CARITAS ITALIANA

Romania. Immigrazione e lavoro in Italia. Statistiche, problemi e prospettive

Edizioni Idos, giugno 2008

Presentazione del 12 giugno 2008

 

EMBARGO ASSOLUTO FINO ALLE ORE 11.00 DEL 12 GIUGNO 2008

 

Il terzo libro di Caritas Italiana dedicato allĠimmigrazione dallĠEst Europa

Caritas Italiana, nel mese di giugno 2004, subito dopo lĠallargamento dellĠUnione Europea a 10 nuovi Stati, ha pubblicato il primo libro dedicato ai flussi di origine est-europea in Italia, seguito due anni dopo da un volume sulla Polonia e, ora, da un terzo libro dedicato allĠimmigrazione romena. Questo impegno conoscitivo di natura socio-statistica ha lĠobiettivo di descrivere la realtˆ in esame senza pregiudizi e, quindi, di arricchirla con apporti di natura storica, giuridica, sociale, politica e religiosa.

I redattori del ÒDossier Caritas/MigrantesÓ hanno operato in sinergia con uffici di ricerca (Consiglio Italiano per le Scienze sociali), strutture pubbliche italiane e romene (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, Ministero dellĠInterno tra quelle italiane), mondo imprenditoriale (segnatamente Unicredit, notoriamente impegnato in Romania), centri pastorali (Caritas e Migrantes) e associazioni di italiani e di immigrati. Tra i 50 autori del volume oltre terzo  costituito da studiosi romeni, chiamati a presentare direttamente il loro punto di vista e a raccontare lĠesperienza migratoria dei loro connazionali. Sono sei le indagini sul campo delle quali vengono riportati i risultati.

Il volume, che ha completato i dati degli archivi ufficiali con una stima per far luce sulla effettiva consistenza dei romeni, li ha inquadrati Òdal vivoÓ, mostrando chi sono, come vivono, quali problemi incontrano, come si pongono nei nostri confronti, evitando di cadere in ragionamenti scontati e in pregiudizi.

Dopo la caduta del Muro di Berlino e dei regimi totalitari marxisti, anche a seguito del lungimirante apporto di Papa Giovanni Paolo II,  tempo di riflettere sul senso pi profondo di questa fase storica e di riconoscerne i vantaggi, senza continuare a rimanere bloccati dalla paura di una ÒinvasioneÓ dallĠEst. Per il popolo romeno lĠadesione allĠUnione Europea non  stata una forzatura ma un esito atteso, che ha favorito il progresso economico, culturale e sociale, nonchŽ lĠunificazione del continente: eppure, come nel caso dei polacchi, gli umori nei ÒvecchiÓ Stati membri non sono stati tra i pi favorevoli.

 

La Romania, un nuovo Stato membro dal forte dinamismo

         Gli abitanti della Romania sono 21,5 milioni e hanno unĠetˆ media abbastanza elevata (37,9 anni). Quattro su dieci (37,9% al Censimento del 2001) hanno completato lĠistruzione secondaria e un altro 11% lĠistruzione universitaria: tra gli italiani solo il 33% ha una formazione superiore. Il paese non  ricco: il prodotto interno lordo pro capite  di 5.639 euro e lo stipendio medio di 380 euro al mese. é forte, per˜, il tasso di crescita annuale (mai al di sotto del 5% a partire dal 2000 e pari al 6% nellĠultimo anno), mentre il tasso di disoccupazione  contenuto (4,3% nel paese e a Bucarest solo il 2%) e abbastanza elevato il tasso inflazione (4,8%). Non risulta, invece, soddisfacente la situazione dellĠagricoltura, con molte terre in stato di abbandono, e ci˜ finisce per alimentare lĠemigrazione.

La Romania, agevolata dallĠingresso nellĠUE, ha beneficiato del fatto di essere un paese dal lavoro a basso costo. Diverse aziende italiane vi hanno delocalizzato le strutture produttive, pur mantenendo in patria il centro della direzione commerciale, del disegno dei prodotti e di alcuni altre fasi a pi alto valore aggiunto. Sono stati elevati, e continuano ad esserlo, gli investimenti esteri (7,2 miliardi di euro nel 2007), indirizzati specialmente verso alcuni settori (bancario, costruzioni, telecomunicazioni, reti di distribuzione al dettaglio, auto, settore energetico e servizi privatizzati). Sono quasi 4 miliardi le rimesse che pervengono annualmente in Romania, a loro volta di grande aiuto per lo sviluppo del paese e il benessere delle famiglie. Questi fattori hanno determinato una forte dinamica dei consumi e forti investimenti in edilizia. Gli aspetti negativi sono, invece, costituti dalla povertˆ diffusa, dagli appesantimenti burocratici, dalla corruzione e dal problematico approccio alle minoranze (segnatamente quella dei rom).

