ELEMENTI PER UN ESPOSTO DENUNCIA CONTRO GLI ABUSI COMMESSI DALLE AUTORITA ITALIANE ALLE FRONTIERE MARITTIME

 

 

(come base informativa per esposti da aggiornare e da inviare ai destinatari con la documentazione allegata)

 

 

Al Commissario per i diritti umani del Consiglio di Europa

Al Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio di Europa (CPT).

AllAlto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ( UNHCHR)

Ai membri del Parlamento Europeo

Alla Commissione dellUnione Europea

Al Comitato Europeo per i diritti sociali

 

 

1. I fatti, un elenco da aggiornare quotidianamente

In Italia, nei principali porti dellAdriatico ( Venezia, Ancona, Bari, Brindisi), nel corso del 2008 le autorit di polizia di frontiera hanno intensificato le pratiche di respingimento informale di migranti irakeni e afghani, in prevalenza, giunti clandestinamente allinterno di container sulle navi traghetto provenienti da porti greci ( soprattutto Patrasso).

In molti casi si trattato di respingimento di minori di et, in quanto molti di coloro che hanno fatto successivamente ingresso in Italia, riuscendo ad intraprendere una procedura di asilo o accolti in un servizio di assistenza per minori, hanno dimostrato di essere minori, dichiarando al contempo che in precedenti tentativi erano gi stati respinti in Grecia dalla polizia di frontiera italiana.

Queste pratiche informali di riammissione erano state rilanciate su vasta scala a partire dal 2005  ( ministro dellinterno Pisanu), ma, dopo le denunce di alcune agenzie umanitarie, il governo Prodi ( ministro dellinterno Amato) emanava direttive e circolari che avrebbero dovuto offrire una tutela effettiva ai potenziali richiedenti asilo ed ai minori non accompagnati, di fronte a comportamenti discrezionali delle autorit amministrative, che apparivano gi allora lesivi dei diritti fondamentali della persona, in particolare della persona minore di et.

Le nuove disposizioni  interne adottate a partire dal dicembre del 2006 si collegavano direttamente ai principi ed alle disposizioni contenuti nella Convenzione di New York del 1989 a salvaguardia dei diritti dei minori, alla Convenzione Europea dei diritti delluomo, alle direttive comunitarie in materia di asilo e protezione sussidiaria, alle tradizioni costituzionali del nostro paese e degli stati dellUnione Europea, espressamente richiamate dai Trattati comunitari.

Mentre la situazione dei potenziali richiedenti asilo e dei minori non accompagnati migliorava notevolmente a Lampedusa e in Sicilia, alle frontiere marittime dellAdriatico si continuava ad assistere ad un inasprimento delle prassi amministrative della polizia di frontiera con il respingimento ( o alla riammissione) di centinaia di migranti, in larga misura irakeni e afghani, spesso minori di et, verso i porti della Grecia. Un elenco sommario di questi fatti, relegati spesso ai margini della cronaca, contenuto nel sito fortresseurope.blogspot.com  nel quale si possono anche trovare numerosi rapporti sulle condizioni disumane nelle quali vengono a trovarsi in Grecia, a Patrasso in particolare, gli immigrati allontanati dallItalia.

 

2. La legislazione e la  normativa regolamentare italiana

La legislazione in materia di respingimento i frontiera ( art. 10 Testo Unico sullimmigrazione n.286 del 1998) e la normativa regolamentare italiana appaiono collegate e comunque subordinate rispetto alle disposizioni di diritto internazionale e comunitario relative alla protezione dei minori e dei richiedenti asilo. Ma al di l delle leggi e dei regolamenti nelle circolari e nelle direttive ministeriali che si ritrova la fonte del diritto applicato in frontiera, fino a quando questi atti amministrativi non si trovino in contrasto con la legge interna, con le normative comunitarie o con i principi di diritto internazionale. Come sarebbero i contrasto con le direttive comunitarie e con i principi di diritto internazionale, a tutela dei minori e dei richiedenti asilo, eventuali nuove disposizioni regolamentari che il governo attualmente in carica in Italia dovesse adottare in sede di regolamento di attuazione del decreto legislativo sulle procedure di asilo n.25 del 2008, o con altre circolari, stravolgendo il quadro di riferimento indicato, anche se non sempre effettivamente garantito, dai vigenti strumenti regolamentari.

