Legislatura 16º - Disegno di legge N. 955


 
 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

N. 955
 
 
 

 

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa del senatore COMPAGNA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 29 LUGLIO 2008

Adesione della Repubblica italiana al Trattato concluso
il 27 maggio 2005 tra il Regno del Belgio,
la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna,
la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo,
il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica d’Austria,
relativo all’approfondimento della cooperazione transfrontaliera,
in particolare allo scopo di contrastare il terrorismo,
la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale (Trattato di Prum). Introduzione del prelievo coattivo di materiale biologico.
Legge quadro per la creazione della banca dati di DNA

 

Onorevoli Senatori. – Il testo di questo disegno di legge riproduce quello presentato nella scorsa legislatura dai senatori Del Pennino, Biondi e Ziccone, del quale riprende anche gli argomenti illustrati nella relazione (si veda l’atto Senato n. 1886). Il tema del prelievo coattivo di materiale biologico al fine della tipizzazione del DNA è sentito come un’esigenza primaria nella lotta contro i più gravi reati tra cui, su tutti, gli omicidi, le rapine, le violenze sessuali, i furti aggravati ed il terrorismo internazionale.

    Peraltro, la predisposizione di una disciplina volta ad introdurre l’esame autoritativo di materiale biologico è momento prodromico ed indispensabile per l’instaurazione di banche dati di DNA, altra esigenza di crime control di primaria rilevanza. Quest’ultima necessità è, ad oggi, assai pressante anche alla luce dell’adesione dell’Italia, avvenuta in data 4 luglio 2006, all’Accordo internazionale di Prum (27 maggio 2005), che impone alle Nazioni aderenti di adottare tutte le misure necessarie per facilitare lo scambio di informazioni biologiche tra investigatori comunitari (su tutte, la creazione di banche dati).
    La sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 9 luglio 1996, dichiarando costituzionalmente illegittimo l’articolo 224 del codice di procedura penale, nella parte in cui consente misure idonee a limitare la libertà personale, al di fuori di quelle specificatamente previste nei «casi» e nei «modi» dalla legge, ha, di fatto, chiuso la strada sia alla possibilità di far luogo legittimamente al prelievo coattivo sia, di conseguenza, alla creazione delle banche dati di DNA. Infatti, il prelievo di materiale genetico a tal fine difetta, ancora oggi, di una disciplina specifica.
    Da notare che, sotto la vigenza del precedente codice di rito, con sentenza n. 54 del 18 marzo 1986, la medesima Corte aveva sostenuto, al contrario, l’eseguibilità in via coattiva del prelievo ematico perché considerata pratica medica di ordinaria amministrazione che non lede la dignità o la psiche della persona, né mette in alcun modo in pericolo la vita, la salute o l’incolumità personale.
    Una disciplina normativa che voglia introdurre nel codice di procedura penale la possibilità di eseguire, per ordine dell’autorità, il prelievo di materiale biologico da una persona non può non considerare come punti cardine alcuni dati di diritto imprescindibili:

        (I) differenziare l’attività volta ad acquisire una fonte probatoria (che nella sistematica del codice di rito va inquadrata nei mezzi di ricerca della prova) dalla susseguente analisi e comparazione del DNA repertato (sul luogo del delitto o dal soggetto sottoposto all’atto coattivo). In tale ultimo caso trattasi del vero e proprio mezzo di prova (peritale) disciplinato dagli articoli 220 e seguenti del codice di procedura penale ovvero dagli articoli 359 e 360 del medesimo codice;

        (II) il rigoroso rispetto di quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 13 della Costituzione e cioè la riserva di legge e la riserva di giurisdizione, che impongono di disciplinare con rigore e tassatività i «casi» e i «modi» dell’esame;
        (III) considerare che il penultimo comma del medesimo articolo 13 della Costituzione punisce ogni violenza fisica e morale sulle persone, comunque sottoposte a restrizione della libertà.

