1. OGGETTO E OBIETTIVI DELL’INDAGINE

 

Nell’ambito della programmazione delle indagini di controllo successivo sulla gestione da svolgere nel 2002 la Sezione del controllo, in adunanza generale, ha ritenuto di focalizzare l’attenzione, fra l’altro, sulla gestione delle attività connesse con il complesso fenomeno dell’immigrazione[1].

L’importanza della materia trattata, le dimensioni di un fenomeno ormai da tempo all’attenzione dell’opinione pubblica e che suscita valutazioni contrastanti, l’entità delle risorse stanziate, il numero delle amministrazioni interessate e del personale utilizzato nonchè la diversa tipologia degli interventi hanno indotto la Sezione a ravvisare l’opportunità di disporre l’istruttoria al fine di riferire al Parlamento, per le valutazioni di competenza, sui risultati gestionali raggiunti, l’efficienza e l’efficacia delle diverse misure e dei diversi interventi, la regolarità delle procedure, l’efficiente impiego delle risorse umane, la coerenza del disegno organizzativo con gli obiettivi previsti dalla normativa, l’entità e la proficuità della spesa sostenuta.

Alla vigilia dell’approvazione di un nuovo testo legislativo in materia che, per taluni aspetti, introduce una disciplina diversa degli istituti esistenti, si è ritenuto utile ricostruire il quadro complessivo delle attività svolte e la spesa sostenuta nella vigenza della precedente normativa, al fine di evidenziare le problematiche gestionali riscontrate e di disporre dei necessari elementi di riferimento per poter valutare, in prosieguo, l’impatto della nuova disciplina.

E proprio in coerenza con quanto sopra, la programmazione delle attività relative all’esercizio 2003 (approvata con delibera n. 1/2003) prevede la prosecuzione e l’aggiornamento dell’indagine riferita all’avvio di nuove modalità operative, essendo nel frattempo entrata in vigore la legge del 30 luglio 2002, n. 189 (c.d. legge Bossi-Fini).

Preliminarmente, gli scriventi hanno ravvisato l’opportunità di limitare l’istruttoria escludendo dal campo specifico dell’indagine quelle attività che, pur riguardando direttamente o indirettamente aspetti connessi con l’attuazione delle scelte legislative e politiche in materia di immigrazione, siano tuttavia espressione di più ampie funzioni istituzionali e vengano svolte da strutture e personale non dedicati esclusivamente ai predetti scopi.

L’attività di regolamentazione dei flussi migratori, di repressione e contrasto a fenomeni di irregolarità o clandestinità comprende infatti, innanzitutto, i controlli alle frontiere, il pattugliamento delle coste, gli interventi di pubblica sicurezza sul territorio. Compiti che, peraltro, rientrano nella più generale attività istituzionale di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza del Paese, non suscettibili di autonoma evidenziazione sotto il profilo delle risorse umane, strumentali e finanziarie impiegate.

La presente relazione non prende, inoltre, in considerazione, per le medesime ragioni, l’attività amministrativa connessa con la stipula di accordi internazionali con i Paesi di provenienza finalizzati a garantire un miglior controllo dei flussi in uscita ed a facilitare il rimpatrio dei clandestini, né, ovviamente, il costo di tali accordi che, spesso, quale contropartita alla collaborazione prestata prevedono interventi cooperativi e aiuti allo sviluppo. Ciò, ferma restando l’importanza di tale attività per una strategia globale di controllo e regolamentazione del fenomeno, che non può essere esclusivamente affidata a misure di contrasto unilaterali.

Pur tenendo conto delle considerazioni di cui sopra vanno in ogni caso ribadite, anche in questa sede, talune osservazioni più volte formulate nel referto annuale reso al Parlamento dalle Sezioni riunite circa la necessità di una riaggregazione nel sistema di contabilità pubblica di talune voci di spesa comunque connesse con il fenomeno dell’immigrazione le quali, al momento, non trovano adeguata evidenziazione, e di una quantificazione, anche mediante stime, di talune specifiche attività al fine di contribuire alla conoscenza degli oneri complessivi connessi con le scelte politiche e legislative[2].

Al solo scopo, tuttavia, di valutare la coerenza della gestione complessiva del fenomeno immigrazione, saranno esposti e commentati dati riferibili anche alle attività sopraevidenziate, senza alcuna pretesa, peraltro, di ricostruire in via analitica gli oneri relativi in termini finanziari e di utilizzo degli apparati.

Si tratta, comunque, di aspetti strettamente connessi con le problematiche trattate nella presente relazione in quanto lo stesso legislatore e il Governo in sede di programmazione considerano proprio l’esistenza di un efficace sistema di controllo e contrasto a situazioni di irregolarità il necessario presupposto per attivare un valido programma di integrazione degli extracomunitari regolarmente presenti, superando resistenze e pregiudizi da parte delle popolazioni interessate.

Esula, altresì, dalla presente relazione, per diverse considerazioni, ogni valutazione relativa alla quotidiana attività connessa con la gestione più propriamente amministrativa degli immigrati (rilascio di visti, concessione e rinnovo di permessi di soggiorno, istruttoria per i provvedimenti di espulsione, sanatoria di posizioni irregolari). Sono questi, infatti, compiti demandati in via ordinaria a personale alle dipendenze di organi periferici del Ministero dell’interno (prefetture e questure) il cui controllo non rientra tra le competenze di questa Sezione centrale di controllo, e, soprattutto, si tratta di attività non connesse con la gestione di risorse finanziarie specificamente dedicate ad interventi particolari, diverse da quelle necessarie per l’ordinario funzionamento degli apparati (compensi al personale, mezzi di supporto). In proposito è il caso di richiamare l’attenzione dell’amministrazione sulla importanza della attività degli organi di controllo interno per migliorare l’efficienza dell’azione amministrativa, semplificare le procedure, garantire uniformi standards di operatività e, soprattutto, fornire elementi di conoscenza sulle reali capacità operative della struttura amministrativa quale indispensabile supporto alla attività normativa ed alla programmazione degli interventi[3].

Considerati i tempi necessari alla definitiva stesura della presente relazione ed alla procedimentalizzazione delle attività di controllo successivo sulla gestione, il periodo di attività preso in considerazione è limitato agli esercizi finanziari 1999- 2001. La necessità di procedere in tempi brevi alle richieste istruttorie per l’acquisizione di dati e notizie, documenti e relazioni su una gestione estremamente complessa, dando alle amministrazioni interessate un ragionevole tempo per adempiere, ha indotto a limitare l’indagine alla conclusione dell’esercizio finanziario immediatamente precedente la prima richiesta formulata. I risultati della gestione del primo periodo del 2002 formeranno, invece, oggetto della successiva indagine, già programmata ed avviata, che sarà prevalentemente incentrata sull’analisi delle novità introdotte con la legge 189/02 e sui risultati della prima applicazione degli istituti attualmente in vigore.

E, del resto, le difficoltà incontrate nell’ottenere dati certi, attendibili e significativi soprattutto con riferimento alla spesa effettivamente sostenuta e all’esito di interventi demandati alla competenza di organi periferici o di enti diversi dallo Stato, con necessità di successive richieste di chiarimenti e integrazioni, non ha consentito di riferire in questa sede sulla gestione di un periodo di attività più vicino alla data di discussione della presente relazione.

Peraltro, proprio i frequenti contatti avuti, anche in via informale, con le amministrazioni nello svolgimento dell’istruttoria hanno indotto le stesse ad avviare un significativo processo di miglioramento della attività conoscitiva sì da assicurare, per il proseguimento dell’indagine, il supporto di dati più analitici, maggiormente verificati e, soprattutto, più significativi per la ricostruzione dei risultati gestionali.

Escludendo il primo semestre del 2002, il periodo gestionale preso a riferimento appare comunque estremamente significativo e ben delineato. Si tratta, infatti, di un arco temporale in cui l’immigrazione in Italia inizia ad assumere aspetti quantitativi e qualitativi tali da rendere necessari interventi e strategie diversi da quelli attuati sino a quel momento. In buona sostanza, il periodo su cui si riferisce coincide con la vigenza della legge 6 marzo 1998, n. 40 (c.d. legge Turco-Napolitano) e del conseguente regolamento di attuazione approvato con D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, che per un quadriennio hanno rappresentato il corpo giuridico del sistema italiano di immigration law e che, dunque, può formare oggetto di una valutazione complessiva per tutto l’arco della sua operatività.

Seguendo uno schema consolidato e consueto, la presente relazione ricostruisce, innanzitutto, il quadro normativo, organizzativo, procedurale e finanziario in cui si inserisce l’attività svolta dalle diverse amministrazioni nel periodo di riferimento.

A tal proposito, nel sottolineare che l’indagine ha come scopo esclusivo quello di ricostruire la gestione degli interventi ed esclude, quindi, ogni valutazione e considerazione di tipo sociologico sul fenomeno dell’immigrazione, nonchè ogni giudizio di valore sulle scelte politiche e legislative, si è ritenuto tuttavia doveroso, proprio per le finalità perseguite, privilegiare una ricostruzione finalistica dell’intero sistema indispensabile per individuare principi generali, linee di tendenza, obiettivi e priorità, che rappresentano, del resto, il parametro per valutare l’efficacia e l’efficienza dell’azione amministrativa.

Nel merito, l’impostazione sistematica della relazione tiene conto della distinzione, ormai consueta in tutte le trattazioni riguardanti gli argomenti all’esame, tra interventi volti a favorire l’integrazione degli immigrati regolari, che spesso rappresentano una risorsa per il Paese di destinazione, in relazione agli andamenti demografici, ai cicli economici e all’evoluzione del mercato del lavoro (cosiddette politiche per l’immigrazione o di sostegno), e azioni dirette a regolamentare i flussi di ingresso e a fronteggiare fenomeni di irregolarità (politiche dell’immigrazione o di contrasto).

Estremamente diverse sono, infatti, le modalità gestionali, le procedure, i parametri di valutazione delle attività appartenenti all’una o all’altra delle predette tipologie di interventi tra i quali non mancano, tuttavia, significative zone di contatto. E ciò con la conseguenza che non sempre, in pratica, è possibile distinguere nettamente i due aspetti e che, anche nei confronti dell’immigrazione clandestina, i necessari interventi di contrasto non possono non tener conto della difficile situazione di soggetti che, spesso in condizione di estremo disagio, necessitano in primo luogo e immediatamente di assistenza e soccorso.

Più in generale, del resto, le misure di repressione e contrasto dell’irregolarità debbono prioritariamente essere attuate in un contesto di garanzia dei diritti inalienabili della persona umana, quali sanciti nelle convenzioni internazionali in materia, e del rispetto per la dignità dei soggetti destinatari dei diversi provvedimenti e delle loro specificità etniche e culturali. E ciò tanto più allorché si è in presenza di situazioni di mera irregolarità nel soggiorno e non dell’avvenuto accertamento di un illecito penale.

E’ indispensabile, inoltre, per la stessa efficacia dei provvedimenti e per il buon esito della strategia complessiva, che le misure sanzionatorie siano accompagnate da interventi di sostegno, soprattutto psicologico, per rendere accettabile il rientro forzato nei Paesi di provenienza, ed evitare in tal modo successivi tentativi di reingresso in Italia.

Un intero settore di attività, quello relativo al contrasto del traffico di esseri umani e delle donne in particolare, è incentrato, poi, sulla necessità di assicurare misure di sostegno e protezione e, in taluni casi, integrazione di coloro che intendono collaborare con le autorità italiane nella repressione di un fenomeno criminale tra i più gravi ed odiosi.

Premesso quanto sopra, nel ribadire la complessità dell’istruttoria e nel dare atto della collaborazione delle amministrazioni contattate, nel prosieguo della relazione formeranno oggetto di valutazione:

 

*   con riferimento all’attuazione delle politiche per l’immigrazione:

·      la gestione del Fondo per le politiche migratorie;

·      gli interventi in favore dei richiedenti asilo e dei rifugiati;

·      la spesa per l’assistenza sanitaria in favore di extracomunitari in posizione irregolare;

·      il funzionamento dei servizi di accoglienza alle frontiere;

·      gli interventi per l’istruzione scolastica.

 

*   con riferimento alle attività di contrasto alla clandestinità e regolamentazione dei flussi

·      la gestione dei centri di permanenza temporanea;

·      il contrasto del traffico di esseri umani;

·      la realizzazione dell’anagrafe informatizzata a supporto della programmazione dei flussi di ingresso.

 


2. CONSIDERAZIONI GENERALI E DI SINTESI

 

L’ambito temporale della presente relazione coincide sostanzialmente, come detto nell’introduzione, con il periodo di vigenza della legge n. 40/1998, la quale rappresenta il primo tentativo di disciplinare organicamente la condizione giuridica dello straniero in tutti i suoi aspetti e superare la logica dell’emergenza che aveva caratterizzato gli interventi legislativi precedenti. Proprio a testimoniare la volontà di creare un vero e proprio corpus iuris tendenzialmente completo, le disposizioni della legge 40 sono state, poi, trasfuse nel testo unico di cui al d.lgs 25 luglio 1998 n. 286 e coordinate con la normativa precedente non abrogata. La successiva emanazione del regolamento di attuazione completa il quadro normativo di riferimento.

Caratteristica principale della legge è l’introduzione di una netta distinzione tra due canali di immigrazione. Da una parte, extracomunitari regolari entrati attraverso il sistema della programmazione dei flussi, nei confronti dei quali attuare misure volte ad una effettiva integrazione sociale, culturale ed economica; dall’altra, extracomunitari entrati in modo irregolare nei confronti dei quali approntare un vasto sistema repressivo attraverso il potenziamento degli apparati e la introduzione di misure, istituti e procedure nuove per rendere effettiva l’espulsione.

A conferma si riporta quanto affermato nella relazione di accompagnamento alla legge 40: “Se si vuole un impatto morbido dell’immigrazione con riduzione dei conflitti sociali e di atteggiamenti xenofobi, occorre governare gli ingressi ed essere assolutamente fermi nell’impedire forme alternative di inserimento. Ogni concessione alla irregolarità rischia di far saltare il sistema”.

A quattro anni dalla entrata in vigore della legge l’istruttoria condotta ha evidenziato un raggiungimento assai limitato di entrambi gli obiettivi previsti, e ciò a causa di diversi, concomitanti fattori.

 

 

 

 

*  Difficoltà per l’amministrazione ad operare all’interno di un sistema normativo a maglie larghe.

 

L’attività in concreto svolta dall’amministrazione, nel perseguire gli intenti repressivo e solidaristico, ha denotato l’applicazione non sempre uniforme di una normativa volutamente a maglie larghe che, pur emanata in un periodo in cui l’immigrazione in Italia iniziava a porre le medesime problematiche già da tempo evidenziatesi all’interno degli altri Paesi occidentali ad economia avanzata, non ha, comunque, tenuto nel giusto conto le dimensioni raggiunte dal fenomeno migratorio nel suo complesso e dalla immigrazione clandestina in particolare, ha sopravvalutato la capacità operativa dell’amministrazione, non adeguatamente considerato le possibili reazioni e il complessivo atteggiamento delle popolazioni localmente più interessate a forti pressioni migratorie (par. 3 - 7.2 - 8)

 

*  Mancato superamento della logica dell’urgenza e dell’emergenza.

 

Per tutto il periodo di riferimento le misure adottate dall’amministrazione per fronteggiare i frequenti fenomeni di sbarchi di clandestini, che suscitano allarme nelle popolazioni e pongono problemi di assistenza e di ordine pubblico immediato, evidenziano un approccio non sorretto, quantomeno nei primi due anni d’applicazione della legge n. 40/98, da un’adeguata attività programmatoria, pure possibile, entro certi limiti, per la relativa ripetitività e prevedibilità degli eventi.

Frequente è stato il ricorso a misure normative straordinarie dettate dall’emergenza, e particolari per attribuire trattamenti specifici ad extracomunitari provenienti da Paesi in situazioni molto gravi e disagiate (par. 7.3 - 8)

 

*   Difficoltà di individuare la spesa globalmente sostenuta.

 

La frammentazione delle competenze in numerosi centri di spesa e di responsabilità all’interno di apparati amministrativi diversi impedisce una esatta individuazione della spesa complessivamente sostenuta e priva l’azione amministrativa del necessario coordinamento ostacolando, anche, l’individuazione precisa di eventuali responsabilità gestionali allocate, tra l’altro, in un contesto organizzativo in assai rapido cambiamento (par. 1 – 4 - 5).

 

*  Difficoltà di governare i flussi migratori attraverso la programmazione degli ingressi.

 

La determinazione delle quote di ingresso si è rivelata, nei fatti, di una complessità tale da rendere difficile la pratica concreta dell’istituto per l’ampiezza dei fattori da tenere in considerazione, riconducibili all’andamento della politica internazionale e dei cicli economici e demografici, ai ritardi ed alle inefficienze nella realizzazione dell’anagrafe informatizzata prevista dall’art. 21, 7° comma del d.lgs 286 del 1998, che avrebbe dovuto fornire un supporto tecnico ed obiettivo alle scelte. Fenomeni di emergenza umanitaria hanno, inoltre, non di rado determinato la necessità di una immediata accoglienza di nuovi soggetti, incidendo sul complessivo numero di extracomunitari supportabile dal sistema.

Per taluni esercizi finanziari, a conferma delle difficoltà incontrate, si è preferito anziché rivedere, aggiornare ed approfondire i criteri per la determinazione delle quote, fare ricorso al meccanismo automatico di conferma del numero di ingressi riferiti all’esercizio precedente (par. 6 e 9)

 

*  Gravi inefficienze emerse nell’attivazione dell’anagrafe annuale informatizzata.

 

L’Anagrafe annuale informatizzata (istituita dal 3° comma dell’art. 32 del regolamento presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale – Direzione Generale per l’impiego - Servizio per i problemi dei lavoratori immigrati e delle loro famiglie, a decorrere dal 1° gennaio 1999) non è mai stata implementata.

Il Ministero del lavoro ha, infatti, avviato nel periodo oggetto di indagine (1998/2001) solo una sperimentazione (il Sistema Anagrafe Informatizzata dei Lavoratori extracomunitari -AILE), la cui realizzazione è stata affidata all’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) nell’ambito di un Progetto finanziato con Fondi comunitari: il “Progetto quadro di orientamento, formazione professionale e consulenza a favore di migranti e profughi della regione balcanica”. La sperimentazione AILE – nata esclusivamente per i lavoratori stranieri provenienti dall’Albania precedentemente selezionati dallo stesso OIM e per i profughi albanesi presenti nel territorio italiano - non è mai stata pienamente operativa, sino ad essere addirittura disattivata nel 2002.

L’istruttoria ha evidenziato che una delle cause del sostanziale abbandono del progetto è stata l’incompatibilità del sistema con la rete unitaria della pubblica amministrazione, al momento già in avanzata fase di realizzazione. La mancanza di una progettualità completa ed omogenea sotto l’aspetto tecnico informatico ha, fra l’altro, comportato che il sito, comunque realizzato, sia stato disattivato in quanto soggetto ad attacchi da parte di virus informatici non adeguatamente contrastati.

La circostanza che tale sperimentazione sia stata inserita in un Progetto finanziato con Fondi comunitari destinato alla formazione di cittadini stranieri che vogliono lavorare in Italia rende il fallimento della sperimentazione AILE ancor più grave nel momento in cui si consideri che la creazione della banca dati contenente notizie riguardanti tutti i soggetti selezionati doveva costituire un utile strumento per agevolare l’ingresso dei soggetti beneficiari dei corsi nel mondo del lavoro.

In termini positivi, va peraltro segnalato l’avvio nel 2002 della sperimentazione di un nuovo sistema diretto a gestire le liste dei lavoratori stagionali (SILES), che rappresentano, comunque, una categoria numerosa ed importante di lavoratori extracomunitari, al cui interno l’amministrazione sta riportando le liste dei lavoratori che erano inserite all’interno dei Server centrali dell’AILE. Il nuovo sistema è stato integrato all’interno del SIL (sistema informativo lavoro) e sconta, quindi, le difficoltà operative e gestionali già evidenziate nella relazione delle Sezioni riunite sul rendiconto generale dello Stato per l’anno 2001 (par. 9)

 

 

 

*   Limitata efficacia dei meccanismi di contrasto all’immigrazione clandestina ed irregolare.

 

In esito all’ultima regolarizzazione avviata in connessione con l’entrata in vigore della legge 189 del 2002 sono state presentate oltre 700.000 domande. Ciò significa, considerato che una analoga sanatoria era stata disposta con la legge 40 del 1998, il formarsi di nuova irregolarità al ritmo di circa 150.000 nuove presenze annue. A fronte di tale dato, nel periodo considerato il numero di clandestini intercettati sul territorio e effettivamente riammessi nei paesi di provenienza, è in media pari a 15.000 l’anno, sia pure con un trend in crescita (par. 6)

 

*   Difficoltà nella programmazione e gestione dei centri di permanenza temporanea.

 

Introdotti nell’ordinamento senza una accurata elaborazione del modello, con una programmazione talvolta generica e in taluni casi velleitaria, realizzati inizialmente in strutture fatiscenti e con scarsa attenzione ai livelli di sicurezza ed al trattamento complessivo dei soggetti trattenuti i centri, quantomeno nella prima fase di operatività, hanno rappresentato più uno strumento di deterrenza e reazione verso l’irregolarità che non un istituto finalizzato a garantire l’espulsione.

A fronte di costi economici notevoli e di un fortissimo impatto sociale, gli stranieri effettivamente allontanati non superano il 30%, di quelli trattenuti a causa di difficoltà nella identificazione e, comunque, nei rapporti con le rappresentanze consolari dei Paesi di origine.

Una estrema disomogeneità dei costi di gestione nonostante il diffuso affidamento al medesimo soggetto (Croce Rossa Ialiana), la mancata individuazione di livelli minimi delle prestazioni da erogare, una non chiara ripartizione di compiti tra il Dipartimento di pubblica sicurezza e quello delle libertà civili e l’immigrazione (strutture che, tra l’altro, hanno mostrato di non comunicare appieno tra loro), il limitato dialogo e coordinamento tra l’amministrazione centrale e le prefetture e le difficoltà a ricostruire la spesa effettivamente sostenuta attraverso le cosiddette contabilità speciali completano un quadro gestionale che, quantomeno con riferimento al periodo 1999 – 2001, non può essere considerato positivo (par. 8)

 

*   Scarsa efficienza ed efficacia delle misure di integrazione e sostegno.

 

Al di là dell’impatto delle singole iniziative il sistema risulta frammentato in una serie di micro interventi affidati ad amministrazioni diverse e attivati in assenza di un quadro programmatico complessivo di riferimento.

Lo stesso Fondo per le politiche migratorie è stato utilizzato per finanziare interventi episodici e non sempre immediatamente riconducibili alle finalità istituzionali, spesso in mancanza di un’adeguata programmazione delle risorse assegnate al Dipartimento affari sociali nonché di trasparenti criteri di selezione e di preventive analisi di fattibilità di alcune iniziative più rilevanti (par. 7.1)

 

*   Mancanza di una normativa organica in materia di asilo. Sostanziale ruolo di supplenza svolto dall’amministrazione per il sostegno ai richiedenti asilo politico e rifugiati.

 

L’amministrazione, a fronte della mancanza di una normativa organica in materia di asilo e in collaborazione, anche, con gli organismi sopranazionali impegnati nel settore, ha attivato interventi specifici di protezione e assistenza finalizzati a garantire il soddisfacimento immediato di bisogni essenziali e il rimpatrio assistito dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Tali interventi, nonostante la breve durata delle iniziative e la scarsità delle risorse a disposizione, hanno comunque conseguito risultati degni di apprezzamento (par. 7.2)

 

 

 

*   Efficace attuazione delle iniziative di contrasto del traffico di esseri umani.

 

Le iniziative intraprese per il contrasto alla tratta in attuazione dell’art. 18 del d.lgs n. 286/98, numerose e diversificate, hanno scontato una fase di iniziale sperimentalità, nella quale si è in ogni caso registrato il recupero dei soggetti trafficati in una misura sicuramente più consistente di quanto in precedenza (par. 8.2)

 

*   Limitata significatività dell’istituzione di servizi di accoglienza alla frontiera

 

I dati acquisiti evidenziano ritardi nell’attuazione e, comunque, l’istituzione di un numero di centri molto inferiore a quello programmato. Mancano, al momento, elementi significativi per ricostruire la spesa effetivamente sostenuta e indicatori per valutare l’impatto dell’istituto (par. 7.4)

 

*   Mancanza di utili informazione circa l’esito delle iniziative a sostegno della integrazione scolastica degli immigrati.

 

Il Ministero dell’istruzione non è stato in grado di comunicare gli esiti del monitoraggio degli interventi demandati alle singole istituzioni scolastiche nel periodo di riferimento dell’indagine, pur rilevanti in termini finanziari e sociali (par. 7.6)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3. IL QUADRO NORMATIVO E L’EVOLUZIONE DELL’ORDINAMENTO

 

In tutti i paesi maggiormente interessati sin dagli ultimi decenni del secolo scorso da forti pressioni migratorie le norme emanate per regolamentare la posizione giuridica degli stranieri rappresentano, ormai, una nuova ed autonoma branca del diritto, l’immigration law che, in modo trasversale, attraversa tutte le discipline giuridiche: il diritto civile e commerciale, del lavoro, amministrativo, penale (sostanziale e processuale) e, ovviamente in primo luogo, il diritto costituzionale e internazionale.

Storicamente Paese di emigrazione marginalmente interessato a fenomeni di immigrazione di massa di extracomunitari l’Italia fino alla metà degli anni ’80 non ha avuto una legge organica in materia di immigrazione. Trovava al riguardo applicazione la disciplina contenuta nel testo unico di pubblica sicurezza del 1931 e nel relativo regolamento di attuazione che, in coerenza con le ideologie dell’epoca e con le limitate dimensioni del fenomeno, considerava gli stranieri soggetti potenzialmente pericolosi, da prendere in considerazione quasi esclusivamente quali destinatari di provvedimenti di espulsione.

La prima normativa organica in materia di immigrazione, che supera la logica del testo unico è rappresentata dalla legge 30 dicembre 1986, n. 943, con la quale viene, tra l’altro, disposta la prima sanatoria di situazioni irregolari e viene concessa agli extracomunitari regolarmente soggiornanti nel territorio, purchè lavoratori subordinati, parità di diritti e condizioni con i cittadini italiani.

Risale alla predetta normativa l’istituzione, per la prima volta nell’ordinamento italiano, di organi ed apparati amministrativi specificamente dedicati all’esame di questioni connesse con il fenomeno dell’immigrazione: il servizio per i problemi dei lavoratori extracomunitari e l’omonima consulta presso il Ministero del lavoro, la commissione per il controllo degli accordi internazionali sui flussi migratori presso il Ministero degli esteri. Alle regioni ed agli enti locali la legge 943/86 demanda, poi, il compito di istituire organismi consultivi a carattere partecipativo sui problemi della integrazione degli immigrati.

Successivamente, a breve distanza di tempo, è entrata in vigore con una ben più ampia portata ed organicità la legge 28 febbraio 1990, n. 39 (c.d. legge Martelli), di conversione del decreto legge 30 dicembre 1989, n. 416. Oltre a disporre una ulteriore sanatoria, la legge regola in maniera organica ed innovativa le diverse ipotesi di espulsione, abrogando la disciplina contenuta nel testo unico di pubblica sicurezza, prevede per l’avvenire una più rigorosa disciplina dei flussi introducendo un sia pur embrionale meccanismo di programmazione degli ingressi e introduce principi ed istituti per la piena integrazione degli immigrati nella realtà sociale ed economica del Paese.

Particolarmente importante è la parte della normativa[4] dedicata ai rifugiati ed ai richiedenti asilo, introdotta per superare le riserve con le quali l’Italia aveva aderito alla convenzione di Ginevra del 1951 e destinata a restare in vigore per tutto il periodo oggetto della presente relazione. Solo in parte tale normativa è stata superata dalla recente legge 189/02, che, peraltro, sullo specifico punto rinvia ad un successivo intervento normativo organico in materia.

Il periodo ricompreso fra il 1990 e il 1998 è caratterizzato da una consistente produzione normativa dettata, soprattutto, dalla emergenza connessa con ingenti sbarchi di clandestini e con il riacutizzarsi di fenomeni di razzismo e di intolleranza[5].

L’ambito temporale oggetto della presente relazione, coincide sostanzialmente, come già detto, con il periodo di vigenza della legge 40/1998, le cui disposizioni sono state successivamente coordinate con la restante normativa dell’epoca nel testo unico approvato con il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e relativo regolamento di attuazione approvato con D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394.

La nuova legge prevede, innanzitutto, una migliore e più puntuale definizione del metodo di programmazione dei flussi di ingresso, basato sulla redazione da parte del Governo, con cadenza triennale, di un apposito documento da trasmettere al Parlamento. Il documento, emesso attraverso una procedura concertata con le regioni, gli enti locali, le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro nonchè gli organismi attivi nel settore del volontariato e dell’assistenza, indica le azioni e gli interventi da svolgere anche relativamente alla politica estera, individua i criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso, delinea gli interventi pubblici volti a favorire l’integrazione e l’inserimento degli stranieri nella realtà sociale, economica e culturale del paese.

A chiusura del sistema, il Ministro dell’interno è tenuto a presentare annualmente alle Camere una relazione sui risultati raggiunti in attuazione a quanto disposto in sede di programmazione.

Con riferimento poi, alla condizione giuridica degli stranieri, la legge 40/1998 riconosce a tutti i diritti fondamentali della persona umana quali ricavabili dalla normativa nazionale, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai principi generali del diritto, universalmente riconosciuti.

In particolare, a tutti gli extracomunitari regolari ed irregolari vengono riconosciuti:

·         parità di trattamento con i cittadini relativamente alla tutela giurisdizionale, ai rapporti con la pubblica amministrazione, all’accesso ai pubblici servizi nei limiti e nei modi previsti dalla legge

·         prestazioni sanitarie di pronto soccorso

·         diritto all’istruzione obbligatoria per i minori comunque presenti nel territorio.

Relativamente alle specifiche materie di cui tratta la presente relazione, il testo unico 286 del 1998 prevede quali misure di sostegno e integrazione:

·         l’istituzione di servizi di accoglienza ai valichi di frontiera al fine di fornire informazioni e assistenza agli stranieri che intendano presentare richiesta di asilo politico, o, comunque, abbiano intenzione di risiedere e soggiornare regolarmente in Italia per più di tre mesi (art. 11, co. 5);

·         l’adozione di misure di accoglienza legate ad eventi eccezionali (art. 20);

·         l’istruzione degli stranieri e i programmi di educazione interculturale (art. 38);

·         i centri di accoglienza e gli incentivi per l’accesso alle abitazioni (art. 40);

·         le misure di integrazione sociale (art. 42);

·         l’istituzione di un Fondo nazionale per le politiche migratorie da utilizzare per finanziare gli interventi previsti dalla legge (art. 45).

Quali interventi di contrasto alla clandestinità e regolazione dei flussi, il ripetuto testo unico prevede:

·         l’istituzione per la prima volta in  Italia di centri di permanenza al fine di trattenere gli extracomunitari destinatari di un provvedimento di espulsione per il tempo necessario a compiere le formalità necessarie per l’accompagnamento alla frontiera (art. 20 e segg);

·         l’istituzione di un’anagrafe annuale informatizzata delle offerte e delle richieste di lavoro subordinato da parte di cittadini stranieri (art. 21, co. VII).

 

Per completezza sul quadro normativo va, altresì, opportunamente rammentato che il potere dei singoli ordinamenti nazionali di regolamentare l’ingresso ed il soggiorno nel proprio territorio di cittadini stranieri non è assoluto.

In primo luogo, la convenzione di Schengen del 14 giugno 1985, nel sancire la sostanziale libertà di movimento da uno Stato all’altro dell’Unione europea, ha contestualmente impegnato tutti gli Stati membri ad assicurare efficaci ed omogenee misure di contrasto contro l’immigrazione clandestina e l’irregolarità. La costruzione di una disciplina comune in tema di migrazioni è in tal modo divenuta un obiettivo prioritario e necessitato della politica dell’Unione.

Tale processo è culminato con il secondo trattato sull’Unione Europea firmato ad Amsterdam il 2 ottobre 1997 (trattato ratificato e reso esecutivo dalla legge 16 giugno 1998 n. 209), che ha disposto il passaggio del sistema di governo dell’immigrazione dal terzo al primo “pilastro” del trattato di Maastricht (e cioè l’inserimento della materia tra quelle riservate all’intervento normativo diretto dell’Unione, anziché tra quelle da regolamentare tramite cooperazione intergovernativa).

Fra le tematiche interessate rientrano i controlli alle frontiere interne ed esterne, il rilascio di visti di breve e lunga durata, la libertà di circolazione degli immigrati all’interno del territorio comunitario, la disciplina del diritto di asilo, le procedure per il rimpatrio, le misure da assumere in situazione di pericolo per l’ordine pubblico, gli interventi per fronteggiare l’emergenza connessa con afflussi improvvisi di cittadini provenienti da paesi extracomunitari.

Nei cinque anni successivi all’entrata in vigore del predetto trattato il Consiglio europeo è tenuto ad adottare misure vincolanti nelle materie sopraindicate e, a partire da tale momento, i singoli Stati appartenenti all’Unione sono liberi di mantenere la normativa all’epoca vigente o introdurre nuove disposizioni nel rispetto, peraltro, di quanto stabilito in sede comunitaria.

A conclusione della ricostruzione del quadro normativo, al fine di meglio comprendere talune valutazioni contenute nella presente relazione, va, comunque, sottolineato che la legislazione in materia di immigrazione in Italia, quantomeno a livello primario, è nella maggior parte dei casi volutamente a maglie larghe e contiene norme di principio più che la disciplina di singoli specifici istituti, o vincolanti obiettivi da raggiungere. Deriva da quanto sopra che l’attività amministrativa, pur in presenza del medesimo quadro normativo di riferimento, è sempre fortemente condizionata, da una parte, dalle risorse finanziarie concretamente disponibili, e, dall’altra, da direttive politiche che tra le molteplici previsioni normative e le diverse possibili interpretazioni individuano, di volta in volta, reali priorità e linee concrete di azione.

 


4. IL QUADRO ORGANIZZATIVO

 

Come già rappresentato dianzi [6] l’attuazione delle misure di contrasto e sostegno all’immigrazione è rimessa dalla normativa a una pluralità di amministrazioni, di talchè assai complesso risulta il quadro ordinamentale nel quale si inquadrano le singole funzioni.

In primo luogo, in considerazione dell’entità, anche finanziaria, dei compiti attribuiti, deve aversi riferimento al Ministero dell’interno.

Con decreto interministeriale Interno-Tesoro del 23 marzo 1998, emesso a seguito di una espressa previsione contenuta nella legge 40/1998, è stata istituita nell’ambito del dipartimento della pubblica sicurezza la direzione centrale della polizia stradale, ferroviaria, postale e di frontiera al cui interno, quale struttura organizzativa minore, opera il servizio immigrazione, incaricato di svolgere gran parte delle attività di contrasto all’immigrazione clandestina e irregolare.

Il servizio immigrazione è, dunque, configurato come struttura amministrativa di terzo livello all’interno di una direzione centrale, con evidenti compiti di tipo residuale[7].

In precedenza, la polizia di frontiera e il servizio stranieri non erano unificati nella medesima struttura organizzativa e rappresentavano articolazioni ancora minori (divisioni) all’interno del dipartimento di pubblica sicurezza. L’accorpamento, d’altronde, non ha fatto che istituzionalizzare forme di coordinamento spontaneo, sviluppatesi all’interno del preesistente assetto organizzativo per affrontare in modo unitario tutte le problematiche connesse con il fenomeno dell’immigrazione.

A livello periferico, il citato decreto ministeriale ha riorganizzato gli uffici stranieri esistenti presso ciascuna questura trasformandoli in servizi per l’immigrazione, incaricati di svolgere principalmente i compiti di gestione amministrativa degli stranieri e l’istruttoria per i diversi provvedimenti in materia nonché, soprattutto, l’attività connessa con il rilascio ed il rinnovo dei permessi di soggiorno.

Le attività più propriamente operative riferite all’individuazione degli stranieri irregolari, al loro trasferimento nei centri, alla sorveglianza dei centri medesimi e, più in generale, alla repressione dei reati o di illeciti amministrativi non sono di competenza del servizio stranieri, il cui personale non ha la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria.

Sempre presso il Ministero dell’interno l’intera materia del diritto di asilo e del riconoscimento dello status di rifugiato, nonché la gestione di taluni interventi di integrazione è affidata al dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione che, istituito con il D.P.R. 338 del 7 settembre 2001, riunisce le competenze in precedenza attribuite alla direzione generale per i servizi civili e alla direzione generale per l’amministrazione generale e gli affari del personale.

All’interno di tale dipartimento[8], che non è esclusivamente dedicato alle problematiche connesse all’immigrazione, le competenze ad essa relative sono affidate a due direzioni centrali, la prima con funzioni di supporto alle decisioni politiche ed alle iniziative legislative da assumere in materia e la seconda con caratteristiche operative. A livello locale, l’attività sul territorio è competenza delle prefetture e delle loro articolazioni minori.

Con riferimento agli argomenti trattati nella presente relazione, al dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione sono demandate le competenze relative al procedimento per il riconoscimento dello status di rifugiato e dell’asilo politico, la gestione amministrativa dei centri, la realizzazione dei servizi di accoglienza alle frontiere e il rimborso delle spese sostenute dal Servizio sanitario nazionale in favore di stranieri in posizioni irregolare (prestazioni ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative).

Le iniziative di protezione sociale e le azioni di sistema in favore delle vittime della tratta rientrano, invece, nella competenza del dipartimento per le pari opportunità istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, che per la programmazione ed il controllo sull’esito degli interventi si avvale di un’apposita commissione interministeriale.

La gestione degli interventi finanziabili a valere sul Fondo per le politiche migratorie, inizialmente effettuata dal dipartimento per gli affari sociali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in seguito alla riorganizzazione delle amministrazioni centrali dello Stato, in attuazione di quanto previsto dal D.L.vo 300 del 1999, è stata trasferita al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e, precisamente, ad una apposita direzione generale per l’immigrazione operante nell’ambito del dipartimento delle politiche sociali e previdenziali.

Al Ministero del lavoro, direzione generale impiego competono, poi, le attività necessarie alla realizzazione dell’anagrafe informatizzata delle offerte e delle domande di lavoro subordinato che riguardino cittadini extracomunitari.

La funzione di diffondere l’istruzione tra gli immigrati, attraverso la fruizione degli ordinari corsi scolastici e di altri specifici interventi è, infine, rimessa al Ministero della pubblica istruzione.

 

 


5. IL QUADRO FINANZIARIO CONTABILE

 

Si riportano di seguito i prospetti relativi alla gestione contabile dei capitoli di bilancio che riguardano le principali attività oggetto della presente relazione, al solo fine di dare una approssimativa idea delle dimensioni finanziarie in termini di risorse stanziate e impegnate per le attività analizzate.

I dati di bilancio, peraltro, non sempre danno una significativa idea delle spese effettivamente sostenute e delle somme erogate.

Numerosi interventi, infatti, vengono attuati mediante trasferimento di fondi a regioni, enti locali, organismi di assistenza e volontariato, spesso senza la previsione di adeguati meccanismi di verifica delle iniziative avviate[9].

