Legislatura 16º - Disegno di legge N. 960


 
 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

N. 960
 
 
 

 

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori RUTELLI e ZANDA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 30 LUGLIO 2008

Misure in materia di urgente contrasto alla criminalità,
al terrorismo e alla migrazione illegale.
Adesione della Repubblica italiana al Trattato di Prum
concluso il 27 maggio 2005 tra il Regno del Belgio,
la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna,
la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo,
il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica d’Austria.
Istituzione della banca dati nazionale del DNA
e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA.
Delega al Governo per l’istituzione dei ruoli tecnici del Corpo di polizia. Modifiche al codice di procedura penale in materia
di accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale

 

Onorevoli Senatori. – L’esigenza di dotare l’ordinamento di strumenti più penetranti ed efficaci nel contrasto alla criminalità e all’illegalità è ormai largamente riconosciuta come una priorità assoluta per il nostro Paese.

    Secondo i dati diffusi dal primo presidente della Corte di cassazione in occasione della inaugurazione dell’anno giudiziario 2007, i delitti che in Italia rimangono impuniti per la mancata identificazione degli autori sono oltre la metà di quelli denunciati (pressoché la totalità, con riguardo ai furti) e la tendenza è data in crescita. La stessa fonte segnala che nel periodo 10 luglio 2005 – 30 giugno 2006, a fronte di 2.526.486 di reati denunciati, quelli ad opera di ignoti sono stati 1.992.943. Nonostante la leggera flessione nel numero di reati denunciati – pari a circa il 10 per cento rispetto all’anno precedente – i margini di impunità si sono accresciuti, assieme all’allarme sociale e alla diffusa percezione di insicurezza della popolazione.
    Per altro verso, gli impegni assunti in sede comunitaria e internazionale e la diretta esposizione dell’Italia nella lotta ai fenomeni del terrorismo e della tratta di esseri umani e alle attività criminali internazionali e transnazionali impongono di adeguare il nostro ordinamento interno, anche attraverso l’adozione di metodologie e strumenti d’indagine che consentano la condivisione su ampia scala di dati e informazioni riguardanti le indagini sui delitti di maggiore allarme sociale.
    A tal fine, il presente disegno di legge propone un pacchetto di misure urgenti articolato in tre aree principali, tra loro interconnesse.
    La prima area d’intervento riguarda il potenziamento della cooperazione di polizia in ambito comunitario, attraverso l’autorizzazione legislativa all’adesione dell’Italia al Trattato di Prum (Capo I) e, in relazione ad esso, la previsione di scambi di informazione e altre forme di cooperazione internazionale (Capo III).
    Sottoscritta il 27 maggio 2005, a Prum (Germania), tra sette Paesi dell’Unione europea (Belgio, Francia, Germania, Spagna, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria), la Convenzione di Prum – denominata anche «Schengen 2» – è volta a rafforzare la cooperazione transfrontaliera nella lotta ai fenomeni del terrorismo, della immigrazione clandestina e della criminalità internazionale e transnazionale.
    Offerta all’adesione e alla ratifica degli altri Paesi dell’Unione, la Convenzione di Prum segna, rispetto agli accordi di Schengen, un significativo punto di avanzamento nel processo di integrazione e rafforzamento su scala continentale delle politiche di contrasto al terrorismo e alla criminalità organizzata. Se estesamente recepite, infatti, le disposizioni della Convenzione renderebbero possibile un ampio scambio di informazioni e di dati informatici relativi a impronte digitali e dati genetici (DNA) tra i Paesi dell’Unione europea, con correlativa predisposizione di un livello adeguato di protezione dei dati medesimi da parte di ciascun Paese contraente destinatario.
    Cogliendo la rilevanza dell’opportunità offerta al nostro Paese, il 4 luglio 2006 l’allora Ministro dell’interno Giuliano Amato aveva dichiarato a Berlino, per conto del Governo italiano, l’intenzione dello Stato italiano di aderire agli accordi di Prum.
    Anche in relazione ai lusinghieri risultati operativi ottenuti nella prima fase di attuazione, la Germania – quale presidente di turno – aveva infatti proposto la trasposizione nel sistema giuridico dell’Unione europea dei contenuti del Trattato di Prum, con ciò avviando il procedimento per il recepimento di gran parte delle sue disposizioni, coincidenti per materia con quelle del III pilastro, tra cui anche quelle relative allo scambio dei profili del DNA. Tale proposta aveva trovato pieno seguito presso la Commissione europea che, nel dare il proprio sostegno alla trasposizione del Trattato, aveva anche assicurato la disponibilità ad erogare sostegni di natura finanziaria agli Stati che avessero incontrato difficoltà nel potenziamento della collaborazione di polizia in questione.
    Facendo seguito agli impegni assunti, il Governo Prodi II aveva quindi presentato alle Camere un disegno di legge per l’autorizzazione all’adesione al Trattato di Prum, contenente tra l’altro disposizioni per l’istituzione di una banca dati nazionale del DNA e la creazione a tal fine di appositi ruoli tecnici del Corpo di polizia penitenziaria (A.S. 1877 – XV legislatura). La chiusura anticipata della legislatura non consentì tuttavia di esaminare e approvare definitivamente quel provvedimento.
    Il presente disegno di legge intende dunque innanzitutto completare il processo di rafforzamento della cooperazione comunitaria già avviato su queste materie nella scorsa legislatura, attraverso l’autorizzazione all’adesione al Trattato di Prum, ma anche – nello stesso contesto – dotare il nostro ordinamento interno di più efficaci strumenti per l’effettuazione di prelievi di campioni biologici e in generale per la raccolta, la conservazione e l’uso di dati biometrici, in particolare di quelli relativi al DNA (Capo II).
    L’urgenza di un intervento legislativo in questa materia è stata indicata, da ultimo, dall’Autorità garante per la protezione dei dati personali. Il 16 luglio 2008 il Presidente Francesco Pizzetti, nell’ambito della relazione annuale per l’anno 2007, ha espressamente segnalato che: «Urge una legislazione chiara in materia di banche del DNA. Il legislatore deve definire i tempi di conservazione; le finalità per le quali tali campioni o i loro marcatori possono essere conservati; il tempo entro il quale essi devono essere distrutti; le regole che devono presiedere al loro utilizzo».
    L’Italia a tutt’oggi non possiede una banca dati del DNA e poiché – tra le varie banche dati dei Paesi dell’Unione aderenti al Trattato di Prum che dovranno entrare in correlazione tra di loro vi è anche quella del DNA – la stessa adesione al Trattato è in concreto condizionata, quanto agli effetti, dall’approvazione di una legge istitutiva di tale organismo.
    Negli ultimi anni, diversi Paesi europei hanno istituito banche nazionali del DNA contenenti i profili genetici di persone sospettate o condannate e quelli estratti da tracce rilevate sulla scena del crimine nei casi irrisolti. Attualmente sono attive, parzialmente o a pieno regime, banche nazionali del DNA in Olanda, Regno Unito, Austria, Germania, Finlandia, Norvegia, Danimarca, Svizzera e Svezia, mentre in altri Stati europei sono già in corso di preparazione o di approvazione specifiche legislazioni. L’Inghilterra in particolare dispone di una banca dati del DNA fin dal 1995 e, fino al 2003, essa aveva già immagazzinato oltre due milioni di profili.
    Si tratta, dunque, non soltanto di affinare e potenziare gli strumenti impiegati a fini di indagine per i reati di criminalità organizzata e di terrorismo, sempre più a connotazione transnazionale. La banca dati del DNA è diretta anche a stabilire l’identità dei cadaveri, ricostruendo i profili del DNA dei familiari; a rintracciare persone scomparse e a scoprire gli autori di reati che oggi, in larga parte, rimangono ignoti, come furti e rapine; e a risolvere casi di delitti rimasti a lungo impuniti.
    Ad oggi, l’unica struttura presente in Italia simile a quella richiesta per il test del DNA è legata all’identificazione mediante l’impronta digitale. Né d’altra parte esiste alcun coordinamento per lo scambio di dati tra i laboratori delle forze di polizia e degli istituti di medicina legale a cui l’autorità giudiziaria normalmente affida l’analisi dei DNA. Tutti i risultati ottenuti dall’analisi dei DNA rimangono confinati ai singoli episodi ed eventuali comparazioni di dati vengono effettuate con ricerche manuali.
    È pertanto necessaria una legislazione specifica che permetta l’istituzione di una banca dati nazionale del DNA, garantendone la consultazione solo previo provvedimento motivato dell’Autorità giudiziaria – con l’esclusione quindi di organismi esterni ed enti privati – e nel rispetto delle norme sulla sicurezza e privacy. Anche a questo proposito, le parole del Presidente Pizzetti sono state chiare. «È assolutamente necessario che si eviti di fare ricorso a queste tecniche secondo criteri discriminatori, specialmente di natura etnica o religiosa, che contrastino con la nostra Costituzione e con le Carte dei diritti fondamentali dell’uomo e del cittadino che il nostro Paese ha siglato».
    Con riferimento a questa seconda area d’intervento, il presente disegno di legge recupera largamente – sebbene con alcune significative modifiche – le disposizioni, già contenute nel testo governativo della scorsa legislatura, per l’istituzione della banca dati del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA (Capo II).
    Infine, quale terzo punto d’attacco del pacchetto di misure proposto, si integra e si completa il qnadro normativo già delineato nella XV legislatura, prevedendo anche una nuova disciplina per il compimento di prelievi di campioni biologici o di accertamenti medici su persone viventi (Capo IV).
    Anche questo profilo era stato oggetto nella scorsa legislatura di un ampio confronto parlamentare, che aveva condotto il 10 ottobre 2007 all’approvazione da parte della Camera – a larga maggioranza – di un provvedimento d’iniziativa parlamentare (A.C. 782 – XV legislatura) che aveva a sua volta assorbito un altro disegno di legge del Governo Prodi II (A.C. 1967 – XV legislatura).
    L’ampiezza della convergenza trovata su quel provvedimento suggerisce oggi di riprodurne il contenuto in questo contesto, nell’identico testo giunto all’approvazione da parte di un ramo del Parlamento e con le medesime motivazioni di opportunità e di urgenza.
    Le disposizioni proposte sono infatti volte a colmare un vuoto normativo che limita significativamente l’attività di indagine della magistratura, privandola di un importante mezzo di ricerca della prova. Il vuoto normativo si è creato a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 9 luglio 1996, che ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 224, comma 2, del codice di procedura penale nella parte in cui consentiva al giudice, nell’ambito delle operazioni peritali, di disporre misure che incidevano sulla libertà personale dell’indagato o dell’imputato o di terzi, al di fuori di quelle specificamente previste, nei casi e nei modi, dalla legge.
    In particolare, in assenza di una legge che disciplini specificamente la materia, è venuta meno la possibilità di effettuare accertamenti quali il prelievo di materiale biologico al fine della individuazione del profilo genetico dell’individuo e del successivo raffronto con il profilo genetico ricavato dalle tracce del reato. Le disposizioni proposte incidono prevalentemente sulle situazioni nelle quali non vi sia il consenso della persona offesa e disciplinano analicamente tutti i casi in cui è possibile procedere agli accertamenti tecnici.
    Nel 2005 il legislatore era parzialmente intervenuto su tale argomento, in occasione dell’introduzione di nuove norme di contrasto al terrorismo, prevedendo che il prelievo obbligatorio di saliva o capelli, anche in mancanza di consenso dell’interessato, fosse possibile ma ai soli fini identificativi della persona nei cui confronti le indagini sono svolte e non già a fini probatori. In quel contesto è stato dato alla polizia giudiziaria il potere di procedere a prelievi di capelli e saliva sia nei confronti dell’indagato, sia nei confronti di persona non sottoposta ad indagini – ad esempio, persona offesa o testimone – nei casi in cui il pubblico ministero non può intervenire tempestivamente ovvero quando non ha ancora assunto la direzione delle indagini e sempre nel rispetto del presupposto che vi debba essere pericolo che le cose, tracce e luoghi indicati dall’articolo 354, comma 1, si alterino o si disperdano o, comunque, si modifichino.
    Tali disposizioni si sono dimostrate insufficienti a colmare il vuoto normativo segnalato, per cui appare a tutt’oggi necessario un intervento efficace del legislatore.
    La disciplina a tal fine proposta è finalizzata proprio ad introdurre nel codice di procedura penale una disciplina per il compimento, su persone viventi, di prelievi di campioni biologici o accertamenti medici che possa costituire un corretto bilanciamento tra le esigenze del processo e l’inviolabilità della libertà personale dell’individuo, garantita dall’articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

