COMMISSIONI 1ª e 2ª RIUNITE

(Affari costituzionali) 

(Giustizia)  

 

MERCOLEDÌ 28 MAGGIO 2008

1ª Seduta 

 

Presidenza del Presidente della 2ª Commissione

BERSELLI 

 

            Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Caliendo e  per l'interno Mantovano.   

            La seduta inizia alle ore 14,30.

 

CONVOCAZIONE DEGLI UFFICI DI PRESIDENZA INTEGRATI DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI DELLE COMMISSIONI RIUNITE  

 

      Il presidente BERSELLI convoca gli Uffici di Presidenza integrati dai rappresentanti dei Gruppi delle Commissioni riunite e sospende la seduta.

 

            La seduta sospesa alle ore 14,35 è ripresa alle ore 15,30.

 

SUI LAVORI DELLE COMMISSIONI RIUNITE  

 

      Il presidente BERSELLI riferisce l'esito della riunione degli Uffici di Presidenza integrati dai rappresentanti dei Gruppi delle Commissione riunite, testè svoltasi, comunicando che, con riferimento all'esame del disegno di legge di conversione all'ordine del giorno, si è convenuto di procedere nella giornata di domani mattina, giovedì 29 maggio, all'audizione, in sede informale, del prefetto Antonio Manganelli, Capo della polizia, alle ore 11, del prefetto Mario Morcone, Capo dipartimento libertà civili e immigrazione presso il Ministero dell'interno, alle ore 11,30 e del dottor Ettore Ferrara, Capo dipartimento amministrazione penitenziaria, alle ore 12; di avviare l'esame del provvedimento suddetto con l'illustrazione delle relazioni introduttive nella seduta odierna e di rinviare la discussione generale e l'eventuale dibattito sulla fissazione del termine per la presentazione degli emendamenti ad una successiva seduta da convocarsi nella giornata di martedì 3 giugno 2008, alle ore 14,30.

 

            Le Commissioni riunite prendono atto.

 

IN SEDE REFERENTE 

(692) Conversione in legge del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica

(Esame e rinvio)

 

Riferisce dapprima alle Commissioni riunite il presidente BERSELLI (PdL), relatore per la 2a Commissione, il quale, nel rilevare la necessità di dare forti risposte al problema della sicurezza rappresenta un'esigenza reale che prescinde dalle divisioni di parte - come dimostrano, da un lato, recenti fatti di cronaca che hanno visto coinvolti quali vittime persino amministratori locali, e, dall'altro, la circostanza che diverse disposizioni del decreto-legge in esame riproducono di fatto norme già contenute in proposte legislative presentate nel corso della passata legislatura - osserva che la sicurezza della collettività oggi giorno risulta minacciata da fattispecie riconducibili a tre principali categorie: i reati convenzionali, quali furti, rapine, scippi ed altri; i reati correlati alle attività proprie della criminalità organizzata, ed infine quelli correlati a fenomeni sociali che per cause oggettive o soggettive non vengono governati efficacemente con gli strumenti ordinari e finiscono per degenerare, al punto da determinare tumulti di piazza, blocchi di nodi stradali e ferroviari, e perfino scontri tra cittadini comuni e forze di polizia.

Nell'evidenziare come il decreto-legge introduca, fra le altre, disposizioni specifiche volte a contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina, sulle quali si riserva di svolgere ulteriori considerazioni, osserva che le soluzioni concrete ai fenomeni delittuosi collegati all'immigrazione, specialmente clandestina, proposte nel decreto-legge in esame si fondano sulla presa di coscienza del fatto che il reale problema della giustizia nel nostro Paese sia l'assenza di deterrenza del diritto penale italiano, legata da un lato all'inefficienza del sistema repressivo che lascia gran parte dei reati impuniti e dall'altro alla scarsa effettività della pena, vuoi per l'approvazione di normative che ne attenuano l'esecuzione vuoi per effetto di provvedimenti clemenziali del Parlamento; una situazione questa che induce gli stranieri a delinquere in Italia anziché altrove.