Il 9 luglio 2007 una circolare firmata dal Ministro dellInterno Amato, ed inviata ai questori, e dunque ben conosciuta anche da parte degli uffici di polizia di frontiera, introduceva nuovi criteri per stabilire le generalit in caso di det incerta, per evitare il rischio di adottare erroneamente provvedimenti gravemente lesivi dei diritti dei minori, quali lespulsione, il respingimento o il trattenimento in un Centro di permanenza temporanea ( oggi rinominati CIE, Centri di identificazione ed espulsione).

La circolare prendeva atto dei gravi rischi che potevano derivare da una valutazione superficiale dellet della persona, minore o giovane adulto che fosse, e riconosceva come, un errore nella valutazione dellet del minore poteva comportare conseguenze gravemente lesive dei suoi diritti, quali l'espulsione, il respingimento o il trattenimento in un Centro di permanenza temporanea o di identificazione. Sempre secondo questa circolare, pertanto, nei casi in cui vi sia incertezza sulla minore et, necessario far ricorso a tutti gli accertamenti, comunque individuati dalla legislazione in materia, per determinare la minore et, facendo ricorso, in via prioritaria, a strutture sanitarie pubbliche dotate di reparti pediatrici. Tuttavia, poich, come evidenziato dalla prassi, tali accertamenti non forniscono, di regola, risultati esatti, limitandosi ad indicare la fascia d'et compatibile con i risultati ottenuti, pu accadere che il margine di errore comprenda al suo interno sia la minore che la maggiore et.

Al riguardo, il Comitato sui diritti dell'infanzia delUnicef, nellaffermare, al punto 31 del Commento Generale n. 6 del 3.6.2005 alla Convenzione di New York sui diritti dell'infanzia del 1989, l'importanza prioritaria della valutazione dell'et del minore in modo scientifico, sicuro e rispettoso dell'et, del sesso, dell'integrit fisica e della dignit del minore, raccomanda, nei casi incerti, di "accordare comunque alla persona il beneficio del dubbio, trattandola come se fosse un bambino".
Peraltro, in materia di accertamento dell'et del minore, l'art. 8, comma 2, del D.P.R. 22.9.1988, n. 448, recante "Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni", fssa il principio di presunzione della minore et, stabilendo che "qualora, anche dopo la perizia, permangono dubbi sull'et del minore, questa presunta ad ogni effetto". Il predetto principio, fondato sul dovere di garantire al minore la pi ampia tutela dei diritti, si ritiene possa trovare applicazione in via analogica anche in materia di immigrazione, ogni volta in cui sia necessario procedere all'accertamento della minore et.

La circolare del 9 luglio 2007 precisava dunque che fintanto non siano disponibili i risultati degli accertamenti in argomento, all'immigrato dovranno essere comunque applicate le disposizioni relative alla protezione dei minori. Il migrante sottoposto allesame per laccertamento dellet , lesame consiste nella misurazione del polso e ha un margine di errore fino a due anni. Con questa direttiva veniva dunque introdotta la presunzione della minore et in caso di dubbio.

In precedenza una Direttiva del Ministero dellinterno del 7 dicembre 2006 aveva chiarito le modalit di ammissione dei minori non accompagnati alla procedura di asilo e di protezione sussidiaria, stabilendo lobbligo per qualunque pubblico ufficiale di avviare una procedura presso il Tribunale dei minori non appena venisse accertata nel territorio nazionale la presenza di un minore straniero non accompagnato. La direttiva stabiliva che, allarrivo in frontiera, dunque anche alle frontiere portuali, il minore non accompagnato, deve essere preso in carico al pi presto dal Tribunale dei Minori e dai servizi sociali degli enti locali o, se esistenti, dai centri di accoglienza dello SPRAR.

Secondo lart. 1 della Direttiva ministeriale,  al momento dellarrivo dovrebbero essere fornite al minore tutte le informazioni necessarie sui suoi diritti e le opportunit legali esistenti, anche ai fini delleventuale presentazione di una istanza di asilo, per la quale basta una semplice manifestazione di volont, seppure formulata verbalmente. Appare per ovvio che senza una adeguata mediazione linguistica ed una corretta informazione, quanto previsto dalla Direttiva appare destinato a restare solo sulla carta.