D’altro canto, i capitoli del Ministero dell’interno, riferiti al funzionamento dei centri, sono gestiti attraverso aperture di credito in contabilità speciale ai prefetti territorialmente competenti, con la conseguente estrema difficoltà, che sarà evidenziata nella parte specifica[10], di ricostruire la reale dinamica della spesa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

         Tab. 1

         Ministero dell’Interno:

 

Capitolo 2320

Interventi di protezione sociale per assicurare il ritorno volontario

assistito nel Paese di origine delle vittime di tratta

 

Esercizio finanziario

     1999

     2000

     2001

Stanziamento iniziale

0

                     0

                           0        

Variazioni

0

                     0

          220.000.000

Impegni comp.za

0

                     0

          220.000.000

Residui finali comp.za

0

                     0

          143.500.000

Economie comp.za

0

                     0

                           0 

 

 

 

Capitolo 2351 (ex 4238)

Spese per l'attivazione e la gestione presso i valichi di frontiera, portuali ed aeroportuali di servizi

 d'accoglienza in favore di stranieri che fanno ingresso nel territorio italiano per motivi di asilo

 o comunque per soggiorni superiori a tre mesi

 

Esercizio finanziario

     1999

     2000

     2001

Stanziamento iniziale

    2.850.000.000

     2.850.000.000

       2.600.000.000

Variazioni

-2.593.000.000

-2.425.293.000

      -2.232.000.000

Impegni comp.za

           60.000.000

          60.000.000

           314.747.240

Residui comp.za

                           0

                          0

             38.250.000

Economie comp.za

          197.000.000

        364.707.000

             53.252.760

 

 

 

Capitolo 4246

Spese per interventi di emergenza a carattere assistenziale, alloggiativo ed igienico-sanitario in favore di

gruppi di stranieri privi di qualsiasi mezzo di sostentamento, limitatamente al tempo strettamente

necessario alla identificazione, al respingimento o all'espulsione

 

Esercizio finanziario

     1999

     2000

     2001

Stanziamento iniziale

2.850.000.000

*

*

Variazioni

45.000.000.000

 

 

Impegni comp.za

47.406.069.060

 

 

Residui comp.za

9.781.286.155

 

 

Economie comp.za

443.930.940

 

 

            *  confluito dal 2000 nel capitolo 2356

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 2356 (ex 4243)

Spese per l'individuazione, l'attivazione, l'acquisizione e la gestione dei centri di permanenza e quelli di

 accoglienza per stranieri irregolari. Spese per interventi a carattere assistenziale, anche al di fuori dei

centri stessi. Spese per interventi di protezione umanitaria

 

Esercizio finanziario

     1999

     2000

     2001

Stanziamento iniziale

    26.625.000.000

   29.475.000.000

      50.000.000.000

Variazioni

    28.000.000.000

   44.500.000.000

      63.876.774.000

Impegni comp.za

    47.268.969.645

   73.832.985.291

        81.551.154.815

Residui comp.za

     16.992.055.560

   22.526.938.540

      22.313.333.465

Economie comp.za

      7.356.030.355

         142.014.709

       32.325.619.185

 

Capitolo 2357 (ex 4286)

Spese per interventi assistenziali o di integrazione sociale in favore dei rifugiati residenti in Italia, in

collaborazione con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati; restituzione all'Alto

Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati della quota conferita e non utilizzata

 

Esercizio finanziario

     1999

     2000

     2001

Stanziamento iniziale

  10.000.000.000

10.000.000.000

 

Variazioni

-5.580.000.000

-3.580.000.000

 

Impegni comp.za

4.171.005.000

6.012.290.000

 

Residui comp.za

461.920.000

1.015.810.000

*

Economie comp.za

248.995.000

407.710.000

 

        * I residui finali sono confluiti nel cap. 2359

 

Capitolo 2359 (ex 4295)

Spese per interventi a favore di stranieri regolari richiedenti asilo privi di mezzi di sostentamento e di

rifugiati residenti in Italia, anche attraverso accordi con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i

rifugiati ed in attuazione di convenzioni internazionali nella materia e di programmi dell'Unione Europea

 

Esercizio finanziario

     1999

     2000

     2001

Stanziamento iniziale

     15.000.000.000

   15.000.000.000

      25.000.000.000

Variazioni

-1.360.000.000

   12.500.000.000

         1.015.000.000

Impegni comp.za

      10.718.182.000

    26.519.018.200

      23.578.427.000

Residui comp.za

           95.420.000

    20.152.140.000

        8.458.590.000

Economie comp.za

       2.921.818.000

        980.981.800

        2.436.573.000

 

Capitolo 2358 (ex 4294)

Spese per l'assistenza economica e sanitaria in favore di stranieri. Rette di spedalità per stranieri bisognosi.

Spese per trasporto e accompagnamento di ammalati stranieri sino alla frontiera e di cittadini italiani che

rimpatriano per cure, dalla frontiera al luogo di destinazione, in relazione a convenzioni internazionali

 

Esercizio finanziario

     1999

     2000

     2001

Stanziamento iniziale

  12.000.000.000

   12.000.000.000

      12.000.000.000

Variazioni

      10.000.000.000

   13.000.000.000

      13.000.000.000

Impegni comp.za

       21.997.883.810

   24.999.989.850

      24.950.024.970

Residui comp.za

                    10.000

                 17.500

                            0

Economie comp.za

                2.116.190

                 10.150

             49.975.030

 

Presidenza consiglio dei ministri:

 

Capitolo 6019 (ex 2964)

Fondo nazionale per le politiche migratorie

 

Esercizio finanziario

    1999

    2000

    2001

Stanziamento iniziale

                         0

                           0

                          0

Variazioni

  87.000.000.000

     71.000.000.000

  109.565.300.000

Impegni comp.za

  86.999.995.560

     68.511.360.050

  109.565.299.500

Residui comp.za

  29.844.839.030

     57.578.730.710

   44.430.357.000

Economie comp.za

                 4.440

      2.488.639.950

                      500

 

Capitolo 6305 (ex 3823)

Spese relative ai programmi di assistenza e integrazione sociale per gli stranieri vittime di violenza o

 di sfruttamento

 

Esercizio finanziario

    1999

    2000

    2001

Stanziamento iniziale

  10.000.000.000

                           0

    10.000.000.000

Variazioni

                        0

                           0

    13.015.836.000

Impegni comp.za

     9.991.312.400

                           0

    22.971.524.677

Residui comp.za

     9.991.312.400

                           0

    13.768.706.177

Economie comp.za

           8.687.600

                           0

           44.311.323

 

           Ministero del lavoro:

 

Capitolo 2549

Spese per l'istituzione ed il funzionamento dell'anagrafe annuale informatizzata e dell'archivio dei lavoratori

 stranieri, comprese le indennità di missione ed il rimborso spese, le spese per seminari e convegni, a ciò destinati

 

Esercizio finanziario

     1999

          2000

     2001

Stanziamento iniziale

                   0

                        -

350.000.000

Variazioni

                   0

      350.000.000

150.000.000

Impegni comp.za

                   0

      349.999.010

406.397.910

Residui comp.za

                   0

      328.069.880

263.131.510

Economie comp.za

                   0

                   990

93.602.090

 

Ministero pubblica istruzione:

Capitolo 1373

Corsi scolastici di lingua a favore dei cittadini extracomunitari

 

Esercizio finanziario

     1999

     2000

     2001

Stanziamento iniziale

                           0

     1.200.000.000

        1.200.000.000

Variazioni

         600.000.000

                         0

                             0

Impegni comp.za

         600.000.000

     1.197.000.000

        1.200.000.000

Residui comp.za

                           0

                         0

                             0

Economie comp.za

                           0

           3.000.000

                             0

   Fonte: dati tratti dal sistema integrato Corte dei conti – R.G.S.

 

 

In via conclusiva e in estrema sintesi alcune osservazioni si impongono riguardo all’andamento dei capitoli sopra rappresentati.

In particolare, lo stato di previsione della spesa del Ministero dell’interno, per la parte che qui interessa, mostra:

·      stanziamenti iniziali a volte assai inadeguati alle necessità. In alcune ipotesi le dotazioni risultano inizialmente insufficienti e vengono variate con ritardo rispetto alle necessità, tanto da non poter essere utilizzate e da determinare rilevanti economie. E’ questo il caso del capitolo 2356 destinato al funzionamento dei centri di trattenimento, ove è evidente una prima, consistente sottovalutazione della spesa necessaria.

In altre ipotesi le dotazioni iniziali risultano, invece, nettamente sovrastimate. Ciò, se appare talvolta funzionale a garantire il soddisfacimento di necessità non facilmente quantificabili in via previsionale (sembra questo il caso del capitolo 2357 destinato a corrispondere alle esigenze dei rifugiati), in altri casi è, invece, conseguenza del tempo occorso per l’implementazione di istituti di nuova introduzione che ha scontato, anche, il ritardo nell’emanazione del regolamento di attuazione del testo unico 286/98, intervenuta solo il 31 agosto 1999. E’ sicuramente questo il caso dei servizi di accoglienza alle frontiere, che risultano organicamente disciplinati solo alla fine dell’anno 2000 e diventano operativi, in misura comunque limitata, nel corso del 2001 rendendo necessaria la variazione in diminuzione degli appostamenti già in bilancio dall’esercizio 1999;

·      la sopravvivenza di capitoli destinati a fronteggiare necessità storicamente superate, se non per limitate “code” gestionali. Ciò con il conseguente permanere in bilancio di una pluralità di capitoli dall’oggetto apparentemente assai simile, dei quali viene anche fatto, non di rado, un uso promiscuo che rende difficile la ricostruzione della spesa;

·      il frequente ricorso a variazioni compensative tra capitoli, quale effetto diretto delle situazioni anzi esposte.

Con riferimento, invece, allo stato di previsione della spesa della Presidenza del consiglio dei ministri, quanto al capitolo 6019 “Fondo per le politiche migratorie” si rileva la tardiva messa a disposizione delle somme necessarie, che ha indotto l’amministrazione negli anni 1998 e 1999 ad impegnare globalmente quelle ancora giacenti con un unico decreto, pur in mancanza di obbligazioni giuridicamente perfezionate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

6. I DATI STATISTICI DEL FENOMENO IMMIGRAZIONE

 

A conclusione della parte introduttiva della relazione e al fine di meglio chiarire il complessivo quadro di riferimento delle gestioni esaminate, si rileva l’opportunità di riportare taluni dati statistici sul fenomeno immigrazione nel suo complesso e, in particolare, sui risultati dell’attività di contrasto.

Istituzionalmente il dipartimento di pubblica sicurezza è l’organo competente a raccogliere, elaborare e rendere pubblici i dati e le informazioni relative alla presenza di cittadini stranieri in Italia, alla loro provenienza, alla tipologia di soggiorno, alla dislocazione sul territorio[11]. Le altre amministrazioni incaricate di seguire l’attuazione delle misure di integrazione e accoglienza provvedono a loro volta a diffondere i dati concernenti le specifiche materie trattate.

Numerose sono, inoltre, le pubblicazioni e gli studi redatti da associazioni umanitarie e società specializzate nel settore, che elaborano e commentano i dati raccolti dal dipartimento di pubblica sicurezza.

Per completezza di informazioni, tempestività di aggiornamento, ampiezza e significatività delle elaborazioni vanno segnalate le pubblicazioni della Caritas che utilizzano come base di partenza i dati del dipartimento di pubblica sicurezza. Ampiamente diffusi e commentati dagli addetti ai lavori, i rapporti della Caritas sono spesso utilizzati dalle stesse amministrazioni quale riferimento privilegiato per la programmazione e, talvolta, sono addirittura richiamati nelle relazioni introduttive a disegni di legge e nelle schede tecniche quale base di calcolo per quantificare gli oneri di determinati istituti in relazione al numero dei probabili beneficiari.[12]

Nel commentare i predetti dati e nella effettuazione di raffronti con la situazione di Paesi diversi dall’Italia occorre, peraltro, una estrema cautela, giacchè non sempre è univoco il significato delle diverse aggregazioni.

Ad esempio, allorché ci si riferisce genericamente a stranieri presenti nel territorio nazionale l’aggregato è comprensivo anche dei cittadini appartenenti a Stati dell’Unione europea. La dizione extracomunitari, a sua volta, comprende anche persone appartenenti a Paesi occidentali ad economia capitalistica avanzata. Talvolta, inoltre, il dato riferibile agli extracomunitari presenti in Italia non ricomprende i minori, oggetto di specifiche, separate statistiche.

Ancor più complesso è, poi, interpretare l’esatto significato dei risultati dell’attività connessa con il contrasto e la repressione di fenomeni di clandestinità o irregolarità, a causa della non sempre chiara distinzione tra gli extracomunitari “espulsi” (cioè destinatari di un provvedimento di intimazione da parte del Prefetto) e quelli effettivamente allontanati dall’Italia e ritornati nel Paese di origine.

Con le cautele che si impongono per quello che si è testè detto si rileva, comunque, che al 31 dicembre 2002 gli extracomunitari presenti nel territorio italiano, compresi quelli provenienti da Paesi occidentali economicamente avanzati, ma con esclusione dei minorenni, erano 1.367.120, dato di poco superiore a quello dell’anno precedente [13].

Al 31 dicembre 2001, secondo il citato rapporto della Caritas, il rapporto tra gli extracomunitari regolarmente presenti e la popolazione italiana era pari ad 1/38, rapporto inferiore alla media riscontrata nei paesi dell’Unione europea.

Gli esiti già ampiamente diffusi delle richieste di sanatoria avanzate a seguito della legge 189/02 (circa 709.000 domande presentate), comporteranno, qualora vi sia una significativa percentuale di accoglimento, un netto aumento degli extracomunitari regolari e il relativo abbassamento del rapporto con i cittadini italiani.

Con le avvertenze in precedenza rappresentate si riporta di seguito un prospetto contenente i dati relativi all’attività di contrasto all’immigrazione clandestina negli anni 1999 – 2002.

 

 

 

 

Tab. 2

 

1999

2000

2001

2002

Extracomunitari respinti alla frontiera o subito dopo l'ingresso

  48.437

   42.221

    41.058

   43.795

 

 

 

 

 

Extracomunitari rintracciati sul territorio ed effettivamente allontanati, di cui:

  23.955

   27.042

    36.641

   44.706

   - Ottemperanti all'intimazione

 

     3.206

      2.251

      2.461

   - Espulsi con accompagnamento alla frontiera *

   12.036

   15.002

    21.266

   24.799

   - Espulsi su conforme provv.to dell' A.G.**

       520

       396

        373

        427

   - Riammessi nei paesi di provenienza sulla base di accordi particolari***                                                                                

   11.399

     8.438

    12.751

    17.019

Extracomunitari rintracciati e non rimpatriati

  40.489

   62.217

   56.633

   62.245

Dati forniti dal Dip.to pubblica sicurezza - servizio immigrazione -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

* Il dato si riferisce sia agli extracomunitari clandestini o irregolari, esclusi dopo un periodo di trattenimento nei CPT,

sia ai soggetti non ottemperanti ad un ordine di espulsione, nuovamente rintracciati ed immediatamente rimpatriati in quanto già identificati

** Si tratta di extracomunitari destinatari di un provvedimento di espulsione disposto dall'Autorità giudiziaria a titolo    di sanzione accessorio ovvero sostitutiva della pena. Qualora non siano necessarie particolari formalità per il rimpatrio,

 l'espulsione avviene immediatamente, in caso contrario viene disposto il trattenimento in un CPT.

 

*** Si tratta di una procedura semplificata di espulsione, che consente il rimpatrio immediato di extracomunitari appartenenti a Stati come ad esempio i Paesi dell’ex Jugoslavia con i quali lo Stato italiano ha particolari accordi

 collaborazione.

 

 

Da un’analisi dei dati riportati nel prospetto è possibile formulare le seguenti considerazioni.

Il numero degli extracomunitari respinti alle frontiere o subito dopo l’ingresso da atto del notevole impegno degli operatori e, tuttavia, non consente alcuna significativa valutazione in termini di efficacia in mancanza di dati circa il numero effettivo di extracomunitari entrati clandestinamente nonostante i controlli.

E, del resto, il numero degli irregolari è esclusivo risultato di stime, non sempre accompagnate da una adeguata esternazione circa le metodologie usate per i relativi calcoli.

Alla vigilia della emanazione della legge 189/02 si riteneva che il numero degli extracomunitari non regolari potesse essere quantificato in una percentuale di poco superiore al 20% del numero complessivo delle presenze.

 

In realtà, gli esiti della sanatoria disposta con l’ultimo intervento normativo hanno prodotto, come detto, un risultato di gran lunga superiore alle attese con oltre 700.000 domande di regolarizzazione, dato, quest’ultimo, non comprensivo del numero di coloro che non hanno avanzato richiesta in tal senso.

A partire dal 1986 (legge 943 del 30 dicembre), e fino a quella da ultimo disposta con la legge 189/02, si sono succeduti nell’ordinamento quattro provvedimenti di sanatoria[14], che hanno portato rispettivamente alla regolarizzazione di 120.000, 220.000, 246.000 e 250.000 extracomunitari illegalmente presenti nel territorio.

Tali risultanze, lette unitamente agli esiti dell’ultima sanatoria disposta, evidenziano con chiarezza la formazione di un numero di irregolari pari ad oltre 150.000 unità ogni anno.

A fronte di quanto sopra gli extracomunitari clandestini o irregolari rintracciati sul territorio ed effettivamente rimpatriati sono, al netto di quelli riammessi nei Paesi di provenienza sulla base di specifici accordi di cooperazione, circa 25.000 nel 2002. Il dato, raddoppiato rispetto al 1999, non dà tuttavia conto, al momento, di un sufficiente contrasto del fenomeno.

Fino a tutto il 2002 è estremamente elevato e in crescita il numero di irregolari o clandestini destinatari di un provvedimento di espulsione e non rimpatriati. Tale dato va letto unitamente a quello relativo alla efficienza dei centri, che, al momento, hanno margini di accoglienza estremamente ristretti, e una percentuale di soggetti effettivamente rimpatriati al termine del periodo di permanenza pari a circa il 30%.

In considerazione di quanto testè detto appare, pertanto, difficile ipotizzare di contrastare l’immigrazione clandestina esclusivamente attraverso una politica di repressione.

L’esito delle sanatorie evidenzia, altresì, una sostanziale, scarsa efficacia del metodo di programmazione dei flussi, giacchè, in gran parte, il numero degli extracomunitari regolarmente presenti a tutto il 2002 sembrerebbe composto dai beneficiari dei diversi provvedimenti di regolarizzazione successivamente intervenuti e non già da stranieri entrati, fin dall’origine, attraverso canali previsti dall’ordinamento[15].

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

7. LE MISURE DI SOSTEGNO

7.1 Il Fondo per le politiche migratorie.

7.1.1. Il quadro normativo

 

 

Il decreto legislativo n. 286 del 1998 contiene articolate disposizioni intese alla risoluzione dei complessi problemi conseguenti ai molteplici fenomeni migratori che da più di un decennio interessano il nostro Paese, prevedendo che lo Stato, le regioni, le province e i comuni, anche in collaborazione con le associazioni di volontariato e con le associazioni degli immigrati, realizzino– come si legge nella relazione al disegno di legge n. 3240 presentato il 10 febbraio 1997 – “ogni forma di attività volta a ridurre gli ostacoli che lo straniero incontra per una piena integrazione nel tessuto sociale e a preservare contemporaneamente le specificità culturali, linguistiche e religiose di ciascuno”.

All’uopo l’art. 45 ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il Fondo nazionale per le politiche migratorie, la cui dotazione è stata stabilita in lire 12.500 milioni per l’anno 1997, in lire 58.000 milioni per l’anno 1998 e in lire 68.000 milioni per l’anno 1999. La determinazione del Fondo per gli anni successivi è rimessa alla legge finanziaria, ai sensi dell’art. 11 lett. d) della legge n. 468/1978.

A seguito delle modifiche introdotte con l’art. 59, comma 44 e seguenti, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, per gli anni 2000 e 2001 al Fondo sono affluite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 17 febbraio 2000 e 27 marzo 2001 (che ha modificato l’importo previamente assegnato dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 20 marzo) rispettivamente £. 81.000.000.000 e £. 74.000.000.000. Del Fondo fanno parte anche le somme derivanti da donazioni eventualmente disposte da privati, oltre che il 95% delle somme derivanti dal gettito del contributo di cui all’art. 13 comma 2, della legge 30 dicembre 1986, n. 943[16], soppresso a partire dal 1° gennaio 2000.

“L’intervento del Fondo – si legge nella citata relazione - è apparso necessario sia per il supporto finanziario occorrente, sia al fine di garantire omogeneità a livello nazionale degli interventi volti alla realizzazione di condizioni di pari opportunità per gli stranieri presenti sul territorio nazionale”.

Il legislatore ha ritenuto, altresì, di dover istituire nuovi organi collegiali nell’ambito dell’amministrazione statale perché acquisiscano sicuri elementi di conoscenza circa le effettive esigenze dei soggetti immigrati regolarmente soggiornanti nel nostro Stato e provvedano, lì dove la legge lo disponga, ad attivare interventi in favore degli stranieri immigrati.

Si fa in primis riferimento al Comitato per i minori stranieri istituito ai sensi dell’art.33[17]  del testo unico presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri “al fine di vigilare sulle modalità di soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio dello Stato e di coordinare le attività delle amministrazioni interessate”. L’organo è costituito da nove rappresentanti di amministrazioni statali, da due rappresentanti dell’ANCI, da un rappresentante dell’UPI e da due esponenti di organizzazioni maggiormente rappresentative operanti nel settore dei problemi della famiglia (poi individuate nell’”Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati” e nella “Fondazione Aiutiamoli a vivere”). L’analitica previsione di ulteriori disposizioni relative all’ingresso ed al soggiorno nel territorio nazionale di minori stranieri di età superiore a sei anni è stata demandata dalla norma in esame ad un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, poi emanato in data 9 dicembre 1998.

Il successivo art. 42, al secondo comma, prevede l’Organismo nazionale di coordinamento presso il CNEL, affidandogli il compito di individuare, con la partecipazione dei cittadini stranieri, le iniziative idonee alla rimozione degli ostacoli che impediscono l’effettivo esercizio dei diritti e dei doveri dello straniero. La sua composizione, a mente dell’ultimo comma dell’art. 56 del regolamento, è demandata al Presidente del CNEL, d’intesa col Ministro per la solidarietà sociale.

Il 4° comma dello stesso articolo crea presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri la Consulta per i problemi degli stranieri e delle loro famiglie, presieduta dal Presidente o da un ministro da lui delegato, e di cui sono stati chiamati a far parte con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri – in numero non inferiore a 26 unità - rappresentanti di categorie qualificate ed esperti designati da alcuni ministeri. L’organo suddetto riceve le osservazioni degli enti e delle associazioni nazionali maggiormente attivi nell’assistenza e nell’integrazione degli immigrati per la predisposizione del Documento Programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, verifica lo stato di applicazione della legge evidenziandone difficoltà e disomogeneità a livello territoriale, esamina le problematiche relative alla condizione degli stranieri immigrati ed elabora proposte e suggerimenti per un completo superamento delle possibili difficoltà derivanti dalla convivenza degli immigrati con i cittadini residenti.

L’art. 46 contempla, poi, la Commissione per le politiche di integrazione cui è affidato non solo il compito di predisporre per il Governo il rapporto annuale sullo stato di attuazione delle politiche per l’integrazione degli immigrati, ma anche di formulare proposte di interventi di adeguamento di tali politiche, nonché di fornire risposta ai quesiti posti dal Governo medesimo concernenti le politiche per l’immigrazione, interculturali, e gli interventi contro il razzismo. Essa è presieduta da un docente universitario di ruolo ed è formata da rappresentanti di amministrazioni statali e da dieci esperti nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Ministro per la solidarietà sociale.

La legge indica anche quali siano le aree d’intervento in cui il Fondo può essere utilizzato, destinandolo espressamente alle iniziative di cui agli articoli 20, 38, 40 e 42 del testo unico medesimo, i quali riguardano, in estrema sintesi:

·               le misure di protezione temporanea da adottarsi per rilevanti esigenze umanitarie, in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in Paesi non appartenenti all’Unione Europea;

·               l’attivazione di iniziative dirette all’istruzione degli stranieri;

·               la realizzazione di centri di accoglienza per ospitare gli stranieri regolarmente soggiornanti per motivi diversi dal turismo, temporaneamente impossibilitati a provvedere autonomamente alle proprie esigenze;

·               le misure di integrazione sociale degli immigrati regolarmente presenti sul territorio nazionale.

Alle somme occorrenti per far fronte alle iniziative su elencate sono da aggiungere quelle concernenti il finanziamento dei programmi finalizzati all’accoglienza ed al rimpatrio assistito dei minori presenti non accompagnati, di cui è cenno nel 7° comma dell’art. 4 del menzionato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 dicembre 1998.

Sul Fondo gravano, altresì:

·               le spese relative ai rimborsi e ai compensi spettanti ai membri della Commissione per le politiche di integrazione e agli esperti dei quali l’organo collegiale intende avvalersi per lo svolgimento dei propri compiti, oltre a quelle per studi e ricerche effettuate da  istituzioni pubbliche  e private, da gruppi o da singoli ricercatori, ai quali la medesima può rivolgersi mediante convenzioni deliberate collegialmente e stipulate dal presidente ad essa preposta. Entro i limiti dello stanziamento annuale ad hoc previsto dal decreto di ripartizione del Fondo per le politiche migratorie, possono essere acquistate pubblicazioni o altro materiale necessario per lo svolgimento dei propri compiti (v. art. 46);

·               le spese di viaggio da rimborsare agli appartenenti alla Consulta di cui all’art. 42 del testo unico nonché alle Consulte eventualmente costituite, con analoghe funzioni, da parte delle regioni(v. art. 42, comma 8). Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 26 ottobre 1998 ha, poi, precisato (v. art. 6) che “ai membri della Consulta spetta il trattamento di missione per la partecipazione alle riunioni plenarie e ai gruppi di lavoro. Per gli estranei alla pubblica amministrazione spetta il trattamento stabilito per i dirigenti generali di livello C.” Con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 marzo 2000 (che ha sostituito il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 ottobre 1998) si è confermata la previsione di spesa per i componenti non appartenenti a pubblica amministrazione (in quest’ultimo provvedimento il trattamento spettante a tali soggetti viene ragguagliato all’ammontare del rimborso delle spese di viaggio e soggiorno stabilito per i dirigenti dello Stato).

Le iniziative finanziabili sul Fondo devono essere inserite in programmi annuali o pluriennali, da adottarsi dallo Stato, dalle regioni, dalle province o dai comuni, nelle materie di propria competenza. Al regolamento d’attuazione è rimessa la disciplina delle modalità per la presentazione, l’esame e la verifica dei programmi, dell’erogazione e dell’eventuale revoca dei finanziamenti, nonché della pertinente rendicontazione.

Gli articoli 58, 59 e 60 del D.P.R. n. 398/1999 hanno, al riguardo, disposto che la ripartizione del Fondo, effettuata dal Ministro per la solidarietà sociale, debba tener conto delle seguenti quote percentuali:

a)   una quota pari all’80% dei finanziamenti dell’intero Fondo è destinata ad interventi annuali e pluriennali attivati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, nonché dagli enti locali per straordinarie esigenze di integrazione determinate dall’afflusso di immigrati;

b)  una quota pari al 20 % dei finanziamenti è destinata ad interventi di carattere statale, comprese le spese relative agli interventi previsti dagli articoli 20 e 46 del testo unico”.

Il nono comma dell’art. 58, prevede, poi, che il Ministro della solidarietà sociale predisponga con proprio decreto - sentita la Conferenza Unificata - un apposito modello uniforme per la comunicazione dei dati statistici e socio economici e degli altri parametri necessari ai fini della redazione dei programmi regionali e statali che devono essere trasmessi al Dipartimento degli affari sociali e per la presentazione della relazione annuale sullo stato di attuazione degli interventi finanziati.

Entro sei mesi dalla data di pubblicazione del decreto di ripartizione le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano devono comunicare al Dipartimento per gli affari sociali i programmi annuali o pluriennali (al massimo della durata di tre anni) che intendono realizzare nell’ambito delle politiche dell’integrazione. Nell’attuazione dei programmi gli enti territoriali possono avvalersi della partecipazione delle associazioni di stranieri e delle organizzazioni stabilmente operanti in loro favore iscritte nel registro di cui all’art. 52, 1° comma, lett. a)[18]. La comunicazione dei programmi è condizione essenziale per l’erogazione del finanziamento annuale.

Le risorse attribuite alle regioni debbono costituire quote di cofinanziamento (in misura non inferiore al 20% del totale di ciascun programma) dei programmi regionali relativi ad interventi nell’ambito delle politiche di immigrazione. Entro un anno dalla data di erogazione del finanziamento le regioni e le province autonome presentano al Ministro per la solidarietà sociale una relazione sullo stato di attuazione degli interventi previsti, sulla loro efficacia, sul loro impatto sociale, sugli obiettivi conseguiti e sulle misure da adottare per migliorare le condizioni di vita degli stranieri sul territorio. Nello stato di attuazione deve essere specificato anche il grado di avanzamento dei programmi in termini di impegni di spesa, pagamenti, e residui passivi. Qualora le regioni e le province non adempiano nei termini all’obbligo di comunicazione dei programmi ovvero entro dodici mesi dall’erogazione del finanziamento non provvedano all’impegno contabile delle quote assegnate, il Ministro per la solidarietà sociale, sentita la conferenza unificata, dispone la revoca del finanziamento e la ridestinazione dei fondi.

L’art. 59, 7° comma dispone che alcuni degli obblighi indicati (comunicazione programmi, iscrizione nel registro e percentuale delle quote di cofinanziamento delle regioni) abbiano effetto a decorrere dall’esercizio finanziario successivo a quello di entrata in vigore del regolamento, e cioè a decorrere dal 2000.

Per quanto attiene, invece, agli interventi da realizzare a cura delle amministrazioni statali, l’art. 60 del regolamento prevede che i programmi da queste predisposti - anche avvalendosi delle associazioni di stranieri e delle organizzazioni stabilmente operanti iscritte nel registro di cui sopra - devono essere presentati entro sei mesi dalla pubblicazione del decreto di ripartizione del Fondo. Il Ministro per la solidarietà sociale deve promuovere e coordinare, d’intesa con i ministri interessati, i programmi presentati al Dipartimento.

Le amministrazioni statali entro un anno dalla data di erogazione del finanziamento hanno l’obbligo di presentare una relazione al Ministro sullo stato di attuazione degli interventi previsti nei programmi, sulla loro efficacia, sul loro impatto sociale e sugli obiettivi conseguiti. Nessuna sanzione è prevista in caso di mancata presentazione della relazione medesima.

Si fa, da ultimo, presente che a seguito dell’attuazione della riforma introdotta dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 le competenze intestate al Ministro per la solidarietà sociale, Ministro senza portafoglio preposto al Dipartimento affari sociali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, sono state devolute al Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Dipartimento delle politiche sociali e previdenziali – Direzione Generale per l’immigrazione, al quale è stata trasferita anche la gestione del Fondo.

 

 

7.1.2. I decreti di ripartizione del Fondo

 

Le somme stanziate sul Fondo sono state assegnate negli anni 1998 e 1999 al cap. 2964 dello stato di previsione della spesa della Presidenza del Consiglio dei Ministri, denominato appunto “Fondo per le politiche migratorie”. Tale capitolo negli anni 2000 e 2001, pur rimanendo nella disponibilità della Presidenza del Consiglio - Dipartimento affari sociali, è stato inserito nello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, assumendo il numero 6019, mentre nel 2002 – a seguito della riforma di cui sopra si è fatto cenno – è stato allocato nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sub  cap. 1891.

Con i decreti del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica emanati il 26 ottobre 1999 e il 18 maggio 2001 le somme stanziate negli anni 1999 e 2001 sono state integrate nella misura rispettiva di £. 23 miliardi e di £. 35.230.537.000 derivanti dal gettito del contributo di cui all’art. 13, comma 2 della legge 30 dicembre 1986, n. 943, ascendendo, quindi, una a £. 91 miliardi e l’altra a £. 109.230.537.000.

Mentre la prima integrazione è rimasta completamente nella disponibilità del Dipartimento, lo stanziamento del contributo versato dall’INPS sul Fondo nel 2001 è stato ripartito con il decreto del 12 dicembre 2001 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (che nel frattempo era subentrato nelle competenze del Dipartimento affari sociali), con il quale  alle regioni e alle province autonome sono state attribuite £. 28.184.285.910, secondo le misure ivi indicate, ed al Dipartimento delle politiche sociali e previdenziali del Ministero del lavoro sono state destinate £. 7.046.071.478 per interventi di carattere statale.

I Fondi riguardanti gli anni 1998/2001 (in questa sede oggetto di analisi) - ammontanti globalmente a £. 352.065.300.000 - sono stati ripartiti secondo la tempistica indicata nel prospetto che segue:

Anno

Decreti di ripartizione

Data pubblicazione su Gazzetta Ufficiale

1998

d.p.c.m. 28 settembre 1998[19]

19 novembre 1998

d.p.c.m. 17 dicembre 1998

18 marzo 1999

1999

d.p.c.m.   6 agosto 1999

12 novembre 1999

2000

d.p.c.m.  23 giugno 2000

26 luglio 2000

2001

d.p.c.m.  20 marzo 2001, modificato in data 27 marzo 2001

non pubblicato

D.M  12 dicembre 2001

non pubblicato

 

 

In tali provvedimenti figurano, quali beneficiari, accanto alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, gli organi e gli enti incaricati di svolgere le attività attribuite alla competenza statale; vi viene, altresì, determinato l’ammontare delle risorse da destinare ad ognuno di essi.

La trattazione che segue darà, pertanto, conto delle verifiche effettuate in sede di controllo aventi ad oggetto, in primis, gli interventi realizzati sulle risorse assegnate al Dipartimento (considerando separatamente i costi sostenuti per la Consulta e per le attività del Comitato, che in quella quota sono state comprese), poi le spese effettuate per le esigenze della Commissione per le politiche dell’integrazione, alle quali, come visto, è riservata una quota ad hoc nei decreti di ripartizione. Indi, verranno esaminati i risultati raggiunti dai soggetti ai quali i decreti di ripartizione hanno direttamente assegnato un finanziamento.  Infine, si illustrerà quale sia stata l’attività svolta dal Dipartimento in relazione agli adempimenti ad esso demandati dall’art. 59 del regolamento.

Va, comunque, evidenziato che la differente regolamentazione giuridica dei diversi finanziamenti, ed in particolare la circostanza che l’80% delle somme iscritte sul Fondo siano di competenza delle regioni, impedisce a questa Sezione non solo di poter verificare lo stato di attuazione di tutti i progetti finanziati dal Fondo, ma anche di poter considerare quale indicatore dell’efficacia dell’azione amministrativa lo stato delle erogazioni del capitolo su cui il Fondo medesimo è stanziato.

Ed invero, tutti i versamenti effettuati in favore delle regioni e degli altri soggetti indicati dai decreti di ripartizione, in particolare relativi agli anni 1998 e

 

 

1999, sono stati effettuati tout court, indipendentemente dal verificarsi di qualunque atto di gestione. Solo per la parte assegnata al Dipartimento per gli affari sociali per gli interventi di carattere statale, infatti, il livello delle erogazioni può essere ritenuto un indicatore dell’efficacia dell’azione amministrativa, considerato che i relativi versamenti rappresentano, quasi sempre, il corrispettivo di accordi stipulati dall’amministrazione per la realizzazione di iniziative mirate all’integrazione degli immigrati.

Da ultimo si osserva che l’ammontare della somma ripartita dai singoli decreti non corrisponde a quella che figura nel prospetto relativo al capitolo 6019 riportato sub tabella 1, in quanto l’importo ivi indicato per gli anni 1999 e 2000 non tien conto dei finanziamenti assegnati al Ministero dell’interno, a seguito dei decreti di variazione del Ministro del tesoro e, pertanto, già sottratti dal Fondo. Per il 2001, invece, lo stanziamento iscritto nella tabella contempla anche £. 334.969.112   derivanti dalla riassegnazione in bilancio di somme impegnate nell’esercizio 1998 e andate in perenzione.

Tab. 3

ANNO 1998

7.300.000.000

Dipartimento per gli affari sociali

400.000.000

Commissione per le politiche di integrazione

6.400.000.000

Ministero dell’interno per interventi da attivare a favore delle regioni che devono far fronte ad esigenze di prima accoglienza a causa di rilevanti flussi di stranieri immigrati

56.400.000.000

regioni e province autonome di Trento e Bolzano

70.500.000.000

 

Tab. 4

ANNO 1999

28.950.000.000[20]

Dipartimento per gli affari sociali per interventi da attivare da quel Dipartimento, comprese spese funzionamento della Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e del Comitato per la tutela dei minori stranieri

900.000.000

Dipartimento per gli affari sociali, per le esigenze della Commissione per le politiche di integrazione

4.000.000.000

Ministero dell’interno per le attività previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 maggio 1999[21],

2.000.000.000

regione Puglia per la realizzazione centro pilota polifunzionale (iniziativa approvata dal Tavolo di lavoro istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22-1-1999)[22]

250.000.000

comune di Lecce per la ristrutturazione di un immobile da adibire a centro di accoglienza polifunzionale (iniziativa approvata dal Tavolo di lavoro istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22-1-1999)

500.000.000

Organismo nazionale di coordinamento per le politiche di integrazione sociale degli stranieri presso il CNEL

54.400.000.000

regioni e  le province autonome di Trento e Bolzano

91.000.000.000

 

 

 

Tab. 5

ANNO 2000

2.200.000.000

Dipartimento per gli affari sociali per interventi da attivare da quel Dipartimento, comprese spese funzionamento della Consulta per i problemi degli stranieri immigrati

900.000.000

Dipartimento per gli affari sociali , per le esigenze della Commissione per le politiche di integrazione

5.000.000.000

Ministero dell’interno per le attività di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 dicembre 1999, con cui sono state prorogate le misure di protezione temporanea da assicurare agli stranieri rilasciate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 maggio 1999

5.000.000.000

Ministero dell’interno per gli interventi da attivare a cura del Dipartimento di pubblica sicurezza

10.000.000.000

comune di Foggia per la realizzazione del centro di accoglienza “ Comunità sulla strada di Emmaus” (iniziativa individuata dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 agosto 1999 a conclusione dell’attività del “Tavolo di lavoro”[23])

3.000.000.000

comune di Ruffano (Lecce) per l’ampliamento della capacità di accoglienza della “masseria Mariglia” (iniziativa individuata dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 agosto 1999)

500.000.000

Organismo nazionale di coordinamento per le politiche di integrazione sociale degli stranieri presso il CNEL

54.400.000.000

regioni e province di Trento e Bolzano

81.000.000.000

 

 

Tab. 6

ANNO 2001

16.246.071.478

Dipartimento per gli affari sociali[24]

92.984.258.910

regioni e province di Trento e Bolzano

109.230.330.388

 

Tab. 2/6  Elaborazione dati Corte dei conti –

 

 

7.1.3. I finanziamenti destinati ad iniziative da attivare a cura del Dipartimento per gli affari sociali, comprese le spese per il funzionamento della Consulta per i problemi degli stranieri e per le attività del Comitato per la tutela dei minori stranieri

 

Non completamente utilizzate appaiono le risorse assegnate al Dipartimento negli anni 1998 e 1999 per gli interventi di competenza statale. L’istruttoria ha, infatti, evidenziato che, a fronte degli stanziamenti di £. 7.300.000.000 (€. 3.770.135,36) nel 1998 e di £.28.950.000.000 (€. 14.951.427,23) nel 1999, sono state assunte obbligazioni rispettivamente, per £. 6.643.304.100 (€. 3.430.980,24) e per £. 16.580.623.741 (€. 8.562.485,08) delle quali al 31 dicembre 2002 risultano pagate £. 3.824.504.100 (€. 1.975.191,54) e £. 6.580.508.680 (€. 3.398.549,1).

