Legislatura 16º - 1ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 19 del 09/07/2008


 

AFFARI COSTITUZIONALI    (1ª) 

 

MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2008

19ª Seduta 

 

Presidenza del Presidente

VIZZINI 

 

            Intervengono il ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione Brunetta e il sottosegretario di Stato per l'interno Mantovano.      

 

 

La seduta inizia alle ore 15,10.

 

 

IN SEDE REFERENTE 

 

(847) Delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico

(Esame e rinvio)

 

      Il presidente VIZZINI (PdL), relatore, espone il disegno di legge in titolo, rilevando anzitutto che per gran parte del ‘900 la disciplina dell’impiego pubblico è stata di carattere esclusivamente pubblicistico, ossia posta attraverso atti d’imperio (leggi, provvedimenti amministrativi), senza alcun rilievo attribuito alla fonte. Tale impostazione è stata messa in discussione, in sede politica e scientifica, allorché all’inizio degli anni ‘80 è stata rilevata una crisi di efficienza del lavoro pubblico, imputata anche alla diversa regolazione rispetto al settore del lavoro privato. Sulla scorta di tali rilievi, un primo avvicinamento a un assetto di tipo privatistico si è avuto con la legge n. 93 del 1983 (legge quadro sul pubblico impiego). La legge n. 93 individuò due distinte aree di competenza: una - relativa agli aspetti definibili in senso ampio come di organizzazione amministrativa - demandata alla fonte legislativa; l’altra - relativa agli aspetti retributivi e, più in generale, riguardanti il rapporto di lavoro – affidata alla fonte contrattuale. Si trattava però di un sistema non compiutamente privatistico, anche con riguardo alla disciplina del rapporto di lavoro, in quanto gli accordi previsti dalla legge erano resi operativi con decreti del Presidente della Repubblica, all’esito di una articolata procedura. La natura ibrida della disciplina fu all’origine di alcune disfunzioni - rilevate dalla dottrina e successivamente affrontate dal legislatore con interventi di riforma - quali: la difficile compatibilità, anche concettuale, fra fonte negoziale e successivo provvedimento pubblicistico di recepimento; il carattere farraginoso della relativa procedura; l’incerto riparto di competenze fra fonti di diversa natura; la rilevata incapacità di tale sistema "misto" di risolvere i problemi di efficienza del lavoro pubblico. Si pervenne così a una nuova riforma del lavoro pubblico, questa volta più marcatamente improntata a una vera e propria privatizzazione, anche formale. Nel 1993 intervenne il decreto legislativo n. 29, adottato sulla base della delega contenuta nella legge n. 421 del 1992, il quale determinò la contrattualizzazione del rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni, con alcune eccezioni (settori rimasti in regime di diritto pubblico). Gli aspetti relativi al trattamento economico vennero infatti riservati alla contrattazione collettiva, non più soggetta a un atto pubblicistico di recepimento. Venne inoltre sancito un nuovo assetto per la dirigenza pubblica (non ancora integralmente privatizzata, in questa prima fase), per la quale si accentuò il profilo di autonomia dalla direzione politica, in correlazione a un sistema di valutazione e di responsabilità. Si diede particolare rilievo ai principi di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa. Si potenziò l’istituto della mobilità e si ridefinì, a scopo di razionalizzazione, la disciplina dell’accesso all’impiego pubblico. L’impatto di una riforma di questa portata fu tale da rendere necessari interventi di ulteriore sistemazione della materia. Dapprima si intervenne in forza della delega originaria, che consentiva l’emanazione di decreti legislativi ‘correttivi’. In un secondo momento si pervenne al conferimento di una nuova delega, contenuta nella legge n. 59 del 1997 (la cosiddetta "Bassanini"), in virtù della quale furono adottati alcuni decreti legislativi che completarono la riforma del lavoro pubblico (cd. seconda fase della privatizzazione). La ratio di tale seconda delega appare evidenziata in particolare da uno dei principi direttivi, che era così formulato: "completare l'integrazione della disciplina del lavoro pubblico con quella del lavoro privato e la conseguente estensione al lavoro pubblico delle disposizioni del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro privato nell'impresa; estendere il regime di diritto privato del rapporto di lavoro anche ai dirigenti generali ed equiparati delle amministrazioni pubbliche, mantenendo ferme le altre esclusioni". Così, con la ‘seconda privatizzazione’ – attuata principalmente con il decreto legislativo n. 80 del 1998 - si fece un passo ulteriore verso la contrattualizzazione del lavoro pubblico, attraendo nell’orbita del diritto civile anche le figure dirigenziali di vertice. L’attuale ‘testo unico’ sul pubblico impiego, contenuto nel decreto legislativo n. 165 del 2001, è stato adottato sulla base di una delega volta al riordino delle norme - diverse da quelle del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa - che regolano i rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici (delega contenuta nella legge di semplificazione 1999). Esso ha sostituto il decreto legislativo n. 29 del 1993 e, nel testo risultante dalle successive modificazioni, rappresenta allo stato la principale fonte di regolazione del lavoro pubblico.

