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Allegato A
Seduta n. 48 di martedì 5 agosto 2008
DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 25 GIUGNO 2008, N. 112, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER LO SVILUPPO ECONOMICO, LA SEMPLIFICAZIONE, LA COMPETITIVITÀ, LA STABILIZZAZIONE DELLA FINANZA PUBBLICA E LA PEREQUAZIONE TRIBUTARIA (APPROVATO DALLA CAMERA E MODIFICATO DAL SENATO (A.C. 1386-B)
A.C. 1386-B - Ordini del giorno
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
il comma 10 dell'articolo 20 del provvedimento in esame prevede che gli aventi diritto all'assegno sociale di cui all'articolo 3 comma 6 della legge n. 335 del 1995 debbano dimostrare, a partire dal lo gennaio 2009, aver soggiornato legalmente in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale;
tale limite, di fatto, penalizza i cittadini italiani residenti all'estero i quali, una volta rientrati in Italia, non hanno il requisito dei dieci anni stabilito dalla nuova normativa,
impegna il Governo
ad assumere tutte le opportune iniziative affinché l'applicazione delle nuove norme non comporti l'esclusione dal beneficio di tutti quei cittadini italiani che sono dovuti emigrare all'estero per cercare lavoro e all'estero hanno passato la maggior parte della loro vita e solo ora dopo una vita di sacrifici rientrino in Italia.
9/1386-B/1.Miotto, Bucchino, Fedi, Livia Turco, Murer, Sbrollini, Lenzi, Grassi, Burtone, Narducci.
La Camera,
premesso che,
il presente provvedimento prevede numerose misure di intervento nel settore delle politiche del lavoro, intervenendo in più punti a modifica di norme che erano state varate in tempi recenti dal precedente Governo;
il precedente Governo aveva avviato un processo di assorbimento, con le sue due leggi finanziarie, del personale precario cosiddetto «storico»;
nel corso del procedimento di conversione del presente decreto è stato inserito all'articolo 21 il comma 1-bis che penalizza gravemente i lavoratori con contratto a tempo determinato che, alla data di entrata in vigore del disegno di legge di conversione del presente decreto, abbiano in corso un procedimento giudiziario nei confronti del proprio datore di lavoro per violazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 368 del 2001,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative al fine di evitare, nell'ambito delle proprie competenze, che si possa produrre una discriminazione grave tra i lavoratori che hanno beneficiato del reintegro nel posto di lavoro con contratto a tempo indeterminato in seguito a una sentenza della magistratura che ha riconosciuto l'abuso da parte dell'impresa delle assunzioni a termine, e coloro che, per la stessa fattispecie potranno beneficiare soltanto di un semplice indennizzo.
9/1386-B/2.Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede numerose misure di intervento nel settore delle politiche del lavoro, intervenendo in più punti a modifica di norme che erano state varate in tempi recenti dal precedente Governo;
precedente il Governo aveva avviato un processo di assorbimento, con le sue due leggi finanziarie, del personale precario cosiddetto «storico»;
nel corso del procedimento di conversione del presente decreto è stato inserito all'articolo 21 il comma 1-bis che penalizza gravemente i lavoratori con contratto a tempo determinato che, alla data di entrata in vigore del disegno di legge di conversione del presente decreto abbiano in corso un procedimento giudiziario nei confronti del proprio datore di lavoro per violazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 368 del 2001,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di un ulteriore intervento legislativo urgente, che escluda l'applicazione della norma in oggetto nei confronti di quei lavoratori che, in forza di una sentenza di primo grado divenuta esecutiva, siano già stati reintegrati in azienda con contratto a tempo indeterminato, e si trovino in attesa della sentenza di secondo grado, e dunque con un giudizio ancora in corso.
9/1386-B/3.Mattesini, Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede numerose misure di intervento nel settore delle politiche del lavoro, intervenendo in più punti a modifica di norme che erano state varate in tempi recenti dal precedente Governo;
precedente il Governo aveva avviato un processo di assorbimento, con le sue due leggi finanziarie, del personale precario cosiddetto «storico»;
nel corso del procedimento di conversione del presente decreto è stato inserito all'articolo 21 il comma 1-bis che penalizza gravemente i lavoratori con contratto a tempo determinato che, alla data di entrata in vigore del disegno di legge di conversione del presente decreto abbiano in corso un procedimento giudiziario nei confronti del proprio datore di lavoro per violazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 368 del 2001,
impegna il Governo
ad esaminare, ed eventualmente sanare attraverso ulteriori iniziative normative, la questione della compatibilità della norma in oggetto con la direttiva del Consiglio dell'Unione europea n. 70 emessa il 28 giugno 1999, che esclude la possibilità del peggioramento delle condizioni dei lavoratoriprecari, e richiamata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 41 del 7 febbraio 2000.
9/1386-B/4.Berretta, Damiano, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.
La Camera,
premesso che:
con l'articolo 61 del provvedimento in esame si abrogano i commi 102, 103 e 104 dell'articolo 2 della legge finanziaria per il 2008;
il comma 102 istituisce il «Fondo per la legalità» da finanziarsi con i proventi derivanti da beni mobili e immobili confiscati ai sensi della legge n. 575 del 1995;
con gli altri commi, il fondo di cui sopra era impiegato per rafforzare le strutture delle forze di polizia, nonché per il risanamento dei quartieri urbani degradati;
una sana politica di sicurezza non può prescindere, infatti, da interventi di prevenzione, rimozione delle cause assieme a repressione e contrasto del crimine;
con l'articolo 61 del provvedimento in esame si costruisce un analogo fondo ipotizzando il finanziamento da altre fonti oltre alla legge n. 575 del 1995;
con il comma 23 introdotto nel corso della discussione in Parlamento, tale fondo viene destinato genericamente alla tutela della sicurezza pubblica, al potenziamento dei servizi istituzionali del Ministero della giustizia, ed in parte le relative somme sono versate all'entrata del bilancio dello Stato;
non vi sono chiare indicazioni per l'utilizzo relativamente a forme di prevenzione della criminalità,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative al fine di utilizzare le somme che dal predetto fondo venissero versate all'entrata del bilancio dello Stato, per interventi di prevenzione e rimozione delle cause del crimine con particolare riferimento al risanamento dei quartieri urbani degradati.