Al riguardo, va puntualizzato che l’amministrazione, al fine di evitare che i fondi tardivamente accreditati sul pertinente capitolo andassero in economia al termine di ciascun esercizio, ha proceduto al loro impegno contabile, pur in mancanza di vincoli giuridicamente perfetti. Ma neppure tale “escamotage”, che avrebbe consentito il successivo impegno giuridico in conto residui, ha permesso di esaurire le somme rimaste nella disponibilità dell’amministrazione. D’altronde, dall’istruttoria è emerso come non si sia mai provveduto ad una compiuta programmazione delle risorse suddette, essendo il loro impiego dettato più dalla decisione del momento che da un disegno coordinato. Inoltre nella documentazione prodotta in sede istruttoria non v’è traccia di programmi presentati al dipartimento per gli affari sociali da parte di altre amministrazioni statali, in conformità a quanto disposto dall’art. 60 del regolamento. Ed invero, sulle risorse relative al Fondo 1998 e 1999 sono stati finanziati solo iniziative proposte al dipartimento medesimo, aventi ad oggetto da un lato programmi di aiuto in favore di extracomunitari, dall’altro incarichi di studio conferiti ad estranei alla pubblica amministrazione per ricerche su particolari aspetti delle politiche di integrazione, contributi per spese relative all’ organizzazione di convegni e manifestazioni culturali svoltesi negli anni 1999, 2000 e 2001, relativi alle tematiche in esame, etc... Non si ignora che l’ampia genericità dei termini adoperati dal legislatore avrebbe ben potuto consentire di utilizzare le somme assegnate anche per le evenienze sopra indicate, a condizione, però, che le medesime fossero state razionalmente comprese in un piano ben definito del quale costituissero la realizzazione, secondo quanto disposto dal 2 comma dell’art. 45 del testo unico[25].

Un’altra causa del mancato impiego delle risorse medesime va rinvenuta nella circostanza che non si è provveduto a dare adeguata pubblicità ai finanziamenti medesimi, né a fissare preventivamente i criteri e le modalità cui attenersi nella scelta dei beneficiari, in adesione a quanto prescritto dall’art. 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, a mente del quale “la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone, enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione e alla pubblicazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi”[26].

Se tali carenze possono ritenersi giustificate con riferimento al Fondo 1998, in quanto ancora non era stato approvato il regolamento di attuazione, un identico giudizio non può esprimersi per l’attività svolta in relazione alle risorse del Fondo 1999, che, assegnate alla fine di quell’anno, appaiono essere state prevalentemente impiegate nel 2001.

Appare, inoltre, censurabile il comportamento dell’amministrazione laddove non ha esercitato i poteri di controllo contrattualmente previsti nei confronti dei soggetti attuatori. Ci si riferisce, in particolare, al contributo assegnato nel 1999 al Comune di Soverato, contributo rimasto completamente inutilizzato in quanto “una crisi politica e il successivo commissariamento del Comune hanno impedito la realizzazione dell’opera”[27]. Criticabile appare anche il comportamento dell’amministrazione in relazione al contributo concesso al comune di Torino, il quale, invece, ha iniziato i lavori di ristrutturazione dell’immobile in data 27 gennaio 2003, dopo ben quattro anni dalla firma dell’accordo di programma. E’ indubbio che un attento monitoraggio sull’andamento dell’esecuzione delle convenzioni avrebbe, consentito di notificare alle controparti la diffida ad adempiere entro 15 giorni dalla sua ricezione e, scaduto infruttuosamente detto termine, di risolvere unilateralmente il rapporto instaurato, potendosi conseguentemente utilizzare le somme recuperate per altre iniziative.

Nel 2000 la mancata programmazione ha determinato che la somma stanziata abbia formato globalmente oggetto, al finire dell’anno, di una convenzione stipulata con la Rai, con la quale quest’ultima si è obbligata ad organizzare una serie di corsi di lingua italiana in favore degli extracomunitari.

Per quanto, invece, attiene al Fondo 2001 le risorse assegnate, come si dirà più avanti, sono state globalmente usate per finanziare un programma nazionale nel settore dell’integrazione dell’immigrazione, realizzato attraverso la sottoscrizione di appositi accordi di programma con le regioni che ne avessero interesse. I relativi accordi, firmati nel mese di dicembre dell’anno 2001, sono ancora in corso di esecuzione e, pertanto, non  è possibile esprimere alcun giudizio sui risultati raggiunti. Non compiutamente definito, appare, comunque, il ruolo che il Dipartimento riveste nell’esecuzione di tali accordi, considerato che sia la definizione degli aspetti attuativi delle azioni nelle aree di intervento che il monitoraggio sulle singole azioni realizzate e la valutazione finale del progetto complessivo non spettano all’amministrazione statale, ma  ad un organo collegiale (il “Tavolo unico regionale”) al quale il Dipartimento delle politiche sociali è chiamato a “partecipare”. Né gli accordi medesimi, nel disporre che il pagamento del saldo sia subordinato alla presentazione della relazione finale, prevedono espressamente il potere dell’amministrazione centrale di non erogare tale pagamento (e di revocare il finanziamento) qualora non siano stati raggiunti gli obiettivi prefissati.

Tanto premesso, prima di passare all’analisi dell’impiego dei finanziamenti destinati al Dipartimento, avendo quale parametro l’utilizzo fatto e l’attività svolta in relazione alle quote ricevute a seguito delle ripartizioni del Fondo per ciascuno degli anni 1998/2001, sembra opportuno aggiungere che l’Ufficio del Dipartimento affari sociali al quale le competenze in esame erano assegnate (Ufficio Immigrazione) era titolare anche della gestione di molteplici altre attività (contributi ex lege n. 39/90; aiuti umanitari all’Albania ai sensi del decreto legge 24 aprile 1997, n. 108 convertito nella legge 20 giugno 1997, n. 174; responsabilità dell’informatica per tutto il Dipartimento, etc…..) A fronte di tale complesso di attività negli anni in questione l’Amministrazione ha rappresentato [28] di essersi mossa “in un contesto di grande difficoltà dovuto alla forte penuria del personale, in particolare di funzionari, assegnato all’Ufficio Immigrazioni”. A ciò si è aggiunto il “progressivo decremento del personale assegnato all’ufficio, passato da 10 unità a dicembre 1999 a 4 unità a dicembre 2001, per effetto della graduale assegnazione ad altre strutture della Presidenza del Consiglio dei Ministri del personale che aveva esercitato il diritto di opzione riconosciuto dalla legge”.

 

 

7.1.3.1 Il Fondo 1998

 

Il Fondo 1998 è pervenuto nella concreta disponibilità del Dipartimento per gli affari sociali nell’ultimo scorcio dell’anno medesimo, quando ancora non si era perfezionato l’iter di approvazione del regolamento di attuazione del testo unico n. 286/1998, al quale l’art. 45 del testo unico n. 286/98 demandava la disciplina delle “modalità per la presentazione, l’esame, l’erogazione, la verifica, la rendicontazione e la revoca del finanziamento del Fondo”.

Peraltro, - come emerge dalla relazione inviata al Ministro dal Capo Dipartimento in data 26 luglio 1999 - il protrarsi della situazione d’incertezza conseguente alla mancanza di tale testo normativo, unitamente alle gravi tensioni sociali verificatesi in particolare a Milano, Torino e Roma, ha indotto l’amministrazione ad individuare “alcuni progetti cantierabili, da attivare con somma urgenza, allo scopo di alleviare situazioni di estremo disagio sociale”, i quali, proposti all’attenzione dell’Autorità politica, sono stati da questa approvati “anche ai fini dell’esecutività operativa”.

Trattasi di interventi (alcuni dei quali triennali) proposti da associazioni senza fine di lucro, enti ecclesiastici ed enti locali, il cui oggetto consiste nella realizzazione di centri di accoglienza e strutture alloggiative[29], nella ristrutturazione e gestione di dieci appartamenti di proprietà di un ente pubblico milanese nel quale ospitare madri straniere in difficoltà[30], nella partecipazione alla gestione e manutenzione ordinaria di una struttura di proprietà del comune di Roma per una parte delle persone ospitate ammalate gravemente ed in condizione di povertà[31] e nella messa a punto e sperimentazione di un modello integrato di accoglienza, accompagnamento e mediazione culturale rivolto a donne migranti e native e alle loro famiglie[32]. Un progetto triennale riguarda, invece, l’inserimento in rete dei mediatori interculturali esistenti a Roma, e la predisposizione di attività di sensibilizzazione interculturale da realizzare in vari ambiti della società[33]. I costi previsti per il finanziamento di dette iniziative ammontavano a £. 4.485.915.000 (IVA inclusa).

Per la rimanente disponibilità sul Fondo (pari a £. 2.44.891.800) la citata nota del 26 luglio 1999 ha disposto che sia utilizzata per la campagna informativa denominata “1999 anno dei nuovi cittadini”, diretta alla diffusione della normativa sull’immigrazione e alla sensibilizzazione e promozione della convivenza tra i nazionali e gli immigrati.

La proposta reca l’approvazione del Ministro.

Al fine di disciplinare la realizzazione delle sette iniziative nei mesi di settembre e ottobre del 1999 l’amministrazione e i soggetti proponenti hanno firmato altrettanti accordi di programma, dall’esame dei quali risulta che l’erogazione dei finanziamenti sarebbe avvenuta in tre rate, la prima (corrispondente al 30% dell’ammontare) successivamente alla comunicazione dell’avvio delle attività previste nel progetto, la seconda (pari al 40%) su fattura al termine del sesto mese di attività, il saldo su fattura alla scadenza dell’accordo.

Ai soggetti attuatori è, inoltre, richiesto di trasmettere una relazione dettagliata con i risultati ottenuti al termine dei primi sei mesi, oltre ad una relazione finale descrittiva di tutti gli aspetti dell’utilizzo del finanziamento statale, da consegnare, unitamente alla rendicontazione, entro tre mesi dalla scadenza.

Il Dipartimento si è riservato la facoltà di effettuare controlli e verifiche nel corso dell’opera, prevedendosi, inoltre, che in caso di inadempimento o di ritardo sarebbe stata trasmessa una diffida ad adempiere entro 15 giorni. La scadenza di tale termine senza che l’inadempienza sia stata sanata, avrebbe determinato “l’automatica risoluzione dell’accordo, ai sensi dell’art. 1454, ultimo comma, del Codice Civile”.

Nel rinviare alla tabella n. 7 (riportata alla fine del paragrafo 7.1) per la conoscenza di elementi più precisi sui costi delle singole iniziative e delle altre spese imputate sul Fondo 1998, si fa presente che le medesime hanno comportato globalmente l’erogazione di £. 2.027.115.000 (pari a meno della metà della spesa prevista per i sette progetti), in quanto due di esse non sono mai state avviate. Infatti, come già accennato, gli accordi stipulati con i comuni di Soverato e di Torino relativi alla realizzazione di opere pubbliche da destinare agli immigrati non hanno mai avuto esecuzione e per essi non è stata pagata neppure la prima rata d’acconto, che avrebbe dovuto essere erogata all’atto del deposito dei progetti esecutivi. Non risulta che il Dipartimento abbia diffidato i due enti locali e che abbia richiesto la risoluzione del contratto ed il conseguente risarcimento dei danni.

La mancata rimodulazione di £. 2.818.800.000 ne ha determinato l’invio in economia.

Dalle relazioni finali trasmesse, si evince che le relative iniziative sono state portate a compimento nei termini prescritti e che i finanziamenti sono stati utilizzati per lo svolgimento delle molteplici attività pattuite che si sono concretizzate, in un caso, nella partecipazione alle spese di gestione (pagamento spese di vitto, lavanderia, utenze e materiale di consumo, arredamento e attrezzature speciali, etc..) di una casa–alloggio già esistente e nella realizzazione di interventi di sostegno in favore di persone con gravi problemi di salute; in un altro nella elaborazione e sperimentazione di un modello innovativo di accoglienza di alcune donne migranti, modello che ha consentito sia di accogliere le medesime ed avviarle a corsi di diverso tipo (si va dai corsi di lingua italiana a quelli di cucina, di collaborazione domestica), sia di fornire consulenze giuridiche a donne che ne avevano bisogno; in altri due progetti, si è provveduto a ristrutturare alcuni alloggi, nei quali sono stati ospitate famiglie individuate in case di accoglienza.Gli immigrati ospitati sono stati anche aiutati nella ricerca di un lavoro. Da ultimo, un contributo è stato diretto alla realizzazione di 93 interventi di mediazione interculturale, ai quali hanno collaborato 85 mediatori che hanno effettuato circa 2000 ore.

Per quanto, invece, riguarda la realizzazione della “Campagna informativa”, si rileva preliminarmente che l’amministrazione non ha formulato alcun programma comportante una spesa corrispondente a quella indicata nella nota su citata. Dalla documentazione trasmessa si evince che alla “Campagna” sono state imputate le spese relative alla stampa e distribuzione di due volantini e alla redazione di due opuscoli informativi, aventi ad oggetto, uno, la conoscenza della legge sull’immigrazione e, l’altro (compilato anche in inglese, francese e spagnolo), la tutela della maternità e dell’infanzia. Ad entrambi gli opuscoli ha collaborato la Consulta degli stranieri immigrati e delle loro famiglie. Per i volantini, invece, si fa presente che il primo, denominato “Appello”, è stato pubblicato su alcuni quotidiani ad ampia diffusione nazionale; il secondo intitolato “un grande incontro” è stato invece, distribuito a cura dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e veicolato all’interno di alcune riviste mensili rivolte a lettori extracomunitari.

Le spese sostenute per la citata “campagna informativa” ammontano totalmente a £.637.351.550. Si rileva che alcuni dei pertinenti titoli di spesa sono stati emessi nel giugno del 1999, e, pertanto, in epoca anteriore alla proposta di ripartizione del Fondo, mentre altri sono stati imputati in conto competenza 1999 (e non 1998).

Sulle risorse del Fondo 1998 è stata imputata anche la spesa derivante dall’approvazione di una convenzione stipulata con la RAI in data 30 settembre 1999 avente ad oggetto la realizzazione di una “campagna di comunicazione consistente in una serie di iniziative televisive e/o radiofoniche” destinate a diffondere fra i cittadini la conoscenza di tutte le attività svolte dal Dipartimento affari sociali nelle area di propria competenza, con particolare riguardo alle politiche dell’immigrazione.

Per lo svolgimento delle citate prestazioni, è stato pattuito un corrispettivo forfettariamente determinato in £. 700.000.000 +IVA 20%, che risulta pagato nell’anno 2000.

Va, infine, rilevato che sul Fondo 1998 sono state imputate anche alcune spese (quasi 300 milioni) derivanti da incarichi ad estranei, contributi a convegni o altre manifestazioni culturali sul tema dell’immigrazione, nonché altri progetti di ricerca sulle tematiche in esame, per i quali il relativo titolo di spesa è stato emesso negli anni 1999 e 2000.

 

 

7.1.3.2. Il Fondo 1999

 

Il Dipartimento ha avuto la disponibilità delle relative somme (pari a quasi £. 29 miliardi) solo alla fine dell’anno1999, in quanto il decreto di ripartizione è stato pubblicato in data 12 novembre 1999, e le somme derivanti dal gettito INPS sono state versate il giorno 4 dello stesso mese.

Anche per l’utilizzazione di queste risorse, non risulta che si sia provveduto alla programmazione del loro impiego, né alla fissazione di parametri astratti sulla cui base procedere alla valutazione dei progetti ricevuti. L’unico atto con il quale sono stati dettati criteri al riguardo appare essere il decreto 23 dicembre 1999 con il quale il Capo del Dipartimento, nell’impegnare globalmente la somma esistente al dicembre 1999 sul capitolo 2964 della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha disposto che la medesima debba essere utilizzata, oltre che per il funzionamento della Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie, anche “per gli interventi da attivare dal Dipartimento per gli affari sociali nei settori di cui alla scheda allegata.”.

La scheda, infatti, indica quali siano, in linea di massima, le aree d’intervento nel cui ambito devono essere spese le risorse (si citano a mero titolo esemplificativo, il settore dell’informazione, delle politiche d’integrazione, delle politiche sociali etc.) senza, peraltro, che sia indicata alcuna priorità o alcun criterio di valutazione delle iniziative ai fini della loro scelta.

Per quasi tutto il 2000 le somme in esame sono rimaste giacenti sul capitolo 6019 dello stato di previsione della spesa del Ministero del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Ciò è dipeso, secondo quanto rappresentato dall’allora Direttore generale[34], dalla necessità di attendere che il Comitato stranieri (costituito in quello stesso periodo) approntasse i criteri di base per l’attività di rimpatrio assistito dei minori non accompagnati, che –com’è noto- incideva anch’essa sul Fondo. A tale decisione il Comitato è pervenuto nella riunione dell’11 gennaio 2001.

Nel corso del 2000, quindi, le somme relative al 1999 sono state utilizzate in modo molto limitato ed esclusivamente in relazione al conferimento di incarichi e quale contributi a convegni o progetti aventi ad oggetto le problematiche dell’integrazione. Nel mese di dicembre l’amministrazione ha, però, stipulato una convenzione con la RAI avente ad oggetto la realizzazione di corsi di lingua italiana, il cui costo globale è stato fatto gravare in parte sul Fondo 1999 e in parte sul Fondo 2000.

Nel mese di marzo 2001, il Dipartimento ha provveduto ad individuare le iniziative da attivare, comportanti un finanziamento globale  complessivo di £. 2.817.573.851.

Sempre nel corso dello stesso periodo, l’amministrazione ha deciso di avviare un progetto pilota allo scopo di rafforzare la collaborazione tra l’amministrazione centrale e quella regionale. Sono stati, perciò, finanziati due accordi di programma con le regioni Toscana e Veneto. 

Inoltre, numerosi sono stati i contributi concessi nel 2001 in favore di molteplici iniziative (convegni, festival cinematografici, iniziative interculturali, etc..) dirette da un lato a far conoscere in modo più approfondito le diverse problematiche degli immigrati sul territorio nazionale, dall’altro ad effettuare studi e ricerche sulle politiche migratorie. Nello stesso periodo, l’amministrazione, trovandosi in situazione di carenza di personale, ha conferito a personale estraneo ai ruoli del Dipartimento incarichi di studio per l’approfondimento di talune tematiche di particolare interesse.

Il tardivo impiego delle somme stanziate nel 1999 ha determinato, inoltre, un notevole rallentamento nelle erogazioni, in quanto, alla fine del 2002 gli importi ancora giacenti sul capitolo sono andati in perenzione, determinandosi così l’impossibilità di provvedere prontamente ai dovuti pagamenti nei confronti dei diversi contraenti, una volta che costoro hanno adempiuto alle obbligazioni oggetto dei diversi accordi di programma. Infatti, nonostante quasi tutte le iniziative individuate dalla citata nota del 2 marzo 2001 siano state portate a termine, al 31 dicembre 2002 la maggior parte dei contraenti aveva ricevuto solo la prima rata, pochi la seconda e nessuno il saldo.

Nel rinviare alla tabella n. 8 per una più compiuta conoscenza dei costi sostenuti sul Fondo, qui di seguito si forniscono notizie più precise in merito alla convenzione con la Rai, nonché ai progetti cui sopra si è fatto cenno e agli accordi di programma stipulati con le regioni Toscana e Veneto.

 

A. La convenzione stipulata con la RAI il 19 dicembre 2000.

La convenzione ha ad oggetto la realizzazione di un corso di lingua italiana a distanza, il cui costo globale è stato pattuito in lire 10 miliardi. Di questa somma, £. 6.878.500.000 sono state imputate ai residui dell’anno 1999, mentre £. 3.121.500.000 figurano a carico dell’esercizio 2000. Dalle premesse del decreto di approvazione del contratto si apprende che la convenzione trova la sua origine nella necessità, avvertita dal Dipartimento, di realizzare un corso a livello elementare, rivolto agli immigrati adulti che vivono in Italia con regolare permesso di soggiorno. L’iniziativa è stata affidata a trattativa privata alla RAI, concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, ritenuta “l’unico soggetto in possesso dell’esperienza, della professionalità e della capacità tecnologica necessarie a garantire, attraverso RAI Educational, che ha una missione educativa culturale e una consolidata esperienza nel campo della formazione a distanza, l’efficace realizzazione dell’iniziativa”. La convenzione prevedeva:

·         la realizzazione, mediante il contributo di un gruppo di esperti altamente qualificati, di un corso costituito da 40 lezioni della durata unitaria di un’ora ciascuna da trasmettere in differita sul canale satellitare tematico Rai Educational dal mese di gennaio 2001 al mese di giugno 2001;

·         la frequenza del corso da parte di 500 gruppi di ascolto, organizzati in classi di 10/15 studenti presso i Centri territoriali per l’Educazione degli adulti, ai quali è assegnato il compito di individuare gli studenti che seguiranno le lezioni, verificando che gli stessi siano in possesso dei requisiti necessari per la frequenza del corso;

·         l’obbligo per la RAI di stipulare le necessarie intese con i Centri medesimi,  cui spetta la definizione di tutte le modalità operative e organizzative;

·         la presenza di un  tutor che  segua gli studenti nell’ora della trasmissione televisiva e nell’ora successiva da dedicare alle esercitazioni e verifiche;

·         la possibilità per gli studenti di sostenere l’esame di certificazione presso gli enti certificatori accreditati;

·         l’opportunità per i gruppi di ascolto impossibilitati a seguire le lezioni via satellite di utilizzare le registrazioni delle lezioni su videocassette fornite dalla RAI;

·         l’impegno della RAI a creare e gestire un sito Web all’interno del portale RAI Educational, al fine di consentire la diffusione dei materiali didattici relativi al corso.

Dalla relazione finale depositata dall’Ente il 18 gennaio 2002 si evince che nel periodo gennaio/giugno 2001 sono stati attivati 251 gruppi di ascolto (con una media di 15 corsisti per classe), mentre negli ultimi quattro mesi dello stesso anno sono stati attivati altri 259 corsi, per un  totale di circa 7.650 frequentanti. I Centri territoriali coinvolti sono stati 98. Il sito Web ha completato l’offerta formativa.

Al fine di consentire ai partecipanti di ottenere la certificazione[35] delle competenze linguistiche acquisite, il Dipartimento ha stipulato in data 10 maggio 2001 con 4 Enti certificatori (l’università per stranieri di Perugia, l’università per stranieri di Siena, l’università Roma Tre e la società Dante Alighieri) altrettanti accordi di programma diretti a disciplinare le modalità di valutazione dei candidati. Il costo di ciascuna certificazione è stato fissato in £. 110.000 (di cui £. 100.000 sono a carico del Dipartimento e £. 10.000 a carico del singolo candidato), stabilendosi, inoltre che in ogni caso è assicurato un contributo corrispondente a 500 certificazioni (pari a £. 50 milioni) in considerazione dell’impegno organizzativo che il progetto comporta.

Hanno superato l’esame e conseguito la relativa certificazione 2931 studenti[36].

Per quanto riguarda i pagamenti si rappresenta che l’amministrazione ha erogato nei confronti della RAI le rate relative alle prime due tranches del corrispettivo pattuito (per un totale di 7 miliardi), mentre ancora non è stato corrisposto il saldo.

Nessun pagamento in favore degli enti certificatori risulta effettuato sul cap. 6019, essendo le relative somme andate in perenzione.

 

 

B. Progetti di integrazione nei confronti degli immigrati.

Come riferito, il Capo Dipartimento ha prospettato, con nota del 2 marzo 2001 al Ministro l’opportunità di procedere al finanziamento sia delle annualità successive di tre progetti pluriennali approvati nel 1999[37], che di cinque nuovi iniziative “che per la loro valenza innovativa possono apportare sul territorio esperienze non solo utili di per sé, in quanto in grado di arrecare validi contributi alle politiche di integrazione locali, ma anche in quanto modelli di buone pratiche da sperimentare in vista della loro diffusione sul territorio stesso”. La proposta del capo Dipartimento reca in calce l’approvazione del Ministro per la solidarietà sociale.

Le medesime sono dirette ad una pluralità di obiettivi, che si concretizzano nella:

·           creazione di uno sportello di informazione sul nuovo regime della disciplina dell’immigrazione in Italia (Progetto triennale “IGI – sportello d’informazione giuridica per immigrati” - soggetto attuatore: Cooperativa “Senza Frontiere”);

·           realizzazione di una campagna informativa interattiva e triennale rivolta ai minori stranieri e italiani, con particolare riguardo ai detenuti minorenni. Oggetto di analisi specifica è la conoscenza dell’iter giudiziario italiano e le concrete possibilità di recupero offerte dalla legge sull’immigrazione (Progetto triennale “Pinocchio” - soggetto attuatore: Associazione di volontariato penitenziario presso il tribunale di sorveglianza di Firenze),

·           attivazione di uno sportello di consulenza ed orientamento socio-sanitario per gli immigrati che accedono al servizio di medicina preventiva delle migrazioni diretto alla loro integrazione sociale attraverso attività di consulenza, mediazione interculturale, orientamento sulle norme vigenti in materia di soggiorno e informazioni sull’accesso ai servizi, alla scuola e alle opportunità di lavoro (Progetto biennale “Sportello di consulenza e orientamento socio sanitario” – Soggetto attuatore: Istituto San Gallicano di Roma.);

·           istituzione di un centro avente la finalità di aiutare i cittadini immigrati a relazionare nell’ambiente socio-economico che li circonda, promuovendo iniziative di assistenza e sostegno in grado di soddisfare i bisogni espressi dagli extracomunitari e assistendo i medesimi nella microimprenditorialità (“Progetto triennale “Centro Servizi all’immigrazione” - Soggetto attuatore: Associazione  “Africa Insieme”);

·           conduzione di una ricerca articolata in due aree di indagine:

a)   gli eventi di intolleranza e di solidarietà;

b)  gli eventi che fanno notizia e la solidarietà invisibile.

Il finanziamento è destinato a sostenere i costi per l’impostazione della ricerca, per la raccolta l’informatizzazione dei dati oltre che per la stesura e stampa del rapporto (Progetto “Rapporto Italia 2001 sull’immigrazione tra intolleranza e solidarietà”- soggetto attuatore l’Associazione “Osservatorio di Milano”).

 

Fra il 5 e il 27 marzo 2001 il Dipartimento ha, quindi, stipulato con i soggetti proponenti i relativi accordi di programma, che - per quanto riguarda le procedure di pagamento e l’obbligo per i diversi soggetti di produrre le relazioni sullo stato di attuazione dei progetti alle scadenze stabilite - richiamano quelli precedentemente esaminati.

Ad essi vanno aggiunte altre due convenzioni stipulate il 1° e il 12 aprile dello stesso anno, aventi ad oggetto altri due progetti sottoposti al vaglio del Ministro dal Capo Dipartimento, rispettivamente il 16 marzo e il 4 aprile 2001, e da questi approvate, i quali hanno ad oggetto:

·              una collaborazione esclusiva con il Dipartimento finalizzata alla identificazione di strategie e priorità di interesse comune sul tema dell’immigrazione (il programma, avente durata triennale, non ha una denominazione – il soggetto attuatore è il “Migration Policy Institute – MPI”

·              sostegno alle donne immigrate nel loro percorso di inserimento ed integrazione nella società italiana. (progetto annuale “Sportello CANDELARIA: informazione ed orientamento per le donne immigrate” – soggetto attuatore: l’associazione “Candelaria”).

Tutte le iniziative finanziate, ad eccezione del “Centro Servizi all’immigrazione” e di quelle con il Migration Policy Institute, sono state realizzate e dalle relative relazioni finali, acquisite ed esaminate in sede istruttoria, emerge che i diversi obiettivi stabiliti in ogni singolo accordo sono stati raggiunti.

Ritardi emergono, invece, nell’effettuazione dei pagamenti, in quanto le somme dovute, provenendo dall’esercizio finanziario 1999, sono andate in perenzione a fine 2001, quando tutti i progetti erano in corso di esecuzione. Dal sistema informativo della Corte dei conti risulta, infatti, che per le iniziative di cui trattasi (comportanti globalmente pagamenti per £. 2.817.573.851) al 31 dicembre 2002 sono state erogate £. 917.458.790.

 

C. Gli accordi di programma con le regioni Veneto e Toscana.

Il 29 maggio e il 15 giugno 2001 il Dipartimento ha firmato con le regioni Toscana e Veneto due accordi di programma finalizzati all’attivazione di un progetto, le cui aree di intervento possono essere sintetizzate nella promozione di programmi di alfabetizzazione e formazione, nel sostegno all’accesso all’alloggio, nello sviluppo della funzione di mediazione culturale e di servizi integrati in rete, e, da ultimo, nella promozione del riconoscimento dei diritti degli stranieri extracomunitari, con particolare attenzione all’istituto della carta di soggiorno e nella revisione della legislazione regionale.

Gli accordi medesimi “costituiscono –secondo quanto si legge nella nota del 14 agosto 2002 indirizzata a questa Corte - il primo esempio di una stretta collaborazione tra l’amministrazione centrale e quella regionale tesa ad affrontare e risolvere alcuni cruciali nodi della politica dell’integrazione per i cittadini extracomunitari (politiche abitative, lingua italiana, formazione). L’obiettivo delle suddette intese è stato quello di verificare, in territori particolarmente toccati dal fenomeno dell’immigrazione, la realizzabilità di una politica organica nel settore dell’integrazione dei cittadini stranieri per poi trasferirla, con gli eventuali necessari correttivi, su scala nazionale. Cosa che è puntualmente avvenuta nel corso del 2001 con la sottoscrizione di simili protocolli da parte di quasi tutte le regioni italiane, dando così, di fatto, rilevanza nazionale al modello sperimentato in Veneto e in Toscana”.

Il Dipartimento si è impegnato a sostenere i due progetti (i cui costi complessivi ammontano a £. 4.000.000.000 per il Veneto e 6.000.000.000 per la Toscana) con un finanziamento di tre miliardi da erogare a ciascuno di essi secondo le modalità stabilite (il 30% alla comunicazione degli aspetti attuativi, un ulteriore 40% dopo sei mesi di attività, il saldo alla scadenza della convenzione previa comunicazione della relazione finale, che deve essere prodotta, unitamente alla rendicontazione, entro tre mesi dal termine di scadenza della  convenzione).

Per quanto attiene alle modalità di esecuzione degli accordi di cui trattasi, è stato pattuito che le regioni istituiscano un organo collegiale denominato “Coordinamento regionale per le politiche di immigrazione” al quale compete la “definizione degli aspetti attuativi delle azioni nelle aree di intervento sopra elencate, il monitoraggio sulle singole azioni realizzate e la valutazione finale del progetto complessivo anche in vista della individuazione di modelli operativi da sperimentare e da estendere ad altre realtà operative”. Il Coordinamento medesimo deve essere costituito sulla base degli atti di concertazione  previsti dalle singole leggi regionali.

Dagli atti inviati, risulta che la Toscana ha comunicato il 24 gennaio 2002 di aver approvato il “quadro generale di sperimentazione di buone pratiche nel settore immigrazione” e il relativo “Protocollo d’Intesa” (avvenute rispettivamente, il 29 ottobre  e il 5 novembre 2001). Va, peraltro, rilevato che dal sistema informativo della Corte dei conti emerge che nel corso del 2002 è stata  erogata in esecuzione dell’accordo solo la prima rata di €. 464.811,21.

Per quanto, invece, riguarda la regione Veneto la comunicazione dell’approvazione delle iniziative regionali reca la data del 21 dicembre 2001. Ad essa ha fatto seguito quella relativa all’approvazione dell’accordo di programma fra la regione e le province “per la realizzazione di iniziative di formazione e di inserimento alloggiativo degli immigrati extracomunitari e per gli emigrati di ritorno” sottoscritto il 29 gennaio 2002. Nessun finanziamento risulta, peraltro, versato alla regione.

L’amministrazione ha rappresentato che anche per tali fattispecie si sta provvedendo alla reiscrizione in bilancio delle somme dovute, che erano andate in perenzione.

 

 

7.1.3.3. Il Fondo 2000

Come già visto, sulla quota di Fondo dell’anno 2000 riservata alle iniziative da attivare a cura del Dipartimento (il cui importo era di £. 2.200.000.000) sono state imputate £. 3.121.500.000 da versare alla RAI quale rata di pagamento della convenzione stipulata il 19 dicembre di quell’anno. A seguito della richiesta di chiarimenti del controllo, è stato precisato che la differenza fra quanto assegnato dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 giugno 2000 e la parte di corrispettivo imputata al 2000 “era costituita dalle risorse non utilizzate per le finalità della Commissione per le politiche di integrazione”[38].

Al riguardo si osserva che l’importo assegnato alla Commissione per quell’anno ammontava a £. 900.000.000 e che su questo risultano imputati titoli di spesa per £.280.245.990. Dal sistema informativo integrato Ragioneria – Corte dei conti è, inoltre, emerso che sul fondo 2000 sono state pagate anche £. 33.000.000 derivanti, per lo più, dal conferimento di alcuni incarichi di studio ad estranei alla pubblica amministrazione.

E’, pertanto, verosimile che la convenzione con la Rai abbia trovato copertura nelle altre somme giacenti sul capitolo e non ancora versate ai beneficiari indicati dal decreto di ripartizione.

Tale modus agendi, se pure non ha comportato lo sfondamento del capitolo di bilancio sul quale i relativi importi erano stanziati, denota, comunque, un certo disordine nel gestire le risorse assegnate, secondo la ripartizione disposta con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 23 giugno 2000.

 

 

7.1.3.4. Il Fondo 2001

A pochi mesi dalle firme dei citati accordi sperimentali con la Toscana ed il Veneto, l’amministrazione ha deciso di utilizzare le somme destinate ad interventi di carattere statale assegnatele sul  Fondo 2001 ( ed ammontanti globalmente a £. 16.246.071.470) per finanziare un programma nazionale nel settore dell’integrazione dell’immigrazione attraverso la sottoscrizione di appositi accordi di programma con le regioni che ne avessero interesse.

Nel mese di ottobre 2001 sono stati, pertanto, avviati incontri con gli enti territoriali, al fine di rendere note le modalità di attuazione del progetto. Quasi tutte le regioni[39] hanno dato la loro adesione  entro la fine del mese di novembre. Si è, perciò, provveduto a ripartire tra queste regioni i 16 miliardi. Le quote così ricavate sono state destinate, in favore delle diverse regioni, in aggiunta a quelle ad ognuna di esse già attribuite dal decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 12 dicembre 2001, con cui era stato ripartito il contributo versato dall’INPS. La relativa somma è stata utilizzata quale finanziamento dei singoli accordi di programma che l’amministrazione ha stipulato con le regioni negli ultimi giorni del 2001, il cui contenuto è simile a quello degli accordi firmati con le regioni Veneto e Toscana per quanto riguarda le modalità di attuazione e di pagamento e le aree di intervento delle diverse azioni indirizzate al sostegno per l’inserimento socio-lavorativo dei lavoratori extracomunitari.

Unica differenza che si rinviene in questi accordi rispetto a quelli c.d. pilota è la previsione della partecipazione del Dipartimento delle Politiche sociali all’organo collegiale (qui chiamato “Tavolo Unico regionale”, mentre negli accordi prevedenti era chiamato “Coordinamento regionale per le politiche dell’immigrazione”) cui compete le definizione degli aspetti attuativi delle azioni nelle aree di intervento, il monitoraggio sulle singole azioni realizzate e al valutazione finale del progetto complessivo.

Nel corso del 2002 tutte le regioni, ad eccezione della Puglia e della Campania, hanno comunicato i relativi programmi e ricevuto il 30% del finanziamento.

Elementi di conoscenza in merito all’esecuzione degli accordi potranno aversi solo quando le regioni trasmetteranno al Dipartimento le relazioni finali descrittive di ogni aspetto dell’utilizzo del finanziamento, le quali dovranno essere depositate entro tre mesi dal termine di scadenza degli accordi, e cioè mediamente, entro il primo semestre 2003.

La Direzione generale dell’immigrazione, in limine litis, ha, peraltro, rappresentato che “ad alcune regioni firmatarie di accordi di programma per l’integrazione sociale è stata concessa una proroga del termine di completamento delle azioni previste dagli accordi. La richiesta è stata accolta al fine di consentire la completa realizzazione di progettualità complesse che comportano il coinvolgimento di più livelli programmatori, quali province, comuni, associazioni e parti sociali, ma anche in ragione del fatto che l’individuazione degli interventi da finanziare ha potuto avere inizio, nella maggior parte delle regioni, solo una volta acquisita la disponibilità finanziaria della prima rata di finanziamento”.

 

 

7.1.3.5 Spese per la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie.

La Consulta è stata istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 26 ottobre 1998 e “successivamente ridefinita” con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 marzo 2000 che ha sostituito il decreto del 1998 ed ha disposto che i componenti indicati “rimangono in carica per tre anni dalla data di emanazione del decreto”.

In ottemperanza a quanto previsto dall’8° comma dell’art. 42 del decreto legislativo n. 286/1998, sul Fondo hanno trovato copertura le spese di viaggio dei componenti della Consulta non dipendenti dalla pubblica amministrazione connesse alle riunioni dell’organo collegiale svoltesi negli anni 1998-2000, anche se le medesime sono state imputate contabilmente sul cap. 2964, esercizi finanziari 1998 e 1999.

Nel rilevare che, in adesione agli obiettivi dell’indagine, il controllo è stato diretto esclusivamente ad acquisire i dati relativi alle spese ex lege gravanti sul Fondo, senza considerare le attività poste in essere nel periodo in esame dalla Consulta, si rappresenta che  in favore dei membri di questa sono stati emessi titoli di spesa per un totale di £.3.815.464  sul Fondo 1998 e di £. 718.611 sul Fondo 1999.

A tali mandati emessi direttamente nei confronti dei componenti l’organo collegiale, vanno aggiunte le spese di viaggio anticipate dalla agenzia CIT, con la quale era stata stipulata in data 19 ottobre 1998 una convenzione per la fornitura di titoli alberghieri e biglietti ferroviari, aerei e navi per le esigenze di tutto il Dipartimento. In particolare, per quanto interessa in questa sede, negli anni 1999/2001 sul capitolo 2964 (poi 6019) risultano emessi titoli di spesa in favore dell’agenzia globalmente pari a £.117.219.070 di cui £.62.839.000 a valere sul Fondo del 1998, £. 47.739.870 sul Fondo del 1999 e £. 6.640.200 sul Fondo 2000.

L’esame della documentazione allegata a questi mandati ha evidenziato che la maggior parte di essi si riferiscono a viaggi effettuati sia da membri della Consulta che della Commissione delle politiche dell’integrazione. Gli atti trasmessi, peraltro, non consentono, nella maggior parte dei casi di ricostruire in modo compiuto l’ascrivibilità all’uno o all’altro organo collegiale. Si è, pertanto, ritenuto opportuno – in considerazione, fra l’altro, della scarsa rilevanza della spesa di cui trattasi - che nelle tabelle di riepilogo riportate alla fine del punto 7.1.1, l’importo indicato nei titoli aventi ad oggetto spese relative ad ambedue gli organi collegiali fosse fittiziamente imputato per una metà in carico alla Consulta e per l’altra metà alla Commissione.