    L’introduzione del prelievo coattivo non può prescindere, poi, dalla creazione di una banca dati di DNA la quale, a sua volta:
        (I) dovrà essere tenuta da un soggetto unico e centrale, impedendo la proliferazione di mini banche dati sul territorio;

        (II) dovrà contenere i profili genetici di soggetti condannati con sentenza passata in giudicato per i reati per cui è consentito il prelievo coattivo;
        (III) dovrà contenere le cosiddette tracce mute, cioè quelle prelevate sul luogo dei diversi delitti e non attribuibili ad un soggetto identificato;
        (IV) dovrà prevedere una sezione specifica nella quale verranno inseriti, temporaneamente, i profili di DNA utili all’identificazione dei soggetti scomparsi;
        (V) sarà strutturata in modo tale che il confronto tra dati genetici in essa contenuti possa essere svolto esclusivamente dal Servizio centrale che gestisce la banca dati stessa. Il soggetto titolare della gestione dei dati biologici informerà della comparazione esclusivamente l’autorità giudiziaria richiedente ed il difensore dell’imputato compatibilmente con la fase processuale in corso.

    Ciò premesso, con riferimento all’introduzione del prelievo coattivo di materiale genetico, si ritiene di dover introdurre nel codice di rito un nuovo capo, all’interno del titolo III del libro III, e così prevedere una forma specifica di mezzo di ricerca della prova, lasciando inalterata la struttura della perizia e della consulenza tecnica che costituiscono, come detto, una fase diversa da quella della raccolta delle fonti di prova.

