RESPINGIMENTI  DI MIGRANTI IN ACQUE INTERNAZIONALI  E DIRITTO ALLA VITA.

1 – Immigrazione clandestina via mare, assassini ed i mandanti

Da parte delle forze politiche che hanno Òpreso il potereÓ in Italia dopo le ultime elezioni si diffonde lĠaccusa di Òretorica buonistaÓ nei confronti delle politiche migratorie del precedente governo in materia di immigrazione ed asilo. Concordiamo anche noi con la critica della Òretorica buonistaÓ del governo Prodi, perchŽ durante la passata legislatura, troppo spesso, le parole ed i programmi sono rimasti assai lontani dai fatti, come quando si sono conclusi accordi di collaborazione con la Libia per il contrasto dellĠimmigrazione clandestina, oppure quando si sono varati i provvedimenti in materia di sicurezza, che hanno spalancato la strada alle deportazioni ed alla criminalizzazione generalizzata di tutti gli irregolari che adesso annuncia il nuovo ministro dellĠinterno Maroni. E Òretorica buonistaÓ ci sembrano anche i giudizi impacciati dellĠattuale opposizione nei confronti del governo che sta giˆ annunciando una politica autoritaria ed antisociale che meriterebbe da subito ben altro contrasto, nelle istituzioni e nelle piazze.

Allora, lo vogliamo dire chiaro e forte. Questi nuovi governanti che si propongono di bloccare o respingere verso i porti di partenza le imbarcazioni di clandestini bloccati in acque internazionali sono i mandanti dei  veri e propri assassini, i capi delle organizzazioni criminali, spesso colluse con le forze di polizia,  che gestiscono il traffico di ÒclandestiniÓ, perchŽ tutti contribuiscono a condannare a morte migliaia di migranti, una grande parte dei quali potenziali richiedenti asilo, per i quali lĠunica possibilitˆ di ingresso in Europa rimane la via dellĠimmigrazione clandestina attraverso le acque del Mediterraneo. Mandanti di assassini, come tutti coloro che a diverso titolo si stanno battendo per cancellare i cd. omicidi bianchi, la questione della sicurezza nei luoghi di lavoro, questione che dovrebbe preoccupare gli italiani  pi degli sbarchi di qualche decina di disperati a Lampedusa ed in Sicilia. Effetti immediati dei prossimi provvedimenti governativi saranno una catena ininterrotta di stragi, se la nostra Marina militare, che finora ha salvato migliaia di vite in acque internazionali sarˆ costretta ad abbassare la testa, obbedendo alle nuove direttive ministeriali, ed a sbarrare la rotta delle imbarcazioni cariche di migranti nel tentativo di respingerle verso i porti di partenza..

Una classe di governo in malafede, perchŽ fa finta di non sapere che lĠimmigrazione clandestina dalle frontiere marittime meridionali non supera il 12 % degli ingressi irregolari in Italia, in malafede perchŽ nasconde che negli ultimi anni si  registrato un calo degli arrivi a Lampedusa in Sicilia e nelle altre regioni meridionali, come emerge chiaramente leggendo i dati del ministero dellĠinterno, in mala fede perchŽ utilizza le normative comunitarie come pretesti per inasprire le normative interne in materia di immigrazione, quando lĠEuropa non impone affatto di mandare a morte i migranti che tentano la traversata del Mediterraneo. LĠeffetto politico delle misure che si annunciano da parte del nuovo ministro dellĠinterno Maroni potrebbe essere devastante anche sul piano dei rapporti internazionali e delle relazioni con gli altri paesi dellĠUnione Europea.

 

2 – lĠItalia ed Unione Europea nelle politiche di contrasto dellĠimmigrazione clandestina.

 

Nella Comunicazione della Commissione al Consiglio dellĠUnione Europea del 30 novembre 2006 Ò Rafforzare la gestione delle frontiere marittime meridionaliÓ si individuava Ò l'esigenza di cooperare con i paesi di transito dell'Africa e del Medio Oriente per trattare la questione dei migranti illegaliÓ, osservandosi peraltro come non fosse possibile Òcreare da un giorno all'altro i necessari livelli di cooperazione fattiva e politica con quei paesi, livelli che tuttavia si stanno gradualmente stabilendo in base al dialogo e alla cooperazione sui problemi della migrazione nell'ambito degli accordi di associazione euromediterranei e dei piani di azione per la politica europea di vicinato (PEV).

Per quanto riguarda il controllo delle frontiere marittime, in particolare, da parte della Commissione Europea, si sottolineava la necessitˆ che l'UE adottasse una duplice impostazione, individuando una serie di provvedimenti complementari da attuare separatamente:

- provvedimenti operativi che si possano eseguire immediatamente, intesi a combattere l'immigrazione illegale, proteggere i rifugiati e rafforzare il controllo e la sorveglianza delle frontiere marittime esterne;

- sviluppo delle relazioni giˆ esistenti e della cooperazione pratica giˆ stabilita con i paesi terzi, tramite il proseguimento e il rafforzamento del dialogo e della cooperazione con i paesi terzi sulle misure operative nell'ambito degli accordi di associazione euromediterranei e dei piani di azione PEV, nonchŽ nel quadro dell'accordo di CotonouÓ.

Si prendeva comunque atto, da parte della Commissione, come l'immigrazione irregolare via mare alle frontiere esterne marittime meridionali dell'Unione europea fosse diventata un fenomeno misto, Òcomprendente al tempo stesso immigranti illegali che non richiedono particolare protezione e rifugiati che necessitano di protezione internazionaleÓ . Secondo la Commissione Òla risposta dell'Unione va orientata di conseguenza. L'asilo deve costituire un elemento di rilievo di tale risposta e un'opzione efficace per le persone che necessitano di protezione internazionale. A tale scopo, occorre assicurare che gli Stati membri applichino con coerenza ed efficienza gli obblighi di protezione, per quanto riguarda l'intercettazione e il salvataggio in mare di persone che possano necessitare di protezione internazionale e la sollecita identificazione di queste persone dopo lo sbarco, presso i luoghi di accoglienza. Va sottolineato che, da questo punto di vista, i paesi terzi hanno naturalmente gli stessi obblighiÓ.

 

La Comunicazione della Commissione al Consiglio lasciava tuttavia numerose questioni irrisolte, dal punto di vista operativo e dal punto di vista del rispetto del diritto internazionale del mare [1].