Capo I – Disposizioni generali per l’adesione al Trattato di Prum

    Il Trattato di Prum intende concretamente migliorare e rendere efficace lo scambio di informazioni, consentendo – nel rispetto delle norme in materia di protezione dei dati personali – l’accesso automatizzato ad alcuni schedari nazionali degli Stati aderenti.

    Si tratta del reciproco accesso, lettura diretta ed on line ai dati dei registri di immatricolazione dei veicoli, nonché degli archivi d’analisi del DNA e dei dati dattiloscopici (impronte digitali), secondo specifiche modalità. In tale modo il servizio che effettua la consultazione riceverà in riscontro direttamente e per via informatica l’informazione sull’esistenza o meno del dato richiesto nello schedario del partner. Inoltre, allo scopo di migliorare la cooperazione di polizia il Trattato prevede, oltre allo scambio di informazioni su potenziali terroristi:

        la possibilità di istituire pattuglie comuni e di delegare competenze di forza pubblica a Forze di polizia appartenenti alle altre Parti contraenti, nonché l’assistenza in occasione di eventi di grande portata;

        lo svolgimento di operazioni oltre frontiera su richiesta (o anche senza, in casi di urgenza) con la possibilità di esercitare alcuni poteri di polizia;
        meccanismi di cooperazione in materia di attività di contrasto dei documenti falsi, di impiego di guardie armate a bordo degli aerei ed in materia di espulsione.

    Il disegno di legge prevede, pertanto, alcune disposizioni necessarie per adeguare l’ordinamento interno a quanto previsto nel Trattato medesimo, che attengono, in particolare, al contenuto della dichiarazione allegata all’impegno sottoscritto dal Ministro dell’interno a Berlino il 4 luglio 2006. In proposito, in sede di deposito dell’atto di adesione sarà riproposta la dichiarazione allegata al predetto atto d’impegno, salvo che per la parte relativa allo scambio dei dati di analisi del DNA se, come previsto dal presente disegno di legge, sarà contestualmente istituita la banca dati del DNA.

    L’articolo 1 prevede dunque l’autorizzazione all’adesione al Trattato Prum.
    L’articolo 2 prevede la piena esecuzione del Trattato a decorrere dal novantesimo giorno successivo al deposito dello strumento di adesione, così come previsto dall’articolo 51, paragrafo 3, del medesimo Trattato.
    L’articolo 3 rinvia ad un decreto del Ministro dell’interno e del Ministro della giustizia l’individuazione delle autorità di riferimento per le attività previste dal Trattato. Si tratta di autorità che devono essere comunicate al momento del deposito dell’atto di adesione ai sensi dell’articolo 42 del Trattato. Lo stesso articolo 42 prevede la possibilità di modificare nel tempo tale comunicazione, per cui si rende necessario il ricorso ad uno strumento flessibile.
    L’articolo 4 disciplina l’eventuale risarcimento del danno, correlato all’eventuale impiego in Italia di agenti di altri Paesi, in attuazione dell’articolo 30 del Trattato, attraverso il rinvio ad una regola di carattere generale.

Capo II – Istituzione della banca dati del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA.

    L’articolo 5, comma 1, istituisce la banca dati nazionale del DNA, a carattere interforze e collocata all’interno del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno (al pari del Casellario centrale di identità o degli altri organismi interforze). L’articolo 5, comma 2, prevede l’istituzione del laboratorio centrale della banca dati nazionale del DNA presso il Ministero della giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Alla base della scelta di istituire due organismi distinti è la necessità di mantenere anche fisicamente distinte le attività di raccolta dei profili del DNA da quelle di analisi dei campioni biologici a fini di identificazione. Lo scopo è evidentemente quello di garantire le massime condizioni di sicurezza e scongiurare la possibilità di indebite intrusioni finalizzate ad un utilizzo improprio delle informazioni conservate.

    L’articolo 6 è dedicato alle definizioni: si tratta di disposizione volta alla semplificazione della redazione legislativa.
    Gli articoli 7 e 8 specificano, rispettivamente, l’attività della banca dati e del laboratorio centrale. In particolare, l’articolo 7 opera la descrizione delle attività della banca dati istituita presso il Ministero dell’interno:

        –  raccolta del profilo del DNA dei soggetti di cui all’articolo 9, comma l e 2;

        –  raccolta dei profili del DNA relativi a reperti biologici acquisiti nel corso di procedimenti penali;
        –  raccolta dei profili del DNA di persone scomparse o loro consanguinei, di cadaveri e resti cadaverici non identificati;
        –  raffronto dei profili del DNA a fini di identificazione.

    L’articolo 8 descrive le attività del laboratorio centrale della banca dati nazionale del DNA, vale a dire la estrazione del profilo del DNA dei soggetti di cui all’articolo 9 e la conservazione dei campioni biologici dai quali vengono tipizzati i profili del DNA. Tale costruzione consente, pertanto, alle forze di polizia di custodire, per la successiva consultazione e gli immediati raffronti, i soli dati relativi ai profili del DNA; laddove al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria viene riservata l’attività di tipizzazione, vale a dire l’estrazione del profilo nei confronti dei soggetti indicati nell’articolo 9, che provvederà, successivamente, a trasmettere alla banca dati nazionale del DNA.

