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Interventi e interviste

Interviste - Ministro Roberto Maroni

28.06.2008

Maroni: «Sulle impronte ai rom vado fino in fondo. Voglio porre fine allo sconcio di bimbi che vivono in condizioni disumane»

Intervista del ministro dell'Interno al Corriere della Sera. «È un dovere civico proteggerli, è un diritto delle istituzioni sapere chi vive a casa nostra»

Intervista di Fiorenza Sarzanini

Le critiche? «Moralismo finto e ipocrita». L'Unione europea? «La nostra posizione è in linea con le decisioni prese in sede comunitaria». Rilancia il ministro dell'Interno Roberto Maroni finito sotto attacco per l'ordinanza che impone di prendere le impronte ed effettuare fotosegnalazioni nei confronti dei nomadi, bambini compresi. E ribadisce: «Andremo fino in fondo con il censimento, così come con tutte le altre misure. Sono stato eletto per risolvere il problema della sicurezza e lo farò senza farmi condizionare da polemiche immotivate e infondate». 

Un portavoce della commissione europea ha detto che l'identificazione attraverso le impronte non si può fare.
«Innanzitutto non si tratta di un portavoce. A parlare è stato un qualsiasi funzionario che non aveva nessun titolo per farlo e ha espresso solo un'opinione personale tant'è vero che la commissione europea attraverso il portavoce di Barrot ha dovuto smentire. Avevo incaricato il mio consigliere diplomatico di presentare una protesta formale, però c'è stata la smentita e dunque l'incidente è chiuso».

In realtà è stato precisato che la commissione non ha espresso giudizi perché non è consuetudine commentare gli annunci e le opinioni dei ministri degli Stati membri. Scusi ma l'ordinanza non è già operativa?
«È in vigore dal 30 maggio scorso. E rispetta, oltre alle leggi italiane, anche le direttive europee».

C'è una direttiva che consente i rilievi segnaletici per i minori?
«Esiste il regolamento numero 380 del 18 aprile 2008 approvato in sede Gai, dunque dai ministri dell'Interno e della Giustizia europei, che prevede l'obbligo di prendere le impronte digitali a tutti gli extracomunitari a partire dai 6 anni prima del rilascio del permesso di soggiorno».

I nomadi non sono cittadini extracomunitari.
«Noi non sappiamo chi vive nei campi regolari ne tantomeno in quelli abusivi. Non conosciamo la nazionalità degli occupanti e dunque dobbiamo censirli proprio per sapere se facciano parte dell'Ue o se invece arrivino da altri Paesi».

Il portavoce dice che si accerterà la compatibilità delle misure con la legislazione europea, lei è sicuro che ci sarà il via libera?
«Eravamo nella stessa situazione quando abbiamo presentato il pacchetto sicurezza, ma poi abbiamo trasmesso gli atti al presidente Barrot e non c'è stato alcun rilievo. Ha ragione Berlusconi quando dice che i commissari europei e ancor di più i loro portavoce dovrebbero informarsi prima di parlare. Adesso si capisce meglio perché l'Irlanda ha votato contro l'Ue».

Meglio starne fuori?
«Non dico questo, ma certo queste continue voci dal sen fuggite inopportunamente e soprattutto false danno ai cittadini un'immagine dell'Europa di chi complica le cose invece che risolverle. Lunedì affronterò la questione anche con il ministro dell'Interno francese. La Francia sta per assumere la presidenza, esternerò anche a lui la mia posizione: intemperanze verbali e stravaganze non possono essere più tollerate».

Anche l'opposizione e le organizzazioni umanitarie sono contrarie. Per lei non conta?
«Io voglio porre fine allo sconcio di vedere tanti bambini che vivono in condizioni disumane, l'unico modo per ottenere questo risultato è capire chi sono facendo un censimento delle presenze. Devo sapere la nazionalità, le parentele, la composizione delle famiglie. Soltanto in questo modo posso dare loro un documento e fissare le regole per sapere chi può rimanere e chi invece non ha i requisiti».

Però in questo modo si ottengono le impronte e le fotosegnaletiche anche di chi non ha commesso alcun reato.
«Abbiamo verificato che nei tribunali e nelle procure minorili chi ha meno di 18 anni e deve essere affidato a un istituto perché è senza famiglia viene sottoposto ai rilievi proprio per ricostruire la sua identità. Esattamente la procedura che stiamo portando avanti noi».

Dunque si creerà una sorta di «banca dati preventiva» per cercare gli autori di eventuali delitti. Le pare normale?
«Io devo essere in grado di sapere chi c'è in Italia, dove abita, che cosa fa, che cosa farà nei prossimi mesi. Non è un mistero che i bambini sfruttati per compiere reati vengano spostati da una città all'altra proprio per sfuggire ai controlli».

Allora perché si arrabbia tanto a sentir parlare di «schedatura»?
«Perché questo termine ha un significato negativo e invece il nostro obiettivo, lo ripeto, è tutelare i minori».

L'Unicef continua a chiederle provocatoriamente per quale motivo non farlo anche per i minori italiani.
«Vorrei ricordare che gli italiani vengono iscritti all'anagrafe appena nati. In questo caso parliamo invece di sconosciuti che vivono in condizioni indecenti. È un dovere civico proteggerli, è un diritto delle istituzioni sapere chi vive a casa nostra».





   
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