NEWSLETTER
della Segreteria ASGI
26 agosto 2008
NOVITA’
LEGISLATIVE
E’ stata
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge n. 133/2008 che converte, con modificazioni, il
decreto-legge n. 112/2008 (misure economico-finanziarie).
Un
primo commento a cura della Segreteria organizzativa dell’ASGI.
Numerose
disposizioni contenute nel provvedimento incidono sulla condizione giuridica
dello straniero e del cittadino dell’Unione Europea, e presentano profili
discriminatori suscettibili di porsi in contrasto con le norme del diritto
anti-discriminatorio italiano ed europeo, ed in particolare l’art. 11 (piano
casa), l’art. 20 (assegno sociale), l’art. 37 (venir meno dell’applicazione ai
cittadini comunitari delle disposizioni del T.U. immigrazione, se più
favorevoli), l’art. 81 (“carta acquisti”), art. 83 (controlli in materia
fiscale e contributiva).
Vanno innanzitutto considerate le disposizioni sul c.d. ”piano
casa”, che prevedono
interventi per l’accrescimento dell’offerta abitativa da destinarsi a prima
casa per determinate categorie di “soggetti deboli”, tra i quali vengono
ricompresi pure gli immigrati regolari a basso reddito, residenti da almeno 10
anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nel territorio
regionale.
Sebbene si ritenga
irragionevolmente lunga e contrastante con il principio di libertà di
circolazione l’anzianità di soggiorno richiesta ai fini dell’accesso ai
benefici, l’inclusione della
categoria degli immigrati regolari di lunga anzianità di soggiorno tra i
beneficiari del c.d. “piano casa” potrebbe costituire un’apprezzabile novità,
in quanto “azione positiva” per favorire l’integrazione sociale dei cittadini
migranti. Ciò, tuttavia, a
patto che tale categoria sociale
non venga interpretata quale esclusiva rispetto alle altre previste nella
normativa (ad es. giovani coppie, nuclei famigliari a basso reddito, anziani
svantaggiati, ecc.); in altri termini, solo se gli immigrati regolari potranno
concorrere, a parità di condizioni,
anche ai benefici previsti per le
altre categorie sociali richiamate
dalla norma, se in possesso dei requisiti soggettivi e reddittuali.
Qualora, invece, tali categorie di beneficiari vengano, in sede applicativa,
riservate ai soli cittadini italiani si determinerebbe una condizione
ghettizzante e discriminatoria verso i cittadini migranti, in violazione di
precise norme interne, europee ed internazionali (principio di parità di
trattamento tra lavoratori nazionali e immigrati nell’accesso all’alloggio di
cui alla Convenzione OIL n. 97 – art. 6 lett. a); Art. 11 c. 1 lett. f)
direttiva n. 2003/109/CE; per i cittadini dell’Unione Europea art. 9 del Regolamento
comunitario n. 1612/68).
Occorrerà pertanto vigilare sulle modalità con le quali la Presidenza del Consiglio dei Ministri e
il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasposti intenderanno dare applicazione della suddetta normativa.
Va peraltro considerato che il comma 13 dell’art. 11 della suddetta
legge introduce già una pesante discriminazione “diretta” nei confronti degli
immigrati stranieri, disponendo che ai fini dell’accesso ai finanziamenti del Fondo
nazionale per il sostegno alle abitazioni in locazione di cui all’art. 11 della legge 9 dicembre
1998, n. 431 (concessione da parte dei Comuni ai conduttori di contribuiti
integrativi per il pagamento dei canoni di locazione), venga previsto per i soli
immigrati il requisito del possesso del certificato storico di residenza da
almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella
medesima regione. Tale discriminazione “diretta”, con l’introduzione di un
requisito di lunga residenza
previsto per i soli immigrati stranieri, appare palesemente in contrasto
con il principio di parità di trattamento in materia di accesso all’alloggio di
cui alle normative internazionali ed europee già precedentemente richiamate,
oltrechè appare in contrasto con i principi costituzionali di eguaglianza e ragionevolezza
richiamati anche dalla giurisprudenza costituzionale.