Iniziano a farsi sentire gli effetti negativi dellĠeccessivo turnover dei lavoratori qualificati (maggiormente attratti allĠestero e disposti a trattenersi solo per retribuzioni pi elevate) ed  insufficiente la stessa manodopera generica, specialmente nelle costruzioni, dove servirebbero altri 300.000 operai. Non di rado avviene che i romeni si licenzino in Romania per venire a lavorare in Italia, costringendo talvolta alla chiusura anche alcune aziende italiane. Seppure non pi conveniente come nel passato, rispetto alle possibilitˆ offerte da diversi paesi asiatici, la Romania continua a richiamare attenzione non solo in quanto mercato interno meno saturo, ma anche come base per la penetrazione nellĠEst Europa.

Secondo lĠorganizzazione Unimpresa le aziende italiane operanti in loco sono 20.000, danno lavoro a 800.000 persone e alimentano un interscambio di 12.000 miliardi di euro annui (un obiettivo che con lĠIndia raggiungeremo tra due anni ), che fanno dellĠItalia il primo partner commerciale e uno tra i primi paesi investitori. Ad esempio, lĠEnel  il pi grande investitore energetico del paese con 2,5 milioni di clienti e 5.000 dipendenti. Secondo stime, il fatturato delle aziende italiane (150 milioni di euro) equivalgono al 7% sul prodotto interno lordo del paese. Unicredit ha creato a Bucarest un International Desk, che affianca migliaia di queste nostre aziende ma offre i servizi anche a quelle di altri paesi.

 

Gli immigrati romeni nel contesto della libera circolazione

Prima della caduta del Muro di Berlino a emigrare dalla Romania furono complessivamente 300.000 persone, per lo pi appartenenti alle minoranze tedesche ed ebree; dopo il 1989 i flussi sono notevolmente aumentati, inizialmente verso i paesi vicini e poi a pi largo raggio, fino a coinvolgere in maniera massiccia anche le donne e gli abitanti dei villaggi. Per inquadrare la propensione allĠespatrio bisogna far riferimento allĠurbanesimo forzato voluto da Ceausescu e alla conseguente soppressione di 7.000 villaggi: a seguito della chiusura delle fabbriche, questi lavoratori hanno continuato lĠesodo, questa volta a livello transnazionale, specialmente a partire dal 2002, anno in cui  venuto meno lĠobbligo del visto Schengen.

Specialmente nella prima fase, si sono sviluppate le cosiddette migrazioni informali o circolari, spesso di breve durata e funzionali alla sopravvivenza delle famiglie. Il ritmo dellĠesodo  andato aumentando, sostenuto per lo pi dalle reti amicali e parentali, nonostante lĠinasprimento delle condizioni previste a livello normativo per lĠespatrio (assicurazione medica, biglietto di ritorno, valuta estera) e le convenzioni bilaterali sottoscritte dalla Romania per facilitare il rimpatrio degli immigrati irregolari. Nel 2007, in coincidenza con lĠadesione formale allĠUnione Europea della Romania e della Bulgaria, le politiche restrittive di quasi tutti i paesi europei si sono proposte il contenimento di questi flussi.

AllĠinizio del 2006 erano pi di 1 milione i romeni in etˆ da lavoro che si trovavano nellĠUE a 15, con i maggiori insediamenti in Spagna e in Italia: due anni dopo questi paesi rimangono ancora i poli principali, mentre il numero dei romeni  salito a circa due milioni. Secondo la Fondazione Soros una famiglia romena ogni tre e il 23% degli adulti hanno conosciuto lĠemigrazione, nel 50% dei casi diretta in Italia e in un quarto dei casi in Spagna.

Quella attuale  senzĠaltro una situazione di transizione. Molti emigrati romeni, dalle risposte date nelle indagini, sarebbero disposti a ritornare in patria a determinate condizioni economiche; e in effetti non mancano quelli che tornano con un accresciuto bagaglio professionale. Aumentano, per˜, quelli che si insediano in Europa occidentale e il ritorno, specialmente per quanto riguarda chi si  insediato in Italia,  tuttĠaltro che scontato, almeno per quanto riguarda una prospettiva a breve termine.

 

La collettivitˆ romena: prima in Italia per numero di immigrati

I romeni, che in Italia erano appena 8.000 nel 1990, sono andati continuamente aumentando, fino a diventare un milione circa allĠinizio del 2008: cento volte di pi nel volgere di 17 anni. Essi si collocano al di sopra delle giˆ consistenti collettivitˆ di albanesi e marocchini e i loro flussi hanno per cos“ dire anticipato la formale adesione allĠUE: 150.000 su 700.000 domande presentate in occasione della regolarizzazione del 2002, 130.000 su 500.000 in occasione del Decreto Flussi del 2006. LĠunificazione del territorio comunitario e lo sganciamento dal sistema delle quote ha reso pi agevoli i loro trasferimenti, senza che per˜ questo regime giuridico pi favorevole li abbia liberati dallo sfruttamento (lavoro nero, caporalato, discriminazione).

