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Interventi e interviste

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21.09.2007

L'intervento del Prefetto di Firenze Andrea De Martino

Firenze - 21 settembre 2007

Sono davvero lieto di dare a tutti i presenti – alle autorità civili, militari e religiose intervenute – il mio più cordiale benvenuto a Firenze, specialmente a quanti hanno raggiunto Palazzo Vecchio da altre città o da altri Paesi: un saluto particolare, a nome mio, ma anche dei colleghi Prefetti della regione oggi presenti e, con essi, degli operatori pubblici e privati dei Consigli Territoriali per l’Immigrazione impegnati costantemente a favorire il processo di integrazione in Toscana.

Una regione che per i consistenti flussi immigratori che da tempo la coinvolgono, è chiamata a governare un eccezionale dinamismo dei nuovi ingressi, più che triplicati nell’arco dell’ultimo decennio.

Una regione, crocevia di culture, dove si incontrano e si confrontano con le comunità locali stranieri provenienti da Paesi in via di sviluppo ma anche da Paesi occidentali.

Una regione, ancora, che nel 2020, secondo stime dell’IRPET, ospiterà oltre 400.000 stranieri, pari al 12% della popolazione complessiva, e che si colloca – secondo due dei più significativi indicatori disponibili: la nuzialità e la natalità degli stranieri in Italia – tra le prime in fatto di stabilizzazione delle comunità immigrate.

E’ in Toscana, infatti, che si riscontra una delle più alte percentuali - il 21,8% - dei matrimoni con almeno un coniuge straniero. Ed è ancora in Toscana, con un picco del 24,6% a Prato, che si registra la più alta incidenza dei nati da stranieri.

Tra le sfide presenti e quelle annunciate legate ai cambiamenti infrastrutturali, sociali e demografici in atto quella volta a rendere effettiva – per gli immigrati toscani degli oltre 120 Paesi del mondo – il passaggio dalla fase dell’accoglienza a quella dell’inclusione è dunque tra le più complesse.

Ma l’apporto alla definizione delle strategie più efficaci per fare della multiculturalità un fattore di crescita è globale!!

Comuni, Province, Regione, enti ed organismi, sia laici che religiosi, continuano nell’azione orientata all’edificazione – al di là delle differenze di cultura, lingua, religione e tradizioni - di una dimensione unica delle condizioni di cittadinanza, fondata – come più volte auspicato nella Carta dei Valori – su prospettive di condivisione di principi e responsabilità comuni.

Responsabilità comuni, come ad esempio quella per la tenuta della legalità ed il contrasto della c.d. microcriminalità, che chiamano in causa i comportamenti di tutti - stranieri e non – sol che si pensi che ad alimentare i mercati clandestini concorre anche la persistente domanda di beni e servizi illeciti che viene dalla società.

Il rafforzamento di questi valori rappresenta, dunque, la linea guida dell’azione dei Consigli Territoriali per l’Immigrazione.

Guardando alle esperienze del territorio, come invita a fare il tema del convegno, la Toscana, mentre non riesce del tutto a sottrarsi alle criticità del sistema denunziate dall’esperienza quotidiana degli operatori, si conferma banco di prova sempre aperto ai miglioramenti.

Per dire solo della provincia di Firenze – ma lo stesso potrebbe valere per le altre – ai ritardi ed ai ricorrenti ingolfamenti degli uffici statali nel rilascio dei nullaosta e dei permessi di soggiorno, hanno corrisposto i preziosi risultati dell’azione di decentramento, già nel 2005, presso dodici sportelli comunali dei punti di assistenza ed informazione, nonché quelli scaturiti dal ricorso al multilinguismo ed alle nuove tecnologie per assicurare la interoperabilità tra le amministrazioni e la crescita della qualità dei rapporti con le comunità straniere.

Per converso, anche le più avanzate iniziative per l’accoglienza – dalla realizzazione del villaggio La Brocchi per rifugiati privi di mezzi di sussistenza alla progettazione di una rete territoriale capace di assicurare servizi sanitari e psicologici alle vittime di violenze e torture nei Paesi di origine – hanno a volte trovato nella farraginosità delle procedure abilitanti all’ingresso in Italia un limite alla effettività degli stessi diritti riconosciuti agli immigrati regolari.

Un campo d’azione fatto di luci ed ombre, dunque, ma anche di eccezionale operosità ove, (nella oramai diffusa consapevolezza che l’immigrazione va gestita come fattore ordinario di crescita della società), si è sempre riusciti a guardare avanti provando, settimana dopo settimana, a guadagnare vantaggio sulle sfide annunciate.

