Legislatura 16º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 090 del 12/11/2008


SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVI LEGISLATURA ------

90a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 

MERCOLEDÌ 12 NOVEMBRE 2008

(Pomeridiana)

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Presidenza del presidente SCHIFANI,

indi del vice presidente CHITI

e della vice presidente BONINO

 

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N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Italia dei Valori: IdV; Il Popolo della Libertà: PdL; Lega Nord Padania: LNP; Partito Democratico: PD; UDC, SVP e Autonomie: UDC-SVP-Aut; Misto: Misto; Misto-MPA-Movimento per l'Autonomia: Misto-MPA.

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RESOCONTO SOMMARIO

 

Presidenza del presidente SCHIFANI

 

La seduta inizia alle ore 16,34.

 

Il Senato approva il processo verbale della seduta del giorno precedente.

 

Comunicazioni della Presidenza

 

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

 

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

 

PRESIDENTE. Avverte che dalle ore 16,38 decorre il termine regolamentare di preavviso per eventuali votazioni mediante procedimento elettronico.

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, nuova convocazione

PRESIDENTE. D'intesa con il Presidente della Camera dei deputati, la Commissione di vigilanza sulla RAI è nuovamente convocata per domani, giovedì 13 novembre, alle ore 9, per procedere all'elezione del Presidente.

Commemorazione di Giovanni Leone nel centenario della nascita

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e con lui tutta l'Assemblea). Nella ricorrenza del centenario della nascita di Giovanni Leone, ricorda le grandi doti umane e civili dello statista napoletano. Insigne giurista, concorse alla nascita della Democrazia Cristiana e fornì un contributo di fondamentale importanza quale membro della Commissione dei settantacinque nell'Assemblea costituente; ricoprì in seguito le cariche di Vice Presidente e Presidente della Camera dei deputati e di Presidente del Consiglio dei ministri, in un periodo di grandi contrapposizioni politiche. Nominato senatore a vita nel 1967, venne eletto Presidente della Repubblica nel 1971, svolgendo il suo mandato con grande equilibrio in anni drammatici per il Paese, caratterizzati dall'inasprimento dei conflitti sociali e dall'offensiva del terrorismo, culminata con il sequestro e l'omicidio di Aldo Moro. Si dimise dalla carica nel 1978 e, amareggiato, tornò a dedicarsi agli studi e alla ricostruzione delle vicende di quegli anni. Di lui si ricordano lo spirito di dedizione allo Stato repubblicano, il senso di equilibrio, il rigore, sempre accompagnato da grande umanità, e la lunga attività politica in difesa della democrazia e dei diritti individuali e collettivi. L'Archivio storico del Senato ha intrapreso la catalogazione del Fondo Leone, che copre un vasto arco temporale e comprende una grande varietà di documenti. Di tale contributo il Senato è grato alla famiglia Leone, verso cui rinnova il saluto affettuoso e commosso. (Vivi, prolungati, generali applausi).

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Si associa alle parole del Presidente sulla figura di Giovanni Leone, di cui ricorda la chiara fama di giurista e il grande contributo fornito alla crescita delle istituzioni dell'Italia repubblicana, nelle quali portò la sua vasta cultura giuridica. Durante gli anni trascorsi alla Presidenza della Repubblica, segnati dalla drammatica vicenda di Aldo Moro, egli mostrò grande capacità di mediazione e di risoluzione delle controversie. Al momento delle dimissioni, vittima di una campagna di aggressione mediatica squallida e violenta, Leone dimostrò grande dignità e senso delle istituzioni. Il tempo avrebbe poi dimostrato la totale infondatezza delle accuse rivoltegli, i cui autori si sono in parte scusati ed in parte sarebbe opportuno che provvedessero a farlo. (Generali applausi).

LI GOTTI (IdV). È un grande onore poter ricordare la figura di Giovanni Leone quale politico, maestro di diritto e avvocato. Allievo prediletto di Enrico De Nicola, si laureò con una tesi sperimentale sugli obblighi di assistenza familiare e si dedicò in seguito allo studio del diritto penale sostanziale e del diritto penale processuale, sul quale scrisse un monumentale trattato. Nel 1955 condusse una fondamentale battaglia con la Corte di cassazione in tema di diritti della difesa, che si concluse con il riconoscimento delle sue tesi e con l'avvio di un lungo percorso che avrebbe condotto alle norme sul giusto processo. Non apprezzò il nuovo codice entrato in vigore nel 1989, di cui comprese in anticipo alcuni profondi limiti. Si rese conto inoltre della necessità di rinnovare il codice penale del 1930 e, nel 1968, fu relatore di un progetto di riforma che però non giunse a compimento, con suo grande disappunto. (Generali applausi).

 

Presidenza del vice presidente CHITI

BODEGA (LNP). La Presidenza della Repubblica di Giovanni Leone è stata caratterizzata dalle polemiche che, a partire dalla sua elezione, avvenuta con i voti determinanti del Movimento sociale italiano, per terminare con le dimissioni, annunciate sei mesi prima del termine del mandato, hanno causato all'illustre giurista napoletano un'immeritata sofferenza personale. Al presidente Leone, pertanto, sono dovuti il pieno riconoscimento del contributo offerto alla costruzione della democrazia italiana e l'indubitabile riaffermazione della sua onestà e correttezza istituzionale. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL. Congratulazioni).

PISTORIO (Misto-MPA). Associandosi al ricordo di Giovanni Leone, ne sottolinea la dignità e il senso di responsabilità istituzionale, che lo indussero a rassegnare le dimissioni per impedire una lesione del ruolo e dell'autorità istituzionale della Presidenza della Repubblica. Tale risposta alle accuse infondate e tardivamente ritirate che lo hanno investito deve rappresentare un insegnamento per tutti e merita la gratitudine dell'intero Paese. Egli asservì la propria competenza e passione giuridica alla definizione di aspetti cruciali della Carta costituzionale, sempre orientato all'interesse generale e al bene comune. (Generali applausi).

FOLLINI (PD). Giovanni Leone è una figura istituzionale cruciale nella storia della Repubblica italiana, pur non svolgendo un ruolo di spicco all'interno del partito cui apparteneva. Maestro di diritto, egli rappresentò più i valori della tradizione cattolica ottocentesca che le ideologie del Novecento. Oggetto di un'ingiustificata aggressione politica e mediatica, seppe difendersi con responsabilità, senza fare appello alle proprie prerogative, inducendo i suoi stessi avversari a ricredersi e ora a rimpiangere un uomo politico del suo calibro, cui la storia ha tardivamente restituito l'onore politico. (Generali applausi. Congratulazioni).

COMPAGNA (PdL). L'elevata caratura morale di Giovanni Leone è testimoniata dalla scelta, da lui considerata doverosa in quanto connessa alla carica istituzionale rivestita, di non reagire, approfittando della propria posizione, alla campagna diffamatoria di cui fu oggetto e che culminò con le dimissioni da Presidente della Repubblica rassegnate nel 1978. Nella coerente e responsabile visione di Giovanni Leone, infatti, il ruolo di potere neutro impediva al Presidente della Repubblica di difendersi in Parlamento o di usare il mezzo televisivo per messaggi che non rispondessero ad un interesse generale del Paese. Da tale data iniziò per l'illustre giurista, di cui ricorda l'amicizia con Norberto Bobbio, un silenzioso e difficile cammino, durante il quale, con senso di responsabilità e dignità, egli continuò a servire il Paese, seguendo con coerenza i valori di un cattolicesimo liberale espressione della storia risorgimentale e antifascista italiana. A Giovanni Leone va dunque la riconoscenza e la stima dell'intera classe politica. (Generali applausi. Congratulazioni).

PRESIDENTE. Con l'unanime omaggio ad un grande giurista e ad un uomo onesto, il Senato rende l'onore dovuto a Giovanni Leone, rivolgendo un saluto alla famiglia presente alla cerimonia. (Il Presidente si leva in piedi e con lui tutta l'Assemblea. Vivi, prolungati, generali applausi).

Sull'ordine dei lavori

PEDICA (IdV). Annuncia l'intenzione di leggere una lettera inviatagli da una dipendente di Alitalia. (Vivaci proteste dai banchi della maggioranza).

 

PRESIDENTE. Invita il senatore Pedica a riassumere il senso della lettera o a distribuirne copia tra i senatori.

 

PEDICA (IdV). Insiste nella richiesta, rimettendosi comunque alla decisione della Presidenza.

Sulla mancata elezione del Presidente della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

PERDUCA (PD). Denunciando l'ennesimo fallimento nel tentativo di eleggere il Presidente della Commissione RAI, sollecita la convocazione ad oltranza della Commissione. (Applausi dal Gruppo PD. Commenti dai banchi della maggioranza).

Votazione per l'elezione di due senatori Segretari
ai sensi dell'articolo 5, commi 2-bis e 2-ter, del Regolamento

PRESIDENTE. Poiché ai sensi dell'articolo 5, comma 2-bis, del Regolamento, i Gruppi Italia dei Valori, Misto e UDC, SVP e Autonomie hanno avanzato la richiesta di procedere all'elezione di altri senatori Segretari e tale richiesta è stata accolta dal Consiglio di Presidenza, procede alla votazione, ricordando che ciascun senatore scriverà sulla propria scheda un solo nominativo e che risulteranno eletti coloro che, essendo iscritti ai Gruppi richiedenti, otterranno il maggior numero di voti, limitatamente ad un senatore per Gruppo. Avverte altresì che dopo l'effettuazione della chiama le urne resteranno aperte fino alle ore 19, mentre l'Assemblea proseguirà nell'esame del successivo punto all'ordine del giorno. Invita quindi la senatrice Segretario Mongiello a procedere alla chiama.

 

(Seguono le operazioni di voto).

 

Presidenza della vice presidente BONINO

 

PRESIDENTE. Avverte che le urne rimangono aperte.

Sulla scomparsa di monsignor Maggiolini

GARAVAGLIA Massimo (LNP). Ricorda con affetto e gratitudine monsignor Alessandro Maggiolini, scomparso nella giornata di ieri. Egli è stato molto amato dai cittadini di Varese per la sua carica umana e per il coraggio delle sue idee. (Applausi).

BAIO (PD). Si associa al ricordo di monsignor Maggiolini, sottolineandone l'efficace ed onesta azione pastorale svolta nella diocesi da lui presieduta e la schiettezza di carattere, che gli ha consentito di esprimere pensieri sempre chiari e forti.

Sull'ordine dei lavori

PEDICA (IdV). Chiede nuovamente di intervenire sull'ordine dei lavori per leggere una lettera inviata ai senatori da una dipendente dell'Alitalia. Protesta perché, nonostante la funzione dei parlamentari sia di rappresentare le istanze dei cittadini, la Presidenza di turno, intimorita dalla maggioranza, gli ha tolto la parola in modo inaudito nella precedente richiesta di intervento.

PRESIDENTE. La Presidenza non si lascia intimorire e applica criteri omogenei per accordare la facoltà di parlare. Occorre piuttosto sollecitare la Giunta del Regolamento a proporre una disciplina più precisa delle richieste di parola su argomenti estranei ai punti iscritti all'ordine del giorno, risultando sempre più improprio il richiamo all'ordine dei lavori.

GRAMAZIO (PdL). Richiama l'attenzione dell'Aula sui disservizi causati dagli scioperi del personale dell'Alitalia denunciati da numerosi cittadini in lettere da lui raccolte insieme al senatore Totaro.

PRESIDENTE. Invita l'Assemblea a non affrontare in modo surrettizio attraverso un richiamo all'ordine dei lavori questioni di rilievo che devono trovare spazi adeguati di discussione.

Seguito della discussione del disegno di legge:

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 733. Ricorda che nel corso della seduta antimeridiana ha avuto inizio la discussione generale.

CAROFIGLIO (PD). Il provvedimento in esame è meritevole di un ampio e approfondito dibattito in quanto rappresenta una sorta di metafora dell'approccio della maggioranza e del Governo al tema della sicurezza e del controllo del tessuto sociale. L'articolo 19 che sanziona l'ingresso e il soggiorno illegale nel territorio dello Stato, non più con l'arresto, come originariamente previsto, ma con una contravvenzione non produrrà alcuno degli effetti di deterrenza sperati, mentre finirà senz'altro per dare vita ad un numero enorme di fascicoli processuali, con conseguente rallentamento dell'attività degli uffici giudiziari. Esso rispondeva in origine alle demagogiche e irresponsabili promesse fatte agli elettori e, dopo le critiche ricevute in sede comunitaria, invece di ritirarlo, si è preferito trasformarlo in un'altra norma, tanto inutile quanto propagandistica. Numerose perplessità sono ingenerate dalla previsione della possibilità di trattenere un cittadino straniero ai fini dell'identificazione per un periodo di inconcepibile lunghezza, 18 mesi, anche qualora le difficoltà non derivino da resistenza dell'interessato ma, per esempio, da inadempienze del Paese d'origine. Si dà così luogo ad una sorta di incivile detenzione amministrativa, peraltro inutile e vessatoria, oltre che assai costosa e quindi inopportuna in un periodo di contenimento della spesa pubblica. Anche la schedatura dei clochard prevista all'articolo 44 del disegno di legge è emblematica delle pulsioni che animano l'attuale maggioranza, rivelatasi il "partito della galera sociale". (Vivaci commenti dai banchi della maggioranza. Richiami del Presidente). L'istituzione del registro presso il Ministero dell'interno, e non già presso il Ministero degli affari sociali, testimonia la volontà del centrodestra di dare vita ad uno strumento di mero controllo sociale verso una delle categorie con livello di pericolosità sociale tra i più bassi, invece di affrontare il tema in un'ottica di solidarietà e abbattimento delle disuguaglianze. Preoccupante è altresì la possibilità per gli enti locali di avvalersi della collaborazione di associazioni volontarie di cittadini per presidiare il territorio, funzione rappresenta una delle prerogative ineludibili e fondamentali dello Stato di diritto e deve pertanto essere svolta unicamente dagli uomini delle Forze dell'ordine, i soli ad avere i necessari requisiti professionali. Infine, l'obbligatorietà della custodia in carcere per tutti i reati di competenza distrettuale, la quale, ancorché condivisibile in relazione a reati di mafia o di terrorismo, appare del tutto inopportuna se applicata a reati, come quelli di tipo informatico, che vengono attribuiti al pubblico ministero distrettuale per pure ragioni di coordinamento investigativo. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

VALLARDI (LNP). Il provvedimento in esame è una valida risposta alle richieste di sicurezza avanzate ormai da tempo dai cittadini italiani di cui la Lega Nord si è fatta da tempo responsabilmente carico, denunciando in particolare l'aumento indiscriminato della microcriminalità conseguente all'ingresso di extracomunitari nel territorio nazionale: l'invasione di rom ed extracomunitari, da taluni erroneamente dipinti come una valida risorsa per il Paese, determina infatti un aumento dell'insicurezza sociale e della criminalità, come peraltro dimostrato dall'altissima percentuale di cittadini stranieri che affolla le carceri. In tale ottica, il disegno di legge in esame, rafforzativo rispetto a quanto già introdotto con il decreto-legge n. 92 del 2008, contiene regole certe atte a limitare i flussi migratori e disposizioni chiare per fronteggiare l'illegalità diffusa e la criminalità organizzata. Esso è inoltre pienamente condivisibile nella parte in cui introduce disposizioni atte a combattere la mafia italiana e quella straniera, coerentemente con le politiche di contrasto già adottate dal ministro Maroni nel corso dei mesi scorsi. La previsione atta a riconoscere agli enti locali la possibilità di avvalersi di associazioni volontarie di cittadini per presiedere il territorio contribuirà senz'altro al rafforzamento del senso civico e dello spirito di comunità della popolazione. Auspica l'accoglimento dell'emendamento volto a vietare l'uso di indumenti tali da rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in conformità peraltro con quanto già disposto in numerosi Pesi europei, come la Francia. L'opposizione farebbe bene ad abbandonare sterili e demagogiche polemiche per impegnarsi in un costruttivo dibattito con la maggioranza finalizzato a dare risposta alle crescenti domande di sicurezza avanzate dai cittadini e da numerosi sindaci, appartenenti anche allo stesso schieramento di centrosinistra. (Applausi dal Gruppo LNP, del senatore Santini e dai banchi del Governo).

GALIOTO (PdL). Il provvedimento in esame dà risposta ad un'esigenza di sicurezza avvertita quotidianamente dalla società civile, soprattutto dalle sue componenti più deboli, e provvede al necessario aggiornamento del sistema giuridico di repressione del crimine, anche in relazione a reati solo apparentemente secondari, ma che in realtà incidono notevolmente sulla percezione della legalità da parte dei cittadini e degli stranieri regolarmente soggiornanti. I frequenti sbarchi di clandestini sulle coste italiane, unitamente agli ingressi irregolari via terra, stanno conducendo al collasso il sistema di accoglienza del Paese, che non può più consentire ulteriori arrivi incontrollati; e chi riesce a sfuggire ai controlli è destinato inevitabilmente ad una vita di espedienti, che sfocia spesso nell'illegalità. È necessario pertanto intervenire per tutelare sia la sicurezza dei cittadini sia la dignità e i diritti degli stessi immigrati clandestini, nei quali non è giusto alimentare speranze che non potranno realizzarsi. È questa la ratio di alcune norme discusse ma assolutamente necessarie, come l'introduzione del reato di ingresso irregolare nel territorio dello Stato, le misure volte ad ostacolare i matrimoni combinati al fine di ottenere la cittadinanza e la severa repressione di chi sfrutta la condizione degli immigrati irregolari per trarne un ingiusto profitto. (Applausi del senatore Vizzini).

CHIURAZZI (PD). Il disegno di legge in esame rischia di produrre effetti controproducenti rispetto agli obiettivi annunciati, in quanto contiene norme in palese contrasto con il dettato costituzionale, che quindi rischiano di essere oggetto di sentenze della Consulta e di ulteriori interventi legislativi di modifica. In altri punti esso comprende invece misure che, allo scopo di generare un simbolico effetto rassicurante, in realtà complicano il lavoro della magistratura e delle Forze dell'ordine e rischiano di ostacolare il già difficile lavoro di chi opera nel settore della sicurezza. Inoltre, la funzione di deterrenza che si intende ricavare con l'introduzione di norme più severe, pur avendo una sua indiscutibile importanza, non è sufficiente da sola a prevenire le attività criminali, a meno che non sia accompagnata da forti politiche sociali rivolte soprattutto al complesso e variegato mondo dell'immigrazione, che non può essere considerato semplicemente come un serbatoio di criminalità. Invece, le misure adottate dal Governo unicamente all'insegna della repressione e del rigore, a parte il fatto che finora non sono riuscite a ridurre gli sbarchi di clandestini, rischiano, se produrranno gli effetti desiderati, di aggravare l'intasamento dei tribunali e il sovraffollamento delle carceri e, se non avranno effetti, di minare la credibilità dello Stato, dopo che il Governo ha suscitato una forte aspettativa nell'opinione pubblica con l'adozione di provvedimenti emergenziali ed eccezionali. Da questo punto di vista, desta particolare preoccupazione la previsione dell'articolo 46, concernente la possibilità di una generica collaborazione tra gli enti locali e le associazioni volontarie di cittadini nello svolgimento dell'attività di presidio del territorio. Tale previsione, unitamente all'impiego delle Forze armate nelle attività di ordine pubblico, suona come un implicito giudizio negativo nei confronti di coloro che sono direttamente preposti a svolgere compiti di sicurezza pubblica, in primis i Carabinieri e la Polizia, cui vengono stranamente ridotte le risorse invece di adeguarne le dotazioni di uomini e mezzi.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Comunica che le urne per l'elezione dei due senatori Segretari verranno chiuse alle ore 19,30.

