(Roma, 10 luglio) - Era stata arrestata nel 2000 per reati commessi alla prostituzione ma poi,
grazie all’aiuto del marito e di tre figli, era riuscita a rifarsi una vita. Ma ora, sta per essere
espulsa verso il suo Paese di origine e rischia di perdere tutto. Protagonista di questa vicenda -
segnalata da Angiolo Marroni, Garante dei Diritti dei Detenuti del Lazio e presidente della
Conferenza Nazionale dei Garanti dei Diritti dei Detenuti- una cittadina nigeriana di 35
anni, Becky O.
La donna è residente a Selvazzano Dentro (Padova), in un appartamento concesso dal comune, con
il marito e tre figli. La famiglia è seguita da anni dai Servizi Sociali del Comune per gli aspetti
legati in particolare alla salute di uno dei figli.
Lo scorso 11 giugno, Becky è stata fermata dalla Polizia a Padova e, subito dopo,
trasferita al CIE, ex CPT di Ponte Galeria (Roma) con il decreto di espulsione perché priva
dei documenti di soggiorno e con l’aggravante della presunta pericolosità sociale per i reati
commessi nel 2000; requisiti, questi, che comportano l’allontanamento dello straniero dall’I
talia.
Il 16 giugno - ha raccontato al Garante l’avvocato della donna - il Giudice di Pace ha
convalidato il trattenimento di Becky, “
limitandosi a valutare la regolarità formale del provvedimento nonostante la Corte
Costituzionale abbia affermato che, a tutela dei diritti dello straniero, il giudice deve valutare
la legittimità dell’atto per garantire l’esercizio dei diritti di difesa. L’omissione del giudice è
stata particolarmente grave in virtù del fatto che la donna ha tre figli minori regolarmente
soggiornanti con il padre”.
A Bedcky, invece, è stato già chiesto di prepararsi a partire e in tal senso, le autorità
italiane avrebbero già incontrato l’ambasciata nigeriana in Italia per organizzare il
tutto.
«
Questi sono gli effetti di una normativa miope -
ha attaccato il Garante dei detenuti Angiolo Marroni -
Il rimpatrio forzato di questa donna priva di pericolosità sociale, che aveva lottato per
riscattare la sua vita, servirà solo a spaccare una famiglia, con danni incalcolabili per i
bambini, e ad ingrossare le statistiche sugli stranieri irregolari cacciati dal nostro paese. Io
credo che per Becky qualcosa si possa ancora fare. Questa donna ha dalla sua parte non solo la sua
famiglia ma anche i Servizi sociali del comune dove vive, pronti a testimoniare sulla bontà del
percorso fino ad oggi compiuto. Un percorso che, spero, non vada perduto per l’applicazione fin
troppo severa di una norma di legge».