 

 

7.1.3.6 Programmi attivati dal Comitato per i minori stranieri.

Il Comitato è stato costituito con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 febbraio 2000, il quale ne ha individuato solo i componenti effettivi. Alla nomina dei supplenti si è provveduto con decreto del 5 giugno dello stesso anno.

Secondo quanto deliberato dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 dicembre 1999, n. 535 il Comitato per i minori stranieri deve non solo  vigilare sulle modalità di soggiorno dei minori non  accompagnati accolti temporaneamente nel territorio dello Stato nell’ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea, ma anche tutelare i minori stranieri che, non avendo presentato domanda di asilo, si trovino per qualsiasi causa in Italia e siano “privi di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano”.

In particolare per questi ultimi, all’organo collegiale spetta provvedere al loro censimento e svolgere compiti di impulso e di ricerca al fine di promuovere l’individuazione dei familiari, avvalendosi della collaborazione delle competenti amministrazioni pubbliche e di idonei organismi nazionali ed internazionali con i quali il Dipartimento per gli affari sociali – su proposta del Comitato medesimo – può stipulare apposite convenzioni.

In adesione a tali disposizioni, e a seguito di segnalazioni dell’organo collegiale, il Dipartimento ha dato formale incarico ad alcuni soggetti dotati di particolare esperienza nel settore, di supportare il Comitato medesimo nello svolgimento dei suoi compiti istituzionali. In particolare, per il censimento dei minori presenti nel territorio dello Stato, sono state stipulate due convenzioni con l’Istituto psicoanalitico per le ricerche sociali, mentre l’attività di rimpatrio assistito dei minori è stata affidata alle cure del Servizio sociale internazionale (SSI) e del Consorzio italiano di solidarietà  (ICS).

 

A.      Il censimento dei minori presenti nel territorio dello Stato

A seguito del contratto stipulato con il Dipartimento il 7 luglio 2000, l’Istituto psicoanalitico per le ricerche sociali (I.P.R.S.) si è obbligato a fornire assistenza all’organo collegiale, anche mediante l’approvvigionamento delle apparecchiature necessarie a svolgere il servizio[40]. Il Dipartimento, dal canto suo, deve “orientare e dirigere le risorse umane, materiali e tutti gli apporti ed i servizi che l’Istituto fornirà per la buona realizzazione del contratto”, la cui durata è fissata in sei mesi a decorrere dalla data di comunicazione all’IPRS dell’avvenuta approvazione del contratto. Il costo previsionale massimo è stato fissato in £. 227.434.284, da corrispondere a prestazioni eseguite, sulla base della presentazione di fatture mensili relative alle prestazioni e servizi effettivamente resi e previa attestazione del Dipartimento circa la regolare esecuzione delle prestazioni.

A seguito della nota dell’11 ottobre 2000 con la quale il Comitato ha rappresentato “l’esigenza di avvalersi di attività aggiuntive di studio e raccolta di informazione”, il Dipartimento e l’IPRS hanno firmato, il successivo giorno 19, un atto aggiuntivo, con il quale l’Istituto si è impegnato anche a tali ulteriori attività, per le quali riceverà –secondo le modalità pattuite - l’importo massimo di £. 86.070.600.

In data 10 gennaio 2001 è stato stipulato un nuovo contratto, con il quale l'Istituto si è obbligato a prestare, per un periodo di dodici mesi, la sua collaborazione al Comitato soprattutto per la realizzazione delle attività di fascicolazione e di analisi delle segnalazioni ricevute, oltre che per il censimento dei minori non accompagnati. Per i predetti servizi il Dipartimento corrisponderà la somma massima di £. 730.135.296, gravanti anch’essi a valere sul Fondo per il 1999.

Sia per la spesa relativa ai due contratti che quella derivante dall’atto aggiuntivo trovano copertura nel capitolo 6019 per l’anno finanziario 2000, residui 1999.

L’attività svolta dall’organo collegiale e dall’I.P.R.S. è stata fatta oggetto di un rapporto pubblicato nel marzo del 2002, dal quale si evince che dal luglio 2000 al gennaio 2001 sono stati esaminati circa 10.000 incartamenti, sono state create schede di rilevazione interne ed enucleati una serie di indicatori per valutare la loro utilità. Le informazioni catalogate sono, poi, confluite in un data-base.

Sino alla fine del 2001 la banca dati ha trattato 14.801 casi (8307 nel 2000 e 6494 giunti nel 2001).

Per ogni minore segnalato si sono avuti contatti con diversi soggetti pubblici e privati al fine di conoscere ogni possibile informazione utile all’identificazione del minore e della sua famiglia d’origine.

Dal sistema informativo della Corte dei conti risulta che in conto 1999 nei confronti dell’Istituto sono stati effettuati pagamenti per £. 893.450.666[41] (€. 461.428,76), di cui 154.969.056 (€. 80.034,84) nel corso del 2000 e £. 738.481.610 (€. 381.393,32) nel corso del 2001. Gli atti ricevuti non consentono di affermare con certezza quanta parte di tale somma sia da riferire ad ognuna delle convenzioni stipulate.

 

B. Progetti di assistenza ai minori stranieri non accompagnati presenti sul territorio

Per la realizzazione delle attività di assistenza connesse al rimpatrio dei minori stranieri non accompagnati il Dipartimento ha stipulato il 26 marzo 2001 due convenzioni, una con il Consorzio italiano di solidarietà (ICS), l’altra con il Servizio sociale internazionale (SSI). Le principali attività ivi dedotte riguardano l’organizzazione delle indagini familiari e del rimpatrio e la realizzazione di microprogetti ed attività di assistenza in loco per il reinserimento familiare, sociale e lavorativo nei paesi d’origine. Per ambedue la scadenza è fissata al 31 dicembre 2002, ma tale termine può essere prorogato al massimo per altri tre mesi, limitatamente alle “attività formative e di reinserimento già avviate e con impegni di spesa acquisiti”.

Diversi sono i Paesi ove le due Onlus opereranno. Infatti, il Consorzio italiano di solidarietà deve svolgere le attività in Albania, nel FRY (incluso il Kosovo), nel FYROM, nella Bosnia, nell’Erzegovina, nella Romania e nella Moldavia (zone in cui il medesimo già opera), mentre per il Servizio sociale internazionale l’impegno è esteso a qualsiasi Paese straniero secondo le indicazioni del Comitato, prestando “particolare attenzione nell’attuazione del programma alle attività da svolgere in Albania, Marocco, Romania e Moldavia”.

I relativi corrispettivi sono stabiliti nel limite massimo di £. 2.871.027.225 (€. 1.482.761,82) per l’ICS, e di £. 2.772.000.000 (€.1.431.618,52) per il SSI e le conseguenti spese sono state imputate al cap. 6019, esercizio finanziario 2001, residui 1999.

E’ stato comunicato che negli anni 2001/2002 il Consorzio ha evaso con esito positivo 340 richieste di indagini, su 427 richieste dal Comitato, mentre il Servizio sociale internazionale ha svolto 2164 indagini (non è noto il numero delle richieste).

Il numero dei dispositivi di rimpatrio emessi dal Comitato dal 26 marzo 2001 al 24 gennaio 2003 è di 290, dei quali 36 sono stati eseguiti dal Consorzio e 254 dal Servizio. Al 31 dicembre 2001 risultavano effettuati pagamenti per £. 508.355.300 (€. 262.543,61) nei confronti del Servizio sociale internazionale e per £. 204.805.640 (€. 105.773,29) nei confronti del Consorzio Italiano di solidarietà. Altri pagamenti risultano in corso, essendo state reiscritte in bilancio nel 2003 le relative somme, che a fine 2001 erano andate in perenzione.

 

 

 

7.1.4. Le spese per le esigenze della Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati

Ad eccezione dell’anno 2001, il decreto di ripartizione del Fondo si è sempre preoccupato di riservare una quota “per le esigenze della Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati”. L’art. 46 del decreto legislativo n. 286/1998, come già detto, prevede che sul Fondo per le politiche migratorie gravino anche le spese relative ai rimborsi e ai compensi spettanti ai membri della Commissione per le politiche di integrazione e agli esperti dei quali la commissione intende avvalersi per lo svolgimento dei propri compiti, oltre a quelle per studi e ricerche effettuate da istituzioni pubbliche  e private, da gruppi o da singoli ricercatori, ai quali l’organo collegiale può rivolgersi mediante convenzioni deliberate collegialmente e stipulate dal presidente della medesima. Entro i limiti dello stanziamento annuale previsto per il funzionamento dell’organo dal decreto di ripartizione del Fondo per le politiche migratorie possono essere acquistate pubblicazioni o altro materiale necessario per lo svolgimento dei suoi compiti.

Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 luglio 1998 si è provveduto ad indicare la composizione della Commissione, individuando gli esperti chiamati a farne parte e il professore universitario incaricato di presiederla, e prevedendo che i componenti e il presidente durassero in carica per tre anni. Alla nomina dei componenti si è provveduto con i decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 settembre dello stesso anno, successivamente modificato in data 16 novembre 1999 e 12 settembre 2000. Alla scadenza del triennio le cariche di cui trattasi non sono state rinnovate.

In ottemperanza a quanto disposto dal 2° comma dell’art. 46 citato, la Commissione ha predisposto due rapporti sulle condizioni di integrazione degli immigrati in Italia, pubblicati rispettivamente nell’anno 2000 e 2001, per la cui realizzazione sono  stati affidati molteplici incarichi di ricerca a privati, ad associazioni e fondazioni su tematiche di interesse nel settore dell’immigrazione. Inoltre, sono stati promossi incontri tematici e convegni, anche al fine di verificare lo stato di attuazione dell’applicazione del testo unico e del regolamento di esecuzione. Una sintesi delle problematiche affrontate e degli esiti delle varie riunioni è stata resa pubblica, essendo fornita in allegato ai rapporti sull’integrazione degli immigrati in Italia.

Sulla base degli atti inviati, raffrontati con i dati desunti dal sistema informativo della Corte dei conti, è stato possibile rilevare che sul Fondo sono state imputate spese di varia natura connesse all’attività svolta da questo organo collegiale. Infatti, accanto ai costi conseguenti alla partecipazione a riunioni (gettoni di presenza e spese di missione dei componenti e degli esperti chiamati a partecipare alle riunioni) e alle ricerche su temi ritenuti di particolare interesse per la redazione del rapporto annuale, risultano pagate anche servizi di ristorazione forniti in occasione delle riunioni medesime, viaggi e pernottamenti in occasione di convegni, servizi di stampa e revisione editoriale, ecc..

Nel rinviare per una più analitica conoscenza del totale delle spese raggruppate per tipologia (gettoni di presenza, incarichi, ristorazione, forniture, etc..) alla tabella n. 11, si evidenzia che, limitatamente alle risorse assegnate sul Fondo 1998 e 1999, la loro somma supera quella specificamente assegnata dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di ripartizione, essendo state pagate rispettivamente più di 650 e di 1.500 milioni (invece dei 400 e 900 milioni previsti).

Tale violazione - come già osservato, per motivi diversi, nell’esame del Fondo 2000 – costituisce sicuramente sintomo di una gestione confusa fra le somme che avrebbero dovuto essere utilizzate per progetti specifici diretti all’integrazione degli immigrati e quelle destinate alla Commissione, che sono state volutamente quantificate in sede di ripartizione del Fondo, così come previsto dall’art. 46 del testo unico..

 

 

 

7.1.5. Ulteriori finanziamenti previsti dai decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di ripartizione del Fondo

 

All’anticipata individuazione di alcuni degli interventi da imputare al 20% del Fondo è corrisposto, negli anni, un diverso atteggiamento dell’amministrazione relativamente alle modalità di erogazione delle risorse medesime.

Ed invero, mentre per le iniziative contemplate dai decreti relativi agli anni 1998 e 1999 i relativi importi sono stati totalmente versati, non ritenendosi necessario prevedere una loro rateizzazione nel tempo, subordinata al verificarsi di particolari controlli, per le risorse stanziate dal decreto di ripartizione del Fondo per l’anno 2000, l’amministrazione ha mantenuto in bilancio le relative somme, decidendo di versarle ai beneficiari a seguito della firma di accordi di programma, e secondo le modalità in quelli pattuite. Peraltro, l’inattività dimostrata dagli enti indicati dal decreto medesimo, unita alla carenza dell’amministrazione nell’utilizzare gli strumenti sanzionatori pattuiti, ha determinato il quasi totale invio in economia di quanto all’uopo previsto, per un ammontare pari a £. 12.610.000.000 (€. 6.512.521,50).

Nel riferire circa i risultati raggiunti con le risorse in esame, si fa presente che i relativi elementi di conoscenza sono stati acquisiti, per la maggior parte, direttamente presso i soggetti pubblici che hanno gestito il finanziamento, in quanto il Dipartimento per gli affari sociali non ne aveva notizia.

 

 

7.1.5.1 Il Ministero dell’interno

Il finanziamento previsto nel 1998 è stato erogato dal Dipartimento affari sociali – dietro indicazione del Ministero medesimo - alle regioni Puglia e Sicilia (rispettivamente per £. 5.400.000.000 e per £. 1.000.000.000), mentre quelli di cui ai Fondi 1999 e 2000 sono stati versati ai competenti capitoli di quell’amministrazione mediante decreti di variazione del Ministro del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica del 31 dicembre 1999 e del 31 ottobre 2000, con i quali si è provveduto ad implementare, rispettivamente, di 4 e di 5 miliardi il capitolo 4246 (divenuto nel 1999 “2356”) il cui oggetto è “Spese per l’individuazione, l’attivazione, l’acquisizione e la gestione dei centri di permanenza e quelli di assistenza per stranieri irregolari. Spese per interventi a carattere assistenziale, anche al di fuori dei centri stessi”. Al cap. 2624 “Spese per i servizi speciali di pubblica sicurezza – spese per riviste, conferenze, mostre, attività promozionali, cerimonie, di rappresentanza e di informazione attraverso agenzie di stampa – spese per il museo storico della polizia – acquisto di riviste, giornali ed altre pubblicazioni” sono stati, invece, versati i 5 miliardi previsti nel Fondo 2000 in favore del Dipartimento di pubblica sicurezza.

Nel far rinvio ai paragrafi qui di seguito dedicati alle regioni Puglia e Sicilia per le somme ad esse versate e alla parte dedicata ai centri di temporanea permanenza e assistenza per l’importo confluito nei capitoli 4246 nell’anno 1999 e 2356 nel 2000, si rappresenta che i 5 miliardi destinati al Dipartimento di pubblica sicurezza nell’anno 2000 sono stati assegnati alla Direzione centrale per la polizia stradale, ferroviaria, postale, di frontiera e dell’immigrazione che ha con essi finanziato due convenzioni (la prima con la CIES e l’altra con la cooperativa sociale Dedalus) aventi ad oggetto l’affidamento di un servizio di mediazione linguistico-culturale a favore di cittadini stranieri.

 

A.      Convenzione con la CIES (Centro Informazione e Educazione allo sviluppo)

L’accordo prevedeva la realizzazione di due progetti, il primo (presentato in partenariato con le cooperative Progetto Integrazione e Ucodep MOVIMONDO) contemplava lo svolgimento di un servizio di mediazione presso l’ufficio immigrazione e l’ufficio minori della questura di Milano, gli uffici di polizia di frontiera di Milano Malpensa e l’ufficio minori della questura di Firenze. Il finanziamento riconosciuto per tali attività era di £.577.136.000.

Il secondo progetto (il cui costo ammontava a £. 4.338.268.000) era, a sua volta, articolato in tre moduli operativi, comportanti, rispettivamente:

·               un servizio permanente di mediazione linguistico culturale da istituire presso gli Uffici Immigrazione di quattro Questure e gli Uffici di Polizia di Frontiera di Roma Fiumicino, nonché presso le località di sbarco dei clandestini nelle regioni Puglia, Calabria, Sicilia e Friuli Venezia Giulia;

·               un servizio a chiamata su tutto il territorio nazionale;

·               un aggiornamento per gli operatori di pubblica sicurezza sulla mediazione. Il servizio svolto dal CIES ha avuto inizio il 7 maggio 2001 ed è terminato il 31 luglio 2002 (invece del 6 maggio di quell’anno), essendo stata accordata una proroga non comportante ulteriore aggravio di costi.

I pagamenti effettuati nei confronti della CIES sono stati di £. 555.357.046 per il primo progetto e di £. 4.223.328.192 per il secondo, per un totale di £. 4.778.685.238 (pari a €.2.467.984,96), cui è corrisposta una spesa inferiore rispetto a quanto pattuito di £.136.718.762.

 

B.       Convenzione con la cooperativa sociale Dedalus

A questa Cooperativa, l’amministrazione ha affidato per un anno a decorrere dal 7 maggio 2001 “l’attuazione del programma di attività di mediazione linguistico – culturale a favore di cittadini extracomunitari nei rapporti con gli uffici stranieri delle questure di Napoli, Caserta e Salerno”. L’importo pattuito per il servizio è stato di £. 57.000.000 (pari a € 29.438,04), da erogare secondo le modalità stabilite. Dopo un primo anticipo di £. 22.800.000 (pari a € 11.775,22) erogato immediatamente dopo l’approvazione della convenzione, è stata autorizzata una prima proroga, poi una seconda ed una terza fino al 31 dicembre 2002. Dagli atti ricevuti si evince che a causa di alcune difficoltà dovute alla “non piena comprensione delle modalità di utilizzo” del servizio, la cooperativa ha avviato la sua attività a decorrere dal gennaio 2002. Dall’inizio del servizio  le chiamate sono state 63, ed il numero di ore complessive utilizzate per la mediazione è stato inferiore a quello previsto in fase di stipula. Ciò ha comportato che non siano stati effettuati nei confronti dell’ente attuatore ulteriori pagamenti e che lo stesso abbia richiesto in data 20 gennaio 2003 “ a saldo per le attività svolte a valere sul Progetto” € 280,29. 

I risultati raggiunti da entrambi i progetti, sono riepilogati nel prospetto fornito dall’amministrazione, che è  riportato come  allegato n. 11.

 

 

7.1.5.2 La regione Puglia

La regione Puglia, come emerge da quanto già riferito, ha ricevuto £. 5.400.000.000 a valere sulle risorse destinate al Ministero dell’interno sul Fondo 1998 e £. 2.000.000.000 ad essa riservati dal Fondo del 1999 per la realizzazione di un “Centro Polivalente”.

A seguito di rapporti intercorsi fra il controllo e il Presidente della regione è emerso quanto segue:

 

¨        Finanziamento di £. 5.400.000.000 (Fondo 1998)

L’intera somma assegnata dal Ministero dell’interno con note del 13 novembre e del 23 dicembre 1998 è stata destinata ad interventi utili a fronteggiare le esigenze di prima accoglienza degli immigrati che in quel periodo giungevano numerosi nella regione.

A tal fine, la giunta regionale ha organizzato una conferenza istituzionale fra i prefetti delle province pugliesi, il presidente della giunta e i rappresentanti del Ministero dell’interno e del Dipartimento affari sociali, nel corso della quale è stato deciso di dare assoluta priorità al rafforzamento delle strutture di accoglienza. Si è provveduto, pertanto, ad istituire un apposito tavolo tecnico cui è stato affidato il compito di individuare un ventaglio di possibili interventi da sottoporre ai partecipanti alla conferenza istituzionale da convocare a cura del Presidente della regione.

In data 10 maggio 1999, alla luce del lavoro predisposto dal tavolo tecnico, la citata Conferenza ha approvato un protocollo d’intesa, nel quale sono state individuate sei strutture alle quali sono state globalmente assegnate £. 3.549.000.000. La residua somma di £. 1.851 milioni è stata conservata per eventuali successivi interventi di particolare urgenza che si potessero rendere necessari nel tempo.

A seguito di ulteriori richieste avanzate dai soggetti interessati, è stata nuovamente convocata la conferenza istituzionale che ha approvato il 20 settembre 1999 un protocollo aggiuntivo, con il quale sono stati finanziati altri quattro progetti, alla cui realizzazione sono stati destinati ulteriori £. 1.800.000.000.

Il residuo importo di £. 51 milioni è stato impegnato a favore dell’associazione magistrati –sez. di Lecce per sostenere un convegno sul tema dell’adozione dei minori extracomunitari. Tale scelta è stata determinata - come si legge nella relazione prodotta dal dirigente del settore lavoro e cooperazione della regione Puglia  a questa Corte in data 21 gennaio 2003 – “in adesione a quanto convenuto nel Protocollo aggiuntivo e considerato che cominciava ad evidenziarsi il grave carico economico, a danno in particolare dei piccoli Comuni, indotto dall’estendersi del fenomeno dell’immigrazione irregolare di minori non accompagnati”.

Dagli atti ricevuti si apprende che al 31 dicembre 2002 sono state liquidate £.4.333.570.837 e che tre centri sono stati completati, mentre per altri sei le relative opere sono in corso di ultimazione. Un solo finanziamento non è stato completamente utilizzato. Nella tabella n. 12 si dà conto di quali siano i progetti finanziati, degli importi loro concessi, di quanto sia stato liquidato alla data del 31 dicembre ad ognuno di essi e del loro stato di attuazione.

 

 

¨        Finanziamento di 2 miliardi (Fondo 1999)

Il finanziamento era volto a realizzare un centro pilota comportante la creazione oltre che di uno sportello informativo per gli immigrati gestito dalle associazioni degli immigrati, in collaborazione con le associazioni di volontariato, anche di un servizio di accoglienza per donne sole o con minori a carico, di un servizio di biblioteca e mediateca multilingue, di uno sportello di anagrafe dei lavoratori extracomunitari collegato con il centro territoriale d’immigrazione del territorio, e, da ultimo, di un servizio di mediazione per la ricerca di alloggi.

Com’è noto, il centro pilota era stata ideato dal Tavolo di lavoro Puglia, il quale aveva previsto che, al fine di evitare i costi derivanti dall’acquisizione di un immobile ove allocare il centro medesimo, ci si avvalesse della collaborazione di un ente locale. La regione ha avviato, perciò, trattative prima con il comune di Bari e, poi, con la Provincia della stessa città, con la quale nel dicembre 2000 era stata raggiunta un’intesa. Questa, è stata oggetto di uno schema di convenzione tra regione e provincia che è stato “immediatamente proposto – e in seguito reiteratamente riproposto – all’attenzione del presidente della giunta regionale, nel frattempo insediatosi a seguito di consultazione elettorale e che, come il precedente, ha mantenuto alla propria responsabilità la delega in materia di immigrazione”[42]. Il progetto, però, non è stato approvato e, pertanto, le relative risorse non sono state ancora utilizzate.

 

 

7.1.5.3. La regione Sicilia

Di un’ulteriore quota della somma assegnata al Ministero dell’interno per il successivo trasferimento alle regioni è stata beneficiaria la regione Sicilia. A questa il Dipartimento per gli affari sociali nel 1998 ha versato, su indicazione di quel Dicastero, £. 1.000.000.000.

Dall’assessorato regionale del lavoro[43] si è appreso che, nel mese di dicembre del 1998 si sono tenute presso l’ufficio del commissario dello Stato per la regione siciliana, alla presenza dell’assessore pro tempore e dei prefetti dell’isola, due conferenze di servizio nel corso delle quali, constatata la limitatezza delle risorse disponibili e la necessità di attivare in tempi brevi i centri di accoglienza, si è deciso di dare priorità ad interventi nelle province maggiormente interessate al fenomeno migratorio. Lo stanziamento assegnato è stato così ripartito tra 3 progetti, relativamente ai quali è stato reso noto quanto segue:

·      £. 449.602.240 sono state assegnate al comune di Trapani per la realizzazione di servizi di accoglienza per immigrati extracomunitari in n. 10 alloggi di edilizia economica e popolare. Il progetto, che è in corso di attuazione, prevede il pagamento allo IACP del canone di locazione, delle spese di manutenzione, delle quote condominiali, delle utenze e del vitto. E’ stata erogata la prima anticipazione di £. 314.721.560;

·      £. 300.000.000 sono state devolute alla diocesi di Trapani, per il potenziamento di 40 posti letto di una struttura di accoglienza già esistente gestita in quella città dalla Caritas. Il progetto, che risulta completato, è stato presentato dall’ente Eeclesiastico Badia.

·      £. 250.397.760 sono state attribuite alla provincia di Agrigento per la ristrutturazione del reparto maternità dell’ex ospedale Maria SS. Del Monte di Racalmuto (AG) da destinare per un periodo di 15 anni a struttura di accoglienza stabile per cittadini stranieri in attesa di ricevere lo status di rifugiati. L’opera è stata completata, e nel mese di gennaio 2003 erano in corso le operazioni di revisione contabile.

 

 

7.1.5.4. Il comune di Lecce

Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 6 agosto 1999 ha assegnato £.250.000.000 al comune di Lecce per la ristrutturazione di un immobile da adibire a centro di accoglienza polifunzionale.

La realizzazione delle relative opere è stata dall’ente locale affidata con deliberazione approvata dalla giunta municipale in data 27 luglio 2001 alla società Lupiae, che ha ultimato i relativi lavori il 31 luglio 2002.

Il Centro, già operativo dal marzo 1998 per gli interventi specifici del Servizio sociale professionale, è stato potenziato con il finanziamento in questione, che ha permesso la ristrutturazione di una parte dell’immobile non agibile.

 

 

7.1.5.5. Il comune di Ruffano (LE) e il comune di Lucera (FG)

Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri con il quale è stato ripartito il Fondo 2000 prevedeva, fra l’altro, l’assegnazione di £. 3.000.000.000 al comune di Ruffano (Lecce) per l’ampliamento della capacità di accoglienza della “masseria Mariglia” e di £. 10.000.000.000 al comune di Foggia per la  realizzazione del centro di accoglienza “ Comunità sulla strada di Emmaus”. Entrambe le iniziative erano state individuate dal tavolo di lavoro Puglia ed approvate con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 agosto 1999.

Dagli atti ricevuti emerge che nessun finanziamento ha avuto luogo per l’ampliamento della “Masseria Meriglia” da parte del comune di Ruffano (Lecce)[44] e che le relative somme sono andate in economia, mentre un principio di esecuzione è stato dato all’iniziativa  del centro denominato “Villaggio Don Bosco” da destinare all’accoglienza dei minori abbandonati, in particolare di quelli provenienti dai vicini Balcani. Ed invero, il 9 agosto 2000 sono stati stipulati due accordi di programma. Con il primo è stato finanziato per £. 390.000.000 il progetto tecnico preliminare completo elaborato dall’associazione ONLUS “Comunità sulla strada di Emmaus”, da mettere a disposizione del Comune di Lucera nella definizione del progetto esecutivo. Il secondo, intercorso con questo ente, ha ad oggetto la realizzazione –sotto il controllo del Dipartimento - del centro medesimo dietro corrispettivo di £. 9.610.000.000, la cui erogazione sarebbe stata ratealmente effettuata ad avvenuto affidamento dei lavori ed in base al loro stato d’avanzamento. Peraltro, nessun pagamento è stato a tutt’oggi disposto. Il comune di Lucera ha comunicato al Dipartimento con lettera del 12 marzo 2001 n. 9718 che il progetto definitivo era ancora in corso di elaborazione[45]. La Direzione Generale dell’immigrazione ha, da ultimo, presente che “il Comune di Lucera, infine, ha comunicato in data 12 novembre 2002 di aver espletato la gara di appalto per l’espletamento dei lavori di realizzazione del “Villaggio Don Bosco” e di aver nominato il direttore dei lavori. Il pagamento della prima rata di finanziamento era stato autorizzato dalla Direzione Generale per l’Immigrazione, ma, a causa della insufficienza della disponibilità di cassa sul cap. 1891 dello stato di previsione del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali per l’anno finanziario 2002, per effetto dell’art. 1 comma 2 del D.M. 29/11/2002 (pubblicato sulla G.U. del 2/12/2002), non è stato possibile procedere alla liquidazione di quanto dovuto al Comune. La relativa somma è quindi caduta in perenzione alla data del 13/12/2002 ed è stata attivata la procedura di reiscrizione dei residui passivi perenti”.

 

 

7.1.5.6. Il Cnel

La somma di £. 1.500.000.000 globalmente assegnata dai Fondi 1999, 2000 e 2001, risulta al 31 dicembre 2001 quasi completamente (non sono state impegnate £. 59.945.226) utilizzata per attività connesse all’organizzazione di tavole rotonde, di convegni o di seminari aventi ad oggetto problematiche relative alle politiche di integrazione sociale degli stranieri immigrati.

 

 

 

7.1.6. I finanziamenti alle regioni e province autonome di Trento e Bolzano (attività del Dipartimento)

 

Per gli anni 1998 e 1999 i finanziamenti previsti sono stati versati automaticamente dal Dipartimento alle regioni,  in ottemperanza al settimo comma dell’art. 59 del regolamento, che per tali anni esonerava quegli enti territoriali dalla presentazione dei programmi.

In particolare, i finanziamenti relativi all’anno 1998 sono stati erogati fra la fine di quell’anno e il primo semestre dell’anno successivo, mentre il 16 novembre 1999 sono stati emanati i decreti di autorizzazione alla spesa afferenti al Fondo 1999 nei confronti di tutte le regioni.

Con decreto del 6 dicembre 1999 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 26 febbraio 2000) il Ministro per la solidarietà sociale, visto il parere favorevole espresso dalla conferenza unificata nella seduta del 6 maggio 1999, ha approvato “le linee guida per la predisposizione dei programmi regionali e del modello uniforme previsti dal regolamento di attuazione del decreto-legge (recte: legislativo) relativo ai fondi 1999”. Il decreto, dopo aver illustrato gli obiettivi, gli agenti e le risorse dell’azione in esame, individua le priorità e le aree nelle quali devono muoversi i singoli interventi e dispone che l’attuazione dei programmi regionali avvenga attraverso accordi di programma con gli enti locali. Al fine di agevolare la compilazione dei programmi e la valutazione dei risultati finali secondo uno schema omogeneo, il decreto contiene anche un modello uniforme composto da una scheda riepilogativa del programma regionale e di tante schede quanti sono i progetti selezionati, dei quali dovranno essere fornite notizie ex ante ed ex post, a seconda che si sia in fase di presentazione del progetto o della relazione finale.

Il monitoraggio dell’esecuzione dei progetti e la loro valutazione – da considerarsi ancora sperimentale - è di competenza delle regioni, le quali devono darne comunicazione al Dipartimento, utilizzando l’apposito modello uniforme. Al Ministro per la solidarietà sociale spetta la vigilanza sulla realizzazione dei programmi nei tempi e nelle modalità previste.

Con decreto del 13 novembre 2000 il Ministro per la solidarietà sociale ha approvato le linee guida per la predisposizione dei programmi regionali relative all’anno 2000. A parte alcune differenze nell’indicazione delle priorità, il decreto è uguale a quello dell’anno precedente, del quale riprende i contenuti ed i procedimenti. Quasi tutte le regioni[46] hanno comunicato i programmi che intendono finanziare, utilizzando il modello uniforme citato. I relativi decreti di erogazione sono stati emessi - ad eccezione della Lombardia per la quale il titolo reca la data del 6 dicembre 2000 - nel corso del 2001 (per la maggior parte nella seconda metà dell’anno).

Per quanto, invece, riguarda il Fondo del 2001, l’amministrazione ha emesso il 28 maggio di quell’anno un unico decreto di erogazione nei confronti di tutte le regioni, senza attendere alcuna comunicazione circa i programmi che si intendono realizzare. Secondo le stesse modalità si è proceduto per il versamento delle somme derivanti dal gettito INPS (pari, come visto, a £. 28.184.285.910) nei confronti delle regioni che non hanno aderito al progetto proposto dal Dipartimento, del quale si è già trattato.

L’amministrazione non ha chiarito se le regioni abbiano o meno ottemperato alle precise prescrizioni dettate dall’art. 59 del regolamento che, si rammenta, prevedeva a carico degli enti territoriali l’obbligo di presentare una relazione sullo stato di attuazione degli interventi previsti nei programmi e, per gli esercizi successivi al 1999, anche quello di comunicare i programmi e le relative quote di cofinanziamento. Peraltro, sulla base della documentazione prodotta, può affermarsi che per i contributi del 1998 e 1999 quasi tutte le regioni[47] hanno fornito al Dipartimento  notizie in merito allo stato di attuazione degli interventi previsti nei programmi e hanno provveduto ad impegnare contabilmente le quote assegnate. Nulla è stato comunicato, invece,  riguardo ai fondi 2000 e 2001.

Nessun provvedimento di revoca del finanziamento, ai sensi del 6° comma dello stesso articolo, è stato, comunque, assunto nei confronti di alcuna regione.

 

 

 

 

 

 

 

Tab.   7 - RIEPILOGO FONDO 1998 ASSEGNATO AL DIP. AFFARI SOCIALI

PROGETTO

SOGGETTO

IMPORTO IMPEGNATO

IMPORTO EROGATO

(in Lire)

IMPORTO EROGATO

(in Euro)

MI-Centro di accoglienza per profughi e rifugiati

Coop. “Farsi prossimo”

680.000.000

680.000.000

351.190,69

TO - Strutture alloggiative per donne…

Comune di Torino

1.318.800.000

0

0

Centro di accoglienza

1° modulo

Comune di Soverato

1.500.000.000

0

0

Centro di acc. per malati in condizioni di disagio –triennale

Associazione Comunità di Sant’Egidio

370.475.000

370.475.000

191.334,37

RM-Mediatori interculturali in rete - triennale

Arcicofraternita SS. Sacramento Caritas di Roma

230.640.000

230.640.000

119.115,62

TO - Percorsi contro l’esclusione sociale - triennale

Associazione Alma terra

522.000.000

522.000.000

269.590,50

Casa serena

Associazione Sarepta

224.000.000

224.000.000

115.686,35

Campagna di informazione[48]

3 tipografie e incarichi ad estranei

683.011.550

683.011.550

352.746,03

Convenzione

RAI

840.000.000

840.000.000

433.823,80

Spese per incarichi, convegni etc..

Diversi

274.377.550

274.377.550

141.704,18

TOTALE INIZIATIVE

6.643.304.100

3.824.504.100

1.975.191,54

Spese missione

Componenti Consulta e CIT

28.335.125

28.335.125

14.633,87

TOTALE GENERALE

6.671.639.225

3.852.839.225

 

1.989.825,41

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tab.   8 - RIEPILOGO FONDO 1999 ASSEGNATO AL DIP. AFFARI SOCIALI

PROGETTO

SOGGETTO

IMPORTO GIURIDICAMENTE IMPEGNATO

IMPORTO EROGATO

 IN LIRE

IMPORTO EROGATO

 IN EURO

 “Mediatori  interculturali in rete” 2° anno

Arciconfraternita SS.Sacramento

221.414.400

154.990.080

80.045,70

Centro di accoglienza  2°anno

Comunità di Sant’Egidio

267.271.250

80.181.370

41.410,22

Alma mater - percorsi contro…

2° anno

Ass. Alma Terra

456.000.000

136.800.000

70.651,30

Sportello Informazione giuridica I.G.I.

COOP. “Senza Frontiere”

219.292.201

153.504.540

79.278,48

Pinocchio- Progetto triennale.

Ass. di volontariato penitenziario presso il Trib. di Firenze

293.636.000

88.090.800

45.495,10

 “Sportello di consulenza socio-sanitario” biennale

Istituto ospitaliero San Gallicano di Roma

245.000.000

73.500.000

37.959,58

 “Centro servizi immigrazione”,- Progetto triennale

Associazione

Africa insieme

157.200.000

47.160.000

24.356,11

Rapporto Italia sull’immigrazione

l’Osservatorio di Milano

228.000.000

68.400.000

35.325,65

Collaborazione

sul tema dell’immigrazione – progetto triennale

Istituto MPI

660.000.000

66.000.000

34.086,16

Informazione per donne immigrate

Candelaria

69.760.000

48.832.000

25.219,62

Corso lingua italiana per extracomunitari

RAI

6.878.500.000

3.878.500.000

2.003.078,08

accordo di programma

regione Toscana

3.000.000.000

900.000.000

464.811,21

accordo di programma

regione Veneto

3.000.000.000

0

0

Contributi a convegni e progetti,incarichi etc..

diversi

884.549.890

884.549.890

456.831,89

TOTALE INIZIATIVE

16.580.623.741

6.580.508.680

3.398.549,1

Spese missione

Componenti Consulta e CIT

24.030.045

24.030.045

12.410,48

Attività Comitato per i minori

Convenzioni IPRS, SSI, ICS

6.714.667.405

1.606.611.606

829.745,65

TOTALE GENERALE

23.319.321.191

8.211.150.331

4.240.705,23

Tab.   9 - RIEPILOGO FONDO 2000 ASSEGNATO AL DIP. AFFARI SOCIALI

PROGETTO

SOGGETTO

IMPORTO IMPEGNATO

IMPORTO EROGATO

 IN LIRE

IMPORTO EROGATO

 IN EURO

Corsi di lingua italiana per extracomunitari

RAI

3.121.500.000

3.121.500.000

1.612.120,21

Incarichi

diversi

30.000.000

30.000.000

15.493,71

TOTALE INIZIATIVE

3.151.500.000

3.151.500.000

1.627.613,92

Spese missione

Componenti Consulta

3.320.000

3.320.000

1.714,64

 

3.154.820.000

3.154.820.000

1.629.328,55

 

Tab.   10 - RIEPILOGO FONDO 2001 ASSEGNATO AL DIP. AFFARI SOCIALI

PROGETTO

REGIONE

IMPORTO  FINANZIAMENTO

IN EURO

IMPORTO EROGATO

 IN EURO al 31/12/2002

IMPORTO EROGATO

 IN LIRE al 31/12/2002

accordo di programma

Piemonte

1.271.226,67

381.368,00

738.431.417,36

Valle d’Aosta

36.345,28

10.903,58

21.112.274,85

Lombardia

4.943.640,32

1.483.092,10

2.871.666.740,74

Veneto

2.153.422,26

0

0

F.V.Giulia

710.883,67

213.265,10

412.938.815,18

Liguria

641.940,76

192.582,23

372.891.194,48

Emilia Romagna

1.721.746,60

516.523,98

1.000.129.886,75

Toscana

1.891.915,29

0

0

Umbria

432.986,70

129.896,01

251.518.747,26

Lazio

4.960.655,13

1.488.196,54

2.881.550.314,51

Campania

1.457.728,41

437.318,52

846.766.730,72

Puglia

655.391,47

0

0

Calabria

338.178,04

101.453,41

196.441.194,18

Sardegna

224.904,10

67.471,23

130.642.518,51

TOTALE INIZIATIVE

21.440.964,7

5.022.070,7

9.724.089.834,54

 

 

 

 

 

 

 

Tab. 11 - SPESE PER LE ESIGENZE DELLA COMMISSIONE IN LIRE

OGGETTO

Fondo 1998

Fondo 1999

Fondo 2000

Spese di missione e gettoni di presenza ai componenti

21.597.579

12.041.684

9.955.250

Stipendio Presidente

fuori ruolo

163.873.043

339.083.560

0

Incarichi di studio e ricerche affidati a gruppi o singoli ricercatori

261.751.921

958.511.990

207.285.640

CIT (spese di viaggio dei componenti e di esperti chiamati a partecipare alle riunioni)

41.391.420

24.430.435

3.320.100

Viaggi, pernottamenti in albergo e pasti in favore di esperti sentiti dalla Commissione

18.137.310

0

0

Servizi di ristorazione in occasione di riunioni

2.183.660

2.888.000

720.500

Forniture (acquisto libri, carta intestata, materiale convegni, servizi resi in occasione di convegni, etc..)