    L’esigenza di rispettare pienamente la riserva di giurisdizione non può che permettere solamente al giudice di limitare la libertà personale per gli scopi richiesti, mentre per ciò che attiene la specificazione dei casi e modi con cui regolare l’operatività del mezzo di ricerca della prova è necessario prevedere le fattispecie per le quali è consentito il prelievo e le tecniche da adottarsi.
    Quanto alla definizione delle fattispecie di reato per le quali deve essere consentito il prelievo, ci si è attenuti alla disciplina di un altro mezzo di ricerca particolarmente invasivo, e cioè le intercettazioni telefoniche.
    Per assicurare invece la citata necessità di non trasformare la disciplina sui sistemi di prelievo in una «norma in bianco», si è tenuto conto di quanto contenuto nel penultimo comma dell’articolo 13 della Costituzione che prevede la punizione di ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione della libertà.
    Sono state così previste due diverse modalità di cui il personale medico o l’ufficiale di polizia giudiziaria avente la suddetta qualifica professionale possono avvalersi per effettuare il prelievo: il tampone boccale e la puntura digitale.
    Benché entrambe le metodologie non presentino caratteristiche di particolare invasività specifica, è stato disposto che, qualora l’interessato non presti il proprio consenso all’espletamento dell’atto, l’operazione dovrà essere eseguita esclusivamente mediante la puntura digitale (che esclude violenze fisiche e morali finalizzate a costringere il periziando ad aprire il cavo orale).
    La tecnica della puntura digitale viene regolamentata, nel presente disegno di legge, facendo espresso riferimento alla comune e consolidata metodologia di rilevazione della glicemia eseguita mediante il «kit» ad uso commerciale (senza necessità di ricetta medica) delle così dette «lancette pungidito», che presentano caratteristiche di così bassa invasività da poter essere praticate, nell’uso comune, anche autonomamente e senza l’ausilio di un sanitario. Ciò nonostante, è previsto che comunque per il prelievo di campioni ad uso forense sia obbligatorio l’intervento di personale sanitario.
    Per l’utilizzo del tampone boccale è stato, invece, previsto obbligatoriamente il consenso del periziando dato che il tampone boccale prevede l’apertura del cavo orale, e ciò potrebbe portare a imprecisate forme di violenza per espletare l’atto. È certamente più violatorio imporre un facere di tipo fisico indefinito (apertura coatta del cavo orale, eseguita «liberamente» dal pubblico ufficiale) che un pati determinato nei modi.
    Oltretutto per quanto riguarda il prelievo ematico coattivo, la Corte costituzionale (con la già citata sentenza n. 54 del 18 marzo 1986) si è pronunciata affermando che tale pratica può essere annoverata tra quelle di ordinaria amministrazione nell’attività medica, che non lede in alcun modo la dignità o la psiche della persona sottoposta al prelievo, né mette in alcun modo in pericolo la vita, l’incolumità o la salute del medesimo, salvo casi patologici eccezionali che un medico sarebbe facilmente in grado di rilevare. Sicché la puntura digitale, posta in essere mediante lancetta pungidito, non può in alcun modo ritenersi contraria ai dettami del penultimo comma dell’articolo 13 della Costituzione.
    Poiché il prelievo può eseguirsi anche contro la volontà dell’interessato, è implicita la previsione dell’accompagnamento coattivo per consentire lo svolgimento dell’atto. Un altro punto centrale della materia è l’individuazione della categoria dei soggetti da sottoporre al prelievo.
    Taluni hanno ipotizzato come possibili soggetti passivi coloro che già sono sottoposti a restrizione della libertà personale (arrestati, fermati, sottoposti a misura cautelare ).
    Si tratta di una «falsa garanzia»: si creerebbe, infatti, un «esercito» di arrestati o sottoposti a misura coercitiva al solo fine di compiere l’atto invasivo.
    L’utilità della prova genetica è, invece, proprio quella di raggiungere elementi utili per esercitare l’azione penale e dunque, come accade per gli altri mezzi di ricerca della prova, la sua operatività deve essere consentita nei confronti di tutti coloro che abbiano un rapporto diretto col delitto, essendo improponibile, e contrario alla tutela della persona, attribuire al «periziando», ex  ante ed al solo fine di compiere l’atto coercitivo, gravi indizi di colpevolezza per adottare una misura cautelare.