9/1386-B/5.Vannucci.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca misure per promuovere lo sviluppo e il potenziamento della rete infrastrutturale del Paese, anche attraverso fondi innovativi di investimento con la partecipazione di investitori pubblici e privati;
vengono sbloccati fondi pregressi a favore di ANAS spa per la realizzazione dei suoi programmi, dopo che, con il decreto-legge n. 59 del 2008, era stato approvato il rinnovo della convenzione tra Autostrade per l'Italia spa e la società ANAS spa, per la gestione della rete autostradale in concessione alla stessa, con conseguente obbligo di realizzare interventi di manutenzione straordinaria e di rinnovo delle infrastrutture, grazie al nuovo meccanismo tariffario e alla durata trentennale della convenzione stessa;
vengono riattivate con Rete Ferroviaria Italiana le convenzioni già stipulate da TAV spa con i «Contraenti generali» per la realizzazione, fra l'altro, della linea AV/AC Genova - Milano «terzo valico dei Giovi»;
l'Allegato 1 «Programma delle infrastrutture strategiche» del Documento di programmazione economica e finanziaria 2009-2013 ha individuato gli assi viari e ferroviari che compongono i corridoi infrastrutturali europei in territorio italiano, tra cui il corridoio 24 Genova - Rotterdam, ed ha elencato una serie di opere da finanziare nel triennio 2009-2011 compresa la linea AV/AC Genova - Milano;
il Governo, in sede di prima lettura presso la Camera dei deputati del presente provvedimento, ha accolto come raccomandazione un ordine del giorno concernente le osservazioni della Regione Piemonte in merito all'asse viario «Genova-Milano (A7), ammodernamento tracciato fra Genova e Serravalle Scrivia» con l'impegno a realizzare gli indispensabili interventi di manutenzione straordinaria e modifica del tracciato in particolare «nel tratto oltre appennino e nell'attraversamento di Serravalle Scrivia»; in data 30 luglio ultimo si è verificata l'ennesima situazione di emergenza lungo il tracciato della A7 causata da un incidente accaduto nella raffineria IPLOM di Busalla che ha reso necessario chiudere per alcune ore l'autostrada e anche la linea ferroviaria Genova-Torino; tale episodio ha riproposto l'urgenza degli interventi necessari sulle reti di mobilità che interessano la Valle Scrivia ligure e piemontese, che è una delle dorsali del Corridoio 24 verso il Nord Ovest, caratterizzata da insediamenti industriali e commerciali importanti che attraggono visitatori e merci, da un intenso traffico di mezzi pesanti, da forte pendolarismo verso le aree metropolitane e tuttora servita da infrastrutture obsolete, in quanto le linee ferroviarie risalgono all'ottocento e l'autostrada al 1935;
dall'analisi dell'allegato infrastrutture del DPEF e dei Contratti di programma fra Stato, ANAS ed RFI, risulta che, da un lato, per quanto riguarda gli investimenti autostradali, vanno puntualizzati gli interventi da realizzare sulla A7, come sopra specificato, e dall'altro, vanno programmati e attuati gli interventi di ammodernamento sulle linee ferroviarie storiche Genova-Torino e Genova-Milano, come già indicato nel parere reso dalla IX Commissione nella XV legislatura in relazione al Contratto di Programma con RFI e sulla base dei protocolli stipulati con gli enti locali in occasione dell'esame del progetto definitivo della linea AV/AC Genova-Milano «terzo valico dei Giovi», per la quale vanno ancora reperiti i finanziamenti necessari,
impegna il Governo:
a dare piena attuazione agli interventi infrastrutturali individuati dal DPEF 2009-2013 per gli assi viari e ferroviari del Corridoio 24 Genova-Rotterdam, con particolare riferimento alla Valle Scrivia ligure e piemontese e ai collegamenti ferroviari e autostradali fra Genova e Milano e Genova e Torino, individuando le risorse finanziarie necessarie;
a verificare le convenzioni in atto fra ANAS spa e Autostrade per l'Italia spa e il Contratto di Programma vigente fra Stato ed RFI, per rendere operativi gli interventi già previsti nell'ambito del Corridoio 24 e per puntualizzare gli investimenti necessari sulla rete autostradale A7 e sulle linee ferroviarie storiche Genova-Torino e Genova-Milano, sulla base delle indicazioni già espresse dalla Camera dei deputati e dei protocolli d'intesa sottoscritti con gli enti locali;
a verificare le condizioni di fattibilità del progetto definitivo, approvato con delibera del CIPE pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 25 agosto 2006, della linea AV/AC Genova - Milano «terzo valico dei Giovi», sotto il profilo dei costi e della sua effettiva copertura finanziaria, della rispondenza dello stesso alle osservazioni a suo tempo formulate dalle regioni e degli enti locali e delle modalità di realizzazione conseguenti alla riattivazione della convenzione col Contraente generale.
9/1386-B/6.Lovelli.
La Camera,
premesso che:
con un emendamento approvato al Senato, che ha modificato l'articolo 21 del decreto in esame, il datore di lavoro, solo nel caso di giudizi in corso per la violazione della disciplina delle norme sul termine del contratto di lavoro o della sua proroga, e fatte salve le sentenze passate in giudicato, non dovrà più provvedere al reintegro del lavoratore ma sarà «tenutounicamente ad indennizzare il prestatore di lavoro con un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 e un massimo di sei mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto»;
si ripudia dunque così la tutela «reale» che da sempre la legge ha assicurato ai lavoratori assunti con contratti ai quali siano stati apposti illegittimamente termini o che siano stati illegittimamente più volte prorogati, consistente nell'accertamento giudiziale della costituzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato fin dall'origine;
la disposizione si applica nel caso in cui siano violati gli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo n. 368 del 2001, cioè: a) quando sia apposto al contratto di lavoro un termine in assenza delle cause giustificatrici di ordine tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo; b) quando siano violati i termini massimi dei contratti relativi ai servizi operativi di terra e di volo delle aziende di trasporto aereo o di esercizio aeroportuale; c) quando il contratto sia prorogato in violazione dei presupposti e delle condizioni stabilite dalla legge;
l'emendamento, infatti, fa salve le sentenze passate in giudicato, ma estende la sua operatività a tutti i giudizi in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, comprese, dunque, le vertenze già avviate e non ancora definitive. La quantità del contenzioso in materia è talmente vasta, che l'incidenza della norma sarà certamente estesissima e molto pesante;