AllĠinizio del 2007, su un totale di 3.690.000 stranieri regolari i romeni sono risultati 556.000 secondo la stima del Dossier Caritas/Migrantes, per il 53,4% costituiti da donne. Aggiornata allĠinizio del 2008, la stima, basata sullĠutilizzo incrociato di tutti gli archivi disponibili, ipotizza la presenza di 1.016.000 romeni (stima di massima), inegualmente ripartiti tra motivi di lavoro, di famiglia e altre ragioni.

 

ITALIA. Stima di massima dei romeni soggiornanti al 31.12.2007

á      Motivi di lavoro 749.000 (73,7%):occupati dipendenti 557.000, parasubordinati 13.000, autonomi 16.000, disoccupati 56.000, area informale 107.000

á      Motivi di famiglia 239.000 (23,5%): minori 116.000, altri familiari 123.000

á      Altri motivi 28.000 (2,8%).

á      Totale presenze: 1.016.000

FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes

 

Trattandosi di una stima di massima, non  esclusa per motivi di prudenza una diminuzione del risultato finale tra il 10% e il 15%. Bisogna, infatti, tenere conto che nel corso del 2007 parte degli occupati pu˜ essere rimpatriata, che i disoccupati in parte possono sovrapporsi a quelli dellĠarea informale, che un certo numero di familiari  soggetto a essere conteggiato come occupato o anche in altre situazioni lavorative. Anche se si trattasse di 850 mila persone, i romeni rimarrebbero di gran lunga la prima collettivitˆ, per giunta con una crescente tendenza alla stabilizzazione attestata dallĠinsediamento familiare.

Con circa 200.000 unitˆ di romeni presenti troviamo il Lazio (la provincia di Roma supera da sola le 100.000 presenze), con 160.000 la Lombardia, con 130.000 il Piemonte, con 120.000 il Veneto, con 80.000 lĠEmilia Romagna e la Toscana e, nel Meridione, con 20.000 Abruzzo, Campania, Puglia e Sicilia. Al Sud lĠaumento dei romeni (sia maschi che femmine)  stato in percentuale pi consistente, anche perchŽ partiva da numeri pi bassi rispetto ai contesti del Centro-Nord.

Una presenza cos“ consistente e diffusa, come giˆ avvenne per il Marocco e lĠAlbania, ha generato una sorta di Òsindrome da invasioneÓ, una eventualitˆ improbabile trattandosi di un paese caratterizzato dallĠinvecchiamento della popolazione, dal buon andamento economico e dal forte bisogno di trattenere forza lavoro aggiuntiva. Si , invece, trascurato di riflettere sufficientemente sullĠapporto che i romeni assicurano al ÒSistema ItaliaÓ.

 

LĠapporto dei romeni al sistema produttivo italiano

In Italia gli immigrati, allĠincirca 1 ogni 10 occupati, sono diventati una componente strutturale e sempre pi rilevante del mercato occupazionale, in cui il tasso di disoccupazione  da anni in costante diminuzione: ormai sono gli immigrati a coprire i due terzi del fabbisogno di nuova forza lavoro e i romeni stanno in prima fila.

In effetti, ogni 6 nuovi assunti stranieri 1  romeno: secondo stime, i romeni garantiscono lĠ1,2% del PIL italiano (Avvenire, 25.5.2008). Nonostante lĠalto livello di preparazione, essi trovano sbocco nei posti meno garantiti e, perci˜, sottoscrivono in media 1,5 contratti lĠanno. LĠinserimento avviene per un terzo nellĠindustria (notoriamente in edilizia), per la metˆ nel terziario (assistenza familiare, alberghi e ristoranti, informatica e servizi alle imprese) e per il 6,6% in agricoltura.

LĠaumento degli occupati registrati dallĠInail tra il 2006 e il 2007  stato eccezionale, passando da 263.200 a 557.000, anche se solo in parte si  trattato di nuovi venuti e in larga misura di persone giˆ presenti in Italia ed emerse grazie alla normativa pi favorevole derivante dallĠadesione allĠUnione Europea. Sono aumentati specialmente gli uomini (dal 51,7% al 54,1%), avendo molti di loro (70.000) fruito delle misure di emersione nel settore edile (la legge 4 agosto 2006, n. 248, il cosiddetto Òpacchetto Bersani in ediliziaÓ); purtroppo, contemporaneamente  diminuito il numero di ore lavorate e sono aumentati i rapporti part-time, spia della maggiore diffusione del lavoro ÒgrigioÓ.

La retribuzione loro corrisposta  leggermente inferiore a quella media percepita dalla totalitˆ degli immigrati (10.042 euro nel 2004, secondo lĠINPS): le donne percepiscono il 40% in meno rispetto agli uomini.