Da una parte si affermava infatti che Òdeterminare pi esattamente il corretto modus operandi per intercettare le imbarcazioni che trasportano, o che si sospetta che trasportino, immigranti illegali nell'Unione europea migliorerebbe l'efficienza, decisamente necessaria, delle operazioni congiunte volte a prevenire e dirottare l'immigrazione illegale via mare, alle quali partecipano le forze di diversi Stati membri che non sempre hanno un'idea comune sul modo e sul momento in cui svolgere tali intercettazioni. Nello svolgimento delle operazioni congiunte, la chiave del successo  costituita dal lavoro di squadra e dalle sinergie tra gli Stati membri. In tale contesto, accordi regionali potrebbero definire il diritto di sorveglianza e di intercettazione delle imbarcazioni nelle acque territoriali dei paesi di origine e di transito, agevolando l'attuazione di operazioni congiunte da parte di FRONTEX, in quanto eviterebbe la necessitˆ di accordi ad hoc per ogni singola operazioneÓ.

 Si sottolineava tuttavia che Òuna questione da approfondire e chiarire  la determinazione del porto di sbarco pi appropriato dopo il salvataggio in mare o l'intercettazione; strettamente legato ad essa  il problema dell'attribuzione delle responsabilitˆ di protezione tra i vari Stati che partecipano alle operazioni di intercettazione, ricerca e salvataggio, nei confronti di coloro che richiedono protezione internazionale. Infatti la determinazione del luogo appropriato per lo sbarco implica spesso, in pratica, che lo Stato interessato sia competente per l'esame delle esigenze di protezione dei richiedenti asilo tra le persone salvate o intercettateÓ[2].

 

Per la Commissione meritava Ò particolare attenzione  la portata degli obblighi di protezione imposti a uno Stato dal rispetto del principio di non respingimento,nelle numerose e diverse situazioni in cui le imbarcazioni di uno Stato attuano provvedimenti di intercettazione o di ricerca e salvataggio. Pi specificamente, occorrerebbe analizzare le circostanze nelle quali uno Stato pu˜ essere tenuto ad assumere la responsabilitˆ di esaminare una richiesta di asilo in applicazione del diritto internazionale in materia di rifugiati, in particolare laddove tale Stato sia impegnato in operazioni congiunte o in operazioni svolte nelle acque territoriali di un altro Stato, o in alto mare. Sulle questioni che non sarebbero contemplate da accordi bilaterali o regionali, la definizione di orientamenti pratici potrebbe conferire maggiore chiarezza e un certo grado di prevedibilitˆ per quanto riguarda il rispetto degli obblighi imposti agli Stati membri dal diritto internazionale. Sarebbe quindi opportuno redigere tali orientamenti in stretta collaborazione con l'Organizzazione marittima internazionale (OMI) e con l'UNHCR, e ricorrendo a una vasta gamma di consulenze. In particolare, andrebbe considerato attentamente il lavoro svolto nell'ambito dei pertinenti comitati dell'OMI, che fra l'altro riguarda l'attuazione degli obblighi in materia di ricerca e salvataggio basati sul diritto internazionaleÓ.

 

La commissione europea  avvertiva in sostanza il rischio che le misure contro lĠimmigrazione clandestina potessero risultare in contrasto con il diritto internazionale e con il diritto di asilo, anche nelle concrete modalitˆ operative degli interventi di controllo delle frontiere, ma rinviava ad un secondo momento la Ò definizione di orientamenti praticiÓ a fronte della consapevolezza diffusa che comunque non si sarebbe mai arrivati ad una modifica immediata del diritto internazionale del mare a causa della impossibilitˆ di trovare soluzioni generalmente condivise da parte dei diversi attori nazionali ed internazionali coinvolti. Si  riproposta cos“ lĠesigenza di accordi bilaterali o su scala regionale ( come tra i paesi dellĠAfrica settentrionale e quelli dellĠEuropa meridionale).

In assenza di canali di ingresso legale e di interventi  idonei a praticare una autentica solidarietˆ con gli abitanti dei paesi pi poveri, con iniziative affidate agli enti locali ed alle organizzazioni non governative, si  tentato di imporre ai governi degli stati di transito, soprattutto dei paesi nord-africani, accordi di collaborazione [3] basati sul finanziamento delle politiche di arresto, di detenzione e di espulsione dei migranti irregolari, prima che questi potessero tentare lĠultimo salto, la traversata verso lĠEuropa.  In questa direzione lĠItalia e la Spagna hanno offerto gli esempi pi eclatanti, nei rapporti, rispettivamente, con la Libia e con il Marocco, concludendo accordi bilaterali e/o intese a livello di forze di polizia che hanno permesso il blocco e lĠarresto di migranti,in molti casi potenziali richiedenti asilo e minori non accompagnati, anche se provenienti da paesi terzi, in cambio di trattamenti preferenziali negli scambi commerciali con i paesi dellĠarea comunitaria[4].  Gli accordi conclusi tra lĠItalia e la Libia nel dicembre del 2007 si inserivano in una logica concordata a livello europeo con il vicepresidente Frattini, in una prospettiva di integrazione degli accordi stipulati su base bilaterale con le decisioni e la Òcooperazione operativaÓ stabilite a livello comunitario, espressione delle politiche europee di controllo delle frontiere e di contrasto dellĠimmigrazione clandestina. In questo senso si possono richiamare le dichiarazioni concordi ed i reciproci riconoscimenti scambiati tra gli ex ministri Amato e DĠAlema ed il commissario europeo Frattini, adesso ministro degli esteri del nuovo governo Berlusconi. La situazione tra la Spagna ed il Marocco e tra lĠItalia e la Libia appare tuttavia assai diversa, anche perchŽ la Libia non  un paese di emigrazione ed attraversa una fase di crescita economica, e nei suoi confronti non possono avere buon gioco le armi di ricatto sulla condizione dei migranti giunti nel paese di arrivo, o sulla concessione di quote privilegiate di ingresso. Ricatto formalizzato nelle politiche comunitarie improntate alla cd. Òcondizionalitˆ migratoriaÓ ed utilizzato anche nellĠambito dei rapporti bilaterali come si ricava dalla storia dei tormentati rapporti in materia di immigrazione tra la Spagna ed il Marocco.