Il relatore, quindi, illustra il contenuto del disegno di legge n. 847, che è stato presentato in Senato il 26 giugno 2008 e assegnato alla Commissione il 7 luglio. Esso consta di 6 articoli: l’articolo 1 attribuisce la delega legislativa al Governo e individua gli obiettivi della normativa delegata, tra i quali  - in primo luogo – la convergenza del mercato del lavoro pubblico con quello del lavoro privato; l’articolo 2 reca principi e criteri direttivi relativi a una revisione della disciplina in materia di contrattazione collettiva, finalizzata a migliorare l’organizzazione del lavoro pubblico e a precisare il riparto di competenze tra fonte legislativa e fonte contrattuale. l’articolo 3 delinea i principi e i criteri direttivi relativi alla innovazione della disciplina in tema di valutazioni sulle strutture e sul personale della pubblica amministrazione, al fine di innalzare gli standard qualitativi ed economici dell’attività amministrativa; l’articolo 4 reca principi e criteri direttivi volti all’introduzione di strumenti di valorizzazione del merito e di incentivazione della produttività e della qualità della prestazione lavorativa; l’articolo 5 prevede principi e i criteri direttivi volti a guidare il legislatore delegato nella revisione della normativa sulla dirigenza pubblica, sempre verso obiettivi di premialità, produttività e innalzamento dei livelli qualitativi dell’attività amministrativa; l’articolo 6 reca principi e i criteri direttivi che preludono alla modificazione della disciplina in tema di sanzioni disciplinari e di responsabilità dei dipendenti pubblici, in un proposito di contrasto ai fenomeni di bassa produttività e assenteismo.

