Legislatura 16º - Disegno di legge N. 905


 
 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

N. 905
 
 
 

 

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal Ministro degli affari esteri (FRATTINI)

dal Ministro dell’interno (MARONI)

e dal Ministro della giustizia (ALFANO)

di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (TREMONTI)

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 15 LUGLIO 2008

Adesione della Repubblica italiana al Trattato concluso il 27 maggio 2005
tra il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania,
il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica d’Austria, relativo all’approfondimento della cooperazione transfrontaliera, in particolare
allo scopo di contrastare il terrorismo, la criminalità transfrontaliera
e la migrazione illegale (Trattato di Prum).
Istituzione della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio
centrale per la banca dati nazionale del DNA. Delega al Governo per l’istituzione dei ruoli tecnici del Corpo di polizia penitenziaria

 

Onorevoli Senatori. – Il 4 luglio 2006 il Ministro dell’interno, Giuliano Amato, ha dichiarato, per conto del Governo italiano, a Berlino, l’intenzione dello Stato italiano di aderire agli Accordi di Prum. Tale Convenzione, denominata «Schengen 2», è stata firmata a Prum (Germania) il 27 maggio 2005 tra sette Paesi dell’Unione europea (Belgio, Francia, Germania, Spagna, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria) ed è aperta all’adesione e ratifica di altri Paesi della medesima Unione europea. Essa rappresenta un valore aggiunto rispetto agli accordi di Schengen, poiché è volta a rafforzare la cooperazione transfrontaliera nella lotta ai fenomeni montanti del terrorismo, della immigrazione clandestina, della criminalità internazionale e transnazionale. Le disposizioni in essa contenute rendono, infatti, possibile, lo scambio di informazioni concernenti dati informatici relativi a impronte digitali e dati genetici (DNA), con correlativa predisposizione di un livello adeguato di protezione dei dati medesimi da parte del Paese contraente destinatario.

    Si tratta di un accordo molto importante tant’è che la Germania, quale presidente di turno, ne ha proposto la trasposizione nel sistema giuridico dell’Unione europea, anche in relazione ai lusinghieri risultati operativi già ottenuti nella prima fase di attuazione. È stato, pertanto, avviato il procedimento per il recepimento di gran parte delle disposizioni contenute nel Trattato di Prum, coincidenti per materia con quelle del III Pilastro, tra cui anche quelle relative allo scambio dei profili del DNA. Si richiama, in proposito, tra i documenti più recenti, la bozza di progetto di decisione 9460/07 del 14 maggio 2007.
    Anche la Commissione europea ha dato il proprio sostegno alla trasposizione del Trattato ed ha assicurato la disponibilità a sostegni di natura finanziaria per sovvenzionare eventuali Progetti proposti dagli Stati che dovessero incontrare difficoltà nell’attuazione delle disposizioni volte a potenziare la collaborazione di polizia in questione.
    Peraltro, in data 18 luglio 2007, il Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’Accordo di Schengen ha adottato una risoluzione con la quale ha impegnato il Governo «a prendere entro il 30 settembre 2007 le opportune iniziative volte a ratificare il Trattato di Prum, ad intervenire sulla normativa nazionale in materia in modo da consentire una rapida adesione dell’Italia al Trattato di Prum e a continuare ad adoperarsi per la piena trasposizione del Trattato di Prum nell’ordinamento comunitario».
    Il Trattato intende concretamente migliorare e rendere efficace lo scambio di informazioni, consentendo – nel rispetto delle norme in materia di protezione dei dati personali – l’accesso automatizzato ad alcuni schedari nazionali degli Stati aderenti.
    Si tratta del reciproco accesso, lettura diretta ed on line ai dati dei registri di immatricolazione dei veicoli, nonché degli archivi d’analisi del DNA e dei dati dattiloscopici (impronte digitali), secondo specifiche modalità. In tale modo il servizio che effettua la consultazione riceverà in riscontro direttamente e per via informatica l’informazione sull’esistenza o meno del dato richiesto nello schedario del partner. Inoltre, allo scopo di migliorare la cooperazione di polizia il Trattato prevede, oltre allo scambio di informazioni su potenziali terroristi:

        la possibilità di istituire come pattuglie comuni e di delegare competenze di forza pubblica a Forze di polizia appartenenti alle altre Parti contraenti, nonché l’assistenza in occasione di eventi di grande portata;

        lo svolgimento di operazioni oltre frontiera su richiesta (o anche senza, in casi di urgenza) con la possibilità di esercitare alcuni poteri di polizia;
        meccanismi di cooperazione in materia di attività di contrasto dei documenti falsi, di impiego di guardie armate a bordo degli aerei ed in materia di espulsione.

    Il disegno di legge prevede, pertanto, alcune disposizioni necessarie per adeguare l’ordinamento interno a quanto previsto nel Trattato medesimo, che attengono, in particolare, al contenuto della dichiarazione allegata all’impegno sottoscritto dal Ministro dell’interno a Berlino il 4 luglio 2006.