Le disposizioni ora entrate in vigore, prevedono che a decorrere dal
1 gennaio 2009, l’assegno sociale venga corrisposto solo a chi, oltre ai requisiti
di stato di bisogno e di età previsti dalla normativa, disponga del requisito
della residenza legale e continuativa sul territorio nazionale per almeno dieci anni.
Sebbene la normativa ora entrata
in vigore non contenga una discriminazione di tipo diretto, prevedendo infatti
l’applicazione del medesimo requisito di residenza decennale a tutti, senza
distinzione di cittadinanza, si
determina ugualmente una palese
situazione di discriminazione indiretta o dissimulata nei confronti dei
cittadini stranieri, comunitari ed extracomunitari, in quanto il nuovo
requisito di anzianità di soggiorno
finisce per incidere in maniera sproporzionata a svantaggio dei
cittadini migranti rispetto a quelli nazionali.
La Corte di Giustizia Europea ha
infatti chiarito, con riferimento al principio di non-discriminazione tra
cittadini comunitari previsto nel Trattato Europeo, che il requisito della
residenza ai fini dell’accesso ad
un beneficio può integrare una forma di illecita discriminazione “dissimulata”
in quanto può essere più facilmente soddisfatto dai cittadini piuttosto che dai
lavoratori comunitari migranti, finendo dunque per privilegiare in misura sproporzionata i primi a danno dei secondi (ad es. Meints, 27.11.1997; Meussen, 8.06.1999; Commissione
c. Lussemburgo, 20.06.2002). Si veda ad esempio la sentenza della Corte di
Giustizia Europea che ha condannato l’Italia per le agevolazioni tariffarie a
vantaggio delle persone residenti per l’accesso ai Musei Comunali (sentenza 16
gennaio 2003 n. C-388/01), nella quale si legge: “…il principio di parità di
trattamento,….., vieta non soltanto le discriminazioni palesi basate sulla
cittadinanza, ma anche qualsiasi forma di discriminazione dissimulata che,
mediante il ricorso ad altri criteri distintivi, produca, in pratica, lo stesso
risultato. Ciò avviene, in particolare, nel caso di una misura che preveda una
distinzione basata sul criterio della residenza, in quanto quest’ultimo rischia
di operare principalmente a danno dei cittadini di altri Stati membri,
considerato che il più delle volte i non residenti sono cittadini di altri
Stati membri”
(par. 13 e 14)
Si profilerebbe, pertanto, la violazione del Regolamento CEE n. 1408/71 e successive modifiche
(relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale dei lavoratori
migranti subordinati, autonomi e loro famigliari, che menziona espressamente
l’assegno sociale ex l. 335/95 quale prestazione economica cui il Regolamento
medesimo si applica), con riguardo ai cittadini dell’Unione Europea e loro
famigliari, nonché, in forza del Regolamento 859/2003 (che estende
l’applicazione dei Regolamenti citati ai cittadini non comunitari regolarmente
soggiornanti) con riferimento ai
cittadini non comunitari che provengano da un altro Paese dell’Unione.
Va peraltro rilevato che recentemente, la Corte Costituzionale è
intervenuta sull’argomento della legittimità costituzionale delle norme
introdotte dalla legge finanziaria 2001 che hanno limitato, per i cittadini
extracomunitari, l’accesso alle
prestazioni sociali avente natura di diritto soggettivo ai soli titolari della carta di soggiorno (ora
permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti).Con sentenza
n. 306 dd. 29 luglio 2008, la Corte Costituzionale ha ritenuto illegittima tale normativa,
ma solo nella parte in cui esige i requisiti reddittuali e di alloggio
necessari ai fini del conseguimento del titolo di soggiorno; requisiti ritenuti
dalla Corte irragionevoli ed arbitrari rispetto alle finalità degli istituti di
sicurezza e assistenza sociale. Al contrario, la Corte non ha sembrato
ritenere irragionevole il
requisito della residenza quinquennale sostenendo che “è possibile …,
subordinare non irragionevolmente, l’erogazione di determinate prestazioni, …,
alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno
nel territorio dello Stato ne dimostri il carattere non episodico e di non
breve durata”. Già in precedenza, la Corte
costituzionale (ordinanza n. 32/2008) aveva ritenuto manifestamente
infondata l’eccezione di incostituzionalità sollevata riguardo alla normativa
della Regione Lombardia che
prevede il requisito della residenza quinquennale nel territorio regionale ai
fini della presentazione della
domanda per l’assegnazione di alloggi di
edilizia residenziale pubblica. In relazione all’art. 3 della Costituzione
(principio di eguaglianza rapportato al principio di ragionevolezza), la Corte
aveva ritenuto che «il requisito della residenza continuativa, ai fini
dell’assegnazione, risulta non irragionevole […] quando si pone in coerenza con
le finalità che il legislatore
intende perseguire […], specie là dove le stesse realizzino un
equilibrato bilanciamento tra i valori costituzionali in gioco […]». Sembra,
dunque, che la Corte Costituzionale italiana sia alquanto diffidente ad
accogliere il ragionamento per cui un criterio di residenza è suscettibile di
fondare una discriminazione indiretta o dissimulata, al contrario invece della
giurisprudenza consolidata dalla Corte di Giustizia europea.