 
3. Le nuove disposizioni di legge in materia di asilo e protezione sussidiaria
 
Allinizio del 2008 entrava in vigore il Decreto legislativo 25 che attuava la Direttiva Comunitaria 2005/85/CE sulle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato e si escludeva qualunque potere discrezionale della polizia di fronte ad una richiesta di asilo presentata da un immigrato giunto irregolarmente in frontiera. Veniva dunque abrogata quella residua parte dellart. 1 della legge 39 del 1990 (Legge Martelli) ancora in vigore, che consentiva allautorit di polizia di ritenere manifestamente infondata una richiesta di asilo. 
 
Secondo lart. 19 comma 2 del decreto legislativo n. 25 del 2008 il minore non accompagnato, se sussistono dubbi in ordine allet, pu in ogni fase della procedura, essere sottoposto, previo consenso del minore stesso o del suo rappresentante legale, ad accertamenti medico-sanitari non invasivi al fine di accertarne let. Se gli accertamenti effettuati non consentono lesatta determinazione dellet si applicano comunque le disposizioni previste per i minori non accompagnati. La stessa norma precisa al terzo comma che  il minore deve essere informato della possibilit che la sua et pu essere determinata attraverso visita medica, sul tipo di visita e sulle conseguenze della visita ai fini dellesame della domanda. Il rifiuto, da parte del minore, di sottoporsi alla visita medica, non costituisce motivo di impedimento dellaccoglimento della domanda, n alladozione della decisione. La legge in sostanza impone precisi obblighi di informazione e stabilisce la facolt per il minore di sottoporsi ( previo consenso informato) oppure no, alla verifica dellet. 
 
Non sembra che la polizia di frontiera abbia sempre applicato questa norma di legge, almeno nei casi verificatisi nel mese di dicembre del 2008 ad Ancona.  Appena scoperti allinterno dei container i migranti, anche nei casi nei quali si poteva ragionevolmente dubitare della loro maggiore et, sono stati accompagnati dalla polizia a bordo dei traghetti in procinto di ripartire verso i porti di provenienza.
Non si  applicata una normativa che le autorit amministrative italiane  avrebbero dovuto conoscere e rispettare, anche nel caso di decine di minori costretti ad un esame dellet attraverso la sola radiografia del polso, in circostanze forzate tali da determinare una totale sfiducia nei confronti delle autorit italiane, con il rischio di un provvedimento di espulsione o di respingimento, e dunque di una successiva caduta nella clandestinit, in caso di mancato accesso alla procedura di asilo.
 
Il successivo decreto legislativo n.159 del 2008 modificava alcuni aspetti della procedura di asilo dettata appena pochi mesi prima dal decreto legislativo n.25, ma continuava ad imporre alle autorit di frontiera la immediata trasmissione di qualsiasi domanda di asilo o di protezione sussidiaria alla competente Commissione territoriale.  Ancora oggi, dunque, spetta solo ed esclusivamente a detta Commissione territoriale, e non alla polizia, il potere di rigettare  la  domanda di protezione internazionale per  manifesta infondatezza quando  risulta  la palese insussistenza dei presupposti previsti dal decreto  legislativo  19 novembre 2007, n. 251, ovvero quando risulta che  la  domanda    stata  presentata  al solo scopo di ritardare o impedire   l'esecuzione   di   un   provvedimento   di  espulsione  o respingimento.

 

4. Le prassi amministrative alle frontiere portuali.

Malgrado la chiarezza di queste disposizioni di legge e regolamentari, peraltro in attuazione di obblighi derivanti da direttive comunitarie o dal diritto internazionale pattizio, le autorit di polizia italiane continuavano ( e continuano) con la prassi dei respingimenti in frontiera, con affido dei migranti ai comandanti delle navi dalle quali sbarcano, o tentano di sbarcare, quanti provengono irregolarmente dai porti greci.  Si dimentica per che lo stesso art. 10 del Testo Unico sullimmigrazione n.286 del 1998, invocato dallautorit di polizia per giustificare queste prassi, stabilisce al 4 comma che le procedure di respingimento in frontiera non si applicano nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano lasilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero ladozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari. Anche laccordo di riammissione sottoscritto tra Italia e Grecia nel 1999 fa espresso riferimento alle norme di diritto internazionale e comunitario che salvaguardano i diritti fondamentali della persona, i diritti dei minori e dei richiedenti asilo. Rimane da verificare in ogni caso il rispetto delle regole procedurali fissate nel protocollo attuativo dellaccordo Italia - Grecia del 1999 riguardo le procedure di riammissione dei cittadini di paesi terzi non appartenenti allUnione Europea e la loro compatibilit con le norme successive di diritto comunitario ed interno.