    In proposito, in sede di deposito dell’atto di adesione sarà riproposta la dichiarazione allegata al predetto atto d’impegno, salvo che per la parte relativa allo scambio dei dati di analisi del DNA se, come previsto dal disegno di legge, sarà contestualmente istituita la banca dati del DNA.
    Considerato, pertanto, che tra le varie banche dati dei Paesi dell’Unione aderenti al Trattato di Prum che dovranno entrare in correlazione tra di loro vi è anche quella del DNA, occorre premettere che l’Italia non possiede, allo stato, una banca dati del DNA; sicché l’adesione al Trattato appare in concreto condizionata, quanto agli effetti, all’approvazione della legge istitutiva di tale banca dati.
    Pertanto con il presente disegno di legge si provvede all’autorizzazione all’adesione al Trattato di Prum, con l’introduzione delle necessarie norme di adeguamento interno, con specifico riferimento a quelle relative alla istituzione della banca nazionale del DNA.
    A quest’ultimo riguardo appare altresì opportuna un’altra premessa: negli ultimi sei anni, diversi Paesi europei hanno istituito banche nazionali del DNA contenenti i profili genetici di persone sospettate o condannate e quelli estratti da tracce rilevate sulla scena del crimine nei casi irrisolti. Attualmente sono attive, parzialmente o a pieno regime, banche nazionali del DNA in Olanda, Regno Unito, Austria, Germania, Finlandia, Norvegia, Danimarca, Svizzera e Svezia. Inoltre, in altri Stati europei sono già in corso di preparazione o di approvazione specifiche legislazioni.
    Peraltro, si tratta non soltanto di affinare e potenziare gli strumenti tecnologicamente avanzati a fini di indagine per i reati di criminalità organizzata e di terrorismo, che sono sempre più a connotazione transnazionale. La banca dati del DNA è diretta anche a stabilire l’identità dei cadaveri, ricostruendo i profili del DNA dei familiari; nonché a rintracciare persone scomparse e a scoprire gli autori di reati che oggi, in larga parte, rimangono ignoti, come furti e rapine.
    A tale proposito, anche il primo presidente della Corte di cassazione, in occasione della inaugurazione dell’anno giudiziario 2006, ha rimarcato che, nel 2005, sono stati ben 2.855.372 i delitti denunciati, di cui poco più della metà rimasti impuniti perché ignoti gli autori; mentre, con particolare riguardo ai furti, è stato ricordato che ne sono stati denunciati, nel 2005, un milione e mezzo, la cui quasi totalità è rimasta impunita per essere rimasti ignoti gli autori. In occasione della inaugurazione dell’anno giudiziario per l’anno 2007, il primo presidente della Corte di cassazione ha riferito, con riguardo al periodo 1º luglio 2005 – 30 giugno 2006, che, pur essendo considerevolmente diminuito il numero dei reati denunciati (da 2.855.372 a 2.526.486, con una riduzione dell’11,51 per cento), rimane eccessiva la percentuale di quelli ad opera di ignoti (1.992.943). Va pure precisato che la banca dati in esame serve solo alla identificazione e non contiene informazioni generali sul soggetto.
    L’unica struttura presente in Italia, simile a quella richiesta per il test del DNA è legata all’identificazione mediante l’impronta digitale.
    Nel nostro Paese non esiste alcun coordinamento per lo scambio di dati tra i laboratori delle Forze di polizia e degli istituti di medicina legale a cui l’autorità giudiziaria normalmente affida l’analisi dei DNA. Tutti i risultati ottenuti dall’analisi dei DNA rimangono confinati ai singoli episodi ed eventuali comparazioni di dati vengono effettuate con ricerche manuali.
    Anche sotto tale profilo, pertanto, è necessaria la legislazione specifica che permetta l’istituzione di una banca dati nazionale del DNA, la cui consultazione garantisca il rispetto delle vigenti norme sulla sicurezza e privacy impedendone la consultazione diretta da parte di organismi esterni ed enti privati.
    Si ritiene, infine, di precisare che per la predisposizione del presente disegno di legge sono stati tenuti presenti i risultati del lavoro di studio svolto dal Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri nel corso della XIV legislatura ed i cui lavori sono terminati con relazione finale depositata il 18 aprile 2005.
    Quanto agli altri Stati dell’Unione europea, va detto che l’Inghilterra dispone di una banca dati del DNA fin dal 1995 e che nel 2003 anche Lettonia ed Ungheria si sono dotate di una banca dati del DNA. Va aggiunto che in Inghilterra, fino al 2003, la banca dati del DNA aveva già immagazzinato oltre due milioni di profili. Sia in Germania che in Inghilterra, inoltre, proprio per effetto della operatività della banca dati del DNA, la percentuale di identificazione di autori di reato è salita dal 6 per cento al 60 per cento.

Esame dell’articolato

Il  Capo I contiene le disposizioni di carattere generale.

    L’articolo 1 prevede l’autorizzazione all’adesione al Trattato Prum.
    L’articolo 2 prevede la piena esecuzione del Trattato a decorrere dal novantesimo giorno successivo al deposito dello strumento di adesione, così come previsto dall’articolo 51, paragrafo 3, del medesimo Trattato.
    L’articolo 3 rinvia ad un decreto del Ministro dell’interno e del Ministro della giustizia l’individuazione delle autorità di riferimento per le attività previste dal Trattato. Si tratta di autorità che devono essere comunicate al momento del deposito dell’atto di adesione ai sensi dell’articolo 42 del Trattato. Lo stesso articolo 42 prevede la possibilità di modificare nel tempo tale comunicazione, per cui si rende necessario il ricorso ad uno strumento flessibile.
    L’articolo 4 disciplina l’eventuale risarcimento del danno, correlato all’eventuale impiego in Italia di agenti di altri Paesi, in attuazione dell’articolo 30 del Trattato, attraverso il rinvio ad una regola di carattere generale.

Il  Capo II disciplina l’istituzione della banca dati del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA.

    L’articolo 5, comma 1, istituisce la banca dati nazionale del DNA, a carattere interforze (come sarà, poi, disciplinato dai regolamenti) e collocata all’interno del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno (al pari del Casellario centrale di identità o degli altri organismi interforze). L’articolo 5, comma 2, prevede l’istituzione del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA presso il Ministero della giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.
    L’articolo 6 è dedicato alle definizioni: si tratta di disposizione volta alla semplificazione della redazione legislativa.
    Gli articoli 7 e 8 specificano, rispettivamente, l’attività della banca dati e del laboratorio centrale.

    In particolare, l’articolo 7 opera la descrizione delle attività della banca dati istituita presso il Ministero dell’interno:

        – raccolta del profilo del DNA dei soggetti di cui all’articolo 9, commi 1 e 2;

        – raccolta dei profili del DNA relativi a reperti biologici acquisiti nel corso di procedimenti penali;
        – raccolta dei profili del DNA di persone scomparse o loro consanguinei, di cadaveri e resti cadaverici non identificati;
        – raffronto dei profili del DNA a fini di identificazione.

    L’articolo 8 descrive le attività del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA, vale a dire la estrazione del profilo del DNA dei soggetti di cui all’articolo 9, commi 1 e 2 e la conservazione dei campioni biologici dai quali vengono tipizzati i profili del DNA.