aumentano così anche le disparità che l'ordinamento nel suo complesso crea tra lavoratori a tempo determinato privati e pubblici, ma anche nell'ambito delle due categorie. Per effetto delle due ultime leggi finanziarie, i lavoratori «precari» della pubblica amministrazione finiscono per godere di una tutela potenziale, destinata a divenire maggiore di quella della quale hanno sempre beneficiato i lavoratori del settore privato. Infatti, i primi possono contare sulla disciplina delle stabilizzazioni pubbliche; i secondi che abbiano avviato vertenze per il riconoscimento dell'illegittima apposizione del termine non otterranno che un'indennità;
l'accumularsi delle disposizioni in merito finisce per ingigantire i casi di diversità di trattamento, tali da rendere fortemente sospetto l'intero quadro normativo di illegittimità costituzionale, ma, in ogni caso, indica in maniera abbastanza certa l'esistenza di situazioni discriminatorie tra lavoratori, sostanzialmente arbitrarie;
si è creato così un lungo elenco di situazioni diversificate, a sostanziale parità di situazioni:
a) un lavoratore assunto a tempo determinato che abbia avviato una vertenza prima della vigenza della legge di conversione del decreto in esame riceverà solo l'indennità; un altro lavoratore del settore privato che, invece, avvii una vertenza identica, ma dopo la data di entrata in vigore della manovra, potrà contare sull'accertamento retroattivo del rapporto di lavoro a tempo indeterminato;
b) un lavoratore a tempo determinato del settore privato nelle condizioni di cui sopra che abbia avviato una vertenza prima della vigenza della legge di conversione del decreto in esame, ad esempio per assenza delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo riceverà solo l'indennità;
c) un lavoratore somministrato che si rivolga al giudice ai sensi dell'articolo 27 del decreto legislativo n. 276 del 2003 per somministrazione irregolare cagionata dalla medesima causa, invece, può pur sempre ottenere la conversione retroattiva del rapporto in lavoro a tempo indeterminato;
d) un lavoratore a tempo determinato del settore privato nelle condizioni di cui sopra che abbia avviato una vertenza prima della vigenza della legge di conversione del decreto in esame, e cheabbia lavorato per tre anni presso un datore privato, non può ottenere la conversione;
e) un lavoratore a tempo determinato (ma anche un «co.co.co.») che abbia lavorato per tre anni presso una pubblica amministrazione, anche discontinuamente nell'ultimo quinquennio, invece, può essere «stabilizzato»;
f) un lavoratore «precario» pubblico dipendente dallo Stato che disponga dell'anzianità triennale di cui sopra è senz'altro da stabilizzare, per applicazione diretta delle due ultime leggi finanziarie;
g) un lavoratore nelle medesime condizioni dipendente da regioni ed enti locali, invece, viene stabilizzato solo nella misura in cui l'ente di appartenenza si avvalga o meno della facoltà di procedere in tal senso;
h) anche tra lavoratori precari pubblici statali il trattamento non sarà uguale: infatti, la stabilizzazione per effetto diretto della legge può porsi in essere solo nell'ambito degli stanziamenti di spesa previsti; dunque, alcuni «precari» saranno stabilizzati, altri no;
i) in generale, i precari pubblici possono essere stabilizzati a condizione che le loro attività lavorative a tempo determinato siano derivate da assunzioni per concorso pubblico; però la legge n. 296 del 2006 consente la stabilizzazione anche di dipendenti assunti con modalità diverse dal concorso, cioè senza concorso pubblico e, dunque, in violazione dell'articolo 97 della Costituzione; piuttosto che prendere atto dell'assoluta nullità di simili rapporti di lavoro, si consente l'apprestamento di concorsi riservati, mentre, come si vede, dipendenti a termine del settore privato acclaratamente parti passive di rapporti di lavoro illecitamente costruiti a termine non possono contare sulla conversione del rapporto;
j) le stabilizzazioni dei dipendenti pubblici sono ammissibili, se i dipendenti stessi dispongano dell'anzianità di tre anni, anche discontinui, nell'ultimo quinquennio o se tale anzianità possano conseguirla per effetto di contratti stipulati o antecedentemente al 29 settembre 2006 o al 28 settembre 2007; non altrettanto vale per lavoratori che abbiano due anni o due anni e mezzo di anzianità, oppure che giungano ai tre anni per contratti a termine stipulati un giorno dopo le date indicate prima o che abbiano un'anzianità di due anni, 11 mesi e 29 giorni;
k) le stabilizzazioni dei dipendenti pubblici non riguardano i lavoratori assunti negli staff degli organi di governo, assunti fiduciariamente per sostanziale appartenenza politica, né i dirigenti assunti a contratto, sempre per via fiduciaria; tuttavia, la normativa non ha previsto alcuna sanzione esplicita per l'ipotesi di violazione di questi principi, che, del resto, sono stati esplicitati in via espressa solo nel 2008, anche se il processo di stabilizzazione è partito nel 2007, sicché nessuno può escludere - anzi tutto lascia supporre - che siano stati stabilizzati lavoratori nella realtà non stabilizzabili;
lavoratori che avrebbero potuto beneficiare definitivamente di un rapporto a tempo indeterminato (per causa, è bene sottolinearlo, del datore, non propria) e dunque di versamenti previdenziali e altre tutele, torneranno, invece, a chiedere protezioni e servizi come indennità di disoccupazione e ricerca di lavoro, attività che hanno un costo e risultano tanto più complesse, ovviamente, quanto più elevato è il numero dei soggetti dei quali prendere cura;
per tentare di risolvere, maldestramente, un problema di contratti, vertenze e assunzioni relativi alle poste, si interviene su tutte le cause di lavoro in corso, anche su quelle in cui il giudice, in primo o in secondo grado, ha già dato ragione al lavoratore, e lo ha reintegrato nel proprio posto di lavoro;
ci vogliono anni nel nostro Paese perché si vada al dibattimento nelle cause del lavoro e poi alla sentenza, anni per l'appello, ed in genere più di un decennio perché si giunga al termine della controversia;
la norma in esame ha effettivamente costituito un vulnus all'ordinamento,
impegna il Governo:
ad adottare le opportune iniziative anche legislative, nel rispetto delle prerogative del Parlamento, per una revisione complessiva della normativa sul lavoro precario nel settore privato come in quello pubblico al fine di dare certezze ai lavoratori più giovani e maggiore stabilità ai rapporti di lavoro, in particolare:
salvaguardando i diritti di chi ha già vinto una causa nel primo grado di giudizio,
stabilendo un diritto di priorità nelle assunzioni per i lavoratori precari che hanno già lavorato per un'azienda nella stessa mansione anche in riferimento alle assunzioni con contratto a tempo determinato;
salvaguardando gli accordi sindacali già sottoscritti in materia se più favorevoli ai lavoratori.
9/1386-B/7.Borghesi.