    Occorrendo varare una legislazione in grado di apprestare le più adeguate garanzie per fronteggiare e scongiurare utilizzazioni distorte della banca dati nazionale del DNA, si è ritenuto di inserire in maniera esplicita alcuni limiti invalicabili: per un verso, la banca dati ha finalità esclusive di identificazione personale per la polizia giudiziaria e l’autorità giudiziaria, nonché per le finalità di collaborazione internazionale delle forze di polizia (articolo 12, comma 2); per l’altro, l’analisi può riguardare solo segmenti non codificanti del genoma umano, dai quali non siano desumibili informazioni sulle caratteristiche del soggetto analizzato, quali, ad esempio, malattie (articolo 11, comma 3). Per un altro verso ancora, si è voluto mantenere elevato il livello delle garanzie, tenendo distinti il luogo di raccolta e confronto dei profili del DNA (banca dati nazionale del DNA) dal luogo di estrazione dei predetti profili e di conservazione dei relativi campioni biologici (laboratorio centrale presso l’Amministrazione penitenziaria) nonché dal luogo di estrazione dei profili provenienti da reperti (laboratori delle Forze di polizia o altrimenti specializzati), evitando promiscuità che si potrebbero rivelare pregiudizievoli per la genuinità dei dati raccolti ed analizzati.
    Alla banca dati nazionale del DNA sono quindi destinati i profili del DNA estratti dai reperti biologici, ossia i materiali acquisiti sulla scena del reato dalla polizia giudiziaria ed esaminati dai laboratori delle Forze di polizia ovvero da altri laboratori di elevata specializzazione, pubblici o privati. Tra le finalità della banca dati del DNA vi è, del resto, quella di stabilire l’appartenenza dei reperti acquisiti sulla scena del reato. Si prevede, quindi, l’obbligo per l’Autorità giudiziaria che abbia disposto, a mezzo di consulenza tecnica, accertamento tecnico o perizia, la tipizzazione del profilo del DNA (ad esempio sul passamontagna o sulla traccia ematica repertati sul luogo della rapina o dell’omicidio), di inviare alla banca dati il risultato dell’analisi (quindi, il solo profilo), così da assicurare che, a livello centrale, siano conservate e rese disponibili tutte le analisi effettuate con questa metodologia nell’ambito di investigazioni criminali (articolo 10, comma 1). Occorre, peraltro, precisare che l’obbligo concerne esclusivamente i reperti acquisiti sul luogo del fatto o comunque su cose pertinenti al reato e non già i campioni biologici eventualmente prelevati su persone nei cui confronti si sono svolte le indagini (prelievo, volontario o coattivo, del DNA a fini probatori a carico dell’indagato). Su un altro versante, si è pensato (articolo 10, comma 2) anche alla sorte dei reperti biologici acquisiti ad un procedimento penale e mai analizzati: in questo caso si è rimessa al pubblico ministero individuato ai sensi dell’articolo 655, comma 1, del codice di procedura penale, la facoltà di richiedere al giudice dell’esecuzione, dopo che è divenuta irrevocabile la sentenza che ha definito il procedimento, di ordinare la trasmissione del reperto medesimo ad un laboratorio delle Forze di polizia ovvero di altre istituzioni di elevata specializzazione, per la tipizzazione del profilo ed il successivo trasferimento degli stessi alla banca dati nazionale del DNA.
    I profili del DNA estratti dai reperti raccolti nel corso delle indagini penali e rimasti non attribuiti ad alcuno vengono confrontati con il profilo del DNA di persone note, selezionate in base ad un criterio assai semplice e di immediata rilevabilità, quale l’essere stato sottoposto a privazione della libertà personale: soggetti cui sia stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari; persone sottoposte ad arresto, obbligatorio o facoltativo e quelle in stato di fermo; persone detenute o internate a seguito di sentenza irrevocabile, o sottoposte a misure di sicurezza detentive, a titolo provvisorio o definitivo. I dati raccolti in tal modo rappresentano il secondo polmone di afflusso dei profili del DNA alla banca dati nazionale del DNA.
    Tale soluzione è supportata anche dalla considerazione che, se una persona è privata della libertà personale, trovandosi in stato di detenzione, può essere sottoposta ad altra limitazione, che si ritiene minima, della libertà personale e che consiste nel prelievo coattivo del piccolo saggio di saliva (nel quale sono presenti cellule della mucosa del cavo orale). Tale argomento appare ancora più plausibile ove si consideri che il soggetto privato della libertà personale è sottoposto ad una serie di rilievi che hanno varie finalità: viene perquisito, foto-segnalato, gli vengono rilevate le impronte dattiloscopiche ed è sottoposto a prelievo ematico per verificare la presenza di infezione da HIV o altre malattie a carattere epidemico.
    Peraltro, proprio al fine di evitare una indiscriminata, quanto inutile, attività di prelievo del DNA nei confronti di tutti i soggetti detenuti, si sono introdotte delle limitazioni, prevedendo che si deve trattare di delitti non colposi, consumati o tentati, con esclusione dei delitti tendenzialmente non connotati da violenza o minaccia, di quelli contro l’amministrazione della giustizia, dei delitti di falso, dei delitti fallimentari ed altri (articolo 9, commi 1 e 2).
    Il prelievo del campione biologico è normalmente operato da personale della polizia penitenziaria; tuttavia, nei casi di arresto in flagranza o di fermo potrebbe procedervi anche personale specificamente addestrato delle Forze di polizia o personale sanitario ausiliario della polizia giudiziaria (articolo 9, comma 4). Nei casi di arresto in flagranza e fermo, il prelievo potrà essere effettuato, poi, esclusivamente dopo la convalida degli stessi da parte del giudice; detta limitazione è prevista allo scopo di impedire ogni possibile abuso da parte della polizia giudiziaria, subordinando il prelievo al previo vaglio del giudice in ordine alla legittimità del provvedimento privativo della libertà personale.
    Al pari delle similari esperienze straniere, la banca dati nazionale contiene i profili del DNA dei cadaveri non identificati e dei soggetti consanguinei delle persone scomparse. Per quanto riguarda i cadaveri non identificati, il meccanismo di acquisizione del profilo del DNA è simile a quello dei reperti sul luogo del fatto di reato.
    L’articolo 11 stabilisce che l’analisi del campione e del reperto biologico ai fini della tipizzazione del profilo del DNA, per la successiva trasmissione alla banca dati nazionale, deve essere eseguita in laboratori certificati a norma ISO/IEC e sulla base di parametri riconosciuti a livello internazionale, in modo da assicurare la uniformità dei dati acquisiti.
    L’articolo 12 regola il trattamento dei dati, l’accesso e la tracciabilità dei campioni. In particolare il comma 1 stabilisce che i profili ed i relativi campioni non contengono le informazioni che consentono la diretta identificazione del soggetto cui sono riferiti. Si tratta, quindi, di accesso di secondo livello; sicché la polizia giudiziaria ovvero la stessa autorità giudiziaria dovranno prima richiedere di effettuare il confronto e, solo se esso è positivo, potranno essere autorizzati a conoscere il nominativo del soggetto cui appartiene il profilo. Peraltro, opportunamente si introduce la necessità di identificare sempre e comunque l’operatore che ha consultato la banca dati, nonché di registrare ogni attività concernente i profili e i campioni.
    La banca dati, pertanto, può essere compulsata solo ad opera del personale addetto ed autorizzato, secondo modalità che ne consentano la tracciabilità ossia la individuazione della postazione e del soggetto che ha effettuato l’accesso alla banca dati: le richieste potranno provenire soltanto dalle Forze di polizia, dall’autorità giudiziaria, nonché, nei limiti della legislazione, dai difensori nel quadro delle investigazioni difensive.
    L’articolo 13 assolve ad una funzione eminentemente organizzativa, essendo diretto ad evitare che il laboratorio centrale assuma dimensioni difficilmente gestibili.
    Si prevede, in particolare, che, a seguito di identificazione di cadavere o resti cadaverici, nonché del ritrovamento di persona scomparsa, venga disposta, anche di ufficio, la cancellazione dei profili del DNA e dei campioni biologici. Il comma 3 della medesima norma assolve, invece, ad una funzione di garanzia, contemplando l’obbligo di cancellazione, d’ufficio o a richiesta, dei profili e la conseguente distruzione dei campioni – allorquando siano state violate le disposizioni di cui all’articolo 9.
    Riguardo al tempo di conservazione dei profili dei soggetti sottoposti a prelievo di campione biologico, è evidente che il funzionamento della banca dati del DNA è legato al fenomeno della recidiva: le possibilità che il profilo del DNA di un soggetto arrestato per i reati previsti dalla presente legge sia riconosciuto corrispondente alle tracce di un altro reato aumentano in proporzione alla ampiezza del lasso temporale in cui tale confronto è possibile; al di sotto di un limite minimo la banca dati nazionale del DNA potrebbe risultare inutile (tenendo conto di un primo periodo in cui il soggetto resta detenuto); allo stesso tempo, occorre comunque fissare un limite massimo di conservazione, per evitare una indefinita sottoposizione a controllo anche a distanze di tempo considerevoli. Si propone, quindi, un termine massimo di quarant’anni che rappresenta un lasso di tempo congruo per superare, secondo un dato di esperienza, il periodo di plausibile recidiva (articolo 13, comma 4), entro il quale dovrà essere stabilito il tempo di conservazione nell’ambito dei regolamenti previsti dall’articolo 16 della legge. Il medesimo comma 4 prevede, poi, una durata massima pari a venti anni per la conservazione dei campioni biologici; la conservazione di questi ultimi per un periodo superiore a quello richiesto per la tipizzazione dei profili si rende assolutamente necessaria per consentire di mantenere la banca dati perfettamente funzionante. Ed invero, le continue evoluzioni nelle tecniche di tipizzazione e confronto rendono, nell’arco di pochi anni, già obsoleta la tecnologia precedentemente impiegata; è pertanto indispensabile conservare i campioni per almeno venti anni, onde consentirne nuove analisi ogni qual volta si rendesse disponibile una innovazione in tal senso, permettendo così di ottenere sempre un dato confrontabile con gli altri conservati nella medesima banca dati. Anche in questo caso, come per i profili, il termine è concretamente individuato nell’ambito dei regolamenti di cui sopra.
    L’articolo 14 prevede le sanzioni irrogabili a carico dei pubblici ufficiali i quali facciano uso o comunichino a terzi le informazioni al di fuori dei casi consentiti dalla legge; in tal caso l’autore del reato sarà punito con la pena della reclusione da due a quattro anni e, nell’ipotesi di reato colposo, con la pena della reclusione fino a un anno.
    L’articolo 15 prevede le istituzioni di garanzia, le quali, analogamente a quanto avviene nelle esperienze straniere, dovranno essere autonome ed estranee alle attività proprie della banca dati nazionale e del laboratorio centrale, svolgendo l’importante compito di controllo del funzionamento e della sicurezza.
    Così si prevede che, nell’ambito delle attribuzioni previste dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, il Garante per la protezione dei dati personali eserciti il controllo sulla banca dati nazionale del DNA; al Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita viene, invece, attribuito il compito di garanzia dell’osservanza dei criteri e delle norme tecniche per il funzionamento del laboratorio centrale, nonché quello di eseguire verifiche presso il laboratorio centrale ed i laboratori che lo alimentano.
    All’articolo 16 si è prevista una espressa riserva di regolamento per la disciplina concernente l’organizzazione, il funzionamento e la sicurezza della banca dati e del laboratorio centrale; si tratta di regolamenti da adottarsi su proposta del Ministro della giustizia e del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro della salute, del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e il Presidente del Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita. Il regolamento è deputato altresì a prevedere le tecniche e le modalità di analisi e conservazione dei campioni biologici; le attribuzioni del responsabile della banca dati e del responsabile del laboratorio centrale, nonché le competenze tecnico-professionali del personale addetto; ed ancora i criteri per la cancellazione dei profili del DNA e la distruzione dei relativi campioni biologici.
    L’articolo 17 reca le disposizioni transitorie ed assolve alla funzione di evitare di disperdere i profili del DNA acquisiti nel corso di procedimenti penali prima della data di entrata in vigore della presente legge, sempre previo nullaosta dell’autorità giudiziaria. Sarà cura delle Forze di polizia provvedere al trasferimento del profilo presso la banca dati del DNA.
    Il comma 2 della medesima disposizione prevede altresì che entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge l’Amministrazione penitenziaria provveda a prelevare il campione biologico nei confronti di detenuti e internati di cui all’articolo 9. A tal fine si prevede, al comma 3, la possibilità per l’Amministrazione penitenziaria di stipulare apposite convenzioni nei limiti delle risorse di cui all’articolo 25, della durata massima e non prorogabile di tre anni, con istituzioni di elevata specializzazione o con laboratori esterni per la tipizzazione dei profili, nonché convenzioni con le Forze di polizia per la formazione e l’addestramento del proprio personale.
    L’articolo 18 reca la delega legislativa al Governo, da esercitarsi entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, per l’emanazione di uno o più decreti legislativi diretti ad integrare l’ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, in modo da garantire che all’interno dell’Amministrazione penitenziaria siano reclutate quelle unità di personale dotate delle specifiche cognizioni e competenze tecniche per la gestione ed il funzionamento del laboratorio centrale della banca dati nazionale del DNA.

