Sezione regionale per il Friuli-Venezia Giulia
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Trieste,
5 dicembre 2008
OGGETTO:
Riflessioni sulla compatibilit delle norme contenute nellart. 38 commi 1
e 2 della Legge regionale n. 37/2008
approvata dal Consiglio Regionale del F.V.G. nella seduta del 25 novembre 2008,
con i principi di parit di trattamento e di non discriminazione di cui alla
Costituzione italiana e al diritto europeo.
Introduzione
Con lart. 38 comma
1 della legge regionale F.v.g. n. 37 si modificato il sistema
di attribuzione dei punteggi per
lassegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica nel territorio
della Regione Autonoma F.v.g., con la previsione di una maggiorazione
progressiva in base agli anni di residenza anagrafica nel territorio regionale.
Con lart. 38 comma
2 della medesima legge regionale
si introdotto quale ulteriore requisito per beneficiare dellassegnazione
degli alloggi di edilizia residenziale pubblica quello della residenza
anagrafica ovvero dello
svolgimento di attivit lavorativa nel territorio nazionale da almeno dieci
anni, anche non continuativi, di cui cinque nel territorio regionale.
Il presente documento intende proporre alcune riflessioni volte a sollevare dubbi di compatibilit delle norme approvate con i principi di parit di trattamento e di non discriminazione di cui alla Costituzione italiana e al diritto europeo.
Il principio di
parit di trattamento ed il divieto di discriminazioni indirette o dissimulate
nellordinamento italiano ed europeo
Lordinamento
italiano e i principi costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza
Nellordinamento
italiano, il principio di non-discriminazione trova innanzitutto il suo
fondamento nel principio di uguaglianza sancito dallart. 3 della Costituzione
italiana, che deve intendersi in senso sia formale che sostanziale. Il
principio di uguaglianza si applica in modo pieno nei confronti dei cittadini
italiani e, per estensione, in base allart. 12 del Trattato delle Comunit
Europee, ai cittadini di Paesi membri della Comunit Europea. Per quanto
riguarda gli stranieri di paesi terzi, laffermazione del principio di
uguaglianza va letto in stretto rapporto con quanto sancito dallart. 2 Cost. e
con la previsione dellart. 10, comma 2 che introduce una riserva di legge
rinforzata in tema di disciplina della condizione giuridica dello straniero.
Ne consegue che il principio di uguaglianza va applicato anche nei confronti
degli stranieri per quanto attiene alla titolarit dei diritti fondamentali
delluomo, e a quelli previsti in base a norme di diritto internazionale. Il
diritto allabitazione vi rientra in base ad entrambi i criteri, trattandosi di
un diritto primario come da giurisprudenza costituzionale, ed essendo prevista
la parit di trattamento in materia di accesso agli alloggi tra lavoratori
migranti e cittadini nella Convenzione Internazionale dellOIL (Organizzazione
Internazionale del Lavoro) n. 97, ratificata e resa esecutiva in Italia con
legge 5 agosto 1952, n. 1305. Lart. 6 della citata Convenzione, infatti, cos
dispone: 1. Ogni Stato membro per il quale sia in vigore la presente
convenzione si impegna ad applicare, senza discriminazione di nazionalit,
razza, religione o sesso, agli immigranti che si trovano legalmente entro i limiti
del suo territorio, un trattamento che non sia meno favorevole di quello che
esso applica ai propri dipendenti in relazione alle seguenti materie : a)
nella misura in cui queste questioni sono regolate dalla legislazione o
dipendono dalle autorit amministrative : [] iii) lalloggio .
Pi specificamente,
nella valutazione di trattamenti differenziati tra cittadini e non, il
principio di uguaglianza viene letto ed interpretato secondo il criterio della
ragionevolezza, per cui il trattamento discrezionale del legislatore nei
confronti del cittadino straniero trova un limite nella necessit che i
trattamenti differenziati siano giustificati dallesigenza di tutelare valori
di pari rango rispetto a quelli che vengono compressi o sacrificati, evitando ladozione
di distinzioni puramente arbitrarie o motivate unicamente dalla scelta di
escludere lo straniero in quanto tale da benefici o prerogative attribuite al
cittadino.