    Tale costruzione consente, pertanto, alle Forze di polizia di custodire, per la successiva consultazione e gli immediati raffronti, i soli dati relativi ai profili del DNA; laddove al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria viene riservata l’attività di tipizzazione, vale a dire l’estrazione del profilo nei confronti dei soggetti indicati nell’articolo 9, che provvederà, successivamente, a trasmettere (si tratta di un file) alla banca dati nazionale del DNA.
    Occorrendo varare una legislazione in grado di apprestare le più adeguate garanzie per fronteggiare e scongiurare utilizzazioni distorte della banca dati nazionale del DNA, si è ritenuto di inserire in maniera esplicita alcuni limiti invalicabili: per un verso, la banca dati ha finalità esclusive di identificazione personale per la polizia giudiziaria e l’autorità giudiziaria, nonché per le finalità di collaborazione internazionale delle Forze di polizia (articolo 12, comma 2); per l’altro, l’analisi può riguardare solo segmenti non codificanti del genoma umano, dai quali non siano desumibili informazioni sulle caratteristiche del soggetto analizzato, quali, ad esempio, malattie (articolo 11, comma 3). Per un altro verso ancora, si è voluto mantenere elevato il livello delle garanzie, tenendo distinti il luogo di raccolta e confronto dei profili del DNA (banca dati nazionale del DNA) dal luogo di estrazione dei predetti profili e di conservazione dei relativi campioni biologici (laboratorio centrale presso l’Amministrazione penitenziaria), nonché dal luogo di estrazione dei profili provenienti da reperti (laboratori delle Forze di polizia o altrimenti specializzati), evitando promiscuità che si potrebbero rivelare pregiudizievoli per la genuinità dei dati raccolti ed analizzati.
    I polmoni di alimentazione della banca dati nazionale del DNA sono, quindi, essenzialmente due: da un lato i profili del DNA estratti dai reperti biologici, ossia i materiali acquisiti sulla scena del reato dalla polizia giudiziaria ed esaminati dai laboratori delle Forze di polizia ovvero da altri laboratori di elevata specializzazione, pubblici o privati. La finalità della banca dati del DNA è, del resto, proprio quella di stabilire l’appartenenza dei reperti acquisiti sulla scena del reato; si prevede, quindi, l’obbligo per l’Autorità giudiziaria che abbia disposto a mezzo di consulenza tecnica, accertamento tecnico o perizia, la tipizzazione del profilo del DNA (ad esempio sul passamontagna o sulla traccia ematica repertati sul luogo della rapina o dell’omicidio), di inviare alla banca dati il risultato dell’analisi (quindi, il solo profilo), così da assicurare che, a livello centrale, siano conservate e rese disponibili tutte le analisi effettuate con questa metodologia nell’ambito di investigazioni criminali (articolo 10, comma 1). Occorre, peraltro, precisare che l’obbligo concerne esclusivamente i reperti acquisiti sul luogo del fatto o comunque su cose pertinenti al reato e non già i campioni biologici eventualmente prelevati su persone nei cui confronti si sono svolte le indagini (prelievo, volontario o coattivo, del DNA a fini probatori a carico dell’indagato).
    Su un altro versante, si è pensato (articolo 10, comma 2) anche alla sorte dei reperti biologici acquisiti ad un procedimento penale e mai analizzati: in questo caso si è rimessa al pubblico ministero individuato ai sensi dell’articolo 655, comma 1, del codice di procedura penale, la facoltà di richiedere al giudice dell’esecuzione, dopo che è divenuta irrevocabile la sentenza che ha definito il procedimento, di ordinare la trasmissione del reperto medesimo ad un laboratorio delle Forze di polizia ovvero di altre istituzioni di elevata specializzazione, per la tipizzazione del profilo ed il successivo trasferimento degli stessi alla banca dati nazionale del DNA.
    I profili del DNA estratti dai reperti raccolti nel corso delle indagini penali e rimasti non attribuiti ad alcuno vengono confrontati con il profilo del DNA di persone note, selezionate in base ad un criterio assai semplice e di immediata rilevabilità, quale l’essere stato sottoposto a privazione della libertà personale: soggetti cui sia stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari; persone arrestate in flagranza di reato ovvero nei casi in cui l’arresto è consentito fuori dai casi di flagranza; persone sottoposte a fermo di indiziati di delitto; persone detenute o internate a seguito di sentenza irrevocabile, o sottoposte a misure di sicurezza detentive, a titolo provvisorio o definitivo. Questo rappresenta il secondo polmone di afflusso dei profili del DNA alla banca dati nazionale del DNA.
    Tale soluzione si fonda sulla considerazione che, se una persona è privata della libertà personale, trovandosi in stato di detenzione, ben può essere sottoposta ad altra limitazione, che si ritiene minima, della libertà personale e che consiste nel prelievo coattivo del piccolo saggio di saliva (nel quale sono presenti cellule della mucosa del cavo orale). Tale giustificazione appare ancora più plausibile ove si consideri che il soggetto privato della libertà personale è sottoposto ad una serie di rilievi che hanno varie finalità: viene perquisito, foto-segnalato, gli vengono rilevate le impronte dattiloscopiche ed è sottoposto a prelievo ematico per verificare la presenza di infezione da HIV o altre malattie a carattere epidemico.
    Peraltro, proprio al fine di evitare una indiscriminata, quanto inutile, attività di prelievo del DNA nei confronti di tutti i soggetti detenuti, si sono introdotte delle limitazioni, prevedendo che si deve trattare di delitti non colposi, consumati o tentati, con esclusione dei delitti tendenzialmente non connotati da violenza o minaccia, di quelli contro l’amministrazione della giustizia, dei delitti di falso, dei delitti fallimentari ed altri (articolo 9, commi 1 e 2).
    Il prelievo del campione biologico è normalmente operato da personale della polizia penitenziaria; tuttavia, nei casi di arresto in flagranza o di fermo potrebbe procedervi anche personale specificamente addestrato delle Forze di polizia o personale sanitario ausiliario della polizia giudiziaria (articolo 9, comma 4). Nei casi di arresto in flagranza e fermo il prelievo potrà essere effettuato, poi, esclusivamente dopo la convalida degli stessi da parte del giudice; detta limitazione è prevista allo scopo di impedire ogni possibile abuso da parte della polizia giudiziaria, subordinando il prelievo al previo vaglio del giudice in ordine alla legittimità del provvedimento privativo della libertà personale.
    Al pari delle similari esperienze straniere, la banca dati nazionale contiene i profili del DNA dei cadaveri non identificati e dei soggetti consanguinei delle persone scomparse. Per quanto riguarda i cadaveri non identificati, il meccanismo di acquisizione del profilo del DNA è simile a quello dei reperti sul luogo del fatto di reato.

    L’articolo 11 stabilisce che l’analisi del campione e del reperto biologico ai fini della tipizzazione del profilo del DNA, per la successiva trasmissione alla banca dati nazionale, deve essere eseguita in laboratori certificati a norma ISO/IEC e sulla base di parametri riconosciuti a livello internazionale, in modo da assicurare la uniformità dei dati acquisiti.
    L’articolo 12 regola il trattamento dei dati, l’accesso e la tracciabilità dei campioni. In particolare il comma 1 stabilisce che i profili ed i relativi campioni non contengono le informazioni che consentono la diretta identificazione del soggetto cui sono riferiti. Si tratta, quindi, di un accesso di secondo livello; sicché la polizia giudiziaria ovvero la stessa autorità giudiziaria dovranno prima richiedere di effettuare il confronto e, solo se esso è positivo, potranno essere autorizzati a conoscere il nominativo del soggetto cui appartiene il profilo. Peraltro, opportunamente si introduce la necessità di identificare sempre e comunque l’operatore che ha consultato la banca dati, nonché di registrare ogni attività concernente i profili e i campioni.

    La banca dati, pertanto, può essere compulsata solo ad opera del personale addetto ed autorizzato, secondo modalità che ne consentano la tracciabilità ossia la individuazione della postazione e del soggetto che ha effettuato l’accesso alla banca dati: le richieste potranno provenire soltanto dalle Forze di polizia, dall’autorità giudiziaria, nonché, nei limiti della legislazione, dai difensori nel quadro delle investigazioni difensive.

    L’articolo 13 assolve ad una funzione eminentemente organizzativa, essendo diretto ad evitare che il laboratorio centrale assuma dimensioni difficilmente gestibili. Si prevede, in particolare, che, a seguito di identificazione di cadavere o resti cadaverici, nonché del ritrovamento di persona scomparsa, venga disposta, anche di ufficio, la cancellazione dei profili del DNA e dei campioni biologici. Il comma 3 della medesima norma assolve, invece, ad una funzione di garanzia, contemplando l’obbligo di cancellazione, d’ufficio o a richiesta, dei profili – e la conseguente distruzione dei campioni – allorquando siano state violate le disposizioni di cui all’articolo 9.

