SENTENZA N. 0 DEL 04/10/2007
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(C-349/06) RELAZIONE ESTERNE - ESPULSIONE - CITTADINI TURCHI - CASI
La Corte ha precisato i casi in cui un cittadino turco, autorizzato a far ingresso sul territorio di uno Stato membro in età minore a titolo di ricongiungimento familiare e che abbia acquisito il diritto di libero accesso a qualsiasi attività lavorativa subordinata di propria scelta, possa perdere il diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante (oltre ai casi giustificati da motivi di ordine pubblico, di sicurezza e di sanità pubblica o quando lascia il territorio dello Stato membro interessato per un periodo significativo e senza motivi legittimi, anche quando è di età superiore a 21 anni e non è più a carico dei suoi genitori, ma conduce una vita autonoma nello Stato membro interessato, e non è stato a disposizione del mercato del lavoro durante vari anni a causa dell’esecuzione di una pena detentiva inflittagli per tale durata e senza il beneficio della sospensione condizionale). La Corte ha ritenuto quindi che non è contrario al diritto comunitario un provvedimento di espulsione disposto nei confronti di un cittadino turco già oggetto di ripetute condanne penali, a condizione che il suo comportamento personale costituisca una minaccia effettiva e sufficientemente grave che pregiudichi un interesse fondamentale della collettività.
 
Testo Completo:

Sentenza  della Corte di giustizia delle Comunità europee del 4 ottobre 2007

Nel procedimento C‑349/06,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Verwaltungsgericht Darmstadt (Germania) con ordinanza 16 agosto 2006, pervenuta in cancelleria il 21 agosto 2006, nella causa

Murat Polat

contro

Stadt Rüsselsheim,

LA CORTE (Settima Sezione),

composta dal sig. J. Klučka, presidente di sezione, dai sigg. J.N. Cunha Rodrigues (relatore) e U. Lõhmus, giudici,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 59 del Protocollo addizionale, firmato il 23 novembre 1970 a Bruxelles e concluso, approvato e confermato a nome della Comunità con regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1972, n. 2760 (GU L 293, pag. 1; in prosieguo: il «Protocollo addizionale»), nonché degli artt. 7 e 14 della decisione del Consiglio di associazione 19 settembre 1980, n. 1, relativa allo sviluppo dell’associazione (in prosieguo: la «decisione n. 1/80»). Il Consiglio di associazione è stato istituito dall’Accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, firmato ad Ankara il 12 settembre 1963 dalla Repubblica di Turchia, da un lato, nonché dagli Stati membri della CEE e dalla Comunità, dall’altro, e che è stato concluso, approvato e confermato a nome di quest’ultima con decisione del Consiglio 23 dicembre 1963, 64/732/CEE (GU 1964, n. 217, pag. 3685; in prosieguo: l’«Accordo di associazione»). La domanda verte parimenti sull’interpretazione dell’art. 28 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77; in prosieguo: la «direttiva 2004/38»).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Polat, cittadino turco, e la Stadt Rüsselsheim (comune di Rüsselsheim), in merito ad un procedimento di espulsione dal territorio tedesco.

Contesto normativo

L’Accordo di associazione CEE-Turchia

3 L’art. 59 del Protocollo addizionale, così recita:

«Nei settori coperti dal presente protocollo, la Turchia non può beneficiare di un trattamento più favorevole di quello che gli Stati membri si accordano reciprocamente in virtù del Trattato che istituisce la Comunità».

4 L’art. 7 della decisione n. 1/80 così dispone:

«I familiari che sono stati autorizzati a raggiungere un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro:

– hanno il diritto di rispondere, fatta salva la precedenza ai lavoratori degli Stati membri della Comunità, a qualsiasi offerta di impiego, se vi risiedono regolarmente da almeno tre anni;

– beneficiano del libero accesso a qualsiasi attività dipendente di loro scelta se vi risiedono regolarmente da almeno cinque anni.

I figli dei lavoratori turchi che hanno conseguito una formazione professionale nel paese ospitante potranno, indipendentemente dal periodo di residenza in tale Stato membro e purché uno dei genitori abbia legalmente esercitato un’attività nello Stato membro interessato da almeno tre anni, rispondere a qualsiasi offerta d’impiego in tale Stato membro».