142.570.930

191.057.150

62.284.600

TOTALE

651.507.8613

1.528.014.818

283.566.090

 

 

Tab. 11 bis - SPESE PER LE ESIGENZE DELLA COMMISSIONE IN EURO

OGGETTO

Fondo 1998

Fondo 1999

Fondo 2000

Spese di missione e gettoni di presenza ai componenti

11.154,22

6.219,01

5.141,46

Stipendio Presidente

fuori ruolo

84.633,36

175.122,04

107.054,10

Incarichi di studio e ricerche affidati a gruppi o singoli ricercatori

135.183,59

495.030,13

0

CIT (spese di viaggio dei componenti e di esperti chiamati a partecipare alle riunioni)

21.376,88

12.617,27

1.714,69

Viaggi , pernottamenti in albergo e pasti in favore di esperti sentiti dalla Commissione

9.367,14

0

0

Servizi di ristorazione in occasione di riunioni

1.127,77

1.491,53

372,11

forniture

73.631,74

98.672,78

32.167,31

TOTALE

336.474,70

789.152,76

146.449,66

 

 

 

 

 

 

 

Tab. 12 – PROGETTI FINANZIATI DAL MINISTERO DELL’INTERNO                                 

PROGETTO CIES

SERVIZIO PERMANENTE

SEDI

N. MLC

N. UTENTI ca

N. TUTOR

N. LINGUE

ROMA

33

6.000

3

28

FIUMICINO

26

2.000

3

20

TORINO

6

2.000

1

6

FIRENZE

2

1.000

1

6

BOLOGNA

4

1.000

1

5

TOTALE

71

12.000

9

===

 

SBARCHI

N. MISSIONI

N. MLC

N. UTENTI ca

N. TUTOR

N. LINGUE

51

14

30.000

2

n.p.

SERVIZI A CHIAMATA

N. MISSIONI

N. MLC

N. UTENTI ca

N. GIORNI

N. LINGUE

130

52

2.700

844

16

PROGETTO DEDALUS

SEDI

N. INTERVENTI

N. ORE

NAPOLI

55

217,5

SALERNO

7

21

BENEVENTO

1

1

TOTALE

63

239,5

 

LINGUE UTILIZZATE

N. UTENTI

N. ORE

ALBANESE

4

28

ARABA

41

49

CINESE

24

67,5

NIGERIANA

6

20

POLACCA

10

32

SRILANKESE

20

39

SLAVA

0

4

TOTALE

105

239,5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tab. 13 - REGIONE PUGLIA (Interventi a valere su Fondo 1998)

STRUTTURA

SOMMA ASSEGNATA

SOMMA LIQUIDATA IN LIRE

SOMMA LIQUIDATA IN EURO

STATO DI REALIZZAZIONE

Centro di accoglienza “L’ULIVO” di Foggia

150.000.000

111.106.420

57.381,68

L’opera è in via di completamento

Centro di Acc. “DON DI MAGGIO” Caritas Bari S. Spirito

150.000.000

150.000.000

077.468,53

L’opera è stata completata

Centro di Acc. “ISTIT. VITTORIO EMANUELE II” di Giovinazzo

350.000.000

105.000.000

54.227,97

L’opera è in via di completamento

Centro di Acc. “REGINA PACIS” di S. Foca (LE) (a)

400.000.000

399.787.979

206.473,26

L’opera è stata completata

Centro di Acc. “CASA FAMIGLIA S: FRANCESCO” Miggiano (Lecce)

999.000.000

847.470.760

437.682,12

L’opera è in via di completamento

Centro di Acc. “LA BADESSA” dell’Amm. Prov. di Lecce

1.500.000.000

1.490.401.623

769.728,20

L’opera è stata completata

Centro di Acc. “REGINA PACIS” di S. Foca (LE) (b)

400.000.000

360.487.505

186.176,26

L’opera è in via di completamento

Centro di Acc. “OPERA PIA SS. MEDICI” di Bitonto (BA)

500.000.000

387.247.996

199.996,90

L’opera è in via di completamento

Centro di Acc. “I.S.P.E.” di Maglie (LE)

500.000.000

431.068.554

122.628,33

L’opera è in via di completamento

Centro di Acc. “BARI-PALESE” – Prefettura di Bari[49]

400.000.000

0

0

 

Ass. magistrati Lecce per convegno

51.000.000

51.000.000

26.339,30

Realizzato

TOTALE INIZIATIVE

5.400.000.000

4.333.570.837

2.138.102,55

 

 

 

 

 

 

7.2. Gli interventi a favore di richiedenti asilo e dei rifugiati

7.2.1.Il quadro normativo

 

La normativa che disciplina status e trattamento riservato alle categorie di cittadini stranieri, provenienti da paesi anche non europei, i quali facciano richiesta di asilo politico è contenuta con riguardo all’arco temporale di riferimento dell’indagine nella legge 28 febbraio 1990, n. 39[50] [51].

Il riconoscimento dello status di rifugiato, vale a dire di soggetto che si trova al di fuori del proprio paese e non può tornarvi a causa del fondato timore di subire violenze o persecuzioni, viene effettuato dalla Commissione centrale istituita dall’art. 1 della legge [52].

Interventi di assistenza speciale sono previsti dalla legge in favore dei richiedenti asilo per il tempo necessario all’espletamento del procedimento di riconoscimento del diritto – durante il quale è consentito di regolarmente soggiornare nel territorio nazionale ma non di esercitare attività lavorativa [53].

 

 

 

7.2.2 Il procedimento di riconoscimento dello status di rifugiato.

 

Negli anni di riferimento l’attività della Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato si è svolta come risulta dalla tabella che segue.

 

 

 

1999

2000

2001

Totale domande pervenute

24.800

17.766

10.889*

 

Riconosciuti

802

1.643

2.103

Rifiutati

7.443

22.649

11.130

Non considerati

11

97

2

Trasferiti

8

 

 

Sospesi

2

26

74

Totale domande esaminate

8.266

24.415

13.309**

fonte Commissione centrale per  il riconoscimento dello status di rifugiato.

* Per quanto concerne il numero delle domande pervenute nell’anno 2001, occorre considerare che alcune questure ancora non hanno completato l’invio di tutti i moduli di domanda relativi a quell’anno, e che risultano ancora da inserire nell’applicazione informatica circa 5.000 verbali di domande presentate in quell’anno.

** Per quanto concerne il numero degli esaminati, occorre considerare che, nel corso dell’anno 2001, l’ufficio competente è stato dotato di una nuova procedura informatica, per cui il passaggio dalla vecchia alla nuova applicazione ha comportato, per alcuni mesi, una flessione nell’attività della Commissione.

 

 

I dati riportati mostrano, dopo un sensibile incremento di efficienza quanto al numero delle domande esaminate occorso nell’anno 2000, una consistente flessione nel 2001. Detta flessione deve ricondursi, secondo ciò che è stato riferito, plausibilmente, dall’amministrazione, all’implementazione di un nuovo sistema informatizzato del processo di esame, avviata proprio in quell’anno ma non ancora del tutto conclusa alla fine dell’anno 2002. Il mancato perfezionamento del processo di informatizzazione – che ha richiesto, tra l’altro, numerosi aggiustamenti degli schemi prefigurati dal Ministero all’atto della loro materiale adozione – dà ragione del fatto che i dati relativi all’attività svolta dalla commissione nei primi dieci mesi del 2002 mostrano un recupero solo parziale dei precedenti standards (14.409 domande esaminate).

Va, in ogni caso, evidenziato che la durata media del procedimento è di circa 10 mesi dalla data di presentazione dell’istanza presso le questure, la maggior parte dei quali impiegati per l’istruttoria presso la questure e l’inserimento dei dati ricevuti dalla commissione nel sistema.

 

7.2.3 Le iniziative adottate

 

Come detto in precedenza, la normativa vigente prevede in favore dei richiedenti asilo, dopo una prima e temporanea accoglienza presso i centri predisposti nelle zone di arrivo limitate al tempo necessario all’identificazione e all’eventuale rilascio del permesso di soggiorno per richiesta di asilo, un contributo statale di prima assistenza di £. 34.000 giornaliere per un periodo massimo di 45 giorni.[54] All’accoglienza successiva devono, invece, provvedere i comuni ai sensi dell’art. 40 del d.lgs. 286 del 1998.

Riguardo alla spesa sostenuta per la prima accoglienza nei centri deve sottolinearsi l’impossibilità di pervenire alla sua quantificazione con sufficiente attendibilità visto l’uso promiscuo che di essi, non di rado, è stato fatto[55].

Per far fronte alla difficile situazione assistenziale dei richiedenti asilo e dei rifugiati l’amministrazione dell’interno ha anche assunto, nel periodo di riferimento dell’indagine, due iniziative di particolare rilievo, il programma di sostegno ai rifugiati residenti in Italia in collaborazione con l’A.C.N.U.R., ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951, e il programma nazionale asilo.

 

·           Il programma nazionale asilo

 

Il programma, elaborato sul finire dell’anno 2000 dal Ministero dell’interno in collaborazione con l’A.C.N.U.R. e l’ANCI- Associazione nazionale dei comuni italiani – ha per obiettivi principali e integrati la costituzione e gestione di un sistema nazionale d’accoglienza, assistenza e protezione dei richiedenti asilo e, in caso di verificata necessità, dei rifugiati, la predisposizione di interventi mirati all’integrazione dei rifugiati e dei soggetti titolari di un permesso di soggiorno di protezione umanitaria, la promozione di attività di sostegno al rimpatrio per coloro cui è stato negato lo status di rifugiato o che intendano, a vario titolo, rinunciarvi.

Il programma, cofinanziato [56] dalla Commissione europea – Fondo europeo per i rifugiati – FER [57] ha visto la realizzazione di 59 progetti, presentati da altrettanti comuni e finanziati dopo apposita selezione[58], e tre progetti speciali prodotti dalle città metropolitane di Roma e Milano nonché dall’area di frontiera di Fiumicino.

Complessivamente a fronte di tali iniziative risultano erogate, alla data del 18 novembre 2002, £. 15.369.250.000.

Lo svolgimento dei compiti organizzativi, a livello centrale, di tutte le attività necessarie alla predisposizione e attuazione del programma è stato rimesso all’ANCI in base a specifico accordo, stipulato con il Ministero dell’interno il 14 marzo 2001, per £. 2.450.000.000[59].

Ai sensi di quanto previsto al punto 6 dell’accordo l’ANCI nel mese di dicembre 2002 ha reso il rapporto finale sull’attuazione del programma relativo al 2001 che, pur con difficoltà, sembra aver fornito una risposta concreta e valida alle numerose problematiche connesse al fenomeno dei richiedenti asilo.

In via conclusiva, va detto che nell’ambito dell’iniziativa di cui al PNA risultano, anche, stipulate due ulteriori convenzioni, rispettivamente con l’Arciconfraternita del S. Sacramento - Caritas Diocesana di Roma per £. 494.628.400 e con l’OIM per £. 1.250.000.000.

Gli oggetti di tali convenzioni sono connessi alla realizzazione del Programma nel senso di fornire, la prima, supporto, consulenza e orientamento ai progetti territoriali presentati dai comuni, la seconda sostegno alla attuazione di un programma di rimpatrio volontario assistito dei soggetti cui è stato negato lo status di rifugiato o che a tale status abbiano rinunciato.

A fronte delle spese effettivamente sostenute, come risultano dalla rendicontazione fornita al Ministero dell’interno, sono state riconosciute £.1.236.571.000 all’Arciconfraternita del S. Sacramento[60] e £. 715.771.495 all’OIM., che ha effettuato 103 rimpatrii.

 

·               Il progetto di integrazione locale dei rifugiati in Italia attuato dal Ministero dell’interno in collaborazione con l’A.C.N.U.R.

 

Il progetto, che ha avuto attuazione durante l’intero arco temporale di riferimento dell’indagine, è frutto della collaborazione del Ministero dell’interno con l’A.C.N.U.R., che lo cofinanzia.

La collaborazione ha l’obiettivo di fornire sostegno ai rifugiati ai sensi della convenzione di Ginevra del 1951 attraverso l’erogazione di contributi in denaro per il primo insediamento e la successiva integrazione nel tessuto sociale [61].

Negli anni 1999, 2000 e 2001, in esito al progetto la cui dotazione ammonta, rispettivamente a £. 10.000.040.000, 10.000.020.000, 10.000.015.000 risultano concesse provvidenze nella misura di cui alla tabella riportata di seguito[62].

 

 

1999

2000

2001

totale

contributi

totale spese

totale

contributi

totale spese

totale

contributi

totale spese

I° assist. (90 gg.)

469

1.356.345.000

447

1.515.860.000

595

2.389.455.000

 

sostentamento e casi eccezionali

416

2.370.810.000

765

3.989.230.000

315

4.008.885.000

 

fragilità sociale

17

77.000.000

23

101.000.000

23

135.000.000

studio

67

167.500.000

100

154.200.000

81

146.235.000

integrazione lavorativa

11

165.000.000

16

240.000.000

5

75.000.000

negative

-

-

41

-

95

-

TOTALE

980

4.136.655.000

1.392

6.000.290.000

1.544

6.754.575.000

fonte dati: Ministero interno

 

Due ordini di considerazioni si impongono con riguardo ai dati anzi riportati.

In primo luogo, visto l’ammontare del progetto di collaborazione per gli anni in riferimento, non può non rilevarsene la evidente sovrastima rispetto all’attuazione concreta che il progetto ha avuto.

Tale circostanza, che di per sé appare censurabile, sembra tuttavia da ricondursi alla necessità di disporre di somme sicuramente sufficienti al soddisfacimento delle richieste meritevoli e, al contempo, alla valutazione assai rigorosa dei presupposti per l’accoglimento che l’amministrazione ha ritenuto di effettuare vista la discrezionalità dell’iniziativa[63].

Quanto, poi, all’oggetto dei contributi concessi, è evidente che le istanze dei rifugiati si rivolgono, principalmente, all’ottenimento di contributi in denaro per la prima assistenza e per il “sostentamento”, utilizzati questi ultimi, in misura prevalente, per far fronte ad esigenze alloggiative.

L’esiguità dei contributi concessi per l’integrazione lavorativa e lo studio non fa che confermare la netta prevalenza delle necessità di primo sostentamento, per fronteggiare le quali l’ordinamento non approntava altro rimedio.

 

 

 

7.3. Gli interventi a favore dei profughi stranieri

7.3.1. Il quadro normativo

 

A favore dei cittadini stranieri costretti a rifugiarsi in Italia dopo aver abbandonato il loro paese, non appartenente all’Unione Europea, in conseguenza di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità, definibili “profughi”, la normativa vigente consente l’adozione di misure straordinarie di protezione temporanea.

Tali misure sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato  di intesa con i Ministri  degli affari  esteri, dell’interno,  per la

solidarietà sociale e quanti altri eventualmente interessati (art.20 d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286).

 

 

7.3.2. Le iniziative adottate

 

Nel triennio considerato le sole misure adottate ai sensi del citato art. 20 del testo unico sono quelle relative all’emergenza “Kosovo”, varate dal Governo con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 12 maggio 1999 a favore delle persone provenienti dalle zone di guerra dell’area balcanica[64].

Il numero totale dei soggetti affluiti sul territorio nazionale in seguito alla detta emergenza, la cui permanenza in molti casi si è limitata a poche decine di giorni, è pari a 22.777 unità [65]. Di queste 9930 hanno richiesto asilo politico, 295 lo hanno ottenuto[66].

La prima accoglienza dei profughi è stata assicurata in strutture di primo soccorso già esistenti, quali i centri di temporanea accoglienza realizzati ai sensi della legge 563/95 (cosiddetta legge “Puglia”), o attivate in occasione della specifica emergenza. Non di rado i prefetti, sul territorio, hanno provveduto attraverso l’instaurazione di rapporti convenzionali con piccole strutture alberghiere.

La promiscuità dell’uso delle strutture di primo soccorso, quasi sempre deputate alla accoglienza di stranieri oggetto di specifiche norme di protezione temporanea o in attesa del perfezionamento della procedura di richiesta di asilo, non consente di quantificare con sufficiente attendibilità la spesa complessiva sostenuta dallo Stato per l’accoglienza dei profughi Kosovari, che non può quindi che considerarsi quale componente non autonomamente identificabile della più generale spesa sostenuta per l’accoglienza degli stranieri immigrati nel periodo di riferimento dell’indagine.

Specifiche iniziative di assistenza ai profughi sono state attivate anche grazie al cofinanziamento della Commissione europea per l’emergenza Kosovo. Si da atto, in particolare, del:

 

a) “progetto Azione comune” realizzato dal Ministero in accordo con il Consiglio Italiano Rifugiati [67] in attuazione dell’Azione comune predisposta dal Consiglio dell’Unione europea il 26 aprile 1999, avente per obiettivo l’individuazione, la creazione e l’utilizzo di strutture di accoglienza, l’accoglienza materiale con soddisfazione di necessità primarie, servizi e attività di sostegno, la creazione di una banca dati di raccolta delle offerte di ospitalità, la realizzazione di “attività trasversali” nell’ambito di tutte le strutture di accoglienza con particolare attenzione alle c.d. “categorie vulnerabili”

Del progetto, la cui attuazione si è protratta dal luglio 1999 all’agosto 2000[68], hanno beneficiato circa 2650 soggetti per la parte relativa all’accoglienza e circa 23.600 per le c.d. attività trasversali [69].

Per quanto consta da rapporti finali redatti in relazione all’attuazione del progetto, premesso che possibili beneficiari delle c.d. attività trasversali risultano essere anche soggetti non direttamente partecipanti all’Azione Comune, si è riscontrato, nei fatti, il coinvolgimento di un’utenza di gran lunga superiore a quella stimata in via previsionale. Gli enti finanziatori hanno tuttavia lamentato, pur dando atto del successo dell’iniziativa, un’eccessiva ristrettezza dei tempi di durata delle misure adottate tale da non consentire, sempre, il miglior conseguimento dei risultati prefissati.

Il costo sostenuto per la realizzazione del progetto ammonta, complessivamente, a £. 5.001.743.940.

 

b) programma di rimpatrio assistito dei profughi Kosovari attuato, in esecuzione delle disposizioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 30.12.1999 di proroga delle misure di protezione temporanea, dall’OIM su incarico del Ministero dell’interno d’intesa con l’ACNUR[70]. Obiettivo del programma l’agevolazione del rientro volontario assistito e protetto nel paese di origine dei profughi attraverso:

1. l’attuazione di accertamenti in Kosovo in merito alla opportunità di rimpatrio

2. l’organizzazione del trasferimento dall’Italia alla destinazione finale in Kosovo

3. il pagamento di un’indennità di trasferimento e prima sistemazione all’atto dell’arrivo in Kosovo.

Il programma ha avuto attuazione nel periodo intercorrente tra i mesi di giugno e settembre 2000 (le operazioni sono state effettuate sino al mese di novembre 2000) e ha consentito il rimpatrio di 228 profughi. Il costo sostenuto per tale programma ammonta a £. 577.412.340.

 

In via conclusiva, deve farsi anche menzione del programma di rimpatrio assistito di profughi dell’area balcanica (di cui alcuni, in numero non specificamente individuabile, Kosovari) cofinanziato dalla Commissione Europea e attuato dall’OIM che, pur non avendo riguardo ai soli profughi Kosovari, ne ha comunque agevolato il rientro in patria. Le operazioni hanno avuto attuazione nel corso degli anni 1999 e 2000 e hanno comportato un costo complessivo a carico del bilancio dello Stato di £. 502.600.000.

 

 

 

 

 

 

7.4. I servizi di accoglienza alla frontiera

7.4.1. Il quadro normativo

 

Per fornire la necessaria informazione e assistenza, presso i valichi di frontiera, agli stranieri che ivi si trovano per presentare domanda di asilo, fare ingresso in Italia per un soggiorno di durata superiore a tre mesi o in attesa, comunque, di compiere accertamenti sull’ingresso stesso è previsto l’approntamento di servizi di accoglienza da rendere, ove possibile, all’interno della zona di transito (art. 11 d.lgs. 286/98).

Le spese sostenute dallo Stato per tali servizi sono,pertanto, finalizzate in misura prevalente al sostegno dell’immigrazione e, per una minima, eventuale parte, si ricollegano anche all’azione di contrasto del fenomeno, ove esso si connoti di irregolarità.

Le modalità per l’espletamento dei servizi sono indicate dal Ministro dell’interno il quale, di concerto con il Ministro per la solidarietà sociale, vi ha provveduto per la prima volta con decreto in data 22 dicembre 2000, individuando successivamente nel numero di 15 i valichi di frontiera dove istituire i servizi stessi tenuto conto del maggior numero di richieste di asilo o ingressi nel territorio nazionale registrato negli ultimi tre anni (D.M. interno 30 aprile 2001). L’attivazione e la gestione dei servizi spetta ai Prefetti territorialmente competenti, che vi provvedono direttamente o attraverso la stipula di apposite convenzioni in via prioritaria con enti, associazioni o altri organismi del privato sociale a ciò abilitato.

 

 

7.4.2. Le iniziative adottate

 

Nel corso del 2001 si è assistito all’implementazione dei primi servizi, precisamente di quelli situati a Roma Fiumicino, Varese Malpensa, Ancona e Venezia.

Si riporta di seguito un prospetto sinottico nel quale sono indicati i servizi che hanno operato sino al 31 dicembre 2001.

 

 

SAF

Periodo di funzionamento

Importo convenzione

N. utenze

Roma-Fiumicino

11/07/01 – 31/12/01

92.091.000

158

Varese-Malpensa

23/07/01 – 31/12/01

78.250.000

179

Ancona

01/11/01 – 31/12/01

24.833.700

non disponibile

Venezia

03/12/01 – 31/12/01

10.416.666

non disponibile

 

I dati riportati in tabella danno conto dell’estrema limitatezza del periodo di funzionamento dei servizi in ordine ai quali, di conseguenza, risulta difficile formulare valutazioni significative. E ciò ancor più ove si abbia presente che allo stato attuale nulla è dato sapere circa i costi effettivamente sostenuti per il detto funzionamento, in mancanza della relativa rendicontazione da parte delle prefetture competenti a gestire la spesa [71].

Alcune osservazioni appaiono, comunque, possibili quanto ai costi previsti in sede di convenzione che, a fronte di prestazioni quasi sempre sovrapponibili, risultano sostanzialmente omogenei, e all’utenza effettivamente rilevata presso i due soli servizi che hanno funzionato per un apprezzabile periodo di tempo – Roma-Fiumicino e Varese-Malpensa – di entità simile e in linea con le valutazioni previsionali poste a base delle convenzioni. [72]

 

 

 

 

 

 

 

 

7.5. L’assistenza sanitaria in favore di stranieri non in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno.

7.5.1. Il quadro normativo e la spesa sostenuta

 

L’assistenza sanitaria degli stranieri soggiornanti sul territorio nazionale, titolari di permesso di soggiorno per asilo politico o umanitario – o in attesa di ottenerlo–, nonché di quelli non in regola con le norme relative all’ingresso o al soggiorno è disciplinata dal d.lgs. n. 286/1998, come modificato dal d.lgs. 13 aprile 1999, n. 113, e dal regolamento di attuazione adottato con il DPR 31 agosto 199 n. 394.

Ai sensi delle precisate disposizioni di legge, in particolare dell’art. 35 del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286, il Ministero dell’interno provvede al finanziamento delle prestazioni ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, previste dal comma 3 del ripetuto articolo ove rese in favore di stranieri in posizione irregolare dalle strutture del Servizio sanitario nazionale e lasciate insolute.

Premesso che la stima complessiva dei soggetti assistiti nel triennio 1999 – 2001 ai sensi del citato comma 3 dell’art. 35 d.lgs. 286/98 è di complessive 180.000 unità (40.000 nel 1999, 60.000 nel 2000 e 80.000 nel 2001)[73] la correlativa  spesa a carico  del Ministero  dell’interno  risulta essere  stata  pari a  £. 71.880.000.000.

E’ appena il caso di ricordare che grava sull’amministrazione dell’interno ogni altra spesa sostenuta per l’assistenza sanitaria e infermieristica resa presso le strutture di accoglienza dai soggetti convenzionati a ciò chiamati. Per ragioni analoghe ad altre già evidenziate in precedenza [74] non è dato fornire un’indicazione attendibile e completa del relativo ammontare.

Ogni diversa spesa per prestazioni sanitarie rese a favore di stranieri immigrati soggiornanti sul territorio nazionale, non riconducibile alle tipologie di cui si è teste detto, è, per converso, posta a carico del Servizio sanitario nazionale, con l’inevitabile, conseguente impossibilità di individuarne lo specifico ammontare.

 

7.6. Gli interventi per l’istruzione scolastica.

 

Nell’ambito degli interventi volti a favorire l’integrazione degli immigrati presenti nel territorio italiano, con particolare riferimento alle azioni in favore dei minori, un ruolo particolare viene svolto dal ministero della pubblica istruzione destinatario di risorse specificatamente dedicate a sostenere l’impegno del personale scolastico in relazione al crescente numero di alunni e studenti non italiani, ovvero ad organizzare corsi di educazione e formazione interculturale che coinvolgono anche soggetti adulti e specifici interventi demandati alle istituzione scolastiche operanti nelle Regioni sottoposte a maggiori pressioni migratorie[75].

Con riferimento agli esercizi finanziari 1999 e 2000 l’istruttoria ha riguardato due particolari iniziative.

 

a.       Con decreto ministeriale del 22 dicembre 1999 è stata accreditata a tutti gli uffici scolastici regionali, in ragione proporzionale alla presenza di alunni stranieri nelle scuole dei rispettivi territori, la somma complessiva di £. 1.240.000.000 da destinare, nell’ambito di un più vasto progetto di educazione interculturale, alla formazione specifica del personale scolastico impegnato nelle attività di accoglienza ed inserimento di alunni stranieri minori ed adulti.

La scheda tecnica contenente l’indicazione dei soggetti da coinvolgere nella iniziativa, nonché delle specifiche modalità di attuazione e i risultati attesi, prevedeva il monitoraggio delle esperienze formative attraverso la predisposizione di griglie di osservazione dei diversi percorsi.

Con circolare del 22 dicembre 2000, la direzione generale per l’istruzione elementare ribadiva l’importanza dell’iniziativa, sottolineando la necessità di un coordinamento delle diverse attività da svolgere in stretto contatto con l’amministrazione centrale del ministero.

Quest’ultimo, peraltro, nonostante le ripetute richieste istruttorie, non ha fornito alcuna informazione sull’esito dell’intervento e sui risultati del monitoraggio che avrebbe dovuto essere effettuato.

 

b.       Nell’ambito del tavolo di lavoro istituito con D.P.C.M. 22 gennaio 1999 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri al fine di individuare le iniziative amministrative ed organizzative volte a sostenere il disagio della regione Puglia, particolarmente soggetta in quel periodo a forti flussi migratori provenienti dall’Europa orientale, veniva, tra l’altro, disposta l’assegnazione al Ministero della pubblica istruzione della somma complessiva di £. 1.800.000.000 nel biennio (600 milioni nel 1999 e 1.200 nell’esercizio successivo) per l’attivazione di progetti finalizzati alla scolarizzazione degli extracomunitari presenti nella regione.

Con successivi decreti ministeriali, emessi rispettivamente in data 1/12/1999, e 25/6/2000, le somme venivano assegnate agli allora cinque provveditorati agli studi operanti nelle province interessate per il finanziamento di 25 progetti nel primo anno e 48 in quello successivo.

Solo a seguito dell’avvio dell’istruttoria connessa con la presente indagine il ministero, con nota del 18 giugno 2002, ha chiesto al direttore dell’Ufficio scolastico regionale (che ha ereditato le competenze dei soppressi provveditorati agli studi), dati e notizie circa l’esito delle iniziative intraprese.

A tutt’oggi, nonostante i solleciti formulati, non è pervenuta alcuna ulteriore comunicazione da parte dell’amministrazione.

 

Con riferimento all’esercizio 2001 l’istruttoria ha inteso approfondire due ulteriori tipologie di interventi.

 

c.       L’art. 36, comma 3 della legge 40 del 1998 prevede, al fine di favorire l’integrazione dei cittadini extracomunitari presenti nel territorio, l’effettuazione di corsi di alfabettizzazione e di percorsi integrativi degli studi già effettuati nei paesi di origine, con particolare riferimento all’insegnamento della lingua italiana in favore dei minori e delle loro famiglie, da realizzarsi in collaborazione con le regioni, gli enti locali, le rappresentanze diplomatiche e le organizzazioni di volontariato.

Sulla base, anche, delle previsioni contenute nei documenti programmatici contenenti le linee guida per le politiche dell’immigrazione, nell’esercizio finanziario 2201 venivano stanziate sul capitolo 1373 del bilancio del Ministero della pubblica istruzione risorse pari a £ 1.200.000.000.

Con successivo D.M. 26 ottobre 2001 il predetto stanziamento veniva ripartito tra tutti i provveditorati agli studi aventi sede nei capoluoghi di regione, in modo proporzionale al numero di alunni stranieri presenti nel territorio, quale risultante da una specifica rilevazione avviata dal Ministero.

In data 6 dicembre 2001 ai provveditorati destinatari dei fondi veniva inviata una apposita scheda, messa a punto da un gruppo di studio istituito al fine di acquisire informazioni necessarie a conoscere e valutare le iniziative effettivamente avviate, il numero dei soggetti coinvolti e il buon esito delle stesse.

Considerato che le predette attività avrebbero dovuto essere svolte durante l’anno scolastico 2001-2002, veniva fissato quale termine per la compilazione il mese di agosto 2002.

A tutt’oggi, nonostante gli specifici solleciti formulati, il dipartimento non ha trasmesso alcuna documentazione nè ha fornito elementi per poter valutare l’attività svolta.

 

d.       Il contratto collettivo per il personale della scuola relativo al quadriennio normativo 1998- 2001 ed ai due bienni economici prevede agli articoli 5 e 29 l’istituzione di uno specifico fondo da ripartire tra le istituzioni scolastiche, finalizzato a sostenere l’azione degli operatori impegnati e a favorire l’accoglienza e l’integrazione degli alunni immigrati o nomadi.

La ripartizione delle risorse stanziate (10 miliardi di lire) è avvenuta, previa intesa con le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto, sulla base di un criterio che tiene conto della presenza di alunni extracomunitari sul territorio e della loro incidenza sulla popolazione scolastica complessiva.

L’ufficio scolastico che ha maggiormente beneficiato delle relative assegnazioni è stato quello della Lombardia cui sono state attribuite oltre 2.200 milioni di lire. All’ultimo posto la Basilicata con poco più di 12 milioni.

Anche relativamente a tale attività gestionale la direzione generale per il servizi sul territorio ha predisposto una complessa scheda di rilevazione, che avrebbe dovuto essere resa entro il mese di agosto del 2000. A tutt’oggi non sono stati inviati ulteriori informazioni e documenti da parte della predetta direzione generale.

Pur tenendo conto della particolare situazione organizzativa del Ministero dell’istruzione, interessato da un vasto processo di riforma che coinvolge sia le strutture centrali, sia, soprattutto, quelle periferiche, va, comunque, sottolineata la difficoltà da parte dell’amministrazione centrale ad avere informazioni dalle istituzioni scolastiche circa la concreta attività svolta, con la conseguente mancanza di elementi di valutazione indispensabili per una corretta programmazione degli interventi ed una distribuzione delle risorse che tenga conto delle reali capacità operativa di ciascuna struttura.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

8. LE MISURE DI CONTRASTO

8.1. I centri di trattenimento

8.1.1. L’evoluzione normativa. Finalità e presupposti del trattenimento.

 

Uno dei principali strumenti di contrasto all’immigrazione clandestina e, più in generale, a fenomeni di irregolarità nel soggiorno, è rappresentato dalla possibilità di trattenere i destinatari di provvedimenti di espulsione in appositi centri per il tempo strettamente necessario alla loro identificazione e ai successivi adempimenti (ottenimento dei visti di reingresso da parte delle autorità consolari e organizzazione del viaggio), indispensabili per rendere effettivo l’allontanamento dall’Italia e il rientro nel Paese di origine o di provenienza.

Si tratta, peraltro, di uno strumento estremamente delicato la cui adozione necessita di essere accuratamente verificata alla luce dell’ordinamento giuridico complessivo e delle convenzioni internazionali in materia di rispetto e salvaguardia dei diritti umani, in quanto esso introduce misure di privazione della libertà individuale nei confronti di soggetti che non hanno commesso alcun illecito penale.[76] E ciò ancor più ove si consideri che tale strumento determina un costo economico elevato e un impatto sociale notevole, in relazione sia a prevedibili resistenze da parte delle popolazioni interessate “localmente”, sia a possibili reazioni delle organizzazioni umanitarie e di quelle rappresentative degli extracomunitari presenti nel territorio, sia, infine, a eventuali ritorsioni dei Paesi di provenienza.

E’, peraltro, di tutta evidenza che allorché l’immigrazione irregolare assume dimensioni notevoli e preoccupanti non è possibile far affidamento sull’esecuzione spontanea dei provvedimenti di espulsione, o ricorrere alle ordinarie misure di sicurezza previste in via generale dall’ordinamento per garantire effettività alle misure di contrasto.

Nell’ordinamento italiano la previsione di centri per immigrati risale alla seconda metà degli anni ’90, e si affaccia in ritardo rispetto a quanto nel frattempo avveniva in altri Stati dell’Unione europea.

La legge 39/90, infatti, nel prevedere all’art. 7 le diverse ipotesi in cui era possibile e doverosa l’espulsione dal territorio dello Stato di extracomunitari, non individuava, peraltro, alcun meccanismo di trattenimento per rendere effettivo il provvedimento[77].

Nei fatti la predetta normativa si rivelava assolutamente insufficiente a garantire l’effettività dei provvedimenti di espulsione. L’esecuzione spontanea dell’intimazione era estremamente ridotta, e, inoltre, difficile da stimare[78]. I tempi tecnici per l’identificazione e per l’ottenimento dei documenti indispensabili al rimpatrio erano, poi, estremamente lunghi e rendevano difficilmente eseguibile il provvedimento nei confronti di un soggetto formalmente libero di circolare nel territorio nazionale, che aveva facilità a far perdere le proprie tracce. L’applicazione della sorveglianza di pubblica sicurezza, a parte la complessità del procedimento, aveva costi economici e, soprattutto, amministrativi tali da venire disposta solo in casi assolutamente eccezionali, senza comunque dare assolute garanzie circa la possibilità di tenere effettivamente sotto controllo il soggetto sorvegliato.

La stessa legge, inoltre, sottovalutando l’effettiva ampiezza del fenomeno migratorio, non prevedeva centri di prima accoglienza neppure per stranieri entrati irregolarmente nel territorio nazionale o provenienti da situazioni di particolare disagio tali da giustificare una richiesta di asilo politico e l’acquisizione dello status di rifugiato. In occasione di sbarchi di gruppi numerosi di extracomunitari i prefetti e gli altri organi di pubblica sicurezza si trovavano, sostanzialmente, privi di strumenti giuridici che legittimassero immediati interventi di primo soccorso e dovevano far fronte a tali situazioni o attraverso il contributo volontario di associazioni umanitarie o mediante misure estemporanee, spesso utilizzando fondi non espressamente destinati alla specifica finalità. Nei casi più gravi, inevitabile era il ricorso ad ordinanze di protezione civile che legittimavano l’attivazione di misure sostanziali e procedure extra ordinem.

Per ovviare a tale situazione, fonte di disagio per gli operatori e causa di evidenti difficoltà gestionali, in relazione all’intensificarsi del fenomeno di ingressi irregolari specie in Puglia, nella estate del 1995 la legge 29 dicembre 1995 n. 563 (così detta legge Puglia) introduceva per la prima volta nell’ordinamento italiano la possibilità di istituire centri di prima accoglienza a Brindisi, Lecce ed Otranto e consentiva ai prefetti, anche, di attivare su tutto il territorio nazionale strutture provvisorie o predisporre interventi in favore di stranieri irregolari bisognosi di assistenza, limitatamente al tempo necessario alla identificazione finalizzata all’espulsione o alla regolarizzazione nel caso di richiesta di asilo[79].

I primi centri previsti nell’ordinamento italiano sono, quindi, i centri temporanei di accoglienza (CTA), finalizzati all’immediato soccorso dei bisognosi in posizione di non trattenimento, non ancora destinatari di alcun provvedimento di espulsione, ed alla loro identificazione.

Esaurite le attività necessarie al primo sostentamento degli stranieri sbarcati, nessuna norma ne autorizzava, però, il trattenimento fino all’effettivo rimpatrio, nel caso in cui non sussistessero le condizioni per la richiesta di asilo. Agli extracomunitari da respingere veniva in pratica notificato l’ordine di intimazione previsto dalla legge 39/90 e, ove possibile, si provvedeva all’immediato accompagnamento coattivo alla frontiera. Diversamente - e quest’ultimo era l’esito più frequente a causa della difficoltà e dei tempi lunghi per ottenere la collaborazione dei paesi di provenienza - i soggetti intimati venivano dimessi dal centro. D’altro canto, a parte l’impossibilità giuridica di un trattenimento prolungato in relazione alle risorse disponibili ed alla stessa configurazione strutturale dei CTA (in taluni casi si trattava di strutture alberghiere che venivano in tutto o in parte requisite), non era comunque possibile garantire una presenza prolungata in condizioni accettabili di sicurezza attiva.

E’ solo con la successiva legge n. 40 del 1998 che viene introdotta nell’ordinamento italiano la possibilità di trattenere gli stranieri destinatari di un provvedimento di espulsione in apposite strutture – denominate centri di permanenza temporanea (CPT) - per il tempo necessario a garantire, almeno teoricamente, il compimento delle formalità necessarie per l’effettivo allontanamento dal territorio italiano. E ciò comunque, come evidenziato nella relazione introduttiva alla legge n. 40 del 1998, solo in presenza di situazioni gravi di pericolo per l’ordine pubblico e con la garanzia della conformità delle modalità di trattenimento, non esattamente individuate dalla legge ma rinviate a successivo regolamento attuativo, a direttive ministeriali e alla convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo[80].

Con la stessa legge viene preliminarmente ridisegnato il sistema sostanziale e procedurale delle espulsioni e sono definite con chiarezza le diverse tipologie di provvedimenti espulsivi, che spesso con interferenze e difficoltà di coordinamento convivevano nell’ordinamento a partire dal testo unico di pubblica sicurezza[81].

Per il trattenimento nei centri sono previsti, peraltro, ulteriori presupposti e un nuovo, diverso provvedimento da parte del questore: il trattenimento è ammesso, infatti, solo in determinati casi tassativi, allorché sia necessario procedere alla identificazione del soggetto, si debbano acquisire i “necessari” nulla osta consolari per il rimpatrio, o sussistano difficoltà nella individuazione di un vettore disponibile ad organizzare il viaggio.

Il nuovo sistema - per garantire effettività al rimpatrio, in relazione a possibili difficoltà nell’esecuzione effettiva dell’espulsione - prevede l’adozione di tre successivi provvedimenti amministrativi (decreto di espulsione, decreto di accompagnamento coattivo e decreto di trattenimento del centro), ciascuno dei quali basato su presupposti propri, con un proprio regime giuridico e suscettibile di autonoma impugnazione in via giurisdizionale.

In disparte la complessità del procedimento per il trattenimento, i centri di permanenza, per le finalità loro assegnate e la tipologia di soggetti da trattenere, rappresentano strutture con caratteristiche particolari, di seguito evidenziate, che pongono problemi gestionali di non facile soluzione.

