IL FANTASMA DELLA SICUREZZA[1]

 

Roma, Aprile  2008

 

 

Quaranta per cento. Abbiamo provato, per due giorni di seguito, il ventuno e il ventidue aprile del duemila e otto a misurare lo spazio delle prime pagine dei maggiori quotidiani italiani che risulta occupato dalla cronaca nera. I quotidiani analizzati sono la nobiltˆ del giornalismo eppure pi di un terzo dello spazio  saldamente presidiato da orrori di varia natura. Minore rilievo risultano avere le vicende della politica nazionale e le sorti di un governo che pure dovrebbe appassionare per lĠincertezza. Ma residuale  lo spazio dedicato alle grandi questioni internazionali, allo stesso sport, per non parlare di cultura.

Un dominio e non diversa  la situazione per la televisione: nelle ultime cinque giornate, per tre volte una notizia legata ad un omicidio  stata la prima del telegiornale.

 

E del resto i giornali non hanno alcun torto. Se si dovessero fare giornali con le notizie che il pubblico richiede, cultura e politica internazionale dovrebbero praticamente sparire e i mostri dovrebbero dilagare in misura ancora pi irresistibile.

Il terrore sembra, appunto, incontenibile. Come in un cortocircuito di cui non si riesce pi a capire capo e coda, vittime e carnefici: un rom rumeno viene denunciato da una ragazza della sua comunitˆ mentre trascina il corpo di una donna romana che aveva massacrato. Un militare – forse, uno di quelli che risolverebbe tutto con la pena di morte e le espulsioni di massa – spara dal balcone di casa sua ammazzando quelli che si trovano a passare; una studentessa inglese viene uccisa in circostanze misteriose nella notte delle streghe[2] e la storia diventa un intrigo internazionale. Un giovane poliziotto spara ad un giovane tifoso per aver immaginato una rissa che secondo alcuni non cĠ mai stata e gli ultras per vendetta assaltano le caserme. Mentre i campi nomadi dove viveva la ragazza che aveva denunciato lĠassassino della signora romana vengono assaltati da italiani decisi a consumare vendetta.

Infine ed  di pochi giorni fa lo stupro di una ragazza a Roma diventa il caso sul quale viene decisa lĠintera campagna elettorale per un ballottaggio decisivo. E ancora una volta non si capisce perchŽ questa notizia (pur dolorosa) diventa tale se solo si considera che ogni anno in Italia si verificano 4,663 episodi di violenza sessuale (tredici al giorno e in lieve discesa, anche in questo caso, rispetto al dato dellĠanno precedente). 

LĠorrore, come in un fumetto splatter, sembra mescolare pezzi di storie, di corpi martoriati, di pietˆ e di vendette personali.

 

Il problema, del resto, deve essere serio. E soprattutto vero se  la sicurezza ad essere la prima prioritˆ della politica, ed in particolare lo  stata per le ultime due – tre elezioni politiche generali[3]. Si inseguono, per la veritˆ, i due poli: con la destra pi abituata a usare lĠargomento della sicurezza e la sinistra che, con qualche affanno, tenta di trovare una linea non meno forte.

 

Ma  davvero cos“? La sicurezza  sul serio la prioritˆ assoluta della societˆ italiana? Pi dellĠoccupazione, del debito pubblico e della riforma delle pensioni? Del terrorismo, del cambiamento climatico e persino della qualificazione agli europei della nazionale di calcio?

E, comunque, sono giusti la strategia, lĠapproccio al problema, gli strumenti che stiamo utilizzando o proponendo?

 

Il paper di Vision  assolutamente preliminare. Raccogliamo alcune prime evidenze rispetto alle quali ci aspettiamo di sviluppare proposte pi articolate. Tuttavia, le prime evidenze raccontano giˆ che un problema nel modo di trattare la questione sicurezza esiste.

 

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Il primo dato non pu˜ che essere quello degli omicidi.