Con riferimento alla materia interessata
dalla legislazione regionale ora approvata dal Consiglio Regionale del
Friuli-Venezia Giulia (lassegnazione di alloggi di edilizia residenziale
sovvenzionata), cՏ da segnalare un recente precedente nella giurisprudenza
costituzionale: lordinanza della Corte Costituzionale n. 32/2008 depositata il
21 febbraio scorso (Pres. Bil, rel. Napoletano), con la quale la Corte ha
dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale
sollevata dal TAR Lombardia con riferimento alla legge regionale della
Lombardia che ha introdotto un requisito di residenza quinquennale nel
territorio regionale ai fini dellassegnazione di alloggi di edilizia
residenziale pubblica (art. 3 comma 41 bis L.R. 5 gennaio 2000, n. 1).
Nellordinanza di rinvio alla Corte
Costituzionale il TAR Lombardia aveva ripreso i dubbi di
incostituzionalit della norma
regionale avanzati dai ricorrenti, ipotizzando che detta normativa violerebbe
lart. 3 della Costituzione in quanto introdurrebbe un profilo discriminatorio
indiretto o dissimulato ed irragionevole venendo a colpire proprio coloro che,
in quanto non radicati da lungo tempo sul territorio regionale e alla ricerca
di lavoro, si trovano in condizioni di maggiore difficolt e di maggiore
disagio;
Con la citata ordinanza, la Corte Costituzionale ha respinto queste argomentazioni ritenendo non violato lart. 3 della Costituzione (principio di eguaglianza rapportato al principio di ragionevolezza), poich il requisito della residenza continuativa, ai fini dellassegnazione, risulta non irragionevole [] quando si pone in coerenza con le finalit che il legislatore intende perseguire [], specie l dove le stesse realizzino un equilibrato bilanciamento tra i valori costituzionali in gioco []. Lordinanza della Corte Costituzionale non appare convincente e suscita diverse perplessit per il carattere eccessivamente sintetico e sbrigativo della motivazione, che non appare tenere in debita considerazione la portata potenzialmente discriminatoria, in senso indiretto e dissimulato, del criterio di residenza, pi facilmente soddisfabile dai cittadini autoctoni che da quelli di origine straniera, e la necessit che ogni giustificazione al porsi di discriminazioni di tipo indiretto sia fondata su criteri obiettivi, che non facciano riferimento alla nazionalit dei beneficiari. Questo in linea con il divieto di discriminazioni indirette posto, come vedremo pi avanti, dal diritto e dalla giurisprudenza europea, che dovrebbe costituire anche nel nostro paese un criterio interpretativo del divieto di discriminazione vigente nel diritto interno (ex art. 43 del T.U. immigrazione).
Appare comunque
evidente che il criterio dellequilibrato bilanciamento dei valori
costituzionali in gioco, ovverosia un criterio di proporzionalit nella
valutazione degli interessi contrapposti,
stato ritenuto soddisfatto dalla Corte Costituzionale con riferimento
ad una legislazione che prevedeva un requisito di residenza continuativa di
cinque anni per laccesso al beneficio, ma difficilmente potrebbe essere
ritenuto tale, cio proporzionato ed equilibrato, con riferimento alla normativa ora approvata che estende tale
requisito di lunga residenza per un periodo superiore, i dieci anni di cui alla legge regionale del F.v.g. n. 37. [1]
In altri termini lecito, pertanto, avanzare seri dubbi di legittimit
costituzionale della normativa regionale ora approvata che subordina laccesso
agli alloggi di edilizia residenziale pubblica al requisito della residenza o
dellattivit lavorativa nel territorio nazionale per un periodo di dieci anni di cui cinque nel territorio
regionale.
Lordinamento
europeo ed il divieto di discriminazioni dissimulate fondate sul requisito
della residenza.
Nellordinamento
europeo, il principio di parit di trattamento in materia di accesso
allassistenza sociale e, specificamente agli alloggi pubblici, previsto da diverse fonti di diritto.