    La scelta contenuta nel presente disegno di legge tenta di ovviare a tutti i possibili abusi: il prelievo coattivo può essere svolto, oltre che nei confronti degli imputati, anche nei confronti di soggetti indagati, ma rispetto ai quali emerga un concreto rapporto con la vittima al momento dell’azione delittuosa. Ciò perché nel nostro ordinamento la qualità di indagato viene assunta mediante una mera iscrizione nell’apposito registro tenuto presso la procura della Repubblica e pertanto, senza l’indicazione di un rapporto concreto e materiale tra periziando e delitto, il giudice e la parte sottoposta al test coattivo non avrebbero alcuna possibilità di verificare gli elementi a carico che facciano effettivamente ritenere necessario l’esame.
    Al fine di meglio tutelare il soggetto cui viene richiesto il campione biologico ed alla luce della necessità di un controllo giurisdizionale sul reale rapporto tra periziando e fatto di reato, è stata quindi prevista la possibilità di stimolare un contraddittorio di garanzia col giudice del provvedimento, imponendo in capo al pubblico ministero di enunciare espressamente le ragioni in base alle quali quel determinato soggetto dovrebbe essere sottoposto al prelievo forzoso. Per garantire che la procedura che stabilisce i «casi» e «modi» del prelievo sia rispettata in ogni suo passaggio, è stata assicurata una clausola di garanzia consistente nella sanzione dell’inutilizzabilità per ogni analisi biologica derivante da un prelievo coattivo eseguito senza il rispetto della disciplina che lo regolamenta.
    A seguito della nuova disciplina dovrà essere abrogato quanto disposto dai commi 1, 4-ter e 4-quater dell’articolo 10 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, che prevede sistemi coattivi di identificazione personale (mediante il codice genetico).
    Il presente disegno di legge disciplina altresì la gestione e conservazione dei profili genetici tipizzati in un’apposita banca dati, definita «Gestione computerizzata profili DNA» (GCPD).
    È stata così prevista l’istituzione della banca dati per raccogliere i profili genetici. I profili genetici da inserire nella banca dati sono esclusivamente quelli dei soggetti condannati a pena detentiva per reati che comportano l’ergastolo o la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Si è ritenuto di dover differenziare «ideologicamente» il prelievo coattivo volto ad ottenere i profili genetici a fini investigativi (il che comporta l’introduzione del nuovo mezzo di ricerca della prova di cui all’articolo 271-bis del codice di procedura penale) da quello per l’introduzione del DNA in banca dati, che viene regolato dall’articolo 665-bis del codice di procedura penale di nuova introduzione, che individua nel giudice dell’esecuzione il magistrato deputato ad ordinare il prelievo. Quanto alle modalità con le quali eseguire il prelievo disciplinato dall’articolo 665-bis, esse sono le medesime di quelle previste dal 271-bis, con l’ovvia esclusione della sola disciplina tipica del prelievo finalizzato all’indagine e con l’aggiunta dell’avviso che il codice genetico tipizzato verrà inserito nella banca dati e sarà gestito esclusivamente dal Servizio centrale, organo appositamente deputato a tali funzioni. Per evitare duplicazioni inutili di esami biologici sono stati esclusi dal prelievo regolato dall’articolo 665-bis tutti coloro che lo hanno già subìto in fase d’indagine ai sensi dell’articolo 271-bis e che sono stati condannati con sentenza passata in giudicato. Per questi è previsto un «recupero» del precedente test da parte del giudice dell’esecuzione. In banca dati saranno dunque inseriti tutti i condannati che, dovendo scontare una pena in regime di detenzione, anche domiciliare, subiranno il prelievo ai sensi dell’articolo 665-bis e tutti i condannati che sono stati prelevati ai sensi dell’articolo 271-bis del codice di rito. In tal modo potranno essere esclusi dalla banca dati solamente coloro nei confronti dei quali, in fase investigativa, non è stato ritenuto di dover svolgere il prelievo coattivo e che, in fase esecutiva, beneficiano di una sanzione alternativa alla detenzione. Questa è sembrata una clausola di garanzia ponderata e premiale nei confronti di coloro per i quali, pur avendo commesso reati astrattamente capaci di imporre il prelievo, quest’ultimo non è stato disposto dall’investigatore e le circostanze di fatto e di diritto hanno fatto poi propendere per una sanzione che non importa la limitazione della libertà personale per la sua esecuzione.
    La disciplina complessiva regola poi le modalità di accesso alla banca dati, l’inserimento in essa dei dati biologici, la gestione dei profili, ogni comunicazione ad essi inerente ed altresì la loro cancellazione nei casi previsti dalla legge.