Nel corso del 2008 le prassi di riammissione si sono intensificate ed aumentato il numero delle vittime, assai spesso minori, che per sottrarsi ai controlli di polizia sempre pi rigorosi si legavano al di sotto dei grossi mezzi di trasporto (TIR) o si rinchiudevano allinterno dei container ( per una documentazione su questi casi si rinvia ai siti che documentano da tempo questi fatti, come  www.fortresseurope.blogspot.com e www.meltingpot.org  che riportano al riguardo diversi rapporti internazionali ed una vasta rassegna stampa).

Quasi mai i migranti irregolari scoperti dalla polizia sono stati messi in grado di avvalersi di una tutela legale indipendente, o di presentare ricorso contro le misure di riaccompagna mento forzato, anche perch le navi traghetto sulle quali erano trasferiti dalla polizia ed affidati al comandante ripartivano dopo qualche ora dallavvenuto rintraccio( la scoperta da parte della polizia). Anche se a tutti noto che la Grecia non riconosce affatto il diritto di asilo ( concesso solo nello 0,3 percento delle richieste), e provvede sovente a rimpatriare i migranti proprio nei paesi dai quali sono fuggiti, mettendo a rischio la loro stessa vita.

In molti casi si sono verificati  respingimenti ( o riammissioni) alla frontiera in assenza di qualsiasi possibilit di ricorso, e dunque in assenza di un effettivo controllo giurisdizionale su questi provvedimenti che comunque risultano limitativi della libert personale, e quindi soggetti al controllo giurisdizionale, soprattutto nei casi dubbi circa laccertamento della minore et.

5. Preoccupazioni e  denunce delle agenzie umanitarie e delle ONG

LACNUR – in un documento di raccomandazioni del 15 aprile 2008  ha espresso la propria preoccupazione per le difficolt che i richiedenti asilo incontrano nellaccesso e nel godimento di una protezione effettiva, in linea con gli standard internazionali ed europei e raccomanda espressamente i Governi di non rinviare in Grecia i richiedenti asilo in applicazione del regolamento Dublino fino ad ulteriore avviso. Raccomanda, invece, ai Governi, lapplicazione dellart. 3 (2) del regolamento Dublino, che permette agli Stati di esaminare una richiesta di asilo anche quando questo esame non sarebbe di propria competenza secondo i criteri stabiliti dal regolamento stesso.

A proposito dei respingimenti sommari camuffati da pratiche di riammissione verso la Grecia, occorre ricordare quanto denunciato dallASGI ( Associazione studi giuridici sullimmigrazione) nel novembre del 2007 in un suo documento a commento del Libro verde sul diritto di asilo presentato dalla Commissione dellUnione Europea.
Osservava lASGI come una riflessione specifica riguarda lopportunit di un pi attento monitoraggio a livello comunitario sulleffettiva applicazione del Regolamento Dublino alle frontiere interne dellUnione.

Il Regolamento tassativo nel prevedere che lo straniero venga comunque ammesso alla procedura di asilo nel territorio dello Stato membro, e che laccertamento della competenza ad esaminare la domanda di asilo avvenga nel rispetto dei criteri stabiliti dal Regolamento medesimo. Anche nei casi nei quali laccertamento della competenza potrebbe apparire immediata in quanto lo straniero che chiede asilo fermato in provenienza da un altro stato membro, limmediato rinvio materiale dello straniero verso il presunto paese di competenza dellistanza di asilo operato dalla polizia di frontiera si pone in violazione del Regolamento Dublino in quanto lo straniero viene rinviato nel paese membro non gi come richiedente asilo, ma come cittadino straniero non comunitario respinto alla frontiera interna.