A tale riguardo, sarebbe dunque preferibile, sotto il profilo di una
“strategic litigation”,
impugnare la legittimità della normativa ora in vigore in materia di assegno
sociale dinanzi ai giudici nazionali
chiedendo loro di
promuovere preliminarmente dinanzi alla Corte di Giustizia europea la domanda
di pronuncia pregiudiziale piuttosto che il giudizio di legittimità
costituzionale dinanzi alla Corte Costituzionale, tanto più che non è
prassi del nostro giudice delle
leggi iniziare una procedura di
pronuncia pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia europea, secondo
l’interpretazione che solo il giudice remittente avrebbe potuto operare
preliminarmente in tal senso.
Naturalmente, un eventuale domanda di pronuncia pregiudiziale dinanzi alla CGE
potrebbe essere proposta solo in relazione a situazioni protette dal diritto
comunitario.
Ulteriori e palesi profili discriminatori sono presenti nelle
disposizioni introduttive dell’istituto della “carta acquisti” di
cui all’art. 81 della manovra finanziaria, finalizzata all’acquisto di beni e
servizi da parte di appartenenti a fasce deboli della popolazione in stato di
particolare bisogno. Tale “carta acquisti” viene infatti riservata unicamente
ai “residenti di cittadinanza italiana” (comma 32).
Tale riserva di cittadinanza appare illegittima sul piano
costituzionale, in quanto in contrasto con il principio di parità di
trattamento tra lavoratori migranti e nazionali in materia di assistenza
sociale di cui alla Convenzione OIL n. 143/1975, ratificata dall’Italia, nonché
con l’art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione Europea dei diritti
dell’Uomo, in combinazione con il principio di non discriminazione di cui
all’art. 14 della Convenzione medesima, così come interpretato dalla
consolidata giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo, per la
quale le prestazioni sociali, anche a carattere non contributivo, costituiscono
beni patrimoniali per la cui erogazione non sono ammesse discriminazioni su
base di appartenenza nazionale (Gaygusuz c. Austria, ricorso n. 17371/90). Per l’evidente
discriminazione “diretta” a danno dei cittadini comunitari e loro famigliari,
la norma contenuta nella manovra finanziaria 2009 appare inconciliabile con la
normativa europea (principio della parità di trattamento e di non
discriminazione nelle materie coperte dal Trattato, di cui agli artt. 12 e 39
del Trattato CE, dell’art. 34 della Carta dei diritti fondamentali
dell’UE; Artt. 3 e 4, 7 del regolamento CEE n. 1612/1968 e
successive modifiche, che estende il principio di parità di trattamento con i
lavoratori nazionali a tutti “i vantaggi fiscali e sociali collegati alla
condizione di lavoratore”).
Ugualmente, la norma appare in evidente contrasto con il diritto europeo in
relazione al principio di parità di trattamento in materia di assistenza
sociale tra cittadini nazionali e cittadini di paesi terzi titolari del
permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti, di cui all’art. 11 della
direttiva europea n. 109/2003/CE. Con riferimento ai rifugiati riconosciuti in
base alla Convenzione di Ginevra del 1951 e ai titolari di protezione
sussidiaria, la norma della manovra finanziaria si pone in violazione del principio di parità di
trattamento con i cittadini nazionali in materia di assistenza sociale di cui all’art. 27 del d.lgs. n.