    Il Servizio centrale di gestione della banca dati di DNA dovrà essere composto da due personalità designate dal Garante per la protezione dei dati personali e da cinque personalità designate dal Ministro dell’interno tra esperti biologi, medici legali e giuristi di chiara fama e riconosciuta competenza nel settore, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Il presidente dell’organo sarà eletto all’interno dei predetti componenti del Servizio centrale.
    Come detto, la banca dati verrà suddivisa in diverse sezioni, separate tra loro: la prima raccoglierà i profili genetici appartenenti a soggetti condannati con sentenza passata in giudicato; la seconda quelli cosiddetti «muti» e cioè repertati sui diversi luoghi dei delitti. Tali campioni non sono riferibili a priori ad alcun soggetto identificato. Una terza sezione è finalizzata al rinvenimento ed alla identificazione di soggetti scomparsi o di cadaveri «senza nome».
    Appare particolarmente rilevante ai fini investigativi la sezione che comprende le «tracce mute»: infatti, trattasi dei profili genetici tipizzati da elementi biologici rinvenuti sulla scena del delitto presumibilmente appartenente al reo, ma non attribuibili ad un soggetto determinato (si tratta delle tracce oggetto principale d’indagine al fine di rinvenire il colpevole).
    Queste sezioni «ausiliarie» debbono, comunque, essere sempre gestite dall’organo centrale e ciò al fine di tutelare al meglio la privacy del titolare del dato biologico, oltre che per assicurare la migliore funzionalità del sistema.
    La durata della conservazione dei profili genetici raccolti nella banca dati nella prima e seconda sezione sarà per la durata di quaranta anni; diversamente quelli conservati nella terza sezione potranno essere immediatamente cancellati dall’autorità, qualora il soggetto scomparso o defunto sia stato identificato.
    Al fine di facilitare l’investigazione e la repressione dei reati a forte caratterizzazione recidivante (e dunque per soddisfare una delle primarie esigenze sottese all’introduzione del DNA databanking) è consentito il confronto tra il dato biologico contenuto nella sezione delle tracce mute (quelle repertate sui luoghi dei delitti e non attribuite ad alcun soggetto identificato) e quello dei condannati in via definitiva (anch’essi presenti nella banca dati). Non è mai consentito il confronto tra il codice genetico di soggetti sottoposti al prelievo coattivo per una singola indagine giudiziaria con quelli contenuti nella banca dati.
    Peraltro, quando, nel corso di un’indagine penale, vi sia un confronto tra il dato genetico prelevato coattivamente ad un sospettato e quello muto repertato sul luogo del delitto, il primo diverrà, tramite la traccia muta di confronto, possibile oggetto del confronto all’interno della banca dati, dato che la traccia muta dovrà essere ivi destinata. Tale comparazione «indiretta» è consentita in quanto il soggetto «prelevato coattivamente» non può vantare alcun diritto alla privacy rispetto alle tracce lasciate o perse nelle prossimità di delitti, e ciò consentirà di sfruttare le tracce mute per svolgere dei confronti ulteriori rispetto a quelli tra i dati biologici strettamente contenuti nel databank, garantendo il soggetto che subisce l’indagine di non «entrare» nella banca ma, al contempo, sfruttando tutte le potenzialità dei campioni presi sul luogo del crimine.
    Il Servizio centrale sarà, come accennato, l’esclusivo soggetto deputato al confronto tra dati genetici contenuti nelle diverse sezioni della banca dati ed i risultati di tale attività saranno comunicati in via esclusiva all’autorità giudiziaria ovvero al difensore dell’interessato ai sensi dell’articolo 391-quater del codice di procedura penale.
    Nel fissare l’onere della spesa e la conseguente copertura del presente disegno di legge sono state prese in considerazione quattro voci: personale di gestione dell’archivio; garanti; prelievi ed esami; attrezzature. È stata calcolata in euro 267.926 la spesa annua per il pagamento degli stipendi e delle connesse indennità ad un gruppo di 10 militari dell’Arma dei carabinieri o della Polizia. Si è fissata in 50.000 euro la spesa per ciascuno dei sette garanti. È stata preventivata una spesa di 5.215.000 euro per prelievi ed analisi. La spesa per affitti e attrezzature varie è stata stimata in 150.000 euro.
    La legge entrerà in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Modifica al codice di procedura penale)