 LASGI ha potuto direttamente verificare, attraverso la conoscenza di alcuni casi, e attraverso incontri effettuati con le autorit di Polizia di frontiera marittima che sono numerosi e costanti i casi di stranieri bisognosi di protezione internazionale, rinviati in Grecia senza che sia stata attivata la cosiddetta procedura Dublino.  Preoccupazione suscita il fatto che tale prassi coinvolge anche minori, sia accompagnati che non accompagnati. Il Governo italiano stato informato della situazione in pi occasioni, attraverso segnalazioni precise giunte da diversi enti.

6. La giurisprudenza interna

Come si detto si riscontra una generale difficolt a garantire il controllo dellautorit giurisdizionale interna nel caso dei respingimenti informali verso la Grecia per lassenza di provvedimenti scritti. I migranti respinti dalItalia che viaggiano sui traghetti verso la Grecia giungono ad Igoumenitsa o a Patrasso senza  un provvedimento formale notificato nella lingua conosciuta, un provvedimento che sarebbe almeno impugnabile anche davanti alle corti internazionali. Giovani adulti, ma anche minori, donne con i figli, soggetti vulnerabili vengono trattati come se fossero pacchi postali o di merce contenuta in un container, clandestini al ritorno, come allandata.

Si deve segnalare su questo punto la sentenza del TAR Puglia n. 1870 del 24 giugno 2008, un caso isolato nel quale si riusciti a fare valere davanti al tribunale amministrativo le istanze di difesa di un cittadino straniero destinatario di un provvedimento di allontanamento forzato verso la Grecia, in base al regolamento Dublino n.343 del 2003.  In quella occasione i giudici pugliesi avevano affermato che le problematiche sul sistema asilo della Grecia, riscontrate dallUNHCR sin dal novembre 2007, consentono dunque di ritenere non adeguatamente motivata la valutazione effettuata dallamministrazione in ordine al carattere di paese terzo sicuro della Grecia; le raccomandazioni dellUNHCR avrebbero dovuto, quindi, indurre lamministrazione ad effettuare una pi approfondita valutazione in merito allapplicabilit, nel caso in esame, dellart. 3, c. 2 del regolamento CE 343/2003 che consente lesame della domanda di asilo nellultimo paese di arrivo.

A nulla valevano per la decisione del Tribunale amministrativo della Regione Puglia, la chiara posizione dellASGI e dellACNUR ( Alto Commissariato delle nazioni unite per i rifugiati), una ordinanza della Corte Europea dei diritti dellUomo, che sospendeva una riammissione di un richiedente asilo verso la Grecia, una interrogazione parlamentare al Parlamento Europeo, alla quale il Commissario Barrot rispondeva che avrebbe contattato le autorit italiane per assumere informazioni su quanto denunciato.

 

7. Malgrado tutto, continuano le pratiche di respingimento senza formalit

Ancora nei mesi di settembre, ottobre e novembre del 2008 le operazioni di respingimento in frontiera o di riammissione verso i porti greci proseguono con cadenza quotidiana, come confermato da diverse notizie di stampa, anche sui giornali locali, e adesso, seppure con riferimento a due soli giorni,  dalla nota del CIR ( Consiglio italiano per i rifugiati) di Ancona del 12 dicembre 2008. E continuano a ripetersi le morti di giovani, spesso minori che tentavano di eludere i controlli di frontiera (per una rassegna aggiornata si rinvia ai documenti contenuti nel sito www.fortresseurope.blogspot.com).

Quando si potuto assistere come testimoni oculari alle operazioni di rimpatrio, con affido al comandante della nave, si verificato come gli immigrati irregolari, in qualche caso visibilmente minori di et, subito dopo essere stati scoperti e fatti scendere dal container nel quale si erano rinchiusi sulla banchina, venivano immediatamente riaccompagnati dalla polizia di frontiera sulla nave senza formalit, sotto scorta e talora con un braccio piegato dietro le spalle, senza avere accesso ad un interprete, senza ricevere informazioni sulla possibilit di presentare istanza di asilo, senza che il provvedimento coercitivo fosse in qualche modo registrato, o che fosse possibile un qualche mezzo di ricorso. Nessuna traccia della documentazione prescritta dal protocollo operativo allegato allaccordo Italia – Grecia del 1999.