Un buon numero di donne romene (pi di 1 ogni 4) lavora nel settore dellĠassistenza alle famiglie ed  tuttĠaltro che scontato che i loro rapporti di lavoro siano del tutto emersi dopo lĠampliamento dellĠUE. é vero, tuttavia, che le donne romene, in misura ben pi consistente rispetto a quelle filippine o di alcune collettivitˆ latino-americane, sono inserite anche in diversi altri settori (come quello infermieristico, ad esempio).

         Quanto al loro rapporto con il sistema previdenziale, bisogna riconoscere che i romeni sono al momento marginali fruitori non solo delle prestazioni pensionistiche ma anche delle prestazioni temporanee erogate dallĠInps. Invece, per quanto riguarda le prestazioni assistenziali, un certo numero di accertamenti ha motivato il sospetto che parte dei lavoratori neocomunitari (essi stessi o i loro familiari), complice la vicinanza dei paesi di origine, possono incorrere in un indebito Òturismo socialeÓ e fruire delle prestazioni assistenziali (assegno sociale) sulla base di una residenza formalmente dichiarata ma non effettiva.

 

Un inserimento negato? La doppia faccia della questione

LĠUfficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), che collabora con lĠomologo romeno (CNCD) e con le associazioni dei romeni, sulla base delle segnalazioni ricevute, ha tracciato un quadro delle pi ricorrenti situazioni di discriminazione e di disparitˆ che caratterizzano i romeni, i quali appaiono in realtˆ pi vittime che ÒuntoriÓ:

-            Diffusione di unĠinformazione tendenziosa sui fatti nei quali sono coinvolti i romeni;

-            Mancanza di informazione, di assistenza legale e di formazione a beneficio dei romeni che arrivano in Italia;

-            Sfruttamento sul luogo di lavoro, specialmente nel settore edile, primato dei romeni negli infortuni mortali e molestie sessuali subite dalle donne durante lĠaccudimento;

-            Perseguimento della sicurezza pubblica con atteggiamenti spesso intimidatori, come emerso durante i controlli effettuati sul territorio;

-            Riscontro di difficoltˆ burocratiche e di atteggiamenti ostili tra gli operatori pubblici con conseguente ostacolo ai romeni nella fruizione dei servizi sociali;

-            Persistenza di specifiche difficoltˆ al momento di procedere alle iscrizioni anagrafiche;

-            Segnalazione di impedimenti che hanno ostacolato lĠesercizio del diritto di voto nelle elezioni amministrative italiane del 2007 (qualche comune ha addirittura preteso una traduzione legalizzata della parola ÒBucarestiÓ, nome romeno della capitale).

Contrariamente a quanto spesso si pensa, la vita quotidiana dei romeni non  ÒfacileÓ e numerosi sono gli aspetti problematici. Secondo gli studi del CNEL sullĠintegrazione, e gli approfondimenti in corso tramite lĠutilizzo di indici differenziali per misurare il trattamento riservato agli immigrati, questi ultimi, nei contesti regionali pi sensibili, arrivano al massimo al 60% degli standard di inserimento socio-lavorativo rilevati tra gli italiani, per cui si  ben lontani dallĠassicurare pari opportunitˆ. Merita anche ricordare che, al momento dellĠentrata in vigore della legge 40/1998, le spese per lĠintegrazione erano pari a quelle per la repressione, mentre giˆ nel 2004 il rapporto era diventato di 1 a 4 e ultimamente lĠapposita Fondo per lĠinclusione sociale  andato ulteriormente depotenziandosi. Questo trattamento differenziato, unito ad atteggiamenti di ostilitˆ (si pensi alle difficoltˆ che si incontrano per ottenere una casa in affitto con regolare contratto), pu˜ portare i romeni a chiudersi nellĠambito delle reti familiari o dei connazionali.

Per giunta, molto spesso si tratta di famiglie smembrate, e quindi in maggiore situazione di disagio. Secondo unĠindagine della Fondazione Soros sarebbero ben 170.000 i bambini romeni che hanno almeno un genitore allĠestero: si tratta, in un caso su due, del padre, in un caso su tre della madre e in un caso su cinque di entrambi i genitori. I figli, per poter rivedere i propri genitori, devono aspettare fino a quattro anni con gli inconvenienti affettivi facilmente immaginabili: migliaia di madri sottratte alle loro famiglie, figli affidati ai nonni, altri ragazzi messi in orfanotrofi. Sono costi umani non trascurabili che gli immigrati romeni pagano per il nostro benessere.