    Riguardo al tempo di conservazione dei profili dei soggetti sottoposti a prelievo di campione biologico, è evidente che il funzionamento della banca dati del DNA è legato al fenomeno della recidiva: le possibilità che il profilo del DNA di un soggetto arrestato per i reati previsti dalla presente legge sia riconosciuto corrispondente alle tracce di un altro reato aumentano in proporzione alla ampiezza del lasso temporale in cui tale confronto è possibile; al di sotto di un limite minimo la banca dati nazionale del DNA potrebbe risultare inutile (tenendo conto di un primo periodo in cui il soggetto resta detenuto); allo stesso tempo, occorre comunque fissare un limite massimo di conservazione, per evitare una indefinita sottoposizione a controllo anche a distanze di tempo considerevoli. Si propone, quindi, un termine massimo di quarant’anni che rappresenta un lasso di tempo congruo per superare, secondo un dato di esperienza, il periodo di plausibile recidiva (articolo 13, comma 4), entro il quale dovrà essere stabilito il tempo di conservazione nell’ambito dei regolamenti previsti dall’articolo 16 della legge. Il medesimo comma 4 prevede, poi, una durata massima pari a venti anni per la conservazione dei campioni biologici; la conservazione di questi ultimi per un periodo superiore a quello richiesto per la tipizzazione dei profili si rende assolutamente necessaria per consentire di mantenere la banca dati perfettamente funzionante. Ed invero, le continue evoluzioni nelle tecniche di tipizzazione e confronto rendono, nell’arco di pochi anni, già obsoleta la tecnologia precedentemente impiegata; è pertanto indispensabile conservare i campioni per almeno venti anni, onde consentirne nuove analisi ogni qual volta si rendesse disponibile una innovazione in tal senso, permettendo così di ottenere sempre un dato confrontabile con gli altri conservati nella medesima banca dati. Anche in questo caso, come per i profili, il termine è concretamente individuato nell’ambito dei regolamenti di cui sopra.

    L’articolo 14 prevede le sanzioni irrogabili a carico dei pubblici ufficiali i quali facciano uso o comunichino a terzi le informazioni al di fuori dei casi consentiti dalla legge; in tal caso l’autore del reato sarà punito con la pena della reclusione da uno a tre anni e, nell’ipotesi di reato colposo, con la pena della reclusione fino a sei mesi.
    L’articolo 15 prevede le istituzioni di garanzia, le quali, analogamente a quanto avviene nelle esperienze straniere, dovranno essere autonome ed estranee alle attività proprie della banca dati nazionale e del laboratorio centrale, svolgendo l’importante compito di controllo del funzionamento e della sicurezza.

    Così si prevede che, nell’ambito delle attribuzioni previste dal codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, il Garante per la protezione dei dati personali eserciti il controllo sulla banca dati nazionale del DNA; al Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita viene, invece, attribuito il compito di garanzia dell’osservanza dei criteri e delle norme tecniche per il funzionamento del laboratorio centrale, nonché quello di eseguire verifiche presso il laboratorio centrale ed i laboratori che lo alimentano.

    All’articolo 16 si è prevista una espressa riserva di regolamento per la disciplina concernente l’organizzazione, il funzionamento e la sicurezza della banca dati e del laboratorio centrale; si tratta di regolamenti da adottarsi su proposta del Ministro della giustizia e del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e il Presidente del Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita. Il regolamento è deputato altresì a prevedere le tecniche e le modalità di analisi e conservazione dei campioni biologici; le attribuzioni del responsabile della banca dati e del responsabile del laboratorio centrale, nonché le competenze tecnico-professionali del personale addetto; ed ancora i criteri per la cancellazione dei profili del DNA e la distruzione dei relativi campioni biologici.
    L’articolo 17 reca le disposizioni transitorie ed assolve alla funzione di evitare di disperdere i profili del DNA acquisiti nel corso di procedimenti penali prima della entrata in vigore della presente legge, sempre previo nullaosta dell’autorità giudiziaria. Sarà cura delle Forze di polizia provvedere al trasferimento del profilo presso la banca dati del DNA.

    Il comma 2 della medesima disposizione prevede altresì che entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’Amministrazione penitenziaria provveda a prelevare il campione biologico nei confronti di detenuti e internati di cui all’articolo 9.
    A tale fine si prevede, al comma 3, la possibilità per l’Amministrazione penitenziaria di stipulare apposite convenzioni nei limiti delle risorse di cui all’articolo 25, della durata massima di tre anni, con istituzioni di elevata specializzazione o con laboratori esterni per la tipizzazione dei profili, nonché convenzioni con le Forze di polizia per la formazione e l’addestramento del proprio personale.

    L’articolo 18 reca la delega legislativa al Governo, da esercitarsi entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, per l’emanazione di uno o più decreti legislativi diretti ad integrare l’ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, in modo da garantire che all’interno dell’Amministrazione penitenziaria siano reclutate quelle unità di personale dotate delle specifiche cognizioni e competenze tecniche per la gestione ed il funzionamento del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA.

Il  Capo III disciplina lo scambio di informazioni ed altre forme di cooperazione.

    L’articolo 19 rinvia al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, per quanto concerne lo scambio informativo dei dati del DNA, di cui agli articoli da 2 a 7 del Trattato, nonché dei dati dattiloscopici, di quelli relativi ai registri di immatricolazione dei veicoli, nonché quelli relativi alle grandi manifestazioni transfrontaliere, di cui agli articoli 8, 9, 12 e 15 del Trattato.
    L’articolo 20 rinvia ad apposite intese con gli altri Paesi, come consentito dall’articolo 17 del Trattato, l’integrazione delle modalità d’impiego di guardie giurate armate a bordo degli aeromobili. Assicura altresì la copertura normativa per le modalità di trasporto delle armi delle medesime guardie giurate fino al luogo in cui debbono essere custodite nell’ambito dell’area aeroportuale.
    L’articolo 21 definisce la disciplina relativa alla costituzione di unità a composizione mista per interventi comuni di Paesi aderenti al Trattato, di cui all’articolo 24 del Trattato, con specifico riferimento alla limitazione delle funzioni che possono essere svolte da agenti di altri Paesi nel territorio nazionale, con il rinvio alle vigenti disposizioni di legge e di regolamento e con l’attribuzione delle funzioni di agente di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria.

    Il medesimo articolo 21 prevede, altresì, il rinvio anche all’articolo 9 della legge 21 febbraio 1990, n. 36, concernente la disciplina sull’autorizzazione al porto di armi sul territorio nazionale da parte di agenti stranieri, atteso che, ai sensi dell’articolo 28 del medesimo Trattato, il personale di altri Paesi che fa parte dell’unità mista può entrare sul territorio nazionale portando al seguito l’arma in dotazione o altri mezzi di coazione fisica, autorizzati secondo le disposizioni normative applicabili agli agenti che partecipano all’intervento comune, come previsto nella dichiarazione che l’Italia ha già anticipato nell’impegno sottoscritto a Berlino il 4 luglio 2006, sopra richiamato.

    L’articolo 22 delimita il campo di applicazione dell’articolo 25 del Trattato, in base al quale sono possibili anche sul territorio nazionale interventi d’urgenza da parte di agenti di Paesi confinanti in casi di emergenza. La norma precisa che la necessità dell’intervento deve essere direttamente collegata all’oggettivo rischio che potrebbe derivarne in caso di eventuale ritardo e che gli agenti stranieri operanti possono utilizzare le armi in dotazione esclusivamente per legittima difesa. Infine, in caso di fermo di una persona da parte dei medesimi agenti, viene fatto rinvio alla disciplina di cui all’articolo 5 della legge 30 settembre 1993, n. 388, concernente la ratifica dell’Accordo di Shengen.

Il  Capo IV contiene le disposizioni finali.