5 Ai sensi del successivo art. 14, n. 1:

«Le disposizioni della presente sezione vengono applicate fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, di sicurezza e di sanità pubbliche».

La normativa nazionale

6 L’art. 47, primo comma, dell’Ausländergesetz (legge tedesca sugli stranieri, BGBl. 1990 I, pag. 1354; in prosieguo: l’«AuslG») così recita:

«1) Uno straniero viene espulso:

1. se è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati dolosi ad una pena detentiva o ad una pena per minorenni di almeno tre anni, ovvero se, nell’arco di cinque anni, è stato condannato con sentenza passata in giudicato per reati dolosi a più pene detentive o a più pene per minorenni di durata complessiva di almeno tre anni, ovvero se, con l’ultima sentenza di condanna passata in giudicato, è stata disposta nei suoi confronti la custodia cautelare (…); ovvero

2. se è stato condannato, con sentenza passata in giudicato e senza il beneficio della sospensione condizionale della pena, per un reato doloso previsto dalla legge sulle sostanze stupefacenti (…), per il reato di sommossa (…) ovvero per reato di sommossa commesso nell’ambito di una riunione pubblica, ad una pena per minorenni di almeno due anni o ad una pena detentiva».

La causa principale e le questioni pregiudiziali

7 Dagli atti di causa emerge che il sig. Polat, nato il 25 giugno 1972, faceva ingresso in Germania nel 1972, poco dopo la nascita, a titolo di ricongiungimento familiare con i genitori abitanti nel territorio tedesco. Il padre svolgeva, con talune interruzioni, attività di lavoro dipendente dal 1971 al 1991 e beneficia, dal 1° ottobre 1991, di una pensione di vecchiaia.

8 Il sig. Polat frequentava le scuole in Germania ivi ottenendo un diploma di istruzione secondaria. Dall’11 luglio 1988 è titolare in Germania di un permesso di soggiorno di durata illimitata.

9 Dal 1989 al 1992 svolgeva attività di lavoro dipendente presso l’aeroporto di Francoforte.

10 Dal 1° febbraio 1996 al 28 novembre 1997, il sig. Polat assolveva il servizio militare in Turchia. Ritornato in Germania, svolgeva nuovamente attività di lavoro dipendente tra il 1998 ed il 2000 dimorando, nel periodo compreso tra il 1998 ed il 2006, nell’abitazione dei propri genitori che dichiarava quale propria residenza principale nel 2000. Nel medesimo anno forniva ai propri genitori un sostegno economico in ragione di EUR 200 mensili disponendo di un reddito compreso tra EUR 400 ed EUR 1 400 mensili. Dal 2000 percepisce indennità di disoccupazione, svolgendo attività lavorativa solamente per brevi periodi.

11 Ancora minorenne, il sig. Polat si rendeva responsabile di violazione della normativa in materia di stupefacenti commettendo, inoltre, dei furti. Successivamente, raggiunta l’età di 21 anni, subiva 18 condanne penali – per la maggior parte per furti e violazione della legge in materia di stupefacenti –, inizialmente a pene pecuniarie (nove volte tra il 1994 ed il 1995), successivamente anche a pene detentive con il beneficio della sospensione condizionale nel periodo compreso tra il 1998 ed il 2004.

12 Con lettera 16 luglio 2001, le autorità nazionali gli comunicavano che, in considerazione dei reati commessi, intendevano disporre la sua espulsione. Tuttavia, a seguito del suo ricovero presso un istituto di cura, le dette autorità rinunciavano a procedere all’espulsione prevista.

13 Successivamente, a seguito delle frequenti interruzioni delle cure di disintossicazione ed in considerazione del persistente comportamento delittuoso del sig. Polat, l’Amstgericht Frankfurt am Main e l’Amtsgericht Rüsselsheim revocavano la sospensione condizionale dell’esecuzione delle pene precedentemente disposte; il sig. Polat veniva quindi detenuto nel periodo compreso tra il 23 giugno 2004 e l’8 febbraio 2006.

14 Con decisione 14 ottobre 2004, la Stadt Rüsselsheim disponeva l’espulsione del sig. Polat dal territorio tedesco ordinandone l’esecuzione immediata. Tale provvedimento veniva motivato dal fatto che i reati commessi dal sig. Polat e le conseguenti condanne erano elementi costitutivi dell’obbligo di espulsione previsto dall’art. 47, primo comma, n. 1, della legge sugli stranieri.