Gli agenti di polizia di frontiera si muovono dunque al di fuori delle regole procedurali stabilite ( oltre che dal Regolamento Dublino II per i potenziali richiedenti asilo ) dal protocollo attuativo dellaccordo di riammissione tra Italia e Grecia, sottoscritto nel 1999, ed ancora operante a detta del governo italiano, malgrado la successiva entrata in vigore del decreto legislativo 25 del 2008, attuativo della direttiva comunitaria 2005/85/CE sulle procedure di asilo. E anche la applicazione del regolamento Dublino impone il rispetto di tempi e formalit ben precisi.

Le autorit italiane sostengono al riguardo che gli immigrati irregolari scoperti al momento dello sbarco sul molo non presenterebbero istanza di asilo, e dunque non ricadono nellambito di applicazione del Regolamento Dublino, oppure che si tratta sicuramente di soggetti maggiorenni per i quali dunque non pu scattare il divieto di allontanamento forzato previsto dallart. 19 del Testo Unico sullimmigrazione. Ma sono noti i ritardi nella formalizzazione delle istanze di asilo da parte della polizia e i dubbi sulla obiettivit e sui metodi seguiti in Italia per laccertamento dellet degli immigrati prossimi alla maggiore et.

Gli enti ammessi ad effettuare un servizio di assistenza agli immigrati alle frontiere marittime ( a Venezia , ad Ancona e a Bari), daltra parte, hanno dichiarato in pi occasioni pubbliche e adesso per iscritto, che non sono in condizione di entrare direttamente in contatto con la maggior parte degli immigrati irregolari che la polizia rintraccia sulle banchine dove attraccano le navi traghetto provenienti dalla Grecia. Le zone di sbarco di alcune aree portuali, in particolare a Venezia e a Bari risultano precluse persino allingresso degli operatori delle organizzazioni umanitarie. Una vera e propria militarizzazione del territorio, un isolamento dei porti con reti e cancelli, una porzione dello stato italiano, la banchina portuale, sulla quale -per gli immigrati irregolari- vengono svuotate di ogni valenza effettiva, tanto le norme comunitarie ed internazionali, che le norme e le disposizioni amministrative di diritto interno.

 

8. Migranti in fuga e tragedie annunciate. La crisi del Regolamento Dublino.

Non deve quindi stupire che di fronte a questo apparato militare e di fronte allassenza di una effettiva mediazione, la maggior parte dei migranti che giunge alle frontiere marittime dellAdriatico tenti la fuga ad ogni costo, anche a costo di rimetterci la vita, soffocati in un container, scorticati dallasfalto o con la testa schiacciata dalle ruote di un TIR. Di certo queste fughe appaiono come lunica possibilit di salvezza e di futuro, soprattutto quando si hanno parenti prossimi che hanno gi conseguito lo status di rifugiato nei paesi del nord Europa. Una ipotesi che il regolamento Dublino 343 del 2003 contempla espressamente, consentendo deroghe alla competenza territoriale per la presentazione dellistanza di asilo, senza per individuare canali certi e legali di ingresso nel territorio dello stato europeo che ha gi riconosciuto una istanza di asilo ad un congiunto prossimo.

Questi i fatti e queste le norme di diritto interno, comunitario ed internazionale che la prassi degli allontanamenti forzati con affido alle frontiere portuali dellAdriatico violano ogni giorno nellindifferenza generale. Neppure la morte sembra pi suscitare un moto di piet, se si pensa allo zelante bilancio delle cronache e delle veline della polizia che, anche dopo lultima tragedia verificatasi a Venezia, la vittima, un bambino, aveva appena undici anni, elencano con toni rassicuranti il numero degli altri clandestini, probabilmente coetanei appena pi grandi del ragazzo schiacciato da un Tir, che lo stesso giorno sono stati invece caricati di nuovo sul traghetto, affidati al comandante e lasciati partire per la Grecia.