Capo III – Scambio di iriformazioni ed altre forme di cooperazione.

    L’articolo 19 rinvia al codice in materia di protezione dei dati, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, per quanto concerne lo scambio informativo dei dati del DNA, di cui agli articoli da 2 a 7 del Trattato, nonché dei dati dattiloscopici, di quelli relativi ai registri di immatricolazione dei veicoli, nonché quelli relativi alle grandi manifestazioni transfrontaliere, di cui agli articoli 8, 9, 12 e 15 del Trattato.

    L’articolo 20 rinvia ad apposite intese con gli altri Paesi, come consentito dall’articolo 17 del Trattato, l’integrazione delle modalità d’impiego di guardie giurate armate a bordo degli aeromobili. Assicura altresì la copertura normativa per le modalità di trasporto delle armi delle medesime guardie giurate fino al luogo in cui debbono essere custodite nell’ambito dell’area aeroportuale.
    L’articolo 21 definisce la disciplina relativa alla costituzione di unità a composizione mista per interventi comuni di Paesi aderenti al Trattato, di cui all’articolo 24 del Trattato, con specifico riferimento alla limitazione delle funzioni che possono essere svolte da agenti di altri Paesi nel territorio nazionale, con il rinvio alle vigenti disposizioni di legge e di regolamento e con l’attribuzione delle funzioni di agente di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria. Il medesimo articolo 21 prevede, altresì, il rinvio anche all’articolo 9 della legge 21 febbraio 1990, n. 36, concernente la disciplina sull’autorizzazione al porto di armi sul territorio nazionale da parte di agenti stranieri, atteso che, ai sensi dell’articolo 28 del medesimo Trattato, il personale di altri Paesi che fa parte dell’unità mista può entrare sul territorio nazionale portando al seguito l’arma in dotazione o altri mezzi di coazione fisica, autorizzati secondo le disposizioni normative applicabili agli agenti che partecipano all’intervento comune, come previsto nella dichiarazione che l’Italia ha già anticipato nell’impegno sottoscritto a Berlino il 4 luglio 2006, sopra richiamato.
    L’articolo 22 delimita il campo di applicazione dell’articolo 25 del Trattato, in base al quale sono possibili anche sul territorio nazionale interventi d’urgenza da parte di agenti di Paesi confinanti in casi di emergenza. La norma precisa che la necessità dell’intervento deve essere direttamente collegata all’oggettivo rischio che potrebbe derivarne in caso di eventuale ritardo e che gli agenti stranieri operanti possono utilizzare le armi in dotazione esclusivamente per legittima difesa. Infine, in caso di fermo di una persona da parte dei medesimi agenti, viene fatto rinvio alla disciplina di cui all’articolo 5 della legge 30 settembre 1993, n. 388, concernente la ratifica dell’Accordo di Shengen.

Capo IV – Modifiche al codice di procedura penale in materia di accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale

    L’articolo 23 stabilisce i presupposti necessari per l’adozione dei provvedimenti del giudice con cui si dispongono le perizie che richiedono il compimento di atti incidenti sulla libertà personale delle persone, comportando prelievi o accertamenti coattivi.

