Legislatura 16º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 089 del 12/11/2008


SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVI LEGISLATURA ------

89a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 

MERCOLEDÌ 12 NOVEMBRE 2008

(Antimeridiana)

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Presidenza del vice presidente NANIA,

indi del presidente SCHIFANI

e della vice presidente MAURO

 

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N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Italia dei Valori: IdV; Il Popolo della Libertà: PdL; Lega Nord Padania: LNP; Partito Democratico: PD; UDC, SVP e Autonomie: UDC-SVP-Aut; Misto: Misto; Misto-MPA-Movimento per l'Autonomia: Misto-MPA.

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RESOCONTO SOMMARIO

 

Presidenza del vice presidente NANIA

 

La seduta inizia alle ore 9,37.

Sul processo verbale

MONGIELLO, segretario. Dà lettura del processo verbale della seduta del 6 novembre.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

PEGORER (PD). Nel corso della lettura del processo verbale aveva manifestato alla Presidenza la volontà di prendere la parola per chiedere la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Non è possibile procedere alla verifica in quanto la richiesta è stata avanzata dopo che la Presidenza ha dichiarato approvato il processo verbale. (Proteste dai banchi dell'opposizione).

LEGNINI (PD). Per prassi ampiamente consolidata, è possibile chiedere la votazione del processo verbale anche in assenza di eventuali contestazioni in ordine al suo contenuto. Se la Presidenza non intende mettere in discussione tale prassi, il diniego alla verifica opposto dal Presidente di turno è incomprensibile.

PRESIDENTE. Ribadisce che la richiesta non può essere soddisfatta perché avanzata dopo che la Presidenza, non avendo colto la richiesta di intervento del senatore Pegorer, ha dichiarato approvato il processo verbale. (Vivaci proteste dai banchi dell'opposizione).

GARRAFFA (PD). Quanto sostenuto dal Presidente non risponde al vero, poiché gli Uffici avevano notato la richiesta di parola del senatore Pegorer.

PRESIDENTE. Per non dare adito alle accuse di mancata correttezza rivolte dal senatore Garraffa, revoca la precedente decisione e dispone la verifica del numero legale prima della nuova votazione del processo verbale. Avverte quindi che il Senato non è in numero legale e sospende la seduta per venti minuti.

 

La seduta, sospesa alle ore 9,45, è ripresa alle ore 10,07.

 

Previa verifica del numero legale, chiesta nuovamente dal senatore PEGORER (PD), il Senato approva il processo verbale della seduta del 6 novembre.

 

Comunicazioni della Presidenza

 

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

 

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

 

PRESIDENTE. Avverte che dalle ore 10,08 decorre il termine regolamentare di preavviso per eventuali votazioni mediante procedimento elettronico.

Sulla mancata elezione del Presidente della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisi

PERDUCA (PD). Dopo il quarantaquattresimo tentativo andato a vuoto di eleggere il Presidente della Commissione parlamentare di vigilanza dei servizi radiotelevisivi, sollecita i Presidenti delle due Camere a convocare ad oltranza la Commissione, così come era stato preannunciato. Si tratta infatti di costituire un organo di rilievo costituzionale che ha il compito di nominare il consiglio di amministrazione della RAI e di regolare la presenza radiotelevisiva nei periodi di campagna elettorale. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Pardi).

 

PRESIDENTE. Condivide le considerazioni di merito svolte dal senatore Perduca.

Seguito della discussione del disegno di legge:

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica

PRESIDENTE. Ricorda che nella seduta di ieri i relatori hanno integrato la relazione scritta. Comunica che sono state presentate alcune questioni pregiudiziali.

CASSON (PD). Illustra la pregiudiziale QP1, specificando gli articoli del provvedimento che suscitano perplessità sotto il profilo della compatibilità con norme costituzionali e comunitarie. L'articolo 46 che autorizza gli enti locali ad avvalersi della collaborazione di associazioni di cittadini nello svolgimento dell'attività di presidio del territorio, contrasta con l'articolo 117 della Costituzione, che attribuisce allo Stato l'esercizio esclusivo di funzioni di ordine e sicurezza pubblica, con l'articolo 13, che riserva alla sola pubblica autorità il potere di limitare la libertà personale, e con l'articolo 18 della Costituzione, laddove non esclude che le associazioni di cittadini abbiano carattere violento e perseguano finalità politiche. L'articolo 19, che incrimina a titolo di reato contravvenzionale l'ingresso e il soggiorno illegali nel territorio dello Stato, prevede una procedura incompatibile con l'articolo 24 della Costituzione nella misura in cui impedisce allo straniero l'esercizio del diritto alla difesa. La scelta di elevare a reato una condotta priva di offensività a terzi è, inoltre, contraria a principi di ragionevolezza e di eguaglianza. L'articolo 41 che subordina il rilascio del permesso di soggiorno alla stipula di un accordo di integrazione, condizionando in tal modo il rilascio del permesso di soggiorno alla valutazione discrezionale dell'autorità amministrativa, è incompatibile con l'articolo 10 della Costituzione che prevede una riserva di legge rinforzata in materia di condizione giuridica dello straniero e accorda una speciale tutela ai richiedenti asilo. L'articolo 39, che estende il termine massimo di detenzione nei centri per l'identificazione e l'espulsione, anche in mancanza di resistenza all'identificazione, contrasta con la direttiva comunitaria sul rimpatrio. L'articolo 44, che istituisce il registro delle persone non aventi fissa dimora, senza specificare le finalità di tale strumento, offende la dignità della persona, tutelata dall'articolo 2 della Costituzione, e viola il principio di legalità. (Applausi dal Gruppo PD).

SERAFINI Anna Maria (PD). Illustra la pregiudiziale QP2 evidenziando le perplessità di ordine costituzionale suscitate dagli articoli 5 e 9. La norma secondo cui lo straniero per contrarre matrimonio deve produrre un documento che attesti la regolarità del soggiorno contrasta con diritti fondamentali della persona sanciti nella prima parte della Costituzione. La norma che prevede il rimpatrio dei minori comunitari che esercitano la prostituzione, anche in assenza di motivi imperativi di pubblica sicurezza, è discriminante e contrasta con il diritto di libera circolazione dei cittadini europei. Tale disposizione va nella direzione opposta della legge sulla prostituzione minorile - di cui è stata relatrice - che ha rappresentato un notevole progresso e ha introdotto il reato di riduzione in schiavitù: il livello di civiltà di un Paese si misura anche dalla capacità di tutelare i minori e di sentirsi responsabili della loro crescita. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Astore).

LI GOTTI (IdV). L'articolo 19, che introduce il reato di ingresso illecito, è contrario ai principi costituzionali di eguaglianza e di legalità, in quanto fa dipendere la condizione di procedibilità della sentenza di non luogo a procedere da un fatto esterno alla condotta dell'imputato e ricadente nella sfera e nel dominio dell'autorità amministrativa. Pur essendo condivisibile l'obiettivo di contrastare duramente la criminalità organizzata, è doveroso difendere lo Stato di diritto: l'articolo 34, comma 1, lettera g), che modifica l'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975 nel senso di attribuire al tribunale di sorveglianza di Roma la competenza esclusiva delle decisioni sui reclami concernenti la proroga del regime carcerario speciale, deroga al principio del giudice naturale precostituito per legge, sancito dall'articolo 25 della Costituzione. (Applausi dai Gruppi IdV e PD).

MAZZATORTA (LNP). Il Gruppo Lega Nord Padania voterà contro le questioni pregiudiziali poste a fini puramente strumentali dall'opposizione. La previsione dell'articolo 46, concernente la possibilità per gli enti locali di collaborare con associazioni volontarie di cittadini, si limita a dare forma giuridica ad una prassi già in atto presso alcune amministrazioni e dà attuazione, in materia di sicurezza, al principio della sussidiarietà orizzontale. La previsione del reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato non presenta alcunché di eversivo ed è stata proposta, per la prima volta, in un disegno di legge presentato nel 1986 dall'allora ministro dell'interno Scalfaro. La stipula dei cosiddetti accordi di integrazione e l'estensione della durata massima di permanenza nei centri per l'identificazione e l'espulsione, di cui agli articoli 41 e 39, sono in linea con quanto previsto dalla legislazione di Francia, Germania e Regno Unito. Infine, l'obbligo di attestare la regolarità del soggiorno, previsto dall'articolo 5 per lo straniero che voglia contrarre matrimonio nello Stato, intende mettere fine allo scandaloso fenomeno dei matrimoni contratti dai clandestini al solo scopo di sanare la loro condizione, spesso dietro pagamento di una somma di denaro ad un cittadino sconosciuto che si presta a svolgere il ruolo di coniuge. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL. Congratulazioni).

CECCANTI (PD). Gli articoli 19, 39 e 47 del testo in esame, in materia di ingresso illegale nello Stato, di permanenza nei centri di identificazione e di rimpatrio dei minori, presentano profili di incostituzionalità in quanto sono in contrasto con alcune disposizioni comunitarie e, quindi, con il dettato dell'articolo 117 della Costituzione, secondo il quale la potestà legislativa è esercitata nel rispetto dei vincoli posti dall'ordinamento comunitario. Presentano inoltre profili di incostituzionalità la norma che incide sul diritto dello straniero a contrarre matrimonio, la previsione di una collaborazione in materia di sicurezza tra gli enti locali e le associazioni volontarie di cittadini (si rischia di violare il monopolio dell'uso di strumenti coercitivi da parte dello Stato, uno dei capisaldi dello Stato di diritto) e le misure che prevedono i cosiddetti accordi di integrazione e la schedatura delle persone senza fissa dimora. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

PASTORE (PdL). Le obiezioni sollevate dall'opposizione riguardano propriamente il merito del disegno di legge in esame, non la sua costituzionalità; ad esse si replicherà quindi più dettagliatamente nel corso dell'esame del provvedimento. Il testo è stato oggetto di un approfondito esame presso le Commissioni riunite, che ha permesso di smussare i punti di possibile contrasto con la Costituzione o con l'ordinamento comunitario. In particolare, è opportuno segnalare che la norma in materia di rimpatrio dei minori è volta a tutelare e non danneggiare questi soggetti, spesso vittime di reati particolarmente odiosi; eventuali aspetti poco chiari della norma potranno essere corretti, ma non si ravvisano aspetti di incostituzionalità. Per quanto riguarda il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, le Commissioni riunite hanno correttamente recepito alcune critiche dell'opposizione ed hanno compiuto una scelta equilibrata e ragionevole, mantenendo la previsione del reato, in quanto si tratta di una condizione che contrasta con l'ordinamento giuridico, ma passando da una pena detentiva ad una pecuniaria, onde evitare anche i rischi di un ulteriore sovraffollamento delle carceri.

PINZGER (UDC-SVP-Aut). Annuncia l'astensione del Gruppo nel voto sulla questione pregiudiziale.

 

Con votazione e controprova, chiesta dalla senatrice INCOSTANTE (PD), il Senato respinge la questione pregiudiziale avanzata, con diverse motivazioni, dal senatore Casson e da altri senatori (QP1), dalla senatrice Serafini e da altri senatori (QP2) e dal senatore Li Gotti.

PRESIDENTE. Dichiara aperta la discussione generale.

DE SENA (PD). Il testo in esame suscita tuttora alcune riserve di carattere tecnico, sebbene esso sia stato in parte migliorato presso le Commissioni riunite grazie anche al contributo dell'opposizione. Le misure in materia di contrasto al crimine denotano la carenza di una strategia generale sulla sicurezza e delineano una configurazione non aderente alle istanze che provengono dalle istituzioni competenti. È necessaria infatti una più attenta politica di prevenzione generale ed un aggiornamento degli strumenti di contrasto alla criminalità organizzata. Sotto questo profilo, la Commissione parlamentare antimafia che si è costituita ieri con l'elezione a Presidente del senatore Pisanu può rappresentare senz'altro uno strumento utile, anche in relazione all'esigenza di contrastare e di sconfiggere le varie forme di connivenza che si manifestano nelle aree afflitte da tale fenomeno e di garantire alla maggioranza onesta dei cittadini la possibilità di vivere in una realtà finalmente liberata dalle mafie. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

MUGNAI (PdL). Con il provvedimento in esame il Governo e la maggioranza forniscono una risposta concreta, chiara ed efficace alla pressante richiesta di sicurezza e di legalità proveniente da tutte le componenti della società; una risposta basata su un sano e robusto realismo e scevra da qualsiasi pregiudizio ideologico. Lo Stato non può in alcun modo sottrarsi al dovere di garantire la sicurezza, che rappresenta una delle condizioni indispensabili per la convivenza civile. A tal fine occorre arginare il fenomeno incontrollato dell'immigrazione clandestina, che in Italia ha raggiunto livelli non più tollerabili. Si è cercato di farlo attraverso l'adozione di misure presenti anche nell'ordinamento di altri Paesi europei, mentre una serie di altri interventi è mirata specificamente alla lotta alla criminalità organizzata interna ed internazionale. Sul fronte della criminalità comune, si prevedono aggravanti ed ulteriori sanzioni per una lunga serie di reati che mettono a repentaglio la sicurezza e la tranquillità dei cittadini, cercando in particolar modo di aumentare la protezione verso le categorie più deboli. Per quanto riguarda, infine, la possibilità per gli enti locali di collaborare con associazioni volontarie ai fini della sicurezza e del presidio del territorio, non vi è assolutamente l'intenzione di istituire delle ronde, ma semplicemente quella di promuovere nei cittadini il senso della legalità e dell'appartenenza alla comunità nazionale. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP. Congratulazioni).

MAGISTRELLI (PD). Il testo del provvedimento, ampiamente modificato ed integrato in Commissione, richiede un attento esame affinché l'obiettivo della tutela della sicurezza sia perseguito con efficienza, realismo ed equilibrio, evitando il ricorso a misure eccessivamente severe, inique ed inutili. Meritano condivisione le norme, peraltro già previste dal precedente Governo, volte ad aggredire i patrimoni mafiosi e a contrastare lo sfruttamento dell'immigrazione clandestina. Fermo restando che occorre intervenire anche sugli aspetti sociali che sono alla base della commissione dei reati, prevedendo più controlli e garantendo la certezza della pena e non solo criminalizzando determinate condizioni di disagio o inasprendo le sanzioni, è comunque apprezzabile la scelta di aggravare le pene per chi commette reati nei confronti di soggetti deboli, in particolare verso anziani, disabili e bambini, o per chi coinvolge minori nella commissione di reati. Sono pertanto condivisibili le misure relative all'accattonaggio, anche se appare eccessiva la previsione di sottrarre la patria potestà ai genitori del minore che sia sorpreso, anche una sola volta, a chiedere l'elemosina. A tale riguardo una ricerca commissionata dalla CEI evidenzia come le famiglie nomadi siano spesso vittime di un pregiudizio presso il Tribunale per i minori. Per quanto riguarda la presenza di stranieri in Italia, il disegno di legge contiene disposizioni eccessivamente rigide, come quelle che subordinano la concessione della cittadinanza o del permesso di soggiorno ad un coacervo farraginoso e superfluo di condizioni, frutto di un'impostazione estranea ad una cultura dell'accoglienza, che non tiene conto delle situazioni di disperazione presenti nel mondo e favorisce invece l'ingresso di chi versa in condizioni spesso migliori rispetto a quelle di molti italiani. Occorre infine prevedere idonei strumenti di prevenzione per i reati contro le cose e per le violazioni al codice della strada, fornendo alle Forze di polizia i mezzi e le risorse per effettuare i controlli ed individuare i responsabili delle infrazioni, contemperando le esigenze di deterrenza e di rigore con quelle del recupero degli individui che sbagliano e che devono essere messi in condizione di correggersi. (Applausi dal Gruppo PD e dei senatori Pardi e Giai).

 

PRESIDENTE. In relazione alla cerimonia per l'intitolazione della Sala delle conferenze del Senato ai caduti di Nassiriya e dell'operazione «Antica Babilonia», sospende brevemente la seduta.

 

La seduta, sospesa alle ore 11,34, è ripresa alle ore 12,20.

 

Presidenza del presidente SCHIFANI

In memoria dei caduti di Nassiriya e dell'operazione «Antica Babilonia»

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e con lui tutta l'Assemblea). Rende omaggio ai militati e ai civili morti nell'attentato di Nassiriya e ai caduti nell'ambito dell'operazione «Antica Babilonia», ricordando lo stile e la professionalità dimostrata dai militari italiani impegnati nella missione in Iraq, i quali non si sono mai comportati come una forza occupante, ma hanno piuttosto operato a favore della ricostruzione economica e civile del Paese attraverso una presenza discreta e dialogante, aperta alla popolazione locale. Ad ogni luttuosa notizia proveniente dall'Iraq il popolo italiano e tutte le forze politiche si sono stretti concordi intorno al dolore delle famiglie ed è per contribuire a mantenere viva la memoria di chi ha dato la vita per il Paese che la Sala per le conferenze stampa del Senato è stata intitolata al ricordo delle vittime dell'attentato del 12 novembre 2003 di Nassiriya e di tutti i caduti nell'ambito della missione «Antica Babilonia». (L'Assemblea osserva un minuto di raccoglimento. Generali applausi).