In primo luogo, occorre considerare che i soggetti trattenuti, seppure entrati clandestinamente nel territorio italiano o rimasti oltre i termini previsti, non hanno tuttavia commesso un reato accertato con sentenza passata in giudicato. La libertà personale deve, quindi, subire la minore limitazione possibile, attraverso la sorveglianza solo esterna delle strutture, con libertà di movimento e comunicazione all’interno e possibilità di avere contatti liberi tramite posta o telefono con l’esterno. A differenza delle carceri, non è di regola ammissibile alcun isolamento diurno nè la separazione tra uomini e donne. Il tutto con i conseguenti maggiori costi derivanti dalla attuazione, comunque, di misure di sicurezza attive e passive non invadenti e realizzate con la massima discrezione possibile.

In secondo luogo, i centri finalizzati al trattenimento degli extracomunitari per il solo periodo necessario ad eseguire l’espulsione nascono, fin dall’origine, anche con una forte componente di tipo assistenziale. I soggetti trattenuti sono nella maggior parte dei casi in condizioni economiche e fisiche di estremo disagio, e oltre a necessitare di vitto, cure mediche, vestiti e prodotti per l’igiene personale hanno anche, e soprattutto, bisogno di assistenza sociale e psicologica, finalizzata in primo luogo a garantire l’ordine all’interno del centro e la necessaria collaborazione per facilitare le operazioni di rientro forzato nel paese di provenienza.

Deve, in ogni caso, aversi presente che i soggetti ospitati nei centri provengono spesso da paesi estremamente lontani dall’Italia con cultura e tradizioni, anche religiose, particolari e diversificate, che occorre salvaguardare e rispettare prevedendo trattamenti differenziati. D’altro canto, il limitato periodo di permanenza impedisce qualunque forma di fidelizzazione con la struttura e il riconoscimento di vantaggi per la buona condotta e la collaborazione dimostrata. Con tali premesse, estremamente difficile risulta evitare fenomeni di danneggiamenti e vandalismo, spesso non sanzionabili neppure penalmente, giacchè si preferisce procedere con l’espulsione già avviata e non dare corso a un processo penale allorché gli eventuali reati commessi non sono particolarmente gravi.

Particolari difficoltà sussistono, inoltre, in relazione alla ubicazione dei centri, la cui presenza suscita vivaci reazioni da parte delle popolazioni in relazione ad un generico disagio, al rischio di scoraggiare il turismo e alla possibilità non infondata che gli stranieri dimessi per scadenza dei termini possano divenire facile preda della malavita locale. Difficile altresì, per altri aspetti, una corretta pianificazione che dovrebbe avere quale presupposto l’esatta conoscenza della presenza e distribuzione sul territorio di situazioni irregolari al fine di contenere i costi ed i disagi del trasporto e, al contempo, garantire la vicinanza con organismi diplomatici dei paesi di origine e con aeroporti internazionali per facilitare le operazioni di rimpatrio.

Al di là, dunque, di scontate e generiche affermazioni circa la differenza tra il sistema del trattenimento nei centri di permanenza e quello nelle carceri, l’istituzione dei primi avrebbe dovuto essere preceduta da una attività di studio e di approfondimento per individuare le caratteristiche peculiari di un istituto nuovo per l’ordinamento in modo tale da realizzare un modello integrato avente riguardo agli aspetti essenziali della ubicazione, delle caratteristiche edilizie e costruttive, del tipo di sorveglianza, delle prestazioni da erogare, del trattamento complessivo degli ospiti. Ciò per realizzare una utile programmazione degli interventi che tenesse effettivamente conto delle problematiche sopraevidenziate e delle reali capacità operative dell’amministrazione.

 

 

 

8.1.2. La programmazione e la realizzazione di centri di permanenza nel periodo 1999- 2001

 

Già prima dell’emanazione della legge n. 40 del 1998, sulla base del testo in discussione alle Camere, l’allora ufficio del commissario straordinario per l’immigrazione e, successivamente, la direzione generale per i servizi civili del Ministero dell’interno, avviarono la ricerca di aree o strutture idonee alla istituzione dei futuri centri di permanenza, a testimonianza della precisa volontà politica di procedere a dare immediata esecuzione ad una delle principali novità organizzative che di lì a poco sarebbero state introdotte nell’ordinamento.

La prima attività di ricerca e individuazione delle aree fu condotta sulla base di indicazioni di larga massima, con l’unico criterio direttivo di privilegiare le regioni meridionali, maggiormente interessate a fenomeni rilevanti di sbarchi di clandestini.

Già durante l’estate del 1998 furono attivati numerosi centri di trattenimento in Sicilia, Calabria e Puglia per fronteggiare situazioni di emergenza particolarmente intense con il conseguente determinarsi, al di là delle differenze sostanziali e finalistiche che intercorrevano tra centri di permanenza e centri di accoglienza, dell’utilizzo promiscuo delle strutture per ospitare ed identificare, al contempo, persone sbarcate in Italia per richiedere asilo politico e protezione umanitaria e soggetti non aventi diritto ai predetti benefici, da respingere nei paesi di provenienza.

Un atteggiamento di maggiore attenzione alla pianificazione degli interventi si riscontra, sul finire dell’anno, nella relazione prodotta da un gruppo di lavoro interdirezionale appositamente costituito in sede ministeriale il quale pone, peraltro, obiettivi estremamente generici, ambiziosi e difficilmente realizzabili come quello, tuttora in discussione, di istituire in tempi brevi almeno un centro per ogni regione.

I documenti programmatici adottati nei successivi anni 1999, 2000 e 2001 si caratterizzano per una analiticità via via maggiore delle previsioni, che da un riferimento generico alla prosecuzione dell’attività di pianificazione territoriale dei centri e alla loro successiva attivazione secondo criteri “strategici” non meglio specificati, giungono nell’anno 2001 alla precisa individuazione del numero e della ubicazione delle strutture di nuova realizzazione o pianificazione[82].

In disparte ogni considerazione circa il livello di attuazione delle previsioni programmatiche, relativamente al quale non può non sottolinearsi la difficoltà che si incontra nel formulare valutazioni in presenza di previsioni non sempre sufficientemente circostanziate, si dà comunque conto di un modo di procedere dettato, anche nell’anno 2000, esclusivamente dall’emergenza e dalla fretta di corrispondere, comunque, alle attese [83].

In conseguenza di quanto detto, anche a fronte della impossibilità di realizzare in tempi brevi strutture definitive stabili sulla base di una progettazione specifica e sofisticata e di criteri costruttivi appositamente individuati, sono stati in un primo tempo privilegiati l’utilizzo di beni demaniali già esistenti e disponibili, facilmente adattabili ai nuovi scopi attraverso minimi interventi strutturali o prefabbricati e containers nella disponibilità degli organi preposti ad esigenze di protezione civile.

La utilizzazione di strutture inidonee, caratterizzate da livelli di sicurezza attiva e passiva non elevati e assicurati da impianti realizzati, talvolta, in estrema economia risulta aver determinato per i soggetti ospitati un trattamento che, stante la misura e la fatiscenza degli spazi a disposizione nonché il livello minimo delle prestazioni assistenziali rese, è per taluni aspetti risultato deteriore rispetto a quello riservato ai detenuti nelle strutture carcerarie [84].

Solamente in data 30 agosto 2000, con la “Direttiva generale in materia di centri di permanenza e temporanea assistenza”, l’amministrazione avviava un processo di adeguamento e di progressiva uniformizzazione degli standards delle prestazioni fornite con l’inevitabile conseguenza, tuttavia, di un generalizzato incremento dei costi di gestione[85].

La concreta attività svolta nel 2001, supportata, come detto, da una programmazione più compiuta, risulta comunque fortemente condizionata dalla insufficienza delle risorse finanziarie, in parte utilizzate per fronteggiare nuove emergenze, da resistenze ambientali talmente forti da sconsigliare di proseguire nelle iniziative programmate e dalla inidoneità delle sedi e degli immobili individuati in sede di pianificazione, rivelatisi, ad esame più approfondito, assolutamente inadatti alle specifiche finalità[86].

Quanto sopra a conferma di una capacità programmatoria approssimativa, gravemente limitata da una sottovalutazione complessiva del fenomeno, da una non precisa consapevolezza delle risorse finanziarie disponibili e dal mancato coordinamento con gli organi periferici dell’amministrazione, gli unici realmente in grado di conoscere il contesto ambientale su cui la realizzazione dei centri incide[87].

 

 

 

8.1.3 La gestione dei centri di permanenza.

 

Connaturata alla stessa finalità dei centri di permanenza e ai presupposti del trattenimento è la netta distinzione tra l’attività di sorveglianza esterna delle strutture, demandata a personale appartenente ai corpi di polizia, e quella di gestione amministrativa, comprensiva di tutte le attività assistenziali e di sostegno da svolgere a diretto contatto con i soggetti trattenuti.

In proposito, l’art. 22 del D.P.R. 394 del 1999 dispone che ciascun prefetto provveda alla gestione dei centri di permanenza ubicati nella regione di competenza anche mediante la stipula di convenzioni con gli enti locali, o con soggetti pubblici e privati che, a loro volta, possono avvalersi della collaborazioni di altri enti, associazioni, cooperative di volontariato e solidarietà sociale.

Se nel periodo di riferimento non si rilevano casi di gestione diretta da parte delle prefetture, pur se astrattamente previsti dalla citata disposizione, si evidenzia, invece, che diversi prefetti si sono orientati verso un affidamento diretto a trattativa privata di tutte le attività di gestione dei centri alla Croce rossa italiana. Ciò, stando a quanto riferito dall’amministrazione, in considerazione della consolidata, ultrasecolare esperienza dell’organismo nelle attività assistenziali e del riconoscimento universale di struttura forte preposta a garantire in modo imparziale il rispetto dei diritti umani e della dignità della persona. L’immagine di estrema serietà ed autorevolezza della struttura, organizzata secondo schemi paramilitari, sembra rappresentare un ulteriore fattore positivo per operare nei confronti di soggetti in situazione di privazione della libertà, diffidenti e talvolta apertamente riottosi alla misura di restrizione imposta.

In un numero assai limitato di casi la gestione dei centri è stata affidata ad associazioni private proprietarie delle strutture messe a disposizione dell’amministrazione, o ad associazioni umanitarie operanti a livello locale, che già avevano una sperimentata collaborazione con le prefetture per la gestione delle emergenze umanitarie.

La scelta operata dai prefetti, in gran parte dettata dall’urgenza e pur sorretta da motivazioni teoricamente valide, adeguatamente esternate nelle premesse delle convenzioni, ha comportato tuttavia costi mediamente più elevati e, nella concreta esperienza gestionale, talune disfunzioni[88].

In primo luogo, al di là della indiscussa professionalità specifica degli operatori della Croce rossa italiana, il generalizzato affidamento alla stessa della gestione di quasi tutti i centri di permanenza ha determinato una situazione di monopolio di fatto, con la conseguente mancanza di stimoli per il miglioramento delle prestazioni e di confronto con lo specifico mercato dei servizi di tipo assistenziale. Mercato che nel frattempo, in relazione ad una sempre maggiore importanza degli interventi umanitari, vedeva la presenza di soggetti nuovi con ampie esperienze maturate anche nell’ambito della cooperazione internazionale, potenzialmente in grado di garantire standards elevati di prestazioni e costi concorrenziali.

Molto spesso, inoltre, specie nel primo periodo gestionale, per semplificare le procedure ed evitare la gestione di più contratti, talune prefetture hanno affidato alla Croce rossa italiana compiti e funzioni estranei ai settori di specifica competenza (servizio di mensa, pulizia, distribuzione di effetti personali, manutenzione) che l’ente ha a sua volta dato in subappalto ad altri fornitori. La struttura delle relative convenzioni, per taluni aspetti assimilabile alla concessione di opere pubbliche, ha riproposto le medesime disfunzioni e diseconomie più volte evidenziate nella pratica applicazione di quell’istituto.

Non sempre omogenee, poi, risultano le attività e i servizi demandati alla CRI nelle diverse convenzioni, e diversificate le modalità di calcolo del prezzo, che dipendono, in taluni casi, dal numero dei soggetti ospitati nel centro nel periodo di riferimento, con la possibilità di valutare solo a consuntivo i relativi costi unitari.

Deve, infine, rilevarsi che per lungo tempo neppure l’approvazione delle convenzioni stipulate dalle prefetture da parte del dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione ha condotto ad un coordinamento tra le diverse iniziative, attraverso l’omogeneizzazione dell’attività contrattuale.

 

 

 

 

 

 

8.1.4. Il monitoraggio sul funzionamento dei centri

 

Le dimensioni assunte dai centri, via via più numerosi per fronteggiare le continue emergenze, comportando una gestione assai rilevante per le risorse impiegate e le problematiche connesse al funzionamento delle strutture, avrebbero consigliato sin dal primo momento di procedere al loro continuo monitoraggio, anche a livello centrale. Ciò allo scopo di avere il controllo della spesa e, contemporaneamente, verificare il livello delle prestazioni erogate con la conseguente possibilità di un tempestivo intervento su eventuali disfunzioni e diseconomie.

La pressione dell’emergenza sembra, invece, avere distolto l’attenzione da tale necessità, anche nella sede programmatica.

Nonostante l’emanazione della già citata direttiva generale in materia di gestione dei centri del 30 agosto 2000, che ha inciso in modo significativo sulle concrete modalità gestionali fissando la regola tendenziale del ricorso alle procedure concorsuali dell’evidenza pubblica per l’individuazione dei gestori ed elencando i diversi servizi da rendere (senza peraltro alcuna dettagliata indicazione circa i livelli minimi contrattualmente vincolati di ciascuna attività e il numero e la professionalità del personale da utilizzare), ancora nel 2001 l’amministrazione riferisce di avere allo studio e, quindi, in fase solo progettuale, l’istituzione di una rete informatica tra gli enti gestori dei centri di trattenimento con le prefetture e con il dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, tale da consentire la conoscenza in tempo reale dell’effettiva situazione ricettiva e di erogazione dei servizi per ogni singola struttura.

Nell’assenza di un sistema di monitoraggio permanente l’amministrazione ha assunto iniziative solo episodiche di verifica strutturale e gestionale dei centri, che non consentono di dire che la realtà considerata sia stata, nel periodo di riferimento dell’indagine, oggetto di un efficiente monitoraggio.

In effetti, stando a quanto rilevato in sede istruttoria,[89] solo durante l’esercizio 2002 il monitoraggio risulta avviato con la immediata evidenziazione di probabili diseconomie e la conseguente emanazione in data 20 novembre 2002 di una circolare del Capo dipartimento a tutti i prefetti interessati che contiene, per la prima volta, linee guida vincolanti per la politica contrattuale e uno schema di convenzione quadro accompagnato da allegati tecnici di dettaglio delle singole prestazioni, da utilizzare, con gli opportuni adattamenti, nelle singole realtà locali.

In attuazione della predetta circolare a partire dall’esercizio 2003, in concomitanza con la naturale scadenza delle convenzioni in corso, sono state attivate procedure concorsuali conformi alle nuove linee guida.

La valutazione in termini di economicità, efficacia ed efficienza dei nuovi criteri di aggiudicazione e stipula dei contratti formerà oggetto di analisi nella relazione concernente l’esercizio finanziario in corso.

 

 

 

8.1.5. Le presenze

 

L’esatta conoscenza del numero dei soggetti effettivamente trattenuti, l’esito del trattenimento, i tempi medi di permanenza sono elementi indispensabili per un’avveduta gestione del fenomeno immigrazione.

Ai fini delle valutazioni contenute nella presente relazione saranno utilizzati e commentati i dati trasmessi dal dipartimento di pubblica sicurezza, che risultano i più completi e attendibili[90].

L’istruttoria ha, tuttavia, evidenziato un forte disallineamento tra i predetti dati e quelli trasmessi dal dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, che ha dovuto interpellare singolarmente le prefetture interessate non disponendo di una propria banca dati aggiornata in materia. La palese discrepanza riscontrata, per taluni aspetti inspiegabile, in alcuni casi è anche frutto di fraintendimenti delle richieste formulate.

Il rilevato fenomeno evidenzia, innanzitutto, una grave mancanza di coordinamento tra le articolazioni del medesimo Ministero e merita di essere segnalato per le opportune iniziative correttive, indispensabili vista l’assoluta importanza della disponibilità di informazioni attendibili ed univoche circa l’effettivo funzionamento dei centri per il dipartimento incaricato di sovrintendere alle funzioni di pianificazione, coordinamento, programmazione territoriale e dimensionamento, nonché alla impostazione di una coerente strategia contrattuale in materia.

La tabella di seguito riportata evidenzia, nei tre anni di riferimento, il numero dei soggetti trattenuti nei diversi centri, degli extracomunitari effettivamente rimpatriati e di quelli dimessi per scadenza dei termini o per altre cause.

 

Centri di permanenza temporanea

Riepilogo generale presenze

 

1999

2000

2001

Trattenuti

8.847

 

9.768

 

14.993

 

     Effettivamente rimpatriati

3.893

(44,0%)

3.134

(32,1%)

4.437

(29,6%)

     Dimessi per scadenza dei termini di legge

3.379

(38,2%)

4.721

(48,3%)

6.893

(46,0%)

     Dimessi per altre cause

1.172

(13,2%)

1.483

(15,2%)

3.500

(23,3%)

     Allontanatisi arbitrariamente

403

(4,6%)

430

(4,4%)

163

(1,1%)

Fonte Ministero dell’interno, dipartimento della pubblica sicurezza – servizio immigrazione e polizia di frontiera -

 

La percentuale degli allontanamenti effettivamente disposti nel periodo di riferimento è in netta e costante diminuzione e si attesta relativamente al 2001 a poco meno del 30% dei soggetti trattenuti.

Tale dato, estremamente significativo per valutare l’efficacia nel suo complesso dell’intera strategia in materia di immigrazione, non appare peraltro utilizzabile quale utile indicatore per un giudizio sulla gestione dei centri.

La possibilità di reale espulsione degli extracomunitari irregolari dipende, infatti, quasi esclusivamente dalla esistenza di accordi di riammissione con i Paesi di provenienza e dalla collaborazione effettivamente prestata dalle rappresentanze diplomatiche dei relativi governi.

A testimonianza di quanto sopra è sufficiente esaminare i dati disaggregati in cui gli ospiti presenti nei centri sono suddivisi per nazionalità per evidenziare come la percentuale di effettivi rimpatri è, nel periodo di riferimento, assai elevata solo nei confronti dei soggetti provenienti da Paesi con i quali vigono accordi specifici (ad esempio, 90% per gli albanesi, meno del 10% per gli algerini nei cui confronti non esiste alcun accordo).

La distribuzione dei centri sul territorio, le dimensioni delle strutture e le modalità di trattenimento sembrano incidere in misura assolutamente marginale sulle possibilità di espulsione, fermo restando, ovviamente, che la vicinanza alle rappresentanze consolari ed ai principali aeroporti internazionali può abbreviare i tempi di permanenza in quei casi in cui già esistono, peraltro, i presupposti politici per una collaborazione intergovernativa.

La stessa evoluzione dei dati nel triennio risulta maggiormente influenzata da circostanze del tutto contingenti, relative alla nazionalità dei soggetti di volta in volta intercettati, piuttosto che da una variazione dei livelli di efficienza della attività di contrasto.

L’elevato numero di soggetti dimessi per scadenza dei termini rischia, nei fatti, di trasformare la permanenza nei centri in una sanzione fine a se stessa, svincolata dalle finalità istituzionali di garantire effettività alla espulsione, e di trasformare la misura in uno strumento di pressione e di deterrenza per stimolare l’adempimento spontaneo dei provvedimenti e scoraggiare il ripetersi del fenomeno.

Evidenti sono, poi, le difficoltà di gestire i rapporti all’interno del centro nei confronti di soggetti che hanno la fondata aspettativa di sottrarsi all’allontanamento e vedono, quindi, il trattenimento come una pena temporanea inutile e mal sopportata.

Se appare, d’altro canto, difficile e non rispondente ad una strategia equa ed efficiente di contrasto all’immigrazione disinteressarsi completamente della situazione di soggetti in posizione di irregolarità in relazione ad ipotizzate difficoltà di rendere effettiva la misura dell’espulsione, dai dati trasmessi dal Ministero – dipartimento di pubblica sicurezza - emergono inequivocabilmente un tempo di permanenza media superiore ai 20 giorni previsti dalla normativa e frequenti e generalizzate richieste di proroga, anche nelle ipotesi in cui l’espulsione appare, comunque, difficile nonostante il prolungamento di 10 giorni del periodo di permanenza.

Deve, in ogni caso, osservarsi che mancano attualmente precise statistiche e informazioni relative all’effettivo stato di avanzamento della procedura allorché si verifica la necessità di dimettere i soggetti trattenuti per la scadenza del termine di legge, e che tali informazioni sono indispensabili per valutare le reali possibilità di concludere la procedure in un ragionevole, ulteriore periodo di tempo.

E’ comunque il caso di sottolineare, fin da ora, che quanto meno nell’ipotesi di soggetti appartenenti a Stati i cui governi non hanno rappresentanze consolari in Italia, ovvero nelle situazioni in cui per mancanza nei luoghi di origine di un sistema di anagrafe è impossibile la stessa identificazione, il prolungamento dei termini di permanenza rischia di trasformarsi e di essere percepito come una vera e propria sanzione di comportamenti irregolari - peraltro non costituenti reato - e non già come misura finalizzata a rendere effettiva l’espulsione disposta.

Da ultimo, in merito alla problematica in argomento va ulteriormente rammentato che gli accordi di riammissione hanno spesso quale necessaria contropartita la garanzia di una quota riservata nei flussi di ingresso, con la conseguenza che politiche di chiusura possono in concreto determinare ulteriore pregiudizio alla effettività dei provvedimenti espulsivi.

Sotto altro aspetto, il dato relativo alle presenze non può essere considerato nel periodo di riferimento significativo dell’efficienza dei centri neppure quanto al profilo del livello di utilizzo delle strutture.

Questo tipo di valutazione presupporrebbe, infatti, la preventiva conoscenza della capienza teorica di ciascuna struttura. In realtà, nei tre anni considerati i frequenti lavori di ristrutturazione e il limitato funzionamento di taluni centri hanno reso il dato estremamente incerto. E’, poi, appena il caso di evidenziare che la netta distinzione all’interno tra aree riservate ad alloggio degli uomini e delle donne determina una fisiologica sottoutilizzazione delle strutture in quanto è sufficiente la presenza di pochi ospiti appartenenti all’uno o all’altro sesso per rendere indisponibile l’intera zona riservata.

Non del tutto infondata può rivelarsi la sensazione che da quanto sinora detto si ricava relativamente al fatto che la disponibilità di capienza nei centri sia, realisticamente, la variabile di maggiore condizionamento dell’ordinaria attività di contrasto sul territorio.

 

 

 

8.1.6. La spesa sostenuta per il funzionamento dei centri

 

L’effettivo costo dei centri di permanenza è rappresentato dalla somma di diverse voci di spesa concernenti l’impiego di personale di pubblica sicurezza per la sorveglianza esterna, la realizzazione delle strutture (da ripartire per l’intero arco temporale di operatività), gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e le somme da corrispondere all’unico gestore o ai diversi soggetti incaricati di fornire beni e servizi agli extracomunitari trattenuti.

Se si vuole estendere la rilevazione ai costi complessivi dell’intero procedimento di espulsione bisogna anche aggiungere la spesa sostenuta per l’impiego di uomini e mezzi necessari per il trasporto degli immigrati dal luogo di intercettamento al centro e il costo del viaggio di rientro, che in taluni casi deve avvenire con la previsione di una scorta fino al paese di origine e ricomprendere, quindi, il ritorno del personale e l’eventuale permanenza nel paese di destinazione in caso in cui detto ritorno si riveli difficoltoso.

Come evidenziato nel capitolo primo, non tutte le predette voci di spesa trovano adeguata evidenziazione nel bilancio e nei documenti contabili all’interno di una specifica funzione obiettivo.

In particolare, l’impiego del personale di pubblica sicurezza e dei mezzi sul territorio nazionale per il trasporto degli extracomunitari che comporta, sicuramente, spese rilevanti è ricompreso nella generale funzione di tutela dell’ordine pubblico

Nello specifico, per quanto attiene ai costi della funzione di sorveglianza, considerata la difficoltà di ottenere un dato medio sulle presenze degli addetti nei diversi centri, al fine di avere comunque un’idea del probabile impegno di personale si ritiene utile richiamare il dato più aggiornato riferito al mese di febbraio 2003, che evidenzia la presenza di 956 operatori appartenenti alla Polizia di stato, ai Carabinieri ed alla Guardia finanza con una alternanza all’interno di turni di lavoro di sei ore continuative[91].

Proprio l’appartenenza a diverse Forze dell’ordine e la mancata conoscenza del grado e della qualifica di ciascun addetto rende estremamente complesso il calcolo della spesa effettivamente sostenuta per la sorveglianza nel predetto periodo.

I costi relativi alla organizzazione dei viaggi di rimpatrio sono anch’essi assai difficili da quantificare e, tutto sommato, poco significativi ai fini di un discorso complessivo sulla gestione, in quanto dipendenti da circostanze contingenti legate alla diversa nazionalità dei soggetti di volta in volta trattenuti. L’amministrazione, al fine di contenere le spese, utilizza frequentemente voli charter e cerca di selezionare, compatibilmente con l’urgenza di provvedere, vettori in grado di praticare condizioni vantaggiose sulle varie tratte.

Il numero di operatori impiegati quali scorta necessaria ad extracomunitari da rimpatriare, negli anni 2000 e 2001 è stato rispettivamente di 1154 e 2383[92]. Anche in tal caso si omette, per ragioni analoghe a quelle dianzi esposte, di tentare un calcolo dei costi relativi, non essendo tra l’altro noto il periodo di durata di ciascun viaggio.

Estremamente difficile, per altro ordine di ragioni, si è rilevata la ricostruzione della spesa effettivamente sostenuta per le attività di competenza del dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, cioè quella relativa alla realizzazione, alla manutenzione ordinaria e straordinaria dei centri ed ai compensi effettivamente erogati ai gestori.

La spesa in materia viene quasi interamente gestita dalle prefetture mediante il meccanismo delle cosiddette contabilità speciali, che impone a ciascun prefetto di rendicontare, entro la fine di marzo dell’anno successivo a quello dell’accreditamento, l’utilizzo delle somme ricevute e versare contestualmente in un apposito capitolo di entrata gestito dal Ministero dell’interno (denominato CEDMI- conto entrate diverse Ministero dell’interno) le eventuali eccedenze non utilizzate. In realtà, per ragioni in parte connaturate con il predetto sistema contabile e in parte legittimate da una costante consuetudine gestionale non adeguatamente contrastata,   si verifica in concreto un utilizzo promiscuo dei diversi accreditamenti, in relazione a priorità determinate da situazioni particolari che il prefetto è chiamato a fronteggiare e che richiedono una pronta disponibilità di cassa.

Deriva da quanto sopra che, nel caso di ritardi nella assegnazione di nuove risorse, se taluni rendiconti vengono presentati allo scoperto in quanto evidenziano spese superiori agli accreditamenti, altri non evidenziano alcuna utilizzazione essendo le relative disponibilità usate per altre finalità.

Nei predetti casi non sempre è possibile il versamento in tesoreria delle eccedenze di disponibilità, con la conseguenza che la stessa presentazione del rendiconto è rimandata ad un momento successivo in cui nuove assegnazioni consentono di ripianare i conti e di effettuare il prescritto versamento sul capitolo di entrata.

Ulteriori difficoltà a ricostruire l’esatto quadro della spesa derivano dalla mancanza di controlli e verifiche da parte della amministrazione non solo sul merito dei rendiconti presentati, ma, in taluni casi, sulla stessa osservanza dell’obbligo di rendicontare[93].

La ricostruzione analitica della spesa è resa ancor più difficile dal fatto che sul capitolo su cui insistono le spese per i centri gravano, al contempo, le spese per la manutenzione ordinaria e straordinaria e quelle per il funzionamento. In taluni casi, inoltre, una medesima prefettura si trova a gestire più centri e le risultanze contabili non evidenziano in modo chiaro le somme imputabili all’una o all’altra struttura.

Indubbiamente più attendibili i dati relativi agli impegni di spesa assunti dall’amministrazione centrale al momento della approvazione dei contratti stipulati dalle prefetture. Ai predetti impegni segue generalmente l’accredito di una percentuale pari al 95% del valore della commessa, in quanto il restante 5% dell’importo viene trattenuto a titolo di garanzia e svincolato al momento della verifica della corretta esecuzione delle prestazioni.

Considerato, peraltro, che il valore della convenzione rappresenta un dato teorico puramente stimato, non essendo fin dall’origine esattamente definibili il numero e la durata della permanenza dei soggetti trattenuti, la mancata conoscenza della spesa effettivamente sostenuta impedisce ogni significativa valutazione circa l’efficienza e l’economicità della gestione, nonché la possibilità di utili raffronti tra gestioni diverse.

In esito alla attività istruttoria svolta, rivelatasi assai difficoltosa per tutte le ragioni testè esposte, l’amministrazione ha riconosciuto la fondamentale importanza della conoscenza dei costi effettivi di ciascuna struttura al fine di poter pianificare e progettare gli interventi e valutare l’entità delle risorse necessarie. In tale ottica sono stati recentemente avviati significativi contatti con le prefetture interessate, che dovrebbero garantire per gli esercizi successivi al 2001 la tempestiva disponibilità di dati più attendibili e verificati.

Premesso, in ogni caso, che con riferimento al 1999 l’amministrazione non è stata comunque in grado di trasmettere dati ulteriori e più analitici rispetto a quelli a suo tempo comunicati ai fini della predisposizione del referto generale sul rendiconto dello Stato per il predetto esercizio, si riportano di seguito i prospetti elaborati dal dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione concernenti gli impegni assunti e la spesa sostenuta per la gestione e la manutenzione dei diversi centri di permanenza attivi nel periodo di riferimento dell’indagine[94].

Più volte rielaborati sulla base di successive richieste di chiarimenti e precisazioni, i prospetti mostrano ancora incongruenze evidenti e disallineamenti tra le diverse voci.

In particolare, assai incongruo appare il dato relativo alle somme versate al CEDMI, che non coincide con la differenza fra l’importo accreditato (95% del valore della convenzione) e la spesa effettivamente sostenuta.

In ogni caso, dai prospetti riportati si evince che non di rado la spesa effettiva risulta molto inferiore al valore della convenzione e agli importi accreditati. Ciò, seppure in parte deriva dalla difficoltà a valutare preventivamente l’effettivo utilizzo delle strutture, sicuramente determina scarsa trasparenza gestionale.

Si rileva, altresì, per taluni centri, un elevato importo di spese in economia delle quali il dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione non è stato in grado di fornire un’adeguata disaggregazione.

D’altro canto, lo stesso dato relativo alle spese di manutenzione straordinaria è spesso comprensivo di interventi diversi, non sempre riconducibili alla predetta categoria.

 

 

 

 

 

 

Gestione 1999

Centri

(ubicazione e denominazione)

 

 Impegni da convenzione per gestione centro

 Oneri per lavori ed allestimento

Agrigento – Lampedusa

                       277.000.000

              1.688.000.000

Brindisi – Restino

                       212.000.000

              3.512.000.000

Caltanissetta - Pian del lago

                       243.000.000

                 840.000.000

Catania – Fontanarossa

                       521.000.000

                   58.000.000

Catanzaro - Malgrado tutto

                       644.000.000

-

Lecce - 3 centri

                    3.011.000.000

                 280.000.000

Milano - via Corelli

                    6.792.000.000

            10.875.000.000

Bari – Palese

                         26.000.000

-

Ragusa - via Castagno

                       601.000.000

                    31.000.000

Roma - Ponte Galeria

                    6.482.000.000

              2.619.000.000

Termini Imerese – ASI

                    2.121.000.000

                 257.000.000

Torino – Brunelleschi

                    3.354.000.000

              1.833.000.000

Trapani - Serraino Vulpitta

                       980.000.000

-

TOTALI

                  25.264.000.000

            21.993.000.000

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gestione 2000

Centri

(ubicazione e denominazione)

Impegni da convenzione per gestione centro

Somme spese dalle Prefetture per gestione centro

Somme versate al CEEDMI

Spese in economia

Manutenzione straordinaria

Agrigento - ASI

      230.450.000

              430.660.750

      73.205.110

-

      503.865.860

Agrigento - Lampedusa

      223.774.902

              223.774.902

-

     215.359.238

      478.546.000

Bologna

 

 

 

 

12.000.000.000

Brindisi - Restinco

      832.500.000

              699.400.000

    133.100.000

     519.500.000

   4.109.000.000

Caltanissetta - Pian del lago

    584.503.200

              349.132.855

      10.867.145

     727.496.800

      950.000.000

Crotone - S.Anna

      572.720.724

              544.740.000

        8.358.500

     142.141.100

      155.973.400

Catanzaro - Malgrado tutto

   1.299.625.493

           1.139.190.110

      64.261.800

-

-

Otranto - Don Tonino Bello

   1.175.400.000

              407.691.000

      62.693.550

-

-

Lecce - La Badessa

   3.432.825.000

           3.432.800.000

-

-

-

S.Foca - Regina Pacis

   3.432.800.000

           3.432.800.000

-

-

-

Milano - via Corelli

   2.222.000.000

           1.221.439.686

 1.239.632.300

     139.000.000

   1.348.000.000

Bari - Palese

-

                33.019.000

    250.731.370

-

-

Ragusa - via Castagno

      835.000.000

              425.780.000

      27.319.000

-

        50.000.000

Roma - Ponte Galeria

   5.738.617.500

           4.600.295.450

 1.138.322.050

     344.382.500

   1.546.000.000

Termini Imerese - ASI

   1.594.320.000

              126.780.000

      11.927.000

-

      211.000.000

Torino - Brunelleschi

   3.725.000.000

           3.500.356.056

      93.161.750

-

      698.000.000

Trapani - Serraino Vulpitta

   1.365.226.000

              548.635.315

    171.301.470

     260.774.000

   1.059.000.000

TOTALI

 27.538.178.679

         21.116.495.124

 3.284.881.045

  2.348.653.638

 22.835.973.400

Gestione 2001

Centri

(ubicazione e denominazione)

Impegni da convenzione per gestione centro

Somme spese dalle Prefetture per gestione centro

Somme versate al CEEDMI

Spese in economia

Manutenzione straordinaria

Agrigento - ASI

      1.811.860.000

         1.351.775.906

-

       255.500.000

         25.000.000

Agrigento - Lampedusa

         690.000.000

            689.909.200

            90.800

       847.213.645

         31.000.000

Brindisi - Restinco

      2.851.332.000

         2.159.621.125

       2.710.875

       100.000.000

-

Caltanissetta - Pian del lago

      2.419.766.710

         2.090.340.395

   325.406.315

       929.950.000

    2.235.797.980

Catanzaro - Malgrado tutto

      1.486.528.160

         1.451.567.200

     34.950.960

-

-

Crotone - S.Anna

      2.984.229.440

         1.624.104.487

     42.429.913

    2.063.770.560

       467.000.000

Foggia - Ortonova

      1.050.000.000

            943.038.529

              5.673

       132.000.000

       103.000.000

Lecce - La Badessa

      3.745.500.000

         2.524.631.000

 1.220.869.000

       619.452.000

-

Milano - via Corelli

      8.138.212.500

         7.996.644.060

 1.415.658.440

       341.275.140

    2.403.429.090

Otranto - Don Tonino Bello

      1.237.350.000

            309.549.027

    309.450.973

-

-

Bari - Palese

      1.441.445.570

            846.751.350

      45.521.950

       405.554.430

       150.000.000

Ragusa - via Castagno

      1.000.000.000

            216.800.000

    283.200.000

         59.291.700

         65.790.330

Roma - Ponte Galeria

      5.149.500.000

         2.500.000.000

-

    2.286.502.910

  13.498.917.120

S.Foca - Regina Pacis

      6.063.244.500

         5.794.948.050

   317.367.450

       619.452.000

       184.680.000

Torino - Brunelleschi

      3.865.425.920

         3.346.403.180

      43.406.700

       100.000.000

-

Trapani - Serraino Vulpitta

      1.153.792.375

            796.452.826

      22.897.174

       679.950.255

-

TOTALI

    45.088.187.175

       34.642.536.335

4.063.966.223

    9.439.912.640

  19.164.614.520

Fonte ministero dell’interno – dipartimento delle libertà civili e dell’Immigrazione

 

8.2. Il contrasto del traffico di esseri umani

8.2.1. Il quadro normativo

 

Il traffico di esseri umani, soprattutto donne e minori, per fini di sfruttamento ha assunto negli ultimi anni dimensioni tali da destare gravi preoccupazioni nei governi dei paesi occidentali di confluenza[95].

Numerose le iniziative assunte a livello europeo nella seconda metà degli anni 90 e indirizzate agli Stati interessati dal fenomeno per una opportuna revisione delle rispettive legislazioni – tale da assicurare l’adozione di ogni misura utile alla prevenzione e al contrasto del fenomeno nonché alla protezione e al sostegno delle vittime anche nel senso di un rimpatrio garantito e protetto[96].

Il governo italiano, in attuazione delle direttive europee, al duplice fine di favorire l’emersione del fenomeno criminale e contrastarne i devastanti effetti, nell’ambito del d.lgs.vo 25 luglio 1998, n. 286 ha disciplinato le misure a ciò preordinate prevedendo la possibilità del rilascio di uno speciale permesso di soggiorno “per motivi di protezione sociale” allo straniero vittima di sfruttamento, ove partecipi a programmi di assistenza e integrazione sociale finalizzati al suo recupero (art. 18 d.lgs.vo citato)[97].

 

L’attività di indirizzo, controllo e programmazione delle risorse destinate al finanziamento dei programmi è demandata alla Commissione interministeriale istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento delle pari opportunità ai sensi del ripetuto art. 18 la quale può avvalersi, allo scopo, di consulenti ed esperti[98].

Criteri e modalità di selezione dei programmi sono individuati dal decreto ministeriale 23 novembre 1999, adottato di concerto dal Ministro delle pari opportunità con i Ministri per la solidarietà sociale, dell’interno e della giustizia.

Le risorse finanziarie disponibili per l’attuazione del disposto dell’art. 18 del d.leg.vo 289/98 sono dallo stesso decreto quantificate in 5 miliardi per l’anno 1997 e 10 miliardi a decorrere dall’anno 1998[99].

 

 

 

8.2.2. Le iniziative avviate

 

Si distinguono in due tipologie, azioni di sistema e programmi di protezione sociale.

Le azioni di sistema sono progetti di rilevanza nazionale, presentabili esclusivamente da soggetti pubblici e interamente finanziati dallo Stato, in linea di massima finalizzati a supportare i progetti di assistenza e integrazione sociale. Questi, per converso, possono essere presentati dalle regioni, dagli enti locali e dai soggetti privati convenzionati iscritti nell’apposita sezione del registro di cui all’art. 52 co. 1, lett. e) del DPR 31 agosto 1999, n. 394. Sono finanziati dallo Stato nella misura del settanta per cento a valere sulle risorse assegnate al Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e dall’ente locale nella misura del trenta per cento a valere sulle risorse relative all’assistenza.

 

 

 

8.2.2.1. I progetti di assistenza e integrazione sociale

 

Tre le iniziative assunte dal Dipartimento nell’arco temporale di riferimento avviate, rispettivamente, con avvisi per la presentazione dei progetti del 10 novembre 1999, 6 novembre 2000 e 10 ottobre 2001.

