I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno,
per sapere - premesso che:
la notte dell'8 agosto 2007, sette pescatori tunisini imbarcati su
due pescherecci (il Mortadha e il Mohammed), partiti dal porto tunisino di
Teboulba, hanno intercettato un gommone con a bordo 44 migranti tra i quali 11
donne e 2 bambini che stavano naufragando nel braccio di Mediterraneo tra
Tunisi e Lampedusa con un mare forza 4;
compiuta l'attivit di salvataggio, l'equipaggio dei due
pescherecci stato arrestato appena entrato nel porto di Lampedusa con
l'accusa di favoreggiamento della clandestinit a scopo di lucro;
dalle carte del processo, ancora in corso, risulta che i
clandestini, originari di Sudan, Eritrea, Etiopia, Marocco, Togo e Costa
d'Avorio, si erano imbarcati il 4 di agosto 2007 in una spiaggia libica e che
il soccorso avvenuto a 37 miglia da Lampedusa e a 80 miglia da Tunisi, in
acque internazionali;
sempre secondo quanto dichiarato, durante l'udienza di convalida
dell'arresto, dal comandante di una delle due imbarcazioni tunisine (confermato
poi da alcune testimonianze dei naufraghi), il primo mezzo intervenuto, quello
della Guardia di finanza, avrebbe inizialmente intimato ai pescherecci di
avvicinarsi alle acque dell'isola di Lampedusa, solo dopo una visita medica,
che avrebbe escluso un'emergenza SAR, i mezzi della Capitaneria di porto hanno
poi (in prossimit delle acque di Lampedusa) intimato agli stessi di fare rotta
verso le coste nordafricane comunicando a gesti che in caso contrario sarebbero
stati arrestati;
nel frattempo, date le condizioni del mare e di salute dei
naufraghi, le imbarcazioni tunisine avevano comunque deciso di far sbarcare i
naufraghi in territorio italiano, alcuni tra loro sono stati immediatamente
ricoverati in ospedale, di cui due donne incinte e due bambini, smentendo
dunque la versione confusa del medico che aveva escluso un'emergenza SAR;
l'articolo 54 del codice penale, che fa riferimento allo stato di
necessit come causa esimente che esclude la responsabilit penale d chi
agevola un ingresso irregolare nel territorio italiano, si amplia sensibilmente
per effetto del dettato dell'articolo 12 del testo unico dell'immigrazione del
1998 che afferma espressamente che non costituiscono reato le attivit di soccorso
e di assistenza umanitaria nei confronti degli stranieri in condizione di
bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato, come pure che l'obbligo
dello Stato di cooperare per la conclusione dell'operazione di soccorso in
mare, consentendo lo sbarco dei naufraghi, impone comportamenti consequenziali
che prescindono dal potere dello Stato stesso di perseguire i presunti
favoreggiatori (comandante ed equipaggio) o di adottare verso i clandestini i
provvedimenti previsti dalla legge;
nella ricostruzione fornita dalle autorit italiane alla
magistratura sembra non abbia assunto alcun rilievo che tra i naufraghi vi
potessero essere, e vi siano realmente, potenziali richiedenti asilo, il tutto
in esplicita violazione del divieto di refoulement previsto dall'articolo 33
della convenzione di Ginevra;
tutte le pratiche di respingimento in mare rivolte indistintamente
verso un gruppo di migranti che comportano un'assenza di identificazione
individuale, configurano infatti la violazione del divieto di respingimento
collettivo poich impediscono nei fatti un esame delle singole posizioni e una
assistenza legale, disattendendo cos sia gli articoli 10 e 24 della
Costituzione italiana, sia le norme di salvaguardia dei diritti dell'uomo
stabiliti nella Carta di Nizza del 2000 e dalla Convenzione europea;
luned 10 settembre 2007 stata concessa la liberazione di cinque
dei sette pescatori tunisini mentre i due capitani delle navi (Abdelbasset
Jenzan e Rayoudh Abdellcarim) sono stati trattenuti agli arresti domiciliari
con l'obbligo di non lasciare la Sicilia;
successivamente, il 21 settembre 2007, il tribunale del riesame di
Palermo ha annullato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere disponendo
l'immediata liberazione dei due comandanti, accogliendo la tesi definitiva
degli avvocati, Leonardo Marino e Giacomo La Russa, che hanno sempre sostenuto
la legittimit della condotta degli imputati dell'ingresso nelle acque
territoriali italiane, determinata dalla necessit, imposta dal dovere di
soccorso e dallo stato di necessit indotto dalle condizioni di salute degli
extracomunitari o di alcuni di essi -:
se, al momento in cui i pescherecci effettuavano l'intervento di
salvataggio fosse gi intervenuta l'autorizzazione dello stato di bandiera (la
Tunisia) come prescritto dalle convenzioni internazionali;
per quali ragioni l'attivit delle forze dell'ordine preposte in
occasione del blocco dei due pescherecci tunisini nelle acque del canale di
Sicilia stata rivolta esclusivamente ad escludere la ricorrenza di un'emergenza
sanitaria (SAR), con accertamenti medici sommari e contradditori, mentre alcuna
misura immediata di soccorso stata adottata nei confronti di persone che si
trovano in condizioni di salute tali da richiedere un ricovero urgente in
ospedale subito dopo lo sbarco a Lampedusa;
che cosa si intenda fare per procedere al dissequestro delle
imbarcazioni che ancora sono trattenute dalle autorit italiane sebbene siano
l'unico mezzo di sopravvivenza per queste famiglie di pescatori;
quali siano state le intese operative con la Tunisia, maturate
durante le operazioni di salvataggio condotte dai due pescherecci tunisini e su
quale base legale siano fondate;
quali misure legislative o amministrative si intendano varare per
rendere effettivo l'accesso alla procedura di asilo in attuazione all'articolo
10 della Costituzione italiana anche nei casi come quelli verificatosi in
occasione del salvataggio dei naufraghi da parte dei pescatori tunisini. Si sa
per certo che almeno 8 migranti salvati in quella occasione, di nazionalit
eritrea e sudanese, hanno fatto istanza di asilo e sono stati ammessi alla
relativa procedura;
quali siano state le disposizioni impartite dal ministero
dell'interno;
quale politica intenda adottare il Governo italiano a fronte degli
accordi stipulati tra i diversi Paesi europei previsti dall'agenzia di
controllo delle frontiere esterne (Frontex) per garantire la difesa della vita
umana e del diritti di asilo;
se non si ritenga opportuno promuovere un'iniziativa congiunta per
modificare il decreto interministeriale del 14 luglio del 2003 che fa
riferimento ad una zona contigua alle acque territoriali precisando cos le
competenze di controllo e di soccorso;
se non si ritenga opportuno emanare una norma di interpretazione
dell'articolo 12 del testo unico sull'immigrazione circa gli interventi di
salvataggio in acque internazionali;
se non si ritenga utile formalizzare l'accesso delle associazioni
di tutela dei diritti dei migranti nei luoghi di frontiera;
se, come iscritto nel programma dell'Unione, il Governo intenda
sottoporre a ratifica del Parlamento tutti gli accordi bilaterali, compresi
quelli esistenti, previa eventuale rinegoziazione nell'ambito di un'azione
diplomatica generalizzata per il pieno rispetto dei diritti dei migranti in base
alla convenzione di Ginevra e alla convenzione Onu per i diritti del fanciullo.
(2-00885) Mascia, Zaccaria, Frias, Bonelli, Venier, Migliore, Di
Salvo, Amici.
(11 dicembre 2007)