ORDINI DEL GIORNO DELLA CAMERA ACCETTATI DAL GOVERNO IN RELAZIONE ALL'ART.20, CO.10 DEL DECRETO-LEGGE 112/2008

 

 

La Camera,


premesso che:


il comma 10 dell'articolo 20 del decreto in esame prevede che gli aventi diritto all'assegno sociale previsto dalla legge n. 335 del 1995 debbano dimostrare, a partire dal 1o gennaio 2009, di aver soggiornato e lavorato continuativamente, con un compenso superiore all'assegno sociale, per almeno dieci anni;


a seguito di tale innovazione, cambia la natura dell'assegno che diventerebbe una prestazione previdenziale;


se gli aventi diritto dovessero dimostrare di aver svolto una attivit lavorativa verrebbero escluse dal beneficio le donne casalinghe che spesso sono invece prive di reddito e di contributi previdenziali;


si ritiene necessario evitare che la applicazione della norma ora emendata, comporti di fatto una esclusione dall'assegno sociale delle persone che sono economicamente pi in difficolt,

 

impegna il Governo a valutare gli effetti applicativi della disposizione citata in premessa, al fine di assumere le opportune iniziative affinch l'applicazione delle nuove norme non comporti il cambiamento della natura assistenziale della prestazione ed inoltre, come previsto dalla legge n. 335 del 1995, non sia richiesto agli aventi diritto di dimostrare di aver lavorato per almeno dieci anni, al fine di non escludere dall'assegno sociale i soggetti, in particolare donne, che non hanno avuto esperienza lavorativa o non hanno aturato il trattamento previdenziale minimo.


 

9/1386/61.

 

Miotto, Pedoto, Sbrollini, Livia Turco, Binetti, Murer, Calgaro, Burtone, Mosella, Bitonci, Vannucci.

 

 

 

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La Camera,


premesso che:


il comma 10 dell'articolo 20 del decreto-legge in esame prevede la corresponsione dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, comma 6, della legge n. 335 del 1995 nei confronti di tutti i soggetti aventi diritto, a condizione che abbiano soggiornato legalmente in via continuativa, per almeno cinque anni nel territorio nazionale;


attualmente l'assegno sociale viene corrisposto ai cittadini italiani che hanno compiuto il sessantacinquesmo anno di et, che risiedono effettivamente ed abitualmente in Italia e sono sprovvisti di reddito, ovvero possiedono redditi di importo inferiore ai limiti stabiliti dalla legge, nonch, alle stesse condizioni di et e di reddito, anche ai cittadini di Stati membri dell'Unione Europea, residenti in Italia, indipendentemente dal possesso della qualifica di lavoratori e gli stranieri titolari di permesso di soggiorno;


la finalit della disposizione di cui al citato comma 10 quella di porre rimedio al fenomeno dell'aumento consistente del numero delle prestazioni assistenziali erogate per effetto soprattutto dei ricongiungimenti familiari forzati da parte di cittadini stranieri;


nel corso dell'iter parlamentare, sono state approvate alcune modifiche con le quali prevista l'introduzione anche del requisito di aver lavorato legalmente con un reddito almeno pari all'importo dell'assegno sociale ed l'innalzamento del periodo di riferimento da cinque a dieci anni;


la funzione dell'assegno sociale di sussidio nei confronti delle fasce deboli della popolazione, essenzialmente, disoccupati,casalinghe, lavoratori senza una storia contributiva pregressa che al compimento del sessantacinquesimo anno di et siano sprovvisti di reddito;


l'introduzione dell'ulteriore requisito di aver lavorato legalmente con un reddito almeno pari all'importo dell'assegno sociale, in via continuativa, di fatto determinerebbe la conseguenza paradossale che proprio le fasce pi deboli della popolazione soprattutto italiane potrebbero in futuro non beneficiare della provvidenza in esame,

 

impegna il Governo a valutare gli effetti applicativi della norma citata in premessa allo scopo di adottare ulteriori iniziative normative volte a rimuovere gli effetti (...) prodotti dall'attuale formulazione del comma 10 dell'articolo 20, che di fatto rischia di vanificare lo scopo sociale della provvidenza in esame, ledendo anche diritti dei cittadini italiani e dei soggetti equiparati che l'istituto dell'assegno mira a tutelare.


 

9/1386/151.

 

Ruggeri, Cesa, Poli, Delfino.