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

D'AMBROSIO (PD). Se la maggioranza avesse tenuto in considerazione l'opinione di coloro che si occupano per professione di sicurezza pubblica avrebbe compreso che il modo migliore di combattere la criminalità non è quello di istituire nuove figure di reato o di inasprire le pene, ma è quello di rendere ineluttabile la sanzione, riducendo i tempi dei processi. Sebbene il provvedimento contenga disposizioni apprezzabili, quantunque limitate, come quella che prevede l'inversione dell'onere della prova come strumento di contrasto alla criminalità organizzata, l'impianto complessivo delle norme sull'immigrazione clandestina, fenomeno che coinvolge moltitudini di persone provenienti da situazioni di disagio talmente estreme da rendere inutile la minaccia della reclusione, oltre a non contenere gli sbarchi, produrrà, come è accaduto con la legge Bossi-Fini, un incremento dei clandestini, i quali, come è noto, costituiscono manovalanza disponibile e ricattabile proprio per quelle organizzazioni criminali che si intende combattere. La creazione di ipotesi di reato come quella di immigrazione clandestina, oltre a favorire lo sfruttamento del lavoro nero da parte degli imprenditori che si avvantaggiano della condizione irregolare di molti stranieri, comporterà un aggravio del lavoro di uffici giudiziari e Forze di polizia e riempirà le carceri di soggetti assolutamente non pericolosi per la comunità. Inoltre, l'accanimento dimostrato nei confronti del fenomeno dell'impiego di minori nell'accattonaggio, per il quale può perfino essere previsto l'arresto in flagranza e la decadenza della patria potestà, rischia di indurre gli individui che abitualmente si sostentano con l'elemosina a commettere altri reati più gravi, come il furto. (Applausi dal Gruppo PD).

Chiusura di votazione

PRESIDENTE. Dichiara chiusa la votazione per l'elezione di due senatori Segretari, ai sensi dell'articolo 5, commi 2-bis e 2-ter, del Regolamento, e invita i senatori Segretari a procedere allo spoglio delle schede e al computo dei voti nella Sala Pannini.

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

DELLA MONICA (PD). Il pacchetto sicurezza contiene norme eterogenee che complicano un impianto normativo già farraginoso, determinando probabili difficoltà in sede di applicazione. Inoltre esso prevede disposizioni lesive di diritti costituzionalmente garantiti, favorendo un clima di intolleranza e mantenendo molte persone in condizioni di clandestinità, da cui è più facile scivolare nella delinquenza. L'introduzione del reato di immigrazione irregolare, infatti, colpisce proprio gli individui più esposti a fenomeni come la tratta di esseri umani e lo sfruttamento del lavoro nero e comporta un sovraccarico di compiti inutili per le Forze di polizia e il sistema giudiziario, determinando inoltre una discriminazione che potrebbe essere sanzionata anche dalla Corte costituzionale. Sarebbe invece opportuno assicurare risorse e strumenti idonei all'azione di contrasto all'emigrazione clandestina a partire dai Paesi d'origine. Inutili, se non controproducenti, risultano anche le disposizioni volte a consentire il presidio del territorio da parte di ronde di volontari, che si sostituiranno, senza preparazione e attrezzatura adeguata, alla polizia, intralciandone l'operato. Infine, nel provvedimento non si rinvengono norme poste a tutela della sicurezza personale all'interno delle mura domestiche, dove si registrano violenze di vario tipo e maltrattamenti. Le incisive proposte emendative, imposte dalla maggioranza e non sufficientemente esaminate in Commissione, stravolgono, anche se talvolta con finalità condivisibili, il testo originale e comportano disagi sociali non adeguatamente valutati; occorre pertanto una riflessione approfondita che tenga conto anche dei suggerimenti provenienti da soggetti appartenenti alla società civile, come la Caritas, per promuovere una pacifica convivenza tra cittadini italiani e comunità migranti. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni). Allega ai Resoconti della seduta il testo dell'intervento. (v. Allegato B).

Sull'ordine dei lavori

RUSSO (IdV). Precisa che la richiesta di presenziare allo spoglio delle schede per l'elezione di due senatori Segretari, non è stata originata da mancanza di fiducia nei confronti dell'Ufficio di Presidenza ma dalla convinzione che si trattasse di un diritto esercitabile da qualunque senatore. Una volta chiarito che il gravissimo impedimento che si voleva frapporre a tale richiesta non aveva ragion d'essere, ha preferito desistere affinché la richiesta stessa non apparisse una mancanza di rispetto verso i colleghi Segretari. Rileva altresì che la votazione è stata chiusa 40 minuti oltre l'orario previsto.

PRESIDENTE. Il Regolamento prevede lo spoglio pubblico delle schede soltanto per l'elezione del Presidente del Senato.

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

GALPERTI (PD). La discussione sin qui svolta ha reso evidente il tentativo da parte del centrodestra di rivendicare una competenza esclusiva sul tema della sicurezza pubblica e di accreditare la tesi dell'inadeguatezza culturale del centrosinistra ad affrontare la questione della regolazione dei flussi migratori. In realtà, i provvedimenti approvati dalla maggioranza sono ben lontani dal soddisfare le promesse avanzate in campagna elettorale, come dimostra l'aumento di sbarchi clandestini verificatosi nell'ultimo anno. Le misure adottate dai sindaci del PD a tutela delle proprie comunità e l'efficacia riconosciuta del pacchetto Amato sulla sicurezza smentiscono, inoltre, la tesi dell'incapacità politica dell'attuale opposizione, che pure non ha assunto atteggiamenti ostruzionistici nei confronti del provvedimento in esame. Il Partito Democratico, infatti, condivide la necessità di inasprire alcune sanzioni e ha proposto emendamenti - in tema di aumento delle pene per la tratta degli esseri umani e di applicazione dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario - che sono stati accolti durante l'esame in sede referente. Le divergenze riguardano aspetti specifici del provvedimento oltre che la tendenza, riconducibile all'orientamento politico-culturale Lega Nord, a stabilire un'errata equazione tra immigrazione e criminalità, ignorando il contributo - documentato anche dai periodici dossier della Caritas - che gli immigrati danno alla crescita del Paese. Il provvedimento contiene norme discriminatorie e vessatorie, come quelle sui matrimoni di stranieri, sul registro dei senza fissa dimora e molte altre, che, rispondendo ad una impostazione ideologica inaccettabile, hanno impedito al Senato di concentrarsi sulle reali esigenze del Paese in tema di sicurezza e difesa della legalità. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. Rinvia il seguito della discussione del disegno di legge in titolo alla seduta di domani.

Risultati di votazione

PRESIDENTE. Proclama il risultato della votazione a scrutinio segreto per l'elezione di due senatori Segretari. Risultano eletti i sentori Oliva e Thaler Ausserhofer. Fornisce al senatore Russo, che ne avanza richiesta, precisazioni sui risultati della votazione.

BELISARIO (IdV). La votazione per l'elezione di due senatori Segretari è stata contraddistinta da alcune anomalie, quali il prolungamento delle operazioni di voto (che si sarebbero dovute concludere alle ore 19, mentre sono proseguite fino alle ore 19,40) e l'allontanamento del senatore Russo dal seggio elettorale mentre erano in corso le operazioni di spoglio. Stigmatizza inoltre il fatto che il Gruppo dell'Italia dei Valori non sia rappresentato all'interno del Consiglio di Presidenza, mentre ciò avvenga per due componenti politiche di ben inferiore consistenza numerica.

MALAN (PdL). Senza entrare nel merito delle valutazioni politiche sollevate, precisa che il senatore Russo è stato ammesso ad assistere allo spoglio dei voti dopo una consultazione con la Presidenza.

PRESIDENTE. La chiusura delle urne per la votazione dei senatori Segretari era stata annunciata per le ore 19,30, ma la Presidenza ha provveduto ad dichiararla solo alle ore 19,40 per non interrompere l'intervento che era in corso.

Dà quindi annunzio degli atti di sindacato ispettivo pervenuti alla Presidenza (v. Allegato B) e comunica l'ordine del giorno delle sedute del 13 novembre.

 

La seduta termina alle ore 20,25.

  

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del presidente SCHIFANI

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,34).

Si dia lettura del processo verbale.

 

MONGIELLO, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del giorno precedente.

 

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

 

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

 

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 16,38).

 

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, nuova convocazione

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, comunico che, d'intesa con il Presidente della Camera dei deputati, la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi è nuovamente convocata per domani, giovedì 13 novembre 2008, alle ore 9, per procedere alla propria costituzione.

 

Commemorazione di Giovanni Leone nel centenario della nascita

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e con lui tutta l'Assemblea). Onorevoli colleghi, è per il Senato un momento solenne ricordare, in occasione dei cento anni dalla nascita, Giovanni Leone, già nostro collega, figura di primo piano nella vita istituzionale del Paese, uomo dalle grandi doti umane e civili.

Giovanni Leone nacque a Napoli il 3 novembre del 1908. Ricordare le tappe della sua vita significa ripercorrere quasi un secolo di vicende della storia e della politica italiane, a cominciare da quando a Napoli, avvocato e studioso di diritto e procedura penale, cominciò a militare con passione politica e civile nell'Azione cattolica. Si impegnò allora, in clandestinità, per un'Italia democratica che portasse il Paese fuori dal regime fascista, riprendendo il filo della partecipazione popolare attraverso i grandi partiti e contribuendo in quest'ottica alla nascita della Democrazia Cristiana.

Eletto il 2 giugno 1946 deputato all'Assemblea costituente, fece parte della Commissione dei Settantacinque, incaricata di redigere la Carta costituzionale. Dai suoi interventi in quella sede fu subito chiaro quanto fosse prioritaria per lui la tutela dei diritti della persona umana, nella consapevolezza che un vero ordinamento democratico non potesse prescindere da un sistema adeguato di norme di garanzia. Il prezioso contributo del giurista Giovanni Leone nelle aule della Costituente gli valse il prestigio e un'autorevolezza tale da portarlo a ricoprire la carica di Vice presidente della Camera dei deputati nel 1950 e nel 1953 e quindi, nel maggio 1955, ad essere eletto Presidente di quel ramo del Parlamento. Carica, questa, confermata poi nella III e IV legislatura.

Anche in questo ruolo seppe distinguersi per equilibrio, offrendo le sue doti di guida e mediazione nella direzione delle discussioni parlamentari in un periodo di grandi contrapposizioni politiche. Con questo stesso spirito affrontò i successivi incarichi di Governo negli anni Sessanta, impegnandosi a favorire il dialogo tra democristiani e socialisti, in un'ottica che aveva come fine primario il mantenimento di un ordinato clima politico che potesse poi eventualmente garantire equilibri diversi fra i partiti.

Il 24 agosto del 1967 è nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat per altissimi meriti in campo scientifico e sociale, un riconoscimento a Leone maestro del diritto, che precede di pochi anni il raggiungimento da parte sua del gradino più alto delle nostre istituzioni, con l'elezione a Presidente della Repubblica il 24 dicembre 1971.

Le sue parole nel discorso di insediamento ribadirono il compito che nella sua visione costituzionale la massima carica doveva svolgere: vigilare sull'osservanza della Costituzione e promuovere il buon funzionamento dei congegni costituzionali, tenendosi al di fuori dei difficili equilibri politici del momento. Il periodo della presidenza Leone fu infatti tra i più complessi della storia politica italiana, caratterizzato da profondi cambiamenti nella società e da avvenimenti drammatici che colpirono profondamente l'intero Paese.

Tale periodo fu accompagnato da una forte instabilità del quadro politico ed elettorale e negli stessi anni si assistette ad un inasprimento dei conflitti sociali e all'offensiva del terrorismo e dello stragismo, in una spirale di violenza sempre più cieca, culminata con il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro nel 1978. Furono, questi, giorni di dolore e di incertezza per il Paese e il presidente Leone si adoperò per contribuire ad una soluzione che non fosse quella, poi drammaticamente verificatasi, dell'uccisione dello statista. La fine tragica di quella vicenda determinò l'impossibilità di ricomporre il quadro politico e segnò l'inizio della fase finale della cosiddetta prima Repubblica.

In questo contesto, lo stesso Leone pagò un prezzo altissimo: dimessosi dalla carica, fortemente amareggiato, tornò a dedicarsi agli studi ed alla ricostruzione puntuale, in tutte le sedi, delle vicende drammatiche di quegli anni. Del presidente Leone ricordiamo oggi lo spirito di dedizione allo Stato repubblicano, il senso di equilibrio, il rigore sempre accompagnato da grande umanità, la lunga attività politica in difesa della democrazia e dei diritti individuali e collettivi, la passione - che lo accompagnò fino alla fine - per il diritto.

Prima di concludere, voglio ricordare l'impegno del Senato per conservare la documentazione del Fondo Leone; l'Archivio storico ha intrapreso l'opera di ordinamento ed inventariazione analitica del Fondo, che copre l'arco cronologico compreso tra gli anni Venti e il 2001. Il Fondo comprende lettere, discorsi, articoli ed interviste, documenti e questioni relativi all'attività istituzionale, nonché a quella di docente universitario e avvocato, insieme alle memorie dettate dal presidente Leone ai suoi collaboratori nel corso della sua vita e a numerosi album fotografici, cassette audio e video.

Di tale rilevante contributo all'Archivio storico del Senato ringraziamo sentitamente la famiglia. Ed alla famiglia, sempre punto centrale della sua esistenza e a lui sempre vicina, certo di interpretare i sentimenti di tutta l'Assemblea, rinnovo oggi il nostro saluto affettuoso e commosso. (Vivi, prolungati, generali applausi).

 

PRESIDENTE. Alcuni colleghi hanno chiesto di parlare per commemorare la figura di Giovanni Leone. Do la parola al senatore D'Alia.

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Non possiamo che associarci a quanto da lei detto, signor Presidente, per ricordare la figura di Giovanni Leone: un uomo che ha dedicato la propria vita alla concretezza degli ideali, una figura emblematica della storia della nostra Repubblica; costituente, deputato e senatore ma soprattutto, almeno per noi, giurista di chiara fama e, infine, grande Presidente della Repubblica. Grande giurista il presidente Leone; chi, come noi, ha studiato i suoi libri, a cominciare dal manuale di procedura penale, può apprezzare forse ancora di più la veste di questo insigne padre della Patria e può apprezzare il contributo da lui dato alla storia repubblicana da giurista e da cultore della Costituzione prestato alla politica, quale secondo noi egli è stato, nonché il contributo che lui ha dato con grande impegno alla crescita delle istituzioni italiane.

Non credo sia necessario ricordare i passaggi importanti, perché lo ha già fatto lei, della vita di Giovanni Leone. Certamente a noi preme sottolineare alcuni aspetti che sono importanti: primo tra tutti la circostanza che per Leone la politica non era un mestiere. Egli non era un politico di ruolo ma molto di più, perché aveva un impegno morale ed etico superiore a ciò che ciascuno potesse immaginare. E dedicò alla politica come missione tutta la sua vita portando nelle istituzioni quella sua profonda e grande cultura giuridica e costituzionale che troviamo, ad esempio, anche e soprattutto nella parte relativa alla disciplina del Consiglio superiore della magistratura, che fu la parte di cui egli si occupò quando fu eletto alla Costituente.

L'altra considerazione che a noi piace fare sulla vita e sull'attività di Giovanni Leone è quella che ha segnato il suo settennato di Presidente della Repubblica. Un settennato che lui ha interpretato con il ruolo tradizionale e discreto del Capo dello Stato; un settennato nel quale ha dimostrato di avere una grande capacità anche di mediazione e di risoluzione di controversie che riguardavano la contesa politica di quegli anni, a cominciare dalla elezione dei primi giudici costituzionali. Un settennato contrassegnato anche dalla triste vicenda del caso Moro e del ruolo che anche sotto il profilo umanitario oltre che istituzionale il presidente Leone ha svolto in quel periodo, e che è tutto da approfondire e da studiare anche oggi, a distanza di 30 anni dall'eccidio di via Fani.

Credo sia giusto in questo momento, anche al di là della retorica di questi momenti particolari e cerimoniali, fare una considerazione che può apparire un po' fuori dalle righe. Le dimissioni del presidente Leone suscitarono allora grande scalpore e furono il frutto di una campagna mediatica di pessimo gusto e di profondo squallore, che lui visse con grande sofferenza, ma che lo portò, con grande dignità, a dimettersi, uscendo dalla scena politica senza grossi clamori, in punta di piedi, portando con sé una profonda malinconia, convinto di essere vittima di un'ingiustizia, così come la storia ha accertato, fidando con fatalismo tutto meridionale nel tempo che, a volte, sa essere galantuomo. Riteniamo che il tempo sia stato galantuomo con il presidente Leone e che alcuni personaggi protagonisti allora della campagna di delegittimazione del presidente Leone nel tempo gli abbiano chiesto scusa. Mancano all'appello ancora alcuni, che dovrebbero chiedere scusa a questo grande democristiano che ha fatto la storia e le istituzioni di questo Paese.

Riteniamo sia giusto oggi ricordarlo come merita e la ringraziamo per ciò che lei, come Presidente del Senato, ha fatto e sta facendo perché l'esperienza e la storia di Giovanni Leone sia ascritta alle pagine migliori della storia repubblicana italiana. (Generali applausi).

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, considero un grande onore poter ricordare in quest'Aula la figura di Giovanni Leone, politico, maestro di diritto e avvocato. Mi emoziona farlo perché anch'io, come intere generazioni - e molti siedono in quest'Aula - mi sono formato sui libri di Giovanni Leone, sul suo manuale di diritto processuale, che dal 1960 divenne il testo adottato da quasi tutte le università italiane; considerato maestro da tutti, lui, che era stato l'allievo prediletto di Enrico De Nicola.

Mi piace ricordare che la sua tesi di laurea ebbe come argomento la violazione agli obblighi di assistenza familiare; era una tesi sperimentale, perché quella norma ancora nel nostro codice Rocco non c'era; lui si ispirò al diritto francese e quindi fece qualcosa di innovativo e di rivoluzionario: entrava nel diritto la tutela penale della famiglia.