Un laboratorio, insomma, che, in tema di snellimento delle procedure e semplificazione, in piena sintonia con le previsioni del disegno di Legge delega 2976, sta investendo molte delle sue risorse in nuovi progetti. Penso a quello, d’intesa con il Dipartimento per le Libertà Civili, volto allo studio e alla razionalizzazione dei processi, dei tempi e dei carichi di lavoro per il trasferimento delle funzioni relative al rinnovo dei permessi di soggiorno alle amministrazioni comunali.
Ed ancora a quello di prossima presentazione al Viminale, in partenariato con la regione, per provare ad allargare ad alcuni Paesi dell’Unione– nell’ambito del programma di lavoro per la tecnologia dell’informazione e della comunicazione (ICT POLICY 2007) – il modello di servizio rappresentato dal progetto PA e SI, nato in Prefettura nel 2001, per creare la più ampia circolarità e condivisione di informazioni nella pubblica amministrazione nei procedimenti sull’immigrazione.

All’esigenza di individuare correttivi alle criticità messe in evidenza dal territorio ha provato a dare risposta anche la ricerca su “L’immigrazione in Toscana nel 2007” cui hanno collaborato tutte le Prefetture della regione.

Sarebbe troppo lungo in questa sede fermarsi a dire dei problemi messi in luce dall’analisi.

Dalla necessità di dar vita ad un sistema integrato di rilevazione dei dati sull’immigrazione che, a fronte della ricchezza delle fonti oggi disponibili, sia capace di superare i diversi angoli di visuale e la scarsa comparabilità dei dati medesimi alla opportunità di moltiplicare le esperienze di avvicinamento ed interazione fra le famiglie immigrate e quelle autoctone, partendo proprio dalle possibilità offerte dal mondo della Scuola.

Dall’esigenza, ancora, di sostenere gli interventi territoriali che offrono servizi all’interno degli Istituti di pena per il recupero degli stranieri detenuti, alla necessità di superare le incertezze che ancora si registrano tra gli operatori dei servizi pubblici in ordine alla specificità delle figure e della normativa concernente i richiedenti asilo ed i rifugiati.

Si tratta di risposte che il territorio attende, di ulteriori passi da compiere, soprattutto in sede locale, per favorire, con la partecipazione in rete di tutti gli attori presenti, il pieno inserimento sociale dei cittadini stranieri legalmente soggiornanti.

Si tratta di questioni sulle quali i lavori che si aprono stamattina qui nel Salone dei Cinquecento probabilmente si soffermeranno, insieme alle altre di più largo respiro nazionale e comunitario.

Sarà davvero interessante, allora, seguirne con attenzione tutte le fasi, facendo tesoro delle indicazioni che dagli interventi, tutti di altissimo prestigio politico ed istituzionale, potranno venire e nella certezza che le riflessioni conclusive dei lavori sapranno ben illuminare il dibattito in atto nella società ed in questo momento alla Camera in ordine alle riforme in materia di immigrazione e di condizione dello straniero.

In attesa delle scelte del Parlamento, continueremo ad operare con impegno particolare, nella consapevolezza che parte, sia pur piccola, del cambiamento e del successo della nuova disciplina dipenderà ancora dall’approccio di ciascuno, nella propria individualità, al rapporto con l’altro.
Qui mi ritorna alla mente Sarr Cheick, quel senegalese che non si tirò indietro, quando sulla spiaggia di Castagneto Carducci, il 14 agosto 2004, diede la vita per strappare un uomo alle onde del mare in tempesta.
Un gesto che gli valse la medaglia d’oro alla memoria.
In quel momento, noi tutti sentimmo di appartenere ad una sola comunità.
Mi chiedo, allora, concludendo, se un giorno, non troppo lontano, riusciremo a provare questi stessi sentimenti, senza dover attendere il valore di un atto eroico e se, per rendere ancora più breve la strada per la conquista di un’autentica società multiculturale, non possa aiutare il superamento di quel modo di interpretare la vita secondo il quale – come scriveva agli inizi del secolo scorso il Premio Nobel Joseph Kipling – “le persone come noi, sono noi e tutti gli altri sono loro”.

Un cordiale saluto, ancora, ed a tutti i migliori auguri per i lavori che a breve avranno inizio.





   
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