Roma - CՏ pure la televisione, per raccontare come la giovent romana si diverte a Trastevere il venerd sera. Lora dellaperitivo. Le vie attorno a piazza Trilussa gremite di persone. Cinque o sei bancarelle di venditori ambulanti. Un ragazzo ha appena regalato un paio di orecchini alla sua fidanzata. Le sirene della polizia colgono tutti di sorpresa. Non un semplice controllo: tre macchine e una camionetta vuota che ha tutta limpressione di dover essere riempita. la prima operazione contro i venditori ambulanti dopo lentrata in vigore del decreto sicurezza, che amplia i poteri per i sindaci in materia di ordine pubblico. Mi fermo ad osservare, come molti altri. Non curiosit, la mia. un istinto di controllo.

 

I poliziotti iniziano a sbaraccare i banchetti. Via la merce, raccolta sommariamente nei lenzuoli su cui era disposta. Un agente tiene un indiano stretto per il braccio, mentre dal suo viso trapela tutto, la paura, la rassegnazione, fuorch listinto di scappare. ammutolito. Un donnone africano, del Togo, invece molto pi loquace. Se la prende quando lagente raccoglie violentemente i lembi del telo a cui erano appoggiati gli orecchini e le collane che vendeva. fammi mettere nella borsa, almeno! dice allagente. Non scappo, non ti preoccupare, ecco il mio permesso di soggiorno. Ma perch tutto questo? – dice – non stavo facendo nulla di male. Allagente scappa un sorriso, forse un po amaro: Ǐ il mio lavoro. Poi la donna incalza: conosco la nuova legge. Ora mi fate 5.000 euro di multa. Ma perch non ci date un modo di fare questo lavoro regolarmente? Nessuna risposta dallagente, che se ne va e lascia il posto ad un collega, molto meno accomodante. E muoviti, su!, dice senza accennare ad aiutarla a trasportare le sue cose. Lei, con lo stesso sorriso sul volto, chiude la valigia arancione e con le mani occupate dice dove andiamo, di qua?, mascherando con lorgoglio la paura che in fondo in fondo le sta crescendo. Mantiene lironia per, quando mi avvicino e le chiedo da dove viene. Da Napoli, bella Napoli, vero?, e intanto, mentre mi svela le sue vere origini africane, si toglie gli orecchini: questa bigiotteria non mi serve pi, stasera.

 

Due metri pi distante due ragazzini italiani, con il loro banchetto in tutto e per tutto uguale agli altri. Devono sbaraccare anche loro, ma gli agenti usano maniere molto pi educate. Non li tengono per le braccia, non gli ammassano la merce. La ragazza raduna le poche cose che avevano in vendita. Lui allibito, terrorizzato, e inizia a parlare nervosamente: ve lo giuro, la prima volta che vengo, lasciatemi andare. Se prendiamo loro dobbiamo prendere anche voi, risponde un agente. Ma alla fine non sar cos. Il ragazzo si dispera, sono di Roma, non posso credere che mi trattiate allo stesso modo che a quelli l. Evidentemente un discorso convincente. Si avvicina un signore in borghese che l a dirigere lintera operazione. Dott, Capitano, Maresciallo, giuro che non lo far mai pi. Si sbraccia, sembra un bambino appena messo in punizione dalla mamma. Luomo in borghese si mostra irremovibile, ma si capisce subito che vuole solo dargli una lezione, e appena gli altri fermati – 7 persone, tutte straniere – non sono pi a vista, lo lascia andare.

 

A operazione conclusa vado dal signore in borghese, mi presento, sono un giornalista e ho assistito alla scena. Perch avete fermato solo gli stranieri?, chiedo. La risposta eloquente. Portatelo via, identificatelo, e controllate – aggiunge guardandomi negli occhi – perch ha lalito che puzza di birra. Gi, la birra che stavo bevendo prima, e che mi andata di traverso con tutto quello che succedeva. Per fortuna non ancora reato, comunque.

 

Mi portano in due verso il ducato dove sono radunati gli stranieri, tenendomi strette le mani sulle braccia. Non mi era mai successo, prima, ed una sensazione davvero sgradevole. Questo per adesso nellelenco dei fermati dice luomo alla mia destra, anche lui in borghese, ad un collega. Spalle alla camionetta, mani fuori dalle tasche, cellulare sequestrato. Perch avete fermato solo gli stranieri?. Luomo con la polo rosa, quello che mi stringeva da destra, mi risponde, anche se – dice – non sarebbe tenuto: perch questi sono tutti irregolari. Balle, ho visto con i miei occhi la donna togolese dare il proprio permesso di soggiorno al poliziotto, prima. Ma non mi aspettavo certo una risposta veritiera. Certo che non avevi proprio nientaltro di meglio da fare, dice con sprezzo uno degli agenti. Ho fatto una domanda, voglio una risposta. Luomo in rosa, che ha la mia carta didentit e sta scandendo il mio nome per radio si gira verso di me, hai finito di parlare? grida. A quanto pare anche rispondere alle domande costituisce un grave errore, e infatti un terzo poliziotto, defilato fino a poco prima si indirizza a me dicendo guarda che a fare cos peggiori solo la tua situazione. Chiedo di sapere i loro nomi e gradi, come avevo fatto gi con luomo in borghese al principio, convinto che per legge sia un loro dovere identificarsi. Un altro poliziotto – ma quanti ne ho attorno, quattro, cinque? – mi da la sua versione della legge. Vedi qual la differenza, che io posso chiederti come ti chiami e tu non puoi chiedermi niente, chi comanda sono io. Un suo collega aggiunge: certo, se lo vuoi mettere per iscritto diverso, ma non te lo consiglio, la cosa si farebbe piuttosto scomoda. La minaccia mancava, in effetti. Interrompe la discussione luomo in rosa. Luca!, e con la mano mi fa cenno di andare da lui. Vuoi andare? Voglio una risposta alla mia domanda, insisto. Non hai capito – si spiega – hai voglia di chiuderla qui questa storia o no?. Non sono stupido, so quello che mi sta dicendo, ma io voglio la mia risposta. Mi accompagna lontano dal furgone, in piazza Trilussa. Davanti a me luomo che comanda loperazione, quello dellalito puzzolente. Mi chiedo se tornare da lui, ma mi rendo conto che nel gioco del muro contro muro il suo molto pi duro. Aspetto ancora in piazza, osservo loperazione concludersi, fino allistante i cui gli immigrati vengono caricati sul furgone che si mischia al traffico del lungotevere. Non cՏ altro da fare, questa sera, se non raccontare in giro quello che ho visto. Questa triste deriva, questinverno italiano che avanza. Oggi inizia lestate. Evviva.

 

(21 giugno 2008)

 

Luca Trinchieri