Procede quindi ad illustrare più nel dettaglio le disposizioni di competenza della Commissione giustizia.

Riferisce dapprima sul contenuto dell'articolo 1 del decreto-legge in esame, composto da un unico comma suddiviso in sei lettere, ognuna delle quali apporta modifiche o sostituisce una disposizione del codice penale. Tale articolo, in primo luogo modifica gli articoli 235 e 312 del codice penale, introducendo disposizioni volte a prevenire la reiterazione di comportamenti criminali da parte di cittadini stranieri anche comunitari, abbassando il limite della pena la cui irrogazione può costituire presupposto per l'espulsione su ordine del giudice in caso di condanna penale e prevedendo una pesante sanzione per la violazione dell'espulsione stessa. L'articolo reca altresì norme volte, attraverso puntuali modifiche agli articoli 589, 590  e 590-bis del codice penale, ad inasprire le pene per i soggetti che abbiano commesso un omicidio colposo o cagionato ad altri lesioni colpose, in particolar modo quando ciò sia avvenuto come conseguenza di guida in stato di ebbrezza o sotto l'influsso di sostanze stupefacenti o psicotrope. Nel sottolineare l'elevata lesività sociale di tali fattispecie criminose, dà conto dei dati relativi alle violazioni degli articoli 186 e 187 del codice della strada, riscontratesi nel corso del primo trimestre dell'anno corrente. La disposizione infine, intervenendo sull'articolo 61 del codice penale, introduce la nuova circostanza aggravante comune dell'essere stato il fatto commesso da soggetto che si trovi illegalmente sul territorio nazionale.

Il decreto-legge inoltre, per garantire rapidità di giudizio e certezza della pena, introduce puntuali modifiche anche al codice di procedura penale, ampliando, fra l'altro, le fattispecie penali perseguibili con il rito del giudizio direttissimo e con quello del giudizio immediato. Più in particolare per quel che concerne la disciplina del giudizio direttissimo, il relatore sottolinea che l'articolo in esame prevede che, quando l'arresto in flagranza è già stato convalidato, o quando sia stata resa confessione nel corso dell'interrogatorio,  pubblico ministero debba necessariamente procedere con il rito direttissimo, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini.

Per quel che concerne invece la disciplina del giudizio immediato l'articolo 2,  da un lato, prevede che, qualora ne ricorrano i presupposti, il pubblico ministero debba sempre richiedere il giudizio immediato, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini, dall'altro, introduce disposizioni volte ad accelerare l'instaurazione del giudizio, nelle ipotesi in cui a carico dell'indagato sia stata emessa un'ordinanza applicativa di misura cautelare custodiale e la valutazione circa la sussistenza della gravità indiziaria sia stata confermata in sede di riesame.

L'articolo 2, inoltre, da un lato aggiunge all'articolo 260 del codice di procedura penale due nuovi commi, che estendono il novero dei casi in cui si procede alla distruzione di cose sottoposte a sequestro nel corso di un procedimento penale e, dall'altro, in coordinamento con l'estensione dei poteri delle procure distrettuali antimafia in materia di misure di prevenzione disposto dagli articoli 10 e 11 del decreto-legge in esame, modifica l'articolo 371-bis del codice di procedura penale, che disciplina l'attività di coordinamento del procuratore nazionale antimafia, estendendo i poteri di coordinamento di quest'ultimo anche alla suddetta materia delle misure di prevenzione.

Fra le ulteriori modifiche apportate al codice di procedura penale il relatore per la 2a Commissione segnala l'abrogazione rispettivamente, dei commi 4 e 5 dell'articolo 599 del codice di procedura penale e del comma 2 dell'articolo 602 dello stesso codice, che prevedevano l'accordo tra le parti per l'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello con rideterminazione della pena e rinuncia agli altri motivi, nonché le modifiche apportate all'articolo 656, comma 9 del codice di procedura penale, volte ad estendere ai condannati per incendio boschivo, prostituzione minorile, furto in abitazione, furto con strappo e rapina il divieto di procedere alla sospensione dell'esecuzione della condanna.  Con riferimento all'abrogazione dell'istituto di cui agli articoli 599 e 602 del codice di procedura penale sottolinea come l'abrogazione sia stata resa necessaria in considerazione del fatto che esso oltre a rendere possibile un abbattimento anche assai considerevole della pena irrogata in primo grado, finiva spesso per ridurre l'interesse delle parti a ricorrere al patteggiamento in primo grado e per tale motivo influiva negativamente sul carico di lavoro degli uffici giudiziari.

