalit o cittadinanza (in tal senso , la gi citata sentenza CEDU, 16 settembre 1996, Gaygusuz c/ Austria).

In questa luce, si pu ritenere che il diritto del lavoratore a non subire discriminazioni per nazionalit o cittadinanza nellaccesso alla sicurezza sociale sia entrato ormai a far parte di quelle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute, a cui lordinamento italiano deve intendersi conformato per gli effetti dellart. 10, comma 1 cost.

In questo senso, si segnala fra la giurisprudenza di merito la recente sentenza del Tribunale di Pistoia del 23 marzo 2007.

 

Per quanto riguarda, infine, la questione pi particolare della condizione specifica di quelle categorie di cittadini di paesi terzi interessati da apposite clausole di non discriminazioni contenute nei cosiddetti Accordi di associazione euro-mediterranei stipulati tra la Comunit Europea ed alcuni paesi esterni allUnione (segnatamente Algeria, Marocco, Tunisia e Turchia), il parere di questo ufficio di piena condivisione delle osservazioni gi espresse dallASGI.

Si tratta di accordi, tutti ratificati con legge, vincolanti per lItalia in quanto membro della CE, che contengono espressamente clausole di parit di trattamento nella materia della sicurezza sociale.

Non vՏ dubbio che nella nozione di sicurezza sociale, anche per consolidato orientamento della Corte di Giustizia, debbano rientrare anche tutte le prestazioni sociali a carattere non contributivo quali quelle di cui allart. 80, comma 19, della legge 388 del 2000.

Anche ove non si volesse sostenere, in via generale, listituto della disapplicazione tout court in base alle argomentazioni suesposte, la disposizione legislativa in questione non sarebbe comunque applicabile nei confronti di lavoratori algerini, marocchini, tunisini e turchi, dal momento dellassoluta parit di trattamento tra essi e i cittadini italiani, in materia di sicurezza sociale, comunque obbligata in termini specifici dai predetti Accordi vincolanti.

 

Roma,  30 settembre 2007