DI GIOVAN PAOLO (PD). Tra i caduti italiani in Iraq cui le Istituzioni devono conservare memoria vi è anche il giornalista Baldoni, il cui corpo è auspicabile venga finalmente ritrovato così da essere consegnato ai familiari.

PRESIDENTE. Nell'accogliere l'appello lanciato dal senatore Di Giovan Paolo, sottolinea che la Presidenza, nel corso dell'odierna cerimonia di intitolazione della Sala conferenze del Senato, ha doverosamente citato tra le vittime italiane in Iraq anche il giornalista Baldoni.

Saluto ad un gruppo di studenti dell'Università di Teramo

PRESIDENTE. A nome dell'Assemblea rivolge un saluto agli studenti dell'Università di Teramo presenti in tribuna. (Applausi).

Sullo stato dei rapporti tra il Movimento per l'Autonomia e la maggioranza

QUAGLIARIELLO (PdL). La notizia del ritiro delle deleghe agli assessori del Movimento per l'Autonomia da parte del Sindaco di Palermo pone più in generale un problema nei rapporti tra tale partito e la maggioranza. Considerato che il calendario prevede per la seduta pomeridiana l'elezione di due senatori Segretari del Consiglio di Presidenza, di cui quello designato dalla maggioranza è appunto un rappresentante del Movimento per l'Autonomia, appare opportuno, al fine di garantire i giusti equilibri e la corretta rappresentanza della maggioranza all'interno del Consiglio di Presidenza, procedere alla votazione non prima di aver chiarito lo stato dei rapporti tra il Movimento per l'Autonomia e la maggioranza. Sollecita a tal fine la convocazione della Conferenza dei Capigruppo per regolare il prosieguo dei lavori dell'Assemblea.

 

PRESIDENTE. Non facendosi osservazioni, accoglie la richiesta del senatore Quagliariello e convoca la Conferenza dei Capigruppo. La seduta è quindi sospesa.

 

La seduta, sospesa alle ore 12,28, è ripresa alle ore 13,12.

 

Presidenza della vice presidente MAURO

Sui lavori del Senato

PRESIDENTE. La Conferenza dei Capigruppo non ha approvato modifiche al calendario dei lavori dell'Assemblea.

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, nuova convocazione.

PRESIDENTE. D'intesa tra il Presidente del Senato e il Presidente della Camera dei deputati, la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi è convocata oggi alle ore 14,30 per procedere alla sua costituzione.

Dà annunzio degli atti di sindacato ispettivo pervenuti alla Presidenza (v. Allegato B) e toglie la seduta.

 

La seduta termina alle ore 13,14.

  

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del vice presidente NANIA

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,37).

Si dia lettura del processo verbale.

 

MONGIELLO, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 6 novembre.

 

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

 

Sul processo verbale

PEGORER (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PEGORER (PD). Signor Presidente, ho chiesto la parola nel corso della lettura del processo verbale per chiedere la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Mi dispiace, senatore Pegorer. (Proteste del senatore Legnini).

 

GARRAFFA (PD). Guardi bene, Presidente!

 

PRESIDENTE. Mi dispiace, collega. Però, poiché lei ha chiesto la parola dopo che avevo pronunciato la frase di rito per considerare approvato il verbale, vi sarà altra occasione per lei per fare valere queste ragioni. Mi dispiace, ma lei sa che nel nostro lavoro siamo coadiuvati dagli Uffici. (Proteste dai banchi dell'opposizione). Non dico che lei ha torto, ma avevo già pronunciato... (Commenti dei senatori Legnini e Barbolini).

 

GARRAFFA (PD). Presidente, è una prassi consolidata!

LEGNINI (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LEGNINI (PD). Signor Presidente, avrà assistito al fatto che per migliaia di volte si è chiesto da parte delle varie opposizioni, in particolare da parte dell'attuale maggioranza, allora opposizione, la verifica del numero legale senza eccepire alcunché sul verbale. Non voglio disquisire adesso sul tema, ma ciò che è certo è che la prassi consolidatissima vuole che si possa chiedere la verifica del numero legale sulla votazione del verbale, a prescindere dalle contestazioni.

Se la Presidenza vuole rimettere in discussione questa prassi lo deve fare in modo espresso e motivandolo, altrimenti tale è, tale rimane e non si discute. Quindi, non capisco il suo diniego.

PRESIDENTE. Collega Legnini, intanto la apprezzo per il garbo del suo intervento. Voglio solo dirle - e mi creda - che la richiesta non era prevedibile. Sarà cura di questa Presidenza essere particolarmente attenta in futuro. (Proteste dai banchi dell'opposizione).

Lei sa, senatore Legnini, che l'attività parlamentare è il risultato di un insieme di atti che si snodano in più momenti. Non credo che questo sia un fatto così fondamentale. Dico solo che siccome non era prevedibile, né c'era stata qualche avvisaglia di richiesta ... (Vive proteste dal Gruppo PD).

 

GARRAFFA (PD). Lei complica le cose, perché passa dalla verità alla bugia. Gli Uffici avevano notato che il senatore Pegorer aveva chiesto di parlare. (Commenti dai banchi del centrodestra).

 

PRESIDENTE. Il punto è il seguente. Io pensavo ad un rapporto parlamentare molto leale, molto chiaro ...

 

LEGNINI (PD). È sleale!

 

PRESIDENTE. Mi ascolti, senatore Legnini, per favore. Pensavo ad un rapporto parlamentare molto chiaro, molto leale e molto normale. Considerate le accuse del collega Garraffa, che parla di slealtà e di menzogna (Commenti del senatore Garraffa) e dato che questo è il vostro problema, va bene, revoco la decisione: procediamo alla verifica del numero legale. Complimenti, senatore Garraffa, ha vinto la sua battaglia!

 

GARRAFFA (PD). Poi le risponderò, signor Presidente, a proposito di questo.

 

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico. (Vivaci commenti dal Gruppo PD).

(Segue la verifica del numero legale).

 

Il Senato non è in numero legale.

Sospendo la seduta per venti minuti.

 

(La seduta, sospesa alle ore 9,45, è ripresa alle ore 10,07).

 

Ripresa della discussione sul processo verbale

PRESIDENTE. Passiamo nuovamente alla votazione del processo verbale.

PEGORER (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PEGORER (PD). Chiediamo nuovamente la verifica del numero legale.

  

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

  

Ripresa della discussione del processo verbale

PRESIDENTE. Metto ai voti il processo verbale.

È approvato.

 

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

 

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE.Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 10,08).

 

Sulla mancata elezione del Presidente della Commissione parlamentare
per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

PERDUCA (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. (Commenti dai banchi del Gruppo PdL).

 

PERDUCA (PD). Signor Presidente, se volete possiamo fare questo intervento tutti in coro.

 

PRESIDENTE. Prego, collega, non faccia caso agli ululati della maggioranza.

 

PERDUCA (PD). Sono abbastanza significativi, visto e considerato che si tratta del 44° voto andato a male per istituire una Commissione di rilevanza costituzionale. (Applausi ironici dal Gruppo PdL). Questo applauso mi incoraggia, perché mi pare di capire che qualcuno inizi a preoccuparsi dello stato di legalità nel Paese.

Ricordo che tra le funzioni della Commissione di vigilanza RAI, oltre alla nomina del Consiglio d'amministrazione, che è scaduto il 31 maggio, e all'adozione dei regolamenti di partecipazione ai confronti televisivi relativi alle elezioni (già ne abbiamo avuti tre e uno ne avremo tra poco), c'è anche il controllo delle presenze all'interno del servizio radiotelevisivo, che fino a tre anni fa era garantito in maniera indipendente dal "Centro di ascolto dell'informazione radiotelevisiva" radicale, mentre oggi non è demandato a nessuno, malgrado esistano anche le istituzioni.

Il problema è che questo stato di illegalità si protrae da settemesi. Non credo che i nostri interventi quotidiani possano sbloccare la situazione; va ricordato però - e chiedo a lei, signor Presidente, di farlo presente al Presidente del Senato e al Presidente della Camera dei deputati - che era stata annunciata una convocazione ad oltranza. Fino a quando quella Commissione non diventa un seggio elettorale che viene chiuso al momento in cui si elegge il Presidente, quella non è una convocazione ad oltranza.

Quindi, la nostra domanda posta quando abbiamo occupato il Parlamento resta: fino a quando intendete mantenere l'Italia in questo stato di illegalità? (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Pardi).

PRESIDENTE. Senatore Perduca, mi farò carico della sua richiesta, che peraltro condivido nel merito, come anche la qualità della sua opposizione nel metodo.

 

Seguito della discussione del disegno di legge:

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (ore 10,10)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 733.

Ricordo che nella seduta di ieri i relatori hanno integrato la relazione scritta.

Comunico che sono state presentate alcune questioni pregiudiziali.

Ha chiesto di intervenire il senatore Casson per illustrare la questione pregiudiziale QP1. Ne ha facoltà.

CASSON (PD). Signor Presidente del Senato, signori senatori e signori del Governo, sono diverse le disposizioni del disegno di legge n. 733 che generano rilevanti perplessità sotto il profilo della legittimità costituzionale e comunitaria, nonché della compatibilità con le norme di diritto internazionale vincolanti per l'Italia. Le norme a cui faccio riferimento sono gli articoli 46, 19, 41, 39 e 44.

In particolare, l'articolo 46 del disegno di legge autorizza gli enti locali - non meglio definiti - ad avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini non solo al fine di segnalare agli organi di polizia eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana o situazioni di disagio, ma anche per cooperare nello svolgimento di attività di presidio del territorio. Come si evince anche dalla rubrica dell'articolo in esame, che richiama soltanto l'esigenza di «presidio del territorio», tra le finalità che legittimano gli enti locali ad avvalersi di tali associazioni assume rilievo prevalente quella del presidio del territorio che, in quanto distinta, attiene evidentemente alla gestione dell'ordine e della sicurezza pubblica. Peraltro, l'esercizio di tali funzioni, in quanto distinte ed eccedenti la mera «polizia amministrativa locale», costituisce una competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, lettera h), della Costituzione. Questa norma, in quanto non autoapplicativa e come tale necessitante di provvedimenti esecutivi a livello regolamentare e locale, sembra configurare una delega in bianco all'ente locale, priva non solo di parametri normativi, ma anche di qualsiasi forma di controllo. La norma appare pertanto violare il riparto di competenze sancito dalla Costituzione all'articolo 117, in quanto si parla di attribuzioni tipiche della sovranità statuale, mentre tale previsione autorizza l'utilizzo di cittadini in quanto presidio anche a livello di enti locali, che non sono meglio determinati; questi potrebbero essere anche enti locali non territoriali. La norma, inoltre, ci appare in contrasto con l'articolo 13 della Costituzione nella parte in cui riserva alla sola pubblica autorità il potere legittimo di porre in essere atti limitativi della libertà personale secondo modalità, limiti e tempi previsti dallo stesso articolo 13 della Costituzione. Infine, la norma di cui all'articolo 46 non sancisce espressamente il carattere non armato e non violento di tali associazioni. Se per di più esse perseguissero anche indirettamente scopi politici (il che non è escluso dalla norma) e fossero armate, esse incorrerebbero nel divieto di cui all'articolo 18 della Costituzione.

La seconda norma che contestiamo è quella contenuta nell'articolo 19 del disegno di legge in esame che incrimina, a titolo di reato contravvenzionale, l'ingresso e il soggiorno illegali nel territorio dello Stato. La norma prevede, inoltre, quale condizione di procedibilità non rinunciabile dall'imputato la sua mancata espulsione dal territorio dello Stato, secondo un procedimento che appare incompatibile con l'articolo 24 della Costituzione, nella misura in cui impedisce allo straniero l'esercizio del diritto inviolabile alla difesa, precludendogli la possibilità di dimostrare in giudizio la propria innocenza. Inoltre, la mancata previsione di una scriminante o, comunque, di una causa di non punibilità in favore delle vittime di tratta, riduzione in schiavitù o in servitù o di altri delitti contro la personalità individuale è certamente incompatibile con quanto sancito dalla decisione quadro 2002/629/GAI e dalla direttiva 2004/81/CE, nonché dalla Convenzione ONU di Palermo sul trafficking, che recano norme a tutela delle persone offese da tali delitti. Desta, infine, perplessità rispetto ai principi di ragionevolezza, offensività e sussidiarietà del diritto penale la scelta di elevare a reato una condotta non solo priva di reale offensività a terzi, ma anche di un disvalore eccedente quello proprio del solo illecito amministrativo. Questo si dice in relazione, in particolare, alla sentenza n. 22 del 2007 della Corte costituzionale.

La terza norma che contestiamo è quella di cui all'articolo 41, che subordina il rilascio del permesso di soggiorno alla stipula di una sorta di accordo di integrazione con cui lo straniero si impegna a conseguire obiettivi di integrazione, non meglio specificati, mentre la perdita dei crediti determina l'espulsione immediata dello straniero. La norma subordina, quindi, il rilascio del permesso di soggiorno alla valutazione (necessariamente discrezionale) da parte dell'autorità amministrativa. Tale previsione appare incompatibile con la riserva di legge (peraltro rinforzata) di cui all'articolo 10, capoverso, della Costituzione, in materia di disciplina della condizione giuridica dello straniero. Questa norma appare, infine, contrastare con la protezione accordata dal diritto internazionale e dall'articolo 10 della Costituzione ai richiedenti asilo, nella misura in cui non esclude dalla possibilità di revoca o rifiuto del permesso di soggiorno i titolari di protezione umanitaria, i rifugiati e i richiedenti asilo.

La quarta norma è quella di cui all'articolo 39, che dispone l'estensione del termine massimo del trattenimento dello straniero nei centri per l'identificazione e l'espulsione dagli attuali 2 a 18 mesi, in caso di difficoltà nell'accertamento dell'identità e della nazionalità. La direttiva comunitaria sul rimpatrio, invocata dal Governo a sostegno di tale novella, prevede che il termine massimo di 18 mesi valga per i casi di resistenza (si prevede proprio così) all'identificazione, il che è evidentemente diverso dalla mera difficoltà nell'accertamento. In assenza di tali minimi correttivi, la prevista estensione della durata massima della detenzione amministrativa sino a 18 mesi rischia di contrastare non solo con il principio di ragionevolezza ma anche con la stessa direttiva, pur invocata dal Governo, a sostegno della modifica normativa.

L'ultimo articolo contestato è il 44, che istituisce, presso il Ministero dell'interno, quello che abbiamo definito il registro dei clochard, il registro cioè delle persone che non hanno fissa dimora, rimettendo a un decreto del Ministero dell'interno la disciplina di funzionamento del registro. Nella misura in cui assoggetta a una sorta di schedatura le persone per il solo fatto di essere senza fissa dimora, senza neppure specificare le finalità per cui tale registro è costituito e quale dovrebbe essere la sua funzione, la norma appare incompatibile con i principi di eguaglianza, ragionevolezza, nonché con la tutela della dignità della persona, sancita come diritto inviolabile dall'articolo 2 della Costituzione e dall'articolo 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Inoltre, la norma appare violare il principio di legalità nella misura in cui rimette quasi integralmente la disciplina di un istituto (quale quello della schedatura delle persone senza fissa dimora) che incide su diritti soggettivi (in particolare sulla dignità delle persone) a un mero decreto ministeriale, senza neppure richiamare l'esigenza di conformità con la disciplina sulla tutela dei dati personali di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003.

Per tutte queste considerazioni e in relazione alle norme del disegno di legge che abbiamo citato, si chiede che, a norma dell'articolo 93 del Regolamento, non si proceda all'esame del disegno di legge n. 733. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire la senatrice Serafini Anna Maria per illustrare la questione pregiudiziale QP2. Ne ha facoltà.

SERAFINI Anna Maria (PD). Signor Presidente, il disegno di legge in esame solleva in più punti perplessità sotto il profilo della compatibilità con le norme costituzionali e comunitarie. Mi soffermo sull'articolo 5 e sull'articolo 47.

