ANCHE I SILENZI UCCIDONO

 

Mentre si sta scatenando in tutta Italia la caccia al rom, ritenuto il nemico interno per eccellenza, quando si tratta di riconoscere loro i diritti pi basilari che spettano a tutte le persone, ritardi e colpevoli silenzi si moltiplicano. Non stupisce neppure la condizione di abbandono nella quale sono lasciati da oltre dieci anni i rom kosovari, serbi e montenegrini presenti nel campo ubicato a Palermo vicino allo stadio, allĠinterno di una zona destinata a riserva naturale. Quel campo ha ucciso in diverse occasioni, bambini e adulti, morti per cause spesso rimaste inspiegabili, ma assai probabilmente drivanti dalle condizioni di degrado nelle quali sono abbandonati dalle istituzioni, capaci solo di colpire con i decreti di espulsione quanti non sono in regola con il permesso di soggiorno, anche se si tratta di persone gravemente malate per le quali lĠallontanamento forzato dallĠItalia si potrebbe trasformare in una condanna a morte.

 

Lo scorso anno, dopo tre giorni di agonia in ospedale, senza che i medici fossero riusciti a capire la ragione delle continue emorragie e poi dello stato di coma, Vera, una donna rom originaria del Montenegro, se ne era andata in una sera di pioggia. A distanza di sei mesi dalla morte di Vera il perito nominato dal tribunale non ha ancora consegnato i risultati delle sue indagini, nessuno ha ancora una spiegazione per la morte di Vera, dopo giorni di inutili ricerche da parte dei medici ai quali si era rivolta.

Adesso con le misure annunciate dai vincitori delle ultime elezioni si potranno attendere altre deportazioni di massa, non solo oltre i confini delle cittˆ, ma anche nei paesi di provenienza, come nel caso dei Rom espulsi da Rutelli a Roma nel 2000, e poi risarciti dal governo Berlusconi dopo lĠintervento della Corte europea dei diritti dellĠuomo.

Forse riusciranno ad espellere anche la famiglia di Vera prima che sia stato possibile accertare la veritˆ.

 

Il silenzio delle istituzioni ed i ritardi nellĠaccertamento delle cause della morte di Vera contribuiranno in qualche piccola misura ad accrescere ulteriormente la segregazione dei Rom. Il fratello di Vera nel frattempo ha ricevuto un decreto di espulsione da parte della Questura di Palermo perchŽ non ha rinnovato tempestivamente il permesso di soggiorno scaduto proprio nei giorni in cui Vera era agonizzante in ospedale. Intanto le condizioni igieniche nel quale il campo rom di Palermo  tenuto da anni, rimangono immutate, e rischiano di produrre altri decessi, per il divieto di qualsiasi intervento strutturale da parte degli enti locali, e della Prefettura , con un ruolo pilatesco del Consiglio territoriale per lĠimmigrazione. Non si contano pi i decessi per tumori e malattie gastrointestinali.  Malgrado lĠimpegno di poche associazioni che hanno ottenuto il risultato della scolarizzazione della maggior parte dei minori, che non vanno pi a chiedere lĠelemosina per strada,  le istituzioni locali si limitano a minacciare periodicamente il trasferimento del campo, di fatto una deportazione forzata, senza proporre per˜ soluzioni concrete e condivise, da parte della popolazione locale e degli stessi rom.

 

Soltanto pochi volontari sono rimasti accanto alla famiglia di Vera, al fratello, difeso dallĠAvv. Giorgio Bisagna, alla nipotina che la vedeva come la mamma che aveva perduto appena nata, alla nonna di ottantacinque anni, una delle poche donne rom che sono arrivate a questa etˆ a Palermo, che adesso  sempre pi ammalata e vuole soltanto seguire sua figlia nella morte. Resteremo a fianco dei Rom di Palermo perchŽ sappiamo che presto tutto potrˆ andare ancora peggio di prima, con le minacce di sgombero, con le incursioni della polizia e dei carabinieri, che avevano perquisito inutilmente la povera baracca di Vera pochi giorni prima della sua morte, in cerca di chissˆ che cosa, con la incapacitˆ delle istituzioni nel trovare una soluzione dignitosa per la nuova ubicazione del campo, con le piccole clientele alimentate ad arte per gestire il malcontento e la disillusione dei rom.

In attesa di qualche miracolosa Òpulizia etnicaÓ, di un altro patto per la sicurezza, per lĠallontanamento dei rom fuori dai confini cittadini e per la espulsione di tutti coloro che sono privi di permesso di soggiorno, anche se questo significherˆ la separazione dei figli dai padri e dalle madri che tra loro non sono uniti da matrimoni validi per lo stato italiano. Espulsioni a valanga, esattamente come voluto ieri dal vecchio governo ed oggi con misure che si annunciano razziste ed incostituzionali da parte dei nuovi governanti del nostro sfortunato paese, un modo per tranquillizzare la vacillante percezione della sicurezza dellĠopinione pubblica italiana.

Non importa se la logica del campo, ed i silenzi delle istituzioni, alternati ad interventi di stampo meramente repressivo, uccidano ancora, come continua a succedere a Palermo.

 

Quella che si annuncia nei prossimi giorni in Italia  una vera e propria gara tra sindaci di ogni colore e prefetti per cacciare dalle cittˆ i gruppi di immigrati ritenuti pi pericolosi per la sicurezza dei cittadini. Intanto nessuna seria misura per legalizzare lĠingresso ed il soggiorno dei migranti in Italia, nessuna risorsa trasferita dalle misure di accompagnamento forzato agli strumenti di integrazione, nessun serio progetto per il popolo rom residente da anni in Italia, composto adesso, in parte, anche da cittadini comunitari.  Quella stessa opportunitˆ di difesa legale , fino alla Corte Europea dei diritti dellĠuomo, garantita allora ai rom deportati nel 2000 in Bosnia va oggi assicurata a tutti i Rom che nei prossimi giorni saranno oggetto di operazioni di delocalizzazione, di fatto vere e proprie deportazioni, in nome di quella parte dellĠopinione pubblica che, dopo la enfatizzazione di gravi ma isolati fatti di cronaca, reclama la applicazione della legge del taglione.  

Di fronte allĠoffensiva mediatica e politica che reclama sempre e soltanto sicurezza,  si registrano troppo silenzi e troppe interessate complicitˆ. Il silenzio sulle cause della morte di Vera non  soltanto un normale ritardo burocratico, corrisponde al modo nel quale le istituzioni trattano i rom, considerati come esseri umani di serie zeta.

A questi colpevoli ritardi occorre reagire con la memoria, con una nuova capacitˆ di comunicare con lĠopinione pubblica, anche attraverso strumenti di informazione autogestiti,  accrescendo ovunque  la capacitˆ di mobilitazione.

Contro la xenofobia dilagante occorre immaginarsi e praticare un nuovo movimento antirazzista capace di difendere insieme i diritti dei migranti ed i diritti delle fasce sociali pi deboli.

Un percorso che va oltre le leggi contro la discriminazione razziale, i governi e forse anche oltre le forme di aggregazione, di rappresentanza e di comunicazione che noi stessi siamo riusciti a praticare finora.

 

Fulvio Vassallo Paleologo

Universitˆ degli studi di Palermo