    Sono previste due diverse discipline a seconda che si tratti di indagato o di imputato ovvero di persona diversa. La prima scelta è stata quella di delimitare o meno la portata applicativa dei predetti mezzi di ricerca della prova. Secondo le linee tracciate dalla predetta sentenza della Corte costituzionale, si è ritenuto di fissare dei paletti ben precisi entro i quali la magistratura possa muoversi. In primo luogo, si è stabilito di limitare lo strumento di prova in questione ai soli casi in cui si proceda per delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, ovvero qualora si tratti di delitto per il quale sia espressamente prevista dalla legge tale possibilità.
    Il secondo requisito necessario per disporre l’accertamento è quella dell’assoluta indispensabilità dello stesso al fine della prova dei fatti: deve trattarsi, quindi, di un fine non diversamente perseguibile.
    Si sono poi descritti i tipi di prelievo da effettuare ai fini della determinazione del profilo del DNA, individuandoli nel prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale come accertamenti preferenziali. In tutti questi casi, il giudice, anche d’ufficio, può disporre con ordinanza motivata l’esecuzione della perizia coattiva.
    Il soggetto sottoposto ad essa può farsi assistere da un difensore o da persona di fiducia; in mancanza, dovrà essere nominato un difensore d’ufficio, considerato che l’atto è nullo se la persona sottoposta a prelievo o ad accertamento non è assistita da un difensore.
    Sempre con finalità garantista, si è previsto che l’ordinanza debba essere motivata, dovendo indicare specificatamente, oltre che il prelievo o l’accertamento da effettuare, le ragioni che lo rendono assolutamente indispensabile per la prova dei fatti. Nell’ordinanza, tra l’altro, deve essere dato avviso che, in caso di mancata comparizione non dovuta ad un legittimo impedimento, nei confronti della persona che vi si deve sottoporre potrà essere ordinato l’accompagnamento coattivo. Devono anche essere indicati il luogo, il giorno e l’ora stabiliti per il compimento dell’atto e le relative modalità.
    Al fine di ridurre al minimo indispensabile l’aggressività dell’accertamento, si è ritenuto opportuno specificare espressamente che non possono in alcun caso essere disposte operazioni che contrastino con espressi divieti disposti dalla legge o che possano mettere in pericolo la vita, l’integrità fisica o la salute della persona o del nascituro, ovvero che secondo la scienza medica possano provocare sofferenze di non lieve entità. In ogni caso, a parità di risultato il giudice deve prescegliere le tecniche meno invasive e più rispettose della dignità e del decoro della persona, le quali comunque devono essere eseguite nel rispetto della dignità e del pudore di chi vi è sottoposto.
    Con apposita disposizione da introdurre nel codice di procedura penale, si prevede che le disposizioni di cui sopra si applichino, in caso di assoluta necessità, anche nei confronti di persona non indagata o non imputata, in quanto applicabili. In tale caso, la persona può essere accompagnata o assistita da un esperto o da persona di fiducia.
    L’articolo 24 riprende l’articolo 3 del disegno di legge del Governo Prodi, avente ad oggetto i casi in cui alle operazioni di prelievo procede il pubblico ministero. Per evitare qualsiasi possibile dubbio interpretativo, si è voluto comunque precisare che rimane fermo quanto disposto dall’articolo 349, comma 2-bis, circa gli accertamenti che possono essere effettuati ai fini identificativi dalla polizia giudiziaria.
    Per quanto attiene alla disciplina che si intende introdurre, si prevede che, nel caso in cui il pubblico ministero intenda procedere a consulenza tecnica che presuppone il prelievo coattivo di materiale biologico, ai fini della determinazione dell’impronta genetica dell’individuo, richiede l’autorizzazione al giudice per le indagini preliminari, il quale provvede con ordinanza che deve avere il medesimo contenuto di quello sopra delineato per il giudice.
    Si è prevista, inoltre, una procedura d’urgenza calibrata sulla base di quanto previsto dall’articolo 13, secondo comma, della Costituzione. Il pubblico ministero, pertanto, nei casi d’urgenza, quando vi sia fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave e irreparabile danno per le indagini, può disporre lo svolgimento delle operazioni con decreto motivato. Entro le quarantotto ore successive, il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari la convalida del decreto e dell’eventuale provvedimento di accompagnamento coattivo. Il giudice provvede con ordinanza al più presto e, comunque, entro le settantadue ore successive, dandone immediatamente avviso al pubblico ministero e al difensore. In caso di mancata osservanza dei presupposti e dei tempi stabiliti dalla norma, si è prevista espressamente l’inutilizzabilità del prelievo.
    Gli articoli 25, 26 e 27 prevedono alcune modifiche al codice di procedura penale che possono essere considerate di coordinamento con quanto previsto dai primi due articoli del provvedimento in esame.
    L’articolo 25 modifica l’articolo 133 del codice di procedura penale, avente ad oggetto l’accompagnamento coattivo di persone diverse dall’imputato. Considerato che il prelievo obbligatorio potrebbe essere disposto anche nei confronti di un soggetto non indagato né imputato, attraverso l’integrazione dell’articolo 133, già richiamato, si può disporre l’accompagnamento coattivo di qualsiasi persona sottoposta all’esame del perito che sia diversa dall’imputato. Per l’accompagnamento coattivo dell’imputato è previsto l’articolo 132.
    La modifica al codice in esame è applicabile a qualsiasi esame disposto da un perito e non solo alle perizie previste dal provvedimento oggi in esame. Come è dato conto nella relazione del Governo, con la modifica all’articolo 133 del codice di procedura penale, si mira a rendere esplicito il potere del giudice di disporre l’accompagnamento coattivo della persona sottoposta all’esame del perito diversa dall’imputato. Invero, per quest’ultimo, già provvedono gli articoli 399 e 490 del codice di procedura penale. Tale potere veniva in precedenza desunto dalla norma di cui all’articolo 224, comma 2, del codice di procedura penale poi dichiarata incostituzionale, sicché tale regolamentazione appare necessaria alla luce del vuoto normativo.
    Sul punto va altresì precisato che già l’attuale formulazione dell’articolo 224 del codice di procedura penale contempla il caso in cui la perizia si svolga nei confronti di soggetti diversi dall’imputato indagato, quando, al comma 2 del medesimo articolo, è prevista da parte del giudice la citazione del perito e l’adozione di opportuni provvedimenti per la comparizione delle persone sottoposte all’esame del perito stesso.
    L’articolo 26 è diretto a modificare l’articolo 354, comma 3, del codice di procedura penale, sopprimendo l’ultimo periodo. Anche in questo caso si tratta di una disposizione tratta dal disegno di legge del Governo Prodi adottata nell’ottica di rendere coerente al rispetto del dettato costituzionale la disciplina del prelievo obbligatorio a fini investigativi o di prova.
    L’articolo 27, che riproduce l’articolo 4 del disegno di legge, opera sull’articolo 392, comma 2, del codice di procedura penale, che ha per oggetto la disciplina dei casi in cui è ammesso l’incidente probatorio per l’espletamento di una perizia. Si è stabilito pertanto che a tale eccezionale strumento di anticipazione nella raccolta della prova durante la fase delle indagini preliminari si possa fare ricorso non più solo nei casi in cui sia necessario procedere a perizia (che, se disposta in dibattimento, importerebbe la sospensione dello stesso per un periodo superiore a 60 giorni) ma anche nel caso in cui si intenda richiedere al giudice l’espletamento della perizia per la quale risulta necessario procedere al prelievo di campioni biologici o ad accertamenti medici su persona vivente.
    L’articolo 28 introduce tre nuovi articoli delle norme di attuazione di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.
    L’articolo 72-bis è diretto ad individuare i soggetti che possono validamente esprimere il consenso ovvero negarlo, nel caso in cui la persona da sottoporre al prelievo di campioni biologici o agli accertamenti medici si trovi in stato di incapacità legale o naturale. Qualora poi le persone indicate per esprimere il consenso o il dissenso manchino o non siano reperibili o siano in conflitto di interesse con la persona interessata, il consenso è prestato da un curatore speciale nominato dal giudice.
    L’articolo 72-ter contiene un richiamo esplicito alle modalità di documentazione degli atti previsti dal codice di procedura penale e fissa un obbligo a carico di volta in volta del giudice, del perito, ovvero del consulente tecnico o del pubblico ministero di menzionare espressamente nel verbale il consenso prestato dalla persona interessata.
    L’articolo 72-quater disciplina la sorte dei campioni biologici prelevati, i quali, all’esito della perizia o della consulenza tecnica, sono immediatamente distrutti, salvo che non si ritenga la conservazione assolutamente indispensabile. La distruzione è effettuata a cura del consulente o del perito che ha proceduto alle relative analisi che ne redige un verbale da allegare agli atti. Dopo la definizione del procedimento con decreto di archiviazione, o dopo che è stata pronunciata sentenza non più soggetta ad impugnazione, la cancelleria procede, in ogni caso e senza ritardo, alla distruzione dei campioni biologici prelevati.

Capo V – Disposizioni finali.

    L’articolo 29 prevede che il Ministro dell’interno, in relazione all’attuazione del Trattato ed alle iniziative intraprese, informi ogni anno il Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’Accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, di cui all’articolo 18 della richiamata legge n. 388 del 1993.

    L’articolo 30 riafferma il rispetto degli accordi internazionali sottoscritti dall’Italia. L’articolo 31 reca gli oneri finanziari e la relativa copertura.
    L’articolo 32 disciplina l’entrata in vigore della legge.

 

DISEGNO DI LEGGE

Capo I

DISPOSIZIONI GENERALI PER
L’ADESIONE AL TRATTATO DI PRUM

Art. 1.

(Autorizzazione all’adesione)

    1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato ad aderire al Trattato concluso il 27 maggio 2005 tra il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica d’Austria, relativo all’approfondimento della cooperazione transfrontaliera, in particolare allo scopo di contrastare il terrorismo, la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale (Trattato di Prum), di seguito denominato «Trattato».

Art. 2.

(Ordine di esecuzione)

    1. Piena ed intera esecuzione è data al Trattato, a decorrere dal novantesimo giorno successivo al deposito dello strumento di adesione, in conformità a quanto disposto dall’articolo 51, paragrafo 3, dello stesso Trattato.

Art. 3.

(Autorità diriftrimento
per le attività previste dal Trattato)

    1. Le autorità di riferimento per le attività previste dal Trattato sono individuate con uno o più decreti del Ministro dell’interno e del Ministro della giustizia.

Art. 4.

(Risarcimento del danno)

    l. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 30 del Trattato, quando agenti di una Parte contraente operano nel territorio nazionale, lo Stato italiano provvede al risarcimento dei danni causati dal personale straniero limitatamente a quelli derivanti dallo svolgimento delle attività svolte conformemente al medesimo Trattato.

Capo II

ISTITUZIONE DELLA BANCA DATI NAZIONALE DEL DNA E DEL LABORATORIO CENTRALE PER LA BANCA DATI NAZIONALE DEL DNA

 

Art. 5.

(Istituzione della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA)

 

    1. Al fine di facilitare l’identificazione degli autori dei delitti, presso il Ministero dell’interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, è istituita la banca dati nazionale del DNA.

    2. Presso il Ministero della giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, è istituito il laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA.

Art. 6.

