TAR Veneto, Venezia, Sezione III, Sentenza n. 1893 del 2 luglio 2008.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:
Angelo De Zotti  Presidente
Angelo Gabbricci  Consigliere, relatore
Marina Perrelli  Referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA

nel giudizio, introdotto con il ricorso 1779/05, proposto da XXX

rappresentato e difeso dall’avv. C. Pedrini con domicilio presso la Segreteria del T.A.R., ai sensi dell’art. 35 del r.d. 26 giugno . 1924, n. 1054;
contro
l’Amministrazione dell’interno, in persona del ministro pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria per legge;
per l’annullamento del provvedimento 13 aprile 2004 prot. n. 71515-2, con cui il prefetto di Verona ha rigettato la dichiarazione di legalizzazione, presentata dal datore di lavoro YYYY odierno ricorrente.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione dell’interno
visti gli atti tutti della causa;
uditi (relatore il consigliere avv. A. Gabbricci), nella pubblica udienza del giorno 8 maggio 2008 l’avv. Pedrini per la parte ricorrente  e l’avv. dello Stato Cardin per l’Amministrazione resistente;
ritenuto in fatto e considerato in diritto:
che il datore di lavoro presentò nell’ottobre 2002 una domanda ex d.l. 9 settembre 2002, n. 195, convertito con l. 9 ottobre 2002, n. 222, per la legalizzazione del rapporto subordinato con XXX, suddito marocchino, privo di regolare permesso di soggiorno;
che, con il decreto 13 aprile 2004, poi qui impugnato, il prefetto di Verona respinse la richiesta: la questura di Treviso, mediante comunicazione 6 aprile 2004, aveva negato, giusta art. 1, VIII comma, d.l. 195/02, il prescritto nulla osta poiché lo XXX era stato condannato il 27 dicembre 2002 per uno dei reati di cui all’art. 381 c.p.p. (furto aggravato) e ciò concretizzava, secondo il provvedimento prefettizio, la condizione ostativa alla regolarizzazione, di cui all’art.1, comma VIII, lett. c), I parte dello stesso d.l. 195/02;
che nel ricorso avverso il provvedimento di diniego, questo viene anzitutto censurato per difetto di motivazione: la norma da ultimo citata avrebbe il significato “di effettuare una sostanziale valutazione prognostica” di pericolosità sociale, ma l’unico precedente richiamato non sarebbe sufficiente a pervenire a tale giudizio;
che, dopo la sentenza 18 febbraio 2005, n. 78, della Corte costituzionale, l’art. 1, comma 8, lettera c), del d.l. 9 settembre 2002, n. 195, si deve intendere, secondo questo Collegio, nel senso che agli stranieri extracomunitari, solo perché denunciati, non può essere negata la regolarizzazione, che però non va concessa quando a carico dello straniero sia stata assunta una pronuncia di condanna, la quale lo dimostri immeritevole del beneficio;
che, giusta art. 5, V comma, del d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286, il permesso di soggiorno allo straniero va rifiutato quando mancano i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato; tale carenza, ex art. 4, III comma, d. lgs. cit., si realizza in caso di condanna, “per reati previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2 del codice di procedura penale”;
che, siccome la procedura di regolarizzazione ex d.l. 195/02 comporta il rilascio di un permesso di soggiorno, il beneficio, in armonia con le precitate disposizioni, andrà doverosamente negato anche allo straniero cui sia stata appunto applicata una pena per i reati di cui agli artt. 380 e 381 c.p.p., ed al quale dunque un regolare permesso non potrebbe essere rilasciato o rinnovato;
che il diniego di regolarizzazione è evidentemente automatico e discende dalla condanna, senza necessità di una verifica in concreto di pericolosità sociale, non richiesta dalla legge: la censura prima esposta va dunque respinta;
che, nel secondo motivo di ricorso, si duole l’XXX perché non gli sarebbe stato notificato l’avviso d’avvio del procedimento, ex art. 7 l. 241/90: ma il procedimento è stato avviato ad istanza di parte, sicché la norma non è applicabile (senza contare che il diniego era qui dovuto e quindi era superflua qualsiasi comunicazione);
che il ricorso va in conclusione respinto, e le spese poste a carico del ricorrente, in relazione all’attività difensiva effettivamente espletata;
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.
Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, in favore dell’Amministrazione resistente, liquidandole in € 800,00 per diritti, onorari e spese generali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio addì 8 maggio 2008.