 

9. Ricorsi collettivi ed attivit ispettive per garantire i diritti dei migranti

Su tutto questo occorre che lAlto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, la Commissione europea, il Comitato del Consiglio dEuropa per la prevenzione della tortura (CPT) avviino indagini indipendenti e impongano al governo italiano il rispetto quelle disposizioni di diritto internazionale e comunitario che vengono violate dalla prassi dei respingimenti con affido.  Come si fatto in passato, a Lampedusa e nei CPT siciliani, dovranno essere disposte apposite ispezioni nei porti dellAdriatico, in Italia, ma anche in Grecia, a Igoumenitsa ed a Patrasso, per verificare le condizioni di vita e la situazione giuridica dei potenziali richiedenti asilo e dei minori non accompagnati.

La pratica dei respingimenti informali alle frontiere portuali viola il diritto a rimanere nel territorio italiano per il tempo necessario per laccertamento dellet, per il tempo necessario per lesame della domanda di protezione internazionale, per il tempo necessario a fare valere i mezzi di ricorso. E solo una maledetta questione di tempo, come quando le agenzie umanitarie non possono fare visita ai migranti perch la nave deve ripartire per il porto greco di provenienza. Come successo ancora pochi giorni fa nel porto di Ancona, quando la nave ripartita senza che gli operatori umanitari a bordo potessero contattare tutti gli immigrati irregolari, mentre il mondo celebrava i 50 anni della Dichiarazione universale a salvaguardia dei diritti delluomo.

Come si detto in precedenza queste pratiche di polizia violano diverse disposizioni della Convenzione di New York sui diritti dell'infanzia del 1989, delle Direttive comunitarie in materia di accoglienza (2003/9/CE), di qualifiche ( 2004/83/CE) e di procedure di asilo( 2005/85/CE) relative ai richiedenti protezione internazionale, oltre che le disposizioni interne di attuazione.

Soprattutto si pu verificare la violazione dell articolo 3 della Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti della persona, che sancisce il divieto di trattamenti inumani e degradanti, norma che pu essere invocata tanto davanti agli organi comunitari che davanti alla Corte Europea dei diritti delluomo ed al Comitato per la prevenzione della tortura (CPT). E in verit la stessa norma potrebbe essere richiamata dal giudice nazionale, proprio in caso di allontanamento forzato degli immigrati, soprattutto se cՏ il ragionevole dubbio che si tratti di minori. Ma viene messa in discussione anche la stessa possibilit effettiva di presentare u ricorso individuale alla Corte di Strasburgo.

La Corte Europea dei Diritti dellUomo, Seconda Sezione, il 18 novembre 2008, ai sensi dellarticolo 39 CEDU ravvisava la possibile violazione dellart. 34 CEDU e intimava allo Stato italiano di sospendere lespulsione di un cittadino afghano verso la Grecia fino al 10 dicembre 2008 (CEDH-LF2.2R, EDA/cbo, Requete n55240/08, M. c. Italie). Nella motivazione del provvedimento di sospensiva la Corte faceva riferimento ad una sua precedente decisione nel caso Mamatkulov et Askarov c. Turquie (requete n 46827/99 et 46951/99) paragrafi 128 e 129 e dispositivo numero 5, nella quale si sanzionava il mancato rispetto del diritto ad un ricorso individuale ai sensi dellart. 34 del Regolamento di procedura della stessa Corte. Lo stesso diritto di ricorso effettivo negato ai migranti afghani ed irakeni respinti senza formalit dalle frontiere portuali dellAdriatico verso la Grecia.

Inoltre, considerando le notorie condizioni nelle quali si trovano i minori non accompagnati ed i potenziali richiedenti asilo, soprattutto kurdi, afghani ed irakeni, in Grecia,  a Patrasso in particolare, sottoposti a carcerazione in condizioni disumane ed esposti alle percosse della polizia greca, come censito da diversi rapporti di agenzie umanitarie, da Amnesty International alla tedesca Pro Asyl, il mero allontanamento indiscriminato, dai porti dellAdriatico verso la Grecia, verificato talvolta anche ai danni di madri che accompagnavano i loro figli piccoli,  si pu configurare come un trattamento inumano e degradante, quale si andato definendo in questi anni nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Nelle concrete modalit di esecuzione delle misure di riammissione in Grecia si potrebbe  riscontrare infine una violazione del divieto di espulsioni collettive ( nelle quali vanno ricomprese anche i casi di respingimento)  sancito dallart. 4 del protocollo 4 allegato alla Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti delluomo.