La norma di cui all'articolo 5 prevede che lo straniero che vuole contrarre matrimonio nella Repubblica deve presentare all'ufficiale dello stato civile non solo una dichiarazione dell'autorità competente del proprio Paese dalla quale risulti che nulla osta al matrimonio (come già previsto), ma anche un documento attestante la regolarità del soggiorno. Ora, subordinare l'esercizio di un diritto - quale quello al contrarre matrimonio - che è un diritto fondamentale e non di cittadinanza, riconosciuto alla persona in quanto tale e non in quanto cittadina, al possesso di un documento che attesti la regolarità del soggiorno pare in contrasto con gli articoli 3, 29, 30 e 31 della Costituzione, nonché con gli articoli 9 e 21 della Carta di Nizza, nella misura in cui priva di tale diritto fondamentale lo straniero irregolarmente soggiornante nel territorio dello Stato. Appare sul punto particolarmente significativo che l'articolo 29 della Costituzione non faccia riferimento ai soli cittadini quali titolari di tale diritto.

Per quanto riguarda il secondo punto, la norma di cui all'articolo 47 - volta a consentire il rimpatrio assistito dei minori comunitari che esercitano la prostituzione - solleva diverse perplessità relativamente alla compatibilità con il diritto comunitario e internazionale. In particolare, contrasta con il divieto di discriminazione sancito dai Trattati comunitari e dall'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nella misura in cui impone al minore straniero un trattamento diverso rispetto ai cittadini italiani, disponendone l'espulsione anche in assenza delle ragioni di pubblica sicurezza e pericolosità sociale, che, sole, legittimano l'allontanamento dei cittadini comunitari. Né a tal fine varrebbe invocare la previsione secondo cui il rimpatrio dovrebbe comunque corrispondere all'interesse del minore. È infatti evidente che un minore che sia stato tolto dalla sua famiglia e costretto a venire in Italia per esercitare la prostituzione non potrebbe che essere ulteriormente danneggiato qualora venisse riconsegnato all'ambiente di origine.

Inoltre, la norma contrasta in più punti con le disposizioni della direttiva 38 del 2004 sul diritto di libera circolazione e soggiorno dei cittadini comunitari e dei loro familiari. Contrasta altresì con l'articolo 28 della direttiva, che prescrive che, nei confronti del minore, l'allontanamento - sempre che risponda al suo superiore interesse - non possa essere adottato se non in presenza di motivi imperativi di pubblica sicurezza. Ed è evidente, colleghe e colleghi, che tali motivi particolarmente gravi non possono presumersi per il mero fatto dell'esercizio della prostituzione, dal momento che altrimenti si presumerebbe un'ipotesi di pericolosità sociale, come tale incostituzionale.

Le maggiori organizzazioni che si battono per i diritti per l'infanzia, come l'UNICEF e «Save the Children», hanno avuto modo anche in questi giorni in audizione presso la Commissione bicamerale per l'infanzia di esprimere la loro preoccupazione per questa norma, ritenendola in contrasto con la Convenzione del 1989. Tale norma, se approfondiamo il suo nesso con la nostra legislazione, vediamo che contrasta con le leggi sulla tratta, cui ha lavorato la presidente Finocchiaro, e con la legge contro la pedofilia e la prostituzione minorile. Allorché dieci anni fa votammo all'unanimità la legge sulla prostituzione minorile, lo facemmo consapevoli di aver fatto un salto culturale nel definire la prostituzione minorile, i diritti dell'infanzia e il ruolo degli adulti e della comunità nei loro confronti. Come relatrice di quel provvedimento riscontrai l'attenzione da parte di tutte le componenti politiche e culturali per arrivare ad un testo che facesse del nostro Paese il portabandiera della tutela dell'infanzia e dell'adolescenza più disgraziate, più sfortunate, più depredate. La novità di quel testo risiede nel non essersi accontentati di una semplice aggravante, come prevedeva la legge Merlin, la prostituzione minorile, ma di trattare quest'ultima non solo con una legge a parte, ritenuta dall'ONU una delle migliori al mondo, ma come l'attentato più grande all'integrità e al futuro dell'infanzia, e, come tale, l'abbiamo definita moderna riduzione in schiavitù, secondo una dizione della Caritas.

Spesso, i bambini e gli adolescenti costretti alla prostituzione sono senza scampo, braccati da ogni dove e da chiunque. Noi abbiamo cercato di tutelarli, anche all'estero, con il reato di turismo sessuale. La polizia postale ha fatto grandi progressi contro la pedopornografia; la legge andrebbe ulteriormente applicata nella prevenzione e nella cura e con una mano più specializzata, come quella della polizia postale, nel contrastare anche su strada lo sfruttamento dei minori. A tal proposito abbiamo delle disponibilità, ma non possiamo su queste norme non tacere la nostra grande preoccupazione.

L'Italia che vorremmo è quella che non ha paura dei bambini stranieri e soprattutto non fa loro paura. La civiltà e la forza di un Paese si misurano proprio dalla responsabilità nei confronti della crescita dei bambini, di ogni bambino, a prescindere da tutto. Proprio nella richiesta di assunzione di questa specifica responsabilità sta l'innovazione più profonda introdotta dalla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia del 1989. Un bambino, da qualsiasi parte del mondo provenga, deve trovare in ogni Paese che ha ratificato la Carta la sua tana, il suo rifugio. Il bambino deve poter sentire che quali che siano le sofferenze che ha patito ora c'è chi si prenderà cura di lui e non lo abbandonerà. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Astore).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il senatore Li Gotti per illustrare un'ulteriore questione pregiudiziale. Ne ha facoltà.

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, intervengo per illustrare una questione pregiudiziale a causa di un problema di costituzionalità che intendiamo sollevare riguardo al comma 5 dell'articolo 19 nel testo proposto dalle Commissioni riunite. Il suddetto comma, infatti, fa dipendere la condizione di procedibilità della sentenza di non luogo a procedere da un fatto esterno alla condotta che viene attribuita all'imputato e ricadente nella sfera e nel dominio dell'autorità amministrativa. Ciò significa che, dinanzi al medesimo comportamento, il fatto esterno, ossia la possibilità di procedere all'esecuzione in concreto dell'espulsione (attività di natura meramente amministrativa), si pone, rispetto al fatto attribuito all'imputato, come condizione scriminante qualora l'autorità amministrativa riesca ad eseguire il provvedimento di espulsione, come non scriminante qualora l'autorità amministrativa non riesca a procedere all'esecuzione in concreto di tale provvedimento. Sicché la parità dei cittadini dinanzi alla legge viene differenziata nel trattamento per un fatto afferente non alla condotta del cittadino che ha dato luogo al processo, bensì al comportamento di un organo amministrativo che può o meno eseguire un provvedimento di espulsione. Riteniamo che una previsione del genere sia in profondo contrasto con l'articolo 3 della nostra Costituzione, che pone il principio basilare secondo cui la parità dei cittadini dinanzi alla legge rispetto alle loro condotte deve essere assoluta e non può essere condizionata da un comportamento che può far rilevare un illecito, sino alla conclusione del giudizio attraverso una sentenza, non dal fatto afferente alla condotta della persona sottoposta al procedimento, bensì da un organo esterno.

C'è un altro profilo che ritengo, sia pure sommariamente, di illustrare. È chiaro che nella materia del contrasto alla criminalità organizzata l'impegno di tutto il Parlamento e della politica in senso più ampio deve essere quanto più possibile forte, determinato e non deve subire condizionamenti. Sono convintissimo delle buone scelte che possono operarsi in tale direzione perché sono altrettanto convinto che il contrasto alla criminalità organizzata richiede il nostro impegno costante, determinato e coerente. Però, le norme da approvare e da proporre nell'interesse della collettività per il contrasto alla criminalità organizzata devono, comunque, ricadere nell'alveo costituzionale.

Ora, spiace rilevare che l'articolo 34 del testo proposto dalle Commissioni riunite, al comma 1, lettera g), in cui si propone una riformulazione del comma 2-quinquies, pone un problema di costituzionalità. Stiamo parlando in materia di applicazione o di proroga dell'articolo 41-bis. I proponenti, nell'illustrare questa norma, hanno fatto riferimento alla necessità di evitare che i detenuti sottoposti al regime del 41-bis possano scegliersi il luogo di detenzione in funzione della giurisprudenza che il tribunale di sorveglianza del luogo applica. Ed allora, al fine di evitare che i condannati o gli imputati ai quali si possa applicare o si è applicato il regime del 41-bis possano scegliersi il luogo di detenzione ricadente sotto la giurisdizione di un organo giurisdizionale che ha una sua giurisprudenza nell'affrontare diversi casi, per sopperire a questo rischio, in sostanza, si è introdotta una norma che introduce la competenza esclusiva in materia di reclamo sui provvedimenti applicativi o di proroga del regime di cui al 41-bis al tribunale di sorveglianza di Roma.

Pur facendo salva la buona intenzione di noi legislatori, purtroppo tale norma è in contrasto con l'articolo 25 della Costituzione, secondo il quale nessuno può essere distolto dal giudice naturale. Nella norma si richiama l'articolo 678 del codice di procedura penale che precisa qual è il tribunale di sorveglianza competente: è il magistrato di sorveglianza competente sull'istituto penitenziario ove è ristretto il detenuto. Noi non possiamo derogare al principio costituzionale sancito dall'articolo 25, sostenendo che per alcuni imputati la regola del giudice naturale non si applica: non possiamo farlo, anche se il motivo è nobile. Si vuole evitare che i detenuti possano andare negli istituti carcerari dove il giudice o la magistratura di sorveglianza è incline ad una determinata giurisprudenza; questo, però, non si può fare! Ritengo che fare buone norme significhi comunque rispettare i canoni dello Stato di diritto, anche quando i destinatari delle norme sono i peggiori criminali. Lo Stato è forte e contro il crimine si difende lo Stato di diritto per tutti. In questo sta la forza dello Stato! Rassegno, quindi, alla sensibilità dell'Assemblea questo profilo di costituzionalità che deroga al principio costituzionale del giudice naturale. (Applausi dai Gruppi IdV e PD).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, sulle questioni pregiudiziali presentate si svolgerà un'unica discussione, nella quale potrà intervenire un rappresentante per Gruppo, per non più di dieci minuti.

MAZZATORTA (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MAZZATORTA (LNP). Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei svolgere una breve replica alle tre questioni di pregiudizialità illustrate dai colleghi Casson, Serafini Anna Maria e Li Gotti.

In merito all'articolo 46 del testo del disegno di legge proposto dalle Commissioni riunite, che - ricordo - consente ai Comuni di avvalersi della collaborazione di gruppi di volontari per una funzione di segnalazione degli eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana o situazioni di disagio sociale, vogliamo far notare ai colleghi dell'opposizione che spesso si parla, magari a sproposito, di attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale; in particolare, il mondo del centrosinistra è molto vivace rispetto all'attuazione dell'articolo 118, quarto comma, della Costituzione per tutti i settori e tutte le attività di interesse generale, ad esclusione - guarda caso - del settore della sicurezza urbana. Eppure nei Comuni governati dal centrosinistra, come ad esempio Bologna, il fenomeno è radicato e ben funzionante ed i sindaci non hanno alcuna intenzione di eliminarlo. Noi prevediamo finalmente una cornice normativa ad un fenomeno che oggi è affidato meramente alla prassi.

Per quanto riguarda l'articolo 19, relativo al reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, vogliamo fare un riferimento alla storia del diritto dell'immigrazione. Siamo andati a verificare qual è stato il primo atto parlamentare che ha previsto l'introduzione del reato di immigrazione clandestina. Ebbene, penserete che sono atti a firma di qualche deputato o senatore della Lega o di Alleanza Nazionale, ma purtroppo non è così. L'atto parlamentare che per primo introdusse - o meglio avrebbe voluto introdurre - nel nostro ordinamento il reato di immigrazione clandestina fu il disegno di legge 3 gennaio 1986, n. 3641, d'iniziativa del Governo, presentato dall'allora ministro dell'interno Oscar Luigi Scalfaro, di concerto con il ministro degli esteri Andreotti ed il ministro di grazia e giustizia Martinazzoli. Il disegno di legge, presentato alla Camera dei deputati il 2 aprile 1986, prevedeva il reato di immigrazione clandestina in questi termini: «Chiunque si introduce nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni relative all'ingresso degli stranieri di cui al comma 1 dell'articolo 1», e parla di tutti gli stranieri, «è punito con la reclusione fino ad un anno e con la multa da 200.000 lire a 1 milione. Chiunque si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle prescrizioni sul permesso di soggiorno, è punito con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda fino a 400.000 lire». Quindi, cari colleghi dell'opposizione, se c'è stato un atto eversivo dal punto di vista costituzionale, imputatelo al presidente Oscar Luigi Scalfaro, presentatore allora di questo disegno di legge che, approvato dalla Camera dei deputati, purtroppo decadde per le elezioni anticipate del 1987. Credo di non dover insistere ulteriormente su questo punto per farvi capire come la questione da voi sollevata sia meramente strumentale.

Quanto alla norma contenuta nell'articolo 41 del disegno di legge in esame, relativa all'accordo di integrazione, anche in questo caso vi invitiamo a guardarvi attorno, a guardare all'Europa, ad esempio all'accordo di integrazione repubblicana previsto dalla legge francese, molto ma molto più rigoroso rispetto alla nostra proposta. Non c'è alcuna violazione di norme costituzionali e facciamo fatica anche a capire quale sia il parametro costituzionale che in questo caso ritenete violato, ma certamente l'accordo di integrazione va nel senso di responsabilizzare lo straniero che si presenta alle nostre frontiere e chiede di essere ammesso nel nostro territorio.

Per quanto riguarda il termine massimo del trattenimento dello straniero nei centri per l'identificazione e l'espulsione, potrei citare anche in questo caso l'esempio di altri Paesi europei, quali la Germania, in cui dal 1992 è previsto un termine massimo di 18 mesi, o l'Inghilterra, dove addirittura non c'è nemmeno un termine massimo e la permanenza può essere anche di alcuni anni. Ricordo che nella stessa Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950 è già prevista la possibilità per gli Stati aderenti di prevedere, leggo testualmente: «(...) misure custodiali provvisorie straordinarie, preordinate all'esecuzione del provvedimento di espulsione di stranieri». Quindi, già nel 1950 qualcuno aveva previsto la possibilità di utilizzare questi strumenti per rendere celeri le procedure di espulsione.

Mi soffermo, infine, sulla norma contenuta all'articolo 5 del disegno di legge in esame, presentata come una norma che violerebbe una serie di articoli della Costituzione (3, 29, 30 e 31). Essa si riferisce al fenomeno scandaloso - questo sì! - dei matrimoni tra clandestini e cittadine italiane o neocomunitarie, spesso e volentieri ragazze allo sbando (si tratta soprattutto di giovani e tossicodipendenti). Dovete sapere - e noi come amministratori locali lo sappiamo bene - che esiste ormai un vero e proprio tariffario. Infatti, chiedere la pubblicazione, procedere alla celebrazione del matrimonio di fronte all'ufficiale di stato civile di un Comune e presentare il giorno dopo domanda di permesso di soggiorno per motivi familiari rappresenta ormai una procedura surrettizia di sanatoria della clandestinità, e i clandestini lo hanno capito. Ovviamente chiedono la pubblicazione degli atti matrimoniali con un nubendo che non conoscono assolutamente, ma nei cui confronti provvedono a versare una tariffa che va dai 3.000 ai 4.000 euro, c'è ormai anche un tariffario ben indicato. (Commenti dei senatori Perduca e Baio). Si tratta di un mercimonio dell'istituto matrimoniale, finalizzato a sanare situazioni di clandestinità che noi non possiamo accettare. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL). Tutti i Comuni, compresi quelli governati dal centrosinistra, non accettano questa situazione e ci chiedono di cambiare rispetto ad una norma, l'articolo 116 del codice civile, scritta nel 1940, in un'epoca storica in cui non erano ammessi matrimoni tra clandestini e cittadini italiani o neocomunitari.

Per questi motivi voteremo ovviamente contro le questioni pregiudiziali proposte. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL. Congratulazioni).

CECCANTI (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CECCANTI (PD). Signor Presidente, in tre punti su sette, segnalati dai colleghi del mio Gruppo intervenuti precedentemente, il senatore Casson e la senatrice Serafini, siamo in presenza di violazioni dell'articolo 117 della Costituzione che, com'è noto, nella nuova formulazione del Titolo V recita: «La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché» - questo è il punto che vorrei sottolineare - «dei vincoli derivanti dell'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali». Da quando è entrata in vigore la nuova formulazione dell'articolo 117, la violazione di direttive comunitarie, in particolare, significa violazione della Costituzione, poiché le direttive sono norme interposte rispetto al controllo di costituzionalità.

Tale questione si pone in primo luogo in riferimento all'articolo 19 del testo proposto, che prevede l'incriminazione a titolo di reato contravvenzionale dell'ingresso e soggiorno illegali, quantomeno perché non si prevedono delle eccezioni per le vittime di tratta, protette dalla direttiva n. 81 del 2004 dell'Unione europea.