 

I romeni, una collettivitˆ di lavoratori con frange di devianti

Si pu˜ concordare con Rando Devole, un sociologo immigrato, quando afferma che ÒLa questione sicurezza ha acquisito i colori della bandiera romenaÓ. Egli si sofferma ironicamente sul titolo di un giornale (ÒUn ubriaco al volante travolge e ammazza una romenaÓ), chiedendosi se non fosse pi giusto riportare la nazionalitˆ (italiana) dellĠubriaco e qualche altra considerazione al riguardo. Devole, nel suo capitolo, illustra che la paura – in una societˆ caratterizzata dalla precarietˆ – pu˜ diventare ideologia e portare il paese a diventare ostaggio di questo sentimento, finendo per parlare di ladri e assassini anzichŽ di muratori e badanti. In effetti,  aumentata la percentuale di quanti ritengono che lĠimmigrazione sia un problema per lĠordine pubblico e si  diffusa la Òsindrome dellĠassedioÓ, cos“ come una volta avveniva per altre collettivitˆ.

         SenzĠaltro non devono essere sottovalutate le dimensioni della criminalitˆ degli stranieri, riassumibili in questi dati: un quinto delle denunce penali (130.311 su 550.773 con autore noto nel 2005 secondo lĠIstat, mentre le denunce totali sono circa 4,5 milioni lĠanno), un quarto delle condanne, un terzo della popolazione carceraria. Tra i giovani, la categoria a pi alto potenziale criminogeno, gli stranieri tra i 15 e i 24 anni sono passati dal 3% al 6%. Come si legge nel Rapporto sulla criminalitˆ in Italia del Ministero dellĠInterno (2007), il 71% degli immigrati che commettono reati sono irregolari: quelli regolari sono stati nel 2006 allĠincirca il 6% dei denunciati cos“ come sono il 6% della popolazione residente. Bisogna, quindi, superare lĠequazione Òimmigrato uguale a delinquenteÓ perchŽ viene denunciato solo uno ogni cinquanta regolari.

         Seppure cos“ ridimensionato, il problema  serio e pu˜ essere molto elevata lĠincidenza degli stranieri in diversi tipi di reato: circa un terzo nei reati violenti (omicidi, lesioni dolose, reati predatori) e furti con destrezza, il 51% nelle rapine e nei furti in abitazione, il 70% nei borseggi. In particolare i romeni, che sono stati il 12% dei soggiornanti nel 2006, hanno inciso con una percentuale pi alta in diversi reati (omicidi volontari consumati, violenze sessuali, furti di autovetture, furti con strappo, furti in abitazione, furti con destrezza, rapine in esercizi commerciali e rapine in pubblica via, estorsioni). Va per˜ aggiunto che non di rado le vittime sono parimenti romene.

         Comunque, riprendendo uno dei pochi titoli equilibrati su questa collettivitˆ, si pu˜ sottolineare che sono frange di persone che si comportano male rispetto alla stragrande maggioranza: ÒNoi, romeni dĠItalia. Siamo un milione. Pochissimi i CriminaliÓ (Cesare Guezzi, in Avvenire, 25 maggio 2008, p. 8, in un reportage sul primo forum degli emigrati romeni svoltosi a Milano)

         Anche tra i romeni vi sono, purtroppo, le organizzazioni malavitose che si occupano di immigrazione clandestina, tratta degli esseri umani, lavoro nero, traffico di sostanze stupefacenti, contraffazione, clonazione di carte di pagamenti, accattonaggio e sfruttamento di minori e di storpi. Per alimentare il circuito della prostituzione, le ragazze vengono reclutate con violenza nelle zone pi povere della Romania: si tratterebbe, tra le romene e quelle di altre nazionalitˆ, di 18.000/35.000 persone lĠanno che circolano in Italia. Purtroppo, sono ricorrenti gli atti di violenza sessuale anche allĠinterno delle mura domestiche, a danno delle romene o di altre colf a servizio delle famiglie italiane.

         Un aspetto ancor pi preoccupante consiste nel fatto che un terzo dei minori stranieri denunciati  romeno (4.000 nel 2004), per lo pi di sesso femminile e in prevalenza rom e accusate di furto contro il patrimonio; quasi un migliaio di questi minori sono passati nei centri di prima accoglienza. Inoltre i romeni sono i primi anche tra i minori non accompagnati (pi di 2.000), abbandonati o venduti dai genitori o desiderosi di sfuggire a un regime familiare oppressivo o allontanatisi per altri motivi.

I rom, nomadi o zingari, oltre a vivere in situazione di povertˆ ed emarginazione, sono svantaggiati per lĠalloggio, i servizi sociali, lĠoccupazione, lĠistruzione e oggetto di notevoli pregiudizi che li inquadrano come approfittatori, malviventi o vagabondi: essi, non di rado invisi anche in patria, costituiscono una questione specifica allĠinterno della questione dei romeni. In Romania i rom sono ufficialmente 535.140, il 2,5% della popolazione locale, ma in realtˆ sarebbero fino a 4 volte di pi: studiati in profonditˆ da Etnobarometro, essi si tripartiscono in 23 gruppi e quindi in ulteriori sottogruppi, con caratteristiche differenziate: alcuni sono nomadi e altri sedentari, alcuni istruiti e integrati (le Žlite) e altri no, per cui dovrebbe essere maggiormente articolato lĠapproccio nei loro confronti.