Per quanto concerne
i cittadini comunitari, il principio di non
discriminazione trova il suo fondamento giuridico innanzitutto nellart. 12
del Trattato sulla Comunit Europea, il quale dispone
che nel campo di applicazione del presente trattato, e senza pregiudizio
delle disposizioni particolari dallo stesso previste, vietata ogni
discriminazione effettuata in base alla nazionalit.
La Corte di Giustizia europea ha affermato che il divieto contenuto
nellarticolo 12 T CE richiede la perfetta parit di trattamento, negli
Stati membri, tra i soggetti che
si trovano in una posizione disciplinata dal diritto comunitario e i cittadini
dello Stato membro in questione.[2]
Per effetto della giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, che ha progressivamente esteso lambito di applicazione dellart. 12
del T CE, la regola della parit di trattamento trova applicazione anche ai
diritti e vantaggi sociali e fiscali non direttamente connessi allimpiego del
lavoratore comunitario che ha esercitato il diritto alla libera circolazione.
Cos, a partire dal Regolamento n. 1612/68/CEE (art. 9) stata pacificamente
prevista la parit di trattamento
del lavoratore comunitario migrante e dei suoi famigliari con i lavoratori
nazionali per quanto concerne i diritti e i vantaggi accordati in materia di
abitazione, in quanto funzionali alla piena realizzazione della libert di
circolazione dei lavoratori.[3]
Rientra nel campo di applicazione del diritto europeo anche il principio di
parit di trattamento in materia di accesso agli alloggi di edilizia
residenziale pubblica tra cittadini nazionali e cittadini stranieri di paesi
terzi titolari del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti di cui alla
direttiva europea n. 109/2003/CE
(art. 11 c. 1 lett. f), recepito con lart. 9 c. 11 lett. c) del d.lgs.
n. 286/98, come modificato dal d.lgs. n. 3 dd. 08.01.2007); permesso di
soggiorno che, ricordiamo, pu essere conseguito dallo straniero dopo cinque
anni di residenza continuativa sul territorio nazionale.
Nel diritto europeo,
il principio di parit di trattamento va inteso come divieto non solo di
discriminazioni dirette, quando una persona protetta dal diritto comunitario
trattata meno favorevolmente di unaltra, a causa della nazionalit (condizione
di straniero), ma anche come divieto di discriminazioni indirette, quando cio
una disposizione, un criterio, una prassi apparentemente neutri possono mettere le persone di diversa
nazionalit protette dalle norme comunitarie in una posizione di particolare e
sproporzionato svantaggio rispetto
ai cittadini dello Stato membro. Tale nozione di discriminazione indiretta
ricavabile tanto dalle due direttive europee anti-discriminazione (direttiva n.
200/43 /CE e n. 2000/78/CE) quanto dalla giurisprudenza della Corte europea dei
diritti dellUomo e della Corte di Giustizia europea. In particolare in
questultima, consolidato il
principio per cui il criterio della residenza pu fondare una discriminazione
indiretta o dissimulata vietata dallordinamento europeo (norme del trattato
europeo, direttive anti-discriminazione, convenzione europea sui diritti
delluomo e libert fondamentali). La Corte di Giustizia Europea ha infatti
chiarito, con riferimento al principio di non-discriminazione tra cittadini
comunitari previsto nel Trattato Europeo, che il requisito della
residenza ai fini dellaccesso ad
un beneficio pu integrare una forma di illecita discriminazione dissimulata
in quanto pu essere pi facilmente soddisfatto dai cittadini piuttosto che dai
lavoratori comunitari, finendo dunque per privilegiare in misura sproporzionata i primi a danno dei secondi (ad es.
Meints, 27.11.1997; Meussen, 8.06.1999; Commissione c. Lussemburgo, 20.06.2002). Per una decisione emblematica
che ha riguardato il nostro paese,
si veda la sentenza che ha
condannato lItalia per le agevolazioni tariffarie a vantaggio delle persone
residenti per laccesso ai Musei Comunali (sentenza 16 gennaio 2003 n. C-388/01,
parr. 13 e 14): il principio di parit di trattamento,.., vieta non
soltanto le discriminazioni palesi basate sulla cittadinanza, ma anche
qualsiasi forma di discriminazione dissimulata che, mediante il ricorso ad
altri criteri distintivi, produca, in pratica, lo stesso risultato. Ci
avviene, in particolare, nel caso di una misura che preveda una distinzione
basata sul criterio della residenza, in quanto questultimo rischia di operare
principalmente a danno dei cittadini di altri Stati membri, considerato che il
pi delle volte i non residenti sono cittadini di altri Stati membri.