Un ulteriore problema è posto dall'articolo 39, sull'estensione del termine massimo del trattenimento dello straniero da 2 a 18 mesi. Anche in questo caso le direttive comunitarie sul rimpatrio configurano questi termini in maniera del tutto diversa, ossia per i casi di resistenza all'identificazione e per il solo tempo strettamente necessario all'espletamento diligente della modalità di rimpatrio. Siamo quindi in presenza di una violazione della Costituzione per via interposta attraverso la violazione di direttive.

Lo stesso discorso si pone anche per la norma di cui all'articolo 47, segnalata in primis dalla senatrice Serafini, sul rimpatrio assistito dei minori comunitari che esercitano la prostituzione, che vìola palesemente la direttiva n. 38 del 2004 sul diritto di libera circolazione.

Per quanto riguarda le ulteriori quattro norme, vorrei sottolineare, in relazione a quella di cui ha parlato il precedente oratore, il senatore Mazzatorta, sul diritto matrimoniale, che un conto è la repressione dei falsi matrimoni, mentre un altro è, in nome di tale repressione, andare a violare il diritto matrimoniale, che è un diritto non del cittadino, ma dell'uomo, come risulta peraltro anche dalla formulazione della nostra Costituzione, all'articolo 29, dove si parla di «società naturale fondata sul matrimonio», che mira esattamente a proteggere il cittadino da un eccesso di interventi illegittimi da parte dello Stato. C'è quindi un eccesso di zelo che va decisamente oltre misura.

Quanto all'articolo 46, relativo alla collaborazione con alcune associazioni - mi riferisco al tema delle cosiddette ronde - al di là del problema posto dal modo in cui è scritta la norma, che evidenzia anche dei nodi relativi all'articolo 18, comma 2, della Costituzione e quindi al divieto di associazioni militari e paramilitari, trasporre l'idea del principio di sussidiarietà verticale e orizzontale in questa materia risulta improponibile. Questo non lo affermo soltanto io: vorrei infatti segnalare l'editoriale del professor Carlo Cardia pubblicato sul quotidiano «Avvenire», normalmente abbastanza sensibile nei confronti del principio di sussidiarietà. Leggo testualmente ciò che ha scritto il professor Cardia su «Avvenire»: «L'ambiguo avallo che si vuole dare alla partecipazione dei cittadini alla tutela e sicurezza del territorio legittimando associazioni dei cittadini per la sorveglianza può provocare lo spostamento di un caposaldo storico dello Stato di diritto per il quale sicurezza e uso degli strumenti coercitivi appartengono allo Stato, non ai privati o a gruppi di persone. I pericoli a cui si va incontro avviandosi su questa strada sono diversi. I responsabili dell'ordine pubblico» - continua il professor Cardia - «vedono messa in discussione la propria autorità, mentre si chiede loro una difficile valutazione di iniziative private che possono sfuggire ad ogni controllo. Ai cittadini si lancia un messaggio distorto, perché si fa intravedere una facoltà di intervento autonomo rispetto agli organi dello Stato e maturare la convinzione che è possibile farsi giustizia da sé di fronte ai fatti ed eventi delittuosi. Infine, un Governo che vede nella tutela dell'ordine pubblico un punto d'onore del proprio programma quasi riconosce in questo modo che lo Stato non è in grado di assolvere un suo compito primario». Questo è ciò che scrive il professor Cardia su «Avvenire».

Per quanto riguarda il cosiddetto patto di cittadinanza, che è lasciato del tutto indistinto dalle norme, l'articolo 10 della Costituzione prevede invece una riserva di legge rinforzata in maniera assolutamente garantistica. Tale articolo prevede infatti: «La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme dei trattati internazionali». Qui, invece, la legge abdica al suo ruolo.

Per finire, sulla questione della dignità delle persone senza fissa dimora, per le quali è prevista una schedatura in evidente contrasto con il principio della dignità umana, deducibile dall'articolo 2 della Costituzione, vorrei richiamarmi alla conclusione dell'articolo del professor Carlo Cardia, anche in questo caso piuttosto tranchant. Dice il professore Cardia: «Anche l'idea di procedere ad una sorta di schedatura degli immigrati senza dimora si presenta potenzialmente lesiva dei diritti individuali, oltre ad essere del tutto inutile. In assenza di un progetto politico di respiro che riporti al centro la questione dell'integrazione degli immigrati è necessario ripartire da principi e valori che caratterizzano la nostra identità civile. Gli immigrati non sono gente da tenere a bada, ma persone con diritti che vanno riconosciuti e garantiti e con doveri di cui si deve chiedere l'assolvimento. Se si perde di vista questo presupposto», conclude il professor Cardia, «cristiano e culturale prima che giuridico, o si dimentica che le leggi nazionali e quelle internazionali si fondano sul rispetto della dignità umana e dei diritti fondamentali, che spettano a chiunque, si intraprende una strada sbagliata che può provocare disagi e proteste, che può giungere ad un risultato opposto a quello invocato dai teorici della securitate. C'è tempo e modo per rimediare ad errori come quelli di oggi, ma non si deve dimenticare che già su altre questioni il Governo ha potuto sperimentare i danni che derivano da scelte improvvisate e settoriali non condivise».

Se non volete ascoltare noi, ascoltate per lo meno il professor Cardia. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

PASTORE (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PASTORE (PdL). Signor Presidente, se si dovesse replicare a tutte le obiezioni sollevate dai colleghi dell'opposizione certamente non basterebbero i minuti assegnati e abuserei anche della pazienza dei colleghi senatori. Credo che tutte le obiezioni che abbiamo ascoltato siano di merito, non di costituzionalità, e le obiezioni di merito si possono anche ascoltare, recepire, approfondire, ma certamente non possono costituire oggetto di pregiudiziali quali quelle presentate dai colleghi. Infatti, ad ogni questione da loro contestata vi è una replica, che verrà fatta sicuramente in dettaglio in sede di esposizione del testo e dell'articolato come pervenuto dalla Commissione e anche in sede di illustrazione e di voto dei singoli emendamenti.

Voglio solo segnalare che tali questioni sono state approfondite in maniera certosina dalle Commissioni riunite 1a e 2a, che hanno ritoccato più volte il testo proprio per evitare contraddizioni e contrasti con la normativa comunitaria, perché non mi sembra che le contestazioni sollevate dai colleghi del centrosinistra in quest'Aula si riferiscano a questioni che violano in maniera palese o indiretta le disposizioni comunitarie; così come si è cercato di effettuare un'attenta lettura e traduzione delle norme per evitare che queste si applicassero in maniera discriminatoria a soggetti immigrati piuttosto che a cittadini. Molte delle norme indicate, per ultimo ricordo quella citata dal collega Ceccanti, si applicano anche ai cittadini italiani, che rappresentati da questa maggioranza sono ben disponibili a sobbarcarsi ulteriori oneri pur di contrastare fenomeni che oggi una comunità civile non può più tollerare.

Voglio infine far riferimento, in maniera molto breve, a due questioni sollevate dai colleghi dell'opposizione. La prima riguarda il rimpatrio dei minori. Se vi sono manchevolezze o questioni poco chiare nel testo della norma si possono ben correggere, ma non mi sembra che la norma sia stata formulata in danno dei minori. È stata una norma voluta per proteggere quei minori oggetto del turpe fenomeno della tratta e della riduzione in schiavitù attraverso la loro prostituzione sulle nostre strade. Quindi, se vi sono dubbi che lo Stato italiano non possa intervenire sotto il profilo umanitario nei confronti di questi soggetti - dubbi che personalmente non ho - o si dubita che lo Stato di appartenenza possa tutelare questi minori - cosa che ritengo si possa benissimo realizzare attraverso i normali canali diplomatici e consolari - allora è magari opportuna una precisazione nel testo della legge, ma certamente non vi è una obiezione di carattere costituzionale.

La seconda questione riguarda il reato di clandestinità. Credo che la Commissione abbia compiuto un lavoro molto intelligente, molto equilibrato e molto sensato ed ha spuntato le armi a quelle critiche, anche giustificate, che vedevano nell'introduzione di questo reato un rischio di intasamento delle carceri o della macchina giudiziaria. Proprio derubricando il reato da delitto a contravvenzione questi rischi sono venuti meno, ma si vuole affermare in maniera esplicita e solenne nel nostro ordinamento che la clandestinità è un reato; è un fatto antigiuridico e viene come tale riconosciuto attraverso una qualificazione, la più significativa del nostro sistema giuridico.

Tra l'altro, si è parlato di violazione dei diritti della difesa dell'immigrato clandestino. A me non sembra: se si celebra un processo non vi è nessuna norma che preveda una diminuzione della garanzia e delle tutele per il soggetto incriminato per quel tipo di reato. Si dice soltanto che se quel soggetto non è più sul territorio italiano non si procede all'accertamento del reato ritenendo che, trattandosi probabilmente di un reato continuato, ci possa essere un fatto che libera le nostre aule giudiziarie da un accertamento che tutto sommato diventerebbe inutile.

Ripeto: è una scelta equilibrata, ragionevole che dovrebbe raccogliere anche il consenso dei colleghi dell'opposizione se anche loro condividessero questo principio: cioè che la presenza, in maniera irregolare, sul territorio dello Stato è un fatto antigiuridico, che come tale bisogna anche sanzionare così come si conviene.

PINZGER (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PINZGER (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, comunico che il Gruppo UDC, SVP e Autonomie, come in passato, si astiene sulla questione pregiudiziale.

PRESIDENTE. Metto ai voti la questione pregiudiziale, avanzata, con diverse motivazioni, dal senatore Casson e da altri senatori (QP1), dalla senatrice Serafini Anna Maria e da altri senatori (QP2), e dal senatore Li Gotti.

Non è approvata.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la controprova.

 

PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.

Proclamo il risultato della votazione mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

275

Senatori votanti

274

Maggioranza

138

Favorevoli

123

Contrari

148

Astenuti

3

Il Senato non approva.

Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore De Sena. Ne ha facoltà.

DE SENA (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, il provvedimento all'esame oggi dell'Assemblea impone alcune riflessioni di carattere tecnico che non possono essere disattese.

Già in sede di Commissioni riunite sono stati affrontati criticamente alcuni passaggi del disegno di legge, che tuttora permangono e confermano a mio parere la carenza di una strategia generale coerente con la costante ed altrettanto generale istanza di sicurezza da parte dei cittadini utenti. Indubbiamente è da prendere atto di un'iniziale inversione di tendenza in Commissione, in sede di dibattito-confronto, laddove alcune significative proposte delle opposizioni sono state finalmente prese in considerazione a titolo di contributo migliorativo e fanno parte di un accettato pacchetto emendativo, ma da tecnico e sulla base di una specifica, seppur modesta, ma pluriennale esperienza, devo formulare alcune riserve.

Sul piano sistemico e in generale il pacchetto sicurezza trova una configurazione che sicuramente non è aderente a quell'istanza istituzionale molto precisa e dettagliata che ci perviene dalle competenti istituzioni per quanto riguarda il contrasto alla grande criminalità mafiosa e la prevenzione generale sul nostro territorio. Sono considerazioni che non solo vanno verso la dinamica della grande criminalità organizzata, ma richiedono l'esibizione della pubblica amministrazione e di una politica più attenta nel settore della prevenzione generale, che secondo me costituisce la vera esibizione dell'intelligenza investigativa. La prevenzione generale pretende, oggi specialmente, una cura particolare da parte della politica e della pubblica amministrazione nelle sue varie componenti, politica e pubblica amministrazione che devono assolutamente recuperare la propria credibilità, offrendo una migliore configurazione del sistema sicurezza nella sua accezione più ampia. In alcune circostanze sarà allora necessario, signor Presidente, fare anche autocritica e confrontarsi su questo grande tema con le istituzioni competenti che combattono quotidianamente, specialmente in determinati territori, la criminalità mafiosa.

È assolutamente necessario, a mio modestissimo avviso, aggiornare l'asse normativo antimafia in maniera assolutamente sistemica, e qui certamente la competente Commissione costituitasi ieri potrà essere il vero volano per una nuova e moderna rivoluzione di cultura antimafia.

Sul provvedimento in titolo, quando parlo di sistema faccio specifico riferimento alla modifica proposta all'articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali). Si propone una modifica sostanziale in riferimento allo scioglimento dei Consigli comunali e dei Consigli provinciali relativamente a ipotesi di infiltrazioni mafiose. Si tralascia invece quello che forse è il dato più importante e significativo nei territori ad alta densità mafiosa, riguardante lo scioglimento delle aziende sanitarie locali.

Tornando alla Commissione parlamentare antimafia costituitasi ieri, il senatore Pisanu - che è stato un prestigioso ministro dell'interno, apprezzato non solo da tutta la politica ma anche dalla struttura ministeriale, e di ciò ne sono autentico testimone come prefetto della Repubblica che ha lavorato alle sue dipendenze - nel suo brevissimo intervento di ieri, in occasione della sua elezione a Presidente della Commissione, ha fatto giustamente riferimento ad un programma da condividere per assicurare al nostro Paese una vera e propria chiara e serena quotidianità affrancata dalle mafie. Se ho ben interpretato il pensiero del presidente Pisanu, credo che egli si riferisse anche a quella fascia grigia di connivenze che alimenta l'arroganza criminale mafiosa, specialmente nei territori a più alta densità specifica.

Quando, nell'ottobre 2005, lo stesso ministro Pisanu mi chiese di lasciare l'incarico di vice capo della Polizia e di direttore centrale della Polizia criminale per assumere le funzioni di prefetto di Reggio Calabria, pochi giorni dopo l'inquietante omicidio del presidente del Consiglio regionale della Calabria, onorevole Francesco Fortugno, non ebbi alcuna esitazione e dopo poche ore ero in quel territorio. Un territorio ossessionato da una mafia violenta ed implacabile, potente, impermeabile e sanguinosa, ma anche un territorio la cui popolazione, nella maggior parte costituita da persone per bene, ma forse da troppo tempo maltrattate e quindi ormai incredule, mi poneva una sola richiesta: la libertà di essere, la libertà di lavorare.

La risposta, signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, va elaborata in quest'Aula dal Parlamento, dal Senato della Repubblica, da questa maggioranza e da questa opposizione, senza arroganze. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Mugnai. Ne ha facoltà.

*MUGNAI (PdL). Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, possiamo dire, parafrasando una frase ben più celebre, che nei mesi precedenti la campagna elettorale e nei giorni immediatamente successivi si è levato da tutto il Paese un unico, univoco, grido di dolore, un appello forte e significativo, perché venissero ripristinate su tutto il territorio nazionale condizioni di legalità e di sicurezza ormai eccessivamente compromesse e tali da avere determinato una condizione non più tollerabile.

Non potevamo, non dovevamo, rimanere indifferenti rispetto a questo grido di dolore che trasversalmente proveniva da tutte le componenti della società civile; e, per quanto ci riguarda, parlare di sicurezza significa, nel nostro ruolo parlamentare, adottare quel complesso di norme che possano garantire il più regolare, ordinato e pacifico svolgimento della vita quotidiana di una comunità, quelle condizioni che sono di fatto la base fondante di una società civile che tale possa essere definita e alle quali, ripeto, non potevamo, non dovevamo e non siamo rimasti indifferenti.

Lo abbiamo fatto nella consapevolezza di dover dare una risposta che fosse al tempo stesso concreta, chiara, efficace e soprattutto basata su una dose di sano e robusto realismo, per poter ridare ai cittadini quella fiducia verso le istituzioni che è anch'essa, colleghi, un elemento fondante, imprescindibilmente fondante, di ogni comunità nazionale. Se infatti la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni viene meno crolla ogni presidio di civile convivenza, e sappiamo bene quanto in certe parti del nostro Paese tutto ciò, purtroppo, si sia in larga misura verificato.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, al di là di facili buonismi di maniera, al di là di pregiudizi ideologici, la nostra era una risposta da dare per garantire il ripristino di una legalità largamente perduta. Solo agendo con grande convinzione e con realismo noi potevamo, forse, nel futuro, evitare di vedere nuovamente spargere tante lacrime per dolorosi fatti di cronaca quotidiana criminale; lacrime che avremmo potuto ben definire lacrime di coccodrillo se non fossimo intervenuti, se fossimo rimasti alla finestra a guardare, se ci fossimo limitati a generiche dichiarazioni di intenti come troppe volte in passato è stato fatto, alla stregua quasi di sterili ed improduttive grida manzoniane.

Cosa significa realismo in questo caso? Significa comprendere che il ripristino delle condizioni di legalità nel nostro Paese non poteva prescindere da un'equazione: quella per cui il venire meno delle condizioni di legalità era fortemente connesso ad un altro fenomeno che dovevamo affrontare. Già e bene il collega Mazzatorta lo ha fatto in precedenza; già nel 1987 un soggetto assolutamente insospettabile se si guarda alla nostra parte politica, e cioè il presidente emerito Scalfaro, ebbe come uomo di governo in quel momento la sensibilità di comprenderlo.