Gli aspetti problematici, riscontrati in tutti i flussi migratori di massa, possono essere ridimensionanti tramite lĠinsistenza sulla legalitˆ (anche a livello lavorativo), il coinvolgimento delle associazioni dei romeni (un immigrato che delinque offusca innanzitutto lĠimmagine della collettivitˆ), la collaborazione bilaterale e una maggiore insistenza sui percorsi di integrazione: cĠ bisogno di una strategia concreta e ispirata alla reciproca fiducia.

 

I risultati delle indagini pubblicate nel volume della Caritas

Le diverse indagini, condotte dalla Caritas con la collaborazione delle associazioni dei romeni, delle strutture pastorali, di qualche universitˆ, del Consiglio Italiano per le Scienze Sociali, insieme a quelle svolte direttamente dal Governo romeno, ci restituiscono unĠimmagine inedita dei romeni, non sufficientemente esplorata, non priva di aspetti problematici ma anche ricca di virtualitˆ.

Molti si presentano a noi come persone qualificate e tutti sono vicini a noi, non solo per la lingua e la religione, ma anche per il complesso dei loro atteggiamenti, per le loro qualitˆ lavorative e la preparazione in precedenza ricevuta.

Secondo lĠindagine ÒMetro Media TransÓ (2007-2008, commissionata dal Governo romeno), tra i romeni in Italia il 9% ha una casa di proprietˆ e lĠ8% vive presso il proprio datore di lavoro. Il 72% ha conseguito un titolo di studio superiore, il 90% ha un reddito medio mensile di 1.030 euro. Per il 71% la televisione  il principale mezzo di svago. I giornali preferiti sono quelli gratuiti. Il 60% ritiene che, in occasione dellĠomicidio di Giovanna Reggiani a Roma, la stampa e i politici italiani abbiano mostrato un atteggiamento tendenzioso. Prevale in loro (52%) la considerazione positiva degli italiani, mentre – come attesta una indagine parallela – il 65% degli italiani non desidererebbe in famiglia una persona romena.

Le altre indagini concordano nel rilevare che la maggioranza si vuole fermare in Italia, anzichŽ rimpatriare. Forse, a seguito delle esperienze che i romeni stanno facendo in Italia e in Spagna, la loro migrazione sta per trasformarsi (non totalmente ma in buona misura) da circolare e temporanea in stabile, a medio o lungo termine, se non addirittura in una prospettiva definitiva (basti pensare che a Roma, nel 2007, sono stati 10.000 gli acquisti di immobili da parte di romeni). Il miraggio di inserimenti pi qualificati, che potrebbero dare altri paesi come la Gran Bretagna o la Germania, viene accarezzato ma non coltivato pi di tanto. La famiglia  il luogo principale della vita quotidiana e dei rapporti sociali, mentre non tutti fanno parte di associazioni, delle quali per˜ si iniziano a riconoscere i vantaggi.

         Essi mostrano grande interesse verso il mondo del lavoro, che ritengono fondamentale per lĠintegrazione. Tenuto conto dei settori prevalenti in cui si inseriscono e delle difficoltˆ che impediscono il riconoscimento del titolo di studio, raramente riescono a migliorare la propria condizione professionale, e tuttavia sono abbastanza soddisfatti perchŽ, rispetto a chi  rimasto in patria, riescono a realizzare meglio il proprio progetto economico di miglioramento e ad aiutare i propri familiari; per molti, anzi, si  andati oltre le aspettative.

Sono straordinari, loro stessi e ancor di pi i loro figli, nellĠapprendimento dellĠitaliano, che a casa alternano con il romeno e, in caso di una sola lingua, preferiscono lĠitaliano: non manca di stupire il loro desiderio di perfezionarlo, qualora venissero offerte maggiori opportunitˆ; anche i loro figli si trovano a loro agio con la nostra lingua e seguono con profitto la scuola.

Qualcosa di simile avviene per i giornali: o si leggono tanto quelli italiani che quelli romeni, oppure solo quelli italiani, con particolare attenzione allĠattualitˆ. Eppure i romeni intervistati hanno un concetto tuttĠaltro che basso del loro sistema di istruzione e della loro cultura.

DellĠItalia, pi che la cucina o il sistema scolastico, apprezzano il sistema sanitario, perchŽ in patria non  prevista la copertura universale come da noi.

