Dall’Associazione umanitaria ONLUS “Medici contro la tortura”
Al Presidente della Repubblica On.le Giorgio Napolitano
Onorevole Presidente,
Questa Associazione si rivolge a Lei per farLe presente la propria
seria preoccupazione per l’eventuale introduzione, con l’approvazione da parte
del Consiglio dei Ministri del cosiddetto “pacchetto sicurezza”, di alcune
misure particolarmente restrittive per quanto concerne il diritto d’asilo.
Tra
le modifiche alla legislazione vigente figurerebbe l’abolizione dell’effetto
sospensivo del ricorso avanzato dal richiedente asilo che in prima istanza
abbia ricevuto una decisione negativa alla sua domanda di protezione. Un
richiedente asilo la cui domanda non è stata accolta dalla Commissione
Territoriale competente potrebbe quindi essere espulso prima di avere la
possibilità di presentare un ricorso o comunque prima che il tribunale
competente si sia pronunciato. In tal modo, il ricorso perderebbe completamente
la sua efficacia. Riteniamo che tale modifica alla legislazione italiana in
materia d’asilo si porrebbe in netto contrasto con uno dei princìpi
fondamentali del diritto, nonché con quanto stabilito dall’articolo 13 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali, ove si enuncia che “ogni persona […] ha diritto ad un ricorso
effettivo davanti ad un'istanza nazionale”. La direttiva comunitaria sulla
procedura di asilo, inoltre, definisce la possibilità di un “rimedio effettivo
dinanzi a un giudice” come “principio fondamentale del diritto comunitario”.
La
perversa logica sicuritaria che sottende al “pacchetto sicurezza” elimina i
passi avanti che si erano da poco fatti in Italia con la ricezione della
direttive europee (D. Lgs 251/2007 e 25/2008) che prevedevano la sospensione
automatica dell’esecutività del provvedimento di diniego della protezione
internazionale e della connessa espulsione nel caso della proposizione del
ricorso. Si tratta inoltre di decreti legislativi la cui efficacia non è stata
neppure ancora sperimentata; chiediamo perciò che si provveda a dare tempestiva
emanazione del regolamento di attuazione di tale decreto piuttosto che dare
priorità ad un “pacchetto sicurezza” che rende i diritti dei richiedenti asilo
del tutto insicuri.
Unico
paese, l’Italia, è bene ricordarlo, tra i 27 Stati membri dell’Unione a non
avere ancora una legge organica sull’asilo che dia pienezza al dettato
programmatico dell’art. 10 c.3 della nostra Costituzione. Ed è bene ricordare
anche che in Italia vengono presentate ogni anno circa 15.000 domande d'asilo,
numero di ridotte dimensioni se paragonato a quello di altri paesi dell’Unione
ma che evidentemente basta a far urlare all’“invasione”. Delle domande
presentate, oltre il 50% viene accolto in prima istanza e circa 1/3 di quelle
rigettate viene accolto in sede giudiziaria: l’importanza della tutela
giurisdizionale tramite l’impugnazione della decisione delle Commissioni è
allora evidente.
Noi constatiamo come, in base ai procedimenti della magistratura competente, al cui giudizio sono portati i ricorsi dei rifugiati che hanno subìto un diniego opposto in prima istanza da dette Commissioni, non poche di tali decisioni siano state riformate. Si trattava, nei casi specifici, di nostri pazienti, da noi ricevuti in cura e diagnosticati e certificati come sofferenti di conseguenze di tortura patita nei loro paesi di origine, per gli stessi motivi politici per cui si trovano ora in esilio, fuggiti senza documenti.
Questi "clandestini" sono in realtà delle vittime di regimi
oppressivi o di varie forme di guerra nonché di violenza esercitata dai
pubblici poteri. Spesso sono oppositori politici che hanno pagato duramente per
la loro libertà di pensiero e di testimonianza. Nella generalità dei casi,
queste persone non hanno avuto, da parte degli organismi competenti del
Ministero dell'Interno, la possibilità di ottenere un documento provvisorio che assicuri il soggiorno
legale temporaneo in vista del riconoscimento del loro diritto di asilo a
termini dell'art. 10, c.3 dei Principi Fondamentali della Costituzione
della Repubblica. Perciò qualora la loro espulsione fosse intervenuta dopo
un’errata decisione di diniego in prima istanza ed escludendo l'intervento
riparatore della Magistratura, si sarebbero avute conseguenze gravi ed
irreparabili. Queste persone in esilio da noi curate, espulse nel paese di
origine, sarebbero ricadute nel pericolo di soffrire la tortura e perdere la
vita.
Se
affermiamo la posizione etica del diritto alla vita e alle cure, in specie per
chi ha subìto violenze e abusi, trattamenti crudeli, inumani e degradanti, non
possiamo non essere gravemente preoccupati per coloro che verrebbero
misconosciuti e trascurati in tale loro diritto. Perciò, non escludendo nessuno
straniero dal più ampio diritto di asilo (salvo l'accertamento delle
circostanze previste dall'art. 10 c.3 della Costituzione) ci permettiamo,
situandoci nell'esperienza della nostra volontaria professione umanitaria e
dando così voce ai nostri pazienti, di chiedere che vengano riconsiderate le
restrizioni introdotte nel “pacchetto sicurezza” concernenti l’effetto
sospensivo del ricorso.
Non
solo chiediamo che non sia respinto nessuno prima che abbia potuto formalizzare
la sua la richiesta di asilo, ma anche che ogni persona richiedente asilo, prima
di essere eventualmente espulsa, abbia, nei modi stabiliti dalle procedure
vigenti nel diritto civile italiano, accesso ad un ricorso efficace, come
previsto dal diritto europeo ed internazionale.
Inoltre, poiché il “pacchetto sicurezza” propone di trattenere nei Centri di Permanenza Temporanea (CPT) i richiedenti asilo che abbiano presentato la domanda di asilo dopo essere stati colpiti da un provvedimento di espulsione, facciamo osservare che in questo modo i richiedenti asilo sarebbero soggetti allo stesso trattamento riservato a tutti gli stranieri in attesa di espulsione e potrebbero essere trattenuti fino a 18 mesi. Persone in esilio, fuoriuscite dai loro paesi per salvarsi da persecuzioni, si ritroverebbero così non solo private della tutela loro dovuta, ma anche esposte al ripetersi delle sofferenze subite nelle precedenti detenzioni illegali.
Roma, 6 giugno 2008
Con l’adesione del Centro per i richiedenti asilo, rifugiati e vittime
di tortura Naga-har di Milano
Il
presidente
Dott. Carlo Bracci
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