La Camera.
premesso che:
rendere sempre più precari i rapporti di lavoro significa rompere le continuità temporali e relazionali interferendo negativamente nella qualità del lavoro e nell'efficacia del servizio offerto, significa produrre impoverimento dell'offerta formativa;
le discontinuità lavorative vanno dunque a discapito del progetto, non permettono sviluppo e approfondimento e, lungi dal realizzare dinamicità lavorativa, deprimono le spinte al miglioramento professionale;
l'ordinamento italiano ha recepito la direttiva 99/70/CE con il decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, che ha posto una clausola generale di legittimazione del contratto a tempo determinato;
il programma del precedente Governo ha sottolineato come la forma contrattuale ordinaria sia da considerarsi il rapporto di lavoro a tempo indeterminato e come tutte le forme contrattuali alternative devono prevedere standard minimi atti a contenere processi di precarizzazione a lungo termine, nonché a garantire una rete di «diritti di cittadinanza» che siano comuni a tutti i lavoratori; in coerenza con tali indirizzi, la legge finanziaria per il 2007, prevedeva numerose misure per la stabilizzazione del lavoro precario, di repressione per i casi di abuso delle forme di lavoro flessibile attualmente consentite, nonché di riconoscimento di specifici diritti ai lavoratori flessibili;
nel decreto in esame si interviene in più punti modificando e destabilizzando il mercato del lavoro ed i contratti che lo regolano;
la disciplina dei contratti a tempo determinato viene notevolmente peggiorata, poiché si prevede, in caso di violazione della disciplina del contratto a termine, in luogo della trasformazione del medesimo contratto a tempo indeterminato, l'obbligo di un limitato indennizzo monetario; tale prospettiva desta non poche e fondate riserve di costituzionalità, in quanto applicabile ai soli procedimenti in corso,
impegna il Governo:
a valutare di adottare gli opportuni interventi legislativi, fatte salve le prerogative del Parlamento, al fine di incentivare i contratti di lavoro a tempo indeterminato;
a intervenire in tal senso facendo riferimento alle disposizioni della legge n. 247 del 2007 di applicazione del cosiddetto «Protocollo welfare».
9/1386-B/8.Barbato.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge all'esame della Camera, apporta delle modifiche alle norme che regolamentano i requisiti per poter beneficiare dell'assegno sociale;
l'assegno sociale, è stato introdotto dalla legge n. 335 del 1995 ed è una prestazione assistenziale, che prescinde quindi da qualsiasi eventuale versamento contributivo; possono farne richiesta i residenti in Italia che siano cittadini italiani, cittadini della Comunità europea e cittadini extracomunitari in possesso della carta di soggiorno;
durante l'esame del provvedimento alla Camera, è stato approvato un emendamento, con il parere favorevole del Governo, grazie al quale l'assegno sociale non veniva più legato alla povertà - perdendo quindi il suo carattere assistenziale - ma al fatto di aver soggiornato continuativamente per almeno dieci anni e aver lavorato; negandolo quindi anche a tanti cittadini indigenti, molti dei quali italiani (cancellando in questo modo circa 800.000 assegni sociali spettanti agli indigenti), che non avevano mai lavorato o che non avevano maturato requisiti sufficienti per la pensione;
dopo le fortissime proteste dei cittadini, dell'opposizione e dei sindacati, che ritenevano che il provvedimento penalizzasse tutte le fasce più deboli, il Governo ha deciso di modificare la norma durante l'esame del disegno di legge al Senato, togliendo il requisito di reddito, lasciando invece la previsione secondo la quale, per accedere all'assegno sociale occorre aver soggiornato legalmente, in via continuativa per almeno dieci anni nel territorio nazionale;
anche il testo del provvedimento, come approvato da Senato, rischia comunque di creare ingiustizie a danno di cittadini che per varie ragioni non hanno soggiornato continuativamente nel Paese e che quindi si vedrebbero esclusi dal beneficio dell'assegno sociale. Un danno che potrebbe penalizzare indistintamente extracomunitari o comunitari, ma anche cittadini italiani, come per esempio nel caso di emigranti italiani che in caso di rientro nel Paese da un periodo inferiore ai dieci anni, si potrebbero non veder riconosciuto il diritto all'assegno sociale, anche se indigenti,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere una formulazione della norma che consenta di risolvere i diversi dubbi interpretativi, ancora presenti nel testo, al fine di tutelare tutte quelle persone che rischiano ingiustamente, anche in virtù di una errata interpretazione della norma medesima, di non poter più beneficiare dell'assegno sociale, privandole così del diritto al sostentamento minimo garantito dall'assegno stesso.
9/1386-B/9.Cambursano.
La Camera,
premesso che:
la direttiva 2003/86/CE stabilisce regole comuni per il diritto al ricongiungimento familiare per cittadini dei paesi terzi legittimamente residenti nell'Unione;
le misure in materia di ricongiungimento familiare dovrebbero essere adottate in conformità con l'obbligo di protezione della famiglia e di rispetto della vita familiare che è consacrato in numerosi strumenti di diritto internazionale. La direttiva suddetta rispetta i diritti fondamentali ed i principi riconosciuti, in particolare, nell'articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;
il ricongiungimento familiare è uno strumento necessario per permettere la vita familiare. Esso contribuisce a creare una stabilità socioculturale che facilita l'integrazione dei cittadini di paesi terzinegli Stati membri, permettendo d'altra parte di promuovere la coesione economica e sociale, obiettivo fondamentale della Comunità europea, enunciato nel Trattato;
gli Stati membri attuano le disposizioni della presente direttiva senza operare discriminazioni fondate su sesso, razza, colore della pelle, origine etnica o sociale, caratteristiche genetiche, lingua, religione e convinzioni personali, opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, appartenenza a una minoranza nazionale, censo, nascita, disabilità, età o tendenze sessuali;
il ricongiungimento familiare dovrebbe riguardare in ogni caso i membri della famiglia nucleare, cioè il coniuge e i figli minorenni,
impegna il Governo
a rispettare i principi e criteri della direttiva 2003/86/CE e a non introdurre nella sostanza limitazioni non contemplate nella medesima direttiva al fine di evitare ulteriori richiami da parte dell'Unione europea.
9/1386-B/10.Messina.
La Camera,
premesso che:
il decreto in esame, all'articolo 20, comma 10, modifica l'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con il quale è stato istituito l'assegno sociale;
l'assegno sociale compete ai cittadini italiani, o equiparati, quando non percepiscono alcun reddito o ne percepiscono uno inferiore all'importo corrente dell'assegno sociale, hanno raggiunto i 65 anni di età e risiedono abitualmente in Italia;
sono equiparati ai cittadini italiani: gli abitanti di San Marino, i rifugiati politici, i cittadini di uno Stato dell'Unione europea residenti in Italia e i cittadini extracomunitari in possesso di carta di soggiorno;
in base al testo iniziale del decreto, a decorrere dal 1o gennaio 2009, l'assegno sociale sarebbe stato corrisposto agli aventi diritto a condizione che avessero soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno cinque anni nel territorio nazionale;
successivamente la Camera aveva modificato il testo proponendo che l'assegno sociale venisse corrisposto agli aventi diritto a condizione che avessero soggiornato legalmente e lavorato legalmente con un reddito almeno pari all'importo dell'assegno sociale, in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale;
successivamente il Senato ha soppresso le parole «e lavorato legalmente con un reddito almeno pari all'importo dell'assegno sociale»;
risultano confermate le restrizioni relative alla residenza continuativa di dieci anni - senza riferimento alcuno alla residenza storica - cioè a periodi di residenza in qualsiasi periodo anteriore alla data di presentazione della domanda di assegno sociale;
le restrizioni rischiano di precludere ai cittadini italiani emigrati, ove rientrassero nel territorio italiano a causa delle situazioni di indigenza presenti in molti paesi di emigrazione, la possibilità di accedere all'assegno sociale,
impegna il Governo
ad escludere dalle nuove restrizioni i cittadini italiani emigrati all'estero, ove rientrassero in Italia e soddisfacessero gli altri requisiti, tenendo conto che in molti casi possono far valere periodi di residenza storica pari o superiore a dieci anni.