A venticinque anni scrisse un libro fondamentale sul reato continuato, sul reato abituale e sul reato permanente, libro che rimane tale; a ventisette anni scrisse un libro che ancora oggi è fondamentale, quello sul reato aberrante. Fu all'inizio un conoscitore e uno studioso del diritto penale sostanziale. Poi, in un periodo in cui la disciplina del diritto penale sostanziale era unificata a quella del diritto penale processuale, perché la cattedra era unica e quindi unico l'insegnamento, partecipò al concorso con un testo di diritto processuale. Da quel momento iniziò la sua enorme produzione di diritto processuale, attraverso i manuali, per arrivare poi a questa opera monumentale che è stata ed è il trattato di diritto processuale penale.

Non amava il nuovo codice, quello che è entrato in vigore nel nostro Paese nel 1989; esso non era amato e non era apprezzato da Giovanni Leone, che era riuscito a capirne alcuni profondi limiti, quelli dei quali noi ci siamo accorti nel corso degli anni. Eppure, la sua critica non riuscì, se non limitatamente, a produrre risultati perché ormai cominciava ad essere stanco nella sua produzione.

Fondamentale fu, però, la battaglia che egli condusse nel 1955, quando contrastò la Corte di cassazione che, in tema di diritti della difesa, riteneva che quei diritti si applicassero all'istruttoria formale e non all'istruttoria sommaria. Fu una battaglia fondamentale, che si concluse poi con la vittoria di quei principi, tant'è che la Corte costituzionale dovette intervenire. Da lì cominciò il processo moderno con i diritti della difesa; arriveremo poi al giusto processo, ma fu da quella battaglia condotta da Giovanni Leone che cominciarono a concretizzarsi i diritti della difesa nel processo penale.

Io ritengo che debba anche ricordarsi un suo cruccio, la sua voglia di poter cambiare anche il codice penale, che egli riteneva superato. In quest'Aula, egli fu relatore per la riforma del codice penale: il progetto Gonella del 1968 proprio in quest'Aula vide protagonista Giovanni Leone. Poi quel progetto si arenò, come tutti gli altri progetti che seguirono, ma egli aveva comunque visto la necessità di intervenire sul codice penale del 1930 e rimase un suo cruccio non aver potuto vedere la realizzazione di questo suo sogno.

Io lo ricordo come maestro di diritto - la parte politica della sua vita, pur rilevante, rimane consacrata negli atti da lui compiuti che lei, signor Presidente, ha qui ricordato - lo ricordo come avvocato e come principe nelle aule giudiziarie, nonchè come professore di intere generazioni di italiani. (Generali applausi).

Presidenza del vice presidente CHITI (ore 16,57)

BODEGA (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BODEGA (LNP). Signor Presidente, anche noi del Gruppo della Lega Nord ci associamo e condividiamo le parole espresse dal presidente Schifani e ringraziamo la Presidenza di questo Senato per aver voluto ricordare in questo momento la figura di Giovanni Leone, che è stata una delle più discusse della storia politica italiana. La sua Presidenza della Repubblica, scaturita dopo oltre 20 votazioni con una manciata di voti, è stata purtroppo attraversata da scandali e da accuse che lo costrinsero alle dimissioni. Ad ipotecare, se non ad inquinare, la sua elezione furono i voti decisivi dell'allora Movimento Sociale Italiano. Poi la vicenda della Lockheed, che lo mise in ginocchio e per la quale fu riabilitato solo vent'anni dopo: immaginate le sofferenze dell'uomo, in una situazione del genere. Fu anche Presidente del Consiglio di quel Governo che fu definito balneare per la sua durata stagionale, e fu apprezzato Presidente della Camera, com'è già stato ben ricordato.

Oggi, a cento anni dalla sua nascita, occorre menzionarne la statura di giurista ed avvocato, in cui la cultura ben si sposava con l'acuta intelligenza e quella fervida vivacità napoletana che lo vide protagonista negli storici processi in tutta Italia. Il senatore Li Gotti ha ricordato che sui suoi testi di procedura penale hanno studiato e si sono formate generazioni di studenti, conquistati dalla sua chiarezza scientifica ed espositiva.

Fu tra i padri della Repubblica e giocò un ruolo importante nella scrittura della Costituzione; ma voglio anche simpaticamente ricordarne le pratiche scaramantiche, che gli valsero molte critiche e che ne sminuirono il personaggio e la figura, di assoluta caratura professionale e politica. Ma la sua verve, il suo ottimismo e le sue battute furono smorzati dalle vicende che travolsero lui e la sua famiglia, anche soprattutto per la campagna che il settimanale «L'espresso» condusse contro di lui, senza esclusione di colpi.

 

GRAMAZIO (PdL). La Cederna, Pannella e i comunisti!

BODEGA (LNP). Ma oggi lo ricordiamo con la nobiltà del tempo, che si è rivelato galantuomo con lui e che gli ha dato da morto quello che gli aveva tolto in vita.

Riposi in pace, professor Giovanni Leone! (Applausi dai Gruppi LNP e PdL. Congratulazioni).

PISTORIO (Misto-MPA). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PISTORIO (Misto-MPA). Signor Presidente, desidero associarmi, a nome mio personale e del Gruppo che rappresento, al ricordo espresso in quest'Aula del presidente Giovanni Leone.

Nel farlo, vorrei cominciare dalla fine della vita pubblica dell'ex Presidente, da quella sera drammatica del 15 giugno 1978 quando, alle ore 20,10, si affacciò sugli schermi televisivi per il suo ultimo messaggio agli italiani, dicendo: «Non v'è in me il rimpianto di lasciare questa carica, ma rimpianto grave sarebbe quello di lasciare in voi un'ombra di sospetto sulla suprema istituzione della Repubblica. Credo che oggi abbia io il dovere di dirvi - e voi, come cittadini italiani, abbiate il diritto di essere da me rassicurati - che per sei anni e mezzo avete avuto come Presidente della Repubblica un uomo onesto, che ritiene di aver servito il Paese con correttezza costituzionale e dignità morale».

Non solo per noi che oggi lo onoriamo, ma da tempo queste tre doti di Giovanni Leone (l'onestà, la correttezza costituzionale e la dignità) gli sono riconosciute unanimemente; anche se non manca, tra coloro che ne favorirono o ne vollero allora la caduta, chi ancora si attarda in giustificazioni o imbarazzati silenzi.

Ma quella sera drammatica il presidente Leone disse, proprio in chiusura, anche un'altra cosa che dimostra un'ulteriore sua dote, quella dell'intuizione, che precede l'intelligenza e la comprensione dei fenomeni. Parlando non più a difesa sua, ma di tutti i cittadini, delle nostre istituzioni e della corretta vita democratica, disse: «Sono certo che la verità finirà per illuminare presente e passato e sconfessare un metodo che, se mettesse radici, diventerebbe uno strumento fin troppo comodo per determinare la sorte degli uomini e le vicende della politica».

Giovanni Leone è stato una figura emblematica della storia della Repubblica: costituente, deputato, senatore, giurista di chiarissima fama e, infine, Presidente della Repubblica. La sua ascesa e la sua eclissi fanno parte di un periodo storico in cui la Democrazia Cristiana era padrona assoluta della scena politica.

Come giurista lavorò a fianco di De Nicola e di Francesco De Martino; come docente universitario ebbe tra i suoi assistenti Aldo Moro. Con i suoi studi monografici e con i suoi trattati fu maestro in Italia e all'estero di generazioni di studenti e di studiosi. Questa passione, questa competenza giuridica egli portò in politica quando alla fine della guerra, sulle orme del padre che fu tra i fondatori del Partito Popolare, entrò nella Democrazia Cristiana.

La sua straordinaria competenza giuridica fu unanimemente apprezzata sin dalla Costituente dove, divenuto membro della Commissione dei 75, dette il meglio di sé sulle questioni riguardanti l'ordinamento della magistratura. Qui le sue intuizioni si rivelarono giuste e lungimiranti: quando si impegnò a difesa dell'ordine giudiziario per la istituzione del Consiglio superiore della magistratura, come quando si batté per la separazione del ruolo dei magistrati giudicanti da quelli requirenti che egli vedeva, come accade nella maggior parte degli ordinamenti continentali, espressione del potere punitivo dello Stato.

La presidenza Leone inizia nel 1971 e termina nel 1978 con sei mesi di anticipo sulla scadenza naturale del mandato poiché, a seguito dello scandalo Lockheed, vennero richieste e ottenute le sue dimissioni.

Da un punto di vista politico e giuridico, come hanno ricordato molti insigni giuristi e uomini politici, il settennato del presidente Leone fu perfettamente corretto. Si cercò di imputargli il coinvolgimento in alcuni scandali pubblici sulla base di argomenti del tutto infondati che mai trovarono prova e, a dimostrazione di ciò, anche se a distanza di anni, tutti o quasi gli accusatori di allora - a cominciare da Marco Pannella - chiesero scusa all'ex Presidente.

Tutto ciò - disse il presidente Leone a commento di queste tardive scuse - dimostra che non sempre è necessario dover aspettare la conclusione di una vita per restituire dignità e onore a chi ha sempre operato con correttezza. Parole dalle quali tutti noi dovremmo trarre insegnamento, tanto più in un momento come quello attuale in cui sentiamo il bisogno di una politica che, pur affermando i suoi ruoli di appartenenza, deve essere capace di interpretare il bene comune e un senso di responsabilità alto verso le istituzioni e verso il Paese.

Commemorare significa ricordare insieme, ma le commemorazioni rappresentano anche un rischio perché racchiudono il significato della vita di una persona in una gabbia di parole che non rappresentano interamente quella persona, ma solo ciò che noi, spesso arbitrariamente, vogliamo conservare di lui. Ecco, se dovessimo sintetizzare, l'interesse generale e il bene comune sono stati i fondamenti dell'azione politica di un grande uomo italiano che oggi anche qui in Senato vogliamo ricordare non solo con affetto, ma anche con la gratitudine che si deve a chi ha contribuito a rendere questo Paese democratico. (Generali applausi).

FOLLINI (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FOLLINI (PD). Giovanni Leone fu una figura politica e istituzionale cruciale di quella che, con un certo arbitrio, ci ostiniamo a chiamare prima Repubblica, come se nel frattempo avessimo davvero costruito la seconda.

Figura politica e istituzionale, ma molto più istituzionale che politica, ebbe un ruolo centrale nella vita dello Stato e un ruolo molto più periferico negli equilibri del suo partito. Scalò grado a grado le vette della Repubblica: fu Presidente della Camera, Presidente del Consiglio, Capo dello Stato. Non fu leader politico, non fu figura di parte, non ebbe mai dalla sua il sostegno di gruppi organizzati, di tessere di partito, di correnti, tanto meno di clientele. Questa fu la sua debolezza ma credo anche, in qualche modo, il suo orgoglio; in ogni caso, fu la sua cifra.

Era un uomo all'antica, custode di un'Italia tradizionale, che con la democrazia e con il miracolo economico stava cambiando pelle. Un grande avvocato, un maestro di diritto, tenacemente legato ai suoi studi e alla sua professione. Un uomo, se così si può dire, più figlio dell'Ottocento che padre del Novecento, più legato al misurato e prudente notabilato cattolico e liberale dell'Italia del Sud, che alle smisurate, eccessive ideologie del secolo breve finito nel 1989.

Oggi ricordiamo il primo centenario della nascita e l'occasione celebrativa induce a ricordi dolci e non troppo controversi, ma faremmo un esercizio di ipocrisia - e non lo hanno fatto i colleghi intervenuti prima di me - se nascondessimo a noi stessi la ferita di quella controversia profonda che lo portò alle dimissioni prima del tempo. Negli ultimi anni del suo settennato presidenziale, Giovanni Leone fu oggetto di un'aggressione politica e mediatica che lasciò il segno, un'aggressione da cui Leone si può dire che quasi non si sia difeso, opponendovi più la sua incredulità, che non le sue prerogative politiche e presidenziali. Le sue dimissioni furono il primo evento che si produsse nella nostra vita pubblica all'indomani dell'assassinio di Moro, e tutto avvenne in modo così lacerante, credo anche per il venir meno di quell'accorta regia negli equilibri del Paese di cui Moro, più di tutti, si era dimostrato capace in quegli anni.

All'indomani della sua uscita dal Quirinale, Leone votò per Pertini, un uomo politico e un Presidente tanto diverso da lui; si iscrisse al Gruppo Misto e qualche anno dopo rientrò in punta di piedi nel Gruppo del suo partito. Se ebbe delle amarezze, riuscì a non trasformarle mai né in rancori, né in veleni, e anche in questo si può ravvisare una cultura delle istituzioni che, da allora ad oggi, si è un pochino dispersa. In quegli anni la sua famiglia fu la sua tana e la ragione del suo compiacimento.

Non si tratta oggi, a distanza di tanto tempo, di ripercorrere passo dopo passo quella vicenda; semmai si può segnalare che molti di coloro che furono in prima fila nell'animare quella campagna contro il Quirinale, anni dopo sono stati altrettanto in prima fila nel capovolgerne valori e significati.

Il destino di Giovanni Leone è stato, in fondo, quello di tanti democratici cristiani, avversati con durezza negli anni della gloria e rivalutati, perfino rimpianti, dai loro avversari di una volta, quando quella gloria poi è finita. Ogni figura che ha lasciato un segno nella vita pubblica del Paese deve rassegnarsi ad accettare la controversia ed anche certe asprezze che la accompagnano; ma un grande Paese, a sua volta, deve essere in grado di ricucire le sue ferite, di chiudere le sue controversie e restituire alle sue figure più significative l'onore politico che non avevano mai perduto.

Credo che faccia bene alla Repubblica ricordare uno dei suoi Presidenti come un uomo di valore che ha servito il proprio Paese in anni non facili come meglio poteva, con quella lealtà repubblicana che lega i padri e i figli, e che riguarda il nostro tempo non meno di quello che è toccato in sorte a Giovanni Leone. (Generali applausi. Congratulazioni).

COMPAGNA (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

COMPAGNA (PdL). Signor Presidente, nel 1978, all'indomani del dramma di Moro, a qualcuno parve che Leone potesse prestarsi a diventare un Capo dello Stato ricattabile. Di fronte alla sola ipotesi, Giovanni Leone preferì dimettersi, pur di non destare un'impressione del genere. Il diritto al «non ci sto» volle precluderselo con estrema fermezza e forse fu questa la ragione, non ultima, della sua grandezza e della nostra gratitudine.

Quando in quella drammatica sera - lo ricordava il collega Pistorio - Leone disse che la campagna diffamatoria sembrava aver intaccato la fiducia delle forze politiche e che la sua scelta non poteva che essere quella, non si trattava affatto di sudditanza ai partiti politici. Al contrario, nella storia della cultura politica italiana Leone, con garbo e moderazione, ha iniziato, al principio degli anni Sessanta, una critica alla cosiddetta partitocrazia meno retorica, ma non meno efficace, di quella dei Maranini e dei Sartori, per restare nell'ambito accademico, o di quella degli Jemolo o dei Pacciardi, per far riferimento al dibattito più generale delle idee.

In Leone quella scelta fu dettata da fedeltà alla Costituzione, allo Stato, al diritto: era la convinzione dolorosa, sofferta, ma nitida, di dover opporre alla bassezza di uomini e cose di quel periodo null'altro che la fedeltà alla propria vita, alla propria storia, alla propria Patria.

Per lui, allora, lo ricordò Marcello Pera in chiesa all'indomani della sua scomparsa nel 2001, si aprì una silenziosa eppure orgogliosa stagione, la stagione nella quale ci si trova in quella zona grigia ai confini tra i tempi per loro natura ingenerosi della politica e quelli altrettanto ingiusti talvolta delle procedure del diritto.

A Leone il proprio Paese chiese di voler più bene allo Stato che a se stesso. A suo modo era una richiesta con aspetti odiosi, ma ad essa Leone scelse di rispondere con quell'altissima idea dello Stato nazionale e della Patria costituzionale nella quale credeva e aveva saputo insegnare a credere alla generazione dei frequentatori dei suoi libri. Il Capo dello Stato, secondo Leone, è prigioniero della sua posizione e come tale è più debole ed indifeso di qualunque altro uomo politico. Ricorderà Giovanni Leone a Pietro Chiara, un uomo che gli fu assai più vicino, con sensibilità, di tanti altri, che non poteva presentarsi e difendersi in Parlamento, perché era fuori dai suoi poteri e dalle sue prerogative costituzionali, né poteva emettere volta per volta una dichiarazione televisiva (le cosiddette esternazioni), perché il Presidente si doveva avvalere di tale mezzo solo per messaggi al Paese. Queste sono parole di Leone.

Altro che basso profilo! Quello della sua Presidenza fu il profilo del diritto, del ruolo di garanzia, mai di governo effettivo, che il Presidente della Repubblica deve sempre e comunque rappresentare e di cui gli avrebbero dato atto anche avversari politici: ricordo quando i radicali consegnarono a Leone la ricerca sugli atti della sua Presidenza coordinata da un grande giurista e un grande amico di Giovanni e Vittoria Leone, il compianto Vincenzo Caianiello.

La dignità del vertice dello Stato come garanzia di potere neutro era in Leone dottrina che risaliva al Risorgimento, alla monarchia costituzionale. Come giurista l'aveva appresa da Vittorio Emanuele Orlando, del quale Leone aveva scolpito nella sua memoria giovanile il discorso fatto a Napoli al principio degli anni Venti (Leone era con suo padre, il giovane popolare Mauro Leone) e che poi fu pubblicato su «Il Mattino» del 1923. Il succo di tale discorso, che era dedicato a Francesco Crispi, patriota e statista, era nella scelta che Leone fece 50 anni fa: la Repubblica ha anch'essa, non meno della monarchia, necessità di risorse, di potere neutro, in alcuni momenti. Ecco perché Leone precluse a se stesso - credo non ci abbia mai pensato - l'esercizio del personale diritto al «non ci sto».

Per quelli che come me hanno avuto 20 anni nel 1968, ma il 1968 non lo hanno fatto, due sono stati i maestri incontrati a cavallo fra le facoltà di giurisprudenza e di scienze politiche sui cui scritti e discorsi ci siamo formati: uno era Norberto Bobbio e l'altro Giovanni Leone, due grandi amici. Si erano conosciuti nel 1935 quando Leone, professore antifascista, aveva dato il benvenuto al giovane professore di filosofia del diritto, risultato in un concorso, sotto il profilo antifascista, assai più discusso; poi, fra Leone e Bobbio c'era stata una staffetta qui in Senato in Commissione giustizia.

Ebbene, rispetto alla memoria di queste due importantissime figure più passano gli anni e più mi accade che il primo, Bobbio, mi sembri, non voglio dire sempre più piccolo, ma sempre più tecnico per quella sua stessa straordinaria capacità di giocare con le definizioni e le dottrine; il secondo, Leone, che mi sembrava troppo tecnicamente giurista negli anni Sessanta, oggi mi appare sempre più grande, proprio per non essersi mai fatto strumentalizzare o asservire alle sue definizioni e alle sue stesse dottrine.