 

 

3 -  Gli obblighi di salvaguardia della vita umana previsti dal diritto internazionale del mare

 

Le decisioni dei singoli stati di bloccare in acque internazionali le imbarcazioni cariche di migranti, come gli accordi bilaterali di riammissione, e nello stesso modo, le misure adottate a livello europeo, e soprattutto quelle disposte da agenzie tecnico operative come FRONTEX, o da gruppi riservati di coordinamento come lo SCIFA ( Strategic Committee for Immigration, Frontiers and Asylum), a livello di forze di polizia o di rappresentanze diplomatiche, non possono risultare in contrasto con il diritto internazionale del mare universalmente riconosciuto. Anche il diritto interno sulla condizione giuridica degli stranieri, con particolare riferimento al contrasto dellĠimmigrazione clandestina, quando si prevede lĠoperativitˆ della normativa nazionale in acque internazionali deve rispettare il dettato del diritto internazionale [5]

 

La Convenzione di Montego Bay del 10 dicembre 1982 (UNCLOS) costituisce la fonte primaria del diritto internazionale del mare [6]. LĠart. 311 dispone, infatti, che sono salvi soltanto gli altri accordi internazionali compatibili con la Convenzione stessa. Due o pi Stati - continua lĠart. 311 della Convenzione sul diritto del mare - possono concludere accordi che modifichino o sospendano lĠapplicazione delle disposizioni della Convenzione e che si applichino unicamente alle loro reciproche relazioni, solo a condizione che questi accordi non rechino pregiudizio ad una delle disposizioni della Convenzione, la cui mancata osservanza sarebbe incompatibile con la realizzazione del suo oggetto e del suo scopo e, parimenti, a condizione che questi accordi non pregiudichino lĠapplicazione dei principi fondamentali della Convenzione e non pregiudichino anche il godimento dei diritti o lĠadempimento degli obblighi degli altri Stati derivanti dalla Convenzione stessa. Questo principio di compatibilitˆ non entra in discussione qualora la medesima Convenzione di Montego Bay richiami e confermi espressamente accordi internazionali in vigore o ne auspichi la stipulazione con riferimento a specifici settori [7].

 

Tra le norme che non possono essere oggetto di deroga da parte degli Stati anche mediante accordi con altri Stati va richiamato anzitutto lĠart. 98 dellĠUNCLOS, perchŽ esso costituisce lĠapplicazione 2del principio fondamentale ed elementare della solidarietˆ . Ogni Stato - si legge nel citato art. 98 - impone che il comandante di una nave che batta la sua bandiera, nei limiti del possibile e senza che la nave, lĠequipaggio ed i passeggeri corrano gravi rischi: a) presti assistenza a chiunque si trovi in pericolo in mare; b) vada il pi presto possibile in soccorso delle persone in difficoltˆ se viene informato che persone in difficoltˆ hanno bisogno dĠassistenza, nei limiti della ragionevolezza dellĠintervento; c) presti soccorso, in caso di collisione, allĠaltra nave, al suo equipaggio ed ai passeggeri e, nella misura del possibile, indichi allĠaltra nave il nome ed il porto dĠiscrizione e il primo porto del suo approdo. Il secondo comma prevede che gli Stati costieri creino e curino il funzionamento di un servizio permanente di ricerca e di salvataggio adeguato ed efficace per garantire la sicurezza marittima e aerea e, se del caso, collaborino a questo fine con gli Stati vicini nel quadro di accordi regionali.

Varie convenzioni internazionali, tutte in vigore in Italia insieme allĠUNCLOS, completano il quadro del diritto internazionale del mare. In primo luogo, lĠart. 10 della Convenzione del 1989 sul soccorso in mare dispone che ogni comandante  obbligato, nella misura in cui ci˜ non crei pericolo grave per la sua nave e le persone a bordo, a soccorrere ogni persona che sia in pericolo di scomparsa in mare. Gli Stati adotteranno tutte le misure necessarie per far osservare tale obbligo.

 

La Convenzione Internazionale per la sicurezza della vita in mare del 1974 ( Convenzione SOLAS) impone al comandante di una nave Ò che si trovi nella posizione di essere in grado di prestare assistenza avendo ricevuto informazione da qualsiasi fonte circa la presenza di persone in pericolo in mare, a procedere con tutta rapiditˆ alla loro assistenza, se possibile informando gli interessati o il servizio di ricerca e soccorso del fatto che la nave sta effettuando tale operazioneÓ.

La terza Convenzione internazionale che viene in considerazione con particolare riguardo alla ricerca delle persone ed al salvataggio  la a Convenzione SAR che si fonda sul principio della cooperazione internazionale [8]. Le zone di ricerca e salvataggio sono ripartite dĠintesa con gli altri Stati interessati. Tali zone non corrispondono necessariamente con le frontiere marittime esistenti. Esiste lĠobbligo per gli stati aderenti di approntare piani operativi che prevedono le varie tipologie dĠemergenza e le competenze dei centri preposti.

La Convenzione SAR impone un preciso obbligo di soccorso e assistenza delle persone in mare Òregardlerss of the nationality or status of such a person or the circumstances in which that person is foundÓ, senza distinguere a seconda della nazionalitˆ o dello stato giuridico, stabilendo altres“, oltre lĠobbligo della prima assistenza anche il dovere di sbarcare i naufraghi in un Òluogo sicuroÓ.

 

I poteri-doveri di intervento e coordinamento da parte degli apparati di un singolo Stato nellĠarea di competenza non escludono, sulla base di tutte le norme pi sopra elencate, che unitˆ navali di diversa bandiera possano iniziare il soccorso quando lĠimminenza del pericolo per le vite umane lo richieda. Occorre per˜ garantire che dopo lĠespletamento delle operazioni di salvataggio i migranti siano ricondotti in un porto sicuro [9] .

Soprattutto nei rapporti con Malta e con  la Libia rimangono ancora da definire le regole d'ingaggio delle marine nel caso vengano salvati immigrati in difficoltˆ e questo pu˜ comportare gravi ritardi nelle operazioni di salvataggio, oltre che respingimenti collettivi verso i porti di partenza di paesi che non riconoscono (o non siano nelle condizioni di applicare effettivamente, come nel caso di Malta) la Convenzione di Ginevra o altre norme internazionali che tutelano i diritti della persona umana, con particolare riferimento ai soggetti pi vulnerabili ( donne, minori, vittime di tortura).  In ogni caso, la doverosa cooperazione dello Stato coinvolto nellĠoperazione di soccorso in mare, comprende lĠobbligo dello sbarco dei naufraghi in un Òluogo sicuroÓ sulla base del giudizio del comandante dellĠunitˆ che porta a compimento lĠintervento di salvataggio, prescindendo dal potere dello Stato stesso di perseguire  presunti favoreggiatori (comandante ed equipaggio) o di adottare verso i clandestini (ma in tutta sicurezza) i provvedimenti di espulsione o di respingimento previsti dalla legge una volta che questi siano sbarcati a terra.  

 

Una particolare considerazione merita la problematica relativa a ci˜ che debba intendersi per conduzione della persona salvata in un Òluogo sicuroÓ che non  necessariamente il porto pi vicino. EĠ dal momento dellĠarrivo in tale luogo che cessano gli obblighi internazionali (e nazionali) relativamente alle operazioni di salvataggio, che pertanto non si esauriscono con le prime cure mediche o con la soddisfazione degli altri pi immediati bisogni (alimentazione etc.). Con lĠentrata in vigore (luglio 2006) degli emendamenti allĠannesso della Convenzione SAR 1979 (luglio 2006) e della Convenzione SOLAS 1974 (e successivi protocolli) e con le linee guida - adottate dallĠOrganizzazione marittima internazionale( IMO) lo stesso giorno di approvazione degli emendamenti alle convenzioni e protocolli - viene fatta maggiore chiarezza sul concetto di place of safety e sul fatto che la nave soccorritrice  un luogo puramente provvisorio di salvataggio, il cui raggiungimento non coincide con il momento terminale delle operazioni di soccorso.