9/1386-B/11.Fedi, Bucchino, Gianni Farina, Garavini, Porta.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 70 del provvedimento in esame prevede la cancellazione, a decorrere dal 1o gennaio 2009, dei trattamenti economici aggiuntivi per le infermità dipendenti da causa di servizio ascritte ad una delle categorie della tabella A annessa al decreto del Presidente della Repubblica n. 834 del 1981. In origine la previsione del decreto riguardava tutti i dipendenti pubblici, mentre a seguito delle modificazioni approvate questo articolo non si applica al comparto sicurezza e difesa;
l'articolo 71 del provvedimento in esame prevede disposizioni inerenti le assenze per malattia e per permesso retribuito, riguardanti, tra le altre, decurtazioni retributive da operare in caso di malattia di dipendenti pubblici e nuove tipologie di fasce orarie di reperibilità del lavoratore pubblico ammalato. In origine la previsione del decreto riguardava tutti i dipendenti pubblici, mentre a seguito delle modificazioni approvate queste disposizioni non si applicano al comparto sicurezza e difesa per le malattie conseguenti a lesioni riportate in attività operative e di addestramento;
i Vigili del Fuoco, seppure possa sembrare strano, ai sensi delle vigenti norme non rientrano nel comparto sicurezza e pertanto anche in questo caso subiscono un ulteriore trattamento ingiusto e vessatorio che li vede esclusi dalle deroghe giustamente riconosciute al comparto sicurezza e difesa in ragione della peculiarità del servizio svolto;
già a livello retributivo i Vigili del Fuoco subiscono un ingiusto peggiore trattamento economico, quantificabile in circa 300 euro mensili in meno rispetto agli altri Corpi dello Stato del comparto sicurezza e nonostante le tante promesse il problema non è stato mai sanato;
analoghe valutazioni debbono essere fatte anche in merito al deteriore trattamento che i Vigili del Fuoco subiscono anche dal punto di vista pensionistico, in quanto non fanno parte del comparto sicurezza e non beneficiano della maggiorazione contributiva di un anno ogni cinque dei servizi operativi prestati di cui all'articolo 5 del decreto legislativo n. 165 del 1997, come anche non usufruiscono della maggiorazione della base pensionabile prevista dall'articolo 4 del decreto legislativo n. 165 del 1997;
costituisce ulteriore dimostrazione di come i Vigili del Fuoco, ad avviso del presentatore, siano bistrattati dai Governi e di come paghino il fatto di non essere ricompresi nel comparto sicurezza, il fatto che a fronte dell'abolizione dell'indennità di missione operata per tutti i dipendenti pubblici attraverso la legge finanziaria 2006, la stessa fu successivamente riattribuita al solo personale del comparto sicurezza e difesa, tralasciando il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, sebbene anch'esso istituzionalmente preposto a missioni operative su tutto il territorio nazionale;
non si comprende per quale motivazione i Vigili del Fuoco debbano ricevere un trattamento penalizzante rispetto agli altri Corpi dello Stato sebbene, al pari delle Forze di Polizia, rivestano anche compiti e funzioni di agenti ed ufficiali di polizia giudiziaria (articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 139 del 2006), di polizia amministrativa (articolo 19 del decreto legislativo n. 139 del 2006) e di agenti di pubblica sicurezza (articolo 8, comma 1, della legge n. 1570 del 1941, come confermata in vigore dall'articolo 35, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 139 del 2006);
è singolare come i Vigili dei Fuoco siano assimilati al comparto sicurezza quando si tratta di doveri, mentre ogni qualvolta che vi sia un'occasione di riconoscenza dell'opera svolta al pari degli altri Corpi, questa gli sia sistematicamente negata da chi decide;
occorre comunque effettuare una distinzione tra gli appartenenti al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, avendo questo Corpo al suo interno, a differenzaad esempio della Polizia di Stato, dipendenti inquadrati come personale amministrativo, privi delle attribuzioni di polizia e non impiegati nel soccorso pubblico, che certamente non possono essere accomunati al comparto sicurezza e difesa, mentre il restante personale operativo, cioè i Vigili del Fuoco, per caratteristiche ordinamentali e per attribuzioni specifiche hanno invece pieno titolo ad un trattamento analogo a quello degli altri Corpi dello Stato che può essere riconosciuto inserendoli nello stesso comparto;
quanto da anni accade sotto il profilo normativo-retributivo-pensionistico ai Vigili dei Fuoco, e nel provvedimento all'esame viene purtroppo ulteriormente evidenziato, è immotivato e costituisce, ad avviso del presentatore, un affronto dello Stato che contrasta con l'abnegazione e lo spirito di sacrificio che contraddistingue da sempre i pompieri i quali, giova ricordarlo, non a caso sono l'istituzione che gode della più alta ed incontrastata stima e fiducia degli italiani e per i quali si deve ormai prevedere uno sganciamento dal pubblico impiego ed il riconoscimento di una specificità e peculiarità del servizio svolto,
impegna il Governo:
ad adottare i provvedimenti necessari normativi affinché anche agli appartenenti al personale operativo e permanente del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco sia riconosciuto lo stesso trattamento riservato nel provvedimento in esame agli altri Corpi del comparto sicurezza e difesa, con particolare riferimento agli articoli 70 (esclusione di trattamenti economici aggiuntivi per infermità dipendente da causa di servizio) e 71 (assenze per malattia e per permesso retribuito dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni);
ad adottare i provvedimenti normativi necessari affinché anche agli appartenenti al personale operativo e permanente del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco sia riconosciuta per legge l'indennità di trasferta, nelle stesse modalità e proporzioni riconosciute agli altri Corpi del comparto sicurezza e difesa;
ad adottare i provvedimenti normativi necessari affinché agli appartenenti al personale operativo e permanente del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, come anche agli appartenenti al comparto sicurezza e difesa, sia riconosciuta una specificità e peculiarità delle funzioni svolte e del servizio lavorativo che determini lo sganciamento dal pubblico impiego e lo svincolo dal tetto dell'inflazione programmata nella determinazione degli rinnovi contrattuali;
ad adottare i provvedimenti normativi necessari per iniziare un percorso, anche graduale, che porti a sanare ogni disparità sotto il profilo retributivo e pensionistico tra il personale operativo e permanente dei Vigili del Fuoco e gli appartenenti agli altri Corpi dello Stato;
a valutare l'ipotesi di inserire il personale operativo e permanente dei Vigili del Fuoco nel comparto sicurezza una volta per tutte, così da porre fine a tutte queste disparità di trattamento con gli altri Corpi dello Stato.