Mi è capitata poi la strana avventura in Senato di trovarmi "collega" di entrambi e di avere oggi l'onore di ricordare Giovanni Leone a 100 anni dalla sua nascita. Ricordare Giovanni Leone significa ricordare l'ultimo grande di una certa idea della storia d'Italia, un'idea di cattolicesimo liberale. Ne parlavo prima con un suo grande amico, il senatore Pisanu, che si trova a cavallo tra la generazione di Giovanni Leone e quella di mio padre.

Leone da questo punto di vista è una figura estremamente interessante. Per Leone l'espressione cattolicesimo liberale è un'espressione vera e seria, non uno schema giornalistico. In Leone c'è la persona umana, la filosofia del diritto di Giuseppe Capograssi, ma anche tutta la tradizione della destra storica, di Minghetti, di Arcoleo, nonché una conciliazione tra cattolicesimo e liberalismo, propria anche dello stesso Alessandro Manzoni.

Rispetto ai colleghi che mi hanno preceduto non mi sento di attribuirlo tutto e soltanto alla tradizione repubblicana. Vi sono molti istituti monarchici che Leone rispettava ed amava, però mi sento di attribuirgli il peso della tradizione del Risorgimento. So che Leone ha significato moltissimo nella storia del cattolicesimo organizzato. Per Leone quella storia iniziava molto prima che l'appello ai liberi e forti e quanto alla Costituzione repubblicana, di cui fu maestro, per Leone antifascismo e Resistenza significavano tutto tranne che un potere o, peggio ancora, un monopolio di parte. Leone non aveva difficoltà a sentirsi onorato di avere la tradizione della Resistenza degli Arrigo Boldrini, dei Giancarlo Pajetta, ma non ha mai avuto la viltà, colleghi della sinistra, di cancellare da questa storia né Randolfo Pacciardi né Edgardo Sogno.

Ecco perché quel discorso su Crispi che aveva ascoltato a Napoli da ragazzo insieme a suo padre Mauro ne ha condizionato un momento altissimo in cui si riflette una delle più degne tradizioni della nostra storia patria della quale credo che quest'Assemblea debba essere sempre riconoscente. (Generali applausi. Congratulazioni).

PRESIDENTE. Termina così la commemorazione della figura di Giovanni Leone in occasione del centesimo anniversario della nascita.

Il Senato ha reso, in modo unanime, omaggio ad un eminente giurista, ad un uomo onesto, ad un grande Presidente della Repubblica. Il Senato non può - non è purtroppo nei nostri poteri - annullare le amarezze dell'ultima fase della sua Presidenza, ma può - e lo ha fatto oggi - rendergli l'onore dovuto con una sola voce.

Ringrazio di nuovo e saluto la famiglia di Giovanni Leone, presente oggi alla sua commemorazione. (Il Presidente si leva in piedi e con lui tutta l'Assemblea. Vivi, prolungati, generali applausi).

 

Sull'ordine dei lavori

PEDICA (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PEDICA (IdV). Signor Presidente, ho preso la parola perché voglio leggere ai colleghi una lettera che ho ricevuto da una dipendente dell'Alitalia, per far aprire gli occhi a qualcuno che oggi ce li ha ancora chiusi. (Vivaci proteste dai banchi della maggioranza).

 

PARAVIA (PdL). Vergogna! Vada a lavorare!

 

PRESIDENTE. Senatore Pedica, se vuole intervenire sull'ordine dei lavori può brevemente illustrare il senso della lettera, altrimenti l'argomento verrà affrontato quando vi sarà il relativo dibattito.

 

PEDICA (IdV). Ma si tratta di una lettera inviata ai senatori.

 

PRESIDENTE. Può farla distribuire ai colleghi. È legittimo.

 

PEDICA (IdV). Signor Presidente, io la posso leggere prima o dopo, decida lei, ma ho il compito e il dovere di leggerla perché mi è stata inviata per esprimere quello che una mamma e una dipendente di Alitalia vuol far capire a chi non vuole capire. (Vivaci proteste dai banchi della maggioranza). Se ho il diritto di spendere un minuto sull'ordine dei lavori lo faccio subito, altrimenti decida lei.

 

GRAMAZIO (PdL). Si fa dare qualche biglietto dell'Alitalia! Vergogna!

 

PRESIDENTE. Spenda un minuto sull'ordine dei lavori, ma riassumendo il senso della lettera.

 

PEDICA (IdV). È una lettera che riguarda l'attuale problema dell'Alitalia, signor Presidente. Decida se vuole farmela leggere o meno.

PRESIDENTE. Allora, la ringrazio, senatore Pedica.

 

Sulla mancata elezione del Presidente della Commissione parlamentare
per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

PERDUCA (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PERDUCA (PD). Signor Presidente, intervengo per denunciare che anche la 45a convocazione della Commissione di vigilanza RAI non ha eletto il Presidente e quindi non è stata insediata la Commissione stessa. (Vivaci commenti dai banchi della maggioranza). Visto però che c'è stata partecipazione al voto, non si riesce a capire cosa osti a convocarla ad oltranza. Questo è l'unico modo per arrivare finalmente all'insediamento di questa Commissione, che è di rilevanza costituzionale. (Applausi dal GruppoPD).

 

Votazione per l'elezione di due senatori Segretari
ai sensi dell'articolo 5, commi 2-bis e 2-ter, del Regolamento (ore 17,30)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca ora la votazione per l'elezione di due senatori Segretari.

Ai sensi dell'articolo 5, comma 2-bis, del Regolamento, i Gruppi Italia dei Valori, UDC, SVP e Autonomie e Misto hanno avanzato la richiesta di procedere all'elezione di altri senatori Segretari. Su tale richiesta si è espresso il Consiglio di Presidenza.

In base a quanto stabilito dall'articolo 5, comma 2-ter, del Regolamento, ciascun senatore scriverà sulla propria scheda un solo nominativo. Risulteranno eletti i due senatori che essendo iscritti ai Gruppi richiedenti otterranno il maggior numero di voti, limitatamente ad un senatore per Gruppo. A parità di voti sarà eletto il più anziano di età.

Isenatori, chiamati in ordine alfabetico, passeranno sotto il banco della Presidenza e deporranno la scheda nell'urna predisposta.

Dopo l'effettuazione della chiama, le urne resteranno aperte, mentre l'Assemblea proseguirà nell'esame del successivo punto all'ordine del giorno.

Dichiaro pertanto aperta la votazione e invito il senatore Segretario a procedere alla chiama.

 

MONGIELLO, segretario, fa l'appello.

 

(Segue la votazione).

 

(Nel corso delle operazioni di voto assume la Presidenza la vice presidente BONINO - ore 17,31 -).

 

Ricordo agli onorevoli senatori che le urne resteranno aperte per consentire a coloro che non abbiano ancora votato di poterlo fare.

(Le urne restano aperte).

 

Sulla scomparsa di monsignor Maggiolini

GARAVAGLIA Massimo (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

GARAVAGLIA Massimo (LNP). Signora Presidente, intervengo per ricordare brevemente monsignor Alessandro Maggiolini, che ieri ci ha lasciato. Una figura carismatica e molto amata, in particolare dai lombardi, ma non solo.

Alessandro Maggiolini nacque a Bareggio, un bel paese vicino al Ticino, a circa 20 chilometri da Milano. Tanti di noi da don Maggiolini hanno ricevuto i sacramenti della Comunione e della Cresima e tanti hanno ascoltato i suoi sermoni. Insomma, era uno di noi ed era - dicevamo - molto amato.

Spesso, però, in questo strano Paese le sue prese di posizione, le sue idee hanno suscitato polemiche, in particolare quando ha affrontato temi politicamente sensibili in maniera, forse, politicamente scorretta per il comune sentire, come nel caso dei PACS, dei DICO, del rapporto Islam-Chiesa, del ruolo della Chiesa, dei suoi colleghi vescovi definiti, a volte, poco coraggiosi.

Vorrei citare una sua dichiarazione che è emblematica; in una chiesa gremita, una settimana prima di Natale, disse: «Cari bambini, tra una settimana è Natale, ma Babbo Natale non esiste; non è lui a portarvi i doni, ma papà e mamma rintronati dalla pubblicità. E non esiste neanche la Befana, che tra l'altro è pure brutta. Non piangete, non fate così. Gesù bambino, lui esiste, ma ha cose più serie da fare che andare in giro a portare i pacchi».

Questo era Maggiolini, e questo era il Maggiolini da noi molto amato. Molto più semplicemente, le sue idee erano così amate perché erano quelle della terra, della sua gente. Per questo lo ricordiamo con affetto e con sincera e profonda gratitudine. (Generali applausi).

BAIO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BAIO (PD). Signora Presidente, intervengo per unirmi alle parole del collega Garavaglia nel ricordo di monsignor Maggiolini.

Vorrei richiamare, soprattutto, la schiettezza di quest'uomo e di questo pastore che, con alcune sue posizioni, ha anche generato divisioni, ma che credo debba essere ricordato in un'Aula come quella del Senato, all'insegna di una profonda laicità dello Stato, proprio per l'azione pastorale che ha saputo svolgere in una terra di confine come quella del comasco, dove era la diocesi che lui presiedeva.

Voglio soffermarmi, a proposito di quest'uomo e di questo pastore, su un aspetto del suo carattere che credo possa essere d'insegnamento anche a tutti noi, quello cioè della schiettezza, del non tenere nascoste alcune posizioni, che magari possono anche apparire scomode agli occhi dei più, ma che contribuiscono a determinare un pensiero più chiaro e più forte.

 

Sull'ordine di lavori

PEDICA (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PEDICA (IdV). Signora Presidente, poco fa, a proposito della mia richiesta d'intervento su una lettera che abbiamo ricevuto da una dipendente Alitalia, mi è stata tolta la parola dal Presidente di turno. È un fatto inaudito.

 

PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Pedica, ma la Presidenza non ha comportamenti differenziati.

 

PEDICA (IdV). Presidente, sto dicendo che è un comportamento inaudito perché noi siamo qui delegati a rappresentare le istanze dei cittadini. Pertanto, se questo Governo di destra - perché ormai è solo di destra e ha un comportamento di estrema destra - ci toglie la parola, occorrerà affrontare il discorso non solo qui in Aula, ma sarà necessario sottoporlo anche al Capo dello Stato, che è l'unico garante, se accade che anche un Presidente di turno si fa intimorire dalla destra che è presente in Aula.

PRESIDENTE. Collega, la Presidenza non ha l'abitudine di farsi intimorire da chicchessia, la prego, soprassediamo. (Applausi).

Credo, però, colleghi, che forse una riflessione dobbiamo pure farla sull'utilizzo del richiamo all'ordine dei lavori. Credo ci siano altri strumenti che possono essere utilizzati, a partire dall'interrogazione; ma, forse, nella riflessione complessiva sul Regolamento bisognerà - non lo dico in particolare a lei, collega Pedica - disciplinare meglio cosa si intende per un richiamo all'ordine dei lavori in quest'Assemblea.

GRAMAZIO (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Colleghi, alla luce anche di questo dibattito, insisto però sul fatto che, forse, disciplinare meglio che cosa deve intendersi per un richiamo all'ordine dei lavori può essere utile all'intera Assemblea.

 

GRAMAZIO (PdL). Signora Presidente, intervengo solo per annunciare a lei, con riferimento a quanto diceva il collega, che con il senatore Totaro abbiamo messo insieme 410 lettere di cittadini che protestano contro il disservizio dell'Alitalia e 410 cittadini sono niente se confrontati con quelli che protestano, giorno per giorno, negli aeroporti italiani.

PRESIDENTE. Colleghi, non possiamo affrontare in modo surrettizio, a partire da un richiamo all'ordine dei lavori, questioni di fondo che vanno disciplinate, a mio avviso, con altri strumenti. Procediamo quindi con l'ordine del giorno.

 

Seguito della discussione del disegno di legge:

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (ore 18,15)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 733.

Ricordo che nella seduta antimeridiana è stata respinta una questione pregiudiziale ed ha avuto inizio la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore Carofiglio. Ne ha facoltà.

CAROFIGLIO (PD). Signora Presidente, il provvedimento in esame ha molti aspetti d'interesse, ma il principale è quello che lo riguarda nel suo insieme e che ci consente in qualche modo di considerarlo una sorta di metafora dell'approccio a questi problemi che la maggioranza pratica e che temo intenda praticare nel seguito della legislatura.

Dico che si tratta di una metafora e cercherò di spiegarlo articolando il mio pensiero su alcune delle norme più emblematiche, aventi - appunto - quasi carattere simbolico e metaforico di tale approccio. Prima fra tutte è quella di cui all'articolo 19 del disegno di legge n. 733, nel testo proposto dalle Commissioni riunite, che sanziona non più con un delitto, ma con una norma contravvenzionale - alquanto bizzarra, come vedremo tra breve - l'ingresso e il soggiorno illegale nel territorio dello Stato.

È molto interessante riflettere sulla storia di questa norma e su come nella sua prima versione fosse stata presentata come una sorta di adempimento di un contratto stipulato con gli elettori; l'adempimento di un contratto in cui, per l'appunto, la repressione cieca, irrazionale e spietata della mera situazione di clandestinità nel territorio dello Stato diventava uno dei punti fondamentali. Era una delle bandiere del provvedimento e si è dichiarato che, con questa norma, si sarebbe fatto fronte al problema dell'immigrazione realizzando un effetto di formidabile deterrenza rispetto agli ingressi illegali nel territorio dello Stato.

Non intendo fare la storia del dibattito su questa norma, né desidero sottolineare con eccessiva enfasi l'ingloriosa fine di quella norma nel momento in cui è andata a sbattere contro le indicazioni europee, dopo che erano state trascurate tutte le riflessioni da noi suggerite sulla palese incostituzionalità, oltre che sulla inciviltà e, mi sia consentito, anche sul carattere antiestetico di un provvedimento di questo genere.

Sta di fatto che, per non perdere la faccia, il reato non è stato semplicemente cancellato, come sarebbe stato segno d'intelligenza politica e d'intelligenza in generale, perché di fronte agli errori la cosa più intelligente da fare è riconoscerli e passare avanti. Quel reato originariamente era un delitto punito con la pena fino a quattro anni e, addirittura, l'arresto obbligatorio in flagranza; tutti quanti tra noi hanno un minimo di dimestichezza con il funzionamento degli uffici giudiziari avevano facilmente pronosticato che quella norma avrebbe paralizzato in maniera pressoché irreversibile il funzionamento del sistema giudiziario.

Ebbene, invece di limitarsi a cancellare questa norma e questo delitto, si è trasformato l'articolo e la fattispecie in una contravvenzione che è molto interessante per chi si diletta di mostri giuridici e in particolare per i teorici del diritto penale, i quali su questa norma possono esercitarsi a ritrovare in una unica singola concezione normativa una serie molteplice e variegata di contraddizioni con la Carta costituzionale, di profili di irrazionalità e, scendendo sul territorio che più interessa chi ha elaborato il provvedimento, di assoluta, radicale, sconfortante inutilità.

Si tratta, infatti, di una contravvenzione non oblabile,punita con l'ammenda da 5000 a 10.000 euro, che darà naturalmente luogo ad un numero enorme di fascicoli processuali, che andranno a loro volta ad intasare uffici giudiziari che, se Dio vuole, non ne avevano proprio bisogno e che non produrrà alcun effetto dissuasivo.

Voi ve lo immaginate - cogliendo l'aspetto umoristico della faccenda - il disgraziato clandestino che si spaventa del fatto che verrà condannato con un decreto penale al pagamento, ad esempio, di 8.000 euro? Se non fosse questione fin troppo seria il quadro complessivo in cui si iscrive questa norma, ci sarebbe davvero da farsi qualche sana risata.

Una cosa intelligente sarebbe semplicemente cancellarla, non già perché la norma così com'è produrrà danni diversi dal riempire gli armadi di qualche giudice di pace, ma perché sarebbe segno - ripeto - di intelligenza politica e un messaggio di resipiscenza rispetto ai modi di affrontare problemi seri, che non si possono affrontare con comportamenti e elaborazioni di norme che seri non sono affatto.

Ciò detto, il fatto che tale norma sia invece rimasta, ad onta di qualunque naturale appello alla ragionevolezza, significa qualcosa di più e si iscrive nel mosaico metaforico di cui parlavo e che cercherò di tratteggiare brevemente e terminando forse anche prima dell'esaurimento del tempo che mi è assegnato.

Un'altra norma, anch'essa metaforica, ma in grado di incidere in misura molto maggiore e sinistra sulla vita delle persone, è quella dell'articolo 39, che prevede la possibilità di trattenere fino a 18 mesi un cittadino straniero ai fini dell'identificazione.

Credo che noi per troppo tempo - e intendo soprattutto la nostra parte politica - abbiamo avuto la cattiva abitudine di tollerare le manipolazioni verbali che nascondono concetti gravi. Questi 18 mesi sono di galera. Sia ben chiaro! Il cittadino straniero non identificato, non già per sua resistenza, ma ad esempio perché non c'è collaborazione da parte dello Stato dal quale lui abbia indicato di provenire o per le più varie ragioni dipendenti dall'inefficienza degli uffici pubblici o dallo stato patologico del soggetto che non è in grado di chiarire la sua posizione, può essere trattenuto in quello che oggettivamente è un carcere, per un periodo di tempo - tanto per darvi un input della pratica degli uffici giudiziari - che equivale più o meno a quello che si trascorre in carcere per una tentata estorsione o per una tentata rapina: galera amministrativa.

Nessuno tra noi si nasconde la necessità anche di intervenire con misure dolorose, spiacevoli ma indispensabili per affrontare il fenomeno dell'immigrazione clandestina, ivi inclusa una temporanea e il più possibile ridotta nel tempo limitazione della libertà di movimento, ma il passaggio da due a 18 mesi ci lascia francamente sconcertati. Davvero dispiace sentire fare richiami a legislazioni di altri Paesi, che effettivamente prevedono questo termine in situazioni del tutto diverse. Il riferimento infatti, che opportunamente oggi il collega Ceccanti ha fatto nell'illustrazione della questione pregiudiziale di legittimità costituzionale, dovrebbe essere ad un atteggiamento di resistenza del soggetto all'identificazione.

Ebbene, su tale aspetto si può discutere, e lo si potrebbe fare veramente se ve ne fosse la disponibilità. Purtroppo, su questi temi non solo non la registriamo, ma percepiamo, nel momento in cui offriamo una disponibilità al dialogo, un atteggiamento di chiusura che rappresenta una delle componenti ideologiche più gravi contenute in questo provvedimento bandiera, provvedimento metafora, provvedimento inutile e dannoso. (Commenti dal Gruppo LNP).

Quando il Presidente mi autorizza, avrei piacere di proseguire.