Mi riferisco al fenomeno dell'immigrazione incontrollata, selvaggia e clandestina, che purtroppo nel nostro Paese ha raggiunto livelli tali da non poter essere più sopportata senza gravi conseguenze, anche a danno di coloro che sono venuti in Italia e hanno trovato regolari condizioni di vita.

Cari colleghi, la cultura dell'accoglienza non significa e non potrà mai significare la cultura della soccombenza, intesa come rinunzia a veder rispettate le nostre leggi, le nostre tradizioni, la nostra cultura, le nostre abitudini di vita quotidiana, i nostri valori etici e morali, le nostre convinzioni religiose. L'immigrazione clandestina ed incontrollata significa, tra l'altro, impossibilità di garantire a tutti coloro che sono venuti in Italia da aree molto più povere quelle condizioni di vita decorosa che se non sussistono fatalmente determinano una deriva di carattere criminale, ancor più pericolosa in questo momento nella misura in cui procura manovalanza a basso costo a quella criminalità organizzata transfrontaliera che ormai ha costruito i propri santuari anche all'interno del territorio nazionale, in una saldatura con la criminalità organizzata italiana.

Abbiamo agito prioritariamente in tale direzione adottando tutta una serie di norme di efficace contrasto a tutte le negative conseguenze dell'immigrazione clandestina, a partire da ciò che è in sé l'immigrazione clandestina, in perfetta sintonia con l'orientamento di altre grandi Nazioni europee, il Regno Unito tra tutte, per citare una delle Patrie del diritto. Parimenti, proprio per quei legami sempre più forti che vi sono fra la criminalità organizzata transfrontaliera e quella nostrana, abbiamo adottato una serie di provvedimenti volti a rafforzare da un lato i poteri delle autorità inquirenti, dall'altro a colpire al cuore le organizzazioni criminali aggredendole nei loro patrimoni, più efficacemente articolando quelle norme per far sì che quei patrimoni siano sottratti e restituiti alla comunità nazionale, riformando poi l'articolo 41-bis soprattutto per impedire, onorevoli colleghi, un aspetto fondamentale, ossia che i boss, come hanno fatto fino ad oggi, continuino a dirigere le loro organizzazioni dall'interno delle carceri, perché non gli sarà più possibile. Questo significa dare un altro colpo al cuore a quelle organizzazioni che oggi rappresentano - è bene dirlo - un altro Stato.

La sicurezza, signor Presidente e onorevoli colleghi, significa altre cose; significa forse anche e soprattutto garantire il sereno, pacifico e ordinato svolgimento della vita quotidiana, perché sotto il profilo del disvalore delle condotte non so se sia più grave il fenomeno della criminalità organizzata, che certamente lo è nelle sue dimensioni, nel suo complesso, nella sua portata, di quanto possa esserlo però, proprio per quella fiducia che il cittadino necessariamente deve avere verso le istituzioni, la situazione che abbiamo ereditato. Ogni giorno le cronache di qualunque quotidiano nazionale e locale purtroppo erano colme di notizie di scippi, rapine, furti, stupri, violenze sessuali, di una serie innumerevole di pianti di madri e padri per figli e figlie uccisi da ubriachi o drogati al volante, di quell'abusivismo commerciale che purtroppo indebolisce un'economia già debole come la nostra.

Su ciascuna di queste fattispecie, come quelle minori (il deturpamento, l'imbrattamento, che attengono comunque in ogni caso al civile vivere quotidiano), abbiamo previsto norme specifiche sia sotto il profilo di aggravanti, sia sotto il profilo di ulteriori sanzioni volte a colpire quelle condotte che aggrediscono proprio i più deboli e indifesi, soprattutto in quelle condizioni in cui è più facile farlo: i nostri giovani in prossimità delle scuole, i nostri anziani in prossimità dei bancomat o degli uffici postali dove vanno a ritirare la loro pensione che gli viene portata via o sui mezzi pubblici dove è ancora più facile scipparli. Questo significa parlare in termini concreti di sicurezza, perché solo se vi è fiducia nei confronti dello Stato abbiamo il diritto di pretendere di avere dei bravi cittadini, perché lo Stato non può mai essere evasore a quelli che sono i compiti che istituzionalmente gli fanno carico, primo fra tutti quello di garantire la sicurezza sia esterna che interna.

Voglio concludere facendo una breve digressione su come spesso velandosi dietro pregiudizi ideologici si strumentalizzi ciò che, in realtà, va in una direzione ben precisa. Voglio concludere con un accenno fugace al tanto dibattuto tema delle ronde che nessuno ha mai chiamato e considerato tali, se non chi forse preferisce la cultura dell'omertà alla cultura dell'impegno. (Applausi dal Gruppo LNP). Voglio citare - compiendo un'opera di plagio, che spero il presidente Vizzini mi perdonerà - una sua felice frase: noi preferiamo i nostri anziani che si impegnano davanti alle scuole per proteggere i propri e gli altrui nipoti, a chi, stando nascosto dietro una finestra, finge di non vedere quando potrebbe essere testimone prezioso di un fatto criminale che altrimenti non si può punire. (Applausi del senatore Pittoni).

Noi riteniamo che questa sia la vera cultura dell'appartenenza alla comunità nazionale che, almeno per noi, ha veramente il nome suggestivo di Patria e che ci siamo impegnati a difendere non solo dai nemici esterni, ma anche da quelli interni che, forse, sono ancora più subdoli e pericolosi.

Noi con questo provvedimento crediamo di onorare il giuramento che abbiamo fatto tutti. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Magistrelli. Ne ha facoltà.

MAGISTRELLI (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge sul quale stiamo discutendo è pervenuto a questa Assemblea dopo che le Commissioni affari costituzionali e giustizia sono intervenute sul testo originario con significative modifiche e integrazioni. Il testo che ora abbiamo davanti è decisamente più lungo e complesso del provvedimento inizialmente varato dal Consiglio dei ministri e, dunque, richiede un esame completo, attento e anche approfondito.

La sicurezza delle nostre città, delle persone e dei beni sta a cuore a tutti. Per questo faremo la nostra parte con senso di responsabilità, perché siano approvate quelle misure che possono davvero rappresentare una risposta efficace e giusta alla domanda di sicurezza e all'esigenza di contrastare con fermezza la criminalità più pericolosa. Mi riferisco, in particolare, alle numerose norme in materia di legislazione antimafia, di misure di prevenzione, di aggressione ai patrimoni della criminalità organizzata. Mi riferisco anche alle norme che ricalcano le proposte avanzate nella scorsa legislatura da disegni di legge del Governo Prodi e che, naturalmente, ci trovano concordi. Ma saremo altrettanto attenti per tutte le altre disposizioni contenute in questo disegno di legge, perché con la copertura del generico richiamo alla sicurezza non vengano introdotte misure inique, sanzioni inutili, norme inaccettabili che violano o umiliano la dignità umana.

La critica - per ora generica, poi entrerò nel dettaglio di alcuni articoli - è all'atteggiamento, purtroppo già visto, di colpire situazioni che creano disagio solo con la criminalizzazione delle condotte o con pene più severe. Purtroppo, questo problema è sempre stato trattato in modo bipartisan perché creare nuove figure di reato o aumentare le pene è la strada più semplice per chi governa. È semplice perché basta licenziare un testo normativo; spetterà poi ad altri applicarlo.

Sappiamo bene tutti che questa strada non basta e che, anzi, non è la strada giusta. Le pene fanno paura non perché sono alte e numerose, ma solo quando sono certe, si applicano e anche rapidamente. La delinquenza non cala perché i delinquenti vanno tutti in galera, ma cala quando vengono eliminate le condizioni che spingono al reato, perché aumentano i controlli o perché la società è in grado di prevenire i reati, magari attraverso le forze dell'ordine. Ecco perché non ci piace la risposta del pugno di ferro, perché non serve, non produce effetti; vorremmo che almeno fosse accompagnata da misure che affrontino anche gli aspetti sociali e che prevedano interventi di prevenzione. E quando parlo di aspetti sociali non mi riferisco ad un generico buonismo, ma penso all'efficacia dissuasiva delle norme.

Dicevo che questo provvedimento contiene norme su cui ci può essere accordo da parte dell'opposizione. Ho già citato - e non mi ci soffermo, anche se sarà necessario un esame attento da parte dei tecnici per le delicatissime implicazioni che hanno - le misure antimafia, ma apprezzamento si deve esprimere anche per le misure in tema di sfruttamento dell'immigrazione clandestina e di tratta degli immigrati.

Personalmente mi riferisco poi a tutte quelle norme che manifestano attenzione verso le vittime e soprattutto attenzione verso i più deboli, cioè gli anziani, i minori e le persone con handicap. Sono senz'altro misure positive quelle che aggravano la pena per i reati commessi contro i soggetti deboli o quelle - come, ad esempio, la norma prevista all'articolo 10 - che aggravano la responsabilità delle persone maggiorenni che commettono reati con ragazzi minorenni. Sappiamo che nei contesti delinquenziali, mafiosi o camorristici soprattutto, la partecipazione dei minorenni ai reati è assolutamente volontaria e non più legata come una volta a condizionamenti e ordini da parte degli adulti; ma ciò non vuol dire che i ragazzi non abbiano bisogno comunque di protezione e che grande sia la responsabilità di chi in questo campo li tratta da adulti. Questa attenzione era già stata espressa dal Governo Prodi, che nel pacchetto sicurezza (l'Atto Camera n. 3278 della XV legislatura), aveva inserito questa stessa norma.

Condivido anche la preoccupazione che sta alla base degli articoli che aggravano la pena per i reati commessi nei confronti dei minori se compiuti nei luoghi da questi frequentati, cioè all'interno o nelle vicinanze di scuole o istituti di istruzione o formazione. Si tratta di reati odiosi, visto che le vittime sono deboli, se non inermi, e forse è giusto sanzionare ogni aspetto di chi approfitta di questa debolezza.

Sempre con riferimento alla tutela dei minori, comprendo la motivazione di una maggiore severità nei confronti dell'accattonaggio, che è una prassi che effettivamente degrada chi vi è costretto. Va bene, pertanto, l'articolo che prevede che la condotta configuri un reato e non più una contravvenzione, con una sanzione più significativa, previsioni peraltro già proposte nella passata legislatura. Non condivido, però, la pena accessoria della decadenza automatica dalla potestà parentale. È eccessiva e controproducente: sono assolutamente contraria. Magari si preveda l'apertura di un procedimento presso il tribunale per i minorenni, magari si parli di sospensione, si preveda pure qualche misura più grave la seconda o la terza volta in cui il fatto viene commesso, ma applicare subito la decadenza dalla potestà, alla prima occasione in cui si trova un minore a mendicare, è troppo. (Applausi della senatrice Sbarbati). Tenete conto che questo stesso disegno di legge prevede la sospensione della potestà, quindi una misura meno grave, per chi addirittura rapisce un minore. Non dimentichiamo poi, cari colleghi, che dovremo provvedere all'accoglienza e alla cura di tutti i bambini tolti in questo modo ai genitori, e questo senz'altro costa. Non so se nella relazione tecnica si è tenuto conto di tale aspetto in maniera adeguata.

Su questo punto vorrei poi aggiungere una riflessione scaturita da un articolo letto sul "Corriere della sera" di ieri che riguarda la ricerca realizzata dalla Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana da cui risulta che i nomadi sono vittime di un pesante pregiudizio anche presso molti tribunali per i minorenni, che spesso non esitano a togliere i minori alle loro famiglie, presupponendo maltrattamenti o cattivo esercizio della potestà genitoriale, per poterli poi dare in adozione a famiglie non nomadi. Non so valutare la veridicità di certi dati, ma l'autorevolezza della fonte, la CEI, mi spinge ad invitare a fare attenzione. Perseguiamo piuttosto l'integrazione delle mamme e di tutte le componenti delle grandi famiglie nomadi; favoriamo il lavoro regolare, l'inserimento sociale; non limitiamoci ad interventi drastici e contrari alla protezione dell'istituto familiare.

Non possiamo poi assolutamente condividere il giro di vite che si intende dare nei confronti degli stranieri in genere. Non parliamo solo degli stranieri irregolari o di quelli che delinquono. No. Ci sono norme in questo testo che negano ogni integrazione e accoglienza; mi riferisco, ad esempio, agli articoli 4 e 5 in materia di matrimonio degli stranieri e di acquisto della cittadinanza. Capisco che si vogliono evitare i matrimoni di comodo e che magari solo sei mesi di residenza in Italia dopo le nozze sono pochi, ma questa norma sembra tesa più che altro ad ostacolare comunque la concessione della cittadinanza italiana più che ad esigere un'effettiva ratio familiare. Si approfondiscano magari i controlli per verificare se c'è un'effettiva convivenza, ma non è giusto aggravare, per tutti e per due anni, l'inserimento a pieno titolo di una famiglia nella comunità dei cittadini. È poi assolutamente iniqua la previsione che ci sia un termine minimo, sia pure dimezzato, ovvero di un anno, quando ci sono i figli. L'esistenza di figli è essa stessa la prova che un matrimonio è vero e non è una finzione. Non ci dovrebbe essere bisogno di altri requisiti; è una norma inutile, non ha altra funzione se non quella di ritardare.

Allo stesso modo non è accettabile l'articolo 5. Si tratta di una norma che ha resistito per oltre 60 anni. La nostra Repubblica da sempre ha ammesso che uno straniero possa contrarre matrimonio nel territorio italiano e che l'unico requisito sia la dichiarazione del suo Paese che nulla osta a tale matrimonio. Naturalmente devono essere rispettate le disposizioni in materia di libertà di Stato, di parentela; nessun pericolo di introdurre la poligamia o l'incesto. Ma poi nient'altro. Non possiamo ora stravolgere l'impianto del codice civile imponendo la certificazione della regolarità del soggiorno. Questo perché il matrimonio è un istituto che prescinde dalle circostanze accidentali, perché il soggiorno può essere regolarizzato, perché mai esso è stato una condizione per la formazione di una famiglia. Non eravate voi, colleghi del centrodestra, che vi erigevate a paladini dell'istituto della famiglia?

Vorrei spendere due parole anche sui reati contro le cose. Mi riferisco al danneggiamento, al deturpamento, al furto e anche alla violazione di domicilio. In merito all'articolo 7, che colpisce chi deturpa o imbratta cose altrui, posso comprendere una certa dose di severità nei confronti di atti di vandalismo che rovinano le cose mobili e immobili altrui. Sono sicura che la giurisprudenza saprà distinguere il gesto di chi imbratta o deturpa da quello che, all'opposto, con un'opera grafica originale e colorata, addirittura migliora l'aspetto di certi manufatti grigi e tristi. È d'altra parte un fenomeno di cui si parla e si discute da tempo. Tuttavia una sanzione c'è già, anche se piuttosto lieve, e mi chiedo: quanti sono stati condannati per questo fatto? Quanti? È così che si combatte il fenomeno? Siamo sicuri che aumentando le pene otterremo dei risultati? Forse il problema è piuttosto quello di individuare i responsabili.

Lo stesso può dirsi per il furto, che viene ora aggravato nell'ipotesi che sia commesso su mezzi di trasporto (una volta si parlava di destrezza) o contro chi abbia ritirato i soldi in banca oppure alla posta o al bancomat. Capisco la ratio e sono anche d'accordo. Concordo pure sul fatto che siano reati odiosi e troppo frequenti. Ma, anche qui, si lascia tutto all'efficacia dissuasiva di una minaccia di pena severa e basta. Non credo che basti aggravare la pena: forse sarebbero necessari un po' più di controlli ed indagini accurate da parte delle forze di polizia. Sono tutte cose, però, che richiedono mezzi, organizzazione e impegno. E questo ha un costo.

Infine, l'articolo 48 del disegno di legge introduce una nuova serie di modifiche ed integrazioni alle previsioni del codice della strada. Possiamo condividere, in linea di massima, lo sforzo per rendere effettiva la tenuta di comportamenti corretti sulle strade così da evitare la lunga e drammatica lista di incidenti a cui ogni giorno assistiamo. E allora ben venga il principio che debba essere sottoposto a visita o a esame di idoneità chi dimostra di non sapersi comportare adeguatamente. Ma mi chiedo se al comma 1-ter dell'articolo 128 del codice della strada, ora introdotto, non debba farsi riferimento, piuttosto che alla patente di guida, al certificato di idoneità alla guida di ciclomotori, dal momento che la disposizione si rivolge ai minori di 18 anni che, signor Presidente, non hanno la patente.