15 L’amministrazione competente riteneva, al riguardo, che il sig. Polat non si fosse integrato in Germania. Né le pene pecuniarie né le pene detentive accompagnate dal beneficio della sospensione condizionale né, infine, gli ammonimenti dell’ufficio degli stranieri gli avrebbero impedito di commettere altri gravi delitti. Egli dovrebbe essere quindi annoverato nella cerchia dei delinquenti abituali e la sua espulsione sarebbe necessaria ed indispensabile per particolari motivi di prevenzione.

16 A seguito del rigetto del reclamo proposto contro la decisione di espulsione, il sig. Polat proponeva, in data 3 agosto 2005, ricorso dinanzi al Verwaltungsgericht Darmstadt, sostenendo di essere stato incarcerato per la prima volta e di essere attivamente alla ricerca di un posto in un centro medico al fine di seguire le cure di disintossicazione. Ciò premesso, sussisterebbero reali prospettive di risocializzazione.

17 In tale contesto, il Verwaltungsgericht Darmstadt decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se sia compatibile con l’art. 59 del Protocollo addizionale (…) il fatto che un cittadino turco, giunto da bambino nella Repubblica federale di Germania nell’ambito di un ricongiungimento familiare con i genitori impiegati in tale Stato, non perda il suo diritto di soggiorno, derivante dal diritto, sancito dall’art. 7, primo comma, secondo trattino, della decisione n. 1/80 […], di rispondere a qualsiasi offerta di impiego – tranne che nei casi di cui all’art. 14 della decisione [medesima] e di abbandono, per un periodo non trascurabile e senza giustificato motivo, dello Stato ospitante – neppure nel caso in cui, al compimento del ventunesimo anno di età, egli non viva più con i genitori e non riceva da essi più alcun sostentamento.

In caso di risposta negativa alla prima questione:

2) Se un cittadino turco, i cui diritti sanciti dall’art. 7, primo comma, secondo trattino, della decisione n. 1/80 siano venuti meno per la ragione indicata nella prima questione, riacquisti tali diritti qualora, dopo il compimento del ventunesimo anno di età, egli ritorni per un periodo di oltre tre anni nell’abitazione dei genitori, potendo ivi dimorare a titolo gratuito e ricevendo ivi sostentamento, mentre la madre, in tale periodo, svolge un’attività dipendente minore (addetta alle pulizie, di regola 30-70 ore mensili, talvolta 20 ore mensili).

In caso di risposta affermativa alla seconda questione:

3) Se la situazione giuridica si configuri diversamente qualora il familiare, nel periodo di convivenza con il lavoratore, si sia sottoposto a svariate terapie ospedaliere (30 agosto 2001 - 20 giugno 2002, 2 ottobre 2003 - 8 gennaio 2004).

4) Se la situazione giuridica si configuri diversamente qualora il cittadino turco, durante la convivenza con il lavoratore, disponga di un proprio reddito regolare mensile variabile fra EUR 400 ed EUR 1 400.

Nel caso in cui si debba muovere dal principio della persistenza dei diritti sanciti dall’art. 7, primo comma, secondo trattino, della decisione n. 1/80 (risposta affermativa alla prima o alla seconda questione e negativa alla terza e alla quarta questione):

5) Se un cittadino turco, titolare di un diritto ai sensi dell’art. 7, primo comma, secondo trattino, della decisione n. 1/80, residente sul territorio federale dal 1972, possa invocare la speciale tutela contro l’espulsione di cui all’art. 28, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/38/CE (…).

6) Se la situazione giuridica si configuri diversamente qualora il cittadino turco, nel corso dei dieci anni precedenti il provvedimento di espulsione, si sia recato in Turchia dal 1° febbraio 1996 al 28 novembre 1997 per assolvere il servizio militare.

In caso di risposta negativa alla quinta questione o risposta affermativa alla sesta questione:

7) Se un cittadino turco, titolare di un diritto ai sensi dell’art. 7, primo comma, secondo trattino, della decisione n. 1/80, residente dal 1972 sul territorio federale, possa invocare la speciale tutela contro l’espulsione di cui all’art. 28, n. 2, della direttiva 2004/38/CE.