    L’articolo 23 prevede che il Ministro dell’interno, in relazione all’attuazione del Trattato ed alle iniziative intraprese, informi ogni anno il Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, di cui all’articolo 18 della richiamata legge n.  388 del 1993.
    L’articolo 24 prevede il rispetto degli accordi internazionali sottoscritti dall’Italia.
    L’articolo 25 reca gli oneri finanziari e la relativa copertura.
    L’articolo 26 disciplina la data di entrata in vigore della legge.

 

Relazione tecnica

        Le norme in esame prevedono l’istituzione della banca dati nazionale del DNA collocata all’interno del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno e l’istituzione del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA presso il Ministero della giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, nonché la stipula di convenzioni da parte di quest’ultimo.

        Le attività del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA consistono nell’estrazione del profilo del DNA nonché nella conservazione dei campioni biologici dai quali vengono tipizzati i profili del DNA.
        I costi di primo impianto e di gestione della banca dati del DNA sono stati acquisiti da varie fonti qualificate.

1. Costo della locazione

        L’allocazione della banca dati nazionale del DNA, ivi compresa l’installazione dei laboratori, necessita di spazi adeguati quantificati in complessivi metri quadri 2.400. Sulla base di indagini di mercato, attualmente il costo delle locazioni in area semi periferica di Roma è pari a 150 euro all’anno per metro quadro. Il costo totale delle locazioni è quindi pari a 360.000 euro all’anno.

2. Spese generali (elettricità ed utenze varie, impianti di condizionamento, spese di sorveglianza, spese telefoniche ecc.).

        Il relativo onere è stato stimato in 500.000 euro all’anno:

        di cui:
            – elettricità50.000 euro

            – condizionamento e riscaldamento100.000 euro
            – pulizia locali30.000 euro
            – spese telefoniche80.000 euro
            – altre utenze e spese40.000 euro
            – manutenzione locali50.000 euro
            – sicurezza locali100.000 euro
            – materiali di facile consumo50.000 euro

3. Apparecchiature scientifiche

            –  n. 4 frigoriferi ultracongelatori – 20º C da 550 litri (5.000 euro)20.000 euro

–        –  n. 1 sistema hardware e software per la gestione dei campioni biologici comprensivo di etichettatrici a codice a barre300.000 euro
            – n. 6 sequenziatori DNA (200.000 euro)1.200.000 euro
            – n. 5 estrattori DNA (100.000 euro)500.000 euro
            – n. 5 quantificatori DNA (200.000 euro)1.000.000 euro
            – n. 12 amplificatori DNA (12.000 euro)144.000 euro
            – n. 8 microcentrifughe (3.000 euro)24.000 euro
            – n. 12 frigoriferi da laboratorio (800 euro)9.600 euro
            – n. 6 bilance da laboratorio (3.000 euro)18.000 euro
            – n. 6 agitatori (2.000 euro)12.000 euro
            – n. 6 agitatori a piatto rotante (800 euro)4.800 euro
–        –  n. 32 set da 4 micropipette da laboratorio (900 euro)28.800 euro

Totale3.261.200 euro
        L’onere relativo all’acquisizione delle apparecchiature scientifiche verrà sostenuto nell’anno 2008.

4. Apparecchiature informatiche

            –  n. 2 software e licenze BioLIMS e Co.d.I.S. (100.000 euro)200.000 euro

–        –  n. 45 collegamenti in rete con Forze di polizia (10.000 euro)450.000 euro
            –  n. 45 postazioni informatiche (1.400 euro)63.000 euro

Totale713.000 euro

        L’onere relativo all’acquisizione delle apparecchiature informatiche verrà sostenuto nell’anno 2008.

5. Manutenzione e quota di ammortamento delle apparecchiature450.000 euro

        Il relativo onere è previsto a decorrere dall’anno 2008.

6. Costo delle analisi

        Il costo delle analisi del DNA è pari a euro 130 a campione, comprensivo dei reagenti e del supporto per il prelievo. Con la dotazione tecnologica individuata, la banca dati dovrebbe, negli anni 2008 e 2009, processare circa 60.000 campioni e, a regime, circa 20.000 campioni all’anno. Pertanto il costo delle analisi è pari a 3.900.000 euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e a 2.600.000 euro a regime.

7. Scambio informativo dei dati del DNA e di dati personali

        Gli articoli 8 e 9 del Trattato, richiamati nell’articolo 19 del disegno di legge, prevedono lo scambio dei dati dattiloscopici, attraverso un sistema che consenta ai punti di contatto dei diversi Paesi interessati di accedere ai dati indicizzati creati a tale scopo, al fine di una consultazione automatizzata tramite una comparazione dei medesimi dati.

        La realizzazione di tale sistema comporta oneri aggiuntivi derivanti dalla necessità di acquisire un hardware dedicato alla gestione del collegamento ed un software dedicato all’interfacciamento con Sistema automatizzato di identificazione delle impronte (Automated fingerprint identification system – AFIS). Determina, altresì, la predisposizione di postazioni dedicate.
        Secondo un preventivo definito dalla società fornitrice del sistema AFIS, il costo complessivo dell’intervento è di 1,2 milioni di euro per il primo anno e di 200.000 euro a regime per il costo di manutenzione.
        Non si prevedono oneri aggiuntivi in relazione all’utilizzo di personale in quanto i compiti previsti per lo svolgimento delle attività di scambio dati potranno essere espletati dal personale già in servizio.

8. Costo del personale

 

Figura professionale

Lordo

Irap

Oneri
Sociali

Totale
oneri
stipendiali

Totale
onere

n. 7 biologi (ruolo tecnico corrispondente a commissario)


33.633,04  


2.858,81  


10.049,55  


46.541,40  


325.789,81

n. 2 informatici (ruolo tecnico corrispondente a commissario)


33.633,04  


2.858,81  


10.049,55  


46.541,40  


93.082,80

n. 11 periti (ruolo tecnico corrispondente a ispettore)


30.540,82  


2.595,97  


9.125,60  


42.262,39  


464.886,25

n. 12 revisori (ruolo tecnico corrispondente a sovrintendente)


28.684,91  


2.438,22  


8.571,05  


39.694,18  


476.330,14

n. 8 operatori (ruolo tecnico corrispondente ad agente)


24.148,24  


2.052,60  


7.215,49  


33.416,33  


267.330,68

n. 40 unità Totale Onere

1.627.419,68

        Tale personale risulta, sulla base di valutazioni condotte sui parametri di similari istituti, sufficiente e congruo per l’avvio ed il funzionamento della banca dati del DNA.
        La sistemazione organica di siffatto personale impone la creazione dei ruoli tecnici della Polizia penitenziaria, in analogia a quelli delle altre Forze di polizia ad ordinamento civile.

9. Convenzioni

        L’onere stimato per la stipula di convenzioni è previsto in euro 800.000 per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

        Il Dipartimento dell’amminitrazione penitenziaria può stipulare, nei limiti dell’importo di 800.000 euro conconvezioni con:

            a) istituzioni di elevata specializzazione per l’esecuzione delle attività del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA;

            b) le singole Forze di polizia per lo svolgimento di specifici programmi di formazione e di addestramento.

        Sulla base di precedenti esperienze si prevedono n. 3 convenzioni con un costo medio unitario di euro 200.000, pari complessivamente ad euro 600.000 e n. 5 corsi di formazione in relazione ai diversi profili professionali con un costo unitario medio di euro 40.000 e complessivo di euro 200.000.