In effetti, i livelli di sicurezza sono influenzati anche da rapine, furti, incendi e altri crimini violenti. Ma  allĠomicidio che lĠimmaginario collettivo collega il pi grave attentato alla sicurezza. La cronaca nera  quasi per definizione cronaca di omicidi e delle indagini che vi conseguono.

E qui non possiamo non sottolineare un primo paradosso che molti conoscono e pochi commentano.

 

La cronaca nera , da sempre, elemento costante della geografia della comunicazione, eppure unĠanalisi storica pu˜ dimostrare che, mai, il suo successo  stato cos“ totale.

La sicurezza, del resto, non , in realtˆ, sempre stata prima prioritˆ politica. Lo  diventata negli anni novanta, per diventare tema centrale in Italia nelle elezioni del 2001: da quel momento criminalitˆ (e immigrazione) sono saldamente al primo posto negli strumenti del marketing politico.

Il paradosso , per˜, che la sicurezza  diventata negli ultimi quindici anni sempre pi centrale nel ÒdibattitoÓ politico, mentre il numero di omicidi diminuiva costantemente ed in maniera assai significativa.

 

Il grafico che segue ripropone i numeri del Ministero degli Interni: in sintesi oggi (2006) si uccidono quattro volte meno persone che nel 1990. LĠinsicurezza percepita  drasticamente diminuita, mentre altrettanto drasticamente la sicurezza effettiva  aumentata.

 

 

 

 

Il quadro diventa diverso – ma non tanto – se invece che di omicidi, parliamo di altri reati violenti che pur dovrebbero influenzare il livello complessivo di sicurezza.

 

Le linee di tendenza sono chiare e la riduzione – nel periodo in cui la sicurezza diventava sempre pi importante – del numero di persone ammazzate  troppo marcata per dubitare della direzione del cambiamento. E il dato  confermato dalla  comparazione internazionale, ed in particolare quella tra cittˆ.

 

 

 

 

Sono evidenze simili a quelle che lo stesso Ministro degli Interni ha sottolineato alla presentazione del Òrapporto sulla sicurezza in ItaliaÓ subito prima dellĠEstate. E per˜, si sa, le notizie buone non riescono ad interessare.

Abbiamo bisogno di essere spaventati. Ma la realtˆ  unĠaltra.

Le storie sono strazianti ma – come minimo – la violenza – quella pi definitiva degli omicidi – non  una novitˆ. Ed anzi se le serie storiche diventano pi lunghe scopriremmo che il 2005, ad esempio,  stato lĠanno pi sicuro dallĠinizio del secolo scorso.

 

Tuttavia il problema esiste. Esiste perchŽ esiste tutto ci˜ che esiste nelle nostre angosce, nelle parole degli uomini, nelle domande dei lettori, nelle aspettative degli elettori, nelle risposte dei politici.

Esiste il problema anche se i numeri dicessero che ce lo siamo inventati. PerchŽ dice di un malessere diffuso e perchŽ questo malessere ha grande, anzi enorme rilevanza politica. Condiziona la forma che la societˆ sta per assumere.

 

Ma allora se la questione  in questi termini, se il problema  quello della sicurezza percepita e non quello della sicurezza effettiva, sono giuste le reazioni di molti politici, gli strumenti che continuiamo ad usare? Se il problema  nelle percezioni, nelle aspettative, dunque se questo  uno dei classici problemi della modernitˆ, di una modernitˆ fatta pi di fantasmi virtuali che di realtˆ fisiche, non dovremmo cercare una strategia nuova?

In particolare rispetto alla situazione che stiamo descrivendo lascia molto perplessi continuare ad invocare, come fanno molti politici, quasi esclusivamente, ulteriori allargamenti degli organici delle forze dellĠordine. In particolar modo se ricordiamo lĠaltro dato di confronto internazionale che riprendiamo nel grafico che segue.