Il relatore osserva che il contesto nel quale si inserisce l’intervento legislativo proposto dal Governo sembra assai propizio a una riforma importante e duratura. Anche nella recente competizione elettorale, dal confronto programmatico emerge un comune orientamento, pur nelle differenze di impostazione, a individuare nella pubblica amministrazione moderna ed efficiente una delle  scelte qualificanti per l’azione di Governo. Appena insediatosi il nuovo Esecutivo, il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione ha presentato un "Piano industriale – Linee programmatiche sulla riforma della pubblica amministrazione", documento di indirizzo che, tra l’altro, propugna un intervento legislativo per ottimizzare la produttività del lavoro pubblico rendendone più moderna l'organizzazione. Con le risoluzioni parlamentari sul DPEF, approvate dal Senato e dalla Camera, il disegno di legge in esame viene indicato tra i provvedimenti collegati alla manovra finanziaria, in conformità a una specifica raccomandazione contenuta nel parere di questa Commissione. Ciò consentirà di seguire un iter parlamentare qualificato, secondo regole proprie, in particolare per la trattazione degli emendamenti. Nondimeno, per la sua stessa natura, di delegazione legislativa, ma soprattutto per l’impostazione culturale su cui è fondato, il disegno di legge è evidentemente aperto a contributi di altre iniziative, alcune delle quali già annunciate e la discussione potrà tenere conto anche di sollecitazioni e suggestioni, provenienti in particolare dal mondo del lavoro pubblico, da acquisire anche mediante una serie concentrata ma completa di audizioni. Inoltre, nella fase degli emendamenti ogni proposta potrà essere valutata con la necessaria attenzione, in modo da assicurare condizioni utili per elaborare e definire un testo possibilmente condiviso ma comunque frutto di un dibattito consapevole e approfondito. Tutto ciò potrà essere realizzato con un’attitudine al dialogo, che sulla materia è particolarmente utile, in tempi ridotti ma non compressi e nella piena disponibilità al confronto, che si risolverà in un buon risultato legislativo. Si tratta, infatti, di una riforma davvero importante, considerata la stessa evoluzione di lessico, dal "pubblico impiego" al "lavoro pubblico", già intrapresa a suo tempo ma ancora priva di una realizzazione concreta: quest’ultima esige un processo di riforma più accentuato, come quello prefigurato dal disegno di legge, che intende promuovere l’abbandono di un residuo storico, che identifica nell’impiegato pubblico il titolare di uno status, a volte di privilegi, a volte senza il necessario corrispettivo di servizi reali resi alla collettività e ai cittadini e l'approdo a una condizione di lavoro attiva e responsabile.

L’obiettivo è dunque quello del lavoro pubblico nel suo senso più coerente, lavoro produttivo, orientato ai risultati, alla qualità dell’azione amministrativa, fondato su mezzi che premiano e sanzionano in modo efficace e diretto, che misurino responsabilità ed efficienza, sia dell’Amministrazione, datore di lavoro, sia dei dipendenti pubblici, lavoratori da considerare con rispetto e dai quali ottenere rendimento e condotte analoghe a quelle dei lavoratori del settore privato. Ciò anche per  rafforzare la tutela degli interessi pubblici in un sistema di trasparenza e nella salvaguardia delle prestazioni rese ai cittadini.

 

            Interviene quindi il ministro BRUNETTA, osservando che l’excursus storico del Presidente consente di individuare la fase del processo di riforma in cui si colloca il provvedimento in esame. Esso, infatti, tiene conto dell’esperienza maturata a seguito della contrattualizzazione del rapporto di lavoro, in base al decreto legislativo n. 29 del 1993 e degli accordi del luglio del 1992 che prevedevano una convergenza dei regimi pubblico e privato. Tuttavia, rileva che tale convergenza non è obiettivo semplice; ad esempio, per quanto riguarda la contrattazione di secondo livello, essa non ha dimostrato un’adeguata efficienza nell’ambito del settore pubblico, mentre dovrebbe essere privilegiata nella contrattazione del settore privato.

            Una delle chiavi centrali della riforma è quella la definizione degli ambiti riservati alla legge e al contratto: le organizzazioni sindacali sono orientate ad ampliare il lato contrattuale, ma è opportuno ricondurre alla legge profili sostanziali del rapporto di lavoro, benché sotto il profilo storico ed economico una rilegificazione potrebbe essere interpretata come un regresso. A suo avviso, si tratta comunque di una questione che va affrontata e risolta in termini pragmatici e non ideologici, tenendo conto che con la riforma del Titolo V vengono coinvolte anche competenze degli altri enti territoriali, con conseguente maggiore complessità.

            La necessità di una riforma deriva, fra l’altro, dalla percezione di un fallimento del settore pubblico, dal quale non vengono risposte soddisfacenti per i cittadini e le imprese; un esito paradossale, se si considera l’articolata regolazione che caratterizza il pubblico impiego. In proposito, ricorda che la produzione di beni e servizi rappresenta un fattore fondamentale per la vita economica, sociale, politica e democratica del Paese e in mancanza della possibilità di ulteriori svalutazioni competitive, il difetto di efficienza della macchina pubblica si traduce direttamente in riduzione della competitività complessiva del Paese. È per tale ragione che auspica la collaborazione di tutte le forze politiche nell’affrontare la sfida di un ammodernamento della pubblica amministrazione, anche sulla scorta delle iniziative avviate nelle scorse legislature. Mette quindi a disposizione della Commissione un documento che illustra più analiticamente l’intervento legislativo progettato dal Governo.