Vede Presidente, i dati statistici, che sicuramente chi ha prodotto queste norme conosce (perché se non li conoscesse dovremmo davvero preoccuparci di un difetto di diligenza nella più delicata delle attività dei pubblici poteri, che è quella della produzione delle norme), ci informano di un dato altamente significativo: l'identificazione viene realizzata nei primi due mesi o, salvo casi rarissimi, non viene realizzata. Quindi, questa misura custodiale, questa galera amministrativa è inutile, dannosa, vessatoria e - non dimentichiamocelo - in un periodo in cui i tagli piombano come mannaie da tutte le parti, anche negli ambiti più delicati dell'esercizio dei poteri pubblici come la scuola, costosa, costosissima, perché questa gente in queste galere amministrative deve essere mantenuta e le stime dei costi che vengono fatte sono pressoché ridicole. Ulteriori enormi, inutili spese in situazioni in cui già sappiamo dall'analisi dei dati statistici che alla scadenza dei 18 mesi nulla sarà accaduto e si sarà semplicemente irrogata una costosa, non giurisdizionale, incivile misura detentiva. Metafora, abbiamo detto, della punizione virtuale e fantasiosa della clandestinità. Abbiamo detto di questa forma di punizione, molto meno virtuale, molto più reale, concretamente incidente sulla carne, sul sangue e - mi sia consentito - sulla pelle delle persone.

E arriviamo all'articolo 44, veramente una chicca: la schedatura dei clochard, la schedatura dei barboni, dicendolo in italiano. Dalle rilevazioni statistiche, anche queste sicuramente note a chi ha elaborato questi provvedimenti, ma singolarmente ignorate, si tratta della categoria con livello di pericolosità sociale più basso in assoluto. I barboni sono non solo innocui, ma l'anello più debole di una catena sociale che, scendendo verso il basso, diventa sempre più dolorosamente vulnerabile e rappresenta in qualche modo il senso di colpa della nostra società. I sensi di colpa si possono affrontare in molti modi: o da uomini civili, cercando di rimuovere il problema e partendo dal presupposto che (se mi è consentito fare riferimento ad un concetto religioso) siamo tutti figli dello stesso Dio e non figli minori e disgraziati alcuni e altri che, per ragioni di censo o di fortuna, hanno diritto a maggiori privilegi, oppure semplicemente eliminando il problema, spazzando via come la polvere sotto il tappeto ciò che fastidiosamente ci ricorda la tragedia della disuguaglianza.

Ache serve schedare i barboni e soprattutto schedarli presso il Ministerodell'interno? Sento dire da alcuni esponenti del centrodestra, chiacchierando nei corridoi, che questa schedatura in realtà serve per aiutare i barboni. Ottima cosa. Ma allora creiamo un registro di costoro presso il Ministero degli affari sociali e stabiliamo, nel momento in cui prevediamo una sorta di anagrafe dei barboni, anche una serie di conseguenze per loro positive dell'iscrizione in questo registro. Non ho visto conseguenze positive in questa norma. In realtà non vedo conseguenze di nessun tipo, tranne l'introduzione di una tecnologia sociale che è una tecnologia di puro controllo, anche qui metafora di una società del chiavistello.

Vedete, la maggioranza si è data il nome di Popolo della Libertà, ma il quadro fosco e inquietante che viene da queste norme è quello di un partito della galera sociale. (Vivaci commenti dal Gruppo LNP).

 

BOLDI (LNP). Viva la spocchia!

 

CAROFIGLIO (PD). Non ho problemi, signora Presidente. Lei mi sottrarrà dal tempo che mi è concesso questo spazio dovuto alle interruzioni e io parlerò. Dicevo partito della galera sociale. (Commenti dai banchi della maggioranza).

 

FERRARA (PdL). È meglio che scrivi, forse.

 

CAROFIGLIO (PD). Galera sociale.

 

PRESIDENTE. Colleghi, per favore, in quest'Aula ognuno può esprimere liberamente le proprie opinioni, com'è stato sempre consentito a tutti. (Commenti dai banchi della maggioranza).

 

TORRI (LNP). Offende!

 

PRESIDENTE. La Presidenza non ha rilevato alcuna offesa a nessuno.

 

FERRARA (PdL). Il senatore Carofiglio dovrebbe parlare rivolto alla Presidenza e non interloquire con i colleghi. Richiami lui invece di richiamare noi. Deve parlare rivolto alla Presidente e non con le mani in tasca.

 

PRESIDENTE. Vi prego, colleghi, avete tutti diritto di parlare dal momento che siete iscritti. Potrete sicuramente rispondere.

 

FERRARA (PdL). Non con le mani in tasca!

 

PRESIDENTE. Questa Presidenza ha visto di tutto da questi scranni.

 

FERRARA (PdL). Questo senatore ha visto ben altro.

 

PRESIDENTE. Prego, senatore Carofiglio, prosegua.

 

CAROFIGLIO (PD). Grazie, signora Presidente.

Ove non fossi stato abbastanza chiaro, ripeto: metafora di una galera sociale.

Cosa significa tutto questo e a cosa allude? Qui non si tratta di cattiveria o di bontà; ci può essere anche questo, ma riguarda le singole persone. Collettivamente tutto questo allude a un'idea di egoismo per la quale chi sta bene vuole che anche tutto ciò che gli sta attorno e gli ricorda che si può stare male sia rimosso o tenuto sotto controllo perché non dia fastidio. Non è un caso che nel momento in cui si evocano certi concetti si suscitano anche certe reazioni.

Proseguendo in questo quadro ricostruttivo, vorrei parlare dell'articolo 46 del disegno di legge, quello delle ronde. Ho qualche dubbio in più sul fatto che certi studi sulla psicologia dei gruppi siano noti a chi ha elaborato tale norma, ma vorrei cercare di configurare una storia possibile. Immagino un gruppo di cittadini composto di persone per bene, perchè non parto dal presupposto, come pure potrebbe accadere, che in queste ronde si infiltrino deliberatamente dei violenti per poter sfogare le loro pulsioni in situazioni in cui credono di poter essere tutelati.

Prescindo da questa ipotesi patologica - che pure potrà verificarsi - e ipotizzo invece la situazione normale di un gruppo di normali cittadini che, esausti per la situazione di difficoltà sociale che in certe zone del territorio in cui abitano si è venuta a creare, pattugliano con il benestare degli enti locali. Questi ultimi, per la verità, non sono specificati dalla norma e non si capisce quali siano, se le Province, le Regioni o i Comuni, ma questo è davvero un dettaglio tecnico. I cittadini anzidetti pattugliano e a un certo punto verificano una situazione che appare loro sospetta, come qualcuno che stia per rubare una macchina. Sono per strada da soli, non ci sono nelle vicinanze carabinieri o poliziotti, che sono professionisti deputati ad intervenire in tali circostanze; magari cominciano a inseguire la persona sospetta che, a sua volta, scappa. Forse ha compiuto davvero un reato, ma è possibile anche il contrario. L'acchiappano e questo prova a divincolarsi, anche perché quelle persone sono dei civili come lui. Che ne sa lui, magari nero di pelle, che costoro non gli stanno andando dietro non già perché sono onesti cittadini che pattugliano la loro città, ma perché sono soggetti uguali a quelli che hanno compiuto alcuni degli orribili atti di razzismo che abbiamo visto negli ultimi tempi? Che cosa ne sa lui? Scappa. Magari lo acchiappano e lui prova a difendersi, e se prova a difendersi costoro cercheranno di immobilizzarlo perchè, una volta che si innesca una colluttazione (chiunque vi si sia trovato lo sa), è molto facile cominciare, ma è molto difficile finire e soprattutto è molto difficile capire dove si andrà a finire.

Vedete, un poliziotto o un carabiniere è addestrato a fare certe cose, è addestrato anche ad un uso misurato della violenza quando questa è assolutamente indispensabile. Io non faccio l'ingegnere, né il chirurgo e se mi chiedessero di fare un intervento chirurgico adesso ovviamente rifiuterei, perché potrei causare soltanto danni.

Il lavoro del poliziotto o del carabiniere, il lavoro di chi per strada opera per garantire davvero la sicurezza è un lavoro difficile, che richiede professionalità, cosa che sembra ignorare chi ha redatto questa norma, ma che non ignorano quei tanti poliziotti, carabinieri e in generale appartenenti alle forze dell'ordine che, se andate ad interpellare adesso, sono terribilmente preoccupati per quello che può derivare dall'approvazione di una norma come questa. (Commenti del senatore Torri. Richiami della Presidente).

Presidente, non ho nessun problema: quando vengo interrotto mi fermo e aspetto che l'interruzione cessi.

 

COLLI (PdL). Siamo annoiati.

 

DE TONI (IdV). Noi invece siamo interessati.

 

PRESIDENTE. Prego, collega.

 

CAROFIGLIO (PD). Grazie, signora Presidente.

Questa norma potrà produrre soltanto il rischio di gravi danni. E non mi si venga a raccontare la storia dei nonni che vigilano davanti alle scuole, perché quelli già ci sono. Si tratta di un meccanismo del tutto diverso e, soprattutto, non si fa riferimento a quel pericolosissimo concetto di presidio del territorio che pare alludere ad un trasferimento delle potestà di polizia a gruppi di cittadini privi della competenza, dell'addestramento, dell'attitudine mentale - e prescindo dai profili morali - per esercitare il presidio del territorio, che è una delle prerogative ineludibili e fondamentali dello Stato di diritto.

Concluderò questa rassegna di norme, che - ripeto - ho estratto dal provvedimento per il loro particolare valore simbolico, con l'articolo 23. Sono dispiaciuto del fatto che non siano presenti molti senatori e, soprattutto, che non ci siano i senatori che esercitano la professione di avvocato penalista. L'articolo 23 è infatti un'altra norma incostituzionale che sottoporrà ad un aggravio di lavoro prima i giudici per sollevare le questioni di costituzionalità e poi la Corte per accoglierle.

Esso, in estrema sintesi, prevede che per tutti i reati di competenza distrettuale sia obbligatoria la custodia in carcere. Tutti sappiamo che la norma è ricalcata, o meglio è articolata sul precedente disposto del terzo comma dell'articolo 275 del codice di procedura penale, che prevede l'obbligo della custodia cautelare in carcere, laddove esistano gravi indizi, per i reati di mafia e connessi.

 

PRESIDENTE. Pur considerando le interruzioni, senatore Carofiglio, la devo invitare a concludere.

 

CAROFIGLIO (PD). Credevo di avere venti minuti a disposizione, signora Presidente. Li ho già utilizzati?

 

PRESIDENTE. Ne ha utilizzati anche di più. (Commenti dai banchi della maggioranza).

 

CAROFIGLIO (PD). Sfrutterò il minuto aggiuntivo derivante dalle interruzioni per concludere.

La norma in questione, dunque, prevede l'obbligatorietà della custodia in carcere per tutti i reati di competenza distrettuale. Tra di essi, oltre ai reati in materia di mafia e di terrorismo, per cui non si pone alcun tipo di problema, ci sono reati come, ad esempio, quelli di tipo informatico, che sono attribuiti al pubblico ministero distrettuale per pure ragioni di coordinamento investigativo e che implicheranno, ogni qual volta emergano i gravi indizi di colpevolezza, l'inevitabilità della custodia in carcere.

Vorrei chiedere, e purtroppo non posso farlo perché non sono presenti in Aula, che cosa pensano di questa norma e della filosofia, dell'ideologia che c'è dietro di essa tutti gli avvocati penalisti appartenenti alle camere penali che, in passato, giustamente, hanno fatto battaglie il cui cuore, il cui nucleo era la tutela della libertà, che in questo provvedimento in modi vari, diversi e articolati è gravemente vilipesa. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Vallardi. Ne ha facoltà.

VALLARDI (LNP). Signora Presidente, mi dispiace avere solo sette minuti a disposizione, perché dopo aver ascoltato con attenzione l'intervento del collega senatore Carofiglio forse sarebbe necessario utilizzare qualche minuto in più. Cercherò comunque in questi sette minuti di esprimere le mie ragioni, essendo firmatario di alcuni emendamenti al disegno di legge n. 733 che, al contrario di quanto sostiene il collega Carofiglio, sono fiero e contento di aver sottoscritto.

Il disegno di legge n. 733 oggi in discussione, a mio parere e a parere di tutta la Lega Nord, il partito a cui appartengo, è infatti il coronamento delle innumerevoli richieste di sicurezza che giungono ormai da moltissimi anni dal territorio. Un lento, ma continuo degrado della sicurezza aveva portato il nostro Paese a situazioni aberranti: ogni giorno i nostri quotidiani erano pieni delle notizie dei nefasti delitti che avvenivano nel nostro territorio.

La Lega Nord da sempre si è battuta e si batte per questo problema. Ricordo che già nel 1995 iniziavamo a tenere, in tempi non sospetti, le prime riunioni in cui parlavamo dell'aumento indiscriminato della microcriminalità che derivava dall'ingresso degli extracomunitari nel nostro territorio. La Lega Nord - dobbiamo riconoscerlo - ha sempre spinto in questo senso, perché fin da subito, in anticipo sui tempi, abbiamo capito che dal punto di vista normativo eravamo sicuramente impreparati a fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione, di questa forzata globalizzazione dei popoli.

Sono passati i periodi in cui si è scherzato sul problema sicurezza. E si è scherzato parecchio, cari amici della sinistra, perché emanare due decreti-legge sulla sicurezza e poi non avere né la forza, né il coraggio di convertirli in leggi significa scherzare sulla pelle dei cittadini. Fare un provvedimento come quello sull'indulto, che sicuramente il senatore Carofiglio avrà approvato, significa scherzare sulla sicurezza, sulla pelle di tutti quanti i cittadini italiani. (Applausi dal Gruppo LNP).

L'Italia tutta ha vissuto recentemente un momento storico di notevole grigiore: l'invasione dei rom e degli extracomunitari in genere, da alcuni dipinti come una risorsa per noi e per il nostro Paese, in nome di quel falso buonismo di sinistra che vuole il nostro territorio, l'Italia, un porto di mare in cui facciamo entrare tutti, senza pensare a quello che succede dopo a queste persone.

Troppo spesso, queste persone non hanno una casa, troppo spesso queste persone non hanno un lavoro, troppo spesso queste persone vengono utilizzate nei circuiti criminali e vanno a finire nelle nostre carceri, grazie tra l'altro all'ottimo lavoro delle forze dell'ordine, che contribuiscono a catturarli e a cui va il nostro sentito ringraziamento. (Applausi dal Gruppo LNP e del senatore Saltamartini). I numeri, signora Presidente, ci danno ragione: ci sono carceri in Italia in cui abbiamo il 70-80 per cento di cittadini extracomunitari, e questo sicuramente ci fa rabbrividire, ma ci fa anche pensare che abbiamo ragione nel dire quello che diciamo.

Condividiamo questo disegno di legge perché è rafforzativo del precedente decreto-legge, anch'esso sulla sicurezza, convertito nella legge n. 125 del 2008. Esso contiene regole certe che pongono limiti ai flussi migratori, regole certe per fronteggiare l'illegalità diffusa, la criminalità organizzata, per garantire la sicurezza urbana. Questo volevano i cittadini, questo hanno voluto i nostri elettori che, come sapete, cari amici della sinistra, sono tanti.

Il rapporto annuale dell'Unione europea dice che il nostro Paese detiene il record in assoluto di cittadini che non condividono una così grande percentuale di cittadini extracomunitari presenti nel nostro territorio; il sondaggio dice che il 64 per cento dei cittadini italiani ritiene che gli extracomunitari presenti nel nostro territorio sono troppi e credo che questo ci debba far riflettere per un semplice motivo, perché stiamo parlando di una cosa vera. Abbiamo zone in Italia nelle quali non è più possibile parlare di integrazione, quando si determinano situazioni come quelle di alcuni paesi o di alcune province del Nord, dove si raggiungono concentrazioni di cittadini extracomunitari ormai ingestibili. Ma non solo al Nord: basta vedere cosa accade al Sud. Non credo sia necessario commentare ulteriormente i fatti di Castel Volturno: si commentano da soli, i giornali e tutta l'opinione pubblica li hanno ampiamente commentati.

Nel disegno di legge n. 733 si parla, tra l'altro, di lotta alla mafia italiana e di lotta alla mafia straniera. La Lega Nord ha sempre voluto che la Commissione parlamentare insediata ieri (a cui colgo l'occasione per fare gli auguri di buon lavoro) si occupasse espressamente anche di mafie straniere, molte presenti al Nord e contro le quali bisogna continuare ad intervenire, non sottovalutandone gli effetti disastrosi, perché il Nord ha già pagato parecchio per quei nefandi provvedimenti che avevano mandato molti mafiosi al confino nelle nostre regioni. Noi ne abbiamo pagato le conseguenze e adesso non vorremmo pagarne di ulteriori con le mafie straniere. (Applausi dal Gruppo LNP).

Sicuramente il ministro Maroni sta seguendo con decisione una politica di aggressione e di contrasto alla mafia e ai patrimoni mafiosi, con notevoli risultati che sono stati riportati anche dagli organi di stampa e da tutti i mass media. Credo che il Ministero sia sicuramente sulla strada giusta perché li sta colpendo su quello che hanno più a cuore: il sequestro dei loro beni, quindi il denaro.

Adesso parliamo di un argomento sicuramente delicato (ne ho sentito parlare anche quest'oggi in Aula diverse volte): parliamo della possibilità data ai cittadini e ai sindaci di poter aiutare le forze dell'ordine nel controllo del territorio.

Questo, secondo me, è senso civico, cari amici di sinistra che tanto avete parlato di questo provvedimento, che, tra altro, è l'articolo 46 del disegno di legge n. 733. Questo è senso civico perché, secondo me, queste iniziative sono assunte solo ed esclusivamente da gente di buona volontà. Noi abbiamo esercitato il controllo sul territorio con i volontari. Io facevo parte integrante di un gruppo che, magari non per primo (forse per secondo o per terzo, ma non ha importanza) si era attivato per controllare il territorio con i volontari. Voi eravate al Governo e, mentre noi eravamo occupati a sorvegliare il territorio affinché non avvenissero furti, omicidi e di notte fosse tutto tranquillo come di giorno, ve ne fregavate completamente - mi conceda questo termine, con tutto il rispetto per lei, Presidente - di quello che succedeva nel territorio, ma vi preoccupavate di quello che facevamo noi.

Forse eravamo una deriva istituzionale? No, non credo. Noi stavamo facendo solamente il nostro dovere nell'interesse della sicurezza dei nostri cittadini. (Applausi dal Gruppo LNP). Credo che i cittadini, una volta approvato questo disegno di legge, potranno, coordinati dal proprio sindaco, previo parere del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, controllare meglio il proprio territorio - lo dico e lo ribadisco - come sempre abbiamo fatto a supporto delle forze dell'ordine.