 

 

 

 

Non  una questione di dimensione delle forze dellĠordine, e per˜,  questa la risposta che anche lĠultima finanziaria propone.

Insomma, a voler semplificare (ed  quasi una provocazione) nessun Paese sembrerebbe avere tanti poliziotti quanto lĠItalia. Mai in Italia ci sono stati cos“ pochi omicidi e le nostre cittˆ sembrano tra le pi sicure. Eppure i mostri della violenza sembrano uscire dalle pareti dei giornali e delle televisioni e divorare tutte le nostre sicurezze come nel pi celebre film di fantascienza degli anni ottanta.

 

 

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Quindi il problema esiste anche se forse va affrontato con strumenti diversi. Anche se forse gli dobbiamo trovare un nome diverso.

 

Per il momento due cose ci limitiamo a considerare.

 

La prima. Se esiste un problema di presidio del territorio non  nel numero di poliziotti. Semmai nella loro distribuzione sul territorio.

Del resto il problema criminalitˆ , come dimostra il grafico che segue, estremamente concentrato. E solo in parte spiegato dalla solita differenza tra Sud e il resto del Paese. Del resto allĠinterno del Mezzogiorno sono fortissime le differenze tra regioni (Basilicata e Molise sono pi sicure della media delle Regioni del Centro Nord), tra province (quelle di Caserta e di Napoli hanno indici di criminalitˆ tre volte superiori alle altre della Campania), tra singoli territori.

 

 

Una distribuzione tendenzialmente rigida delle risorse, e tarata sulla popolazione non  funzionale a fenomeni (non solo la criminalitˆ pi o meno organizzata, ma anche rapine in casa seriali, furti) che tendono a concentrarsi e a spostarsi con grande rapiditˆ.

Il problema  legato alla questione molto pi ampia del ripensamento delle forze dellĠordine in organizzazione fondate sullĠutilizzo dellĠinformazione – denuncia  (e quindi delle tecnologie ICT) come elemento sul quale allocare tempo, competenze, presidi, prevenzione.

 

Ma la questione  ancora pi generale. La polizia non pu˜ bastare. Ed anzi la polizia stessa si  da tempo resa conto di non essere pi solo forza di repressione o di presidio.

Il vero abbaglio gigantesco, quello che arriv˜ alla sua massima espressione nel confronto elettorale 2001 in Italia  quello di pretendere che la sicurezza possa essere promessa, garantita, erogata da chi ha il potere: dallo Stato.

In realtˆ, questa  una cosa che sappiamo tutti, e che diventa simbolicamente evidente negli stadi inglesi senza protezione e con il pubblico praticamente in campo.

Una consapevolezza che raggiungiamo proprio quando di polizia e di steccati possiamo finalmente fare a meno. E che riconquistiamo – insieme – quando ricominciamo a scendere per strada e a occupare con le nostre feste, normalitˆ e bambini lo spazio che altrimenti lasceremmo ai mostri che in fin dei conti  il sonno della nostra ragione a generare. Quel sonno della ragione con il quale dobbiamo – prima o poi – regolare i conti. Se vogliamo sopravvivere a noi stessi.

 



[1] Al gruppo di lavoro partecipano tra gli altri Francesco Grillo (Direttore di Vision e PhD alla London School of Economics),  Federico Iannacci, (LSE e Vision), Valentina Cucci (Vision). Il paper  ancora in versione  preliminare e serve per aggregare al gruppo di lavoro altri contributi.

 

[2] Peraltro, la vicenda  seguita con morbositˆ non inferiore dai free press e dai tabloids (anche se per la veritˆ non sui giornali nazionali mainstream, il Times o il Guardian o The Independent) e dalle televisioni inglesi dimostrando che il mostro  in prima pagina in tutto il mondo.

[3] Anche in questo caso il fenomeno non  solo italiano come dimostrano le recenti elezioni presidenziali in Francia dove il Presidente ha completato dalla piattaforma di ministro degli interni il suo posizionamento elettorale.