 

            Il PRESIDENTE annuncia che il documento è disponibile per la pubblica consultazione.

 

            La Commissione prende atto.

 

            Si apre la discussione generale.

 

            La senatrice INCOSTANTE (PD) esprime apprezzamento per l’illustrazione del Ministro e dichiara la disponibilità della sua parte politica a raccogliere l’invito alla collaborazione per una riforma della pubblica amministrazione. In proposito, rileva che le differenze in termini di efficienza del settore pubblico si registrano non solo rispetto all’Europa ma anche all’interno del territorio nazionale, visto che in alcune Regioni i servizi della pubblica amministrazione risultano obiettivamente più scadenti e dunque scoraggiano anche le attività imprenditoriali.

            Ricorda che nelle precedenti legislature sono stati compiuti passi in avanti attraverso l’approvazione di importanti interventi legislativi di semplificazione e riforma: tuttavia, il pubblico impiego non è stato considerato abbastanza come elemento decisivo dello sviluppo economico del Paese e la pubblica amministrazione è stata spesso utilizzata per logiche di parte e privata della necessaria forza e autonomia.

            Nel merito, anche se giudica inopportuna la trasposizione automatica di modelli burocratici propri di altri Paesi, osserva che anche in ambito europeo sono disponibili esperienze e strumenti che possono essere valutati ed eventualmente utilizzati; tuttavia, a suo avviso, è opportuno concentrarsi piuttosto sulla predisposizione di strumenti di monitoraggio e sull’introduzione di elementi di qualità nell’attività della pubblica amministrazione.

 

            Il PRESIDENTE propone di dedicare la seduta di domani, convocata per le ore 14, al seguito della discussione generale e alla definizione di un programma di audizioni, in base alle segnalazioni dei Gruppi parlamentari.

 

            La Commissione consente.

 

            Il seguito dell’esame è quindi rinviato.

 

 

IN SEDE CONSULTIVA SU ATTI DEL GOVERNO 

 

Schema di decreto legislativo concernente: "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, recante attuazione della direttiva 2005/85/CE relativa alle norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato" (n. 4)

(Parere al Ministro per i rapporti con il Parlamento, ai sensi dell'articolo 1, commi 3, 4 e 5, della legge 6 febbraio 2007, n. 13. Seguito e conclusione dell'esame. Parere favorevole con osservazioni)

 

            Prosegue l’esame, sospeso nella seduta del 18 giugno.

 

      Il relatore LAURO (PdL) illustra una proposta di parere favorevole con osservazioni, pubblicata in allegato al resoconto, che è supportata anche dal contributo fornito dagli esperti e dai rappresentanti delle istituzioni internazionali ascoltati in sede informale, i quali tra l’altro hanno apprezzato il miglioramento della funzionalità e della professionalità delle commissioni territoriali.

            Dopo aver ricordato il sensibile aumento delle richieste di asilo, sottolinea l’esigenza di impedire un uso strumentale dell’istituto per eludere la disciplina sull’immigrazione e rileva la coerenza dello schema di decreto legislativo in titolo con le disposizioni costituzionali e con le norme del diritto comunitario e internazionale.

            Anzitutto, richiama l’osservazione in cui si propone di prevedere quale ulteriore causa di rigetto la manifesta infondatezza della domanda ovvero il suo scopo strumentale per ritardare o impedire l’esecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento.

Per quanto riguarda la non sospensione dell’efficacia del provvedimento che rigetta la domanda di riconoscimento, manifesta perplessità per l’eventuale incompatibilità con il diritto di difesa riconosciuto dalla Costituzione nonché del diritto a un ricorso effettivo sancito dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dalla stessa direttiva 2005/85.