    1. Nel libro III, titolo III, del codice di procedura penale, dopo il capo IV è aggiunto il seguente:

«Capo IV-bis.

PRELIEVI PERSONALI
DI MATERIALE BIOLOGICO

    Art. 271-bis. - (Casi e forme dei prelievi personali di materiale biologico). – 1. Il prelievo personale di materiale biologico è disposto dal giudice, con ordinanza, su richiesta del pubblico ministero, nei confronti dell’imputato o del soggetto sottoposto ad indagine quando occorre raccogliere sostanze genetiche finalizzate all’analisi ed al confronto del DNA in relazione ad un delitto non colposo per il quale è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

    2. L’ordinanza di cui al comma 1 contiene:

        a) l’identificazione del soggetto nei confronti del quale è ordinato il prelievo coattivo di materiale biologico e l’indicazione del reato per cui si procede;

        b) l’indicazione chiara e precisa delle ragioni e degli elementi di fatto che rendono assolutamente indispensabile il prelievo con riferimento all’indagine in corso, in relazione alla persona dell’imputato o dell’indagato ed al rapporto concreto che il soggetto sottoposto alle indagini ha avuto con l’azione delittuosa;
        c) l’avviso che, salvi i casi di assoluta urgenza, dettagliatamente motivati dal giudice, che impongono l’esecuzione immediata del prelievo coattivo, il soggetto da sottoporre al prelievo può, nelle quarantotto ore successive al ricevimento della comunicazione ai sensi del presente articolo, presentare personalmente ovvero mediante il proprio difensore osservazioni e deduzioni, con riferimento alla previsione di cui alla lettera b), finalizzate alla revoca dell’ordinanza che impone il prelievo di materiale biologico. Il giudice deve provvedere, nelle successive quarantotto ore, con decreto motivato che accoglie ovvero respinge le osservazioni e le deduzioni difensive. Nel primo caso il giudice, contestualmente, revoca l’ordinanza che impone il prelievo di materiale biologico;
        d) l’avviso che il prelievo è eseguito esclusivamente da persona esercente la professione sanitaria ovvero da ufficiali medici di polizia giudiziaria, nel rispetto della dignità e del pudore del soggetto nei confronti del quale è stato ordinato il prelievo;
        e) l’avviso che, in presenza del consenso del soggetto che deve sottoporsi al prelievo, questo sarà eseguito, alternativamente, mediante la tecnica del tampone boccale ovvero della puntura digitale, secondo quanto previsto dal comma 2-bis dell’articolo 79 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del presente codice;
        f) l’avviso che il prelievo è eseguibile, in assenza di consenso, anche coattivamente. In tal caso l’atto sarà eseguito esclusivamente mediante puntura digitale secondo quanto previsto dal comma 2-bis dell’articolo 79 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del presente codice;
        g) l’avviso che non è consentito eseguire il prelievo mediante tecniche diverse da quelle previste alle lettere e) ed f);
        h) l’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore o da persona di fiducia, anche esercente la professione medica, purché immediatamente disponibile;
        i) l’avviso che in caso di mancata comparizione senza addurre legittimo impedimento potrà essere disposto l’accompagnamento coattivo dell’interessato ai sensi dell’articolo 133;
        l) l’indicazione del giorno e dell’ora stabiliti per il prelievo e della struttura pubblica o privata presso la quale l’atto viene eseguito, nonché di quella deputata all’analisi ed al confronto del DNA;
        m) l’avviso che gli atti di prelievo biologico non possono essere eseguiti nel caso in cui vi siano comprovate e gravi ragioni mediche che evidenzino come tale specifica attività di prelievo possa nuocere alla salute della persona;
        n) l’avviso che i campioni biologici prelevati ai sensi del presente articolo ed utilizzati per la tipizzazione del DNA saranno distrutti non oltre sessanta giorni dall’avvenuto prelievo;
        o) l’avviso che il codice genetico tipizzato sarà inserito nella apposita banca dati denominata «Gestione computerizzata profili DNA» (GCPD) per ordine del giudice competente a conoscere dell’esecuzione, qualora il soggetto sia condannato con sentenza passata in giudicato nel procedimento in cui è stato ordinato il prelievo, anche qualora costui non debba scontare la pena in regime di detenzione;
        p) l’avviso che, qualora il soggetto che deve sottoporsi al prelievo sia assolto con sentenza passata in giudicato, il codice genetico tipizzato sarà cancellato nel termine di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza.

    Art. 271-ter. - (Divieti di utilizzazione). – 1. I dati biologici derivanti dalla tipizzazione del DNA prelevato in violazione delle disposizioni previste dall’articolo 271-bis sono inutilizzabili».

Art. 2.

(Modifica al codice di procedura penale)

    1. Nel libro X, titolo III, capo I, del codice di procedura penale, dopo l’articolo 665 sono inseriti i seguenti:

    «Art. 665-bis. - (Casi e forme dei prelievi personali di materiale biologico finalizzato all’inserimento nella banca dati del DNA). – 1. Il giudice competente a conoscere dell’esecuzione, d’ufficio o su richiesta del pubblico ministero individuato ai sensi dell’articolo 655, dispone con ordinanza il prelievo di campioni biologici finalizzato all’analisi del DNA ed all’inserimento del profilo genetico nella banca dati GCPD. L’ordinanza è rivolta nei confronti del soggetto che deve scontare la pena in regime di detenzione, carceraria o domiciliare, ovvero dell’internato per un delitto non colposo per il quale è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Il prelievo non è ordinato qualora il condannato sia già stato sottoposto a prelievo ai sensi dell’articolo 271-bis. In quest’ultimo caso il medesimo giudice ordina, d’ufficio o su richiesta del pubblico ministero, la trasmissione alla banca dati GCPD del profilo genetico del condannato, anche qualora costui non debba scontare la pena in regime di detenzione, carceraria o domiciliare.