Certo, si tratta di casi nei quali non facile fornire prove documentali, e appunto per questo i respingimenti vengono effettuati senza formalit, e in ogni caso non agevole trovare un avvocato indipendente e sottoscrivere una procura per una denuncia o per un ricorso. Per questo sollecitiamo la responsabilit di tutte le agenzie internazionali preposte alla prevenzione, oltre che alla sanzione, delle violazioni dei diritti fondamentali della persona. Ma soprattutto rinnoviamo la richiesta urgente di una serie di visite senza preavviso nei principali porti  dellAdriatico, in Italia e in Grecia, per verificare il rispetto ( o meno) da parte delle autorit di polizia dei diritti fondamentali della persona migrante con particolare riferimento alla condizione dei minori stranieri non accompagnati e dei potenziali richiedenti asilo.

 

10. La legittimazione delle organizzazioni non governative.

Responsabilit importanti ricadono dunque sul variegato fronte delle organizzazioni non governative, ormai costrette a scegliere se assecondare le posizioni elusive e mistificatorie delle autorit amministrative, magari nellottica di una apparente riduzione del danno o contribuire alla riorganizzazione di una rete capillare di denuncia e di assistenza legale che sia capace anche di varcare i confini nazionali. Un ruolo importante spetta anche agli enti locali, spesso gravati da compiti di assistenza distribuiti senza alcuna programmazione da parte delle prefetture.

Di fronte alla gravit ed al ripetersi delle procedure di riammissione dai porti italiani verso la Grecia occorre individuare forme di rappresentanza collettiva delle tante vittime delle procedure amministrative di rintraccio subito dopo lo sbarco nei porti e di successivo immediato respingimento verso i porti di provenienza.

Le vittime di queste prassi informali ben difficilmente possono fare valere con ricorsi individuali i loro diritti fondamentali, dal diritto alla vita ed alla salute, ai diritti di comprensione linguistica e di protezione internazionale. La rapidit delle procedure di allontanamento forzato dal territorio dello stato riesce talvolta ad impedire persino lintervento delle organizzazioni convenzionate con le prefetture locali. Dopo il respingimento a Patrasso le persone allontanate dalle frontiere marittime dellAdriatico, comprese donne e minori, vengono rinchiusi in container ubicati allinterno della zona portuale e le possibilit di presentare un ricorso individuale sono nulle. Il clima di illegalit a Patrasso dominante e persino 11 agenti della polizia di frontiera greca sono finiti sotto inchiesta per corruzione, come denunciato recentemente da Amnesty International.

Quando si riesce a superare la barriera doganale in Italia, se non si rimane schiacciati sotto le ruote di un TIR o soffocati allinterno di u container, le fuga nella clandestinit, per molti apparentemente lunica possibile via di salvezza, impedisce la proposizione di qualsiasi ricorso. In molti casi lunico obiettivo raggiungere ad ogni costo e pi rapidamente possibile il paese nel quale i propri congiunti hanno gi trovato asilo. I pi fortunati che riescono ad entrare in una procedura di asilo o in un progetto di assistenza in Italia, non dimenticano certo le tragedie che hanno vissuto, ma non saranno quasi mai nelle condizioni presentare denunce o di testimoniare su quanto hanno vissuto, per il timore di azioni ritorsive da parte delle autorit amministrative, che potrebbero sprofondarli di nuovo nel baratro della clandestinit, alla prima occasione di rinnovo dei permessi di soggiorno temporanei.

Per queste ragioni spetta alle organizzazioni non governative costruire, anche con il supporto degli enti locali, dove possibile, una rete diffusa sul territorio in modo da garantire un monitoraggio continuo, raccogliere la documentazione, diffondere le informazioni su quanto accade e ricorrere a tutti gli strumenti legali interni ed internazionali per denunciare quanto sta avvenendo alle frontiere marittime dellAdriatico, nelle forme gi previste dai vari regolamenti di procedura delle organizzazioni internazionali e comunitarie (per i quali si rinvia al sito www.altrodiritto.unifi.it, alla rubrica Diritti/frontiere).

 Fulvio Vassallo Paleologo

Universit di Palermo