Dopo aver brevemente illustrato il contenuto dell'articolo 3 del decreto-legge, con il quale si sottraggono alla competenza del giudice di pace le ipotesi aggravate di lesioni colpose gravi e gravissime, di cui all'articolo 590, terzo comma, del codice penale, quando si tratta di reato commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c) del codice della strada, ovvero da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, si sofferma sulle modifiche al codice della strada introdotte dall'articolo 4, volte ad inasprire le sanzioni per guida in stato d'ebbrezza o in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti. In particolare è aumentata la pena  dell'arresto per coloro che guidano in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti ed è prevista la revoca della patente e la confisca del veicolo.

Illustra poi le disposizioni del decreto-legge recanti misure volte a contrastare la criminalità organizzata di stampo mafioso. Si sofferma dapprima sull'articolo 10, il quale modifica in più punti la legge 31 maggio 1965, n. 575, recante "Disposizioni contro la mafia", attribuendo alle direzioni distrettuali antimafia la competenza ad indagare e a proporre le misure di prevenzione antimafia. Dopo aver illustrato l'articolo 11, il quale apporta una modifica all'articolo 19, comma 1, della legge 22 maggio 1975, n. 152, volta a mantenere anche in capo al procuratore della Repubblica presso ogni tribunale la competenza a richiedere misure di prevenzione nei confronti coloro che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi e di coloro che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; riferisce, concludendo sull'articolo 12, il quale introduce nell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, un nuovo articolo 110-ter, che conferisce al procuratore nazionale antimafia il potere di disporre, d'intesa con il competente procuratore distrettuale, l’applicazione temporanea di magistrati della direzione nazionale antimafia alle procure distrettuali per la trattazione di singoli procedimenti di prevenzione.

 

            Il senatore VIZZINI (PdL), relatore per la Commissione affari costituzionali,  sottolinea che il provvedimento in esame è una risposta tempestiva e necessaria del Governo a fenomeni sociali che possono apparire distanti ma che incidono drammaticamente sulla vita dei cittadini e sulla sicurezza pubblica. I lutti che flagellano la società interpellano la coscienza dei cittadini e dei parlamentari: di qui le risposte operative in esame, coerenti con il programma della maggioranza di governo.

Si sofferma, quindi, sul tema dell’illegalità diffusa collegata all'immigrazione clandestina e sulla criminalità organizzata, vero e proprio cancro della società. La lotta alle mafie è un’esigenza inderogabile per uno Stato che voglia riprendere il controllo del territorio e sconfiggere la criminalità che uccide gli uomini, le loro libertà e quella delle imprese, rubando il futuro alle giovani generazioni. La questione della mafia, a suo giudizio, è una ferita aperta per il funzionamento della democrazia per cui vi è sempre più bisogno di una politica che sia concretamente in prima linea,  con i magistrati e le forze dell'ordine.

Rammenta anche la questione di una maggiore tutela delle famiglie e delle persone, turbate nel privato delle proprie abitazioni e nelle strade, dove aumentano gli incidenti di ogni tipo con vittime sempre più numerose. Il senso d’insicurezza e lo sconforto crescente richiedono una risposta immediata: il Governo ha introdotto le misure più urgenti con il decreto-legge in esame, rimettendo a un disegno di legge ordinario un intervento ulteriore e più organico. Egli esprime apprezzamento per il fatto che siano state prese in seria considerazione idee e soluzioni efficaci proposte dal Governo precedente, segno di una politica che accantona atteggiamenti di critica pregiudiziale e si misura nel merito dei provvedimenti. In questo modo si recupera quanto di buono è stato fatto nelle precedenti esperienze politiche; ad esempio il pacchetto sicurezza proposto dall'ex ministro dell'interno Amato, sul quale si aprì un dialogo fra maggioranza e opposizione poi impedito dall'ostruzione ferma ma cieca e sterile della sinistra massimalista.