    2. L’ordinanza di cui al comma l, con la quale sono stabilite le modalità del prelievo di campioni biologici, deve contenere, a pena di nullità, quanto indicato dall’articolo 271-bis, comma 2, lettere a), d), e), f), g), l), limitatamente all’indicazione della struttura ove l’atto verrà eseguito, m) ed n), con la precisazione che i campioni biologici utilizzati per la tipizzazione del DNA saranno distrutti entro sei mesi dall’avvenuto prelievo.
    3. L’ordinanza deve altresì contenere l’avviso che i profili di DNA tipizzati ed inseriti nella banca dati possono essere confrontati con tutti gli altri codici genetici ivi contenuti e che tale operazione è compiuta esclusivamente dal personale che gestisce la stessa banca dati.

    Art. 665-ter. - (Divieto di inserimento di dati biologici nella banca dati). – 1. È fatto divieto di inserire i caratteri genetici della persona sottoposta a prelievo di materiale biologico nella banca dati GCPD se non nei casi e nei modi previsti dall’articolo 665-bis.

    2. Non è mai consentito inserire profili genetici nella banca dati GCPD qualora non attengano a soggetti condannati con sentenza penale divenuta irrevocabile».

Art. 3.

(Modifica all’articolo 79
del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271)

    1. All’articolo 79 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

    «2-bis. Il prelievo previsto agli articoli 271-bis e 271-ter del codice è eseguito mediante le lancette pungi dito di comune uso sanitario».

Art. 4.

(Abrogazione di norme)

    1. I commi 1, 4-ter e 4-quater dell’articolo 10 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, sono abrogati.

Art. 5.

(Istituzione della banca dati del DNA)

    1. È istituita presso il Ministero dell’interno la banca dati contenente i profili genetici di DNA, denominata «Gestione computerizzata profili DNA» (GCPD).

    2. Con regolamento adottato con decreto del Ministro dell’interno, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, nel rispetto delle disposizioni della presente legge, sono disciplinati le modalità di accesso alla banca dati, l’inserimento in essa dei dati biologici, la gestione dei profili nonché ogni comunicazione e informativa facente riferimento ad essi e richiesta dai soggetti legittimati. Sono altresì stabiliti i casi e le modalità di cancellazione dei dati genetici.
    3. Le attività di cui al comma 2 ed ogni altra funzione attinente la banca dati GCPD sono attribuite alla competenza del Servizio centrale di gestione della banca dati DNA, istituito presso il Ministero dell’interno.
    4. L’organo direttivo del Servizio centrale di gestione della banca dati è composto da due membri designati dal Garante per la protezione dei dati personali e da cinque designati dal Ministro dell’interno, scelti tra biologi, medici legali e giuristi, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Il presidente del Servizio centrale di gestione della banca dati è eletto a maggioranza tra i suoi componenti.
    5. I componenti l’organo direttivo del Servizio centrale non possono svolgere alcuna funzione nei laboratori territoriali, pubblici o privati, nei quali è analizzato il DNA a fini forensi, a pena di decadenza dall’organo direttivo stesso.
    6. È vietato inserire nella banca dati GCPD tracce genetiche ottenute con modalità differenti da quelle espressamente stabilite dalla presente legge. In particolare, è vietato inserire nella banca dati ogni dato genetico tipizzato da campioni appartenenti, sin dall’origine, ad un determinato soggetto e non prelevati nei casi e con i modi di cui all’articolo 1 della presente legge.
    7. È vietato a qualsiasi soggetto, pubblico o privato, detenere autonome banche dati di profili genetici ovvero campioni biologici, ancorché non ancora analizzati, fatta eccezione per quelle autorizzate dal Servizio centrale in virtù di esigenze specificamente indicate dal richiedente.
    8. La banca dati GCPD è suddivisa in tre sezioni, distinte tra loro, contenenti, rispettivamente:

        a) i profili genetici dei soggetti condannati con sentenza passata in giudicato in applicazione di quanto disposto dall’articolo 665-bis del codice di procedura penale;

        b) i profili genetici cosiddetti «muti», ovvero quelli repertati sulla scena del crimine o nelle immediate pertinenze della medesima;
        c) i profili genetici di cadaveri non identificati o di parte di essi e quelli degli scomparsi, ovvero appartenenti ai parenti di questi ultimi i quali abbiano dato il loro consenso al prelievo di materiale biologico.

