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News ed eventi
17 luglio 2008

Manovra economica e immigrazione: 10 anni di soggiorno per la casa popolare e per l’assegno sociale. Lo propongono le Commissioni della Camera, su proposta Lega-UdC, dimenticando o ignorando le direttive Ue.
L’emendamento all’art. 11 del d-l. 112 che riguarda il “Piano Casa” approvato dalle Commissioni riunite V e VI della Camera in evidente contrasto con la direttiva 2003/109/CE sui lungosoggiornanti.


Forse la foga anti immigrati o forse la stanchezza (visto l’orario notturno in cui si è votato) hanno indotto i deputati delle Commissioni V e VI della Camera ad approvare due emendamenti agli articoli 11 e 20 del disegno di legge di conversione del decreto legge 112 che, almeno il primo, risulta in palese contrasto con il diritto europeo ed in particolare con la direttiva 2003/109/CE sui soggiornanti di lungo periodo che l’Italia ha recepito nel febbraio dello scorso anno.
Vediamo nel dettaglio.

“Piano Casa”
Come anticipato la scorsa settimana in Parlamento era emersa la tendenza - all’interno della stessa maggioranza - di individuare una formulazione più restrittiva dell’articolo 11 del decreto legge n. 112 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” con l’intento dichiarato di escludere gli immigrati dai benefici del “Piano Casa” o comunque di limitarne al massimo la possibilità di accesso.
La soluzione, proposta dai deputati della Lega Nord ed approvata dalle Commissioni riunite V e VI, prevede ora che gli immigrati a basso reddito possano accedere al “Piano casa” solo se residenti da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nel territorio regionale.
Le Commissioni non hanno tenuto conto della direttiva europea 2003/109/CE sui soggiornanti di lungo periodo che l’Italia ha correttamente recepito nel febbraio 2007 e che ha determinato la sostanziale modifica dell’art. 9 del testo unico immigrazione relativo alla carta di soggiorno.
La direttiva, e di conseguenza la legge nazionale, prevede che gli stranieri soggiornanti da almeno cinque anni che siano in possesso dei requisiti di reddito e di “buona condotta” possano ottenere il permesso di soggiorno CE.
Ai titolari del permesso di soggiorno CE l’art. 11 della direttiva riconosce il diritto alla parità di trattamento con i cittadini nazionali.
Di conseguenza, una norma nazionale che non consenta al titolare del permesso di soggiorno CE di accedere alla casa popolare se non ha maturato dieci anni di soggiorno in Italia, in alternativa alla residenza quinquennale nella regione, contrasta con la direttiva, salvo esigere lo stesso requisito anche dal cittadino italiano.

Assegno sociale
Con un emendamento all’art. 20, a firma dei deputati UdC De Poli e della Lega Nord Bragantini, è passata alle Commissioni riunite la proposta di portare da cinque a dieci anni il periodo di soggiorno regolare e continuativo in Italia necessario per ottenere l’assegno sociale. Ulteriore requisito è che agli aventi diritto abbiano lavorato legalmente in Italia con un reddito almeno pari all’importo dell’assegno sociale, in via continuativa, per lo stesso periodo.
In questo caso la proposta non contrasterebbe con la direttiva in quanto i medesimi requisiti sono richiesti anche al cittadino italiano.
Su questo punto non resta che attendere le decisioni dell’Assemblea che inizia oggi l’esame del disegno di legge per capire se questa scelta, adottata con il vero obiettivo di limitare al massimo la concessione dell’assegno agli stranieri, non comprima oltre ogni ragionevole aspettativa il diritto all’assistenza di tanti italiani emigrati di ritorno o di coloro - sempre italiani - che non abbiano avuto la possibilità di svolgere un regolare lavoro in via continuativa per dieci anni.
Raffaele Miele



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