10. Istituzione di Garanzia

        I compiti di controllo sulla banca dati nazionale del DNA da parte del Garante per la protezione dei dati personali rientrano nelle ordinarie attribuzioni dell’Autorità di garanzia e, come tale, non comportano nuovi oneri oltre quelli previsti a legislazione vigente.


RIEPILOGO ONERI

        Per l’anno 2008 sono previsti oneri una tantum per un importo di 5.174.200 euro e oneri annuali per un importo di 7.637.420 euro, per un totale di 12.811.620 euro.

        Per gli altri anni:
            totale oneri 2009 7.837.420 euro

            totale oneri 2010 6.537.420 euro
            totale oneri 2011 e a regime 5.737.420 euro

 

DISEGNO DI LEGGE

Capo I

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.

(Autorizzazione all’adesione)

    1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato ad aderire al Trattato concluso il 27 maggio 2005 tra il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica d’Austria, relativo all’approfondimento della cooperazione transfrontaliera, in particolare allo scopo di contrastare il terrorismo, la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale (Trattato di Prum), di seguito denominato «Trattato».

Art. 2.

(Ordine di esecuzione)

    1. Piena ed intera esecuzione è data al Trattato, a decorrere dal novantesimo giorno successivo al deposito dello strumento di adesione, in conformità a quanto disposto dall’articolo 51, paragrafo 3, dello stesso Trattato.

Art. 3.

(Autorità di riferimento
per le attività previste dal Trattato)

    1. Le autorità di riferimento per le attività previste dal Trattato sono individuate con uno o più decreti del Ministro dell’interno e del Ministro della giustizia.

Art. 4.

(Risarcimento del danno)

    1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 30 del Trattato, quando agenti di una Parte contraente operano nel territorio nazionale, lo Stato italiano provvede al risarcimento dei danni causati dal personale straniero limitatamente a quelli derivanti dallo svolgimento delle attività svolte conformemente al medesimo Trattato.

Capo II

ISTITUZIONE DELLA BANCA DATI NAZIONALE DEL DNA E DEL LABORATORIO CENTRALE PER LA BANCA DATI NAZIONALE DEL DNA

Art. 5.

(Istituzione della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA)

    1. Al fine di facilitare l’identificazione degli autori dei delitti, presso il Ministero dell’interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, è istituita la banca dati nazionale del DNA.

    2. Presso il Ministero della giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, è istituito il laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA.

Art. 6.

(Definizioni)

    1. Ai fini della presente legge si intendono per:

        a) «DNA»: acido desossiribonucleico, depositario della informazione genetica, sotto forma di una sequenza lineare di nucleotidi, portatore dell’informazione ereditaria;

        b) «profilo del DNA»: sequenza alfa numerica ricavata dal DNA e caratterizzante ogni singolo individuo;
        c) «campione biologico»: quantità di sostanza biologica prelevata sulla persona sottoposta a tipizzazione del profilo del DNA;
        d) «reperto biologico»: materiale biologico acquisito sulla scena di un delitto o comunque su cose pertinenti al reato;
        e) «trattamento»: qualunque operazione o complesso di operazioni effettuate anche senza l’ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, la consultazione, l’elaborazione, la modificazione, la selezione, la tipizzazione, il raffronto, l’utilizzo, l’interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati;
        f) «accesso»: consultazione, anche informatica, dei dati e delle informazioni contenute nella banca dati;
        g) «dati identificativi»: dati personali che permettono l’identificazione diretta dell’interessato;
        h) «tipizzazione»: complesso delle operazioni tecniche di laboratorio che conducono alla produzione del profilo del DNA.

Art. 7.

(Attività della banca dati nazionale
del DNA)

    1. La banca dati nazionale del DNA provvede alle seguenti attività:

        a) raccolta del profilo del DNA dei soggetti di cui all’articolo 9, commi 1 e 2;

        b) raccolta dei profili del DNA relativi a reperti biologici acquisiti nel corso di procedimenti penali;
        c) raccolta dei profili del DNA di persone scomparse o loro consanguinei, di cadaveri e resti cadaverici non identificati;
        d) raffronto dei profili del DNA a fini di identificazione.

Art. 8.

(Attività del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA)

    1. Il laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA provvede alle seguenti attività:

        a) tipizzazione del profilo del DNA dei soggetti di cui all’articolo 9, commi 1 e 2;

        b) conservazione dei campioni biologici dai quali sono tipizzati i profili del DNA.

Art. 9.

(Prelievo di campione biologico
e tipizzazione del profilo del DNA)

    1. Ai fini dell’inserimento del profilo del DNA nella banca dati nazionale del DNA, sono sottoposti a prelievo di campioni biologici:

        a) i soggetti ai quali sia applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari;

        b) i soggetti arrestati in flagranza di reato o sottoposti a fermo di indiziato di delitto;
        c) i soggetti detenuti o internati a seguito di sentenza irrevocabile, per un delitto non colposo;
        d) i soggetti nei confronti dei quali sia applicata una misura alternativa alla detenzione a seguito di sentenza irrevocabile, per un delitto non colposo;
        e) i soggetti ai quali sia applicata, in via provvisoria o definitiva, una misura di sicurezza detentiva.

    2. Il prelievo di cui al comma 1 può essere effettuato esclusivamente se si procede nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 per delitti, non colposi, per i quali è consentito l’arresto facoltativo in flagranza. Il prelievo non può essere effettuato se si procede per i seguenti reati:
        a) reati di cui al libro II, titolo II, capo I, tranne quelli di cui agli articoli 368, 371-bis, 371-ter, 372, 378 e 379, capo II, tranne quello di cui all’articolo 390 del codice penale;

        b) reati di cui al libro II, titolo VII, capo I e capo II, del codice penale;
        c) reati di cui al libro II, titolo VIII, capo I e capo II, tranne quello di cui all’articolo 513-bis del codice penale;
        d) reati di cui al libro II, titolo XI, capo I, del codice penale;
        e) reati di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;
        f) reati previsti dal codice civile;
        g) reati in materia tributaria.

    3. Nel caso di arresto in flagranza di reato o di fermo di indiziato di delitto il prelievo è effettuato dopo la convalida da parte del giudice.

    4. I soggetti indicati al comma 1 sono sottoposti a prelievo di campioni di mucosa del cavo orale a cura del personale specificamente addestrato delle Forze di polizia o di personale sanitario ausiliario di polizia giudiziaria.
    5. Le operazioni sono eseguite nel rispetto della dignità e della riservatezza di chi vi è sottoposto. Delle operazioni di prelievo è redatto verbale.
    6. Il campione prelevato è immediatamente inviato, a cura del personale procedente, al laboratorio centrale di cui all’articolo 5, comma 2, per la tipizzazione del relativo profilo e la successiva trasmissione alla banca dati del DNA.

Art. 10.

(Profili del DNA tipizzati da reperti biologici acquisiti nel corso di procedimenti penali)

    1. Se, nel corso del procedimento penale, a cura dei laboratori delle Forze di polizia o di altre istituzioni di elevata specializzazione, sono tipizzati profili del DNA da reperti biologici a mezzo di accertamento tecnico, consulenza tecnica o perizia, l’autorità giudiziaria procedente dispone la trasmissione degli stessi alla banca dati nazionale del DNA, per la raccolta e i confronti.