Ricorda che nella seduta della Commissione affari costituzionali dedicata alla verifica della sussistenza dei presupposti di costituzionalità del decreto-legge, si è svolto un pacato e fecondo confronto tra maggioranza e opposizione e ringrazia tutti coloro che hanno contribuito a tale clima, primo fra tutti il senatore Bianco, rappresentante del Gruppo del Partito Democratico in quella Commissione. Rammenta anche che, in quella sede, il rappresentante del Governo ha manifestato la disponibilità a considerare le proposte emendative che perverranno, in particolare quelle dell'opposizione.

In proposito, cita gli aspetti più critici emersi nella discussione: l'inserimento, fra le circostanze aggravanti comuni di cui all'articolo 61, comma 1, del codice penale, della presenza illegale nel territorio nazionale del soggetto che abbia commesso il fatto (articolo 1, comma 1, lettera f)); l'introduzione nel decreto legislativo n. 286 del 1998, quale autonomo titolo di reato, della cessione a titolo oneroso di un immobile a un cittadino straniero irregolarmente soggiornante nel territorio dello Stato (articolo 5); la modifica della denominazione dei centri di permanenza temporanea, che, a seguito dell'entrata in vigore del decreto, sono chiamati "centri di identificazione e di espulsione" (articolo 9). Su questi aspetti - come su altri che dovessero emergere nel corso della discussione generale - ribadisce l'opportunità di un approfondimento tra maggioranza e opposizione, per individuare auspicabili convergenze, in considerazione della materia e del rilevo che ha assunto negli ultimi mesi.

Quanto al merito del decreto-legge, i profili di rilevanza per la 1ª Commissione comprendono, in particolare, il contrasto dell’immigrazione irregolare e il potenziamento degli strumenti a disposizione dei sindaci per la lotta alla criminalità locale.

L’articolo 5, che modifica l’articolo 12 del testo unico sull’immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998), introduce una specifica fattispecie incriminatrice: chi cede a titolo oneroso un immobile a uno straniero irregolarmente soggiornante è soggetto alla reclusione da sei mesi a tre anni; la condanna con sentenza definitiva importa anche la confisca dell’immobile, salvo che appartenga a persona estranea al reato. Nota che le condotte incriminate sono le "cessioni a titolo oneroso", dunque sicuramente le vendite, probabilmente le locazioni, ma non anche i comodati; si dovrebbe valutare se l’esclusione dei prestiti d’uso possa determinare pratiche elusive e in ogni caso auspica che il dibattito consenta di individuare una sintesi più puntuale della fattispecie.

Quanto all’articolo 6, esso apporta modifiche sostanziali all’articolo 54 del testo unico sugli enti locali, che disciplina le attribuzioni del sindaco nelle funzioni di competenza statale. La ratio delle innovazioni introdotte consiste nel potenziamento degli strumenti giuridici a disposizione del sindaco per il contrasto della criminalità locale; nell’intenzione del Governo, è il frutto di un bilanciamento fra prerogative statali in tema di sicurezza pubblica ed esigenza di valorizzare, anche in tale ambito, il ruolo degli enti locali. In tale contesto, il sindaco è il fulcro di una nuova sinergia nella lotta alla criminalità, considerato che la qualità di amministratore locale permette di conoscere anche le problematiche del territorio afferenti la sicurezza. Con tale norma, in primo luogo, si conferisce autonoma evidenza alle funzioni relative all’ordine e alla sicurezza pubblica del sindaco, disciplinate nel nuovo comma 1. Il nuovo comma 2 attribuisce al sindaco il compito di concorrere ad assicurare la cooperazione fra le forze di polizia locali e statali, consentendo una maggiore partecipazione delle risorse dell’amministratore locale alla tutela della sicurezza dei cittadini.  Le forme di tale cooperazione istituzionale saranno definite con direttive di coordinamento del Ministero dell’interno nel rispetto delle competenze fissate nell'articolo 117 della Costituzione. Il comma 4 novellato amplia il potere del sindaco di adottare ordinanze urgenti prevedendo, quale situazione legittimante il provvedimento extra ordinem, anche il grave pericolo per la sicurezza urbana (che si aggiunge così al grave pericolo per l’incolumità dei cittadini). Siffatti provvedimenti d’urgenza devono essere comunicati al prefetto poiché attengono al problema della sicurezza che postula un ruolo centrale e strategico dell’autorità locale di Governo, cui competono in via generale gli interventi attuativi dell’ordinanza del sindaco.