Leggo la parte dell'articolo 46 che credo interessi tutti. Si parla di «associazioni tra cittadini al fine di segnalare agli organi di polizia locale, ovvero alle Forze di polizia dello Stato, eventi che possono arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale e cooperare nello svolgimento dell'attività di presidio del territorio». In queste poche righe credo non si nasconda nessuna deriva istituzionale. Non lo credo assolutamente! Aumenterà sicuramente - come ho detto prima e ho ribadito diverse volte - il senso civico e di comunità.

Se le regole vengono rispettate - credo - ne abbiamo tutti da guadagnare, anche gli extracomunitari che con l'accordo di integrazione potranno dimostrare di saper convivere civilmente nel rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione, magari anche rispettando i nostri usi, costumi e tradizioni. Credo che questa sia la strada giusta.

A tale proposito, ritengo sia da valutare in maniera positiva anche l'emendamento che finalmente vieta l'uso di indumenti atti a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, il famoso burqa, tanto per capirsi. Credo che se non si ha nulla da temere non si deve nascondere la propria faccia. E non si dica, cari colleghi, che queste persone lo fanno perché sono le loro tradizioni, usi e costumi perché, oltre ad una questione di sicurezza, è anche una questione di rispetto. Infatti, quando noi andiamo all'estero rispettiamo o ci fanno rispettare - come meglio credete - le regole degli altri Paesi. Quindi, non capisco e non giustifico chi difende le donne con il burqa o con il velo. I francesi lo vietano espressamente; gli inglesi sono sulla strada giusta, oggi lo vietano già nelle scuole. Dietro ad uno di questi indumenti potrebbe tranquillamente nascondersi chiunque, un delinquente o un terrorista, come è successo a Londra negli attentati del triste luglio 2005 che tutti quanti ricordiamo.

Mi sento di rivolgere in questa sede un sentito e doveroso ringraziamento agli amici del Popolo della Libertà perché ci hanno seguiti sulla strada del rafforzamento della legalità, condividendo e sottoscrivendo lo sforzo del nostro movimento, la Lega Nord, che con questo disegno di legge farà sì che i cittadini recuperino quella fiducia e quella tranquillità che negli ultimi anni era andata perduta.

Agli amici di sinistra vorrei invece rivolgere un invito sentito e sincero ad abbandonare la strada sterile e demagogica del dover essere a tutti costi sempre e contro tutti. Vi rendete conto, cari amici di sinistra, che siete contro la sicurezza dei vostri e dei nostri cittadini? I cittadini sono di tutti. I cittadini, una volta finite le elezioni, non hanno più colore politico. Oltre che contro i cittadini siete contro i vostri stessi sindaci: i sindaci di Bologna, di Torino, di Venezia, di Firenze, di Modena, il sindaco di Rozzano, un Comune vicino Milano. Tutti sindaci di centrosinistra che hanno posto in essere il controllo del territorio e stanno chiedendo a gran voce maggiore sicurezza nei loro territori. Se non volete ascoltare noi, almeno ascoltate i sindaci che sono vostra espressione politica. Abbandonate, cari amici, quel sinistro atteggiamento di negatività. La sicurezza, dicevo prima, non è di destra o di sinistra; anche i cittadini che a suo tempo vi votavano se ne sono accorti, e i risultati li avete visti.

Al senatore Carofiglio, che ho avuto il dispiacere di sentir prima dire che questo disegno di legge è un metafora inutile, dannosa, fantasiosa, addirittura una galera sociale, vorrei rispondere che lui fa tali affermazioni dai banchi tranquilli, ed anche abbastanza comodi, del Senato. Avrei piacere che il senatore Carofiglio scendesse in mezzo ai cittadini, magari quelli del Nord, che hanno subito furti, magari quelli di Gorgo al Monticano, e andasse a dirlo ai familiari di quella povera coppia di coniugi che sono stati trucidati nell'agosto dello scorso anno.

Ecco, credo sia finito il tempo della sterile demagogia; si pensi realmente a fare le cose concrete. Con il disegno di legge che stiamo approvando sicuramente faremo qualcosa di concreto. (Applausi dal Gruppo LNP, del senatore Santini e dai banchi del Governo).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Galioto. Ne ha facoltà.

GALIOTO (PdL). Signora Presidente, onorevoli colleghi. il provvedimento concernente disposizioni in materia di sicurezza pubblica è la risposta alle esigenze avvertite dalla società civile, quotidianamente sempre più colpita da atti di criminalità di varia natura, in special modo tra gli strati sociali più poveri.

Il disegno di legge n. 733 assorbe infatti altri disegni di legge presentati da altri schieramenti sul medesimo tema della sicurezza. In tutti credo vi sia l'obiettivo di aggiornare il nostro sistema giudiziario alle nuove esigenze di ordine pubblico. Infatti, il sistema così com'è non funziona. È positivo quindi che le nuove norme volte a contrastare reati legati alla criminalità organizzata e ad apprestare strumenti di tutela per gli anziani, gli handicappati ed i minori guardino anche a crimini secondari, come l'imbrattamento degli immobili (con norme che ne migliorano il contrasto), e prevedano misure per il rafforzamento delle sanzioni agli automobilisti ubriachi o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, con l'obbligatorietà della pena accessoria della revoca della patente di guida.

Sono tutte norme che vanno incontro ad una necessità reale ed obiettiva: quella della legalità e della percezione della legalità da parte dei cittadini italiani, ma anche di coloro i quali transitano nel nostro Paese, sia come turisti, sia come soggetti in cerca di un onesto lavoro.

Provengo da una Regione, la Sicilia, dove l'attenzione a uno di questi temi che stiamo affrontando, quello dell'immigrazione, è molto forte. Sappiamo tutti che le nostre coste contano ormai troppi sbarchi di clandestini e che i CIE (Centri di identificazione e di espulsione) in Italia, soprattutto nel periodo estivo, sono al limite della loro capacità di accoglienza. A questo occorre aggiungere l'oggettiva difficoltà da parte delle forze dell'ordine di identificare i soggetti, alcuni dei quali arrivano anche ad ustionarsi i polpastrelli per evitare il riconoscimento con le impronte digitali. Molti di essi sono persone già espulse da nostro Paese e che tentano nuovamente la strada disperata dello sbarco sulle nostre coste, mettendo a repentaglio, come sappiamo e come abbiamo visto tante volte, anche la loro stessa vita. Dobbiamo poi considerare anche coloro i quali riescono ad eludere i nostri sistemi di sorveglianza e che sono destinati quasi sempre ad una vita misera, fatta di sfruttamenti, accattonaggio, in buona sostanza di condizioni di vita non degne di un Paese come l'Italia, che li ospita.

Ma non dobbiamo pensare che l'immigrazione illegale provenga soltanto dal mare. Le cronache quotidiane dei giornali e le televisioni ci dicono che le popolazioni dei Paesi dell'Europa dell'Est (come la Romania, la Bulgaria, l'Albania) hanno colonizzato le città italiane.

Questo è un mercato del lavoro in cui persino i nostri cittadini faticano ad andare avanti e a trovare spazio. La scontata evoluzione nella vita clandestina di questi soggetti con poche risorse e alloggi di fortuna è purtroppo quasi sempre negli affari illegali, nei mille episodi che riempiono la cronaca di tutti i giorni, nell'alcol, nel baratro dei vari racket che li sfruttano e, soprattutto, in una vita fatta di non integrazione.

Tale stato di cose penalizza tutto: penalizza i cittadini italiani, sempre più impauriti e esasperati da una delinquenza anche spicciola, ma penalizza anche quelle fasce di immigrati che si sono perfettamente integrati, che lavorano, che sono utili al Paese e che cercano di avere una vita decorosa ed onesta. Questi svolgono anche dei lavori che ormai molti italiani non vogliono più fare: nelle famiglie come badanti, nelle fabbriche come operai, nelle realtà agricole come braccianti.

In questa situazione abbiamo due grosse responsabilità: la prima nei confronti dei nostri cittadini e di coloro che vivono onestamente in Italia, con il diritto che hanno e che abbiamo tutti alla sicurezza; la seconda nei confronti degli stessi clandestini, perché uno Stato democratico come il nostro deve poter garantire a tutti accoglienza, cure e assistenza nel rispetto dei diritti umani ma anche, e soprattutto, delle leggi vigenti.

Per questo motivo ritengo giusto frenare l'ingresso indiscriminato di persone che vengono in Italia in cerca di fortuna, in quanto il nostro sistema di accoglienza ormai è saturo e non consente più un'incontrollata affluenza in massa di forza lavoro. La comune coscienza democratica deve fare i conti con questa realtà (soprattutto con questa realtà), individuare il problema e porvi di conseguenza rimedio.

Proprio in questa direzione si muove l'articolo 9 del testo originario del disegno di legge al nostro esame. Esso, infatti, introduce nel nostro ordinamento il reato di ingresso illegale nel territorio dello Stato, con annesse sanzioni obbligatorie. La ratio del provvedimento è evidentemente quella di innalzare il livello di prevenzione per questo reato. Anche altri Paesi europei (come la Francia, la Gran Bretagna, la Germania) hanno nel proprio ordinamento giudiziario questa norma e sono Paesi che prima di noi hanno dovuto affrontare questi problemi.

Oggi da noi l'immigrazione clandestina è un reato punibile solo a livello amministrativo. Di fatto, vi è una non punibilità del reato stesso che ha solo alimentato le speranze di quanti affrontano viaggi disperati in mare o con mezzi di fortuna, con il miraggio di condizioni di vita migliori. Di quanti espatriano perché nel proprio Paese non hanno futuro e mirano a migliorare le condizioni di vita personali e delle proprie famiglie ormai è pieno il nostro Paese. A tutti questi noi non possiamo, non dobbiamo, offrire illusioni e alimentare speranze ingiustificate.

In Italia bisogna avere la certezza del diritto: senza avere una prospettiva di lavoro non credo possa continuare ad essere consentito neppure di entrare per acquistare la cittadinanza con un matrimonio cosiddetto combinato. Proprio per questo motivo si è provveduto a identificare e colpire chi specula su queste situazioni.

Pensiamo, ad esempio, alla modifica della disciplina del reato di agevolazione nella permanenza di stranieri irregolari oppure al reato di favoreggiamento di clandestinità.

La mancanza di punibilità, infatti, non alimenta soltanto speranze, ma anche e forse soprattutto il proliferare di affari lucrosi di quanti vivono e speculano sulla disperazione altrui. Le organizzazioni criminali transnazionali hanno trovato facile terreno nel nostro Paese in questo settore. È un'industria della malavita che organizza di tutto (dalle tratte dei clandestini, ai matrimoni a distanza, a consegne di tutti i generi) e che sposta capitali di dubbia provenienza grazie a numerosi buchi della nostra legislazione, utilizzando anche le tecnologie informatiche più avanzate.

Proprio sulle leggi vigenti bisogna porre l'attenzione. Abbiamo detto che queste non funzionano così come dovrebbero: lo dicono i fatti e lo dicono a gran voce i cittadini, che sono esausti, preoccupati e terrorizzati di vivere in una situazione di non sicurezza o di poca sicurezza. Lo dice questo Governo, del quale condividiamo l'azione, ma l'aveva riconosciuto anche il Governo precedente. Allora, è importante che la discussione ed il confronto che si svolgono in quest'Aula portino a votare una legge che vada bene, ma che vada bene soprattutto al Paese e ai cittadini italiani, di maggioranza o di minoranza, e che sia condivisibile. La sicurezza, come tutti conveniamo e abbiamo riconosciuto, infatti, non appartiene a qualcuno piuttosto che a qualcun altro, ma è un valore del Paese. (Applausi del senatore Vizzini).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Chiurazzi. Ne ha facoltà.

CHIURAZZI (PD). Signora Presidente, proverò a sintetizzare nel mio intervento tre aspetti, due dei quali apparentemente formali, che attengono all'ordinamento giudiziario del nostro Paese. Si tratta di un punto sul quale ritorno con una certa ossessiva tenacia, nei termini e nei contenuti che mi hanno visto parlare già la settimana scorsa sui provvedimenti che riguardavano pure la sicurezza. Parte del mio intervento sarà poi dedicata al merito, cioè all'efficacia e alla capacità di queste misure di conseguire almeno gli obiettivi che il provvedimento si prefigge.

Ancora una volta, anche in questa circostanza, sono preoccupato per la certezza che ho che alcune delle norme contenute in questo disegno di legge, soprattutto alcune delle norme introdotte dagli emendamenti frutto del lavoro delle Commissioni confliggano in maniera significativa con le disposizioni della Costituzione. Questa mattina i colleghi, nelle eccezioni di costituzionalità, hanno avuto modo di dimostrare che, ad esempio, nell'uso che si fa dell'istituto del matrimonio, che è di garanzia e previsione costituzionale, e dell'intreccio tra questo istituto e la cittadinanza vi sono tracce importanti di un uso disinvolto in distonia con la norma costituzionale.

Anche l'articolo 46, che prevede il concorso delle associazioni volontarie al presidio del territorio, introduce - a mio avviso - un potere che va fuori dalla definizione e dalla delimitazione dei poteri contemplati dalla Costituzione.

Vi è una tale preoccupazione - lo dico non retoricamente - perché la nostra Carta costituzionale costituisce un patrimonio che, a mio avviso, va difeso. Almeno in quella, infatti, dobbiamo riconoscerci e ritenerla come un patrimonio che tiene insieme le diverse opinioni e i diversi modi di vedere le tante questioni, le tante sofferenze e i tanti problemi del nostro Paese.

Sono poi preoccupato perché molti istituti introdotti hanno una complessità di gestione, la annunciano. Mi meraviglia che non vi sia, né vi sia stata un'analisi della gestione dei provvedimenti, sia di quelli di competenza delle forze dell'ordine e di polizia, sia da parte della magistratura. Per rispondere ad un problema complesso, con una modalità che - come dice il senatore Carofiglio - appare più tendente a rasserenare e a produrre un effetto rassicurante che non a caricarsi della soluzione del problema, introduciamo istituti più complessi di quelli che fin qui l'ordinamento giudiziario ha avuto modo di gestire, immaginandone e facendone prevedere una conduzione ancora più semplice. Invece, al di là del merito, di cui parlerò, vi sono norme che non dico sovvertono, ma rendono ancora più complesso l'ordinamento giudiziario e la gestione della giustizia nel nostro Paese.

Entrambi i temi (l'ordinamento costituzionale e l'ordinamento giudiziario) mi premono, oltre che per le ragioni culturali e politiche, per gli aspetti che attengono alle fondamenta della democrazia del nostro Paese e mi preme citarli perché quando tireremo le somme per analizzare gli effetti che questo provvedimento ha determinato non vorrei che registrassimo un risultato negativo. Ciò potrebbe determinarsi perché un giudice potrebbe far valere una eccezione di costituzionalità, o a causa di un eventuale blocco delle attività giudiziarie che imporrà al Parlamento una revisione; oppure perché alla fine ci renderemo conto di aver reso più complessa, più difficile la vita dei nostri tribunali e anche la vita e l'attività delle forze dell'ordine.

Per questi motivi credo che da qui ad uno o due anni ci renderemo conto che invece di compiere un'operazione di certezza e di chiarezza negli istituti che dovrebbero affrontare il tema generale della legalità nel nostro Paese, abbiamo provocato un dispendio di risorse in una struttura e in un'attività davvero molto delicate.

Per ciò che concerne, invece, il merito, nessuno vuole smentire che una norma e la severità dei provvedimenti che si accompagnano ad una norma possano avere una funzione deterrente. Se però immaginassimo che esclusivamente nella severità delle norme possa sintetizzarsi la soluzione al problema commetteremmo un gravissimo errore poiché la sicurezza non ci proviene dalla forza, ma dalla consapevolezza che più attività debbono concorrere a rimuovere un problema.

Questo provvedimento, i provvedimenti di severità così definiti hanno un senso se sono preceduti da forti azioni e da forti provvedimenti che attengono, in primo luogo, alle politiche sociali. Siamo in presenza non di un fenomeno marginale, non di un fenomeno speciale: parliamo di centinaia di milioni di persone. Siamo quindi in presenza di una categoria di soggetti molto vasta e diffusa (quella degli extracomunitari e degli immigrati) che non può sicuramente essere racchiusa e connotata nella definizione di una categoria che potenzialmente ha dentro di sé il germe della illegalità.

Vi è poi il tema della prevenzione, per nulla trattato, che a mio avviso, invece, ha una funzione e una rilevanza particolari. Del resto, segni relativi agli annunci diffusi della volontà di adottare forza e rigore nei provvedimenti che il Parlamento ha approvato ci sono e sono di segno negativo: gli sbarchi non sono diminuiti, come pure non è diminuita l'emigrazione verso il nostro Paese neppure dopo i provvedimenti che erano stati annunciati come decisivi, definitivi, risolutivi della questione. Anzi, noi registriamo un fenomeno addirittura contrario, cioè un incremento: i dati relativi al primo semestre del 2008 non risultano, infatti, equivalenti a quelli registrati nel primo semestre del 2007.

Quanto all'efficacia delle misure, si incrementano le pene detentive e si introducono modalità di intervento con procedure dirette ancora più frequenti. Tuttavia, se queste misure dovessero avere gli effetti sperati, avremmo un incremento dei processi in un ordinamento giudiziario che non è ancora nelle condizioni per affrontare una maggiore complessità, nonché un incremento del numero dei processi stessi. E ancora, se dovessimo avere gli effetti sperati, possiamo dire oggi che esistono le condizioni per cui, di fronte ad un incremento importante e significativo delle ipotetiche carcerazioni, sarà possibile trovare ospitalità nelle carceri del nostro Paese?

Dico qui quanto ho avuto modo di affermare anche una settimana fa: se affidassimo a queste misure una missione risolutiva e definitiva dei problemi della criminalità e dovessimo invece registrare, da qui a qualche tempo, che nessuno degli effetti sperati si è realizzato, saremmo in presenza di uno Stato che ha caricato un'aspettativa fortissima sull'ultima delle sue spiagge possibili, vale a dire la legislazione speciale (perché siamo in presenza di questo), oltre la quale non vi è altro per un Paese democratico.

È la stessa cosa che abbiamo fatto di recente con il provvedimento sull'impiego dei militari, chiamati naturalmente a compiere il loro dovere, e ai quali esprimo anch'io una profondissima gratitudine; ma quel provvedimento, così come quello che stiamo esaminando, costituisce l'ultima spiaggia di uno Stato che si espone oltremodo, affidando a strumenti eccezionali e straordinari il compito di risolvere i problemi. Se non dovessero realizzarsi, non già i risultati ordinari che ci si aspetta normalmente dalla severità delle norme messe in campo, ma quegli effetti che ci si attende dalle norme quando ad esse vengono affidate soluzioni così taumaturgiche, rischieremmo di fare una brutta figura e di dover tornare sull'argomento, seguendo allora la modalità giusta, saggia ed equilibrata da mettere in campo, ricorrendo cioè a maggiori mezzi, a maggiori strumenti ed opportunità per intervenire sul sistema.