In caso di risposta negativa alla settima questione:

8) Se un cittadino turco, titolare di un diritto ai sensi dell’art. 7, primo comma, secondo trattino, della decisione n. 1/80, possa invocare la specifica tutela contro l’espulsione di cui all’art. 28, n. 1, della direttiva 2004/38/CE.

Nel caso in cui si debba muovere dal principio della persistenza dei diritti sanciti dall’art. 7, primo comma, secondo trattino, della decisione n. 1/80 (…):

9) Se ripetuti reati minori (essenzialmente contro la proprietà), i quali, individualmente considerati, non bastano per configurare un’effettiva e sufficiente minaccia per un interesse fondamentale della collettività, giustifichino, in considerazione dell’elevato numero di reati commessi, un’espulsione, nel caso in cui debbano ritenersi probabili ulteriori reati e, nella medesima situazione, non possano essere disposto nei confronti di un cittadino nazionale ulteriori provvedimenti».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

18 Tale questione, diretta sostanzialmente a individuare i motivi per i quali un cittadino turco, quale il sig. Polat, possa perdere i diritti attribuitigli, nello Stato membro ospitante, dall’art. 7, primo comma, secondo trattino, della decisione n. 1/80, in materia di libero accesso a qualsivoglia attività subordinata di propria scelta e, correlativamente, di soggiorno, si colloca nello stesso contesto di diritto e di fatto da cui è scaturita la sentenza 18 luglio 2007, causa C-325/05, Derin (Racc. pag. I-0000).

19 Le due dette questioni, sollevate dallo stesso giudice nazionale, si fondano sulla stessa motivazione e sono redatte esattamente negli stessi termini.

20 Pertanto, la prima questione sollevata nella causa in esame deve essere risolta negli stessi termini formulati nella menzionata sentenza Derin.

21 La prima questione deve essere quindi risolta nel senso che un cittadino turco, autorizzato a far ingresso sul territorio di uno Stato membro in età minore a titolo di ricongiungimento familiare e che abbia acquisito il diritto di libero accesso a qualsiasi attività lavorativa subordinata di propria scelta in forza dell’art. 7, primo comma, secondo trattino, della decisione n. 1/80, perde il diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante, che è il corollario del diritto di libero accesso, soltanto in due casi, vale a dire:

– nei casi previsti dall’art. 14, n. 1, di tale decisione o

– quando lascia il territorio dello Stato membro interessato per un periodo significativo e senza motivi legittimi,

anche quando è di età superiore a 21 anni, non è più a carico dei suoi genitori, ma conduce una vita autonoma nello Stato membro interessato, e non è stato a disposizione del mercato del lavoro durante vari anni a causa dell’esecuzione di una pena detentiva inflittagli per tale durata e senza il beneficio della sospensione condizionale.

In una fattispecie come quella del ricorrente nella causa principale, la suesposta interpretazione non è incompatibile con quanto prescritto dall’art. 59 del Protocollo addizionale.

Sulla seconda, terza e quarta questione

22 Alla luce della soluzione fornita alla prima questione, non occorre procedere all’esame della seconda, della terza e della quarta questione.

Sulla quinta, sesta, settima e ottava questione

23 Con le dette questioni, che appare opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se una persona che si trovi nella situazione del ricorrente nella causa principale possa invocare i diritti risultanti dall’art. 28 della direttiva 2004/38.

24 A parere del giudice a quo, il ricorso alla direttiva 2004/38 sarebbe giustificato dal fatto che la Corte di giustizia avrebbe interpretato l’art. 14 della decisione n. 1/80 alla luce della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964, 64/221/CEE, per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno per gli stranieri, giustificati da motivi d’ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica (GU 1964, n. 56, pag. 850). Considerato che tale direttiva è stata sostituita dalla direttiva 2004/38 e che, a termini dell’art. 38, n. 3, della medesima, i riferimenti fatti agli articoli e alle direttive abrogate si intendono fatti alla direttiva 2004/38, occorrerebbe fare quindi riferimento a quest’ultima al fine di precisare la portata dell’art. 14 della decisione n. 1/80.

25 Si deve rammentare che, ai sensi dell’art. 38, n. 2 della direttiva 2004/38, la direttiva 64/221 è stata abrogata con effetto a decorrere dal 30 aprile 2006.