 

 

 

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La Camera,


premesso che:


l'articolo 20, comma 10, del provvedimento in esame, cos come modificato dall'esame in commissione, prevede un tempo minimo pari a 10 anni di permanenza sul territorio dello Stato perch un soggetto avente diritto ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge n. 335 del 1995, possa accedere all'assegno sociale;

secondo la relazione tecnica, la disposizione in esame andrebbe a colpire le ipotesi di ricongiungimento familiare surrettizio di ascendenti ultrasessantacinquenni di cittadini comunitari, privi di reddito o comunque con un reddito talmente basso da avere i requisiti per l'assegno sociale;


tale disposizione non appare coerente con lo spirito della direttiva comunitaria 2004/38/CE, che pur non disciplinando specificatamente la questione in esame, ritiene sufficiente ai fini della maturazione di un diritto di soggiorno permanente per i cittadini comunitari e per i loro familiari di un tempo minimo pari a cinque anni;

il tempo minimo previsto dalla disposizione in esame appare dunque eccessivamente lungo e discriminatorio alla luce dello spirito della direttiva in esame che, pur prevedendo che il diritto di soggiorno temporaneo non debba determinare un eccessivo onere a carico dello Stato ospitante, stabilisce contestualmente un tempo minimo di cinque anni ai fini della maturazione di un diritto di soggiorno permanente,

 

impegna il Governo ad adottare tutti gli opportuni provvedimenti volti ad evitare ogni irrazionale compressione dei diritti riconosciuti ai cittadini comunitari o ai loro familiari.


 

9/1386/215.

 

Farinone.

 

 

 

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La Camera,


considerato che:


il controllo della spesa previdenziale ed assistenziale uno degli obiettivi della politica di Governo;

 in tale ambito prioritaria la lotta all'uso distorto delle norme vigenti ed alle sacche di ingiustificato privilegio, con le quali si drenano risorse in danno alle legittime necessit dei veri bisognosi;


con il comma 10 dell'articolo 20 del decreto-legge in esame si stabilito che dal 1o gennaio 2009 l'assegno sociale corrisposto ai cittadini comunitari ultrasessantacinquenni a condizione che abbiano soggiornato legalmente ed in via continuativa per almeno 10 anni nel territorio nazionale;


si pone fine ad una prassi scorretta in base alla quale si verificavano ricongiungimenti surrettizi di ascendenti ultra sessantacinquenni provenienti dai Paesi pi poveri dell'Unione (in particolare Romania e Bulgaria), che sulla base della semplice iscrizione anagrafica nel Comune di residenza si sono ritenuti legittimati a richiedere la liquidazione delle prestazioni assistenziali, peraltro in violazione della direttiva europea 2004/38/CE nella quale si sottolinea che il ricongiungimento degli ascendenti non deve gravare sull'assistenza sociale del Paese di accoglienza;

 tale principio ripetutamente ribadito dal decreto legislativo di recepimento della direttiva, n. 30 del 2007;


il risparmio di spesa che ne consegue non poca cosa: la relazione tecnica prevede 5 milioni di euro nel 2009, 24 nel 2010 e 52 nel 2011, a fronte di circa 12.000 richieste l'anno, segno evidente chequesto tipo di sfruttamento del Paese ospitante uno stile di vita di intere popolazioni;


peraltro non chiaro come i comuni possano aver concesso cos facilmente la residenza, la quale, per i comuni cittadini, soggetta a tutta una serie di verifiche e procedure;


n  chiaro per quali motivi debbano essere mantenute le prestazioni gi concesse se non rispondono al dettato della citata direttiva, n perch l'operativit del comma 10 dell'articolo 20 del decreto-legge in esame sia posticipata al 1o gennaio 2009;


per quel che invece riguarda l'aggravamento dei costi della previdenza, si registra un uso distorto della reversibilit pensionistica, uso che ha assunto aspetti patologici col crescere del numero delle badanti extracomunitarie;

  crescente infatti il numero di anziani italiani che sposa la propria badante, trasferendo ad essa il diritto alla pensione di reversibilit;

 pensione che lo Stato obbligato a pagare anche per decenni dopo la morte del titolare;


l'istituto della reversibilit ha ragione di esistere in un sistema sociale in cui uno dei componenti della famiglia lavora e versa i contributi, mentre l'altro si occupa della crescita dei figli e della casa e gode di un sostegno in caso di premorienza del titolare della pensione;

 la reversibilit presuppone quindi un matrimonio di lunga durata;


l'evoluzione della societ ha posto in crisi il modello di matrimonio che giustificava la reversibilit e la riforma pensionistica non ne ha tenuto adeguato conto;

 si registrano oggi matrimoni contratti al solo scopo di trasferire il diritto alla pensione, aggravando cos i conti gi precari del sistema pensionistico,

 

impegna il Governo: a valutare l'opportunit di adottare iniziative per bloccare qualsiasi assegno assistenziale richiesto nei termini descritti in premessa a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame;


a valutare l'opportunit di sospendere gli assegni assistenziali gi in corso di erogazione per violazione della direttiva europea 2004/38/CE, illustrata in premessa;


a valutare l'opportunit di procedere per danno erariale nei confronti dei comuni che non abbiano rispettato le procedure per l'iscrizione anagrafica, n tenuto conto delle disposizioni della direttiva 2004/38/CE;


ad adottare ulteriori iniziative legislative volte a legare la reversibilit pensionistica in progressione al numero di anni di matrimonio, prevedendone il pieno godimento dopo un congruo periodo di stabile convivenza.


 

9/1386/238.

 

Marinello.