Anche se torneremo sui singoli articoli nel corso dell'esame degli emendamenti che abbiamo presentato, l'articolo 46 del disegno di legge in esame mi preoccupa non poco. Mi chiedo che senso abbia riconoscere agli enti locali la possibilità di avvalersi della collaborazione di associazioni di cittadini per segnalare agli organi di polizia locale o alle forze di polizia eventi a danno della sicurezza urbana, o situazioni di disagio sociale. Fin qui, in verità, in qualche maniera potrebbero pure passare il dispositivo e gli effetti della norma; ma mi chiedo come possa passare un'ipotesi riferita all'attitudine e alla legittimità di tali associazioni a svolgere compiti di presidio del territorio, espressione non solo generica, ma che introduce una categoria di attività che non comprendiamo.

Di cosa si tratta? Forse è la sicurezza integrata? Su quella strada, però, il nostro Paese si era già incamminato ed aveva in qualche modo già attivato forme e procedure di integrazione tra le forze dell'ordine: molti sindaci avevano disposto protocolli d'intesa con le forze dell'ordine, adeguando e mettendo a disposizione i vigili urbani. Qualche nonno, ad esempio, si era messo a disposizione per presidiare le nostre scuole, al fine di liberare forze da poter poi dedicare a compiti diversi. Ma una cosa è la sicurezza integrata, altra cosa è elevare al grado di componenti dell'attività di ordine pubblico associazioni di cittadini che si mettono in campo per un senso civico, per un dovere civico. Inoltre, quel dovere civico della segnalazione può essere esercitato anche singolarmente e non è l'azione collettiva che ne determina la possibilità.

Concludo, signor Presidente, dicendo che in questo caso, come per quanto riguarda le forze dell'ordine, leggo un implicito giudizio di inadeguatezza di coloro che, invece, sono predisposti ai compiti di sicurezza pubblica nel nostro Paese. Le ronde e, in una fattispecie molto più delicata e complessa, l'utilizzo delle Forze armate eludono un problema particolare che, invece, dobbiamo affrontare: se la sicurezza è al centro delle questioni di questo Paese, la risposta non può essere in queste soluzioni, ma sta al centro della questione, cioè nel rafforzamento di coloro che sono naturalmente predisposti a tutelare l'ordine pubblico del nostro Paese.

La risposta, dunque, è semplice: più poliziotti, più carabinieri, più forze dell'ordine, più strumenti dedicati a loro per la prevenzione e per la repressione. Tuttavia, non si può da un lato annunciare il tema, propagandarlo, farlo anche diventare oggetto di consensi elettorali e poi registrare che nelle manovre finanziarie i fondi predisposti a chi quotidianamente con sacrificio si occupa della nostra sicurezza subiscono una decurtazione. Questa è una contraddizione difficile da spiegare e ci auguriamo venga spiegata dal Governo nella replica e anche dalla maggioranza.

Dunque, credo che torneremo su questi temi e lo faremo in una condizione diversa quando non verremo più considerati tra coloro (e saremmo noi) i quali ritengono che perseguire chi commette la violazione di reato sia un reato nel reato. Noi non apparteniamo a quella schiera; però non vogliamo neanche appartenere alla schiera di chi ritiene che i problemi complessi del Paese si risolvono con norme simbolo. Torneremo su questi temi in un tempo più sereno, con maggiore approfondimento e anche con più giudizio e più equilibrio, come era stato richiesto anche in questa circostanza; invece, il Governo e la maggioranza hanno voluto negare tutto ciò non all'opposizione e alla minoranza, ma, secondo me, al Paese intero.

 

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Comunico che le urne per l'elezione di due senatori Segretari verranno chiuse alle ore 19,30.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733 (ore 19,20)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore D'Ambrosio. Ne ha facoltà.

D'AMBROSIO (PD). Signora Presidente, devo dire che sono piuttosto sconcertato, forse perché sono un uomo prestato alla politica e un tecnico che per 45 anni si è occupato di lotta alla criminalità, nel vedere che nei banchi della maggioranza non c'è quasi nessuno ad ascoltare, su un problema così grave, la parola di un tecnico, categoria di cui molto spesso lamentano la mancata collaborazione. Noi abbiamo dato la nostra collaborazione in Commissione, abbiamo proposto delle norme ancor prima che venisse elaborato questo disegno di legge, quando suggerivamo - e lo abbiamo fatto a gran voce - che il modo migliore per combattere la criminalità organizzata, secondo un'opinione che si sta diffondendo in tutti i Paesi occidentali, è agire invertendo l'onere della prova.

Abbiamo sempre detto che la corruzione, l'evasione fiscale e la criminalità organizzata si combattono proprio invertendo l'onere della prova con riferimento ai beni e agli arricchimenti improvvisi. Dicevamo che se si voleva efficacemente combattere questi fenomeni, che rappresentano un cancro per tutte le società, bisognava invertire l'onere della prova. Con piacere abbiamo verificato che quanto da noi sempre sostenuto viene introdotto, anche se soltanto per le misure di prevenzione.

Analogamente, come richiesto da tutti i magistrati, si è introdotta la norma secondo cui in caso di morte della persona sottoposta a misura di prevenzione non si estingue il procedimento, cosicché gli eredi non tornano in possesso di tutti i loro beni. Pertanto, rispetto agli emendamenti da noi suggeriti e che sono stati accolti, questo disegno di legge ci trova d'accordo.

Non si riesce però assolutamente a capire per quale motivo si insista nel ritenere che l'aumento delle pene e la creazione di nuove figure di reato siano fatti determinanti e quasi esclusivi per scoraggiare la criminalità. E allora non si rimane solo sorpresi, ma addirittura sgomenti.

Signora Presidente, lei sa perfettamente che oltre due secoli fa colui che ha creato il diritto penale moderno, Cesare Beccaria, diceva che non la gravità della pena scoraggia la delinquenza, ma la suaineluttabilità. Pertanto, chiedo a lei e soprattutto ai colleghi dell'opposizione, come mai nel provvedimento al nostro esame non si trovi neanche una parola diretta a diminuire i tempi dei processi penali. Del resto, come risulta anche dal suo documento, Presidente, sono ben noti i tempi dei processi penali: normalmente un processo si definisce in cinque anni, ma eccezionalmente possono occorrere anche dieci o più anni se si percorrono tutti i gradi del processo. Invece, non c'è neanche una parola in questa direzione.

È altrettanto noto poi, Presidente, che il fenomeno dell'immigrazione è estremamente difficile da contenere. Sono masse di popolo che si muovono, non tanto per andare alla ricerca della fortuna quanto piuttosto perché nel loro Paesi di origine patiscono la fame o vivono in costante pericolo di vita. E allora è davvero singolare leggere nella relazione al disegno di legge che minacciando una pena fino a quattro anni di reclusione per il reato di immigrazione clandestina si sarebbero scoraggiati gli arrivi.

Mi sembra un déjà vu, come del resto è stato anche con la legge Bossi-Fini. Da parte di chi è adesso di nuovo al Governo si diceva che sarebbe servita per fermare questo fenomeno incontenibile; la realtà ci dimostra che questo fenomeno non è stato nemmeno contenuto, che il provvedimento ha aggravato la situazione, ha aggravato il fenomeno della clandestinità. È inutile nascondersi dietro un dito. Con la legge Bossi-Fini si sono creati addirittura reati per gente che non è pericolosa, venuta in Italia e rimasta magari momentaneamente disoccupata perché non ha ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno perché ha arricchito industriali che ne hanno sfruttato il lavoro e che si sono rifiutati di regolarizzarli perché altrimenti avrebbero dovuto pagarli di più, rinunciando al lavoro nero. E allora costoro diventano dei clandestini, vengono espulsi, e se rientrano irregolarmente vengono puniti fino ad un anno di reclusione e se c'è recidiva addirittura per un periodo che va da uno a quattro anni. Attualmente le persone detenute nelle nostre carceri per questi reati assurdi, che non concorrono in alcun modo alla tutela dei cittadini, ma vietano soltanto l'ingresso a gente che lavora in nero in Italia, sono 2.000. Sono dati inconfutabili del DAP, il Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria. I detenuti per questi reati sono 2.000, gente che non è pericolosa.

Ma si vuole tener conto delle esperienze che hanno fatto gli altri? Ho avuto il piacere, come procuratore della Repubblica di Milano, di essere interpellato e visitato ufficialmente dal Capo dell'ufficio immigrazione degli Stati Uniti d'America. Quando è venuto ho convocato i miei sostituti e anche il rappresentante del Comune per sentire cosa suggeriva, dal momento che il fenomeno dell'immigrazione c'era e c'è attualmente. Vorrei ricordare ai colleghi della maggioranza - che rumoreggiavano tanto nei confronti del senatore Carofiglio, il quale, essendo in Parlamento, ha diritto di dire la sua anche se può essere cosa non piacevole e non grata alla maggioranza - che il Capo dell'ufficio immigrazione americano, che ha un personale più numeroso dell'ufficio dell'FBI, ci disse non solo che il modo che stiamo adottando adesso non era quello giusto per combattere l'immigrazione clandestina, ma anche che questa andava combattuta nei Paesi da cui parte, soprattutto fornendo aiuti e impedendo che questi poveri disgraziati finiscano vittime di quelli che sono veramente gli autentici colpevoli, coloro che pongono in essere una sorta di tratta degli esseri umani. (Commenti del senatore Ferrara). Noi, invece, abbiamo seguito una strada completamente diversa.

Ebbene, ancora mi sono trovato a dover affrontare la cosiddetta criminalità diffusa. Mi dispiace che i colleghi della Lega se ne siano andati perché anche loro hanno sentito...

 

FERRARA (PdL). Anche il senatore Carofiglio se ne è andato.

 

D'AMBROSIO (PD). Sì, ma il senatore Carofiglio era intervenuto, mentre in questo caso non se ne è andato solo chi ha già parlato. Comunque, senatore Ferrara, gradirei non essere interrotto. Non ho mai interrotto nessuno di voi né mi sono spostato sui banchi per dire improperi. A questo punto, educatamente, cerchiamo di discutere di questioni serie con grande serietà. Le questioni in esame, infatti, vanno discusse con serietà. Sono molto più anziano di lei e ricordo perfettamente, quando giovanissimo sono andato a fare il magistrato al Nord, i cartelli in cui si diceva «Vietato l'ingresso ai cani e ai meridionali». Eppure i meridionali hanno prodotto il boom economico, sono stati loro, quelle braccia a basso costo che venivano dal Sud che hanno reso possibile il boom economico, così come adesso molta della ricchezza prodotta al Nord nelle Regioni della Lega è stata portata proprio dagli immigrati, spesso anche sfruttati perché tenuti in condizioni di irregolarità. Questa è la sacrosanta verità.

Ma facemmo un esperimento in più: cercammo di applicare i principi fondamentali del diritto penale moderno, anche se non potevamo certamente fare anche quello che spetta al Parlamento e cioè ridurre le ipotesi penali. Queste, infatti, vanno ridotte, perché tanti dei reati che sono stati inseriti in questo disegno di legge potevano rimanere degli illeciti amministrativi e avrebbero avuto la stessa forza dissuasiva. Mi pare che spesso si dimentichi che anche l'aggravio della pena - come è ammesso diffusamente e come ha dimostrato la cosiddetta patente a punti - ha effetto limitato, perché la gente intuisce immediatamente se una norma sarà applicata o meno, se vi sono forze di polizia sufficienti per sorvegliare sulla sua applicazione perché la pena possa divenire veramente ineluttabile. La pena è inevitabile solo quando il reato viene scoperto.

Avremmo dovuto organizzare le cose in maniera diversa anche per combattere il furto. Badate che il furto, sempre secondo le statistiche del DAP, è il reato più diffuso tra gli extracomunitari, perché molto spesso è dettato dal bisogno. Tra l'altro, voi questo reato lo volete incrementare. Signora Presidente, alludo alla norma che dispone che il reato dell'impiego di minori all'accattonaggio sia trasformato da contravvenzione a delitto. Ricordo che tale reato già nel codice Zanardelli era una contravvenzione ed era punito solo con una pena fino a due mesi, successivamente portata a sei mesi e nel codice Rocco del 1930 ad un anno. Adesso quella stessa pena si vuole portare a tre anni. Prima di approvare questa norma ci penserei un istante, perché già quando si volevano rilevare le impronte ai rom e ai minori, si disse che l'Italia stava scivolando verso una china di razzismo. In quest'Aula i colleghi della Lega Nord hanno parlato di invasione dei rom, dimenticando che la maggior parte di loro è nata in Italia.

Ai colleghi della maggioranza che hanno proposto di istituire un registro presso il Ministero dell'interno per i clochard, ma anche per i rom perché anche loro sono senza fissa dimora, vorrei dire che con la norma contenuta all'articolo 46, le ronde potrebbero anche trasformarsi e potrebbe esservi chi chiama la polizia semplicemente perché ha visto una zingarella con un bambino in braccio chiedere l'elemosina. Faccio spesso il percorso che dalla sede di palazzo Madama conduce al mio ufficio, che è sito presso l'ex hotel Bologna, ed ho incontrato un'infinità di volte zingarelle con bambine in braccio di pochi mesi a chiedere l'elemosina.

Credo che non si conoscano certe cose quando si dice che si vuole mettere in galera questa gente. Badate che se si stabilisce la reclusione fino a tre anni, è previsto l'arresto facoltativo in flagranza. Quindi, dovessero esservi gruppi di persone operanti negli enti locali con il compito di vigilare sul territorio - e vorrei parlare anche del controllo del territorio prima di sentirne tante (ma forse non ne avrò il tempo) - e se uno di questi chiamasse un poliziotto in una circostanza simile, il poliziotto sarebbe tenuto ad arrestare la zingara in flagranza. Quindi, abbiamo risolto i problemi di sicurezza o li abbiamo aggravati?

Per quanto mi risulta, i rom ci sono dall'anno 1000 dopo Cristo e sono stati sempre nomadi. Un tempo, quando ero ragazzo, li si poteva vedere mentre andavano ad aggiustare o a fabbricare gli attrezzi dei contadini, che li aspettavano come il pane, perché lavoravano bene il ferro. Poi questo mestiere è andato esaurendosi; ora ci sono gli insediamenti e conosciamo bene cosa sono costretti a fare molti di loro per sfuggire alla miseria. Possiamo vedere, anche davanti al Senato, le zingarelle che tengono per mano o in braccio un bambino e vivono di elemosina. Alcuni di loro vivono frugando nei cassonetti della spazzatura - io stesso mi sono affacciato alla finestra di casa mia a Roma e ho visto una zingara frugare nell'immondizia - per raccogliere indumenti e vari oggetti da riciclare e vendere nei mercatini. Chi ha frequentato l'insediamento rom di Monte Mario lo sa perfettamente.

Poi ci sono anche i rom che, invece, si dedicano ai furti. Se noi, senza fare niente dal punto di vista dell'integrazione sociale - diciamo la verità: da questo punto di vista non ha fatto nulla né la destra né la sinistra - cominciamo a mandare in galera le donne che, con un bambino in braccio, vanno a chiedere l'elemosina e facciamo loro perdere la patria potestà, com'è stato già fatto notare, allora gli altri saranno spinti, se non si adottano contemporaneamente dei provvedimenti sociali, a diventare delinquenti. Quindi, anziché rasserenare la gente, si creeranno condizioni ancora peggiori.

Spero che qualche senatore della maggioranza abbia letto il disegno di legge a mia firma, di cui si sta discutendo in Commissione giustizia: forse il presidente Vizzini lo ha fatto, perché magari ne è stato informato dal Presidente della 2a Commissione. Dunque, in tale Commissione stiamo discutendo un disegno di legge che mira ad attuare un'esperienza che io stesso ho sperimentato durante il periodo in cui sono stato procuratore della Repubblica di Milano, volta ad ottenere un processo rapido e immediato e a far scontare le pene effettivamente e subito. Badate bene: l'informatica non deve servire solo a creare un registro presso il Ministero dell'interno, che tra l'altro sarebbe stato meglio istituire presso i Comuni, per consentir loro di conoscere in maniera più precisa le situazioni che necessitano di un aiuto sociale. Allo stesso modo, per la sicurezza, sarebbe stato molto meglio togliere alla Polizia una serie d'incombenze amministrative, quali il rinnovo dei permessi di soggiorno e affidarle ai Comuni, che conoscono meglio la situazione e sanno bene quel che devono fare. (Richiami del Presidente).

Mi avvio a concludere, signor Presidente. Attraverso questa esperienza svolta a Milano, utilizzando l'informatica per conoscere i precedenti degli arrestati, siamo riusciti a processare, in un anno, 3.000 arrestati in flagranza. Cito questa esperienza per ribadire che non è tanto la gravità della pena che scoraggia il compimento dei reati, quanto la sua ineluttabilità. Dunque, processando per direttissima tutti gli arrestati in flagranza, con l'aiuto dell'informatica che ci consentiva di conoscere i precedenti, senza bisogno di consultare il certificato penale - che spesso risultava nullo anche se il soggetto in questione aveva commesso molti reati, perché non c'era stato tempo di registrare le condanne - siamo riusciti in un anno a portare 3.000 persone a giudizio e pochissimi sono usciti dal carcere, perché il 90 per cento di costoro era recidivo. Ebbene, l'anno successivo la criminalità è diminuita del 30 per cento. Sono queste le esperienze serie di cui bisogna tenere conto e non le chiacchiere che si fanno ad esclusivo scopo di propaganda. (Applausi dal Gruppo PD).

 

Chiusura di votazione

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione e invito i senatori Segretari a procedere allo spoglio delle schede e al computo dei voti, che avverrà nell'adiacente Sala Pannini.

(I senatori Segretari procedono al computo dei voti).