I progetti di cui ai due primi avvisi, riferibili al tempo riguardato dall’indagine, sono stati presentati in esito a bandi che hanno avuto pubblicità diversa e più ampia con il maggior affinamento del sistema, sempre, comunque, adeguata ad assicurare la opportuna diffusione dell’informazione. Quanto all’oggetto essi si mostrano assai variegati (interessando, tra l’altro, lavoro di strada, case di fuga, percorsi di formazione e inserimento lavorativo) e risultano finanziati per la parte a carico del Dipartimento per le pari opportunità, quanto al primo avviso per £. 16.466.271.000 e quanto al secondo per £. 8.848.553.000.

Alcune osservazioni si impongono con riguardo alle modalità di finanziamento, attuazione e controllo dei progetti stessi.

Quanto alla percentuale di soddisfazione delle richieste, si rileva che i progetti varati in esito al primo avviso sono stati finanziati per importi non molto diversi da quelli richiesti, mentre sensibilmente inferiori alle richieste risultano i finanziamenti concessi ai progetti del secondo avviso. E ciò poiché l’istruttoria condotta per la valutazione ha spesso evidenziato una netta sovrastima dei fabbisogni prospettati[100].

Per quel che concerne, poi, i tempi occorsi per la concessione dei finanziamenti e l’attuazione degli interventi deve darsi atto della loro sufficiente brevità e conclusione nei termini prefissati.

Infine, valutazioni comparative dei risultati conseguiti possono, entro certi limiti, essere formulate tenuto conto degli esiti delle iniziative di monitoraggio con riferimento ai progetti relativi al primo e al secondo avviso.

I risultati di tali operazioni di verifica, che hanno consentito di accertare che l’utenza presa in carico ai progetti ha comunque superato quella ipotizzata in via previsionale, hanno, altresì, evidenziato che solo in un limitato numero di casi essa ha richiesto l’attivazione delle procedure per fruire dei benefici previsti dal ripetuto articolo 18. I permessi di soggiorno rilasciati in esito ai primi avvisi sono, rispettivamente, 833 e 1.062 e si mostrano in sicura, seppur leggera, crescita in termini assoluti e percentuali rispetto alle richieste avanzate.

Alcune considerazioni si impongono, infine, in merito alla tempistica e agli schemi di valutazione seguiti dai procedimenti di monitoraggio sinora attuati.

In primo luogo, non apprezzabile appare la scelta di effettuare le verifiche in via non concomitante all’attuazione dei progetti. Una maggiore contestualità della funzione monitoria potrebbe, infatti, fornire utili indicazioni per i progetti di successivo avvio che, invece, per quanto sin qui verificato, non hanno beneficiato appieno dell’esperienza già maturata.

In secondo luogo, deve evidenziarsi la non completa omogeneità, quanto a situazioni rilevate e analisi effettuate, tra i documenti di referto finale sinora prodotti, tale da non rendere del tutto agevole il confronto tra le iniziative esaminate.

 

 

 

8.2.2.2. Le azioni di sistema

 

Cinque le azioni di sistema finanziate negli anni 1999-2001.

Per l’entità dei finanziamenti concessi e l’oggetto dell’azione avviata si da atto che:

a)             l’azione di sistema del Ministero dell’interno, che mira a consentire il rimpatrio assistito delle vittime del traffico che non intendono rimanere in Italia, ha durata 12 mesi e viene attuata dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni - OIM[101] sotto la direzione e il coordinamento del Ministero.

Il progetto, per il quale è prevista la spesa di £. 550.000.000, è stato attivato a luglio 2001 con l’obiettivo di rimpatriare ottanta donne trafficate.

La prima relazione trimestrale sullo stato di attuazione del progetto, relativa al periodo ottobre-dicembre 2001, riferisce di 25 donne rimpatriate e dell’avvenuto rimborso all’OIM di 76.5 milioni di lire, quale prima tranche per un numero di 17 rimpatri realizzati. Per completezza di informazione si da atto dell’avvenuta conclusione del progetto, in data 30 settembre 2002 con il completamento degli ottanta casi di rimpatrio preventivati.

Per quanto consta dai referti trimestrali dell’OIM, regolarmente resi al Ministero dell’interno, le vittime rimpatriate, seguite in loco dagli operatori delle strutture di servizio dell’OIM – c.d. Focal Points”- si sono sottratte in via permanente allo stato di sfruttamento.

b)             l’azione di sistema del Ministero della giustizia, che mira ad individuare possibili percorsi sia normativi che tecnico-amministrativo ed operativi atti a migliorare la risposta giudiziaria nei confronti del fenomeno, nonché gli interventi finalizzati alla protezione sociale delle vittime, alla prevenzione del fenomeno e allo sviluppo della cooperazione internazionale, di polizia e giudiziaria, di contrasto alle organizzazioni criminali viene attuata con la collaborazione della struttura di ricerca TRASCRIME dell’Università di Trento. Il progetto, che ha avuto avvio nell’autunno del 2001, prevede la spesa di £. 459.000.000. Alla fine dello stesso anno, secondo quanto riferito dal rapporto reso a norma del protocollo d’intesa tra Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento pari opportunità e Ministero giustizia dallo stesso Ministero, risulta ultimata la sola fase di interrogazione delle Procure della Repubblica, che ha consentito di acquisire un centinaio di risposte, oggetto di successiva elaborazione e approfondimento.

Il ritardo nella realizzazione del progetto, da ricondurre in una prima fase all’impossibilità per il Ministero di ricevere il finanziamento del dipartimento per l’inesistenza dell’apposito capitolo di bilancio sembra doversi imputare, anche, ai tempi assai lunghi occorsi per le interviste negli Uffici giudiziari. Alla data del 4 ottobre 2002, sull’importo complessivo finanziato per il progetto, sono stati fatti pagamenti per €. 94.171.95 (£. 182.342.321).

c)              Il progetto di Numero verde anti-tratta e’ finalizzato ad agevolare le vittime nello stabilire un contatto con chi può validamente aiutarle. Ciò anche attraverso la diffusione di informazioni sul fenomeno con l’obiettivo di pervenire ad una sempre maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica per ottenere ogni utile collaborazione nella lotta al “traffico”.

Il sistema è costituito da una postazione nazionale, affidata in gestione alla società TELECOM dal luglio 2000 al dicembre 2001 e articolata in 14 postazioni locali dislocate in diverse macroaree, a carattere regionale e interregionale, individuate in relazione alla allocazione sul territorio dei progetti di protezione sociale cui le donne trafficate vanno preferibilmente indirizzate[102].

Il costo complessivo del progetto, sino al 31.12.2001, è stato pari a £. 5.366.948.000 [103].

 

In linea generale va detto che, al pari di quanto verificatosi per i programmi di assistenza e integrazione, l’attuazione delle azioni di sistema ha anch’essa costituito oggetto di monitoraggio da parte dell’amministrazione, non sempre altrettanto sistematico.

E’ fuor di dubbio che, visti l’entità dei finanziamenti concessi e l’oggetto dell’intervento, tale circostanza assume maggior significato per il progetto di Numero verde anti-tratta, i cui risultati sono comunque apparsi all’amministrazione tali da consigliarne la prosecuzione. Estremamente arduo sembra, in ogni caso, prospettare valutazioni delle iniziative di cui si è sin qui detto avendo riguardo al rapporto costi sostenuti-risultati raggiunti vista l’estrema “delicatezza” del fenomeno che, attraverso di esse, si cerca di contrastare.

L’impossibilità di apprezzare economicamente il “valore” del risultato ha pertanto sconsigliato di operare l’analisi nei termini anzidetti, essendo apparsa praticabile solo un’operazione di raffronto tra le diverse iniziative intraprese, ove strettamente omogenee.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

9. LA REGOLAMENTAZIONE DEI FLUSSI: ANAGRAFE INFORMATIZZATA E CORSI DI FORMAZIONE E ORIENTAMENTO PER EXTRACOMUNITARI.

9.1. Quadro normativo

 

La realizzazione di una puntuale politica di ingressi limitati, programmati e regolati degli stranieri extracomunitari costituisce, com’è noto, uno degli obiettivi della legge 6 marzo 1998, n. 40, per il cui raggiungimento è previsto un complesso sistema che si articola nella conoscenza della capacità di assorbimento del mercato del lavoro e nella conseguente fissazione annuale delle quote di lavoratori extracomunitari che sono ammessi ad entrare in Italia[104], nonché nella verifica continua del rispetto di tali quote.

Inoltre, per un più efficace contrasto all’immigrazione clandestina l’art. 19 della legge citata, trasfuso nell’art. 21 del testo unico approvato con il decreto legislativo n. 286/98, dispone che i decreti con cui sono fissate tali quote prevedano l’assegnazione di una parte riservata agli Stati non appartenenti all’Unione Europea con i quali il Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell’interno e il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, abbia concluso accordi finalizzati alla regolamentazione dei flussi e delle procedure di riammissione. I medesimi possono altresì, stabilire che i lavoratori che intendono fare ingresso in Italia per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, si iscrivano in apposite liste, predisposte nel Paese d’origine e trasferite nel nostro Stato a cura delle autorità diplomatiche e consolari italiane.

La legge rinvia, poi, al regolamento di attuazione la previsione di “forme di istituzione di un’anagrafe annuale informatizzata delle offerte e di lavoro subordinato dei lavoratori stranieri”, da collegare all’archivio organizzato dell’INPS e delle questure.

Sul punto il D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, con il quale, - com’è noto - è stato approvato il regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione, dopo aver previsto che il Ministero del lavoro e della previdenza sociale adotti le misure occorrenti per i collegamenti informativi dei propri uffici centrali e periferici ed i trattamenti automatizzati delle notizie relative ai lavoratori stranieri, dispone che i dati contenuti nelle liste di coloro che chiedono di lavorare in Italia devono essere trasmessi “per il tramite del Ministero degli affari esteri, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale per essere inseriti nell’Anagrafe annuale informatizzata di cui all’articolo 21, comma 7”.

Al fine di garantire l’omogeneità dei dati contenuti nelle liste, l’art. 32 dello stesso regolamento prescrive che ciascuna lista sia formata da un elenco di nominativi e dalle schede di iscrizione che gli interessati sono tenuti a compilare e sottoscrivere, su modello definito[105] con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro degli affari esteri ed il Ministro dell’interno.

In data 4 settembre 2000 le autorità indicate hanno approvato con decreto interministeriale il modello di cui trattasi, nel quale sono contenuti tutti gli elementi richiesti dal menzionato art. 32.

Il D.P.R. n. 394/99 precisa, inoltre, che le notizie contenute nelle liste devono essere inserite nel Sistema informativo lavoro (SIL) esistente preso lo stesso Dicastero, per essere poste a disposizione dei datori di lavoro e delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro che ne fanno motivata richiesta, tramite le Direzioni provinciali del lavoro.

 

 

 

 

 

 

 

9.2. L’attuazione della normativa

In estrema sintesi, può affermarsi che la programmazione dei flussi di ingresso, il contrasto all’immigrazione clandestina e la promozione di un positivo inserimento sociale e lavorativo di coloro che intendono migrare in Italia costituiscono tre momenti inscindibili della politica migratoria. In attuazione dei primi due profili il Governo Italiano ha firmato accordi di cooperazione con i Paesi a più forte pressione migratoria (ad es. Tunisia e Albania), prevedendo la collaborazione di tali Paesi nella lotta all’immigrazione clandestina in cambio della concessione di quote di ingresso ad essi riservate.

Premesso che tali accordi sono espressione di scelte meramente politiche di cui in questa sede non può che prendersi atto, si evidenzia che, al contrario, la realizzazione delle iniziative dirette a favorire il positivo inserimento dei migranti, oltre che dei sistemi informatici capaci di favorire l’incontro della domanda e dell’offerta di lavoro, in adesione a quanto previsto dall’art. 21 del testo unico, costituiscono espressione dell’attività amministrativa sui quali può, e deve, essere focalizzata l’attenzione del controllo.

In particolare, il Ministero del lavoro ha avviato alcune iniziative pilota (una nel 1999, una nel 2000 e due nel 2001) finalizzate all’inserimento dei lavoratori migranti provenienti dall’Albania e dalla regione balcanica, affidandone la realizzazione all’Organizzazione internazionale per l’immigrazione (OIM), la quale, com’è noto, ha mandato esclusivo di referente internazionale per la gestione dei flussi migratori ordinati e per l’assistenza tecnica ai Governi nel campo delle migrazioni.

Nell’ambito di uno di questi Progetti, (e cioè del “Progetto quadro di orientamento, formazione professionale e consulenza a favore di migranti e profughi della regione balcanica”) è stata affidata all’OIM anche la realizzazione di un sistema informatico (l’Anagrafe informatizzata dei lavoratori extracomunitari - AILE), in grado di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, peraltro limitatamente ai lavoratori albanesi selezionati. L’istruttoria ha, peraltro, evidenziato che tale Sistema non costituisce l’unica sperimentazione avviata dal Ministero del lavoro per implementare l’anagrafe informatizzata, né che le spese ad esso connesse siano le uniche all’uopo sostenute dal Ministero del lavoro.

Motivi di ordine sistematico impongono, pertanto, di scindere dall’esame relativo ai progetti affidati all’organizzazione internazionale la realizzazione dell’AILE, la quale verrà analizzata nella paragrafo dedicato all’Anagrafe annuale informatizzata.

 

9.2.1. Il Progetto OIM “Avviamento flussi migratori dall’Albania”

 

Il progetto “Avviamento ai flussi migratori” è stato presentato dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale al Tavolo di lavoro Puglia ed approvato dal Governo con il d.p.c.m. 6 agosto 1999. In quella sede è stato disposto che la conseguente spesa - pari a £.1.120.500.000 (€. 579.853,33) - dovesse gravare sul capitolo 3150, U.P.B. 2.1.2.3. del Ministero degli affari esteri, dell’esercizio finanziario in corso.

In esecuzione di tale decisioni il 20 dicembre 1999 il Governo italiano (rappresentato dal Sottosegretario di Stato del Ministro del lavoro, all’uopo delegato) e l’OIM hanno firmato una convenzione avente ad oggetto “l’attivazione a titolo sperimentale di un meccanismo operativo per la selezione in Albania, in base a verifica di attitudini e professionalità, e la registrazione di  5.000 lavoratori albanesi potenzialmente collocabili in Italia nell’ambito del lavoro subordinato a tempo indeterminato, determinato, anche a carattere stagionale, o per acquisire qualificazione professionale”. L’OIM si è, inoltre, impegnata a mettere a disposizione, previo espletamento delle procedure richieste per il rilascio del visto d’ingresso in Italia, le proprie strutture in Albania e in Italia per organizzare ed assistere il trasferimento nel nostro Stato degli interessati che ne facciano richiesta.

Le procedure di selezione sono state effettuate mediante test professionali e di lingua italiana, tendenti ad accertare la sussistenza dei requisiti necessari per esercitare le mansioni corrispondenti a quelle maggiormente richieste dal mondo del lavoro del nostro Paese, secondo quanto emerso in uno studio di Unioncamere[106]. E’ stato perciò costituito un team di 30 selezionatori specializzati nei settori professionali individuati, i quali dal 26 giugno 2000 hanno iniziato le attività di selezione dei lavoratori albanesi interessati a lavorare in Italia.

Le domande ricevute sono state più di 28.000; i candidati ritenuti in possesso dei requisiti necessari sono stati 24.253; di questi si sono presentati all’intervista 12.229, dei quali 5.417 con esiti positivo e 6.812 con esito negativo.

Per la registrazione dei dati relativi alla selezione dei lavoratori migranti l’OIM ha elaborato un programma informatico elaborato sulla base del “Modello Unico” previsto dall’art. 32 del DPR n. 394 del 1999 ed integrato da altre informazioni ritenute utili per l’inserimento lavorativo in Italia. L’archivio così costituito è stato messo a disposizione del Ministero del lavoro.

Contestualmente l’Organizzazione ha avviato una campagna informativa e di sensibilizzazione presso i principali interlocutori del mercato del lavoro, contattando direttamente i rappresentanti istituzionali regionali e provinciali delle Regioni italiane ad alta richiesta di manodopera straniera (Veneto, Puglia, Lombardia, Emilia Romagna e Marche). Sono stati, inoltre, predisposti e distribuiti materiali informativi relativi al Progetto.

L’esecuzione della convenzione ha comportato spese per £. 1.122.752.601 (€.579.853,33). La parte in eccedenza, rispetto all’importo pattuito (pari a £. 2.252.601) è indicata nel rendiconto reso dall’Organizzazione in data 24 maggio 2002 come “disavanzo a carico dell’OIM”.

Al finire dell’anno 2001, per la precisione il 25 ottobre, la Direzione Generale Impiego e l’OIM hanno stipulato una seconda convenzione con la quale l’Organizzazione è stata incaricata di proseguire le attività relative al meccanismo operativo avviato, verificando le attitudini e la professionalità di 400 lavoratori albanesi potenzialmente collocabili in Italia quali lavoratori subordinati. Il relativo costo, pattuito nella misura di 80 milioni, è previsto che gravi sul capitolo 2549 dello stato di previsione della spesa del Ministero del lavoro.  Al 31 dicembre 2002 nessun pagamento risulta effettuato in quanto nel momento in cui l’OIM ha presentato la relazione finale (presupposto per il pagamento di quanto dovuto) sul capitolo non c’era disponibilità di cassa.

 

 

 

9.2.2 Progetto quadro di orientamento, formazione professionale e consulenza a favore di migranti e profughi dalla regione balcanica

 

Il progetto - finanziato con d.d. n. 642/IV/99 del 31 dicembre 1999 nell’ambito dell’Iniziativa Comunitaria “occupazione e valorizzazione delle risorse umane” sottoprogramma Integra - è stato presentato dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) al Ministero del lavoro Ufficio Orientamento e Formazione Professionale (O.F.P.L.) in data 4 aprile 2000.  Il relativo disciplinare è stato dall’O.F.P.L. firmato il 20 aprile 2002 e dall’OIM il successivo giorno 27, prevedendosi che le attività oggetto del finanziamento sono quelle descritte nel progetto citato e che la loro esecuzione  doveva avere inizio entro 60 giorni dalla sottoscrizione del disciplinare medesimo da parte dell’Organizzazione (e cioè entro il 26 giugno 2000) e concludersi entro 18 mesi dalla predetta data di avvio e comunque non oltre il 31 dicembre 2001.

L’iniziativa aveva quale scopo precipuo l’allestimento e la realizzazione di corsi di orientamento e formazione professionale finalizzati all’inserimento di circa 1.000 immigrati provenienti dalla Regione balcanica scelti fra i rifugiati ed i profughi disoccupati già presenti in Italia ed i 5000 potenziali lavoratori albanesi che lo stesso Organismo aveva assunto l’impegno di selezionare con la citata convenzione del 20 dicembre 1999.

A seguito della rimodulazione del programma dovuta all’ampliamento dell’AILE (vedi infra pag 138), il numero dei corsi e, conseguentemente, dei soggetti da formare ed avviare al lavoro originariamente stabilito è stato ridotto, mentre invariato è rimasto il corrispettivo pattuito.

In proposito si fa presente che i costi del progetto ammontavano a £. 14.197.217.472, di cui £. 10.079.368.189 gravavano sul Fondo Sociale Europeo e £. 4.117.849.283 sul Fondo di rotazione istituito dall’art. 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183[107].

Dal rapporto finale redatto dall’OIM si evince che l’organizzazione e la realizzazione dei corsi è stata preceduta da una ricerca sul fabbisogno del mercato del lavoro per la quale è stato richiesto ad Unioncamere di elaborare i risultati della ricerca da questa effettuata tra il 1999 e il 2000 tra oltre 100.000 aziende campione in un nuova serie di elaborazioni statistiche a livello provinciale per settore economico, figura professionale, classe dimensionale delle aziende e fabbisogno di formazione del personale da assumere.

Sulla base di tali elaborazioni, si è provveduto ad organizzare in 11 regioni 34 corsi di orientamento e di formazione professionale rivolti a 629 unità per un totale di 11.680 ore di formazione e orientamento.

L’OIM ha fatto presente che i corsi di formazione professionale sono stati diversificati a seconda delle esigenze del mercato del lavoro espresse dai singoli territori, (corsi per saldatori, assistenti anziani, artigiani etc..). Al contrario motivazioni di ordine socio-psicologico hanno indotto l’Organizzazione a realizzare corsi di orientamento uguali in tutta Italia, Sono stati, perciò, individuati quattro moduli (orientamento professionale, orientamento giuridico, orientamento alla cultura e società italiana e orientamento linguistico) ed è stata predisposta una struttura tipo della durata consigliata di 120 ore complessive. I corsi medesimi sono stati tenuti da 16 Enti di formazione, scelti avvalendosi della collaborazione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) alla quale in sede di progettazione era stato affidato l’incarico di svolgere il monitoraggio e la valutazione dei corsi di formazione professionale. La selezione è stata attuata anche con la partecipazione di esperti della Direzione Generale per l’impiego, di rappresentanti dell’ILO, dell’OIM e delle Parti Sociali.

Nei confronti degli enti di formazione sono state effettuate sessioni di “formazione di formatori”, nel corso delle quali gli esperti che avevano elaborato i moduli del progetto hanno trasmesso ai 77 formatori individuati dagli enti le metodologie adatte per la trasmissione dei contenuti. Indi, è stata avviata la selezione dei soggetti destinatari dei corsi, i cui nominativi sono stati inseriti nell’AILE in base all’accertamento delle loro competenze.

Per una migliore riuscita del progetto, l’OIM si è avvalso anche della collaborazione di 29 mediatori linguistico-culturali, che hanno prestato la loro attività nel corso delle lezioni.

Nello stesso periodo in cui il progetto era portato ad esecuzione, l’Organizzazione, al fine di dare la maggiore pubblicità possibile all’iniziativa, ha avviato una serie di incontri sia con rappresentanti istituzionali regionali e provinciali responsabili per le politiche del lavoro nelle aree ove era stata concordata la sperimentazione dell’AILE (e cioè Ancona, Bari, Bologna, Pescara e Treviso), sia con rappresentanti delle associazioni dei datori di lavoro.

Va, inoltre, rilevato che in adempimento del programma approvato il 27 aprile 2000, sono state poste in essere molteplici altre attività, fra le quali si segnalano:

·               la ricerca relativa alle condizioni dell’inserimento lavorativo e dell’integrazione sociale degli albanesi immigrati in alcune regioni italiane;

·               lo studio sui processi migratori che dall’Albania hanno interessato l’Italia e la Grecia negli ultimi dieci anni;

·               la campagna informativa e di sensibilizzazione sulle attività del progetto, realizzata sia attraverso la partecipazione e l’organizzazione di conferenze stampa, che mediante l’elaborazione e diffusione di brochure, di un  video etc…;

·               le attività transnazionali realizzate in sinergia con la Missione OIM di Lisbona[108].

Al fine di valutare i risultati formativi ottenuti, l’OIM – come già detto - ha dato incarico al Centro di Formazione Internazionale dell’ILO di Torino di sottoporre ad esame le singole componenti dell’attività di formazione svolta (documentazione didattica, selezione delle agenzie formative, etc..). Dal giudizio complessivo reso da questo Istituto risulta che il progetto “si connota come altamente replicabile e trasferibile: il giudizio quantitativo è pari a 4,6 sulla scala valutativa 1-5”.

Con riferimento all’inserimento lavorativo è emerso che su 629 immigrati ammessi a frequentare i corsi, 598 hanno frequentato tutte le lezioni, 365 hanno trovato uno sbocco occupazionale o attraverso l’assunzione a fine corso (299) o attraverso stage o tirocini (66).

Per quanto riguarda i costi del Progetto il verbale di verifica finale redatto dal Servizio Ispezione del lavoro il 10 maggio 2002 evidenzia  quanto rappresentato nel prospetto che segue, al cui interno sono per completezza riportati anche i costi relativi alla creazione dell’AILE, dei quali già si è trattato nella parte ad esso dedicata:

 

 

 

Macrovoci di costo

Preventivo

approvato

Preventivo modificato

Riconosciuto in sede di verifica[109]

Progettazione dell’intervento

60.000.000

60.000.000

60.000.000

Attività formativa

7.200.000.000

5.319.168.398

4.559.753.018

Attività di ricerca[110]

60.000.000

60.000.000

60.800.000

Inserimento lavorativo[111]

1.084.900.472

841.777.805

830.836.241

Attività di orientamento

2.500.000.000

1.867.831.602

1.721.849.401

Attività di informazione e diffusione dei risultati[112]

1.288.800.000

3.995.300.000

3.995.208.380

Attività transnazionali

170.000.000

127.500.000

96.185.655

Valutazione dell’intervento

900.000.000

961.322.667

961.322.667

Coordinamento intervento

933.517.000

964.317.000

958.363.967

 

 

14.197.217.472

14.197.217.472

13.244.319.329

 

 

 

 

9.2.3 Progetto “Azione di Sistema supporto delle politiche di integrazione sociale e occupazionale di lavoratori immigrati in Italia, coerenti con l’inserimento lavorativo in particolare a sostegno di interventi di mobilità assistita”

 

Nell’ambito delle Azioni di sistema a supporto delle politiche di integrazione sociale e occupazione di lavoratori immigrati in Italia, la Direzione generale per l’impiego e l’OIM hanno stipulato il 15 ottobre 2001 due convenzioni aventi ad oggetto la realizzazione di altrettanti progetti (uno per l’Ob.1[113] e l’altro per l’Ob. 3) diretti essenzialmente a promuovere l’inserimento sociale e lavorativo di immigrati ed a favorire lo sviluppo e la diffusione di standard di funzionamento dei servizi per l’impiego in relazione alla gestione dell’incontro tra domanda e offerta lavoro, riferito al fabbisogno del mercato italiano di lavoratori extracomunitari, alla programmazione delle quote annuali di nuovi ingressi, al reclutamento e all’impiego regolare di immigrati,

Il costo globale dei singoli progetti (la cui durata è di 24 mesi, a decorrere dalla data di comunicazione all’OIM dei decreti di approvazione di ciascuna convenzione) è stato fissato rispettivamente in £. 4.000.000.000 (pari a € 2.065.827/60) per il progetto relativo all’obiettivo 1 e in £. 6.000.000.000 (pari a € 3.098.741/39) per l’altro.

I progetti medesimi, peraltro, non sono divenuti operativi e sono stati oggetto di modifiche ed integrazioni formalizzate in ulteriori accordi firmati dalle Parti il 24 luglio 2002, a seguito dei quali la loro scadenza è stata fissata al 31 ottobre 2003..

Non è, pertanto, possibile al momento valutare l’attività svolta dall’OIM. La sezione – considerato che per l’anno 2003 è prevista la prosecuzione della presente indagine – rinvia a quella sede la verifica del raggiungimento degli obiettivi convenzionalmente stabiliti, che possono, sinteticamente, essere indicati nel:

·           potenziamento del sistema centrale dell’AILE e realizzazione di un portale dedicato all’attività progettuale,

·           assistenza tecnica ad associazioni datoriali ed imprenditoriali che vogliono reclutare personale immigrato attraverso l’anagrafe dei lavoratori extracomunitari;

·           la sensibilizzazione degli utenti periferici,

·           l’accertamento dei fabbisogni di manodopera immigrata da parte del mercato del lavoro in ambiti territoriali e/o specifici e relativa evidenziazione attraverso il portale realizzato.

 

 

 

9.2.4. L’Anagrafe annuale informatizzata

 

L’Anagrafe annuale informatizzata istituita[114] presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale – Direzione Generale per l’impiego - Servizio per i problemi dei lavoratori immigrati e delle loro famiglie, a decorrere dal 1° gennaio 1999 non è mai stata implementata [115].

Il Ministero del lavoro ha, comunque, attivato nel periodo oggetto di indagine una sperimentazione (il Sistema Anagrafe Informatizzata dei Lavoratori extracomunitari -AILE) avente ad oggetto i lavoratori stranieri provenienti dall’Albania. Tale sperimentazione è stata disattivata nel 2002 per motivi di sicurezza informatica, aderendo ad una precisa richiesta in tal senso degli organi di sorveglianza postale. Per completezza, si rappresenta che un’ulteriore sperimentazione è stata attivata  nell’anno appena trascorso: il Sistema Informativo dei Lavoratori Stagionali (SILES). Tale Sistema, al quale si è già fatto cenno nella parte relativa alle considerazioni finali, ha ad oggetto la gestione e il monitoraggio della programmazione dei flussi di ingresso regolare per il lavoro stagionale in Italia, consentendo di controllare anche che gli immigrati escano dal Paese una volta scaduto il permesso di soggiorno.

Per quanto, invece, attiene alla prima sperimentazione si rileva che il Sistema AILE è stato istituito nell’ambito del “Progetto quadro di orientamento, formazione professionale e consulenza a favore di migranti e profughi della regione balcanica”[116], di cui si è già trattato.

Il Progetto - presentato dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) - prevedeva l’attivazione di un sistema informatico in ambito internet/intranet integrato e plurilivello che tenesse conto delle diverse articolazioni in esso contenute. La struttura logica del sito – secondo quanto si legge nel progetto medesimo – doveva riflettere una componente comunicativa, nella quale essere spiegati gli obiettivi, illustrato il progetto e le sue articolazioni, presentati gli enti promotori, le controparti istituzionali e i partners, ed una componente interattiva finalizzata ad un network operativo, a sua volta distinta in aree aperte e aree riservate.

La componente interattiva, inoltre, doveva essere impostata in modo da consentire un monitoraggio dell’inserimento del gruppo di riferimento in Italia per la formazione e/o lavoro. A tal fine si prevedeva la predisposizione di un software in grado di contenere la memoria aggiornata e quella storica delle posizioni anagrafiche, delle offerte di lavoro e degli inserimenti socio- lavorativi  degli immigrati, la pubblicazione via Internet del data-base delle specializzazioni e delle posizioni anagrafiche disponibili, la possibilità di operare via Internet con accesso protetto da password per una serie di operatori.

Per la realizzazione dell’AILE l’Organizzazione si è rivolto ad una società di informatica, la quale ha fornito parte dell’hardware (e cioè 100 PC consegnati alle Direzioni Provinciali del Lavoro)[117] e il software necessario  alla gestione delle liste dei lavoratori intenzionati a lavorare in Italia.

Nel mentre l’OIM provvedeva ad attivare il Sistema, la Direzione Generale per l’impiego del Ministero del lavoro - al fine di rendere effettivi i collegamenti con l’INPS e l’INAIL - ha stipulato con i medesimi due convenzioni[118] con le quali si è impegnata a conferire in via telematica agli Enti previdenziali i dati contenuti nelle liste inserite nell’Anagrafe, mentre i due Enti si sono obbligati rendere disponibili, rispettivamente, le notizie contenute nell’Archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari e nell’Archivio delle posizioni contributive relative agli extracomunitari, e “le informazioni relative ai rapporti di lavoro ed ai possibili eventi infortunistici”.

Dalla relazione finale prodotta dall’OIM si apprende che la realizzazione del sistema è stata attuata in due fasi temporali distinte. In un primo periodo, infatti, sono stati coinvolti nel progetto solo i primi attori (e cioè la sede centrale del Ministero del lavoro, l’OIM, gli enti formatori e cinque Direzioni Provinciali del lavoro di Ancona, Bari, Bologna, Pescara e Treviso) nei cui confronti sono state rese disponibili una serie di funzionalità analiticamente indicate (si segnala: la costruzione del data-base comune riservato al Ministero, all’OIM e alle 5 DPL, su linee dedicate, contenete la memoria aggiornata e quella storica delle posizioni anagrafiche, delle offerte di lavoro e degli inserimenti socio-lavorativi degli immigrati, la pubblicazione via internet del database delle specializzazioni e delle posizioni anagrafiche disponibili, possibilità di operare sul data-base pubblico, tramite Internet con accesso protetto da password, per INPS e per le DPL, etc..).

Sulla base delle prime risultanze, il Ministero e l’OIM hanno deciso di ampliare le prime funzionalità allargandole a tutte le DPL, agli operatori abilitati (Datori di Lavoro, Gruppi di Datori, Associazioni datoriali e Associazioni sindacali) e alle utenze della Pubblica Amministrazione (Direzioni Regionali del lavoro, Ambasciate, Questure, Ministero delle Finanze, INPS, INAIL), offrendo a ciascuno di loro le funzionalità che il ruolo istituzionale o il progetto esecutivo prevedeva.

E’, pertanto, seguito un secondo periodo nel corso del quale le modalità operative già previste nella prima fase sono state fornite a tutte le DPL e agli altri soggetti su citati.

Sempre dal rapporto finale si apprende che alla data del 1° dicembre 2001 nell’AILE erano iscritti 10.733 nominativi, dei quali 5.097 sono di lavoratori albanesi selezionati dalla stessa organizzazione internazionale, 4968 sono di tunisini selezionati dal locale Ministero del lavoro, mentre i restanti sono di diverse cittadinanze, trattandosi di lavoratori stranieri che hanno interrotto il rapporto di lavoro prima della scadenza del permesso di soggiorno e che sono stati iscritti negli elenchi anagrafici all’uopo esistenti presso i Centri per l’impiego[119].

All’immissione dei dati concernenti l’Albania e la Tunisia avevano provveduto le Ambasciate e i Consolati di quei Paesi, mentre all’inserimento dei nominativi di lavoratori extracomunitari al di fuori di accordi presi con i singoli Paesi di origine  avevano provveduto le Direzioni Provinciali del Lavoro, le quali avevano così creato liste non omogenee[120].

In sede istruttoria è, peraltro, emerso che a seguito dell’installazione delle apparecchiature dedicate al progetto presso tutte le DPL, si è constatato che né la Direzione Generale Impiego né le Direzioni Provinciali erano in grado di utilizzare o gestire il collegamento alla rete informatica della Pubblica amministrazione RUPA, sulla quale si basava l’attivazione ed il funzionamento dell’AILE  medesimo. Per superare temporaneamente il problema gli uffici periferici sono stati invitati a predisporre una linea alternativa digitale (ISDN). Solo 27 uffici periferici hanno provveduto in tal senso.

Da ultimo è stato rappresentato[121] che all’inizio del 2002 si è constatato che il software AILE era incompatibile con la rete RUPA e che nel mese di ottobre dello stesso anno, motivi di sicurezza informatica hanno costretto la Direzione a disattivare il sito internet, aderendo ad una precisa richiesta formulata dagli organi di sorveglianza postale, in quanto il sito risultava “soggetto ad attacchi di virus informatici esterni”.

Rebus sic stantibus, l’amministrazione ha spento l’intero sistema: i due server centrali (non più utilizzabili per i fini di cui trattasi) sono stati consegnati alla Segreteria del Collocamento dello spettacolo per lo svolgimento delle proprie attività istituzionali, i personal computer sono rimasti in possesso delle strutture provinciali del Ministero che le sta utilizzando per il nuovo programma SILES, mentre le liste dei lavoratori Albanesi e Tunisini, inserite all’interno dei Server centrali, alla data del 28 febbraio 2003 erano in via di trasferimento al nuovo sistema.

Nessuna esecuzione è stata, inoltre, data alle convenzioni che il Ministero aveva stipulato con l’INPS e l’INAIL[122].

Per quanto riguarda i costi sostenuti per la realizzazione del Sistema in esame, dal verbale di verifica del “Progetto quadro di orientamento” depositato dal Servizio Ispezione del Lavoro il 5 giugno 2002, emerge che i costi relativi alle attività, di cui trattasi - originariamente fissati in £. 1.288.800.000 (€. 665.609,65) – sono stati aumentati a £. 3.995.300.000 (€. 2.063.400,25) a seguito dell’ampliamento del sistema. Anch’essi, come i costi di tutto il progetto, sono gravati sul Fondo Sociale Europeo e sul Fondo di rotazione istituito dall’art. 5 della legge 16 aprile 1983, n.187.

Si fa, inoltre, presente che le spese appena citate non sono le uniche sostenute per l’anagrafe informatizzata negli anni in esame. Va, infatti, evidenziato che a decorrere dall’anno 2000 sullo stato di previsione del Ministero del lavoro è stato inserito il cap. 2549 denominato “Spese per l’istituzione e il funzionamento dell’anagrafe annuale informatizzata e dell’archivio dei lavoratori stranieri, comprese le indennità di missione ed il rimborso spese, le spese per seminari e convegni a ciò destinati”, sul quale sono state stanziate £. 350.000.000 nell’anno 2000 e £. 500.00.000 nel 2001. Tali risorse – come emerge dal prospetto che segue, nel quale si dà conto delle somme impegnate mediante mandati e non degli ordini di accreditamento al cassiere per i quali non sono state fornite notizie - sono state utilizzate per spese di missioni del personale assegnato all’ufficio, forniture ed installazione di apparecchiature informatiche (masterizzatore, stampanti, antivirus etc..) e di materiale di cancelleria, per la stampa di alcuni volumi in materia di extracomunitari, nonché a titolo di contributo alla Caritas Diocesana per la stesura del “Dossier statistico Immigrazione 2001” e per i supporti audiovisivi collegati al Dossier .

Inoltre, nel corso del 2001 sono state imputate sul capitolo di cui trattasi anche le spese derivanti dalla convenzione stipulata il 25 ottobre 2001 con l’Organizzazione Internazionale per l’immigrazione avente ad oggetto la prosecuzione del progetto “Avviamento flussi migratori dell’Albania” avviato nel periodo marzo 2000- settembre 2001.

 

 

 

 

 

Tab. n. 14        Cap. 2549:somme in lire impegnate

Esercizio finanziario

2000[123]

2001[124]

Spese di missione (importo netto)

6.929.130

14.495.302

Forniture materiale informatico e cancelleria

299.920.000

147.668.350

Stampa pubblicazione su extracomunitari

27.211.320

0

Contributo per stesura “Dossier statistico”[125]

0

100.000.000

Convezione con l’OIM  del 25 ottobre 2001[126]

 

80.000.000

 

334.060.450

342.163.652

 

 

Tab. n.14 bis              Cap. 2549: somme in euro impegnate

Esercizio finanziario

2000[127]

2001[128]

Spese di missione (importo netto)

3.758,60

7.486,20

Forniture materiale informatico e cancelleria

154.895,75

76.264,34

Stampa pubblicazione su extracomunitari

14.053,47

0

Contributo per stesura “Dossier statistico”

0

51.645,69

Convezione con l’OIM del 25 ottobre 2001

0

41.316,55

 

174.707,82

178.713,78

 

 

 

 

 

 

 

                                                         


 


 

 

 

 

INDICE

 

 

1.

OGGETTO E OBIETTIVI DELL’INDAGINE

1

2.

CONSIDERAZIONI GENERALI E DI SINTESI

7

3.

IL QUADRO NORMATIVO E L’EVOLUZIONE DELL’ORDINAMENTO

14

4.

IL QUADRO ORGANIZZATIVO

19

5.

IL QUADRO FINANZIARIO CONTABILE

22

6.

I DATI STATISTICI DEL FENONEMO IMMIGRAZIONE

28

7.

LE MISURE DI SOSTEGNO

33

7.1.

Il Fondo per le politiche migratorie

33

7.1.1.

Il quadro normativo

33

7.1.2.

I decreti di ripartizione del Fondo

39

7.1.3.

I finanziamenti destinati ad iniziative da attivare a cura del Dipartimento per gli affari sociali, comprese le spese per il funzionamento della Consulta per i problemi degli stranieri e per le attività del Comitato per la tutela dei minori stranieri

44

7.1.3.1.

Il Fondo 1998

47

7.1.3.2

Il Fondo 1999

51

7.1.3.3.