    2. Se non sono state effettuate le analisi di cui al comma 1, dopo il passaggio in giudicato della sentenza, il pubblico ministero competente ai sensi dell’articolo 655, comma 1, del codice di procedura penale, può chiedere al giudice dell’esecuzione di ordinare la trasmissione dei reperti ad un laboratorio delle Forze di polizia ovvero di altre istituzioni di elevata specializzazione per la tipizzazione dei profili e la successiva trasmissione degli stessi alla banca dati nazionale del DNA.

Art. 11.

(Metodologia di analisi di reperti e campioni biologici ai fini della tipizzazione del profilo da inserire nella banca dati nazionale del DNA)

    1. L’analisi del campione e del reperto biologico ai fini della tipizzazione del profilo del DNA, destinato all’inserimento nella banca dati nazionale del DNA, è eseguita sulla base dei parametri riconosciuti a livello internazionale e indicati dall’European Network of Forensic Science Institutes (ENFSI), in modo da assicurare l’uniformità degli stessi.

    2. I profili del DNA possono essere inseriti nella banca dati nazionale del DNA solo se tipizzati in laboratori certificati a norma ISO/IEC.
        3. I sistemi di analisi sono applicati esclusivamente alle sequenze del DNA che non consentono la identificazione delle patologie da cui può essere affetto l’interessato.

Art. 12.

(Trattamento dei dati e accesso, tracciabilità dei campioni)

    1. I profili del DNA e i relativi campioni non contengono le informazioni che consentono l’identificazione diretta del soggetto cui sono riferiti.

    2. L’accesso ai dati contenuti nella banca dati nazionale del DNA è consentito alla polizia giudiziaria e all’autorità giudiziaria esclusivamente per fini di identificazione personale, nonché per le finalità di collaborazione internazionale di polizia. L’accesso ai dati contenuti nel laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA è consentito ai medesimi soggetti e per le medesime finalità, previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria.
    3. Il trattamento e l’accesso ai dati contenuti nella banca dati nazionale del DNA e nel laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA è effettuato con modalità tali da assicurare l’identificazione dell’operatore e la registrazione di ogni attività. È altresì assicurata la registrazione di ogni attività concernente i campioni.
    4. Il trattamento e l’accesso ai dati contenuti nella banca dati nazionale del DNA e nel laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA sono riservati al personale espressamente autorizzato.
    5. Il personale addetto alla banca dati nazionale del DNA e al laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA è tenuto al segreto per gli atti, i dati e le informazioni di cui sia venuto a conoscenza a causa o nell’esercizio delle proprie funzioni.

Art. 13.

(Cancellazione dei dati e distruzione
dei campioni biologici)

    1. A seguito di assoluzione con sentenza definitiva perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso è disposta anche d’ufficio la cancellazione dei profili del DNA acquisiti ai sensi dell’articolo 9 e la distruzione dei relativi campioni biologici.

    2. A seguito di identificazione di cadavere o resti cadaverici, nonché del ritrovamento di persona scomparsa, è disposta anche d’ufficio la cancellazione dei profili del DNA acquisiti ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera c), e la distruzione dei relativi campioni biologici.
    3. Quando le operazioni di prelievo sono state compiute in violazione delle disposizioni previste dall’articolo 9, si procede anche d’ufficio alla cancellazione del profilo del DNA e alla distruzione del relativo campione biologico.
    4. In ogni altro caso, il profilo del DNA resta inserito nella banca dati nazionale del DNA per i tempi stabiliti nel regolamento d’attuazione, d’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali, e comunque non oltre quaranta anni dall’ultima circostanza che ne ha determinato l’inserimento ed il campione biologico viene conservato per i tempi stabiliti nel regolamento di attuazione, d’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali, e comunque non oltre venti anni dall’ultima circostanza che ne ha determinato il prelievo.

Art. 14.

(Sanzioni)

    1. Il pubblico ufficiale che comunica o fa uso di dati ed informazioni in violazione delle disposizioni di cui al capo II, o al di fuori dei fini previsti dallo stesso capo II, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da uno a tre anni.

    2. Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione fino a sei mesi.

Art. 15.

(Istituzioni di garanzia)

    1. Il controllo sulla banca dati nazionale del DNA è esercitato dal Garante per la protezione dei dati personali, nei modi previsti dalla legge e dai regolamenti vigenti.

    2. Il Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita (CNBBSV) garantisce l’osservanza dei criteri e delle norme tecniche per il funzionamento del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA, ed esegue, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, verifiche presso il medesimo laboratorio centrale e i laboratori che lo alimentano, formulando suggerimenti circa i compiti svolti, le procedure adottate, i criteri di sicurezza e le garanzie previste, nonché ogni altro aspetto ritenuto utile per il miglioramento del servizio.
    3. Il Garante per la protezione dei dati personali e il CNBBSV provvedono all’espletamento dei compiti di cui ai commi l e 2 nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie già in dotazione agli stessi.

Art. 16.

(Regolamenti di attuazione)

    1. Con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro della giustizia e del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e il Presidente del CNBBSV, sono disciplinati, in conformità ai princìpi e ai criteri direttivi della presente legge:

        a) il funzionamento e l’organizzazione della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA, le modalità di trattamento e di accesso per via informatica e telematica ai dati in essi raccolti, nonché le modalità di comunicazione dei dati e delle informazioni richieste;

        b) le tecniche e le modalità di analisi e conservazione dei campioni biologici, nonché, nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 13, comma 4, i tempi di conservazione dei campioni biologici e dei profili;
        c) le attribuzioni del responsabile della banca dati nazionale del DNA e del responsabile del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA, nonché le competenze tecnico-professionali del personale ad essa addetto;
        d) le modalità e i termini di esercizio dei poteri conferiti dall’articolo 15 al CNBBSV;
        e) le modalità di cancellazione dei profili del DNA e di distruzione dei relativi campioni biologici nei casi previsti dall’articolo 13;
        f) i criteri e le procedure da seguire per la cancellazione dei profili del DNA e la distruzione dei relativi campioni biologici, anche a seguito di riscontro positivo tra i profili del DNA oggetto di verifica, al fine di evitare la conservazione, nella banca dati e nel laboratorio centrale, di più profili del DNA e più campioni biologici relativi al medesimo soggetto.

Art. 17.

(Norme transitorie)

    1. I profili del DNA ricavati da reperti acquisiti nel corso di procedimenti penali anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, previo nullaosta dell’autorità giudiziaria, sono trasferiti dalle Forze di polizia alla banca dati nazionale entro un anno dalla data della sua entrata in funzione.

    2. Il prelievo di campione biologico nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 9, già detenuti o internati alla data di entrata in vigore della presente legge, è effettuato a cura della polizia penitenziaria entro il termine di un anno.
    3. Fino all’istituzione e al funzionamento del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA, e comunque entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria può stipulare, nei limiti delle risorse assegnate dall’articolo 25, convenzioni non rinnovabili, e di durata tale da non superare il termine di tre anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, con i seguenti soggetti:

        a) istituzioni di elevata specializzazione, per l’esecuzione, anche presso laboratori esterni che rispondano ai requisiti di cui all’articolo 11, delle attività di cui all’articolo 8, comma 1, lettera a);

        b) le singole Forze di polizia, per lo svolgimento di specifici programmi di formazione ed addestramento.