 

4 -  Legge nazionale, accordi bilaterali ed operazioni di pattugliamento congiunto .

Dopo la fulminea crisi diplomatica tra Italia e Libia, superata sulla base delle solide ragioni di  interscambio commerciale che legano i due paesi, come sempre sulla pelle dei migranti arrestati e deportati dalle autoritˆ libiche senza alcun rispetto per i diritti umani, il nuovo governo italiano ha annunciato un piano contro la immigrazione clandestina che prevede una pi energica azione di contrasto in acque internazionali. I dettagli tecnici del piano saranno definiti in una prossima seduta del Consiglio dei ministri. Intanto per˜ nel canale di Sicilia stanno partendo le missioni congiunte di contrasto dellĠimmigrazione clandestina promosse, o finanziate dallĠUnione Europea, e le decisioni che saranno assunte dal governo italiano si sovrapporranno alle iniziative giˆ i corso da parte dellĠAgenzia europea di controllo delle frontiere FRONTEX.

Sfugge ai nuovi padroni delle istituzioni italiane, che si fanno forti di un consenso popolare estorto diffondendo dati falsi sulla criminalitˆ e sullĠimmigrazione, e  che oggi stanno decidendo nuove misure repressive mettendo a rischio la vita di migliaia di persone,  che una buona parte di questi migranti sono potenziali richiedenti asilo provenienti da paesi in guerra o affitti da gravi conflitti etnici e religiosi. Si tratta di meno di venti mila persone allĠanno, anche donne, bambini, vittime di tortura, rispetto ai novecento mila immigrati irregolari giˆ presenti in Italia per effetto della legge Bosi Fini, senza tenere conto delle svariate centinaia di miglia di immigrati che, potendosi permettere lĠacquisto di un visto di ingresso per turismo,presso u consolato di u qualsiasi paese comunitario, rimangono poi nel nostro paese come irregolari ( overstayers)

Sempre pi spesso si tratta di  persone in fuga dalla guerra permanente che ormai dilania quasi tutti i paesi africani, dove le principali potenze mondiali si contendono le immense risorse naturali, alimentando i conflitti locali secondo la convenienza delle grandi multinazionali o delle nuove tigri economiche dellĠestremo oriente. Una guerra in piena regola, una guerra commerciale in cui tutti sono contro tutti, una guerra che alimenta conflitti armati e desertificazione dei territori dai quali migliaia di disperati fuggono per salvare la vita. Solo una parte di questi migranti cerca di raggiungere lĠEuropa, la maggior parte si ferma non appena trova luoghi pi tranquilli, ancora vicini al paese di origine, ma questa veritˆ viene stracciata tutti i giorni dai grandi mezzi di informazione che producono solo allarmismo ed insicurezza, paventando la invasione di milioni di immigrati provenienti dallĠAfrica.

Di fronte a questa situazione lĠEuropa, e lĠItalia in particolare, si accingono a rendere sempre pi difficile la possibilitˆ di ingresso via mare, stanno criminalizzando lĠingresso irregolare, estendendo i tempi di trattenimento nei centri di detenzione amministrativa, anche se poi tutti concordano sul fatto che una buona parte di questi migranti avrebbe il diritto di conseguire il riconoscimento dello status di rifugiato o la protezione internazionale.

Per quanto concerne lĠItalia, la legge Bossi Fini n. 189  del 2002 ha previsto una zona contigua al limite delle acque territoriali, nella quale le unitˆ militari italiane possono esercitare poteri di polizia. Non risulta per˜ che lĠItalia abbia effettivamente costituito una zona contigua alla quale pure fa riferimento il Decreto interministeriale 14 luglio 2003, che dettava indicazioni operative per dare attuazione allĠart. 12 del testo unico sullĠimmigrazione, come modificato dalla legge Bossi-Fini[10]. Rimangono quindi assai dubbi gli effettivi poteri di intervento delle autoritˆ navali italiane nella cd. zona contigua ed altrettanto incerto rimane, anche secondo gli operatori del settore, lĠeffettivo riparto delle competenze.  Si pu˜ anche ritenere che una zona contigua al limite delle 12 miglia delle acque territoriali esista, anche se non  stato mai emanato lĠatto regolamentare che ne definisce portata e competenze [11]  I comportamenti contrari alla legge posti in essere in questa zona contigua potrebbero essere assoggettati alle sanzioni penali previste dalle leggi nazionali, ma anche alle relative esimenti, come quella prevista dallĠart. 12 del T.U. sullĠimmigrazione, in caso di soccorso umanitario ( che richiede solo lo stato di bisogno e non lo stato di necessitˆ previsto dallĠart. 54 del codice penale) [12] . In ogni caso, per˜, il potere di blocco o di respingimento verso il porto di partenza delle unitˆ prive di bandiera, anche quando vi sia lĠassenso del paese di provenienza, deve cedere, al rispetto degli obblighi di salvaguardia della vita umana a mare e delle norme in materia di asilo e protezione umanitaria anche per effetto del disposto degli artt. 10 e 19 del vigente testo unico sullĠimmigrazione. NŽ si pu˜ ritenere che lĠaccertamento dello stato di salute dei migranti, frutto di apprezzamenti assai discrezionali di medici di fiducia delle autoritˆ marittime, condotti in alto mare, talvolta persino a vista, senza un effettivo esame clinico- strumentale, possa compromettere il diritto di fare ingresso nel territorio italiano per chiedere asilo o consentire il respingimento al limite delle acque territoriali di categorie assai vulnerabili come i minori e le donne in stato di gravidanza.

 

Laddove si verifica un esercizio abusivo del potere di respingimento ai limiti delle acque territoriali viene meno la punibilitˆ della condotta dei soggetti che hanno portato a termine azioni di salvataggio per motivi umanitari entrando nelle acque nazionali, e si potrebbe semmai profilare la responsabilitˆ penale, amministrativa e civile di quanti hanno concorso a ritardare o ad impedire lĠadempimento di un obbligo di salvataggio sancito a carico degli stati dalle Convenzioni internazionali e dal diritto internazionale del mare di fonte consuetudinaria, fonti normative direttamente operanti nel nostro ordinamento, in virt dei richiami degli articoli 10 ed 11 della Costituzione e degli artt. 2 e 19 del Testo Unico sullĠimmigrazione n. 286 del 1998.