Ancora. Si prevede che, in caso di revoca della patente per guida in stato di ebbrezza (naturalmente nei casi più gravi) o per uso di stupefacenti, la nuova patente possa essere concessa solo dopo almeno cinque anni. Forse sarebbe meglio ridurre il periodo di attesa a tre anni in modo da aiutare il soggetto al recupero, facendogli intravedere un obiettivo possibile in un arco di tempo non breve (tre anni) che, insieme al recupero psico-fisico, può portarlo a una vita normale. Insomma, tre anni potrebbero essere il tempo necessario per un efficace recupero; cinque anni, invece, potrebbero allontanare l'obiettivo. Consideriamo che questi soggetti fanno fatica a fare progetti a lungo termine. Poi, però, tali soggetti a mio parere dovrebbero essere sottoposti periodicamente a controlli. Quindi, proporrei tre anni più un periodo di controllo per verificare se vi è stata un'eventuale ricaduta. Ripeto, tre anni più controlli periodici, per essere sicuri che realmente vi è stata una modificazione dei comportamenti.

Non c'è tempo per me di esaminare e commentare tutte le numerose norme riferite al tema dell'immigrazione. Tra aumenti di pena, imposizioni di tasse patrimoniali, introduzione di test linguistici e di accordi da sottoscrivere per conseguire fantomatici obiettivi di integrazione, l'immagine complessiva è di un Paese che rifiuta l'accoglienza, che non tiene conto della disperazione di interi popoli, che non bada alle emergenze umanitarie per lasciare entrare solo chi è bravo, buono e possibilmente ricco, in grado di pagare il permesso di soggiorno, di imparare l'italiano e di vivere in una casa decorosa. Tutte condizioni che mancano in moltissimi casi italianissimi dei quartieri più difficili delle nostre grandi città. Vorrei che ci pensassimo un attimo, tutti, prima di approvare disposizioni da sbandierare come baluardi delle nostre private sicurezze e anche prima di autorizzare le ronde delle associazioni volontarie a presidio del territorio.

Mi auguro che alcune norme evidentemente inutili o eccessive possano trovare nella maggioranza l'autorizzazione necessaria per una modifica sostanziale. (Applausi dal Gruppo PD e dei senatori Pardi e Giai).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, in relazione alla cerimonia per l'intitolazione della Sala delle Conferenze stampa del Senato ai caduti di Nassiriya e agli altri caduti italiani nel corso dell'operazione «Antica Babilonia», sospendo la seduta fino alle ore 12.

 

(La seduta, sospesa alle ore 11,34, è ripresa alle ore 12,20).

Presidenza del presidente SCHIFANI

 

In memoria dei caduti di Nassiriya e dell'operazione «Antica Babilonia»

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e con lui tutta l'Assemblea). Onorevoli colleghi, cinque anni or sono, in questo stesso giorno, un vile attentato uccideva diciannove nostri concittadini nella città irachena di Nassiriya.

Ciò che avvenne è ancora ben vivo nella memoria di tutti noi. L'esplosione di un automezzo guidato da attentatori suicidi investì la base "Maestrale", occupata dai nostri carabinieri dell'Unità specializzata multinazionale, uccidendo dodici uomini dell'Arma, cinque militari dell'Esercito e due civili italiani, oltre a nove cittadini iracheni.

A quelle vittime si aggiunsero, purtroppo, diversi altri caduti nel seguito della missione «Antica Babilonia» a causa di attentati subiti dai nostri convogli militari o per effetto di incidenti e scontri a fuoco.

Quando il Parlamento deliberò, su proposta del Governo, di inviare in Iraq un contingente militare per contribuire alla ricostruzione civile ed economica di quel Paese, nessuno si nascondeva quanto la missione fosse difficile e rischiosa. Gli uomini delle Forze armate, forti dell'esperienza e dei successi ottenuti in tante difficili operazioni di pace, risposero senza esitazione alla chiamata. Si prepararono così ad impiegare, in quella complessa realtà, lo stile e la professionalità che già li aveva distinti nelle precedenti missioni, dove avevano mietuto successi e riconoscimenti, rivelandosi talora un assoluto modello per le Forze armate degli altri Paesi.

La presenza dei nostri militari in terra irachena era improntata, come di consueto, alla più ampia apertura verso la popolazione locale. Essi non erano e non volevano mai apparire come una forza occupante, rinchiusa nel suo fortino ai margini dell'abitato, ma come una presenza discreta e dialogante, fianco a fianco con la gente del luogo.

Ad ogni luttuosa notizia proveniente dall'Iraq, anche le forze politiche che più fermamente si opponevano alla missione seppero mettere da parte, con grande responsabilità, ogni considerazione politica e si strinsero concordi intorno al dolore delle famiglie e delle Forze armate. In quel novembre di cinque anni fa, migliaia di italiani sfilarono, sgomenti e riconoscenti, davanti alle bare dei caduti ed il giorno dei solenni funerali di Stato in milioni fermarono per un minuto ogni attività, manifestando la loro partecipazione al lutto nazionale. Quell'ondata popolare di affetto e di cordoglio ci ricorda ancor oggi che la memoria di chi ha dato la vita per il nostro Paese è patrimonio indissolubile dell'intera collettività.

Da oggi in poi la Sala delle Conferenze stampa del Senato sarà dedicata alle vittime dell'attentato del 12 novembre 2003 e a tutti gli italiani caduti nel corso dell'operazione «Antica Babilonia». Dovevamo questa memoria ai nostri caduti, ai loro orfani, alle loro vedove, a quanti sono rimasti feriti in quella missione, ma ancora di più la dobbiamo ai valori universali di pace, giustizia, libertà, democrazia, che l'azione quotidiana dei nostri soldati incarna, oggi come allora, nelle aree più difficili del pianeta.

Invito l'Assemblea ad osservare un minuto di raccoglimento. (L'Assemblea osserva un minuto di raccoglimento. Generali applausi).

DI GIOVAN PAOLO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

DI GIOVAN PAOLO (PD). Signor Presidente, nel clima di attenzione che la Presidenza giustamente dedica a fare memoria nel nostro Paese, volevo ricordare a tutti gli organi istituzionali che, purtroppo, tra le persone morte in Iraq c'è anche il collega giornalista Baldoni, di cui non è stato nemmeno mai ritrovato il corpo. Credo sarebbe importante che i nostri organi istituzionali, quelli ai quali fosse possibile (siano essi il Ministero della difesa o la nostra Presidenza), non abbandonassero la possibilità di rendere omaggio, almeno di conoscere il luogo in cui il collega si trova e, se è possibile, di restituire alla famiglia ciò che resta. Credo sarebbe un elemento ulteriore nello spirito che ha animato il ricordo, anche al di là delle differenze di pensiero sull'intervento in Iraq.

PRESIDENTE. Senatore Di Giovan Paolo, il Presidente ha personalmente ricordato la figura del giornalista durante l'intitolazione della Sala delle Conferenze stampa ai caduti di Nassiriya. Si fa carico e raccoglie appieno l'appello da lei manifestato.

 

Saluto ad un gruppo di studenti dell'Università di Teramo

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, è presente in tribuna un gruppo di studenti dell'Università di Teramo. Rivolgo a tutti loro, a nome dell'intera Assemblea, un cordiale ed affettuoso saluto. (Applausi).

 

Sullo stato dei rapporti tra il Movimento per l'Autonomia e la maggioranza

QUAGLIARIELLO (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

QUAGLIARIELLO (PdL). Signor Presidente, le agenzie qualche ora fa hanno battuto la notizia di una crisi politica al Comune di Palermo, in virtù della quale il sindaco di quel Comune ha ritirato le deleghe agli assessori del Movimento per l'Autonomia. Evidentemente questo fatto pone un problema nei rapporti tra tale partito e la maggioranza per la rilevanza che il Comune di Palermo riveste soprattutto per il Movimento per l'Autonomia e speriamo che la questione possa risolversi nel più breve tempo possibile.

Questo aspetto ha una valenza istituzionale anche per il Senato della Repubblica, perché oggi pomeriggio ci accingevamo a procedere ad una votazione nella quale avremmo scelto due senatori Segretari del Consiglio di Presidenza, uno dei quali per l'appunto, su designazione della maggioranza, era un rappresentante del Movimento per l'Autonomia, al quale confermiamo pienamente la nostra stima. Il problema assume una dimensione istituzionale perché, in virtù del Regolamento, è necessario sapere quali sono i rapporti tra il Movimento per l'Autonomia e la maggioranza per poter garantire a quest'ultima di essere maggioranza anche nel Consiglio di Presidenza. Sono convinto che, anche da parte delle forze di opposizione, tutto si può concepire tranne che una maggioranza, che tra le altre cose è considerata salda in quest'Aula, non abbia la maggioranza nel Consiglio di Presidenza per il modo in cui è concepito il nostro Regolamento.

In virtù di questa novità credo sia opportuna - lo chiedo a nome del mio Gruppo - una convocazione della Conferenza dei Capigruppo per prendere in considerazione la situazione che si è creata e regolare di conseguenza i lavori della nostra Aula.

PRESIDENTE. In relazione alla richiesta del senatore Quagliariello, se non vi sono contrarietà al riguardo convoco la Conferenza dei Capigruppo per le ore 12,45, per consentire ai colleghi di raggiungerla.

La seduta è sospesa.

 

(La seduta, sospesa alle ore 12,28, è ripresa alle ore 13,12).

Presidenza della vice presidente MAURO

 

Sui lavori del Senato

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, confermo la ripresa dei lavori oggi, alle ore 16,30, con il calendario che avevamo già previsto e che è stato confermato dalla Conferenza dei Capigruppo. Quindi, avrà luogo la votazione per l'elezione di due senatori Segretari e le urne resteranno aperte.

 

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale
e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, nuova convocazione

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, comunico che, d'intesa con il Presidente della Camera dei deputati, la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi è nuovamente convocata per oggi, mercoledì 12 novembre 2008, alle ore 14,30, per procedere alla propria costituzione.

 

Interrogazioni, annunzio

PRESIDENTE. Comunico che sono pervenute alla Presidenza interrogazioni, pubblicate nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ricordo che il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica oggi, alle ore 16,30, con lo stesso ordine del giorno.

La seduta è tolta (ore 13,14).

Allegato A

DISEGNO DI LEGGE

Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (733)

PROPOSTE DI QUESTIONE PREGIUDIZIALE

QP1

CASSON, FINOCCHIARO, ZANDA, LATORRE, BIANCO, INCOSTANTE, CAROFIGLIO, MARITATI, SERAFINI ANNA MARIA, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, GALPERTI, ADAMO, CHIURAZZI

Respinta (*)

Il Senato,

        premesso che:

            diverse disposizioni del disegno di legge generano rilevanti perplessità sotto il profilo della legittimità costituzionale e comunitaria, nonché della compatibilità con le norme di diritto internazionale vincolanti per l'Italia;

            in particolare, l'articolo 46 del disegno di legge autorizza gli enti locali - senza peraltro in alcun modo circoscrivere tale categoria - ad avvalersi "della collaborazione di associazioni tra cittadini al fine di segnalare agli organi di polizia locale ovvero alle forze di polizia dello Stato, eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale e cooperare nello svolgimento dell'attività di presidio del territorio". Come può evincersi dalla rubrica dell'articolo - che significativamente richiama solo l'esigenza del "presidio del territorio" - tra le finalità che legittimano gli enti locali ad avvalersi di tali associazioni, assume rilievo prevalente quella del presidio del territorio, che in quanto distinta, anche all'interno della disposizione, dall'esigenza di tutela della sicurezza urbana, attiene evidentemente alla gestione dell'ordine e della sicurezza pubblica. Dal momento che l'esercizio di tali funzioni, in quanto distinte ed eccedenti la mera "polizia amministrativa locale", costituisce una competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117 comma secondo, lettera h) Costituzione, la norma, in quanto non autoapplicativa e come tale necessitante di provvedimenti esecutivi a livello regolamentare e locale, sembra configurare una delega in bianco all'ente locale, priva non solo di parametri normativi, ma anche di alcun controllo. La norma appare pertanto violare il riparto di competenze sancito sul punto dalla Costituzione. Inoltre, assegnare a privati una contitolarità nell'esercizio di funzioni - quali quelle della gestione dell'ordine pubblico e della tutela della pubblica sicurezza - costituenti attribuzioni tipiche della sovranità statuale, sembra incompatibile con il monopolio della forza statuale, che non legittima altri se non la pubblica autorità all'utilizzo legittimo della coercizione. Qualora poi si consideri che l'attività dei cittadini (anche armati?) partecipanti a tali associazioni dovrebbe esplicarsi nei confronti di altri cittadini, appare evidente che la norma potrebbe violare anche l'articolo 13 della Costituzione, nella parte in cui riserva alla sola pubblica autorità il potere legittimo di porre in essere atti limitativi della libertà personale secondo modalità, limiti e tempi previsti dallo stesso articolo 13 della Costituzione. Né può invocarsi a contrariis la facoltà di arresto da parte di privati di cui all'articolo 383 c.p.p., in quanto essa, oltre ad essere limitata ai casi di flagranza di taluno dei delitti di cui all'articolo 380, perseguibili d'ufficio, rappresenta un'eccezione nel sistema (come tale non estensibile) e costituisce solo un momento di una fattispecie complessa, che necessita comunque di un intervento della polizia giudiziaria e in seguito dell'autorità giudiziaria. Infine, la norma di cui all'articolo 46 non sancisce espressamente il carattere non armato e non violento di tali associazioni. Se per di più esse perseguissero anche indirettamente scopi politici (il che non è escluso dalla norma) e fossero armate, esse incorrerebbero nel divieto di cui all'articolo 18 della Costituzione;

            l'articolo 19 del disegno di legge in esame incrimina, a titolo di reato contravvenzionale, l'ingresso e il soggiorno illegali nel territorio dello Stato. La norma prevede inoltre, quale condizione di procedibilità non rinunciabile dall'imputato, la sua mancata espulsione dal territorio dello Stato, secondo un procedimento che appare incompatibile con l'artitolo 24 della Costituzione, nella misura in cui impedisce allo straniero l'esercizio del diritto inviolabile alla difesa, precludendogli la possibilità di dimostrare in giudizio la propria innocenza. Inoltre, la mancata previsione di una scriminante o comunque di una causa di non punibilità in favore delle vittime di tratta, riduzione in schiavitù o in servitù o di altri delitti contro la personalità individuale, è certamente incompatibile con quanto sancito dalla decisione quadro 2002/629/GAI e dalla direttiva 2004/81/CE, nonché dalla Convenzione ONU di Palermo sul traffìcking, che recano norme a tutela delle persone offese da tali delitti. In particolare, la direttiva 2004/81/CE impone agli Stati membri di assicurare un titolo di soggiorno alle vittime di tratta, così escludendo l'antigiuridicità della loro permanenza, sia pur irregolare, sul territorio degli Stati. Desta infine perplessità rispetto ai principi di ragionevolezza, offensività e sussidiarietà del diritto penale la scelta di elevare a reato una condotta non solo priva dì reale offensività a terzi, ma anche di un disvalore eccedente quello proprio del solo illecito amministrativo. Tali rilievi sono vieppiù asseverati ove si consideri che tale scelta politico-criminale contrasta radicalmente con il monito rivolto dalla Consulta al legislatore a correggere la disciplina dell'immigrazione in maniera conforme ai principi di eguaglianza e proporzionalità tra pene e reati, nonché alla stessa finalità rieducativa della pena. Con la sentenza n. 22 del 2007 infatti, la Corte costituzionale ha affermato che "occorre riconoscere che il quadro normativo in materia di sanzioni penali per l'illecito ingresso o trattenimento di stranieri nel territorio nazionale, risultante dalle modificazioni che si sono succedute negli ultimi anni, anche per interventi legislativi successivi a pronunce di questa Corte, presenta squilibri, sproporzioni e disarmonie, tali da rendere problematica la verifica di compatibilità con i principi costituzionali di uguaglianza e di proporzionalità della pena e con la finalità rieducativa della stessa;

            la norma di cui all'articolo 41 subordina il rilascio del permesso di soggiorno alla stipula di un 'accordo di integrazione' con cui lo straniero si impegna a conseguire obiettivi di integrazione, non meglio specificati, mentre la 'perdita dei crediti' determina l'espulsione immediata dello straniero. La norma subordina quindi il rilascio del permesso dì soggiorno (così condizionando il diritto dello straniero all'emigrazione) alla valutazione (necessariamente discrezionale) da parte dell'autorità amministrativa, del grado di integrazione del soggetto, senza stabilire né i criteri sulla cui base tale valutazione deve condursi, né quali fatti determinano la perdita dei crediti; rinviando invece il tutto a un regolamento governativo. Tale previsione appare incompatibile con la riserva di legge (peraltro rinforzata) sancita dall'articolo 10 cpv. della Costituzione, in materia di disciplina della condizione giurìdica dello straniero. E' infatti evidente che tale riserva di legge non è soddisfatta se la disciplina effettiva della condizione dello straniero (gli atti che determinano la perdita dei crediti; i criteri di valutazione dell'integrazione, eccetera) è rimessa integralmente alla fonte regolamentare. Infine, la norma appare contrastare con la protezione accordata dal diritto internazionale e dall'articolo 10 della Costituzione ai richiedenti asilo, nella misura in cui non esclude dalla possibilità di revoca o rifiuto del permesso di soggiorno i titolari di protezione umanitaria, i rifugiati e i richiedenti asilo;