Il Fondo 2000

59

7.1.3.4.

Il Fondo 2001

59

7.1.3.5.

Spese per la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie

61

7.1.3.6.

Programmi attivati dal Comitato per i minori stranieri

62

7.1.4.

Le spese per le esigenze della Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati

66

7.1.5.

Ulteriori finanziamenti previsti dai decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di ripartizione del Fondo

67

7.1.5.1.

Il Ministero dell’interno

68

7.1.5.2.

La regione Puglia

70

7.1.5.3.

La regione Sicilia

72

7.1.5.4.

Il comune di Lecce

73

7.1.5.5.

Il comune di Ruffano (LE) e il comune di Lucera (FG)

74

7.1.5.6.

Il Cnel

75

7.1.6.

I finanziamenti alle regioni e province autonome di Trento e Bolzano (attività del Dipartimento)

75

 

 

 

7.2.

Gli interventi a favore di richiedenti asilo e dei rifugiati

84

7.2.1.

Il quadro normativo

84

7.2.2.

Il procedimento di riconoscimento dello status di rifugiato

84

7.2.3.

Le iniziative adottate

86

 

 

 

7.3.

Gli interventi a favore dei profughi stranieri

89

7.3.1.

Il quadro normativo

89

7.3.2.

Le iniziative adottate

90

 

 

 

 

 

 

7.4.

I servizi di accoglienza alla frontiera

93

7.4.1.

Il quadro normativo

93

7.4.2.

Le iniziative adottate

93

 

 

 

7.5.

L’assistenza sanitaria in favore di stranieri non in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno

95

7.5.1.

Il quadro normativo e la spesa sostenuta

95

 

 

 

7.6.

Gli interventi per l’istruzione scolastica

96

 

 

 

8.

LE MISURE DI CONTRASTO

100

8.1.

I centri di trattenimento

100

8.1.1.

L’evoluzione normativa. Finalità e presupposti del trattenimento

100

8.1.2.

La programmazione e la realizzazione di centri di permanenza nel periodo 1999-2001

105

8.1.3.

La gestione dei centri di permanenza

108

8.1.4.

Il monitoraggio sul funzionamento dei centri

111

8.1.5.

Le presenze

112

8.1.6.

La spesa sostenuta per il funzionamento dei centri

116

 

 

 

8.2.

Il contrasto del traffico di esseri umani

122

8.2.1.

Il quadro normativo

122

8.2.2.

Le iniziative avviate

123

8.2.2.1.

I progetti di assistenza e integrazione sociale

124

8.2.2.2.

Le azioni di sistema

125

 

 

 

9.

LA  REGOLAMENTAZIONE  DEI  FLUSSI:  ANAGRAFE INFORMATIZZATA E CORSI DI FORMAZIONE E ORIENTAMENTO PER EXTRACOMUNITARI

129

9.1.

Quadro normativo

129

9.2.

L’attuazione della normativa

131

9.2.1.

Il progetto OIM “Avviamento flussi migratori dall’Albania”

132

9.2.2.

Progetto quadro di orientamento, formazione professionale e consulenza a favore di migranti e profughi dalla regione balcanica

134

9.2.3.

Progetto “Azione di Sistema supporto delle politiche di integrazione sociale e occupazionale di lavoratori immigrati in Italia, coerenti con l’inserimento lavorativo in particolare a sostegno di mobilità assistita”

138

9.2.4.

L’Anagrafe annuale informatizzata

139

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Corte dei conti – Programma di controllo 2002 –

 

 

 

Gestione delle risorse previste in connessione al fenomeno dell’immigrazione

Regolamentazione e sostegno all’immigrazione. Controllo dell’immigrazione clandestina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Relatori:         Cons. Valeria Chiarotti - Cons. Mario Nispi Landi - Cons. Sonia Martelli

 



[1] Delibera n. 49/2001, punto 9.1

[2]  Si vedano, in proposito, le relazioni sul rendiconto generale dello Stato per gli anni 1999, 2000 e 2001 nella parte relativa alla tematica in argomento.

[3] Per gli stessi motivi non è stata sottoposta ad esame l’attività svolta dagli uffici periferici del Ministero del lavoro ai quali, ai sensi dell’art. 22 del d.lgs 25 luglio 1998 n. 286, spetta il rilascio dell’autorizzazione al lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato.

[4] Il riordino del procedimento per l’esame delle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato e di asilo politico è stato attuato con il D.P.R. 15 maggio 1990, n. 136, mentre per la disciplina dell’attività di prima assistenza nei confronti dei richiedenti occorre far riferimento ai decreti del Ministro dell’interno n. 237 del 24 luglio 1990 e, successivamente, n. 284 del 24 giugno 1998.

[5] Frequente è in questo periodo l’emanazione di decreti legge più volte reiterati e talvolta definitivamente abbandonati, fatti salvi gli effetti interinali prodotti, riguardanti, in particolare, ulteriori sanatorie disposte.Vanno specificatamente segnalati: il D.L. 193 del 1992, emanato in relazione all’allarme sociale destato da particolari forme di criminalità più o meno direttamente legate al fenomeno immigrazione, oggetto di due reiterazioni ma mai convertito, il D.L. 301 del medesimo anno, istitutivo di uno status speciale per i profughi delle repubbliche appartenenti alla ex Jugoslavia, i DD.LL. 107 e 197 del 1993 contenenti l’inasprimento delle sanzioni espulsive nei confronti di extracomunitari colpevoli di particolari reati, il D.L. 489 del 1995, cinque volte reiterato e poi abbandonato (anche a seguito di una pronuncia della Corte costituzionale) che, tra l’altro, sempre in tema di espulsioni, anticipava per taluni aspetti la successiva disciplina della legge 40/98.

[6] Vedasi, supra, pag. 2, nota n. 2.

[7] La legge 189 del 2002 prevede, proprio al fine di conferire maggior peso , visibilità ed autonomia al servizio immigrazione ed alla polizia di frontiera, la istituzione di una direzione centrale appositamente dedicata.

[8] Il dipartimento si occupa, tra l’altro, dei rapporti con le diverse confessioni religiose e gestisce il patrimonio del Fondo edifici di culto.

[9] Vedasi, infra, par. 7.1.6.

[10] Vedasi, infra, par. 8.1.6.

[11] Utilizzando i fondi messi a disposizione dalla legge 30 luglio 1996, n. 400 il Ministero dell’interno ha avviato nel corso dell’anno 2000 un progetto finanziato per complessive lire 800 milioni al fine di potenziare il sistema informativo per la raccolta e l’elaborazione dei dati concernenti il fenomeno dell’immigrazione, anche attraverso il coordinamento con altri enti e amministrazioni interessate (INPS e Ministero del lavoro).

[12] L’ultima pubblicazione della Caritas è il Dossier immigrazione 2002, che contiene dati aggiornati al 31 dicembre 2001.

[13] Dato fornito dal Ministero dell’interno - dipartimento di pubblica sicurezza - servizio immigrazione e polizia di frontiera.

[14]Le altre tre sanatorie sono state previste rispettivamente dalla legge 39/1990, dalla legge 477/1996, che fece salvi gli effetti prodotti dalla reiterazione di cinque precedenti decreti legge non convertiti nei termini, e, infine, dalla legge 40/98.

[15] Nel periodo 1999-2001, gli extracomunitari entrati per motivi di lavoro subordinato sono complessivamente 52.409. A tale numero vanno aggiunti gli ingressi per lavoro stagionale, pari a 88.958.

[16] L’art. 13  della legge n. 943/1986 prevedeva l’istituzione, presso l’INPS, di un Fondo con lo scopo di assicurare i necessari mezzi economici per il rimpatrio del lavoratore extracomunitario che ne sia privo.

[17] Come modificato  dai decreti legislativi 19 ottobre 1998, n.380 e 13 aprile 1999, n.113.

[18] L’art. 52 del regolamento istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento affari sociali il registro delle associazioni e degli enti che svolgono a favore degli immigrati. L’iscrizione al registro è necessaria per accedere direttamente o attraverso convenzioni con gli enti locali o con le amministrazioni statali al contributo del Fondo di cui trattasi.

[19]Emanato nelle more dell’approvazione del regolamento di esecuzione, il decreto ha ripartito l’80% della somma prevista dalla legge.

[20]Come già riferito,  £. 5.950.000.000 sono state assegnate dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 6 agosto 1999, mentre £.23.000.000.000 derivano dal c.d. gettito INPS.

[21] Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 maggio 1995 ha ad oggetto “misure di protezione temporanea a favore di persone provenienti zone di guerra dell’area balcanica”

[22] Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 gennaio 1999 ha istituito un “tavolo di lavoro” con il compito di individuare le iniziative amministrative e organizzative dirette a venire incontro alle condizioni di disagio della popolazione e dei settori economici della regione Puglia, in considerazione degli intensi flussi migratori. Le iniziative individuate dal Tavolo di Lavoro furono approvate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 agosto 1999, il quale indicò anche i relativi finanziamenti.

[23] V. retro nota 19.

[24] Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 20 marzo aveva assegnato al Fondo 81 miliardi, ma con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 marzo 2001 gli 81 miliardi sono stati ridotti a 74. La riduzione ha inciso solo sulla parte destinata all’amministrazione centrale.

[25] Il 2° comma dell’art. 45 della legge dispone, infatti, che “lo Stato, le regioni, le province, i comuni adottano, nelle materie di propria competenza, programmi annuali e pluriennali relativi a proprie iniziative e attività concernenti l’immigrazione, con particolare riguardo all’effettiva e completa attuazione operativa del presente testo unico e del regolamento di attuazione, alle attività culturali, formative, informative, di integrazione e di promozione di pari opportunità.”.

[26] Al riguardo la Direzione per l’immigrazione si è limitata a rappresentare (v. nota prodotta il 26 maggio 2003) che il Dipartimento per gli affari sociali “non si era dotato di un regolamento che disponesse la concessoine di contributi ai sensi dell’art. 12 della legge 241/90”.

[27] v. nota della Direzione Generale per l’immigrazione n. 1124/SDG IMM/03 del 26 maggio 2003

[28] v. nota della Direzione Generale per l’immigrazione n. 1124/SDG IMM/03 del 26 maggio 2003

[29] Trattasi dei progetti proposti dalla Cooperativa “Farsi Prossimo” e dai comuni di Torino e Soverato.

[30] E’ il progetto “Casa Serena”  proposto dall’Associazione Sarepta.

[31] Ci si riferisce al “Progetto per l’accoglienza e l’assistenza di persone, prive della rete sociale di supporto o senza fissa dimora, portatrici di malattie gravi o convalescenti” proposto dalla Associazione senza finalità di lucro “Comunità di Sant’Egidio”.

[32] A ciò provvede il progetto triennale “Alma Mater” predisposto dall’Associazione senza finalità di lucro “Alma Terra”.

[33] E’ il progetto triennale, proposto dalla Arciconfraternita del SS. Sacramento della Caritas Diocesana, denominato “mediatori interculturali in rete”.

[34] V. nota del 9 aprile 2003

[35] Tale certificazione è coerente ai livelli di standard stabiliti dal Consiglio d’Europa (documento Framework del Consiglio d’Europa del 1996).

[36]L’università per stranieri di Siena ha esaminato n. 1408 studenti, l’università per stranieri di Perugia n. 208, l’università Roma 3 n. 190, e società Dante Alighieri n. 1125.

[37] Ci si riferisce ai progetti “Percorsi contro l’esclusione sociale”  e “Mediatori interculturali in rete” gestiti, rispettivamente,  dall’Associazione Alma Terra e dall’Arciconfraternitas SS. Sacramento, ed al “progetto per l’accoglienza e l’assistenza di persone portatrici di malattie gravi” realizzato dalla Comunità di Sant’Egidio.

[38] V. nota della Direzione per l’immigrazione n. 782/SDG IMM/02 del 6 marzo 2003.

[39] Non hanno dato la loro adesione le due province autonome, le Marche, l’Abruzzo, la Molise, la Basilicata, la Sicilia e le province autonome di Trento e Bolzano

[40] Secondo quanto si legge nell’art. 2 del contratto trattasi di due computer, due stampanti, un telefax con processore laser e una fotocopiatrice aventi caratteristiche uguali o superiori a quelle riportate nell’offerta dell’Istituto.

 

[41] A fronte di pagamenti previsti per un massimo di £. 1.043.640.180 (€. 538.995,17)

 

[42] V. nota del dirigente del settore lavoro e cooperazione in data 21 gennaio 2003.

[43] V. nota n. 93 del 21 gennaio 2003

[44] Nulla è stato comunicato dall’amministrazione sulle circostanze che hanno determinato tale stasi.

[45] v. nota n. 1124/SDG IMM/03 del 26 maggio 2003.

[46]  Non hanno inviato il modello ex ante le regioni Puglia, Sicilia e Sardegna.

[47] Le regioni Molise e Sardegna alla fine dell’anno 2000 non avevano ancora formulato alcun programma (v. Appendice “Nota 2” del Secondo rapporto sull’integrazione degli immigrati in Italia”).

[48] Nell’importo indicato sono compresi £. 5.000.000  corrisposti per due incarichi conferiti per la redazione della Guida alla legge, e £. 28.248.400  costituente il corrispettivo per la stampa della Guida medesima, le quali sono state, però, imputate in conto 1999.

[49]Il finanziamento non è stato utilizzato e la Prefettura di Bari ha avanzato proposta di impiegare lo stanziamento per interventi da individuarsi nell’ambito del Consiglio Territoriale per l’Immigrazione.

[50] Per l’attuazione della legge sono stati adottati i decreti del Ministro dell’interno n. 237 del 24 luglio 1990 e n. 284 del 24 giugno 1998.

[51] Fondamentali in materia i principi internazionali contenuti nella convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 concernente lo status di rifugiato (modificata dal Protocollo di New York del 31 gennaio 1967) e nella convenzione di Dublino del 15 giugno 1990, contenente disposizioni per la determinazione dello Stato competente per l’esame della domanda di asilo.

[52] La Commissione è nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e articolata in 3 servizi. Decide con provvedimento motivato che viene notificato al richiedente.

[53] L’art. 1, co. 7 della legge n. 39/90 autorizza il Ministro dell’interno a concedere ai richiedenti lo status di rifugiato un contributo di prima assistenza, per non più di 45 giorni, di importo giornaliero pari a lire 34.000 (€ 17.56).

[54] L’ammontare dei contributi concessi negli anni 1999 e 2000 è, rispettivamente, di £. 10.710.438.000 e £. 7.474.828.200. Non è possibile conoscere il dato relativo al 2001 poiché in quell’anno la spesa ha gravato sul capitolo 2359 dello stato di previsione del Ministero dell’interno unitamente a quella afferente alle provvidenze riconosciute ai rifugiati nell’ambito del progetto di integrazione locale attuato in collaborazione con l’A.C.N.U.R. (cfr, infra pag. 85 ). In ogni caso, la spesa complessiva per le due diverse tipologie di provvidenze nel 2001 è stata pari a £. 15.321.930.127.

[55] Si veda, con riferimento alla stessa problematica che si pone per i profughi, la pag. 87.

[56] Per l’anno 2001 il PNA è stato finanziato a valere su una disponibilità complessiva di £. 29.000.000.000, di cui Lit 9.000.000.000 provenienti dal FER e £. 20.0000.000.000 dall’entrata derivante dall’8°/00 del gettito IRPEF.

[57] Il fondo, istituito per il periodo 1° gennaio 2000- 31 dicembre 2004, è destinato a sostenere e favorire gli sforzi intrapresi dagli Stati membri dell’Unione europea che ricevono i rifugiati e gli sfollati e subiscono le conseguenze della relativa accoglienza.

[58] In esito all’invito pubblico rivolto a tutti i comuni italiani per l’assegnazione di finanziamenti per € 8.268.454.00 sono stati  presentati 127 progetti, 63 dei quali ammessi a finanziamento.

[59] A fronte dell’importo previsto risultano riconosciute all’ANCI £. 2.155.000.000.

[60] La convenzione, inizialmente stipulata per due mesi, è stata rinnovata per ulteriori  tre, con il conseguente incremento del costo per £. 741.942.600    .

[61] La collaborazione con l’A.C.N.U.R. per l’attuazione del progetto di integrazione locale dei rifugiati ha avuto inizio negli anni 80. Essa si svolge su base annuale, secondo modalità definite da apposita circolare del ministro dell’Interno con riguardo al periodo di riferimento del progetto medesimo.

[62] La concessione delle provvidenze viene effettuata da una commissione ministeriale, integrata da funzionari dell’A.C.N.U.R., che valuta le istanze prodotte dagli interessati presso le Prefetture competenti in relazione al luogo di residenza.

[63] Diversamente da numerosi altri Paesi, l’Italia non disponeva negli anni in riferimento di alcuna normativa di specifico supporto ai rifugiati.

[64] Le misure previste riguardano la accoglienza in strutture di primo soccorso, l’assistenza necessaria anche sanitaria, il rilascio di un permesso di soggiorno per la permanenza sul solo territorio nazionale fino al 31 dicembre 1999 (termine prorogato fino al 30 giugno 2000) e l’assistenza al rimpatrio cessato il regime di protezione. La conclusione degli interventi di protezione temporanea è stata disposta dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1 settembre 2000.

[65] Dati forniti dalla relazione annuale al Parlamento resa dal Ministero dell’interno ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. n. 286/199. Una parte dei profughi Kosovari è affluita in Italia nell’ambito dell’operazione “Arcobaleno”, intervento curato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri su cui non si riferisce perché oggetto di altra, autonoma indagine di controllo.

[66] Dati forniti dal Ministero dell’interno-Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione su elaborazione della Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato.

[67] Il Consiglio Italiano per i Rifugiati – CIR si è costituito in data 22 febbraio 1990 per coordinare e potenziare l’azione delle varie organizzazioni da tempo impegnate nella difesa dei diritti dei richiedenti asilo e dei rifugiati in Italia. Soci fondatori del Cir e membri del Comitato direttivo sono organismi a carattere umanitario e di studio e le confederazioni sindacali (Cgil, Cisl, Uil).

[68] Per alcune particolari categorie di Kosovari il progetto ha avuto effetti fino al 31.12.2000, comportando una spesa aggiuntiva di £. 531.994.200.

[69] Dati tratti dai rapporti finali “Azione comune” per gli anni 1999 e 2000.

[70] L’ACNUR – Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati – è stato creato nel 1950 con l’obiettivo preminente di dare protezione ai rifugiati e cercare soluzione ai loro problemi. Dopo un periodo iniziale di attività limitata all’Europa, la sua area di intervento si è estesa progressivamente, sino ad interessare, sul finire degli anni novanta, 120 paesi di tutto il mondo.

[71] In esito a quanto disposto dal Ministero con circolare del Direttore Generale dei servizi civili del 2 maggio 2001 notizie circostanziate circa l’attività svolta dai servizi devono essere fornite, con cadenza trimestrale, all’amministrazione per consentirle il monitoraggio degli interventi e della relativa casistica. Risultano sino ad oggi prodotte relazioni da parte dei SAF di Roma Fiumicino e Varese Malpensa.

[72] L’amministrazione non ha fornito il dato con riguardo a Ancona-porto e Venezia-porto.

[73] Dati forniti dall’amministrazione in sede istruttoria

[74] Si veda, al riguardo, il par. 1.

[75] Il numero di alcuni stranieri è cresciuto negli ultimi dieci anni di oltre sette volte, passando da 20.000 presenze nell’anno scolastico 1990-1991 a 150.000 nell’anno scolastico 2000-2001 (dato tratto dal rapporto elaborato dal Ministero dell’istruzione sulla presenza di alunni con cittadinanza non italiana nel giugno 2001).

[76] La stessa Convenzione europea per i diritti dell’uomo, all’art. 5 lett. f), nell’elencare i casi tassativi in cui un soggetto può essere privato della libertà personale, prevede l’arresto o la detenzione di un cittadino straniero o apolide al fine di impedire un ingresso irregolare in un territorio nazionale o di rendere effettivo il provvedimento di espulsione o estradizione.

[77] L’art. 7, comma 7, prevedeva che l’espulsione avvenisse, di regola, mediante notifica dell’ordine di intimazione del prefetto di abbandonare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni e il destinatario, a propria scelta, eseguisse spontaneamente l’ordine ovvero si presentasse in questura per essere accompagnato alla frontiera. Solo in caso di inottemperanza al predetto ordine, il comma 8 del ripetuto art. 7 disponeva l’accompagnamento coattivo da eseguire nel più breve tempo possibile. Nel caso in cui, e si trattava in pratica della maggioranza delle ipotesi, fosse necessario procedere ad accertamenti supplementari in ordine alla identità e nazionalità dello straniero da espellere, ovvero alla acquisizione di necessari visti per l’ingresso e documenti di viaggio, nonché all’individuazione di un vettore disponibile il questore poteva richiedere al tribunale l’applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza nei confronti dell’intimato, con o senza obbligo di soggiorno in una determinata località.

[78] Per il tempo di vigenza della così detta legge Martelli non sono disponibili stime della esecuzione spontanea all’intimazione. Tale dato inizia ad essere rilevato a partire dal 2000. Nel 2002 la percentuale di esecuzione spontanee è pari a circa il 3% delle intimazioni.

[79] Tale previsione normativa veniva successivamente integrata e meglio precisata con il regolamento di attuazione approvato con decreto ministeriale n. 233 del 2 gennaio 1998.

Nel corso degli anni 1999, 2000 e 2001 molteplici sono stati, anche, gli interventi straordinari a carattere assistenziale alloggiativo e igienico sanitario resi dai prefetti attraverso il convenzionamento con soggetti pubblici o privati e assai ”polverizzati” sul territorio, di talchè non è stato possibile effettuarne una puntuale e completa ricognizione poiché i dati, forniti dalle prefetture e non diversamente ricostruibili, sono risultati assai lacunosi.

 

[80] Forme analoghe di centri per il trattenimento temporaneo di stranieri espellendi erano già previste nell’ordinamento di altri paesi della Comunità europea (Francia, Belgio, Spagna, Regno Unito).

[81] I procedimenti di espulsione previsti dalla legge sono quattro: due a titolo di sanzione amministrativa (stranieri clandestini o irregolarmente presenti e stranieri pericolosi per l’ordine pubblico), e due a titolo di misura giurisdizionale (la prima aggiuntiva alla pena quale misura accessoria per reati particolarmente gravi e la seconda quale alternativa al carcere per reati minori).

La legge stabilisce, altresì, i casi in cui nel fondato timore che l’intimato si sottragga alla misura debba esserne disposto l’accompagnato coattivo.

[82] Dopo il primo atto programmatorio costituito dalla relazione del gruppo di lavoro interdirezionale presieduto dal Sottosegretario Sinisi, indicante i criteri generali di pianificazione dei centri di permanenza temporanea in base al testo unico delle leggi sull’immigrazione, resa sul finire del 1998, il secondo atto programmatico è rappresentato dal decreto con cui il ministro dell’interno ha fissato, ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, gli obiettivi e i programmi da attuare nel corso dell’anno 1999. Negli anni 2000 e 2001 la programmazione è contenuta nelle direttive ministeriali n. 17452/00 e n. 1117/01.

[83] La situazione realizzativa e operativa dei centri dalla prima istituzione alla fine dell’anno 1999 è la seguente:

- agli inizi dell’anno 1999, comunque a poco più di 8 mesi di distanza dall’approvazione della legge 40/98 sono in funzione 11 centri. Altri due sono già in ristrutturazione, mentre ben 8 strutture attivate durante l’emergenza estiva del 1998 sono state nel frattempo dismesse per assoluta, accertata inidoneità agli scopi previsti dalla normativa.

- alla fine dell’anno, 11 centri sono in situazione di operatività (Torino, Milano, Roma, Brindisi, Lecce, Francavilla e Melendugno, Catania, Trapani, Palermo, Ragusa e Catanzaro), 2 centri (Lampedusa ed Agrigento) realizzati in prossimità dei più frequentati luoghi di sbarco sono utilizzati esclusivamente quali luoghi di identificazione e smistamento dei clandestini, altri 2 (Bari–Palese e Livorno–Rossigliano marittimo), utilizzati esclusivamente per l’ospitalità di profughi della ex Jugoslavia e in particolare del Kossovo, sono in attesa di essere dismessi. Degli 11 centri operativi taluni (ad es. Milano) sono in procinto di essere sostituiti con strutture più stabili e moderne da realizzare nel medesimo luogo.

[84] La situazione di grave disagio dei soggetti trattenuti nei centri di permanenza è testimoniata da numerosi episodi di rivolta, danneggiamento, autolesionismo, incendi dolosi e colposi ampiamente riportati dai giornali dell’epoca.

Una indagine avviata dal Comitato europeo per la lotta alla tortura ed ai trattamenti inumani evidenziava negli anni 1999- 2000 l’assoluta inidoneità strutturale di taluni centri di permanenza, con necessità, quindi, di radicali interventi sulle strutture ed una maggiore attenzione al complessivo trattamento dei soggetti trattenuti.

[85] In materia di requisiti per la costruzione dei centri la direttiva prevede la suddivisione dei centri in tre zone: la prima riservata agli operatori di pubblica sicurezza al fine di garantire la sicurezza, la seconda destinata allo svolgimento delle pratiche amministrative, e la terza demandata al soggiorno degli immigrati, che di regola deve svolgersi senza interferenze esterne.

[86] Al riguardo significativa è la vicenda che ha portato alla realizzazione del centro di Modena.

L’amministrazione riferisce che la programmazione per il 2001 prevedeva una nuova struttura a Bari, per la quale, in disparte la resistenza degli enti locali e della popolazione, i fondi stanziati non erano comunque sufficienti. La realizzazione, in sostituzione, del centro di Modena nasce dalla iniziativa di un privato che si impegna con la locale prefettura a riadattare un immobile di proprietà e a stipulare un successivo contratto di locazione.

[87]Risultano comunque operativi negli anni 1999-2001 i centri:

- CPT: Torino-c.so Brunelleschi, Milano- Via Corelli, Roma-Ponte Galeria, Brindisi-Francavilla, Brindisi-Restinco, Caltanissetta-Pian del Lago, Lecce Melendugno-Regina Pacis, Catania- Fontanarossa, Trapani-Serraino Vulpitta, Palermo-Termini Imprese, Ragusa, Catanzaro-Lamezia Terme, Agrigento-Carpiso ASI, Lampedusa

- CTA: Bari-Palese, Crotone-S.Anna, Foggia-Ortonova, Lecce-Badessa e Otranto (questi ultimi utilizzati anche come CPT).

[88] Inconfutabile risulta il disallineamento tra il costo delle convenzioni intestate alla Croce Rossa Italiana rispetto a quelle di cui titolari sono soggetti diversi, privati e pubblici. Il servizio reso dalla CRI è sensibilmente più costoso (con valori che, nelle diverse realtà territoriali, oscillano da 60 a 160 mila lire pro capite pro die), seppure apparentemente più completo rispetto a quello fornito dagli altri contraenti, che spesso si attestano su costi unitari giornalieri anche inferiori alle 50 mila lire. Assai poco chiare appaiono, peraltro, le caratteristiche del sevizio sanitario reso in convenzione da tali ultimi soggetti e, di conseguenza, non sempre agevole la valutazione delle diversità di costo riscontrate rispetto al servizio di assistenza sanitaria fornito dalla CRI.

 

[89] Il dipartimento ha reso noto (nota 3193/dcs.11.10 del 5.11.2002) di avere predisposto in epoca coeva la rilevazione sistematica, attraverso schede, dei dati, ritenuti di interesse, relativi ai centri per il compiuto monitoraggio della gestione che, a breve, sarebbe stata oggetto di elaborazione informatica.

[90] Vedi, supra, par. 6

[91] Dato riferito dal Dipartimento della pubblica sicurezza- servizio immigrazione e polizia di frontiera.

[92] Dato riferito dal dipartimento della pubblica sicurezza- servizio immigrazione e polizia di frontiera.

 

[93] L’obbligo è posto dall’art. 591 del R.Decreto 23 maggio 1924, n. 827.

[94] Sul capitolo 2356 dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’interno nel triennio, le somme complessivamente accreditate ai prefetti ammontano a lire 209.395.484.015. I predetti accreditamenti si riferiscono, peraltro, al funzionamento dei centri di trattenimento quanto a £ 113.125.014.802 (54% del totale) e per la restante parte a iniziative attivate sul territorio per l’accoglienza di extracomunitari intercettati nell’immediatezza dello sbarco delle quali non è stato possibile effettuare una compiuta ricostruzione (si veda, supra, nota 76).

 

[95] In base a stime dell’ONU e dell’organizzazione mondiale dei migranti, 4 milioni di persone sono vittime di tratta nel mondo e 500.000 entrano ogni anno nel territorio dell’Europa occidentale. Secondo le stime degli osservatori più accreditati (tra l’altro, si veda la ricerca compiuta da Parsec-Carchedi 2000, 136) – a partire dal 1999 le donne trafficate e ridotte in condizione di assoluta mancanza di libertà sono stimabili, nell’anno, tra le 1800 e le 3000.

[96] Nel febbraio 1997 il Consiglio europeo ha adottato un’azione comune per la lotta contro la tratta di esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei bambini, con la quale gli Stati membri si sono impegnati a rivedere le loro legislazioni nazionali affinché determinate infrazioni siano considerate illeciti penali e a introdurre sanzioni per quanto concerne la tratta di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale.

Ad aprile dello stesso anno è stata adottata all’Aja una Dichiarazione ministeriale sugli orientamenti europei per misure efficaci di prevenzione e di lotta contro la tratta delle donne, che riprende e formalizza gli spunti emersi nel corso della Conferenza mondiale ONU sulle donne (Pechino 1995), e del Seminario di Vienna sulle misure per combattere la tratta delle donne nell’ambito del programma STOP (giugno 1996).

Il 2 ottobre 1997 è stato firmato il trattato di Amsterndam (ratificato dalla legge 16 giugno 1998, n. 209 ed entrato in vigore il 1° maggio 1999) Il trattato, che ha indicato nella lotta contro la tratta di esseri umani uno degli obiettivi per l’attuazione  di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, ha introdotto sostanziali modifiche ed integrazioni ai trattati della Comunità europea ed al trattato sull’Unione, in vista dei prossimi allargamenti della CE verso i paesi dell’Europa orientale.

Infine, le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere (15-16 ottobre 1999) contengono un mandato chiaro per l’Unione europea affinché si impegni in un’azione di lotta contro la tratta di esseri umani, in particolare contro lo sfruttamento sessuale delle donne e dei bambini.

[97] Negli anni 2000 e 2001 (periodo marzo 2000 – febbraio 2001) sono stati rilasciati 833 permessi per motivi di protezione sociale (cfr. “analisi conclusiva dei dati relativi al monitoraggio dei progetti ex art. 18” – Avviso n. 1 del 1999). Con riferimento al 1999, quindi al periodo precedente all’attivazione delle misure di cui all’art. 18 del T.U. 286/98, è disponibile il solo dato relativo all’anno 1998 – 1° semestre 1999, che indica 100 permessi ottenuti (cfr. risposta delle Procure della repubblica alla circolare Pna n. 1147/g/99 dell’8 luglio 1999, a cura della Direzione antimafia).

[98] La Commissione è composta dai rappresentanti dei Ministri per le pari opportunità, per la solidarietà sociale, dell’interno e di grazia e giustizia (art.25 co.2 DPR. 31 agosto 1999, n.394). Negli anni di riferimento dell’indagine essa si è avvalsa, a titolo gratuito, della collaborazione degli esperti chiamati dall’amministrazione ad effettuare l’istruttoria e il monitoraggio dei progetti di assistenza e integrazione sociale.

[99] Non pochi gli strumenti operativi messi a disposizione dei paesi membri dalla Comunità europea, specifici o indirettamente collegati al fenomeno. Si distingue, per l’entità delle disponibilità, il Fondo sociale europeo che, per il periodo 2000-2006, dispone per il complesso degli interventi di competenza, tra cui sono anche quelli per la lotta all’esclusione, di oltre 6 miliardi di euro.

[100] L’istruttoria e il monitoraggio dei progetti sono stati effettuati avvalendosi di esperti, la cui collaborazione ha comportato un costo complessivo, per i due primi avvisi, pari a £.398.400.000. Degna di menzione appare la diversità riscontrata tra le professionalità acquisite all’esterno dell’amministrazione per l’esercizio delle anzidette funzioni, orientate prevalentemente, nel caso del primo e secondo avviso, verso le scienze socio politico antropologiche, e attinenti, invece, per il terzo, a conoscenze più prettamente giuridiche.

[101] Fondata nel 1951 a Bruxelles, come Comitato intergovernativo provvisorio per i movimenti migratori d’Europa, diviene Organizzazione internazionale per le migrazioni nel 1989. E’ costituita da 93 stati membri e 36 Stati osservatori.

[102] L’affidamento del servizio in prima istanza alla società TELECOM è avvenuto, nell’urgenza del provvedere, in assenza di una selezione su base concorsuale. Tale selezione è stata, per contro, effettuata per far luogo alla prosecuzione del servizio, attraverso l’espletamento di una gara europea vinta nel mese di ottobre 2002 dall’A.T.I., di cui è capofila la soc. Atesia, per un importo pari a € 790.000 (£.1.529.653.300).

[103] L’importo riguarda la postazione centrale, le postazioni locali, canone e traffico telefonico. Per completezza di informazione si riferisce che nel corso del 2001 le cinque postazioni locali del sud (R. Calabria, Napoli, Regione Puglia, Palermo, Cagliari) sono state attivate con fondi comunitari.

[104] Al riguardo l’art. 3 del decreto legislativo n. 286/98  (prima della riforma del 2002) prevedeva che  “con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri interessati e le competenti Commissioni parlamentari” sono annualmente definite le quote massime di stranieri da ammettere   nel territorio dello Stato, anche per esigenze di carattere stagionale e per lavoro autonomo, tenuto conto dei ricongiungimenti familiari e delle misure di protezione temporanea eventualmente disposte a norma dell’art. 20. Le modifiche apportate dalla legge n.189/2002 riguardano soprattutto i tempi di approvazione del decreto (novembre dell’anno precedente a quello cui la definizione si riferisce) e i soggetti  in esso coinvolti).

[105] Ai sensi del comma 2 dell’art. 32 il modello deve contenere il Paese d’origine; il numero progressivo di presentazione della domanda; le generalità complete; il tipo di lavoro preferito, stagionale, a tempo determinato, a tempo indeterminato; le capacità professionali degli interessati o la loro appartenenza ad una determinata categoria di lavoratori, qualifica, mansione; la conoscenza della lingua italiana ovvero di una delle lingue francese, inglese o spagnola o di altra lingua; eventuali propensioni lavorative o precedenti esperienze nel Paese d’origine o in altri Paesi; l’eventuale diritto di priorità per i lavoratori stagionali che abbiano già prestato lavoro in Italia e sia rientrato nello Stato di provenienza alla scadenza del permesso di soggiorno.

[106] Nel corso degli anni 1999-2000 Unioncamere aveva realizzato nell’ambito del progetto Excelsior un’indagine che “aveva identificato in 100.000 figure professionali all’anno il fabbisogno di lavoratori immigrati da parte delle imprese”.

[107] L’art. 5 della legge n. 183/1987 ha istituito nell’ambito del Ministero del tesoro  - Ragioneria Generale dello Stato un fondo di rotazione con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio. Ai sensi del successivo art. 6 il fondo di rotazione eroga, su richiesta delle competenti amministrazioni e nei limiti delle quote indicate dal CIPE, alle amministrazioni pubbliche ed agli operatori pubblici e privati interessati “la quota di finanziamento a carico del bilancio dello Stato per l’attuazione dei programmi di politica comunitaria e può altresì concedere ai soggetti titolari dei progetti compresi nei programmi medesimi, che ne facciano richiesta nei modi stabiliti dal regolamento, anticipazioni a fronte dei contributi spettanti a carico del bilancio delle Comunità europee”.

[108] Gli obiettivi di tale iniziativa possono riassumersi nell’analisi sia della struttura del mercato del lavoro in diversi Paesi europei (in particolare Italia e Portogallo), che delle politiche dell’immigrazione a livello nazionale e locale e delle modalità di integrazione sociale e culturale poste in essere dai Paesi coinvolti.

[109] Il totale indicato nella verifica del rendiconto è £. 13.244.319.338, e non 13.244.319.329.

[110] Per tali si intendono le collaborazioni professionali e tecniche esterne.

[111] In tale voce sono imputate le spese riguardanti il ricorso agli esperti (per la formazione, per le politiche migratorie, per l’insegnamento linguistico, etc..) e quelle di gestione dell’attività di inserimento lavorativo (e cioè le spese per le collaborazioni professionali, i viaggi e le trasferte fatte, le spese postale e telefoniche ascrivibili a tali attività etc..)

[112] L’importo di tale voce è notevolmente aumentato a causa dell’ampliamento dell’AILE, così come verrà più analiticamente dimostrato nel paragrafo 9.2.4

[113] L’obiettivo 1 contempla la promozione dello sviluppo e l’adeguamento strutturale delle regioni definite “in ritardo di sviluppo”; l’obiettivo 3 sostiene l’adeguamento e l’ammodernamento delle politiche e dei sistemi di istruzione, formazione e occupazione per le regioni escluse dall’obiettivo 1.

[114] Sic art. 32, 3° comma del Regolamento.

[115] V. nota della Direzione Generale Reti Informative n. 27/IV dell’11 febbraio 2003.

[116] Trattasi di un progetto multasse

[117] I 2 server centrali erano già di proprietà del Ministero.

[118] La convenzione con l’INPS è stata firmata il 14 ottobre 2000, mentre quella con l’INAIL il 24 luglio 2001. Per quanto riguarda i costi derivanti dall’attuazione delle convenzioni in esame, si osserva che i medesimi, secondo quanto pattuito all’art. 6 delle due convenzioni, “competono a ciascuna delle Parti, in considerazione della compensabilità degli stessi e dell’interesse reciproco all’implementazione e all’aggiornamento dell’archivio anagrafico dei lavoratori provenienti dai Paesi extracomunitari”.

 

[119] V. nota citata della Direzione generale per le reti informative

[120]  idem come supra.

[121] V. relazione allegata alla nota della Direzione Generale Impiego n. 444/SDGI/2003 del 28 febbraio 2003

[122] V. verbale della riunione tenutasi il 6 novembre 2001 fra la Direzione Generale Impiego, l’INPS e l’INAIL dal quale si evince che a quella data i collegamenti non erano ancora operativi e che si rimandava ad una successiva riunione la definizione delle modalità di trasmissione dei dati da parte dei due Enti.

[123] La somma di £. 938.560, impegnata quale corrispettivo di una convenzione avente ad oggetto la riparazione per stampanti di rete non è indicata, in quanto l’intervento medesimo è stato ricompreso nell’assistenza contrattuale delle macchine medesime e, pertanto, la relativa somma è andata in economia.

[124] Nell’anno 2001 sono andate in economia £. 93.602.090.

[125] Alla Caritas  devono ancora essere pagate £. 25.000.000 (€. 25.882,84) in esecuzione del D.I n. 1062 del 17 aprile 2001.

[126] Anche l’OIM, come già detto, non ha ricevuto il corrispettivo pattuito.

[127] La somma di £. 938.560, impegnata quale corrispettivo di una convenzione avente ad oggetto la riparazione per stampanti di rete non è indicata, in quanto l’intervento medesimo è stato ricompreso nell’assistenza contrattuale delle macchine medesime e, pertanto, la relativa somma è andata in economia.

[128] Nell’anno 2001 sono andate in economia £. 93.602.090.