9/1386-B/12.Capodicasa, Vannucci, Zucchi.
La Camera,
premesso che:
il decreto attuativo della legge n. 247 del 2007, emanato dal Ministro lavoro e della previdenza sociale, in merito all'individuazione dei siti industriali per i quali applicare in favore dei lavoratori i benefici previdenziali per esposizione alla lavorazione di fibre d'amianto, esclude in Italia una serie di siti in maniera inspiegabile;
dalle previsioni normative, a causa del mancato inserimento nel decreto ministeriale, sono esclusi i lavoratori dei siti di Gela, Priolo e Milazzo in Sicilia e di Pisticci Valbasento in Basilicata;
detta esclusione è grave in quanto nei suddetti impianti si svolgevano le stesse lavorazioni in essere nei siti di Marghera e Brindisi che però sono inserite nel decreto ministeriale;
è assolutamente discriminatorio che centinaia di lavoratori vengano così esclusi dal beneficio di un diritto maturato sulla propria pelle;
in dette aree infatti molti lavoratori si sono ammalati di tumore e di asbestosi,
impegna il Governo
entro novanta giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del presente decreto-legge, a convocare un tavolo con le Regioni Sicilia e Basilicata, con l'INAIL nazionale e le rispettive sedi regionali, con le aziende e con le organizzazioni sindacali al fine di prevedere l'inserimento, nell'ambito dell'atto di indirizzo governativo ai sensi della legge n. 24 del 2007, dei siti di Gela, Priolo, Milazzo e Pisticci Valbasento, consentendo così anche ai lavoratori di questi impianti di poter beneficiare delle previsioni normative previdenziali in favore dei lavoratori esposti all'amianto.
9/1386-B/13.Burtone, Vico, Scilipoti.
La Camera,
premesso che:
il presente provvedimento prevede numerose misure di intervento nel settore delle politiche del lavoro, intervenendo in più punti a modifica di norme che erano state varate in tempi recenti dal precedente Governo;
in particolare, l'articolo 21, al comma 1, ha esteso la possibilità per il datore di lavoro di ricorrere al contratto a tempo determinato, senza alcun limite dal momento che è consentito «a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo» anche se «riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro»,
impegna il Governo
a prevedere, per quanto di sua competenza, che l'applicazione della dilatazione prevista dalla norma in oggetto avvenga solo in corrispondenza di circostanze e esigenze del ciclo dell'attività produttiva, il più possibile straordinarie e limitate nel tempo, evitando che così si determini un sostanziale svuotamento del principio dell'ordinarietà del contratto a tempo indeterminato.
9/1386-B/14.Gatti, Damiano, Baretta, Mosca, Madia, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gnecchi, Letta, Mattesini, Miglioli, Rampi, Santagata, Schirru.
La Camera,
premesso che:
nel corso del procedimento di conversione del presente decreto è stato inserito, all'articolo 21, il comma 1-bis, che penalizza gravemente i lavoratori con contratto a tempo determinato che, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, abbiano in corso un procedimento giudiziario nei confronti del proprio datore di lavoro per violazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative che tengano conto di accordi diversi e migliorativi in materia stipulati con le organizzazioni sindacali dei lavoratori, successivamente intervenuti.
9/1386-B/15.Baretta.
La Camera,
premesso che:
il comma 10 dell'articolo 20 del decreto in esame prevede che gli aventi diritto all'assegno sociale di cui all'articolo 3, comma 6, della legge n. 335 del 1995debbano dimostrare, a partire dal 1o gennaio 2009, di aver soggiornato legalmente in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale;
tale disposizione, pur nella riformulazione operata dal Senato, appare suscettibile di eccezioni, in quanto potenzialmente in contrasto con la normativa comunitaria che regola la materia, ed in particolare con la direttiva 2004/38/CE e con la direttiva 2003/109/CE;
la natura discriminatoria della disposizione è confermata dalla circostanza che, come noto, tutti i lavoratorioperanti in Italia, indipendentemente dalla loro nazionalità, sostengono il sistema previdenziale e quindi, indirettamente, anche quello assistenziale di cui l'assegno sociale fa parte;
la disposizione in questione troverà applicazione solo a decorrere dal lo gennaio 2009,
impegna il Governo
ad adottare, entro il suddetto termine temporale, ogni utile iniziativa affinché sia verificata la piena coerenza della nuova disciplina in materia di diritto all'assegno sociale con il corrispondente quadro comunitario, al fine di escludere la possibile messa in mora dell'Italia e il sorgere di un ingente contenzioso.
9/1386-B/16.Calvisi.
La Camera,
premesso che:
il comma 10 dell'articolo 20 del decreto in esame prevede che gli aventi diritto all'assegno sociale di cui all'articolo 3, comma 6, della legge n. 335 del 1995 debbano dimostrare, a partire dal 1o gennaio 2009, di aver soggiornato legalmente in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale;
tale disposizione, pur nella riformulazione operata dal Senato, appare suscettibile di eccezioni, in quanto potenzialmente in contrasto con la normativa comunitaria che regola la materia, ed in particolare con la direttiva 2004/38/CE e con la direttiva 2003/109/CE;
la disposizione in questione troverà applicazione solo a decorrere dal lo gennaio 2009,
impegna il Governo
ad adottare, entro il suddetto termine temporale, ogni utile iniziativa affinché sia verificata la piena coerenza della nuova disciplina in materia di diritto all'assegno sociale con il corrispondente quadro comunitario, al fine di escludere la possibile messa in mora dell'Italia e il sorgere di un ingente contenzioso.
9/1386-B/16.(Testo modificato nel corso della seduta).Calvisi.