            la norma di cui all'articolo 39 dispone l'estensione del termine massimo del trattenimento dello straniero nei centri per l'identificazione e l'espulsione, dagli attuali 2 a 18 mesi (un tempo pari a quello di pene detentive comminate per reati anche di una certa gravità), in caso di difficoltà nell'accertamento dell'identità e della nazionalità, ovvero nell'acquisizione dei documenti per il viaggio. La direttiva comunitaria sul rimpatrio, invocata a sostegno di tale novella, prevede che il termine massimo di 18 mesi valga per i casi di resistenza all'identificazione, il che è evidentemente diverso dalla mera difficoltà nell'accertamento, legittimando il trattenimento per il solo tempo strettamente necessario all'"espletamento diligente delle modalità di rimpatrio" (articolo 14), e sancendo comunque il carattere di extrema ratio della detenzione, da disporsi solo se "non possano essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive". In assenza di tali sia pur minimi correttivi, la prevista estensione della durata massima della detenzione amministrativa nei CIE sino a 18 mesi, motivata solo da circostanze estranee alla condotta individuale - quali sono l'indisponibilità dei documenti di viaggio o l'impossibilità di identificare lo straniero, non già la sua resistenza all'identificazione - rischia di contrastare non solo con il principio di ragionevolezza ma anche con la stessa direttiva, pur invocata dal Governo a sostegno della modifica normativa;

            l'articolo 44 istituisce, presso il Ministero dell'interno, il registro delle persone che non hanno fìssa dimora, rimettendo a un decreto del Ministero dell'interno la disciplina di funzionamento del registro. Nella misura in cui assoggetta a una sorta di schedatura persone per il solo fatto di essere 'senza fissa dimora', senza neppure specificare le finalità per cui tale registro è costituito e quale dovrebbe essere la sua funzione, la norma appare incompatibile con i principi di eguaglianza, ragionevolezza, nonché con la tutela della dignità, sancita come diritto inviolabile dall'articolo 2 della Costituzione e dall'articolo 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Inoltre, la norma appare violare il principio di legalità nella misura in cui rimette quasi integralmente la disciplina di un istituto (quale quello della registrazione delle persone senza fìssa dimora) incidente su diritti soggettivi (in primo luogo, sulla dignità) a un mero decreto ministeriale, senza neppure richiamare l'esigenza di conformità con la disciplina sulla tutela dei dati personali di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003,

            delibera, ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, di non procedere all'esame del disegno di legge n. 733.

QP2

SERAFINI ANNA MARIA, INCOSTANTE, CASSON, BIANCO, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, GALPERTI, ADAMO, CHIURAZZI

Respinta (*)

Il Senato,

        premesso che:

            il disegno di legge in esame solleva in più punti perplessità sotto il profilo della compatibilità con le norme costituzionali e comunitarie;

            in particolare la norma di cui all'articolo 47 - volta a consentire il rimpatrio assistito dei minori comunitari che esercitano la prostituzione - solleva diverse perplessità relativamente alla compatibilità con il diritto comunitario e internazionale (in particolare, le numerose Convenzioni, prima fra tutte quella di New York, per la tutela del minore). In particolare, contrasta con il divieto di discriminazione sancito dai Trattati comunitari e dall'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nella misura in cui impone al minore straniero un trattamento deteriore rispetto ai cittadini italiani, disponendone l'espulsione anche in assenza delle ragioni di pubblica sicurezza e pericolosità sociale previste dal decreto legislativo n. 30/2007, che, sole, legittimano l'allontanamento dei cittadini comunitari. Né a tal fine varrebbe invocare la previsione, secondo cui il rimpatrio dovrebbe comunque corrispondere all'interesse del minore. E' infatti evidente che un minore che sia stato dalla sua famiglia costretto a venire in Italia per esercitare la prostituzione (come avviene per i 'minori argati') non potrebbe che essere ulteriormente pregiudicato qualora venisse riconsegnato all'ambiente di origine. Inoltre, la norma contrasta in più punti con le disposizioni della direttiva 38/2004 sul diritto di libera circolazione e soggiorno dei cittadini comunitari e dei loro familiari. Contrasta in primo luogo con il carattere di extrema ratio attribuito all'allontanamento dei minori dalla direttiva, ove si precisa che "Soltanto in circostanze eccezionali, qualora vi siano motivi imperativi di pubblica sicurezza, dovrebbe essere presa una misura di allontanamento nei confronti di minori". Inoltre, l'articolo 28 della direttiva prescrive che nei confronti del minore, l'allontanamento - sempre che risponda al suo superiore interesse - non possa essere adottato se non in presenza di motivi imperativi di pubblica sicurezza. Ed è evidente che tali motivi particolarmente gravi non possono presumersi juris et de jure per il mero fatto dell'esercizio della prostituzione, dal momento che altrimenti si presumerebbe ex lege un'ipotesi di pericolosità sociale, come tale incostituzionale;

            la norma di cui all'articolo 5 prevede che "Io straniero che vuole contrarre matrimonio nella Repubblica deve presentare all'ufficiale dello stato civile" non solo "una dichiarazione dell'autorità competente del proprio paese, dalla quale risulti che giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio" (come già previsto), ma anche un documento attestante la regolarità del soggiorno (art. 116 c.c., come modificato). Ora, subordinare l'esercizio di un diritto - quale quello al contrarre matrimonio - che è un diritto fondamentale e non di cittadinanza, riconosciuto alla persona in quanto tale e non in quanto cittadina, al possesso di un documento che attesti la regolarità del soggiorno, pare in contrasto con gli articoli 3, 29, 30 e 31 della Costituzione, nonché con gli articoli 9 e 21 della Carta di Nizza, nella misura in cui priva di tale diritto fondamentale lo straniero irregolarmente soggiornante nel territorio dello Stato. Appare sul punto particolarmente significativo che l'articolo 29 della Costituzione non faccia riferimento ai soli 'cittadini' quali titolari di tale diritto,

        delibera, ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, di non procedere all'esame del disegno di legge n. 733.

________________

(*) Su tali proposte e su quella presentata in forma orale dal senatore Li Gotti è stata effettuata, ai sensi dell'articolo 93, comma 5, del Regolamento, un'unica votazione.

Allegato B

 

Congedi e missioni

Sono in congedo i senatori: Alberti Casellati, Caliendo, Ciampi, Ciarrapico, Davico, Mantica, Mantovani, Martinat, Messina, Morra, Palma, Pera, Piccone, Pontone e Viespoli.

 

Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Cantoni, per attività della 4a Commissione permanente; Nessa, per attività dell'Assemblea parlamentare dell'Unione dell'Europa occidentale; De Angelis, Donaggio, Nerozzi, Spadoni e Tofani, per attività della Commissione di inchiesta "morti bianche".

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, nuova convocazione

Il Presidente del Senato, d'intesa con il Presidente della Camera dei deputati ha nuovamente convocato la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, per procedere alla sua costituzione, mercoledì 12 novembre 2008, alle ore 14.30, presso il Palazzo di San Macuto.

Disegni di legge, annunzio di presentazione

Senatore Mugnai Franco

Riforma dell'ordinamento della professione di avvocato (1198)

(presentato in data 11/11/2008 ).

 

Mozioni, apposizione di nuove firme

Il senatore Molinari ha aggiunto la propria firma alla mozione 1-00032 p.a. dei senatori Morando ed altri.

   

Interrogazioni

POLI BORTONE - Ai Ministri dell'economia e delle finanze, per i rapporti con le Regioni e per le politiche europee - Si chiede di sapere:

se risulti rispondente al vero, come sostiene sulla stampa l'assessore regionale pugliese Saponaro, che "L'unico ritardo (per i bandi) è legato alla incertezza da parte del Governo nazionale dell'utilizzo dei fondi FAS destinati alla Puglia";

in caso positivo, quali siano i motivi del ritardo e le determinazioni del Governo in considerazione del fatto che ogni ritardo produce evidentemente danni allo sviluppo ed all'economia della Puglia.

(3-00390)

LATRONICO - Ai Ministri del lavoro, della salute e delle politiche sociali e per i rapporti con le Regioni - Premesso che:

la Regione Basilicata con deliberazione di Giunta n. 1304 del 6 agosto 2008 e con successivo decreto presidenziale n. 200 dell'8 agosto 2008 ha proceduto a nominare il Commissario dell'azienda Unità sanitaria locale n. 2 di Potenza;

da più parti sono stati sollevati dubbi sulla legittimità della nomina;

la vicenda è stata discussa nella Commissione consiliare competente per materia del Consiglio regionale della Basilicata;

dalla documentazione prodotta in seno alla Commissione sarebbero emerse irregolarità in relazione ai requisiti prescritti dalla normativa vigente per l'incarico di Direttore generale, in particolare per quanto riguarda il requisito dell'esperienza quinquennale nella direzione tecnico-amministrativa di strutture pubbliche e private ex art. 3-bis del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni,

l'interrogante chiede di sapere se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di tutto quanto esposto in premessa e, in caso affermativo, se intendano intervenire, ciascuno per quanto di specifica competenza, nei modi e con i mezzi che riterranno più opportuni al fine di verificare il rispetto delle normative vigenti in materia di nomine dei Direttori generali delle ASL.

(3-00391)

BONFRISCO - Al Ministro della giustizia - Premesso che:

in data 18 giugno 2008 il Consiglio giudiziario di Catanzaro ha espresso, all'unanimità, parere contrario alla nomina del dottor Luigi De Magistris a magistrato della Corte d'appello;

nei primi giorni del mese di luglio 2008 la Procura della Repubblica di Salerno ha richiesto copia di tutti gli atti in possesso del Consiglio giudiziario di Catanzaro concernenti il parere per la nomina del dottor De Magistris a magistrato della Corte d'appello nonché gli atti relativi al processo a carico di tale Giuseppe Cardamone ed altri attualmente pendenti presso la Corte d'appello di Catanzaro;

la Procura della Repubblica di Salerno nel richiedere la documentazione in questione ha segnalato che sta procedendo ai sensi dell'articolo 11 codice di procedura penale (relativo ai processi riguardanti magistrati, in questo caso, del distretto della Corte d'Appello di Catanzaro), nei confronti di indagati noti;

considerato che:

le iniziative del pubblico ministero salernitano appaiono all'interrogante di particolare gravità traducendosi, sostanzialmente, in un attacco durissimo e di estrema pericolosità alla autonomia ed all'indipendenza della magistratura;

la richiesta degli atti di un processo pendente in grado di appello, volta verosimilmente a stabilire le ragioni della decisione presa dai giudici di primo grado, costituisce, infatti, ad avviso dell'interrogante, un evidente atto di intimidazione nei confronti dei giudici di secondo grado che non ha precedenti nella storia giudiziaria italiana e che attenta al principio dell'esclusiva soggezione alla legge della funzione giurisdizionale sancita dagli articoli 101 e 102 della Costituzione;

il contesto appare, inoltre, oggettivamente inquietante ove si consideri che il Procuratore della Repubblica di Salerno procede contro indagati noti (magistrati) senza neppure aver visto gli atti del procedimento;

la richiesta in questione costituisce presupposto per la violazione del principio del segreto delle deliberazioni collegiali mortificando, dunque, l'essenza della funzione giurisdizionale nonché l'autogoverno della magistratura nel momento in cui vengono richiesti anche gli atti con cui il Consiglio giudiziario di Catanzaro ha espresso all'unanimità il parere sulla progressione in carriera del dottor De Magistris, essendo tali deliberazioni esplicazione di quello stesso potere che la Costituzione repubblicana, agli articoli 104 e 105, affida al Consiglio superiore della magistratura;

desta, peraltro, particolare meraviglia che si proceda contro indagati noti benché le ragioni della inidoneità del dottor De Magistris ad esercitare le funzioni di magistrato d'appello discendono, quantomeno, dalle gravi considerazioni contenute nella decisione irrevocabile con cui il Consiglio superiore della magistratura gli ha inflitto le sanzioni disciplinari della censura, del trasferimento di ufficio e della perdita delle funzioni,

si chiede di sapere quali iniziative di competenza il Ministro in indirizzo intenda assumere per ovviare a tale situazione ad avviso dell'interrogante inammissibile e palesemente foriera di ulteriori ingiustificate iniziative nei confronti di altri organi giudiziari, e per accertare, utilizzando i suoi poteri ispettivi, se il comportamento del Procuratore di Salerno sia conforme alla normativa vigente o sussistano elementi che impongano di procedere disciplinarmente nei suoi confronti.

(3-00392)

Interrogazioni orali con carattere d'urgenza ai sensi dell'articolo 151 del Regolamento

LUSI, MARINI, LEGNINI - Ai Ministri dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e trasporti - Premesso che:

la tratta ferroviaria Roma-Pescara risulta essere del tutto inadeguata ed obsoleta, come dimostrano i tempi di percorrenza in rapporto alla distanza;

nonostante le continue proteste da parte di operai e di studenti pendolari - oltre alle iniziative pubbliche di denuncia e alla volontà di iniziare azioni risarcitorie nei confronti delle Ferrovie dello Stato e di Trenitalia - risulta che Trenitalia, Direzione regionale Abruzzo, intenda, con il prossimo orario invernale, rendere ancora più dificile l'odissea dei pendolari, cancellando da Roma Termini gli unici treni (treni n. 2371 in arrivo a Roma Termini alle ore 8.45 e n. 3379 in arrivo alle ore 10.00, nonché i corrispondenti treni del pomeriggio in partenza da Roma Termini n. 3378 alle 16.25 e il n. 2376 alle 18.31) che erano il risultato di 8 anni di lotte dei pendolari;

l'Abruzzo perderà l'attestazione a Roma Termini, i tempi di percorrenza si allungheranno e si produrrà un incremento dei costi per gli utenti pendolari costretti a sottoscrivere abbonamenti aggiuntivi anche per la metropolitana;

l'Abruzzo è l'unica regione a non avere un trasporto integrato bus-rotaia-metro;

il Governo, per coprire la norma sull'Ici, ha cancellato il contributo previsto dalla legge finanziaria per il 2008 di 168 milioni di euro a favore della tratta ferroviaria Avezzano-Roma,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo non ritengano urgente intervenire affinché venga ripristinato e reintrodotto lo stanziamento di 168 milioni di euro a favore della tratta ferroviaria Avezzano-Roma, già previsto dal comma 251 dell'art. 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e revocato con l'art. 5, comma 1, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126;

quali azioni di competenza intenda porre in essere il Governo, attraverso i Ministri interessati, affinché Trenitalia e la Direzione regionale Abruzzo - che, solo tre anni fa, avevano riportato alcuni treni a Roma Termini e solo un anno fa avevano annunciato trionfalmente che il treno n. 2371 si sarebbe attestato a Roma Termini - vengano incontro ai profondi disagi dei lavoratori e degli studenti pendolari abruzzesi e laziali;

quali azioni di propria competenza intendano assumere i Ministri, al fine di evitare i disagi subiti quotidianamente dagli utenti, nei confronti delle Ferrovie dello Stato e di Trenitalia, Direzione regionale Abruzzo, per attivare tutti gli interventi urgenti e necessari volti ad adeguare strutturalmente e nell'immediato la linea ferroviaria Roma-Pescara;

quali azioni intenda porre in essere il Ministro delle infrastrutture e trasporti al fine di mantenere il terminal di Roma Termini per quei convogli già oggi ivi attestati, nonché al fine di rimodulare orari e tempi di percorrenza ormai oltre il limite del sostenibile, visto che la percorrenza media e la velocità commerciale è scesa al di sotto dei 50 chilometri orari.

