Mercanti di uomini , interventi di salvataggio e mercanti
dellinformazione.
In un articolo de Il Giornale dell8 settembre scorso i pescatori
tunisini che nelle acque del Canale di Sicilia avevano salvato 44 migranti, tra
i quali donne in stato di gravidanza, minori e richiedenti asilo, venivano
definiti come mercanti di uomini. Nellarticolo si criticava poi la Procura di Agrigento, che si
sarebbe mostrata cauta, tanto da scontrarsi in aula con il Presidente del
Tribunale che sollecitava con energia la contestazione agli imputati
dellarticolo 1100 del codice della navigazione, ovvero la resistenza in mare.
Sempre nello stesso articolo del Giornale si continuava ad insinuare che il
telefonino satellitare rinvenuto a bordo di uno dei pescherecci tunisini
appartenesse ai pescatori, e non invece ai migranti, che, come risulta ormai da
molti casi precedenti, vengono dotati di questa apparecchiatura dagli stessi
trafficanti al momento dellimbarco in Libia. Un successivo articolo dello
Spiegel, il pi importante periodico tedesco, in una dichiarazione dello stesso
autore dello scoop sul Giornale, riproponeva la stessa versione dei fatti,
tendente ad accreditare nellopinione pubblica tedesca, assai attenta a queste
vicende dopo il caso della nave umanitaria Cap Anamur, sul quale in corso ad
Agrigento un processo per favoreggiamento dellimmigrazione clandestina, la
versione fornita dalle forze di polizia, secondo le quali i pescherecci
tunisini avrebbero tentato di forzare il blocco imposto dalle unit italiane
che, ormai in prossimit di Lampedusa avevano intimato il dietrofront
immediato, il rientro verso un porto tunisino, malgrado le pessime condizioni
del mare e il grave stato di salute di alcuni dei naufraghi, poi documentato
dai rilievi in ospedale a Palermo.
In realt i fatti, e la stessa vicenda processuale sono andati ben
diversamente da come riferito dal Giornale, e ripreso successivamente in
Germania anche dallo Spiegel, il pi importante periodico tedesco.
La verit sta emergendo lentamente dalle considerazioni contenute nelle
motivazioni dei provvedimenti dei
Tribunali di Palermo ( in sede di riesame) e di Agrigento, che hanno rimesso in
libert i pescatori arrestati
subito dopo il loro arrivo ad Agrigento.
Adesso, dopo che il Pubblico Ministero, secondo il codice di procedura
penale, e non il Presidente del Tribunale, a differenza di quanto affermato da il Giornale, aveva
richiesto una contestazione suppletiva a carico degli imputati, richiamando ,
in particolare, lart. 1100, comma 1, cod. nav. Per i due comandanti di
motopescherecci tunisini, lart. 1100, comma 2, cod. nav., relativamente
allintero equipaggio e lart.
337 c.p. ( resistenza a pubblico
ufficiale) per tutti i sette imputati, il Tribunale di Agrigento -con una decisione
a maggioranza- ha rigettato la richiesta dell'accusa, accogliendo le tesi
difensive. In particolare la difesa aveva sostenuto che si pu procedere
alla contestazione suppletiva solo quando la sussistenza dei reati concorrenti
emerga nel corso dell'istruzione dibattimentale e non quando essi siano gi
noti (come nel caso in esame), ma non se sia fatto menzione alcuna nel capo di
imputazione. Altrimenti una contestazione suppletiva di fatti gi noti
all'accusa violerebbe il diritto di difesa, sotto il profilo che si tratta di
una imputazione a sorpresa che lede le garanzie degli imputati. Il processo
stato rinviato all'udienza del 30.10.2007, per l'audizione dei periti chiamati ad accertare le
modalit di utilizzazione del telefonino satellitare in possesso dei migranti.
Appare a questo punto evidente che nel corso del dibattimento sono
emersi fatti che hanno intaccato limpianto accusatorio sulla base del quale
gli imputati sono stati privati per diverse settimane della loro libert
personale. Ed assai grave che molti naufraghi, potenziali testimoni di quanto
accaduto siano stati trattati alla stregua di comunioni clandestini, senza
ricevere un permesso di soggiorno per motivi di giustizia. Altri hanno ottenuto
lo status di asilo o di protezione umanitaria, ed alcuni sono ancora in attesa
di una decisione. I naufraghi che hanno gi deposto hanno tutti concordemente
confermato le tesi della difesa.
Si tratta di persone in condizioni di grave difficolt, anche per
lassenza di un efficace sistema di accoglienza dei richiedenti asilo in
Sicilia, ed auspicabile che possano fornire alla magistratura la loro
versione dei fatti senza subire pressioni o senza essere costretti a lasciare
il nostro paese per la mancanza di misure di sostegno nei confronti di coloro
che ottengono lo status di asilo o di protezione umanitaria.
Non sappiamo al momento quali ulteriori tentativi verranno fatti per
arrivare comunque alla condanna dei pescatori tunisini, lennesimo sforzo per
sanzionare anche in Italia quel delitto di solidariet che estraneo al nostro codice penale, ma
che alcuni vorrebbero introdurre di fatto, allo scopo di dimostrare l effetto
deterrente dellapparato repressivo di controllo delle frontiere marittime. Non
importa, sembrerebbe, a quale costo in termini di vite umane.