 

Il senatore BIANCO (PD) dà atto che l’organizzazione dei lavori ha consentito un approfondimento adeguato della materia e ringrazia il relatore per il lavoro di sintesi da lui compiuto. Ribadisce l’orientamento della sua parte politica ad impedire possibili aggiramenti della disciplina sull’immigrazione ma nello stesso tempo ad esprimere la massima apertura e solidarietà per chi si trova obiettivamente nella condizione di rifugiato.

 

Il senatore CECCANTI (PD) esprime apprezzamento per le osservazioni proposte dal relatore, in particolare la proposta di modifica dell’articolo 1, lettera f)ma ribadisce l’opportunità di confermare la competenza del Presidente del Consiglio dei ministri, e non del Ministro dell’interno, per la nomina dei componenti le commissioni territoriali, in considerazione dell’ampiezza della valutazione che non deve limitarsi ai profili attinenti la sicurezza. Inoltre, ritiene inopportuno, ancorché non illegittimo, prevedere che il prefetto possa limitare la libera circolazione del richiedente asilo.

 

Il relatore LAURO (PdL) precisa che l’attribuzione al Ministro dell’interno del potere di nomina dei componenti le commissioni territoriali risponde a un criterio di tempestività, mentre la facoltà di stabilire un luogo di residenza è connessa anche all’obbligo del richiedente asilo di comparire personalmente davanti alla commissione territoriale. In proposito, sottolinea la raccomandazione  che il luogo in cui viene fissata la residenza del richiedente asilo sia dotato di assistenza adeguata e di servizi idonei.

 

Il sottosegretario MANTOVANO si esprime positivamente sulla proposta di parere avanzata dal relatore, che peraltro propone di riformulare nel senso di escludere dubbi circa la legittimità della non sospensione dell’efficacia del provvedimento di rigetto. Inoltre, esprime perplessità sull’opportunità che il Governo debba riferire al Parlamento in ordine a competenze che non si prevede di attivare.

Infine, manifesta contrarietà sulla proposta del senatore Ceccanti di mantenere in capo al Presidente del Consiglio dei ministri la competenza per la nomina dei componenti le commissioni territoriali.

 

Il senatore LAURO (PdL) accoglie la proposta del rappresentante del Governo e riformula la proposta di parere favorevole con osservazioni in un nuovo testo, pubblicato in allegato al resoconto, mantenendo l’invito al Governo a riferire entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto in generale sull’applicazione della normativa.

 

Il senatore BIANCO (PD), a nome del suo Gruppo, rileva che le proposte di osservazioni avanzate sono state tutte respinte dal rappresentante del Governo e pertanto preannuncia un voto contrario.

 

Il senatore BODEGA (LNP) preannuncia il voto favorevole del suo Gruppo e si rammarica per la circostanza che il non accoglimento di alcune osservazioni abbia indotto l’opposizione a votare contro il parere proposto dal relatore.

 

Il PRESIDENTE osserva che l’espressione del voto contrario per il mancato recepimento nella proposta non pone in discussione la disponibilità al confronto dialettico e ove possibile anche al consenso sui provvedimenti in esame.

 

Il senatore BIANCO (PD), replicando al senatore Bodega, ricorda che il suo Gruppo non ha mai adottato comportamenti ostruzionistici, come testimonia anche il voto unanime sul disegno di legge istitutivo della Commissione antimafia, e legittimamente si esprime con voto contrario su una proposta di parere nel quale non sono state recepite importanti osservazioni.

 

Accertata la presenza del prescritto numero di senatori, la Commissione approva il parere favorevole con osservazioni proposto dal relatore, nel testo riformulato.

 

 

IN SEDE CONSULTIVA 

 

(866) Conversione in legge, con modificazioni,  del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, recante disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie, approvato dalla Camera dei deputati

(Parere alle Commissioni 5a e 6a riunite su testo ed emendamenti. Esame e rinvio) 

 

      Il relatore MALAN (PdL), dopo aver illustrato il disegno di legge in titolo e le modifiche apportate dalla Camera dei deputati in sede di conversione al decreto-legge n. 93, propone di esprimere un parere non ostativo. Per quanto riguarda gli emendamenti, propone di esprimere un parere di nulla osta ad eccezione dell’emendamento 1.26 (identico agli emendamenti 1.27 e 1.28) che dovrebbe essere riformulato nel senso di prevedere un parere dell’Associazione nazionale Comuni italiani e non un’intesa in conseguenza del carattere non istituzionale di quella associazione.