(3-00393)

Interrogazioni con richiesta di risposta scritta

INCOSTANTE, CASSON, D'AMBROSIO, ARMATO, DELLA MONICA, FILIPPI Marco - Ai Ministri della giustizia e dell'interno - Premesso che:

a partire dal 2008, nel Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) si registrano gravi vuoti di organici, sottolineati anche dai numerosi allarmi lanciati dall'Associazione nazionale dei magistrati;

facendo riferimento solo agli ultimi mesi, risultano trasferiti 15 giudici, altri 10 sono in corso di trasferimento, mentre è prevista l'entrata in servizio solamente di 14 nuovi magistrati;

anche il personale amministrativo risulta nettamente sottodimensionato, e allo stesso modo anche la Procura si trova in una situazione critica, essendo circa 12 i posti di pubblico ministero che risultano non coperti;

considerato che:

la situazione attuale rende particolarmente problematica la prosecuzione e il completo espletamento anche della seconda parte del cosiddetto "processo Spartacus" poiché la carenza di organico costringe sia al rinvio di processi che coinvolgono importanti organizzazioni camorristiche, sia al rischio che alcuni reati cadano in prescrizione, sia, come conseguenza ultima, alla scarcerazione degli imputati prima ancora del processo;

a poco valgono le misure volte al potenziamento della presenza dei militari e delle Forze dell'ordine sul territorio, se poi al presumibile incremento nel numero degli arresti non fa seguito un adeguato aumento sia dei magistrati sia del personale amministrativo;

ulteriori problematiche, tutt'altro che marginali, potrebbero sorgere alla luce dell'istituzione della Procura regionale sui rifiuti prevista dal decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, recante "Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale" senza che essa sia accompagnata da un adeguato potenziamento del numero dei magistrati e degli amministrativi,

si chiede di sapere:

se il Governo sia al corrente della grave situazione di carenza di organico del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e come intenda farvi fronte per non vanificare gli sforzi già posti in essere dalle Forze dell'ordine nel contrasto alla criminalità organizzata di stampo camorristico;

quali misure intenda porre in essere al fine di rendere efficaci le misure di contrasto alla criminalità organizzata anche sul versante del processo, a maggior ragione in una regione caratterizzata dalla più alta densità di criminalità comune e dal più alto tasso di litigiosità civile e sociale, per evitare che l'impossibilità dei magistrati di dar corso a tutti i processi mini ulteriormente la fiducia dei cittadini nel sistema giudiziario della Repubblica italiana.

(4-00785)

BUTTI - Al Ministro dell'istruzione, università e ricerca - Premesso che:

l'Istituto tecnico di istruzione superiore "Paolo Carcano", con sede a Como in via Castelnuovo n. 5, è un'istituzione scolastica di lunga tradizione, nata nel 1869 come scuola per maestranze dell'industria serica comasca, divenuta negli anni prima istituto nazionale di Stato e successivamente Istituto tecnico industriale per la formazione di quadri dell'area tessile;

l'istituto ha tre indirizzi di studio: chimica tintoria, tessitura e, unico in Italia, disegno tessile;

la scuola è ben radicata nel territorio e ha fruttuosi rapporti di scambio con il mondo dell'impresa locale, cui fornisce da più di cento anni tecnici e dirigenti industriali. Per tale ragione l'istituto è stato riconosciuto a livello ministeriale come la scuola tessile con il miglior rapporto formazione/mondo del lavoro;

negli anni '60/'70 la scuola contava 1.400 iscritti, risultando l'istituto più affollato della città; negli anni '90, a causa della crisi economica dell'area, il numero degli iscritti si è notevolmente ridotto, raggiungendo il minimo storico di 400 agli inizi del 2000;

a seguito di una riorganizzazione interna, una ridefinizione dei profili professionali e un ampliamento dell'offerta formativa, l'istituto ha recuperato iscritti; attualmente ne conta 570 al corso diurno e 40 in quello serale. Tali risultati sono stati raggiunti grazie al supporto della "Fondazione Setificio", organismo formato dai rappresentanti delle imprese comasche, che hanno sostenuto progetti didattici e formativi, finanziando i corsi per la riqualificazione dei docenti e accogliendo nelle aziende personale per aggiornamenti professionali;

nonostante la crisi internazionale i diplomati della scuola hanno sempre trovato occupazione nel settore, riuscendo spesso ad essere nel numero inferiori alla domanda di occupati;

il personale docente, pressoché stabile negli ultimi 30 anni, anche se attento alle innovazioni dei settori produttivi e disponibile alle iniziative di aggiornamento professionale, non ha segnato alcun rinnovamento sostanziale;

l'attuale modalità di reclutamento, vista la normativa nazionale vigente, per classi di concorso e per scorrimento di graduatorie, porterà la scuola ad avere docenti in possesso dei titoli necessari, ma assolutamente impreparati ad insegnare le discipline fondamentali per la formazione dei tecnici industriali del settore tessile in continua evoluzione innovativa, nonché a gestire i laboratori scolastici dotati di macchinari di ultima generazione;

l'attuale normativa consente l'assunzione a chiamata tramite graduatoria, i cui risultati non garantiscono né continuità significativa, né qualità della preparazione;

l'Ufficio scolastico provinciale, il mondo produttivo del territorio, gli amministratori locali ed il dirigente scolastico vorrebbero dar vita ad un accordo finalizzato alla formazione di docenti assunti per l'insegnamento delle aree professionali, attivando in questo modo un progetto sperimentale;

il mondo dell'impresa, che condivide la preoccupazione di una carenza di preparazione dei docenti delle aree professionali, si rende disponibile a farsi carico della formazione specifica e degli oneri connessi,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno permettere l'attivazione di un progetto sperimentale che, tenendo conto del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 dell'8 marzo 1999, (regolamento sull'autonomia), in particolare di quanto indicato agli articolo 6, 7, 9 e 11, consenta ai soggetti aventi titolo di studio utile per l'insegnamento delle discipline professionali, anche se non inseriti nelle graduatorie provinciali, di essere assunti per un periodo non inferiore ai tre anni, a condizione che gli stessi diano la disponibilità a seguire corsi di formazione specifici attivati in accordo con il mondo imprenditoriale locale, e che assicurino una continuità nel plesso scolastico di almeno tre anni;

se non intenda estendere il progetto sperimentato dall'istituto "Paolo Carcano" anche ad altre scuole e ad altri settori formativi.

(4-00786)

AMORUSO - Ai Ministri degli affari esteri e per i beni e le attività culturali - Premesso che:

la fondazione De Nittis, che da decenni mantiene vivo il ricordo di Giuseppe De Nittis, lamenta il mancato inserimento del grande pittore barlettano, che pure vi è sepolto, nell'elenco ufficiale del celebre e storico Cimitero monumentale parigino di Père Lachaise;

nato a Barletta nel 1846, De Nittis fu il fondatore della "Scuola di Resina", importante corrente italiana sul tema del realismo e quindi, nel 1867, si trasferì a Parigi dove ebbe un enorme successo (arrivando ad esporre undici memorabili tele durante l'Esposizione Universale del 1878) fino alla morte avvenuta nel 1884 nella cittadina di Saint-Germain-en-Laye, presso Parigi, in seguito alla quale venne appunto sepolto, a fianco di altri artisti di fama mondiale, all'interno del cimitero Père Lachaise;

dal 2004 la fondazione De Nittis si rivolge senza alcun esito alla direzione del Cimitero monumentale parigino per chiedere che venga posto rimedio a una omissione davvero inspiegabile nella sua ostinazione;

questa mancanza è ancor più grave perché tra meno di due anni, nel 2010, l'importante pinacoteca De Nittis di Barletta organizzerà nella prestigiosa cornice del Petit Palace di Parigi una grande mostra tutta dedicata all'illustre pittore che tanta influenza ebbe negli ambienti culturali della Francia dell'Ottocento,

si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali eventuali iniziative ritengano opportune, nell'ambito delle ricche e proficue relazioni culturali in corso tra Italia e Francia, per farsi portavoce presso il Governo francese della necessità di dare il giusto posto alla memoria del grande pittore De Nittis.

(4-00787)

MILANA - Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali - Premesso che:

nel maggio 2008 il dottor Ezio Castiglione è stato nominato Assessore al bilancio e allo sviluppo economio della Giunta del Comune di Roma;

prima dell'assunzione di tale mandato il dottor Ezio Castiglione già ricopriva la funzione di direttore dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA);

considerato che:

ai sensi dell'articolo 81 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i membri delle Giunte comunali possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato;

a tutt'oggi non risulta che il dottor Ezio Castiglione abbia presentato alcuna domanda in tal senso,

si chiede di sapere:

se risponda al vero che, a seguito della nomina ad Assessore al bilancio della Giunta comunale di Roma del dottor Castiglione, non sia stata avanzata da parte delle stesso la richiesta di collocamento in aspettativa dalla sua funzione di direttore generale dell'ISMEA;

se il Ministro in indirizzo, anche in considerazione del delicato momento per il settore agricolo, ritenga accettabile che al dottor Ezio Castiglione sia consentito il mantenimento congiunto della funzione di direttore generale di un ente pubblico ecomonico di particolare rilevanza nazionale quale è l'ISMEA nonché dell'altrettanto delicato ed impegnativo ruolo di assessore al bilancio e allo sviluppo economico della Giunta capitolina;

infine, quali urgenti iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, ritenga opportuno adottare in merito.

(4-00788)

PAPANIA - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro delle infrastrutture e trasporti - Premesso che:

l'articolo 24 del decreto-legge n. 112 del 2008 (la cosiddetta "manovra di luglio"), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, dispone l'abrogazione della legge 29 aprile 1976, n. 178, della legge 4 agosto 1978, n. 464, e della legge 31 dicembre 1991, n. 433, relative alla ricostruzione delle zone colpite dall'evento sismico del 1968;

l'abrogazione di tali norme, in sostanza, blocca la concessione del finanziamento di 50 milioni di euro già assegnato dalla legge 27 dicembre 2007, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), per l'anno 2009 per il completamento degli interventi di ricostruzione nelle zone del Belice colpite dal terremoto del 1968;

a seguito di tale intervento, a decorrere dal 28 dicembre 2008, data in cui scatta l'abrogazione delle norme di cui all'articolo 24 del decreto-legge n. 112, le commissioni istituite ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 178 del 1976 non potranno più approvare progetti e concedere finanziamenti ai privati per gli interventi di ricostruzione edilizia;

considerato che il taglio delle risorse previsto nei confronti delle zone del Belice comprometterebbe irrimediabilmente il completamento degli interventi necessari alla ricostruzione del territorio colpito dall'evento sismico,

si chiede di sapere:

se il Governo non ritenga inopportuno ed irragionevole distrarre fondi destinati allo sviluppo di regioni particolarmente svantaggiate come la Sicilia;

in particolare, se non ritenga urgente e necessario intervenire affinché vengano ripristinate le suddette risorse già destinate dalla legge finanziaria per il 2007 per consentire il completamento della ricostruzione nelle zone del Belice.

(4-00789)

FASANO - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Premesso che:

i medici in formazione specialistica sono soggetti ad una doppia contribuzione previdenziale obbligatoria: la prima dipendente dall'ENPAM riguarda la cosiddetta quota A e la seconda presso la gestione separata dell'INPS;

nella cosiddetta "gestione separata" l'INPS include una forma ridotta che ammonta al 17 per cento qualora il lavoratore sia sottoposto ad altre forme previdenziali obbligatorie ed una forma intera per soggetti non iscritti ad altre forme di previdenza, aliquota che ammonta al 24,72 per cento;

l'INPS ha di recente emanato la circolare n. 88 del 2008 con la quale ha inteso inquadrare il medico specializzando come iscritto alla gestione separata nella forma intera;

il citato ente previdenziale non corrisponde ai medici specializzandi né l'indennità di gravidanza, né quella di malattia pur incassando i contributi ad esse destinati;

l'INPS non corrisponde neanche il trattamento pensionistico poiché, per i medici in formazione specialistica, il ricongiungimento contributivo è previsto solo per i soggetti che hanno almeno tre anni di versamenti alla gestione separata;

Federspecializzandi ha invitato l'ENPAM ad intervenire per ribadire che il versamento della quota A rappresenta una forma di previdenza obbligatoria che dà diritto ad un vitalizio,

l'interrogante chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se e in quale modo intenda intervenire al fine di riportare lo "status previdenziale" dei medici in formazione specialistica nell'alveo delle normative vigenti.

(4-00790)

LANNUTTI, BELISARIO, PEDICA - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Premesso che:

a firma del giornalista Marco Lillo, sul settimanale "L'espresso" in edicola il 23 ottobre 2008 è stato pubblicato un articolo riguardante alcune verifiche patrimoniali svolte nell'ambito di un'indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Napoli nei confronti di più soggetti per il presunto reato di traffico illecito di rifiuti a fini di profitto;

nell'articolo compare una intervista al Professor Giuseppe Petrella, attuale direttore del comitato di indirizzo degli Istituti fisioterapici ospitalieri (IFO) di Roma, nella quale si ricorda una indagine alla quale egli fu sottoposto nell'anno 2005 essendo stato intercettato allorché interveniva per orientare la nomina di un dirigente di Azienda sanitaria locale nella stessa regione Campania. Tale intervento è effettivamente ammesso da Petrella nell'intervista;

gli IFO, dei quali il professor Petrella dirige il comitato di indirizzo, sono un ente di diritto pubblico con il compito di gestire due realtà di rilievo anche per il territorio nazionale aventi sede in Roma, l'Istituto nazionale tumori Regina Elena e l'Istituto dermatologico San Gallicano, riconosciuti sin dal 1939 Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS);

gli IFO, al pari degli altri IRCCS, sono enti a rilevanza nazionale dotati di autonomia e che operano secondo standard di eccellenza, perseguono finalità di ricerca, prevalentemente clinica e traslazionale nel campo biomedico e in quello dell'organizzazione e gestione dei servizi sanitari, unitamente a prestazioni di ricovero e cura di alta specialità ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 288 del 2003,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo ritenga che le dichiarazioni rese alla stampa dal professor Petrella, nelle quali egli stesso ammette e rivendica talune sue specifiche condotte in materia di nomine nella sanità campana, siano compatibili con il delicato ruolo che egli ricopre nella pubblica sanità e quali iniziative ritenga opportuno assumere, per quanto di propria competenza, al fine di prevenire ogni possibile ricaduta negativa sulla gestione sanitaria pubblica e sulla conseguente qualità dei servizi erogati ai cittadini.

(4-00791)

PEDICA - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Premesso che:

esiste già da tempo un'associazione onlus, l'Associazione italiana Tinnitus-Acufene (AIT), che si occupa di studi e ricerche sulle patologie dell'acufene, volgarmente conosciuta come il ronzio agli orecchi;

tale associazione vanta quasi 2.000 iscritti in tutta Italia e secondo i sondaggi i portatori di acufene sono oltre 3 milioni. Le numerose telefonate e lettere che pregano tale associazione di andare avanti nella ricerca spingono la stessa a chiedere un intervento esterno per la sopravvivenza della ricerca stessa;

tale disturbo, in apparenza banale, tende invece a creare un vero e proprio stato invalidante, coinvolgendo l'assetto psicologico ed emozionale della persona, la sua vita di relazione, il ritmo sonno-veglia, le attitudini lavorative ed il livello di attenzione e concentrazione, inducendo e potenziando stati ansioso-depressivi, interferendo quindi sulla qualità della vita stessa;

la persistenza dell'acufene nel tempo e la sua dimensione fortemente invalidante, possono portare a stati di estrema depressione che hanno avuto anche drammatiche conseguenze;

ritenuto quasi paradossale che si trascuri un problema di salute che colpisce un numerosa parte degli italiani, senza che si sia a tutt'oggi provveduto a programmare un aiuto economico affinché tale ricerca possa continuare e, anzi, possa essere sempre più proficua viaggiando così a ritmi più elevati,

si chiede si sapere se il Ministro in indirizzo non reputi assolutamente necessario prevedere, il prima possibile, stanziamenti di fondi di sovvenzione e sostentamento per la suddetta associazione, in virtù del fatto che essa si regge soltanto grazie alle quote associative non avendo contributo alcuno.

(4-00792)

Interrogazioni, da svolgere in Commissione

 

A norma dell'articolo 147 del Regolamento, la seguente interrogazione sarà svolta presso la Commissione permanente:

  

5a Commissione permanente (Programmazione economica, bilancio):

 

3-00390, della senatrice Poli Bortone, sulla reale disponibilità dei fondi FAS per lo sviluppo della Puglia.

  

Avviso di rettifica

 

Nel Resoconto sommario e stenografico della 88ª seduta pubblica dell'11 novembre 2008, a pagina 153, la proposta di coordinamento C1 deve intendersi sostituita dalla seguente:

PROPOSTA DI COORDINAMENTO (*)

C1

LA COMMISSIONE

Approvata

Articolo 1

al comma 1, alinea, sostituire le parole: "decreto legge" con la seguente: "decreto-legge";

al comma 1, lettera c), sostituire le parole: "dal seguente" con le seguenti: "dai seguenti";

al comma 2, alinea, sostituire le parole: "nella Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 marzo 2005," con le seguenti: "nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005".

 

Articolo 5

al comma 3, primo periodo, aggiungere, in fine, le seguenti parole: "di cui al comma 2".

________________

(*) (nel testo conseguente all'approvazione dell'emendamento 3.900).