In particolare, secondo lĠart. 33 della Convenzione di Ginevra nessuno pu˜ essere espulso o respinto verso le frontiere dei luoghi ove la sua vita o la sua libertˆ sarebbero minacciate a causa della sua razza, religione,nazionalitˆ,appartenenza ad un determinato gruppo sociale o delle sue opinioni politiche. In base a tale norma, anzi, si dovrebbe riconoscere la possibilitˆ di chiedere asilo anche nelle acque internazionali, o nei paesi di transito, rivolgendosi ad una autoritˆ nazionale, come un ufficio consolare, una nave battente bandiera nazionale, o una unitˆ militare che siano intervenute in operazioni di salvataggio [13].

 

Le prassi di respingimento collettivo in alto mare, inaugurate dal Governo italiano nel 1997 con il ÒbloccoÓ delle coste albanesi e proseguite poi nel 2004 nel canale di Sicilia, con il caso della nave tedesca Cap Anamur, reiterate con i respingimenti collettivi in mare effettuati ( o tentati) negli ultimi anni verso la Tunisia e la Libia, non possono neppure giustificarsi sulla base di intese che sarebbero intercorse tra i paesi di provenienza delle imbarcazioni cariche di migranti ed il governo italiano. Intese sottoscritte, come nel caso dellĠAccordo tra Italia ed Albania del 1997,o annunciate, ma rimaste segrete, e forse mai veramente sottoscritte, come nel caso della Libia nel 2003. Si  dunque fatto ricorso, pi spesso ad intese operative a livello di ministri dellĠinterno e di forze di polizia, intese maturate di volta in volta, come sembrerebbe si sia verificato nel luglio del 2004, dopo il vertice di Sheffield tra il ministro Pisanu ed il suo omologo tedesco Schily, intese comunque segrete, al punto che non si ha alcuna notizia ufficiale del contenuto degli accordi intercorsi con la Tunisia e la Libia in occasione di respingimenti effettuati recentemente verso le acque territoriali di quei paesi da parte di unitˆ della nostra Marina Militare. Nessun accordo di riammissione o di pattugliamento congiunto pu˜ prevedere forme di respingimento in alto mare che si concretizzano in respingimenti collettivi [14], e il Decreto interministeriale emanato nel 2003 dal governo Berlusconi, che prevedeva il ÒbloccoÓ in acque internazionali delle imbarcazioni cariche di migranti irregolari allo scopo di effettuare le ispezioni a bordo ( la cd. visita di bandiera) ed eventualmente il respingimento verso il porto di partenza, era rimasto per anni privo di attuazione,sotto il profilo del respingimento in alto mare, a parte il caso della nave tedesca Cap Anamur,  nel 2004, perchŽ in evidente contrasto con il diritto internazionale del mare, oltre che per lĠesemplare impegno di salvataggio della nostra marina, almeno fino al 2007. 

 

Nelle acque internazionali, al di fuori dei casi di terrorismo, pirateria ed inquinamento ambientale, si pu˜ esercitare un potere di interdizione della navigazione di una imbarcazione carica di migranti irregolari solo da parte dello stato di bandiera ( o con la autorizzazione dello Stato di bandiera), ma sempre che questo non comporti la violazione di diritti fondamentali della persona [15].  Una cosa  impedire lĠavvicinamento alle acque territoriali, altra e ben pi grave decisione  quella di respingere i natanti carichi di migranti verso i porti di partenza, magari in condizioni di scarsa navigabilitˆ, allĠapprossimarsi della notte o con condizioni meteo-marine sfavorevoli, magari allo scopo di riconsegnarli alle autoritˆ marittime dei paesi di transito dai quali provengono. Sul punto gli accordi di riammissione e di cooperazione di polizia sono assai lacunosi, almeno nei pochi testi che si conoscono, perchŽ ciascun paese di transito tende ad evitare il respingimento verso le sue coste di cittadini di paesi terzi, che poi dovrebbero essere successivamente espulsi verso i paesi di provenienza. DĠaltra parte le cd. carrette del mare si trovano in condizioni di navigabilitˆ in cui il semplice esercizio del diritto di visita, non parliamo del cd. blocco navale, pu˜ esporre i migranti al rischio del naufragio, come purtroppo si  verificato anche nel corso di interventi nel canale di Sicilia da parte di mezzi della marina militare, a seguito dellĠÓaffiancamentoÓe dello spostamento delle persone verso un bordo dellĠ imbarcazione Si osserva cos“ come Òle violazioni delle norme sullĠimmigrazione possono costituire illeciti rilevanti per gli ordinamenti nazionali degli Stati che ne sono coinvolti ( Stato di partenza o Stato di arrivo o entrambi). Ma  ovvio che qualsiasi illecito di immigrazione clandestina si consuma soltanto dopo che le persone coinvolte sono entrate nel mare territoriale dello Stato di destinazione ( o di uno Stato di transito), e non giˆ prima, e cio quando la nave che li trasporta si trova ancora in alto mareÓ[16]. 

 

Le prescrizioni  derivanti da normative comunitarie, come il Regolamento che nel 2004 ha istituito lĠAgenzia di controllo delle frontiere esterne Frontex, o la attuazione di Accordi internazionali come il Protocollo aggiuntivo alla Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale relativo al traffico clandestino di migranti, non intaccano questi principi, autorizzando soltanto il diritto di visita in acque internazionali nel caso di nave senza nazionalitˆ o non battente una bandiera di stato.

 

5 – Paradossi e fallimenti nelle operazioni di contrasto in mare dellĠimmigrazione clandestina.

Quando poi dai proclami politici, e dalle leggi liberticide, si passa alla attuazione concreta dei provvedimenti e delle misure operative poste in essere per combattere lĠimmigrazione irregolare, i risultati sono pi simbolici che effettivi, ma tanto basta – si ritiene - per legittimare il consenso elettorale ottenuto strumentalizzando la richiesta di sicurezza dei cittadini. Si  detto giˆ della sostanziale riduzione nello scorso anno degli arrivi via mare in Italia dai paesi del Nord-africa. Si deve aggiungere nello stesso periodo il fallimento delle missioni Frontex che nellĠintero bacino del Mediterraneo malgrado lĠaumento delle operazioni di pattugliamento congiunto hanno intercettato soltanto 11. 476 migranti contro i  23.438 intercettati nel 2006 ( dati ufficiali dellĠAgenzia Frontex). Si pu˜ osservare in sostanza come il numero degli arrivi dai paesi africani possa diminuire anche quando lĠefficacia operativa delle missioni Frontex si dimezza. Evidentemente il numero dei migranti ÒclandestiniÓ che raggiungono le coste italiane diminuisce ( o potrebbe in ipotesi aumentare) indipendentemente dallĠefficacia delle operazioni di contrasto finanziate dallĠagenzia FRONTEX, che per lĠanno in corso ha chiesto ed ottenuto un raddoppio del budget, impegnato prevalentemente in spese per il personale e per finanziare convegni ed attivitˆ di monitoraggio e coordinamento. Per queste ragioni, su sollecitazione di diversi stati europei, i competenti organismi comunitari stanno indagando sulla opportunitˆ di continuare a finanziare in modo cos“ massiccio una agenzia che ogni anno  registra risultati sempre pi fallimentari. E se in Spagna il numero dei migranti irregolari in ingresso nel 2007  diminuito si deve soltanto agli accordi bilaterali,  non solo di riammissione ma anche di cooperazione economica, conclusi tra quel paese ed il Marocco, piuttosto che  alla presenza delle unitˆ di Frontex nelle acque del Mediterraneo e dellĠAtlantico.