Art. 18.

(Istituzione dei ruoli tecnici del Corpo di polizia penitenziaria)

    1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per provvedere alla integrazione dell’ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria mediante l’istituzione di ruoli tecnici nei quali inquadrare il personale da impiegare nelle attività del laboratorio centrale di cui all’articolo 5, comma 2. I decreti legislativi previsti dal presente comma sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e successivamente trasmessi al Parlamento, ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal primo periodo del presente comma o successivamente, la scadenza di quest’ultimo è prorogata di sessanta giorni.

    2. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

        a) suddivisione del personale che svolge attività tecnico-scientifica o tecnica anche di carattere esecutivo, attinente ai servizi di polizia penitenziaria, in ruoli da determinare in relazione alle funzioni attribuite e ai contenuti di professionalità richiesti; determinazione delle qualifiche e delle corrispondenti funzioni;

        b) suddivisione del personale che esplica mansioni di carattere professionale, per il cui esercizio è richiesta l’iscrizione in appositi albi, in ruoli da determinare in relazione alle funzioni attribuite e ai contenuti di professionalità richiesti; determinazione delle qualifiche e delle corrispondenti funzioni;
        c) previsione che l’accesso alle qualifiche iniziali di ciascun ruolo e il relativo avanzamento in carriera avvenga mediante le medesime procedure previste per i corrispondenti ruoli tecnici o similari della Polizia di Stato;
        d) disciplina dello stato giuridico del personale, e in particolare del comando presso altre amministrazioni, dell’aspettativa, del collocamento a disposizione, delle incompatibilità, dei rapporti informativi e dei congedi, secondo criteri che tengano conto delle specifiche esigenze dei servizi di polizia e della necessità che la suddetta disciplina non preveda trattamenti di stato inferiori rispetto a quelli degli altri dipendenti civili dello Stato;
        e) attribuzione, ove occorra e limitatamente alle funzioni esercitate, delle qualità di agente e ufficiale di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza al personale che svolge attività tecnico-scientifica e che esplica mansioni di carattere professionale in relazione al ruolo di appartenenza.

Capo III

SCAMBIO DI INFORMAZIONI E ALTRE FORME DI COOPERAZIONE

Art. 19.

(Scambio informativo dei dati del DNA
e di dati personali)

    1. Le disposizioni di cui agli articoli da 2 a 7 del Trattato, concernenti lo scambio informativo dei profili del DNA, e quelle concernenti lo scambio informativo dei dati dattiloscopici, di quelli contenuti nei registri di immatricolazione dei veicoli, nonché di quelli relativi alle manifestazioni sportive, di cui agli articoli 8, 9, 12 e 15 del Trattato, sono applicate conformemente al codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n.  196.

Art. 20.

(Utilizzo di guardie armate a bordo
degli aeromobili)

    1. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 17 del Trattato, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le competenti Autorità nazionali propongono alle competenti Autorità delle Parti contraenti e degli altri Stati che hanno aderito al Trattato la stipula di un accordo separato, ai sensi del citato articolo 17, paragrafo 5, anche al fine di integrare le informazioni di cui all’allegato 1 dello stesso Trattato.

    2. L’autorizzazione generale di porto d’armi d’ordinanza e di munizioni, di cui all’articolo 18, paragrafo 1, del Trattato, consente il trasporto sul territorio nazionale delle relative armi dall’uscita dall’aeromobile fino al luogo di deposito nelle zone di sicurezza, di cui al medesimo articolo 18, paragrafo 2.

Art. 21.

(Status e poteri dei componenti
di operazioni comuni)

    1. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 24 del Trattato, gli appartenenti agli organi di polizia degli altri Stati contraenti che partecipano sul territorio nazionale ad operazioni comuni, distaccati dalle autorità rispettivamente competenti, possono svolgere le funzioni previste dall’atto costitutivo delle unità miste, sottoscritto dall’Autorità di pubblica sicurezza individuata ai sensi dell’articolo 3, nei limiti consentiti dalle disposizioni di legge o di regolamento in vigore nel territorio dello Stato. Agli stessi soggetti, nei medesimi limiti, sono attribuite le funzioni di agente di pubblica sicurezza e di agente di polizia giudiziaria.

    2. Salvo che sia diversamente stabilito dall’atto costitutivo, il porto nel territorio dello Stato delle armi e delle attrezzature di cui all’articolo 28 del Trattato è autorizzato ai sensi dell’articolo 9 della legge 21 febbraio 1990, n. 36, e successive modificazioni.

Art. 22.

(Poteri in caso di interventi d’urgenza
sul territorio nazionale)

    1. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 25 del Trattato:

        a) la facoltà d’intervento ivi prevista si intende riferita alle situazioni di emergenza in cui un eventuale ritardo rischia di favorire il verificarsi dell’evento dannoso;

        b) gli appartenenti agli organi di polizia dello Stato contraente confinante possono utilizzare solo per legittima difesa le medesime armi previste per gli appartenenti alle unità miste di cui all’articolo 21 della presente legge.

    2. Nel caso in cui la misura provvisoria del fermo di una persona è disposta, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo l, del Trattato, dagli appartenenti agli organi di polizia dello Stato contraente confinante, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 5 della legge 30 settembre 1993, n. 388.

Capo IV

DISPOSIZIONI FINALI

Art. 23.

(Informazione al Parlamento sulla
cooperazione di polizia)

    1. Il Ministro dell’interno informa annualmente il Comitato parlamentare di cui all’articolo 18 della legge 30 settembre 1993, n.  388, e successive modificazioni, sullo stato di attuazione delle previsioni del Trattato, sulle azioni intraprese e sugli accordi conclusi, con specifico riferimento a quelli attuativi di cui all’articolo 44.

Art. 24.

(Accordi internazionali)

    1. L’attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge avviene in conformità agli accordi internazionali sottoscritti e ratificati dalla Repubblica italiana.

Art. 25.

(Copertura finanziaria)

    1. Per l’istituzione e il funzionamento della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA, per le convenzioni di cui all’articolo 17, comma 3, e per lo scambio informativo dei dati del DNA e di dati personali, è autorizzata la spesa di euro 11.184.200 per l’anno 2008, di euro 6.210.000 per l’anno 2009, di euro 4.910.000 per l’anno 2010 e di euro 4.110.000 a decorrere dall’anno 2011, cui si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2008, parzialmente utilizzando, quanto ad euro 5.892.100 per l’anno 2008, euro 3.205.000 per l’anno 2009, l’accantonamento relativo al Ministero dell’interno e quanto ad euro 5.292.100 per l’anno 2008, euro 3.005.000 per l’anno 2009, l’accantonamento relativo al Ministero dellla giustizia e quanto ad euro 4.910.000 per l’anno 2010 mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa recata dall’articolo 3, comma 151, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

    2. Agli oneri relativi al personale, valutati in euro 1.627.420 a decorrere dall’anno 2008, si provvede per gli anni 2008 e 2009, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze per l’anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia e, per l’anno 2010, mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa recata dall’articolo 3, comma 151, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

    3. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell’attuazione del comma 2, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, numero 2), della legge n. 468 del 1978.
    4. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 26.

(Entrata in vigore)

    1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 
 
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