La Camera,
premesso che:
il comma 10 dell'articolo 20 del decreto in esame prevede che gli aventi diritto all'assegno sociale di cui all'articolo 3, comma 6, della legge n. 335 del 1995 debbano dimostrare, a partire dal 1o gennaio 2009, di aver soggiornato legalmente in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale;
tale limite, di fatto, penalizza i cittadini italiani residenti all'estero i quali, una volta rientrati in Italia, non hanno il requisito dei dieci anni stabilito dalla nuova normativa;
la disposizioni in questione troverà applicazione solo a decorrere dal 1o gennaio 2009,
impegna il Governo
ad adottare, entro il suddetto termine temporale, gli opportuni provvedimenti normativi o attuativi volti a chiarirel'esclusione dall'applicazione della nuova normativa dei cittadini italiani residenti all'estero.
9/1386-B/17.Fluvi, Calvisi.
La Camera,
premesso che:
il comma 10 dell'articolo 20 del decreto in esame introduce il requisito di dieci anni di soggiorno legale ai fini del perfezionamento del diritto all'assegno sociale;
l'assegno sociale è una prestazione assistenziale il cui obiettivo è quello di garantire un livello minimo di sussistenza alle persone che vivono in Italia e che sono sprovviste di pensioni e sono titolari di reddito pari a zero o di modesto importo;
il requisito di dieci anni di soggiorno legale è in contrasto con il regolamento comunitario di sicurezza sociale n. 1408/71, strumento giuridico sovranazionale e direttamente applicabile agli Stati membri che consente la totalizzazione dei periodi di lavoro o di residenza compiuti nei vari Paesi comunitari ai fini del perfezionamento del diritto alle prestazioni contributive e non contributive, compreso l'assegno sociale;
il requisito di dieci anni di soggiorno legale penalizza quindi esclusivamente i cittadini extracomunitari e i cittadini italiani emigrati che rientrano in Italia e che non possono far valere tale requisito;
la normativa attuale prevede comunque un requisito minimo di residenza di cinque anni per i cittadini extracomunitari ai fini del diritto all'assegno sociale, subordinato al possesso della carta di soggiorno,
impegna il Governo
a valutare l'impatto della disposizione richiamata in premessa, al fine di assumere tutte le opportune iniziative, anche normative, volte a garantire l'assegno sociale a tutti i cittadini italiani che risiedono permanentemente in Italia e che soddisfino i requisiti anagrafici e reddituali previsti dalla normativa vigente, a prescindere da vincoli temporali di residenza, nonché quelle volte a ripristinare, per i cittadini extracomunitari, il vincolo di cinque anni di residenza ai fini del perfezionamento del diritto all'assegno sociale.
9/1386-B/18.Bucchino, Fedi, Narducci, Garavini, D'Antoni.
La Camera,
premesso che:
il comma 10 dell'articolo 20 del decreto-legge n. 112 prevede che gli aventi diritto all'assegno sociale di cui all'articolo 3 comma 6 della legge n. 335 del 1995 debbano dimostrare, a partire dal 1o gennaio 2009, di aver soggiornato legalmente in via continuativa per almeno dieci anni nel territorio nazionale,
impegna il Governo
ad assumere tutte le opportune iniziative affinché l'applicazione delle nuove norme non pregiudichi la lotta alla povertà, la pari dignità e la tutela di tutte quelle persone siano esse cittadini italiani, comunitari o extra comunitari che vivono stabilmente nel nostro territorio in condizioni di difficoltà economica ed esclusione sociale.
9/1386-B/19.Livia Turco, Binetti, Bossa, Grassi, Miotto, Lenzi, Sbrollini, Burtone.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 16 maggio 2008, n. 85, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 121, riduce il numero dei ministeri e, in particolare,accorpa il Ministero della salute nel Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali;
l'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come sostituito dall'articolo 49 (lavoro flessibile nelle pubbliche amministrazioni) del decreto in esame, al comma 1, recita «per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato» e al comma 3 si precisa che «al fine di evitare abusi nell'utilizzo del lavoro flessibile, le amministrazioni, nell'ambito delle rispettive procedure, rispettano principi di imparzialità e trasparenza e non possono ricorrere all'utilizzo del medesimo lavoratore con più tipologie contrattuali per periodi di servizio superiori al triennio nell'arco dell'ultimo quinquennio»;
il combinato di entrambi gli atti normativi determinerà:
a) lo smantellamento degli attuali assetti organizzativi e la drastica riduzione delle risorse umane, delle aree funzionali e dirigenziali, che svuoterebbero di significato la missione del Ministero;
b) il blocco della ulteriore assunzione con questo tipo di contratto del personale assunto a tempo determinato, in particolare, e la non previsione di una possibilità giuridica di progressiva assunzione a tempo indeterminato per i dirigenti delle professionalità sanitarie, con contratto a tempo determinato, che comporterebbe il rallentamento e, in alcuni casi, il blocco delle attività istituzionali;
c) in particolare, ciò avverrà per il personale medico veterinario, che, assunto a seguito di emergenze sanitarie, quali l'encefalopatia spongiforme bovina (BSE) e l'influenza aviaria, tramite selezione pubblica, ha assicurato nel tempo standard elevati di qualità del servizio a tutela della salute pubblica, garantendo la sicurezza alimentare e la sanità pubblica veterinaria;
al fine di garantire i livelli che fino ad oggi, di concerto con i ruoli dei servizi sanitari territoriali, hanno permesso un alto grado di efficienza a favore della sanità pubblica,
impegna il Governo
ad adottare gli opportuni provvedimenti legislativi per valorizzare il ruolo di questo personale, determinandone la definitiva assunzione a tempo indeterminato laddove, per le precedenti assunzioni a tempo determinato, siano state svolte procedure di selezione concorsuale.
9/1386-B/20.Viola, Vannucci, Zucchi.
La Camera,
premesso che:
il comma 8 dell'articolo 61 del decreto in esame prevede cha a decorrere dal 1o gennaio 2009 verrà drasticamente ridotta fino a renderla insignificante la percentuale prevista per il personale degli enti pubblici per la progettazione di cui al comma 5 del articolo 92 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture;
tale riduzione comporterebbe la definitiva rinuncia a svolgere tale attività da parte dei dipendenti degli enti pubblici, con ovvie ricadute sulle casse degli stessi enti che si vedrebbero costretti a ricorrere solo ed esclusivamente a professionisti esterni con aumenti elevatissimi dei costi di progettazione,
impegna il Governo
a valutare gli effetti della norma citata in premessa, in vista dell'adozione di ulteriori iniziative normative volte ad aumentare fino almeno all'1,5 per cento la quota da destinarsi ai dipendenti degli enti pubblici per la progettazione, così come previsto dal codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.
9/1386-B/21.Bocci, Viola.