Quello che certo il lavoro di disinformazione portato avanti da una
parte della stampa, che capovolge i ruoli processuali con la stessa facilit
con la quale rappresenta inseguimenti mai avvenuti, viene lentamente smentito
da quanto sta emergendo nelle udienze del dibattimento e nei provvedimenti di
giudici diversi.
Purtroppo, mentre lopinione pubblica stata informata del fatto che i
pescatori tunisini erano mercanti di uomini, nessuno adesso riporter a
quegli stessi lettori landamento del dibattimento processuale che giorno dopo
giorno smentisce quella affrettata affermazione di colpevolezza.
Una cosa per desta veramente allarme. Nella vicenda dei pescatori
tunisini, dopo liniziale autorizzazione a procedere nella direzione di
Lampedusa, della quale non si sa se sia sparita ogni traccia nelle relazioni di
servizio dell unit della Guardia di finanza intervenuta durante le prime
operazioni di salvataggio, emerge con chiarezza il tentativo tardivo di blocco
e di respingimento collettivo in alto mare, perpetrato da mezzi della Guardia
Costiera italiana, una nuova prassi che sembrerebbe introdotta a partire dal
mese di luglio del 2007, in contemporanea con lavvio delle operazioni
Frontex nel Canale di
Sicilia, e forse anche con lavvicendamento dei vertici militari del Corpo
delle Capitanerie di porto.
Dai verbali della Guardia di finanza – Team immigrazione
Lampedusa e della Guardia costiera, settima squadriglia Lampedusa, riportati
nellordinanza del Tribumale di Agrigento del 10 ottobre 2007, risulta che i
comandanti dei pescherecci tunisini si sarebbero sottratti al divieto di
ingresso nelle acque territoriali compiendo molteplici, repentini e bruschi
cambi di rotta, virate ed accostate ed impedendo alla motovedetta di
affiancarsi giungendo addirittura a minacciare di gettare in mare gli
immigrati. Anche se adesso queste contestazioni, gi smentite nel corso degli
interrogatori, resteranno definitivamente fuori dal processo, una osservazione
si rende necessaria, anche per prevenire in futuro comportamenti che possono
cagionare un numero imprecisato di vittime.
Quale che fosse la eventuale responsabilit penale dei comandanti e
degli equipaggi dei pescherecci soccorritori, apparsa tanto evidente ai
responsabili delle unit militari intervenute quel giorno che, come mezzo di
comunicazione del divieto di ingresso, mimavano a distanza il gesto delle
manette ai polsi, il tentativo di affiancamento al fine di bloccare o
respingere indietro una imbarcazione carica di migranti, si pone in contrasto
con tutte le Convenzioni internazionali che stabiliscono il riconoscimento del
diritto di asilo anche in acque internazionali, come diritto di accedere al
territorio nazionale per presentare una domanda di asilo, e il dovere assoluto
di salvaguardia della vita umana in mare.
Lo stesso comportamento delle unit militari italiane, seppure rimasto
a livello di tentativo di blocco navale, risulta in contrasto con lart. 19 del testo Unico
sullimmigrazione, con lart. 3 della Convenzione Europea a salvaguardia dei
diritti delluomo e con il Protocollo aggiuntivo alla stessa Convenzione,
ribadito dalla Carta di Nizza del 2000, che vietano i respingimenti collettivi,
con particolare riferimento ai minori ed alle donne in stato di gravidanza.
In altre precedenti occasioni quello stesso tentativo di affiancamento
( di incrocio o di abbordaggio) a mezzi che trasportavano migranti mentre
comunque erano ancora in movimento in alto mare, o di avvicinamento a scopo
dissuasivo, potrebbe essere stato causa di gravi tragedie sulle quali sta
ancora indagando lautorit giudiziaria, anche ad Agrigento..
Il risultato immediato di
questa vicenda, come confermato da diversi comandanti di imbarcazioni da pesca,
e da alcuni migranti sopravvissuti a giorni di abbandono nel canale di Sicilia,
una ulteriore dissuasione
nei confronti dei mezzi civili che avvistano imbarcazioni di migranti in
difficolt. Nessuno interviene pi, direttamente, con attivit di salvataggio,
per le quali – nella migliore delle ipotesi- ci si limita a lanciare un
allarme radio alle autorit marittime.
La ripresa delle operazioni FRONTEX nel Canale di Sicilia a settembre
espone adesso centinaia di migranti in fuga dallinferno libico al respingimento verso i porti di partenza e da qui verso i
paesi di provenienza, come sta succedendo agli eritrei detenuti da mesi in
condizioni disumane nel carcere di Misurata, che rischiano di essere ricacciati
dalla polizia libica verso torture e violenze di ogni genere, con la complicit
del governo italiano, dei vertici delle forze militari preposte al contrasto
della cd. immigrazione clandestina, e degli operatori dellinformazione che
diffondono allarmismo nellopinione pubblica, riuscendo persino a capovolgere i
ruoli processuali e landamento dei fatti pur di criminalizzare i migranti e
chi presta loro soccorso.
Fulvio Vassallo Paleologo
Universit di Palermo