Sottolinea che in tal modo, anche da un punto di vista strettamente operativo, è ulteriormente rafforzata la sinergia fra istituzioni, uno degli aspetti fondamentali del provvedimento in esame.

Richiama il comma 5 del testo novellato, che introduce una forma di coordinamento fra amministratori locali, attivata dal prefetto quando i provvedimenti dei sindaci in tema di sicurezza appaiono suscettibili di incidere sulla ordinata convivenza nei comuni contigui o limitrofi. In tali evenienze, il prefetto convoca una conferenza cui partecipano i sindaci dei comuni coinvolti, il Presidente di provincia ed eventualmente, nel rispetto del principio di sussidiarietà, altri soggetti pubblici o privati legati al  territorio.

Dal nuovo testo dell’articolo 54 citato sono state espunte le norme che consentivano la nomina di un commissario ad acta da parte del prefetto in caso d'inerzia del sindaco nell’espletamento dei servizi di competenza statale: la modifica appare come un atto dovuto nel rispetto della più generale riforma costituzionale operata  del 2001, sopravvenuta al testo unico.

Ricorda che i commi 11 e 12 del testo novellato prevedono nuovi, significativi poteri prefettizi: anzitutto il potere di surrogare direttamente l’amministratore locale, in caso di inerzia, nelle funzioni relative alla sicurezza e all’incolumità pubblica (anche con provvedimenti urgenti) e negli adempimenti in ordine allo stato civile, alla materia elettorale, alla leva militare e alla statistica; inoltre, il potere di adottare atti d’indirizzo per l’esercizio di tutte le funzioni previste in capo al sindaco dall’articolo 54.

Quanto all’articolo 7, esso attribuisce una nuova funzione ai piani coordinati di controllo del territorio di cui alla legge n. 128 del 2001, ai fini della collaborazione della polizia municipale alla sicurezza pubblica: è demandata a tali piani la determinazione dei rapporti di reciproca collaborazione fra polizia municipale e Polizia di Stato. Il secondo periodo disciplina, invece, le procedure da seguire per assicurare, nel caso di interventi in flagranza di reato da parte della polizia municipale, l’immediata denuncia alla Polizia di Stato per il seguito dell’attività investigativa. La definizione di tali procedure è demandata a decreti del Ministro della giustizia di concerto con gli altri Ministri interessati (interno, economia, difesa).

L’articolo 8 amplia le possibilità della polizia municipale di fruire dei dati del CED interforze del Ministero dell’interno-Dipartimento della pubblica sicurezza: oltre all’accesso allo schedario dei veicoli rubati è possibile consultare i dati sui veicoli rinvenuti e quelli dei documenti d’identità rubati o smarriti. Inoltre, previa apposita abilitazione, si riconosce al personale della polizia municipale un ruolo attivo di immissione dei dati autonomamente acquisiti.

L’articolo 9 sostituisce la denominazione dei centri di permanenza temporanea con quella di "centri di identificazione e espulsione". Osserva che la relazione illustrativa non fornisce elementi di delucidazione circa le ragioni della modifica né sul rilievo meramente formale o anche sostanziale della stessa; il Governo potrà fornire tutti gli argomenti per consentire di valutare con maggior compiutezza la portata della nuova definizione.

 

            La seduta termina alle ore 16,10.