 

            Il senatore CECCANTI (PD) esprime perplessità sulla compatibilità costituzionale dell’articolo 1, comma 7, che sospende il potere delle Regioni e degli enti locali di deliberare in materia di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato. Infatti, tale disposizione a suo avviso viola i princìpi sanciti dall’articolo 119 della Costituzione.

 

            Il seguito dell’esame è quindi rinviato.

 

 

PER FATTO PERSONALE  

 

      Il senatore BODEGA (LNP) precisa che l’osservazione svolta in sede di esame per il parere sull’atto del Governo n. 4, in merito al voto del Gruppo del Partito Democratico, non intendeva censurare od offendere il senatore Bianco né l’opposizione, ma solo esprimere il rammarico per il fatto che il mancato accoglimento di una osservazione ha pregiudicato un consenso più ampio sulla proposta del relatore. In proposito, ricorda di essersi sempre adoperato, sia come amministratore locale sia come deputato nella scorsa legislatura, per una proficua collaborazione tra opposizione e maggioranza.

 

            Il PRESIDENTE prende atto della precisazione del senatore Bodega il cui spirito sarà senz’altro apprezzato dallo stesso senatore Bianco che in questo momento non è presente in Commissione.

 

 

La seduta termina alle ore 16,30.

 


 

 

PARERE PROPOSTO DAL RELATORE

SULL'ATTO DEL GOVERNO N. 4

 

 

            Premesso che:

- la Commissione, al fine di acquisire elementi d'informazione utili per il parere, ha ascoltato, in sede informale, il Rappresentante in Italia dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati; il Presidente della Commissione nazionale per il diritto d’asilo; i responsabili dell’ANCI, in riferimento al Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati; i rappresentanti di associazioni impegnate, a diverso titolo, nel settore dell’assistenza ai rifugiati;

- la Commissione ha ascoltato anche i professori Onida e Zanon, che hanno illustrato gli aspetti di rilevanza costituzionale delle questioni concernenti il diritto d'asilo e il riconoscimento dello status di rifugiato;

- ciascuna delle persone ascoltate ha fornito alla Commissione un contributo utile circa gli aspetti più critici del provvedimento, e ha contribuito in modo da definire un quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento;

 

Considerato che:

- l’attenzione della Commissione si è indirizzata principalmente sulla legittimità costituzionale e sulla compatibilità internazionale e comunitaria di alcune soluzioni normative contenute nello schema, ricordando che: a) l’articolo 10, comma 3, della Costituzione, riconosce, in capo allo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche, il diritto di asilo nel territorio della Repubblica; b) l’articolo 63 del Trattato istitutivo dell’Unione europea obbliga il Consiglio ad adottare norme sui rifugiati; c) numerose convenzioni internazionali, cui l’Italia ha aderito, regolano e tutelano lo status dei rifugiati;

 

- l’articolo 35, comma 6, dello schema di decreto dispone che l’impugnazione del provvedimento che rigetta la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato non sospende  l’efficacia del provvedimento medesimo;

- ai sensi dell’articolo 35, comma 7, il provvedimento di rigetto della domanda di protezione internazionale può essere sospeso, a certe condizioni, dall’Autorità prefettizia;

- molteplici sembrano essere i profili di illegittimità, dal momento che la soluzione contenuta nello schema sottrae al richiedente asilo un diritto - quello di poter disporre di un mezzo di impugnazione efficace dinanzi a un giudice - non solo sancito dalla normativa comunitaria (articolo 39, paragrafo 1 della direttiva 2005/85), ma riconosciuto dalla stessa Costituzione che, all’articolo 24, attribuisce a tutti - cittadini e non cittadini - il diritto alla difesa e alla tutela giurisdizionale dei propri diritti e interessi legittimi;