La Camera,
premesso che:
anche in ragione di una formulazione testuale delle norme regolamentari e di una prassi applicativa meno stringente del regime di ammissibilità degli emendamenti vigente al Senato, risulta inserita nel disegno di legge di conversione una proroga dei termini di esercizio di una delega di carattere correttivo e integrativo;
occorre richiamare la costante giurisprudenza del Comitato per la legislazione, ribadita anche nel parere reso lo scorso 4 agosto, secondo cui l'inserimento di disposizioni comunque incidenti sull'esercizio di deleghe - sia nel decreto legge, sia nel disegno di legge di conversione - si pone in contrasto con il disposto dell'articolo 15, comma 2, lettera a), della citata legge 23 agosto 1988, n. 400, in base al quale il Governo non può, mediante decreto-legge, «conferire deleghe legislative ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione»;
alla Camera è prassi consolidata che la Presidenza dichiari inammissibili le proposte emendative concernenti deleghe anche quando siano riferite ai disegni di legge di conversione,
impegna il Governo
a tenere conto, nell'esercizio del proprio potere emendativo durante l'iter parlamentare di conversione, dei parametri in materia di decretazione d'urgenza fissati dall'articolo 15 della legge n. 400 del 1988, ai fini di un corretto utilizzo dello strumento del decreto-legge e della relativa legge di conversione.
9/1386-B/22.Zaccaria.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 21 del decreto in esame modifica la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, introducendo un'evidente disparità tra lavoratori, visto che casi simili sono trattati in maniera difforme semplicemente in base alla data di presentazione del ricorso o alla velocità con la quale il giudice competente ha definito la causa,
impegna il Governo
a tenere in dovuta considerazione l'ipotesi di introdurre in successivi provvedimenti legislativi la facoltà delle parti, rappresentanti dei lavoratori e datori di lavoro, di sottoscrivere accordi migliorativi che rendano possibile la stabilizzazione del personale dipendente assunto con contratto a tempo determinato.
9/1386-B/23.Di Biagio.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 21 del decreto in esame modifica la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, potendo ingenerare un'eventuale disparità di trattamento tra lavoratori, visto che casi simili sono trattati in maniera difforme semplicemente in base alla data di presentazione del ricorso o alla velocità con la quale il giudice competente ha definito la causa,
impegna il Governo
a tenere in dovuta considerazione l'ipotesi di introdurre in successivi provvedimenti legislativi la facoltà delle parti, rappresentanti dei lavoratori e datori di lavoro, di sottoscrivere accordi migliorativi che rendano possibile la stabilizzazione del personale dipendente assunto con contratto a tempo determinato.
9/1386-B/23.(Testo modificato nel corso della seduta)Di Biagio.
La Camera,
premesso che:
il decreto in esame contempla tra l'altro, all'articolo 44, una norma che riguarda la semplificazione e il riordino delle procedure di erogazione dei contributi all'editoria ed i cui effetti interessano anche la stampa italiana all'estero,
impegna il Governo
ad integrare la composizione della commissione di cui all'articolo 26, terzo comma, della legge 5 agosto 1981, n. 416, inserendovi i rappresentanti della Federazione unitaria della stampa italiana all'estero (FUSIE), della Commissione informazione del consiglio generale degli italiani all'estero (C.G.I.E.) e della Consulta nazionale dell'emigrazione (C.N.E.).
9/1386-B/24.Narducci, Bobba.
La Camera,
premesso che:
il comma 10 dell'articolo 20 (disposizioni in materia contributiva) del decreto in esame, approvato dal Senato, ha modificato i requisiti per l'accesso all'assegno sociale che fino ad oggi è riconosciuto dall'Inps come assistenza in caso di redditi particolarmente bassi;
l'assegno sociale, istituito dalla legge 8 agosto 1995, n. 335, (articolo 3, commi 6 e 7) è devoluto agli ultra-sessantacinquenni residenti in Italia, che siano cittadini italiani, europei o anche extracomunitari, purché in possesso di carta di soggiorno;
a partire dal 1o gennaio 2009 gli aventi diritto all'assegno sociale, ai sensi della succitata legge n. 335 del 1995, dovranno comprovare di avere «soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno dieci anni sul territorio nazionale», una norma che contrasta con la legislazione europea in materia di libera circolazione delle persone e sicurezza sociale, soprattutto in riferimento alla regola della totalizzazione dei periodi di lavoro e di residenza nei Paesi dell'Unione europea;
il Governo, oltre a penalizzare i cittadini extracomunitari, colpisce i cittadini italiani residenti all'estero che tornano in Italia e che non possono far valere il requisito dei 10 anni di soggiorno introdotto con il comma 10 dell'articolo 20. Come noto, si tratta in larga maggioranza di cittadini che hanno dato tantissimo al nostro Paese, in particolare con le rimesse finanziarie inviate per anni in Italia, e che rientrano nel nostro Paese quando devono far fronte a situazioni di indigenza,
impegna il Governo
ad adottare tutte le opportune iniziative affinché i cittadini italiani emigrati rientrati in Italia per risiedervi permanentemente non siano esclusi dal beneficio dell'assegno sociale.
9/1386-B/25.Bobba, Narducci.
La Camera,
premesso che:
il comma 10 dell'articolo 20 (disposizioni in materia contributiva) del decreto in esame, approvato dal Senato, ha modificato i requisiti per l'accesso all'assegno sociale che fino ad oggi è riconosciuto dall'Inps come assistenza in caso di redditi particolarmente bassi;
l'assegno sociale, istituito dalla legge 8 agosto 1995, n. 335, (articolo 3, commi 6 e 7) è devoluto agli ultra-sessantacinquenni residenti in Italia, che siano cittadini italiani, europei o anche extracomunitari, purché in possesso di carta di soggiorno;
a partire dal 1o gennaio 2009 gli aventi diritto all'assegno sociale, ai sensi della succitata legge n. 335 del 1995, dovranno comprovare di avere «soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno dieci anni sul territorio nazionale», una norma che contrasta con la legislazioneeuropea in materia di libera circolazione delle persone e sicurezza sociale, soprattutto in riferimento alla regola della totalizzazione dei periodi di lavoro e di residenza nei Paesi dell'Unione europea;
il Governo, rischia di penalizzare i cittadini italiani residenti all'estero che tornano in Italia e che non possono far valere il requisito dei 10 anni di soggiorno introdotto con il comma 10 dell'articolo 20. Come noto, si tratta in larga maggioranza di cittadini che hanno dato tantissimo al nostro Paese, in particolare con le rimesse finanziarie inviate per anni in Italia, e che rientrano nel nostro Paese quando devono far fronte a situazioni di indigenza,
impegna il Governo
ad adottare tutte le opportune iniziative affinché i cittadini italiani emigrati rientrati in Italia per risiedervi permanentemente non siano esclusi dal beneficio dell'assegno sociale.
9/1386-B/25.(Testo modificato nel corso della seduta)Bobba, Narducci.