Secondo i testimoni privilegiati i voti che gli italiani danno dei romeni sono pi soddisfacenti (e anche pi vicini agli aspetti che abbiamo preso in considerazione: affidabili, seri, bravi, lavoratori) di quelli che i romeni danno agli italiani (sfruttatori, razzisti, furbi, imbroglioni, aggettivi per lo pi maturati nelle situazioni di irregolaritˆ e di lavoro nero e, anche ora, di vigilanza pubblica insoddisfacente). Questi immigrati in misura ricorrente si sono sentiti discriminati, senza che lĠentrata nellĠUnione Europea abbia potuto migliorare sensibilmente la situazione. Eppure la stragrande maggioranza ha amici italiani, pi di quanto avvenga con i connazionali, e tende allĠinsediamento stabile tramite i ricongiungimenti familiari. LĠesperienza italiana? Un voto di sufficienza, anche se si desidera una migliore integrazione. Perci˜  tempo che anche gli italiani si sforzino di capire che senza i romeni lĠItalia starebbe peggio e che la realtˆ  migliore rispetto a quello che si legge nella cronaca nera.

 

La dimensione religiosa tra gli immigrati romeni

Con lĠimmigrazione dallĠEst Europa si  radicata da noi una presenza di tipo nuovo, costituita oltre che da cattolici portatori di una sensibilitˆ religiosa da noi spesso dimenticata, da ortodossi testimoni di unĠereditˆ cristiana che ha resistito a decenni di ateismo di Stato.      Nel 2006 gli ortodossi (918.000) hanno superato di pi di 100.000 unitˆ i cattolici e distano meno di 300.000 unitˆ dai musulmani: tra gli studenti si riscontra in misura crescente la loro presenza e questa confessione religiosa  prima in assoluto nelle scuole di alcune regioni (Lazio, Abruzzo e Campania). Pi di quattro romeni su cinque sono ortodossi, mentre il 5%  cattolico. Nel contesto occidentale la presenza ortodossa aiuta a riscoprire la virt del silenzio e della la bellezza del canto liturgico, la fraternitˆ dellĠincontro dopo il servizio religioso.

La dimensione religiosa non  lontana dalla vita degli immigrati romeni, perchŽ per essi non sussiste una netta separazione tra sacro e profano: essi, per esempio, seguono la simpatica tradizione di festeggiare il compleanno in chiesa. Non tutto  facile nel nuovo ambiente, perchŽ la grande ricchezza spirituale dellĠortodossia non sempre riesce a trovare lo sbocco dovuto nellĠesperienza migratoria e nella vita quotidiana dei suoi protagonisti.

La chiesa, da parte sua, funge da centro di incontro e di solidarietˆ tra le culture pi di ogni altra struttura associativa e si propone come un supporto dellĠidentitˆ dei romeni nel contesto dellĠintegrazione europea e della globalizzazione economica. La chiesa ortodossa gode di una grande fiducia, che non riscuotono altre strutture pubbliche e neppure quelle europee. Le indagini evidenziano che le strutture religiose sono, insieme a quelle lavorative, quelle con cui i romeni hanno pi contatti, un posto privilegiato di socializzazione. I sacerdoti operano da mediatori preziosi tra la societˆ di accoglienza e i bisogni dei loro fedeli, soprattutto giovani che non sempre riescono a vivere bene questa fase di transizione e rischiano di assorbire dallĠOccidente modelli discutibili (i miti del guadagno, del successo, dellĠapparire) in un clima di perplessitˆ e di tensioni.

La sfida per la chiesa ortodossa, in collaborazione con quella cattolica, consiste nellĠagevolare una integrazione che non sia di facciata e nel favorire contemporaneamente, nei suoi fedeli, il recupero dei valori tradizionali.

 

Nel futuro, Romania e Italia paesi di immigrazione

Nel futuro lĠItalia senzĠaltro continuerˆ ad essere un grande paese di immigrazione, ma tutto lascia intendere che anche la Romania subirˆ una profonda trasformazione in tal senso.

Giˆ nel passato la Romania  stata un paese di immigrazione. Tra la fine dellĠÔ800 e la seconda guerra mondiale vi si trasferirono 130.000 italiani, in varie ondate per lo pi a carattere temporaneo: molti di questi lavoratori venivano chiamati le ÒrondiniÓ (in friulano ÒgolandrinasÓ) perchŽ, per evitare le pause morte, facevano la spola seguendo lĠavvicendarsi delle stagioni e cos“ potevano curare anche le proprie terre e mantenere i legami con la famiglia. Oltre che di friulani (la prevalenza), si trattava anche di veneti e di trentini. Erano lavoratori della pietra o del legno (segherie), tagliaboschi, piccoli impresari edili (Baumeister), agricoltori, muratori, scalpellini, tagliapietre e minatori.