Sulla base della citata giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, appare
dunque evidente che le norme introdotte nellordinamento regionale del F.V.G. con lart. 38 della Legge
regionale n. 37/2008, potrebbero incorrere nella censura delle istituzioni
europee in quanto contrarie al diritto comunitario, e, dunque originare una
procedura di infrazione nei confronti del nostro paese. A tale riguardo, si
sottolinea anche la recente presa di posizione del Commissario europeo Jacques Barrot in risposta
allinterrogazione delleuroparlamentare Donata Gottardi, avente per oggetto i
possibili profili discriminatori
del requisito della residenza decennale ai fini dellaccesso al
beneficio dellassegno sociale, introdotto dalla manovra finanziaria 2009. (legge
n. 133/2008). In detta presa di posizione, il commissario europeo Barrot non
esclude che tale normativa italiana possa contenere profili discriminatori di
natura indiretta, fondati sul criterio della residenza di lungo periodo,
rilevando che forme di discriminazione indiretta possono essere consentite dal
diritto comunitario solo se "giustificate da considerazioni oggettive indipendenti
dalla nazionalit della persona in questione
e qualora proporzionate agli obiettivi
legittimamente perseguiti (sottolineatura nostra)".[4]
Tali criteri per considerare legittime e giustificate eventuali norme che
introducano forme di discriminazione indiretta o dissimulata fondate sulla
residenza di lungo periodo non sembrano affatto soddisfatti dalla legge regionale del F.v.g. appena
approvata, in quanto la nuova normativa
stata proposta ed approvata non sulla base di considerazioni oggettive
indipendenti dalla nazionalit delle persone interessate, bens con
lintenzione aperta ed esplicita di
escludere dai beneficiari dellassegnazione di alloggi di edilizia
residenziale pubblica il maggior numero possibile di cittadini stranieri, [5]
sulla base quindi di considerazioni discriminatorie fondate sulla nazionalit
delle persone, ci che appunto il diritto europeo non consente.
Conclusioni
Alla luce di quanto sopra, pertanto, si conclude quanto segue:
- La norma di cui allart. 38 della
legge regionale F.v.g. n. 37/2008, che subordina laccesso agli alloggi di
edilizia residenziale pubblica al requisito di una residenza sul territorio
nazionale o dellesercizio
dellattivit lavorativa per un periodo di almeno dieci anni, di cui almeno
cinque in regione F.v.g., appare suscettibile
di illegittimit costituzionale per violazione del principio di uguaglianza
combinato con il principio di ragionevolezza;
- Ad ogni modo, le nuove norme regionali del F.v.g. che
subordinano laccesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica a
requisiti di residenza di lungo periodo e avvantaggiano i residenti di lungo
periodo nellaccesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica mediante
lattribuzione di punteggi aggiuntivi progressivi nelle procedure di
assegnazione, appaiono suscettibili di determinare una violazione
del diritto comunitario, con riferimento al principio di parit di trattamento
previsto a favore dei cittadini comunitari e loro famigliari e dei titolari di
permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti.
p. lASGI
Sez. regionale per il F.V.G.
dott. Walter Citti
[1] A tale riguardo, si ricorda che la Corte Costituzionale, con la
sentenza n. 306 dd. 29 luglio 2008, ha dichiarato incostituzionale per
violazione del principio di uguaglianza la norma che prevedeva il requisito
della carta di soggiorno per laccesso dello straniero alle prestazioni sociali
dinvalidit, ma non ha voluto
intaccare lulteriore requisito della durata quinquennale del soggiorno del
cittadino straniero in Italia, con la duplice argomentazione che la questione
non gli era stata rimessa dal giudice remittente, e che il legislatore pu subordinare,
non irragionevolmente, lerogazione di determinate prestazioni – non
inerenti a rimediare a gravi situazioni di urgenza – alla circostanza che
il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno dello Stato ne
dimostri il carattere non episodico e di non breve durata. Questo, tuttavia,
con limportante precisazione che una volta, per, che il diritto a
soggiornare alle condizioni predette non sia in discussione, non si possono
discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro confronti, particolari
limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali, riconosciuti invece ai
cittadini.