Il 22 aprile scorso, nel canale di Sicilia, era programmato lĠavvio dellĠoperazione Nautilus III, nel quadro delle attivitˆ dellĠAgenzia europea di controllo delle frontiere FRONTEX, per svolgere attivitˆ di pattugliamento congiunto e di contrasto dellĠimmigrazione illegale tra la Sicilia, Malta e la Libia. La missione dovrebbe avere una durata di 23 settimane con un costo a carico dellĠUnione europea di 8 milioni di euro, pi di un decimo dellĠintero bilancio di Frontex per il 2008.Lo scorso anno, la precedente missione di Frontex nel Canale di Sicilia,  denominata Nautilus II, avrebbe dovuto durare per due mesi ma si era chiusa anticipatamente agli inizi di agosto a fronte della scarsitˆ di risultati e della divergenza di vedute tra gli stati che vi partecipavano.

Anche  lĠoperazione per il 2008  stata bloccata allĠultimo momento perchŽ si  ancora registrato un disaccordo tra gli stati partecipanti sulle regole di ingaggio nel caso di intercettazione delle imbarcazioni cariche di migranti in acque internazionali o in acque di competenza delle autoritˆ libiche, e su quali paesi avrebbero dovuto prendere in carico gli stessi migranti in caso di azioni di salvataggio. Francia e Germania, in particolare, si sarebbero rifiutate di praticare il cd. burden sharing, la condivisione degli oneri relativi allĠassistenza ed allĠaccoglienza dei migranti nei casi nei quali non fosse stato possibile il respingimento verso i porti di partenza. In realtˆ rimangono poco chiare e non condivise le basi legali di queste operazioni, con riguardo al contrasto con i principi del diritto del mare universalmente riconosciuti, soprattutto per quanto concerne la scelta tra i tentativi di respingimento verso i porti di partenza ed i doverosi interventi di salvataggio. Si tratta di una scelta che pu˜ avere un elevato costo in termini di vite umane. Ancora in queste settimane si registrano numerosi morti  e dispersi sulle rotte del Canale di Sicilia,anche se i media italiani ne parlano sempre meno. Le autoritˆ libiche, quando sono state chiamate per interventi di soccorso non hanno dimostrato la necessaria tempestivitˆ. EĠ peraltro ben nota la sorte dei migranti che vengono respinti verso la Libia, paese che non riconosce la Convenzione di Ginevra a protezione dei rifugiati ed incarcera decine di migliaia di migranti irregolari in condizioni disumane e degradanti.

Ma la questione del rispetto dei diritti umani nei paesi di transito appare di secondaria importanza rispetto alle preoccupazioni economiche dei paesi europei coinvolti nelle operazioni FRONTEX. In diverse occasioni le autoritˆ maltesi hanno accusato il Consiglio dellĠunione Europea di non avere stabilito criteri vincolanti per la condivisione degli oneri derivanti dalle azioni di pattugliamento congiunto alle frontiere marittime meridionali, malgrado le numerose dichiarazioni di autorevoli esponenti comunitari, tra i quali il vice presidente Frattini che dichiaravano la necessitˆ di un Òapproccio globaleÓ al problema.. In diverse occasioni risulta che la Libia avrebbe rifiutato di riprendersi i migranti intercettati nel corso delle operazioni di pattugliamento congiunto gestite dalle unitˆ di FRONTEX.  Sembrerebbe adesso che la missione di FRONTEX denominata  Nautilus III avrˆ inizio dallĠ11 maggio, dopo lĠasserito superamento dei contrasti tra i diversi paesi che vi partecipano ( Malta, Italia,con unitˆ navali Francia e Germania con unitˆ aeree) che  assumeranno la responsabilitˆ per il salvataggio dei migranti nelle acque nelle quali vi dovrebbe essere la competenza di salvataggio delle autoritˆ libiche..Le regole di ingaggio resterebbero quelle dello scorso anno, nel quale le operazioni Frontex nel canale di Sicilia erano andate incontro ad un penoso fallimento, producendo soltanto un aumento esponenziale delle vittime dellĠimmigrazione clandestina. A causa della presenza di unita militari di contrasto dellĠimmigrazione clandestina, rivolte al blocco marittimo,  le imbarcazioni utilizzate risultano sempre pi piccole e le rotte pi lunghe e pericolose.

Secondo quanto riferito dalla stampa maltese, tuttavia, resterebbe ancora la possibilitˆ che i migranti salvati dalle unitˆ di Frontex vengano riconsegnati alle autoritˆ libiche, quando non siano condotti a Malta o a Lampedusa. Anche in considerazione delle posizioni del nuovo governo italiano che sta adottando normative volte a criminalizzare qualunque ipotesi di ingresso clandestino e ad aumentare i casi di respingimento in frontiera, le prossime settimane ci diranno quante vittime ci saranno per scelte insensate che hanno solo valenza politica, anzi demagogica, ma che, anche con il sacrificio di decine di vite umane, non centrano neppure lĠobiettivo di ridurre lĠimmigrazione clandestina.

 

6 – Le prospettive europee tra egoismi nazionali e reticenze politiche.

 

Alla luce di quanto avviene in questi giorni nel Canale di Sicilia, emerge tutta la ipocrisia della risposta data poche settimane fa dalla Commissione Europea ad una interrogazione parlamentare che denunciava le dichiarazioni del leader libico Gheddafi che, a gennaio di questĠanno, aveva annunciato di volere procedere ad espulsioni di massa verso i paesi di provenienza di tutti i migranti irregolari presenti in Libia.  

La Commissione esprime innazituttoÒ la sua preoccupazione in merito allĠespulsione dal territorio della Libia di immigrati in posizione irregolare che potrebbero aver diritto a una protezione internazionale, e segue attentamente gli sviluppi della situazioneÓ. La Commissaria Ferrero-Waldner dichiara che Ò ha giˆ fatto presente alle autoritˆ libiche lĠesigenza di istituire il quadro giuridico necessario per garantire una protezione adeguata alle persone presenti sul territorio della Libia che avrebbero diritto di essere riconosciute come rifugiati, applicando il principio del Çnon respingimentoÈ, e ha chiesto che il problema venisse affrontato nel contesto di possibili futuri negoziati per un accordo tra Ue e Libia. In merito a tale questione, la Commissione sarebbe in stretto contatto con lĠAlto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR).