(Definizioni)

    1. Ai fini della presente legge si intendono per:

        a) «DNA»: acido desossiribonucleico, depositario della informazione genetica, sotto forma di una sequenza lineare di nucleotidi, portatore dell’informazione ereditaria;

        b) «profilo del DNA»: sequenza alfa numerica ricavata dal DNA e caratterizzante ogni singolo individuo;
        c) «campione biologico»: quantità di sostanza biologica prelevata sulla persona sottoposta a tipizzazione del profilo del DNA;
        d) «reperto biologico»: materiale biologico acquisito sulla scena di un delitto o comunque su cose pertinenti al reato;
        e) «trattamento»: qualunque operazione o complesso di operazioni effettuate anche senza l’ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, la consultazione, l’elaborazione, la modificazione, la selezione, la tipizzazione, il raffronto, l’utilizzo, l’interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati;
        f) «accesso»: consultazione, anche informatica, dei dati e delle informazioni contenuti nella banca dati;
        g) «dati identificativi»: dati personali che permettono l’identificazione diretta dell’interessato;
        h) «tipizzazione»: complesso delle operazioni tecniche di laboratorio che conducono alla produzione del profilo del DNA.

Art. 7.

(Attività della banca dati nazionale
del DNA)

    1. La banca dati nazionale del DNA provvede alle seguenti attività:

        a) raccolta del profilo del DNA dei soggetti di cui all’articolo 9, commi 1 e 2;

        b) raccolta dei profili del DNA relativi a reperti biologici acquisiti nel corso di procedimenti penali;
        c) raccolta dei profili del DNA di persone scomparse o loro consanguinei, di cadaveri e resti cadaverici non identificati;
        d) raffronto dei profili del DNA a fini di identificazione.

Art. 8.

(Attività del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA)

    1. Il laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA provvede alle seguenti attività:

        a) tipizzazione del profilo del DNA dei soggetti di cui all’articolo 9, commi 1 e 2;

        b) conservazione dei campioni biologici dai quali sono tipizzati i profili del DNA.

Art. 9.

(Prelievo di campione biologico
e tipizzazione del profilo del DNA)

    1. Ai fini dell’inserimento del profilo del DNA e dei campioni biologici nella banca dati nazionale del DNA, ferme restando le forme di identificazione di cui all’articolo 349 del codice di procedura penale, sono sottoposti a prelievo, anche coattivo, di campioni biologici, nel rispetto della dignità e della riservatezza della persona:

        a) i soggetti ai quali sia applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari;

        b) i soggetti sottoposti ad arresto, obbligatorio o facoltativo, o sottoposti a fermo di indiziato di delitto;
        c) i soggetti detenuti o internati a seguito di sentenza irrevocabile o comunque in espiazione di pena in misura alternativa;
        d) i soggetti ai quali sia applicata, in via provvisoria o definitiva, una misura di sicurezza detentiva.

    2. Il prelievo di cui al comma 1 può essere effettuato esclusivamente se si procede nei confronti dei soggetti di cui al comma l per delitti, non colposi, consumati o tentati, per i quali è consentito l’arresto facoltativo in flagranza. Il prelievo non può essere effettuato se si procede per i seguenti reati:
        a) reati di cui al libro II, titolo III, capo I, tranne quelli di cui agli articoli 368, 371-bis, 371-ter, 372, 378 e 379, capo II, tranne quello di cui all’articolo 390 del codice penale;

        b) reati di cui al libro II, titolo VII, capo I e capo II del codice penale;
        c) reati di cui al libro II, titolo VIII, capo I e capo II, tranne quello di cui all’articolo 513-bis del codice penale;
        d) reati di cui al libro II, titolo XI, capo I, del codice penale;
        e) reati di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;
        f) reati previsti dal codice civile;
        g) reati in materia tributaria.

    3. Nel caso di arresto in flagranza di reato o di fermo di indiziato di delitto il prelievo è effettuato dopo la convalida da parte del giudice.

    4. I soggetti indicati al comma 1 sono sottoposti a prelievo di campioni di mucosa del cavo orale a cura del personale specificamente addestrato delle Forze di polizia o di personale sanitario ausiliario di polizia giudiziaria.
    5. Le operazioni sono eseguite nel rispetto della dignità e della riservatezza di chi vi è sottoposto. Delle operazioni di prelievo è redatto verbale.
    6. Il campione prelevato è immediatamente inviato, a cura del personale procedente, al laboratorio centrale di cui all’articolo 5, comma 2, per la tipizzazione del relativo profilo e la successiva trasmissione alla banca dati del DNA.

Art. 10.

(Profili del DNA tipizzati da reperti biologici acquisiti nel corso di procedimenti penali)

    1. Se, nel corso del procedimento penale, a cura dei laboratori delle Forze di polizia o di altre istituzioni di elevata specializzazione, sono tipizzati profili del DNA da reperti biologici a mezzo di accertamento tecnico, consulenza tecnica o perizia, l’autorità giudiziaria procedente dispone la trasmissione degli stessi alla banca dati nazionale del DNA, per la raccolta e i confronti.

    2. Se non sono state effettuate le analisi di cui al comma 1, dopo il passaggio in giudicato della sentenza, il pubblico ministero competente ai sensi dell’articolo 655, comma 1, del codice di procedura penale, può chiedere al giudice dell’esecuzione di ordinare la trasmissione dei reperti ad un laboratorio delle Forze di polizia ovvero di altre istituzioni di elevata specializzazione per la tipizzazione dei profili e la successiva trasmissione degli stessi alla banca dati nazionale del DNA.

Art. 11.

(Metodologia di analisi di reperti e campioni biologici ai fini della tipizzazione del profilo da inserire nella banca dati nazionale del DNA)

    1. L’analisi del campione e del reperto biologico ai fini della tipizzazione del profilo del DNA, destinato all’inserimento nella banca dati nazionale del DNA, è eseguita sulla base dei parametri riconosciuti a livello internazionale e indicati dall’European Network of Forensic Science Institutes (ENFSI), in modo da assicurare l’uniformità degli stessi.

    2. I profili del DNA possono essere inseriti nella banca dati nazionale del DNA solo se tipizzati in laboratori certificati a norma ISO/IEC.
    3. I sistemi di analisi sono applicati esclusivamente alle sequenze del DNA che non consentono la identificazione delle patologie da cui può essere affetto l’interessato.

Art. 12.

(Trattamento dei dati e accesso,
tracciabilità dei campioni)

    1. I profili del DNA e i relativi campioni non contengono le informazioni che consentono l’identificazione diretta del soggetto cui sono riferiti.

    2. L’accesso ai dati contenuti nella banca dati nazionale del DNA è consentito alla polizia giudiziaria e all’autorità giudiziaria esclusivamente per fini di identificazione personale, nonché per le finalità di collaborazione internazionale di polizia. L’accesso ai dati contenuti nel laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA è consentito ai medesimi soggetti e per le medesime finalità, previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria.
    3. Il trattamento e l’accesso ai dati contenuti nella banca dati nazionale del DNA e nel laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA è effettuato con modalità tali da assicurare l’identificazione dell’operatore e la registrazione di ogni attività. È altresì assicurata la registrazione di ogni attività concernente i campioni.
    4. Il trattamento e l’accesso ai dati contenuti nella banca dati nazionale del DNA e nel laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA sono riservati al personale espressamente autorizzato.
    5. Il personale addetto alla banca dati nazionale del DNA e al laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA è tenuto al segreto per gli atti, i dati e le informazioni di cui sia venuto a conoscenza a causa o nell’esercizio delle proprie funzioni.

Art. 13.

(Cancellazione dei dati e distruzione
dei campioni biologici)

    1. A seguito di assoluzione con sentenza definitiva perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso è disposta anche d’ufficio la cancellazione dei profili del DNA acquisiti ai sensi dell’articolo 9 e la distruzione dei relativi campioni biologici.

    2. A seguito di identificazione di cadavere o resti cadaverici, nonché del ritrovamento di persona scomparsa, è disposta anche d’ufficio la cancellazione dei profili del DNA acquisiti ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera c), e la distruzione dei relativi campioni biologici.
    3. Quando le operazioni di prelievo sono state compiute in violazione delle disposizioni previste dall’articolo 9, si procede anche d’ufficio alla cancellazione del profilo del DNA e alla distruzione del relativo campione biologico.
    4. In ogni altro caso, il profilo del DNA resta inserito nella banca dati nazionale del DNA per i tempi stabiliti nel regolamento d’attuazione, d’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali, e comunque non oltre quaranta anni dall’ultima circostanza che ne ha determinato l’inserimento ed il campione biologico viene conservato per i tempi stabiliti nel regolamento di attuazione, d’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali, e comunque non oltre venti anni dall’ultima circostanza che ne ha determinato il prelievo.

Art. 14.

(Sanzioni)

    1. Il pubblico ufficiale che comunica o fa uso di dati ed informazioni in violazione delle disposizioni di cui al capo II, o al di fuori dei fini previsti dallo stesso capo II, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da due a quattro anni.

    2. Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione fino a un anno.

Art. 15.

(Istituzioni di garanzia)

    1. Il controllo sulla banca dati nazionale del DNA è esercitato dal Garante per la protezione dei dati personali, nei modi previsti dalla legge e dai regolamenti vigenti.

    2. Il Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita (CNBBSV) garantisce l’osservanza dei criteri e delle norme tecniche per il funzionamento del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA, ed esegue, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, verifiche presso il medesimo laboratorio centrale e i laboratori che lo alimentano, formulando suggerimenti circa i compiti svolti, le procedure adottate, i criteri di sicurezza e le garanzie previste, nonché ogni altro aspetto ritenuto utile per il miglioramento del servizio.
    3. Il Garante per la protezione dei dati personali e il CNBBSV provvedono all’espletamento dei compiti di cui ai commi 1 e 2 nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie già in dotazione agli stessi.