251/2007, nonché, limitatamente ai rifugiati riconosciuti in base alla citata
Convenzione, alle norme di diritto
internazionale ed europeo che li riguardano e che hanno introdotto il principio
di parità di trattamento con i cittadini nazionali in materia di assistenza
sociale (art. 23 Convenzione di Ginevra del 1951; art. 28 c. 1 direttiva 2004/83/CE).
L’art. 83 c. 1 della manovra finanziaria (efficienza
dell’Amministrazione finanziaria), dispone un piano di controllo specifico e congiunto da parte di INPS e
Agenzia delle entrate relativamente al corretto adempimento degli obblighi
fiscali da parte dei soggetti non residenti e di quelli
residenti ai fini fiscali da meno di 5 anni. La norma, pur fondata sul criterio
apparentemente neutrale della residenza, mira ad intensificare i controlli
fiscali nei confronti innanzitutto dei cittadini stranieri, presentando dunque
sottili profili di discriminazione indiretta o dissimulata. La normativa appare
condizionata da logiche di “ethnic profiling”, cioè dall’evidente pregiudizio che gli
stranieri evadano il fisco
in misura proporzionalmente maggiore rispetto ai cittadini italiani e pertanto
debbano essere assoggettati, come categoria in sé, a maggiori controlli.
L’art. 37 c. 2 della
manovra finanziaria (Certificazioni e prestazioni sanitarie) elimina la
clausola in base alla quale le disposizioni del T.U.
immigrazione si applicavano anche ai cittadini comunitari, se ad essi più
favorevoli rispetto alle norme di recepimento del diritto comunitario. La
norma, come esplicitamente suggerito dalla sua collocazione, ha l’evidente scopo di ridurre il
livello delle prestazioni sanitarie garantite ai cittadini comunitari che non possano avvalersi delle norme di
diritto comunitario relative alla libera circolazione e soggiorno, con ciò
ponendo delicate questioni di costituzionalità del provvedimento, per l’evidente
trattamento differenziato che si viene così a determinare a svantaggio dei
cittadini comunitari rispetto agli stranieri extracomunitari in posizione
irregolare, così come per la possibile lesione del diritto fondamentale alla
salute, qualora il livello di trattamento previsto per gli stranieri comunque
presenti sul territorio nazionale dal T.U. immigrazione (cure urgenti o
essenziali, anche continuative, e programmi di medicina preventiva) debba
ritenersi espressione di quel “nucleo irriducibile” di tutela della salute,
come tale spettante a tutti.
Si segnala infine come l’art. 1 c. 3 della legge 133/2008 proroghi di
tre mesi il termine per l’esercizio della delega integrativa e correttiva
dei decreti legislativi in materia di ricongiungimento familiare e di libera
circolazione dei cittadini comunitari e loro famigliari. La norma, pur priva di qualsiasi
attinenza con la materia del decreto-legge in conversione, si spiega con la scelta del Governo di
trasmettere alla Commissione europea gli schemi dei decreti legislativi
correttivi per riceverne un parere.
Si segnala in proposito il promemoria inviato da Sergio Briguglio
alla Commissione Europea, disponibile sul sito:
(http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2008/agosto/lettera-commissione.html),
avente per oggetto il conflitto tra la normativa europea e quella che
deriverebbe dall'entrata in vigore del decreto legislativo correttivo in
materia di libera circolazione dei cittadini
comunitari.
Si segnala, inoltre, che alla pagina di agosto 2008 del sito di Sergio Briguglio (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio) si
possono trovare anche i seguenti documenti:
a) il testo aggiornato del quadro normativo relativo agli stranieri
(http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2008/agosto/sinottico-normativa-18.html);
b) il testo delle principali disposizioni approvate o previste dalla riforma in
corso
(http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2008/agosto/riforma-stran-24-8.html);
c) un sommario di tali disposizioni
(http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2008/agosto/sommario-riforma.html).
Cordiali Saluti.
A cura di Walter
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