Nel complesso, gli italiani diedero un grande contributo allĠindustrializzazione della Ògrande RomaniaÓ ed erano cos“ apprezzati da ottenere salari pi vantaggiosi e riuscire a mettere da parte risparmi consistenti. I nostri impresari riuscirono ad aggiudicarsi numerose commesse in vari settori e specialmente nella costruzione della Transiberiana: nel 1845 erano italiani 23 dei 116 ingegneri occupati presso la Compagnia ferroviaria romena, mentre furono 2.000 gli operai italiani impiegati per la costruzione del ponte ferroviario di Cernavoda. Alla fine del secondo conflitto mondiale vi rimasero in Romania soltanto 8.000 italiani; poi con il regime comunista, il cambio della moneta e la nazionalizzazione, le loro fatiche vennero vanificate e per legge dovettero diventare cittadini romeni, privati dellĠassistenza religiosa (solo nel 1967  stata riaperta la chiesa italiana di Bucarest). La nuova Costituzione ha riconosciuto agli attuali emigrati italiani (3.288 secondo il Censimento romeno e circa il doppio secondo gli studiosi) lo status di minoranza etnica e il diritto di eleggere un proprio parlamentare. Ad essi si sono aggiunti i nuovi imprenditori.

In questa fase, la Romania sta conoscendo unĠevoluzione per molti aspetti simile a quella italiana dei decenni scorsi e, pur continuando a essere paese di consistente emigrazione e dopo essere giˆ divenuta area di passaggio, si sta trasformando in area di immigrazione e quindi anche di insediamento stabile. Attualmente sono circa 130.000 le persone nate allĠestero che vivono in Romania, concentrate nelle cittˆ e, in particolare, a Bucarest; altre 300.000 ne sono previste entro il 2013. La penuria di manodopera sta portando a reclutare non solo i lavoratori dei paesi vicini (ucraini, moldavi, serbi), ma anche quelli di lontani paesi asiatici (bengalesi, pakistani, indiani) come anche immigrati della Cina, con la quale cĠ una linea area diretta.

LĠItalia e la Romania sono, giˆ attualmente e ancor di pi in prospettiva, due paesi meno distanti di quanto si creda, tanto pi che una significativa presenza lavorativa romena  insediata in Italia e una significativa presenza imprenditoriale italiana opera in Romania. La reciproca integrazione sta nella logica dei fatti, solo che bisogna rendersi conto che essa non si raggiunge per decreto legge. La collettivitˆ romena in Italia ha avuto anche i suoi aspetti problematici, ma  tempo di considerarla nella sua sostanza pi valida, che  di sostegno al nostro sviluppo e di legame tra i due paesi.

 

ITALIA. Stima della presenza dei cittadini romeni (2006-2007)

 

Stima 2006

Stima 2007

% aumento 2006/2007

 

Stima 2006

Stima 2007

% aumento 2006/2007

 

Totale

Minori

Totale

Minori

Pre-esenze

Lavoro

 

Totale

Minori

Totale

Minori

Pre-senze

Lavoro

Val d'Aosta

1.256

13,3

2.415

8,8

92,3

125,8

Lazio

115.549

17,8

197.957

13,2

71,3

108,4

Piemonte

82.898

19,2

127.559

15,9

53,9

82,4

Centro

186.063

17,3

329.416

12,4

77,0

116,7

Lombardia

92.343

16,1

162.701

11,6

76,2

111,3

Abruzzo

9.944

15,7

23.158

8,6

132,9

200,6

Liguria

6.737

14,8

14.347

8,9

113,0

163,8

Campania

5.858

15,3

21.725

5,3

270,8

415,1

Nord ovest

183.234

17,4

307.022

13,3

67,6

101,4

Molise

1.270

14,9

3.300

7,3

159,9

236,5

Trent.AA

15.641

7,8

23.897

6,5

52,8

59,9

Basilicata

1.338

14,2

5.525

4,4

312,8

463,9

Veneto

77.448

16,2

124.464

12,8

60,7

86,1

Puglia

4.170

13,8

25.084

2,9

501,6

739,1

Friuli VG

14.140

15,6

21.658

13,0

53,2

71,9

Calabria

3.616

17,7

16.478

4,9

355,7

602,2

Emilia R.

46.358

12,2

85.536

8,5

84,5

111,2

Sud

26.196

15,5

95.270

5,4

263,7

406,8

Nord est

153.588

14,1

255.555

10,8

66,4

89,7

Sicilia

5.075

19,6

20.972

6,0

313,3

572,5

Toscana

44.651

16,3

83.466

11,1

86,9

130,3

Sardegna

1.845

13,5

7.705

4,1

317,7

460,2

Marche

14.187

15,6

26.329

10,7

85,6

123,7

Isole

6.920

18,0

28.677

5,5

314,4

536,9

Umbria

11.676

18,3

21.665

12,5

85,6

134,5

Totale

556.000

16,4

1.016.000

11,4

82,7

122,8

FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Stima su dati di fonti diverse

 

 

 

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Caritas Italiana, tel. 06.66177212 – fferrante@caritasitaliana.it

Idos: tel. 06.66514345 - 335.1817181 – idos@dossierimmigrazione.it