26 Atteso che la decisione di espulsione nei confronti del sig. Polat è stata disposta il 4 ottobre 2004 e che il ricorso dinanzi al giudice del rinvio è stato proposto il 3 agosto 2005, si deve necessariamente rilevare che, all’epoca dei fatti della causa principale, la direttiva 64/221 era ancora in vigore.

27 Considerato che la direttiva 2004/38 non trova quindi applicazione alla causa principale, non occorre procedere alla soluzione della quinta, della sesta, della settima e dell’ottava questione.

Sulla nona questione

28 Con tale questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’art. 14, n. 1, della decisione n. 1/80 debba essere interpretato nel senso che osti a che ripetuti reati minori i quali, individualmente considerati, non siano tali da configurare una minaccia reale e sufficientemente grave, tale da pregiudicare un interesse fondamentale della società, possa giustificare una misura di allontanamento nei confronti di un cittadino turco, qualora sia prevedibile che altri reati vengano commessi in futuro e qualora, in circostanze analoghe, nei confronti del cittadino nazionale la condanna penale non sia accompagnata da alcun provvedimento.

29 Secondo costante giurisprudenza, i principi sanciti nell’ambito degli artt. da 39 CE a 41 CE devono essere estesi, nei limiti del possibile, ai cittadini turchi che fruiscono dei diritti conferiti dalla decisione n. 1/80 (v., segnatamente, sentenze 6 giugno 1995, causa C-434/93, Bozkurt, Racc. pag. I-1475, punti 14, 19 e 20, nonché 11 novembre 2004, causa C-467/02, Cetinkaya, Racc. pag. I-10895, punto 42).

30 Di conseguenza, per determinare la portata dell’eccezione di ordine pubblico prevista dall’art. 14, n. 1, della decisione n. 1/80, occorre far riferimento all’interpretazione di tale eccezione elaborata in tema di libera circolazione dei lavoratori che siano cittadini degli Stati membri della Comunità. Tale interpretazione è tanto più giustificata in quanto la detta disposizione è redatta in termini quasi identici a quelli dell’art. 39, n. 3, CE (sentenze 10 febbraio 2000, causa C-340/97, Nazli, Racc. pag. I-957, punto 56, e Cetinkaya, cit., punto 43).

31 Orbene, a termini dell’art. 3, n. 1, della direttiva 64/221, i provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza devono essere fondati esclusivamente sul comportamento del soggetto interessato. Il successivo n. 2 precisa che la sola sussistenza di condanne penali non può automaticamente motivare tali provvedimenti.

32 Conseguentemente, l’esistenza di una condanna penale può essere presa in considerazione solo laddove le circostanze che hanno portato a tale condanna provino un comportamento personale costituente una minaccia attuale per l’ordine pubblico (v., in particolare, sentenze 27 ottobre 1977, causa 30/77, Bouchereau, Racc. pag. 1999, punto 28; 19 gennaio 1999, causa C-348/96, Calfa, Racc. pag. I‑11, punto 24, e 7 giugno 2007, causa C-50/06, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I‑0000, punto 41).

33 La Corte ha sempre sottolineato che l’eccezione di ordine pubblico costituisce una deroga al principio fondamentale della libera circolazione delle persone, da intendersi in modo restrittivo; la sua portata non può essere determinata unilateralmente dagli Stati membri (sentenze 28 ottobre 1975, causa 36/75, Rutili, Racc. pag. 1219, punto 27; Bouchereau, cit., punto 33; 27 aprile 2006, causa C‑441/02, Commissione/Germania, Racc. pag. I-3449, punto 34, e Commissione/Paesi Bassi, cit., punto 42).

34 Secondo costante giurisprudenza, il ricorso, da parte di un’autorità nazionale, alla nozione di ordine pubblico presuppone, oltre alla perturbazione dell’ordine sociale insita in qualsiasi infrazione della legge, l’esistenza di una minaccia effettiva ed abbastanza grave per uno degli interessi fondamentali della collettività (sentenze Rutili, cit., punto 27; 29 aprile 2004, cause riunite C-482/01 e C-493/01, Orfanopoulos e Oliveri, Racc. pag. I-5257, punto 66, nonché Commissione/Germania, cit., punto 35).