Art. 16.

(Regolamenti di attuazione)

    1. Con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro della giustizia e del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro della salute, del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e il Presidente del CNBBSV, sono disciplinati, in conformità ai princìpi e ai criteri direttivi della presente legge:

        a) il funzionamento e l’organizzazione della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA, le modalità di trattamento e di accesso per via informatica e telematica ai dati in essi raccolti, nonché le modalità di comunicazione dei dati e delle informazioni richiesti;

        b) le tecniche e le modalità di analisi e conservazione dei campioni biologici, nonché, nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 13, comma 4, i tempi di conservazione dei campioni biologici e dei profili;
        c) le attribuzioni del responsabile della banca dati nazionale del DNA e del responsabile del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA, nonché le competenze tecnicoprofessionali del personale ad essa addetto;
        d) le modalità e i termini di esercizio dei poteri conferiti dall’articolo 15 al CNBBSV;
        e) le modalità di cancellazione dei profili del DNA e di distruzione dei relativi campioni biologici nei casi previsti dall’articolo 13;
        f) i criteri e le procedure da seguire per la cancellazione dei profili del DNA e la distruzione dei relativi campioni biologici, anche a seguito di riscontro positivo tra i profili del DNA oggetto di verifica, al fine di evitare la conservazione, nella banca dati e nel laboratorio centrale, di più profili del DNA e più campioni biologici relativi al medesimo soggetto.

Art. 17.

(Norme transitorie)

    1. I profili del DNA ricavati da reperti acquisiti nel corso di procedimenti penali anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, previo nullaosta dell’autorità giudiziaria, sono trasferiti dalle Forze di polizia alla banca dati nazionale entro un anno dalla data della sua entrata in funzione.

    2. Il prelievo di campione biologico nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 9, già detenuti o internati alla data di entrata in vigore della presente legge, è effettuato a cura della polizia penitenziari a entro il termine di un anno.
    3. Fino all’istituzione ed al funzionamento del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA, e comunque entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziari a può stipulare, nei limiti delle risorse assegnate dall’articolo 25, convenzioni non rinnovabili, e di durata tale da non superare il termine non prorogabile di tre anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, con i seguenti soggetti:

        a) istituzioni di elevata specializzazione, per l’esecuzione, anche presso laboratori esterni che rispondano ai requisiti di cui all’articolo 11, delle attività di cui all’articolo 8, comma 1, lettera a);

        b) le singole Forze di polizia, per lo svolgimento di specifici programmi di formazione ed addestramento.

Art. 18.

(Istituzione dei ruoli tecnici
del Corpo di polizia penitenziaria)

    1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per provvedere alla integrazione dell’ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziari a mediante l’istituzione di ruoli tecnici nei quali inquadrare il personale da impiegare nelle attività del laboratorio centrale di cui all’articolo 5, comma 2. I decreti legislativi previsti dal presente comma sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e successivamente trasmessi al Parlamento, ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal primo periodo del presente comma o successivamente, la scadenza di quest’ultimo è prorogata di sessanta giorni.

    2. Nell’esercizio della delega di cui al comma l, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

        a) suddivisione del personale che svolge attività tecnico-scientifica o tecnica anche di carattere esecutivo, attinente ai servizi di polizia penitenziaria, in ruoli da determinare in relazione alle funzioni attribuite e ai contenuti di professionalità richiesti; determinazione delle qualifiche e delle corrispondenti funzioni;

        b) suddivisione del personale che esplica mansioni di carattere professionale, per il cui esercizio è richiesta l’iscrizione in appositi albi, in ruoli da determinare in relazione alle funzioni attribuite e ai contenuti di professionalità richiesti; determinazione delle qualifiche e delle corrispondenti funzioni;
        c) previsione che l’accesso alle qualifiche iniziali di ciascun ruolo e il relativo avanzamento in carriera avvenga mediante le medesime procedure previste per i corrispondenti ruoli tecnici o similari della Polizia di Stato;
        d) disciplina dello stato giuridico del personale, e in particolare del comando presso altre amministrazioni, dell’aspettativa, del collocamento a disposizione, delle incompatibilità, dei rapporti informativi e dei congedi, secondo criteri che tengano conto delle specifiche esigenze dei servizi di polizia e della necessità che la suddetta disciplina non preveda trattamenti di stato inferiori rispetto a quelli degli altri dipendenti civili dello Stato;
        e) attribuzione, ove occorra e limitatamente alle funzioni esercitate, delle qualità di agente e ufficiale di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza al personale che svolge attività tecnicoscientifica e che esplica mansioni di carattere professionale in relazione al ruolo di appartenenza.

Capo III

SCAMBIO DI INFORMAZIONI
E ALTRE FORME DI COOPERAZIONE

Art. 19.

(Scambio informativo dei dati del DNA
e di dati personali)

    1. Le disposizioni di cui agli articoli da 2 a 7 del Trattato, concernenti lo scambio informativo dei profili del DNA, e quelle concernenti lo scambio informativo dei dati dattiloscopici, di quelli contenuti nei registri di immatricolazione dei veicoli, nonché di quelli relativi alle manifestazioni sportive, di cui agli articoli 8, 9, 12 e 15 del Trattato, sono applicate conformemente al codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

Art. 20.

(Utilizzo di guardie armate
a bordo degli aeromobili)

    1. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 17 del Trattato, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le competenti Autorità nazionali propongono alle competenti Autorità delle Parti contraenti e degli altri Stati che hanno aderito al Trattato la stipula di un accordo separato, ai sensi del medesimo articolo 17, paragrafo 5, anche al fine di integrare le informazioni di cui all’allegato l dello stesso Trattato.

    2. L’autorizzazione generale di porto d’armi d’ordinanza e di munizioni, di cui all’articolo 18, paragrafo l, del Trattato, consente il trasporto sul territorio nazionale delle relative armi dall’uscita dall’aeromobile fino al luogo di deposito nelle zone di sicurezza, di cui al medesimo articolo 18, paragrafo 2.

Art. 21.

(Status e poteri dei componenti
di operazioni comuni)

    1. Al fini dell’attuazione dell’articolo 24 del Trattato, gli appartenenti agli organi di polizia degli altri Stati contraenti che partecipano sul territorio nazionale ad operazioni comuni, distaccati dalle autorità rispettivamente competenti, possono svolgere le funzioni previste dall’atto costitutivo delle unità miste, sottoscritto dall’Autorità di pubblica sicurezza individuata ai sensi dell’articolo 3, nei limiti consentiti dalle disposizioni di legge o di regolamento in vigore nel territorio dello Stato. Agli stessi soggetti, nei medesimi limiti, sono attribuite le funzioni di agente di pubblica sicurezza e di agente di polizia giudiziaria.

    2. Salvo che sia diversamente stabilito dall’atto costitutivo, il porto nel territorio dello Stato delle armi e delle attrezzature di cui all’articolo 28 del Trattato è autorizzato ai sensi dell’articolo 9 della legge 21 febbraio 1990, n. 36, e successive modificazioni.

Art. 22.

(Poteri in caso di interventi d’urgenza
sul territorio nazionale)

    1. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 25 del Trattato:

        a) la facoltà d’intervento ivi prevista si intende riferita alle situazioni di emergenza in cui un eventuale ritardo rischia di favorire il verificarsi dell’evento dannoso;

        b) gli appartenenti agli organi di polizia dello Stato contraente confinante possono utilizzare solo per legittima difesa le medesime armi previste per gli appartenenti alle unità miste di cui all’articolo 21 della presente legge.

    2. Nel caso in cui la misura provvisoria del fermo di un persona è disposta, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 1, del Trattato, dagli appartenenti agli organi di polizia dello Stato contraente confinante, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 5 della legge 30 settembre 1993, n. 388.

Capo IV

MODIFICHE AL CODICE DI PROCEDURA PENALE IN MATERIA DI ACCERTAMENTI TECNICI IDONEI AD INCIDERE SULLA LIBERTÀ PERSONALE

Art. 23.

(Modifiche all’articolo 224
del codice di procedura penale)

    l. Dopo l’articolo 224 del codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:

        «Art. 224-bis. - (Provvedimenti del giudice per le perizie che richiedono il compimento di atti idonei ad incidere sulla libertà personale). – 1. Quando si procede per delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni e negli altri casi espressamente previsti dalla legge, se per l’esecuzione della perizia è necessario compiere atti idonei ad incidere sulla libertà personale, quali il prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale su persone viventi ai fini della determinazione del profilo del DNA o accertamenti medici, e non vi è il consenso della persona indagata o imputata da sottoporre all’esame del perito, il giudice, anche d’ufficio, ne dispone con ordinanza motivata l’esecuzione coattiva, se essa risulta assolutamente indispensabile per la prova dei fatti.