[2] Sentenza Data Delecta, C-43/95, par. 16
[3] Condinanzi Lang Nascimbene, Cittadinanza dellUnione e libera
circolazione delle persone, Giuffr, Milano, 2006, pp.
105-112.
[4] Il Commissario Barrot ha pertanto annunciato
pertanto che la Commissione Europea chieder al governo italiano informazioni
dettagliate per valutare l'eventuale contrasto della normativa italiana alla
legislazione comunitaria. In proposito: http://www.asgi.it/index.php?page=app.home&idint=cn08102800
[5] Lintento, neppure celato bens palese e manifesto, di usare il criterio della residenza di lunga durata per realizzare una discriminazione dissimulata fondata in realt sulla nazionalit si evince innanzitutto dalla stessa relazione di maggioranza con la quale la proposta di legge stata trasmessa in aula del consiglio regionale dopo essere stata approvata in sede di IV commissione permanente. In detta relazione, fra laltro, si legge: La Commissione ha introdotto una norma relativa alla regolamentazione delle procedure di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata. Dal sistema di assegnazione attuale, emerge che a parit di condizioni economiche tra i cittadini italiani e gli abitanti stranieri, prevale spesso lassegnazione nei confronti di questultimi. Questa situazione genera un conflitto sociale che, aggravato dalla congiuntura economica sfavorevole che sta vivendo lintero Paese, comporta che le numerose famiglie italiane, che vivono in condizioni economiche che rasentano il livello di povert. non possano essere adeguatamente supportate in tale situazione di difficolt. Pertanto, la norma che prevede linnalzamento ad almeno quindici anni di residenza in Regione [la proposta iniziale votata dalla maggioranza in commissione n.d.r. ] vuole essere una risposta nei confronti della popolazione locale. () la previsione normativa ha come obiettivo solo quello di superare il disagio di famiglie friulane, da sempre radicate sul territorio, soppiantate nel soddisfacimento della primaria esigenza abitativa da famiglie straniere, da poco insediate (pag. 2); La previsione temporale che viene introdotta [requisito di residenza di lunga durata] soddisfa le molteplici richieste pervenute da parte di cittadini residenti nella Regione (pag. 7, Relazione di maggioranza sulla Proposta di legge: Norme urgenti in materia di ambiente, territorio, edilizia, ricostruzione, trasporti e demanio marittimo, presentata dai consiglieri Colautti, Galasso, Baritussio, Ferone, 29 ottobre 2008, Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia X legislatura, Atti consiliari, CG/BS, N. 37-A). Ugualmente vedasi il dibattito riportato sulla stampa locale, cfr. dichiarazioni del capogruppo Galasso (PDL): La filosofia di queste novit di rimediare al paradosso di vedere avvantaggiati i cittadini non comunitari rispetto ai residenti, o le dichiarazioni del consigliere regionale della Lega Nord Narduzzi: Vorremmo ampliare tale limite (di residenza per laccesso alle prestazioni sociali n.d.r.) in modo da poter garantire laccesso, per primi, ai cittadini della nostra regione ( da Il Piccolo edizione dd. 13 novembre 2008, pag. 7: Pdl e Lega: su Ater e Welfare precedenza agli italiani). Dello stesso tenore il dibattito in consiglio regionale in sede di discussione ed approvazione delle norme; dibattito tutto incentrato, nelle prese di posizioni e discorsi di esponenti della maggioranza, sulla necessit di limitare la percentuale di assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica a cittadini stranieri (vedasi agenzia di stampa ANSA sul dibattito in consiglio regionale del FVG nella seduta pomeridiana del 25 novembre 2008).