    9. I campioni contenuti nelle diverse sezioni della banca dati, di cui al comma 8, possono essere conservati ai soli fini consentiti dalla presente legge. I profili genetici di cui comma 8, lettera a) e b, sono conservati per il tempo di quarant’anni dal loro inserimento; quelli di cui al comma 8, lettera c), sono conservati esclusivamente per il tempo e per gli accertamenti strettamente necessari al fine delle identificazioni.

    10. I campioni biologici ottenuti per la tipizzazione del profilo genetico dei condannati in via definitiva devono essere distrutti al più presto e, comunque, non oltre sei mesi dal prelievo, una volta che il profilo biologico sia stato inserito nella banca dati GPCD.
    11. La comparazione tra profili genetici rinvenuti sulla scena del crimine ovvero nelle immediate pertinenze del medesimo, contenuti nella sezione di cui al comma 8, lettera b), è consentita esclusivamente con i dati biologici delle altre tracce mute e con quelli dei condannati in via definitiva contenuti nella sezione di cui alla lettera a) del medesimo comma. I dati biologici contenuti nella sezione di cui al comma 8, lettera c), possono essere confrontati esclusivamente tra loro e con quelli dei condannati contenuti nella sezione di cui alla lettera a) del medesimo comma.
    12. I profili genetici ottenuti ai sensi dell’articolo 271-bis del codice di procedura penale nel corso di un’investigazione penale, e finalizzati alloro confronto con una traccia muta rinvenuta sul luogo del crimine ovvero nelle sue immediate pertinenze, non sono mai confrontabili, pena l’inutilizzabilità del risultato ottenuto, con quelli contenuti in alcuna sezione della banca dati GCPD.
    13. Ogni confronto tra i dati genetici contenuti nelle diverse sezioni previste dal comma 8 è compiuto in via esclusiva dal Servizio centrale, di cui al comma 3.
    14. I risultati dell’attività prevista al comma 11 sono comunicati, in via esclusiva, all’autorità giudiziaria richiedente ovvero al difensore dell’interessato ai sensi dell’articolo 391-quater del codice di procedura penale.
    15. Sono vietati tutti i confronti tra dati biologici non previsti dalla presente legge.
    16. Il regolamento di cui al comma 2 disciplina:

        a) il numero dei dipendenti del Servizio centrale, i settori operativi, nonché l’articolazione degli uffici e dei laboratori;

        b) i tempi da rispettare da parte della struttura, pubblica o privata, certificata secondo la normativa ISO/IEC, deputata alla analisi del DNA per l’inserimento dei dati genetici nella banca dati GCPD, nonché la trasmissione dei medesimi al magistrato richiedente ovvero, in via diretta, al Servizio centrale di gestione della banca dati di DNA.

Art. 6.

(Copertura finanziaria)

    1. All’onere derivante dall’attuazione della presente legge, valutato in 5.980.000 euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell’ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’interno.

Art. 7.

    1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Art. 8.

(Autorizzazione all’adesione)

    1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato ad aderire al Trattato concluso il 27 maggio 2005 tra il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica d’Austria, relativo all’approfondimento della cooperazione transfrontaliera, in particolare allo scopo di contrastare il terrorismo, la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale (Trattato di Prum), di seguito denominato «Trattato».

Art. 9.

(Ordine di esecuzione)

    1. Piena ed intera esecuzione è data al Trattato, a decorrere dal novantesimo giorno successivo al deposito dello strumento di adesione, in conformità quanto disposto dall’articolo 51, paragrafo 3, dello stesso Trattato.

Art. 10.

(Autorità di riferimento
per le attività previste dal Trattato)

    1. Le autorità di riferimento per le attività previste dal Trattato sono individuate con uno o più decreti del Ministro dell’interno e del Ministro della giustizia.

Art. 11.

(Risarcimento del danno)

    1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 30 del Trattato, quando agenti di una Parte contraente operano nel territorio nazionale, lo Stato italiano provvede al risarcimento dei danni causati dal personale straniero limitatamente a quelli derivanti dallo svolgimento delle attività svolte conformemente al medesimo Trattato.

 
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