- la Convenzione europea dei diritti dell’uomo prevede, all’articolo 13, il diritto di chiunque ad un "ricorso effettivo" dinanzi a una istanza nazionale;

- il riconoscimento del cosiddetto "rimedio effettivo", in capo al richiedente asilo, deve essere bilanciato con l’esigenza di evitare un uso strumentalmente improprio della domanda di asilo, prevedendo pertanto, quale ulteriore causa di rigetto della stessa, la sua manifesta infondatezza;

 

la Commissione, esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo, esprime parere favorevole con le seguenti osservazioni:

- si propone la sostituzione della lettera f) dell'articolo 1 al fine di introdurre, quale ulteriore causa di rigetto della domanda di asilo, la sua manifesta infondatezza nell'ipotesi in cui non sia è emerso alcun collegamento tra la richiesta di protezione internazionale ed i presupposti fissati dal decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, ovvero quando la domanda sia stata presentata a fini strumentali al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento;

- si propone l’introduzione della tutela cautelare sospensiva in caso di impugnazione della decisione di diniego del diritto di asilo, distinguendo l’ipotesi generale in cui la sospensione opera automaticamente dalle ipotesi, tassativamente indicate dal legislatore, in cui essa può operare solo a seguito di istanza da parte dell’interessato: questi, a pena di inammissibilità, dovrà presentare l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato unitamente al ricorso contro il medesimo provvedimento;

- si propone di escludere l’effetto automatico sospensivo del ricorso, oltre che nei casi già previsti dal testo originario del decreto, anche nei confronti: a) dei richiedenti trattenuti nei centri di identificazione ed espulsione (già CPTA) compresi quelli che vengono trattenuti per effetto delle modifiche apportate con il decreto correttivo e cioè coloro che hanno presentato la domanda di asilo dopo essere stati destinatari di un provvedimento di espulsione o respingimento; b) dei richiedenti che hanno presentato la domanda dopo essere stati fermati in condizioni di soggiorno irregolare; c) dei richiedenti destinatari della decisione di rigetto per manifesta infondatezza;

- si propone l’estensione del sistema basato sull’istanza sospensiva anche ai richiedenti che hanno presentato la domanda dopo essere stati fermati per aver eluso o tentato di eludere i controlli di frontiera (art. 20, comma 2, lettera c), dal momento che la loro situazione appare simile a quella dei richiedenti che presentano la domanda dopo essere stati fermati in condizioni di soggiorno irregolare;

- si propone infine che il Governo, entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto, riferisca alle Commissioni parlamentari competenti circa l’efficacia dell’attribuzione al Prefetto, competente ad adottare il provvedimento di espulsione, del potere di autorizzare, in presenza di gravi motivi personali o di salute, la permanenza sul territorio nazionale fino alla decisione del ricorso (articolo 35, comma 7, dello schema di decreto legislativo).

 


 

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

SULL'ATTO DEL GOVERNO N. 4

 

 

            Premesso che:

- la Commissione, al fine di acquisire elementi d'informazione utili per il parere, ha ascoltato, in sede informale, il Rappresentante in Italia dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati; il Presidente della Commissione nazionale per il diritto d’asilo; i responsabili dell’ANCI, in riferimento al Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati; i rappresentanti di associazioni impegnate, a diverso titolo, nel settore dell’assistenza ai rifugiati;

- la Commissione ha ascoltato anche i professori Onida e Zanon, che hanno illustrato gli aspetti di rilevanza costituzionale delle questioni concernenti il diritto d'asilo e il riconoscimento dello status di rifugiato;

- ciascuna delle persone ascoltate ha fornito alla Commissione un contributo utile circa gli aspetti più critici del provvedimento, e ha contribuito in modo da definire un quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento;

 

Considerato che:

- l’attenzione della Commissione si è indirizzata principalmente sulla legittimità costituzionale e sulla compatibilità internazionale e comunitaria di alcune soluzioni normative contenute nello schema, ricordando che: a) l’articolo 10, comma 3, della Costituzione, riconosce, in capo allo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche, il diritto di asilo nel territorio della Repubblica; b) l’articolo 63 del Trattato istitutivo dell’Unione europea obbliga il Consiglio ad adottare norme sui rifugiati; c) numerose convenzioni internazionali, cui l’Italia ha aderito, regolano e tutelano lo status dei rifugiati;

 

- l’articolo 35, comma 6, dello schema di decreto dispone che l’impugnazione del provvedimento che rigetta la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato non sospende  l’efficacia del provvedimento medesimo;

- ai sensi dell’articolo 35, comma 7, il provvedimento di rigetto della domanda di protezione internazionale può essere sospeso, a certe condizioni, dall’Autorità prefettizia;

- emergono alcuni elementi di criticità, dal momento che la soluzione contenuta nello schema sottrae al richiedente asilo un diritto - quello di poter disporre di un mezzo di impugnazione efficace dinanzi a un giudice - non solo sancito dalla normativa comunitaria (articolo 39, paragrafo 1 della direttiva 2005/85), ma riconosciuto dalla stessa Costituzione che, all’articolo 24, attribuisce a tutti - cittadini e non cittadini - il diritto alla difesa e alla tutela giurisdizionale dei propri diritti e interessi legittimi;

- la Convenzione europea dei diritti dell’uomo prevede, all’articolo 13, il diritto di chiunque ad un "ricorso effettivo" dinanzi a una istanza nazionale;

- il riconoscimento del cosiddetto "rimedio effettivo", in capo al richiedente asilo, deve essere bilanciato con l’esigenza di evitare un uso strumentalmente improprio della domanda di asilo, prevedendo pertanto, quale ulteriore causa di rigetto della stessa, la sua manifesta infondatezza;

 

la Commissione, esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo, esprime parere favorevole con le seguenti osservazioni:

- si propone la sostituzione della lettera f) dell'articolo 1 al fine di introdurre, quale ulteriore causa di rigetto della domanda di asilo, la sua manifesta infondatezza nell'ipotesi in cui non sia è emerso alcun collegamento tra la richiesta di protezione internazionale ed i presupposti fissati dal decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, ovvero quando la domanda sia stata presentata a fini strumentali al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento;

- si propone l’introduzione della tutela cautelare sospensiva in caso di impugnazione della decisione di diniego del diritto di asilo, distinguendo l’ipotesi generale in cui la sospensione opera automaticamente dalle ipotesi, tassativamente indicate dal legislatore, in cui essa può operare solo a seguito di istanza da parte dell’interessato: questi, a pena di inammissibilità, dovrà presentare l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato unitamente al ricorso contro il medesimo provvedimento;

- si propone di escludere l’effetto automatico sospensivo del ricorso, oltre che nei casi già previsti dal testo originario del decreto, anche nei confronti: a) dei richiedenti trattenuti nei centri di identificazione ed espulsione (già CPTA) compresi quelli che vengono trattenuti per effetto delle modifiche apportate con il decreto correttivo e cioè coloro che hanno presentato la domanda di asilo dopo essere stati destinatari di un provvedimento di espulsione o respingimento; b) dei richiedenti che hanno presentato la domanda dopo essere stati fermati in condizioni di soggiorno irregolare; c) dei richiedenti destinatari della decisione di rigetto per manifesta infondatezza;

- si propone l’estensione del sistema basato sull’istanza sospensiva anche ai richiedenti che hanno presentato la domanda dopo essere stati fermati per aver eluso o tentato di eludere i controlli di frontiera (art. 20, comma 2, lettera c), dal momento che la loro situazione appare simile a quella dei richiedenti che presentano la domanda dopo essere stati fermati in condizioni di soggiorno irregolare;

- si propone infine che il Governo, entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto, riferisca alle Commissioni parlamentari competenti sull'applicazione della normativa.