La Commissaria europea riferisce poi cheÓ secondo le ultime informazioni di cui dispone lĠUNHCR, la situazione sul posto sta lentamente (e positivamente) evolvendo. Pur non avendo ancora firmato un Çaccord de sigeÈ (accordo sulla sede) con le autoritˆ libiche, lĠUNHCR pu˜ comunque svolgere le sue attivitˆ sul posto, principalmente tramite unĠorganizzazione locale. Va inoltre ricordato che la Libia ha redatto di recente un progetto di legge relativo allĠasilo e alla protezione internazionale, che lĠUNHCR sta attualmente esaminandoÓ. Ma queste affermazioni possono bastare di fronte alle gravissime violazioni dei diritti umani dei migranti denunciate da anni da tutte le organizzazioni umanitarie come Amnesty ed Human Rights Watch (HRW) ? Ci si pu˜ accontentare della possibilitˆ di trasferire, dopo mesi di trattative sotterranee, alcune decine di migranti titolari del diritto di asilo in Europa? E tutti gli altri che rimangono nei 22 centri di detenzione in Libia? Chi si occuperˆ di loro?

Occorre ricordare a questo punto la gravitˆ delle affermazioni della Commissaria Ferrero Waldner con riferimento ad un paese nel quale sono internati oltre 50.000 migranti in condizioni disumane e degradanti e nelle quali le donne in transito sono sottoposte a stupri sistematici, anche da parte delle forze di polizia. E invece la stessa Ferrero Waldner aggiunge che Ònel contesto del dialogo generale tra UE e Libia, sono in corso discussioni volte a sviluppare quanto prima possibile la cooperazione internazionale su una migliore gestione della migrazione. Il settore della gestione delle frontiere riveste una particolare importanza. LĠUE sostiene che qualsiasi cooperazione pratica dovrebbe svolgersi nel pieno rispetto del diritto dei migranti e dovrebbe comprendere attivitˆ a sostegno di coloro che possono avere bisogno di protezione internazionaleÓ. Anche le richieste della Libia, tendenti ad un supporto economico delle attivitˆ di controllo delle frontiere meridionali con il Niger, sarebbero state soddisfatte. Si conclude infatti che Òper quanto riguarda le attivitˆ di cooperazione, finora la Libia ha beneficiato di progetti finanziati dalla CE nellĠambito del programma Aeneas per migliorare la gestione della frontiera meridionale con il Niger e per attuare un programma di assistenza agli immigrati che accettano volontariamente di ritornare al loro paese di origineÓ.

Malgrado le posizioni dichiarate dalla Commissione Europea, la Llbia non si ritiene ancora soddisfatta delle risorse ricevute per fortificare la frontiera sud con il Niger, mentre lo stato di quasi belligeranza tra Sudan e Chad rischia di chiudere qualunque possibilitˆ di fuga per i profughi provenienti dalla Somalia, dallĠEritrea, dallĠEtiopia. E in Libia gli abusi a danno dei migranti in transito non sono certo terminati con lĠapertura della sede dellĠACNUR a Tripoli o con i nuovi progetti di collaborazione che coinvolgono anche ONG italiane come il CIR ( Consiglio italiano per i rifugiati). Anche se questi fatti costituiscono novitˆ importanti, da non sottovalutare, non possono costituire la ragione per riconoscere nella Libia un Òpaese terzo sicuroÓ per lĠaccoglienza dei potenziali richiedenti asilo o protezione internazionale.

Sembra comunque certo, almeno secondo la stampa maltese, che, malgrado la apparente soluzione dellĠultima crisi diplomatica con lĠItalia,  la Libia non collaborerˆ con le operazioni di Frontex nel pattugliamento congiunto delle acque internazionali nel canale di Sicilia. NŽ sono in vista maggiori possibilitˆ di collaborazione con le unitˆ navali italiane quando dovessero essere costrette dal nuovo governo ad effettuare respingimenti in acque internazionali verso i porti libici. Le decisioni unilaterali annunciate con i prossimi provvedimenti governativi, che  imporranno alla marina militare il respingimento delle imbarcazioni cariche di migranti verso i porti di partenza, allontanano qualsiasi effettiva possibilitˆ di collaborazione a livello europeo, per praticare una politica di controllo delle frontiere marittime che sia capace di rispettare i diritti fondamentali della persona a partire dal diritto alla vita e dal divieto di trattamenti disumani e degradanti. La scelta italiana di imporre - unilateralmente - operazioni di respingimento in acque internazionali metterˆ sempre pi a rischio la vita dei migranti comunque costretti a fuggire dalla Libia affidandosi alle organizzazioni criminali, e potrebbe anche compromettere le relazioni diplomatiche con quel paese, sempre sullĠorlo di una crisi diplomatica.

Di fronte a questo disastro annunciato, voluto dal nuovo governo in nome delle esigenze di sicurezza dei cittadini che in Italia hanno dato il loro voto alle forze di centrodestra, non rimane che aumentare il livello dello scontro politico e giudiziario,  promuovendo azioni di denuncia in tutte le sedi internazionali per le violazioni, da parte delle autoritˆ italiane, delle Convenzioni internazionali e del diritto del mare universalmente riconosciuto. Occorre anche  raccogliere le testimonianze degli abusi che saranno ancora inflitti ai migranti, negli stati nordafricani, nelle acque del Mediterraneo e nei nostri ÒciviliÓ paesi di arrivo. Si potrˆ cos“ conoscere direttamente, dalla voce delle vittime, chi sono i veri responsabili delle stragi di ÒclandestiniÓ che non sono cifre da comprimere, ma rimangono uomini, donne, bambini, con le loro storie e le loro tragedie, in cerca di un futuro che oggi si vuole  negare. Anche quando accettano di vivere da schiavi. Almeno nessuno potrˆ dire, domani, Ònon sapevoÓ.

Fulvio Vassallo Paleologo

Universitˆ di Palermo

 



[1] Si veda G. Camarda, Tutela della vita umana in mare e difesa degli interessi dello Stato : i tentativi di immigrazione clandestina, in Rivista di diritto dellĠeconomia, dei trasporti e dellĠambiente, V, 2007

[2] Sulle competenze degli stati europei in applicazione del Regolamento Dublino n. 343 del 2003 si veda L . Neri, Profili sostanziali:lo status di rifugiato, in Diritto degli stranieri, a cura di B. Nascimbene, Padova, 2004, p. 1224 e segg.

[3] In questo campo lĠesperienza italiana , a partire dagli accordi di riammissione firmati nel 1998 con la Tunisia ed il Marocco dallĠallora ministro dellĠinterno Napolitano,  stata seguita poi da altri paesi europei. Sul punto si veda B. Nascimbene, Relazioni esterne e accordi di riammissione, in Le relazioni esterne dellĠUnione europea nel nuovo millennio, Milano 2001, pp. 297 ss.; R. Pisillo Mazzeschi , Strumenti comunitari di prevenzione e contrasto allĠimmigrazione clandestina, in Il Diritto dellĠUnione europea, 2004, pp. 723 ss.