35 In particolare, la Corte ha già avuto modo di affermare che un cittadino turco può essere privato, per effetto di un’espulsione, dei diritti direttamente attribuitigli dalla decisione n. 1/80, solamente qualora tale provvedimento risulti giustificato dal fatto che il comportamento personale dell’interessato riveli un rischio concreto di nuove gravi perturbazioni dell’ordine pubblico. Un provvedimento di tal genere non può quindi essere automaticamente emanato a seguito di una condanna penale e a scopo di prevenzione generale (sentenze Nazli, cit., punti 61 e 63, nonché 7 luglio 2005, causa C-383/03, Dogan, Racc. pag. I‑6237, punto 24).

36 A tal riguardo, l’esistenza di più condanne penali è, di per sé, irrilevante.

37 Inoltre, dalla decisione di rinvio emerge che, nei confronti dei cittadini nazionali responsabili di reati come quelli all’origine della decisione di espulsione della causa principale, la condanna penale non è accompagnata da alcuna pena accessoria.

38 A tal riguardo, è sufficiente rammentare che le riserve inserite negli artt. 39 CE e 46 CE consentono agli Stati membri di adottare, nei confronti dei cittadini degli altri Stati membri, specie per ragioni di ordine pubblico, provvedimenti che essi non possono disporre nei confronti dei propri cittadini, nel senso che ad essi manca il potere di allontanare questi ultimi dal territorio nazionale o di vietare loro di accedervi (v. sentenze 4 dicembre 1974, causa 41/74, van Duyn, Racc. pag. 1337, punti 22 e 23; 18 maggio 1982, cause 115/81 e 116/81, Adoui e Cornuaille, Racc. pag. 1665, punto 7; Calfa, cit., punto 20, e 26 novembre 2002, causa C-100/01, Oteiza Olazabal, Racc. pag. I‑10981, punto 40).

39 Alla luce delle suesposte considerazioni, la nona questione deve essere risolta nel senso che l’art. 14, n. 1, della decisione n. 1/80 deve essere interpretato nel senso che non osta a che un provvedimento di espulsione venga disposto nei confronti di un cittadino turco già oggetto di ripetute condanne penali, a condizione che il suo comportamento personale costituisca una minaccia effettiva e sufficientemente grave che pregiudichi un interesse fondamentale della collettività. Spetta al giudice del rinvio verificare se ciò ricorre nella specie.

Sulle spese

40 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:

1) Un cittadino turco, autorizzato a far ingresso sul territorio di uno Stato membro in età minore a titolo di ricongiungimento familiare e che abbia acquisito il diritto di libero accesso a qualsiasi attività lavorativa subordinata di propria scelta in forza dell’art. 7, primo comma, secondo trattino, della decisione 19 settembre 1980, n. 1, relativa allo sviluppo dell’associazione, adottata dal Consiglio di associazione istituito dall’Accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, perde il diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante, che è il corollario del diritto di libero accesso, soltanto in due casi, vale a dire:

– nei casi previsti dall’art. 14, n. 1, di tale decisione,

– quando lascia il territorio dello Stato membro interessato per un periodo significativo e senza motivi legittimi,

anche quando è di età superiore a 21 anni, non è più a carico dei suoi genitori, ma conduce una vita autonoma nello Stato membro interessato, e non è stato a disposizione del mercato del lavoro durante vari anni a causa dell’esecuzione di una pena detentiva inflittagli per tale durata e senza il beneficio della sospensione condizionale.

In una fattispecie come quella del ricorrente nella causa principale la suesposta interpretazione non è incompatibile con quanto prescritto dall’art. 59 del Protocollo addizionale, firmato il 23 novembre 1970 a Bruxelles e concluso, approvato e confermato a nome della Comunità con il regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1972, n. 2760.

2) L’art. 14, n. 1, della decisione n. 1/80 deve essere interpretato nel senso che non osta a che un provvedimento di espulsione venga disposto nei confronti di un cittadino turco già oggetto di ripetute condanne penali, a condizione che il suo comportamento personale costituisca una minaccia effettiva e sufficientemente grave che pregiudichi un interesse fondamentale della collettività. Spetta al giudice del rinvio verificare se ciò ricorre nella specie.