    2. Oltre a quanto disposto dall’articolo 224, l’ordinanza di cui al comma 1 contiene, a pena di nullità:

        a) le generalità della persona da sottoporre all’esame e quanto altro valga ad identificarla;

        b) l’indicazione del reato per cui si procede, con la descrizione sommaria del fatto;
        c) l’indicazione specifica del prelievo o dell’accertamento da effettuare e delle ragioni che lo rendono assolutamente indispensabile per la prova dei fatti;
        d) l’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore o da persona di fiducia;
        e) l’avviso che, in caso di mancata comparizione non dovuta a legittimo impedimento, può essere ordinato l’accompagnamento coattivo ai sensi del comma 6;
        f) l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora stabiliti per il compimento dell’atto e delle modalità di compimento.

    3. L’ordinanza di cui al comma 1 è notificata alla persona da sottoporre alle indagini e al suo difensore almeno tre giorni prima di quello stabilito per l’esecuzione delle operazioni peritali.

    4. Non possono in alcun caso essere disposte operazioni che contrastano con espressi divieti posti dalla legge o che possono mettere in pericolo la vita, l’integrità fisica o la salute della persona o del nascituro, ovvero che, secondo la scienza medica, possono provocare sofferenze di non lieve entità. In ogni caso, a parità di risultato, devono essere prescelte le tecniche meno invasive e più rispettose della dignità e del decoro della persona.
    5. Le operazioni peritali sono comunque eseguite nel rispetto della dignità e del pudore di chi vi è sottoposto.
    6. Se la persona invitata a presentarsi per i fini di cui al comma 1 non compare senza addurre un legittimo impedimento, il giudice può disporre che sia accompagnata, anche coattivamente, nel luogo, nel giorno e nell’ora stabiliti nell’ordinanza di cui al medesimo comma 1. Se, pur comparendo, rifiuta di prestare il proprio consenso agli accertamenti, il giudice dispone che siano eseguiti coattivamente. L’uso di mezzi di coercizione fisica è ridotto al minimo indispensabile ed è consentito per il solo tempo strettamente necessario all’esecuzione del prelievo o dell’accertamento. Si applicano le disposizioni dell’articolo 132, comma 2.
    7. L’atto è nullo se la persona sottoposta al prelievo o agli accertamenti non è assistita da un difensore.

    Art. 224-ter. - (Provvedimenti del giudice per le perizie su persone diverse dall’indagato o dall’imputato che comportano prelievi o accertamenti coattivi). – 1. Quando è assolutamente necessario eseguire le operazioni di cui al comma 1 dell’articolo 224-bis nei confronti di persona non indagata o non imputata, si osservano le disposizioni di cui allo stesso articolo 224-bis, in quanto applicabili. In tale caso l’ordinanza contiene:
        a) l’indicazione delle ragioni per le quali l’accertamento del fatto non può essere svolto se non con il compimento del prelievo o degli accertamenti sulla persona da sottoporre a perizia;

        b) l’avviso alla persona interessata della facoltà di farsi accompagnare e assistere da un esperto o da persona di sua fiducia, dalla stessa indicati.

    2. Se l’ordinanza di cui al comma 1 è adottata nella fase delle indagini preliminari, è omesso il riferimento a qualsiasi indicazione idonea a diffondere notizie attinenti alle indagini che devono rimanere segrete».

Art. 24.

(Modifiche all’articolo 359
del codice di procedura penale)

    1. Dopo l’articolo 359 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

    «Art. 359-bis. - (Prelievo coattivo di campioni biologici su persone viventi). – 1. Fermo quanto disposto dall’articolo 349, comma 2-bis, quando devono essere eseguite le operazioni di cui all’articolo 224-bis o all’articolo 224-ter e non vi è il consenso della persona interessata, il pubblico ministero ne fa richiesta al giudice per le indagini preliminari che le autorizza con ordinanza quando ricorrono le condizioni ivi previste.

    2. Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave o irreparabile pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone lo svolgimento delle operazioni con decreto motivato contenente i medesimi elementi previsti dal comma 2 dell’articolo 224-bis o dall’articolo 224-ter, provvedendo a disporre l’accompagnamento coattivo, qualora la persona da sottoporre alle operazioni non si presenti senza addurre un legittimo impedimento, ovvero l’esecuzione coattiva delle operazioni, se la persona comparsa rifiuta di sottoporvisi. Entro le quarantotto ore successive il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari la convalida del decreto e dell’eventuale provvedimento di accompagnamento coattivo. Il giudice provvede con ordinanza al più presto e comunque entro le settantadue ore successive, dandone avviso immediatamente al pubblico ministero e al difensore.
    3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, le disposizioni degli articoli 132, comma 2, e 224-bis, commi 2, 4 e 5, si applicano a pena di inutilizzabilità delle operazioni».

Art. 25.

(Modifiche all’articolo 133
del codice di procedura penale)

    1. Al comma 1 dell’articolo 133 del codice di procedura penale, dopo le parole: «il perito,» sono inserite le seguenti: «la persona sottoposta all’esame del perito diversa dall’imputato,».

Art. 26.

(Modifiche all’articolo 354
del codice di procedura penale)

    1. All’articolo 354, comma 3, del codice di procedura penale, il secondo periodo è soppresso.

Art. 27.

(Modifiche all’articolo 392
del codice di procedura penale)

    1. All’articolo 392, comma 2, del codice di procedura penale, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero che comporti l’esecuzione di accertamenti o prelievi su persona vivente previsti dall’articolo 224-bis».

Art. 28.

(Modifiche all’articolo 72 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale)

    1. Dopo l’articolo 72 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono inseriti i seguenti:

        «Art. 72-bis. - (Prelievo di campioni biologici e accertamenti medici su persone incapaci). – 1. Nei casi previsti dagli articoli 224-bis, 224-ter e 359-bis del codice, se la persona da sottoporre a prelievo di campioni biologici o ad accertamenti medici è minore ovvero interdetta per infermità di mente, le notifiche devono essere eseguite anche nei confronti delle persone che su di essa esercitano la potestà o la tutela, le quali devono prestare il consenso ad accompagnarla. Esse devono anche presenziare alle operazioni, salvo che ne siano esentate dal giudice o dal pubblico ministero per ragioni di rispetto del pudore della persona da sottoporre agli accertamenti.

    2. Qualora le persone incapaci non si presentino, può esserne disposto l’accompagnamento, anche coattivo, unitamente a quello delle persone che su di esse esercitano l’autorità.
    3. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui agli articoli 224-bis, 224-ter e 359-bis del codice.
    4. Se le persone indicate ai commi 1 e 2 mancano o non sono reperibili, ovvero si trovano in conflitto di interessi con la persona incapace, il consenso è prestato da un curatore speciale nominato dal giudice.

    Art. 72-ter. - (Redazione del verbale delle operazioni). – 1. Nel verbale relativo alle operazioni di prelievo di campioni biologici o all’effettuazione di accertamenti medici è fatta espressa menzione del consenso eventualmente prestato dalla persona sottoposta ad esame.
    Art. 72-quater. - (Distruzione dei campioni biologici). – 1. All’esito della perizia o della consulenza tecnica su campioni biologici, ai sensi degli articoli 224-bis, 224-ter o 359-bis, il giudice dispone l’immediata distruzione del campione prelevato, salvo che non ritenga la conservazione assolutamente indispensabile. La distruzione è effettuata a cura del consulente o del perito il quale ha proceduto alla relativa analisi, che ne redige verbale da allegare agli atti.

    2. Dopo la definizione del procedimento con decreto di archivi azione o dopo che è stata pronunciata sentenza non più soggetta ad impugnazione, la cancelleria procede, in ogni caso e senza ritardo, alla distruzione dei campioni biologici prelevati».

Capo V

DISPOSIZIONI FINALI

Art. 29.

(Informazione al Parlamento
sulla cooperazione di polizia)

    1. Il Ministro dell’interno informa annualmente il Comitato parlamentare di cui all’articolo 18 della legge 30 settembre 1993, n. 388, e successive modificazioni, sullo stato di attuazione delle previsioni del Trattato, sulle azioni intraprese e sugli accordi conclusi, con specifico riferimento a quelli attuativi di cui all’articolo 44.

Art. 30.

(Accordi internazionali)

    1. L’attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge avviene in conformità agli accordi internazionali sottoscritti e ratificati dalla Repubblica italiana.

Art. 31.

(Copertura finanziaria)

    1. Per l’istituzione e il funzionamento della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA, per le convenzioni di cui all’articolo 17, comma 3, e per lo scambio informativo dei dati del DNA e di dati personali, è autorizzata la spesa di euro 11.184.200 per l’anno 2008, di euro 6.210.000 per l’anno 2009, di euro 4.910.000 per l’anno 2010 e di euro 4.110.000 a regime, cui si provvede:

        a) quanto ad euro 5.892.100 per l’anno 2008, euro 3.205.000 per l’anno 2009, euro 2.555.000 per l’anno 2010 e euro 2.155.000 a regime, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell’ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’interno;

        b) quanto ad euro 5.292.100 per l’anno 2008, euro 3.005.000 per l’anno 2009, euro 2.355.000 per l’anno 2010 e euro 1.955.000 a regime, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell’ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

    2. Per gli oneri relativi al personale, valutati in euro 1.627.420 a decorrere dall’anno 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell’ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

    3. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell’attuazione del comma 2, anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, numero 2), della legge 5 agosto 1978, n. 468.
    4. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 32.

(Entrata in vigore)

    1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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