[4]  Nella pi recente versione delle politiche europee di vicinato il problema della riammissione dei migranti irregolari provenienti da paesi terzi rimane ancora uno dei nodi pi problematici. Al riguardo si rinvia alla pericolosa involuzione che si registra nella elaborazione della cd. direttiva sui rimpatri, notevolmente peggiorata da un voto della Commissione LIBE del Parlamento Europeo nel settembre 2007.

[5] G. Camarda,, Tutela della vita umana in mare e difesa degli interessi dello Stato : i tentativi di immigrazione clandestina, in Rivista di diritto dellĠeconomia, dei trasporti e dellĠambiente, V, 2007  richiama Òi contenuti della nostra Carta costituzionale per sottolineare, ai fini dellĠargomento, la centralitˆ del secondo e del terzo comma del citato art. 10: La condizione giuridica dello straniero  regolata dalla legge in conformitˆ delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese lĠeffettivo esercizio delle libertˆ democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto dĠasilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla leggeÓ.

[6] Cfr. T. Scovazzi, La tutela della vita umana in mare, con particolare riferimento agli immigrati clandestini diretti verso lĠItalia, in Rivista di Diritto Internazionale, 2005, p. 106

[7] Cfr. G. Camarda,, Tutela della vita umana in mare e difesa degli interessi dello Stato : i tentativi di immigrazione clandestina, in Rivista di diritto dellĠeconomia, dei trasporti e dellĠambiente, V, 2007

[8] Sul rapporto tra gli obblighi di salvataggio sanciti dal diritto internazionale ed il diritto interno, si rinvia a T. Scovazzi, La lotta allĠimmigrazione clandestina alla luce del diritto internazionale del mare, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, 2003, fasc.4, p.48

[9] Sul concetto di luogo di sbarco sicuro G. Camarda, op. loc. cit., osserva  ÒUna particolare considerazione merita la problematica relativa a ci˜ che debba intendersi per conduzione della persona salvata in luogo sicuro. Infatti  dal momento dellĠarrivo in tale luogo che cessano gli obblighi internazionali (e nazionali) relativamente alle operazioni di salvataggio, che pertanto non si esauriscono con le prime cure mediche o con la soddisfazione degli altri pi immediati bisogni (alimentazione etc.). Con lĠentrata in vigore (luglio 2006) degli emendamenti allĠannesso della Convenzione SAR 1979 (luglio 2006) e alla Convenzione SOLAS 1974 (e successivi protocolli) e con le linee guida - adottate in sede IMO lo stesso giorno di approvazione degli emendamenti alle convenzioni e protocolli - viene fatta maggiore chiarezza sul concetto di place of safety e sul fatto che la nave soccorritrice  un luogo puramente provvisorio di salvataggio, il cui raggiungimento non coincide con il momento terminale delle operazioni di soccorso. Da notare che le Òlinee guidaÓ insistono particolarmente sul ruolo attivo che deve assumere lo Stato costiero nel liberare la nave soccorritrice dal peso non indifferente di gestire a bordo le persone salvateÓ.

[10] Sulla mancata istituzione di una Òzona contiguaÓ da parte dellĠItalia, si rinvia a T. Scovazzi, op. ult. cit., p. 53

[11]  In questo senso G. Camarda, op..ult. cit., secondo il quale Òla conseguenza logica  che nellĠordinamento interno tutti gli obblighi derivanti dallĠesistenza della zona contigua sono pienamente vigenti risultando implicitamente dal citato art. 12 del T.U. come modificato dalla legge da ultimo citata, la volontˆ dello Stato (e per esso del legislatore) di istituire la zona stessa o meglio (con un approccio di tipo dichiarativo e non strettamente costitutivo) di avvalersi de poteri previsti dalla convenzione di Montego Bay in tali spazi marini. Nei confronti della comunitˆ internazionale, lĠeventuale perdurare delle omissioni in ordine alle formalitˆ quanto meno di notificazione, impone, per˜, allo Stato italiano, caso per caso, lĠonere di provare, in occasione di eventuali controversie, che lo Stato interessato (normalmente lo stato di nazionalitˆ della nave oggetto di provvedimenti anche coercitivi) era venuto, in qualunque modo, a conoscenza dellĠavvenuto esercizio della volontˆ dellĠItalia in meritoÓ.

[12]  Secondo A. Casadonte,  Ingresso, soggiorno e allontanamento, Profili penalistici in Diritto degli stranieri, ( a cura di B. Nascimbene) , Padova, 2004, p. 660, nella definizione dello stato di bisogno Ò si prescinde dai requisiti richiesti dalla scriminante tradizionale e cio dallĠattualitˆ del pericolo, dalla non volontarietˆ dello stesso, dal riferimento di esso ad un danno grave alla personaÓ. Si pu˜ dunque Òritenere sufficiente, al fine dellĠapplicazione di questa scriminante, la dimostrazione che la condotta  consistita in attivitˆ di assistenza e di soccorso finalizzata a scopi umanitariÓ. 

[13] Si veda al riguardo Ò Advisory Opinion on the Extraterritorial Application of Non-Refoulement Obligations under the 1951 Convention relating to the Status of Refugees and its 1967 ProtocolÓ reperibile nel sito dellĠAlto commissariato delle Nazioni Unite www.unhcr.org.

[14] Come sottolineato in un documento dellĠASGI del 4 agosto 2006, ÒParticolarmente grave appare l'annuncio, dato dal Governo italiano, di volere procedere ad un pattugliamento al limite dei confini territoriali marittimi con la Libia allo scopo di contrastare l'uscita delle imbarcazioni dai porti e restituire i migranti stessi alle autoritˆ libiche. La Libia  un paese che non dˆ alcuna garanzia di tutela dei diritti fondamentali dell'Uomo ed in particolare dei potenziali richiedenti asilo, non avendo, come  noto, ad oggi, neppure ratificato la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati. Attuare con la Libia accordi di rimpatrio o altre forme di collaborazione, ivi compresi accordi di polizia mai sottoposti all'approvazione del Parlamento, rappresenta pertanto una gravissima violazione delle normative internazionali, comunitarie e di diritto internoÓ.

[15]  Nello stesso senso, cfr. G.Camarda, op. loc.. ult. cit.; si veda anche L.Salamone, Polizia marittima ed antiimmigrazione alla luce della recente normativa, in Diritto e diritti, versione telematica in www.diritto.it

[16] cos“ T. Scovazzi, op. cit.,  in Diritto, immigrazione e cittadinanza, 2003, n.4, p.52