 

Hanno preso parte alla votazione i senatori:

Adamo, Aderenti, Adragna, Agostini, Alicata, Allegrini, Amati, Amato, Amoruso, Andreotti, Andria, Antezza, Asciutti, Astore, Augello, Azzollini

Baio, Balboni, Baldassarri, Baldini, Barbolini, Barelli, Bassoli, Bastico, Battaglia, Belisario, Benedetti Valentini, Berselli, Bertuzzi, Bettamio, Bevilacqua, Bianchi, Bianco, Bianconi, Biondelli, Blazina, Bodega, Boldi, Bonfrisco, Bonino, Bornacin, Boscetto, Bosone, Bricolo, Bruno, Bubbico, Bugnano, Butti

Cabras, Caforio, Cagnin, Calabrò, Calderoli, Caliendo, Caligiuri, Camber, Cantoni, Carlino, Carloni, Carofiglio, Carrara, Caruso, Caselli, Casoli, Casson, Castro, Ceccanti, Centaro, Chiaromonte, Chiti, Chiurazzi, Ciarrapico, Cicolani, Cintola, Colli, Collino, Colombo, Comincioli, Compagna, Conti, Contini, Coronella, Cosentino, Costa, Crisafulli, Cuffaro, Cursi, Cutrufo

D'Alì, D'Alia, D'Ambrosio, D'Ambrosio Lettieri, Davico, De Castro, De Eccher, De Feo, De Gregorio, De Lillo, De Luca, De Sena, De Toni, Del Vecchio, Della Monica, Della Seta, Di Giovan Paolo, Di Girolamo Leopoldo, Di Girolamo Nicola, Di Nardo, Di Stefano, Digilio, Dini, Divina, D'Ubaldo

Esposito

Fazzone, Ferrara, Filippi Alberto, Filippi Marco, Finocchiaro, Fioroni, Fistarol, Fleres, Fluttero, Follini, Fontana, Fosson, Franco Paolo, Franco Vittoria

Galioto, Gallo, Galperti, Gamba, Garavaglia Mariapia, Garavaglia Massimo, Garraffa, Gasbarri, Gasparri, Gentile, Germontani, Ghedini, Ghigo, Giai, Giambrone, Giaretta, Giordano, Giuliano, Gramazio, Granaiola, Grillo, Gustavino

Ichino, Incostante, Izzo,

Lannutti, Latorre, Latronico, Lauro, Leddi, Legnini, Leoni, Li Gotti, Licastro Scardino, Livi Bacci, Lumia, Lusi

Magistrelli, Malan, Maraventano, Marcenaro, Marcucci, Marinaro, Marini, Marino Ignazio, Marino Mauro Maria, Maritati, Mascitelli, Massidda, Mauro, Mazzaracchio, Mazzatorta, Mazzuconi, Menardi, Mercatali, Micheloni, Molinari, Mongiello, Montani, Monti, Morando, Morri, Mugnai, Mura, Musi, Musso

Negri, Nespoli

Oliva, Orsi

Palmizio, Papania, Paravia, Pardi, Passoni, Pastore, Pedica, Pegorer, Pertoldi, Peterlini, Piccioni, Pichetto Fratin, Pignedoli, Pinotti, Pinzger, Pisanu, Piscitelli, Pistorio, Pittoni, Poli Bortone, Pontone, Possa, Procacci

Quagliariello

Randazzo, Ranucci, Rizzi, Rizzotti, Roilo, Rossi Nicola, Rossi Paolo, Rusconi, Russo, Rutelli

Saccomanno, Saia, Saltamartini, Sanciu, Sangalli, Sanna, Santini, Saro, Sarro, Sbarbati, Scanu, Scarabosio, Scarpa Bonazza Buora, Sciascia, Scotti, Serafini Anna, Serafini Giancarlo, Serra, Sibilia, Sircana, Soliani, Speziali, Stancanelli, Stiffoni, Stradiotto

Tancredi, Thaler Ausserhofer, Tomaselli, Tomassini, Tonini, Torri, Totaro, Treu

Vaccari, Valditara, Valentino, Vallardi, Valli, Veronesi, Vetrella, Vicari, Viceconte, Villari, Vimercati, Vita, Vitali, Vizzini

Zanda, Zanetta.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733 (ore 19,40)

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Della Monica. Ne ha facoltà.

DELLA MONICA (PD). Signora Presidente, mi dispiace che a quest'ora stia diventando davvero un po' pesante per tutti essere qui. Ringrazio il Governo ed il presidente Vizzini per la loro presenza, ma credo che questa materia avrebbe davvero richiesto un approfondimento che - mi dispiace doverlo dire rispetto ai colleghi della maggioranza che hanno parlato prima di me - non c'è stato.

Non è assolutamente vero che abbiamo approfondito questi argomenti, perché in una notte veramente molto pesante sono stati approvati a colpi di maggioranza una serie di emendamenti, di cui non conosciamo ancora i testi definitivi e che tuttora continuano a pervenire. Quindi stiamo ragionando su un disegno di legge che è completamente diverso da com'era stato presentato inizialmente e che è stato cambiato nel corso della discussione, anche con prove di buona volontà da parte di tutti, ma che in effetti viene discusso in queste condizioni difficili.

Non credo si fornisca un buon servizio alla collettività in questo modo. Tra l'altro, discutiamo di un disegno di legge che fa parte del cosiddetto pacchetto sicurezza e che contiene norme eterogenee: norme in materia di immigrazione, di controllo sociale, di contrasto al crimine organizzato, di aggravamenti di reati contro la persona, contro il patrimonio, il decoro urbano, la circolazione stradale e anche interventi sul piano procedurale. Sono ormai disegni di legge o decreti‑legge a cui ci stiamo abituando e che sono una sorta di omnibus, per cui in un quadro già abbastanza complesso e difficile del nostro ordinamento giuridico, in cui si dovrebbe semplificare, andiamo a infilare una serie di tasselli che continuano a stravolgere complessivamente le norme sia sostanziali sia procedurali, con una distonia tra varie norme di cui ci accorgeremo poi nell'applicazione concreta e di cui pagheremo gravemente il prezzo.

Si tratta quindi di un provvedimento complesso, di difficile lettura, che in parte riprende proposte contenute nel pacchetto sicurezza del governo Prodi, che sono condivisibili sempre che non siano state stravolte attraverso interventi aggiuntivi, con finalità forse anche buone ma che finiscono per vanificarne l'efficacia dissuasiva. Oggi più volte è stata citata la decadenza dalla patria potestà collegata al nuovo reato in materia di accattonaggio che sinceramente lascia molto perplessi e che aumenta il già forte disagio sociale, con la difficoltà - come diceva giustamente la senatrice Magistrelli - di pensare a questi bambini che verranno tolti alle famiglie e che dovranno pure essere affidati a qualcuno. Mi pare che questo aspetto del problema non sia stato minimamente approfondito.

Vi sono poi altre disposizioni introdotte durante i lavori delle Commissioni riunite e mi riferisco in particolare ad alcune proposte di carattere costruttivo del Partito Democratico che sono state accolte dalla maggioranza, in particolare in materia di criminalità organizzata, di sfruttamento dell'immigrazione clandestina, di tutela penale rafforzata nei confronti di soggetti vulnerabili, in particolare donne e minori, per alcuni aspetti e non per altri. È evidente quindi che l'opposizione e in particolare il Partito Democratico sosterrà queste norme anche in Aula. Mi sia consentito dire, però, che si tratta delle uniche norme che rispondono alla strategia di una politica tesa effettivamente alla sicurezza ed al contrasto dell'illegalità nel rispetto dei diritti umani, del diritto anti-discriminatorio, di principi costituzionali, di quelle norme comunitarie e di diritto internazionale vincolanti per l'Italia e in quanto tali costituzionalmente garantite.

Altre norme appaiono invece decisamente improponibili, perché inutilmente lesive di diritti garantiti, discriminatorie e tali da allontanare il nostro Paese da principi costituzionali e da atteggiamenti propri di una società civile. In realtà, si sta svolgendo una pressione sempre più forte sul sistema costituzionale che finisce col rivolgersi pesantemente non solo a quella seconda parte della Costituzione, rispetto alla quale tutti forse vorremmo dei cambiamenti, ma soprattutto rispetto alla prima parte che contiene l'esposizione dei diritti. Viene posto così in discussione non solo il principio di uguaglianza ma tutto il quadro dei diritti.

Ad una prospettiva di questo genere dovremmo opporci tutti trasversalmente perché credo che la tutela dei diritti umani, dei diritti riconosciuti universalmente, dovrebbe essere garantita a tutti. Ma questo non avviene e probabilmente perché si sta consolidando un'abitudine culturale, una sorta di assuefazione all'idea di una comunità chiusa, che coltiva - come è stato autorevolmente detto - distanza e ostilità, che alimenta il conflitto tra i gruppi sociali contigui, che giustifica le guerre tra poveri.

Così finiscono con alzarsi barriere e si viene a predicare una tolleranza che si risolve in una accettazione dell'altro, del cittadino straniero considerato come un diverso, perché prevalentemente le norme sono dirette a frenare l'immigrazione, alla sola condizione che questo cittadino straniero, quello diverso, faccia ciò che serve ai cittadini italiani, quello che i cittadini italiani non vogliono fare, alle condizioni quindi che noi imponiamo. Ma, esaurita questa funzione, possibilmente il diverso deve sparire per liberaci - come sempre ed autorevolmente è stato detto - da ogni inquietudine umana e sociale.

Naturalmente a tale prospettiva il Partito Democratico si sta fortemente opponendo perché non solo è miope, ma manca di una qualsiasi visione strategica del problema della sicurezza e dell'immigrazione. E questo finisce con dare vita a norme che, forse non volute nemmeno da coloro che le hanno proposte, non risolvono ma anzi aggravano i problemi della sicurezza e della immigrazione irregolare, spingendo tra l'altro gli immigrati clandestini a cercare appoggio e protezione nella criminalità organizzata, proprio quella che tutti vorremmo congiuntamente combattere.

Vorrei riprendere parole pronunziate da un esponente della maggioranza, universalmente apprezzato, il senatore Pisanu, che è stato Ministro dell'interno e che autorevolmente oggi è Presidente della Commissione antimafia. Se non erro nell'anno 2002 Pisanu così recitava: «L'Italia accorda assistenza umanitaria in base alle regole internazionali a tutti coloro che fuggono da carestie e guerre. Ma contrasta l'immigrazione irregolare, avendo l'obiettivo di favorire quella regolare». Gli immigrati clandestini, sottolineava il senatore Pisanu, diventano un problema perché «inevitabilmente finiscono in mano ad affaristi o al crimine organizzato che li buttano sul mercato nero, se non addirittura nella prostituzione o nella manovalanza criminale».

Ebbene, non c'è dubbio che le organizzazioni criminali possano trovare fra i disperati dell'immigrazione clandestina un terreno di reclutamento favorevole e che queste organizzazioni, possano appaltare segmenti delle loro attività, le più sporche e rischiose, legate al controllo del territorio come lo spaccio e la prostituzione ad immigrati irregolari, col duplice vantaggio di sviare l'attenzione e di avere un esercito di manovalanza ricattabile e pronto a tutto.

Eppure un percorso ad ostacoli per divenire cittadini regolari e tutti gli ostacoli posti per scoraggiare l'immigrazione e per punire gli immigrati finiranno col produrre - anche e forse senza che chi lo ha proposto lo abbia voluto - questi effetti.

Parto dal testo emendato del disegno di legge, che introduce come contravvenzione punita con l'ammenda il reato di immigrazione irregolare, con un meccanismo che ignora le vittime di tratta e comunque i titolari dì un permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale. Questo meccanismo non è conforme né ai principi costituzionali di legalità della pena, di obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale, né a quelli di presunzione di innocenza, di eguaglianza di fronte alla legge e di effettività del diritto di difesa.

Un collega della maggioranza si meravigliava di come potesse essere leso il diritto di difesa in questo caso: impedendo ad una persona di potersi difendere di fronte al giudice di pace, che è pur sempre un giudice e quindi ha diritto di avere il suo imputato. Sottrargli, in questo caso, il controllo sul visto significa creare una disparità di trattamento tra persone. Si finisce con questa ed altre disposizioni a dare vita ad un diritto speciale, fondato su una sostanziale sospensione di diritti e garanzie fondamentali che riguarda le persone. Così per lo straniero si finisce col costruire un diritto che lo discrimina e punisce in quanto tale, anche per comportamenti per i quali la sanzione penale è chiaramente impropria e sproporzionata, come nel caso dell'immigrazione irregolare, ovvero è ingiustificatamente diversa da quella prevista per altri soggetti che commettono lo stesso reato. Cito per tutte l'aggravante di pena per la semplice condizione di clandestino, introdotta con il decreto-legge sulla sicurezza n. 92 del 23 maggio 2008, convertito nella legge n. 125 del 24 luglio 2008.

In questo modo che cosa si fa? Si continua a sovraccaricare di compiti inutili il sistema investigativo e giudiziario a danno della sicurezza dei cittadini, mentre l'unica risposta seria all'immigrazione irregolare è costituita dall'espulsione. È invece proprio sotto questo profilo che servono strumenti e risorse che, nel rispetto dei diritti umani e sulla base di accordi con i Paesi di provenienza per un rimpatrio assistito, quale appunto quello proposto dal Partito Democratico, rendano effettiva tale misura amministrativa, dando davvero impulso ad una strategia di contrasto all'immigrazione irregolare.

Appaiono difficilmente conciliabili, non solo con la tutela dei diritti fondamentali riconosciuta dalla Costituzione, dalle direttive comunitarie e dal diritto internazionale, ma soprattutto con una tutela del diritto alla sicurezza dei cittadini, ulteriori disposizioni del disegno di legge che introducono il cosiddetto permesso di soggiorno a punti per i cittadini stranieri; estendono il periodo di possibile trattenimento sotto forma di detenzione amministrativa nei centri di identificazione, se vi sono difficoltà nell'accertamento dell'identità e della nazionalità, ovvero nell'acquisizione dei documenti per il viaggio (con una irragionevole ed ingiustificata limitazione della libertà personale in deroga all'articolo 13 della Costituzione, collegata, tra l'altro, esclusivamente ad un differimento nel tempo del problema di come effettuare l'espulsione); subordinano il diritto al riconoscimento dello status di soggiornante di lungo periodo al previo superamento di un test di lingua italiana; impediscono la celebrazione del matrimonio in Italia per gli stranieri che non esibiscono un documento attestante la regolarità del soggiorno, incidendosi così su un diritto fondamentale.

Una particolare attenzione poi deve essere rivolta al rimpatrio assistito dei minori comunitari, che si prostituiscono e quindi sono vittime di cui va invece favorita l'integrazione e la tutela. Proprio per i minori, di cui vanno affermati i diritti, viene recepito un trattamento deteriore e in contrasto con la direttiva n. 38 del 2004, già recepita con il decreto legislativo n. 30 del 2007, che prevede che i cittadini comunitari possono essere allontanati solo per ragioni di pubblica sicurezza e di pericolosità sociale e per i minori in circostanze eccezionali. Non è una norma singola, perché, per quanto riguarda il rimpatrio assistito dei minori, qui si parla dei comunitari, mentre in un disegno di legge del Governo che riguarda la prostituzione si parla di ridurre drasticamente il sistema del rimpatrio semplificandolo: quindi, aggiungendo anche in questo caso qualcosa che preoccupa rispetto a coloro che spesso sono vittime del traffico di esseri umani.

Altrettanto preoccupanti sono le norme inserite dalla maggioranza che riguardano il controllo sociale in senso lato, prevedendo il presidio del territorio da parte delle ronde. Vorrei dire che in questo caso erroneamente si dice che non ci sono poteri da parte dei privati di intervenire ad assistere la polizia giudiziaria nei suoi compiti istituzionali; basti pensare che per alcune fattispecie è obbligatorio nel nostro ordinamento denunziare e che il cittadino italiano può addirittura procedere in alcuni casi, quando l'arresto è obbligatorio, all'arresto facoltativo. Non vedo quindi perché si debbano aggiungere compiti rispetto a quelli che sono istituzionalmente attribuiti alla Polizia e che uno Stato deve garantire e che, secondo me, non solo per il rispetto della Costituzione ma per il rispetto di se stesso, deve avere la volontà ferma di garantire.

Quindi, a parte l'inammissibilità di alcune scelte contrarie a principi costituzionali riguardanti l'uguaglianza e la stessa dignità delle persone, siamo in realtà di fronte a norme che possono far crescere inefficienza, generare irregolarità e perfino produrre contrasti. Già è stato detto molto su quello che potrebbe succedere con le ronde formate da cittadini, non attrezzati, nemmeno mentalmente e professionalmente, a svolgere il lavoro delle forze dell'ordine. In questo modo molto lavoro, spesso inutile, attende non solo le forze di polizia e la magistratura, ma anche la Corte costituzionale e ciò accade in tempi, come detto dai costituzionalisti, difficili per le democrazie.

Tutto questo accade in un Paese in cui la consistenza degli immigrati regolari si aggira tra i 3,5 milioni di residenti accertati dall'ISTAT e i 4 milioni ipotizzati dal dossier Caritas. Sia per l'ISTAT che per il dossier Caritas, la popolazione immigrata è aumentata di diverse centinaia di migliaia e ciò è avvenuto sia nel 2007 sia, come ricordava il senatore Chiurazzi, nel 2008, senza regolarizzazioni e quote aggiuntive e in un periodo segnato, tra l'altro, da un andamento economico negativo.

Nella presentazione del dossier Caritas (quindi ormai il Parlamento è a rimorchio di quanto associazioni di vario genere, in questo caso un'associazione cattolica, pongono in evidenza), Franco Pittau sottolinea: "Questo radicamento, così forte anche in una congiuntura poco favorevole, richiama l'attenzione sulle parole che noi solitamente utilizziamo ("straniero" e "extracomunitario") e porta a concludere che le stesse iniziano ad apparire desuete e inadeguate perché si riferiscono a persone che non sono estranee alla nostra società".

Ho riportato dei dati e intendo poi consegnare il testo del mio intervento, perché non potrò leggerlo tutto, ai lavori parlamentari. Ritengo però opportuno sottolineare come, ancora una volta, siano le associazioni ad andare verso il futuro e ad indicare una possibile strada al Parlamento.

Il dossier Caritas sottolinea anche che è possibile pervenire a una situazione più soddisfacente con il potenziamento di una strategia preventiva, che insista sulla maggiore convenienza delle vie legali dell'immigrazione e sulla collaborazione delle associazioni degli immigrati, anche perché prevenire costa molto meno che reprimere e i fondi a disposizione sono limitati. La situazione attuale è una palestra che aiuta a prepararsi al futuro, in cui italiani e immigrati sono chiamati a convivere. Forse varrebbe la pena di riflettere su questo e mi auguro che la maggioranza lo faccia, ritirando quelle norme inefficaci per la sicurezza e inutilmente lesive di diritti.

Vorrei poi soffermarmi su due punti. Nel dossier Caritas si parla del tasso di attività dei cittadini stranieri, che è del 73 per cento, quindi di 12 punti più elevato di quello degli italiani. Tra di loro non vi sarebbero disoccupati - cito testualmente - se non perdurasse la pessima abitudine di costringerli a lavorare in nero.

A tale proposito, intendo fare al Governo questa domanda: perché maggioranza e Governo non hanno voluto accogliere gli emendamenti presentati dal Partito Democratico in materia di contrasto del grave sfruttamento del lavoro e per la tutela delle vittime? Eppure il grave sfruttamento del lavoro rappresenta oggi una delle più preoccupanti forme che assume il neoschiavismo; quel dominio dell'uomo sull'uomo che priva la persona della libertà, dell'autodeterminazione e della dignità.

Per quanto concerne le ronde, oltre ai profili di costituzionalità e all'inquietudine che la proposta fa nascere, vorrei chiedere seriamente: davvero pensiamo di doverci difendere solo all'esterno e con tutti i mezzi ( legittimi o meno) e non nelle mura domestiche italiane? Quindi, nella logica della sicurezza, perché maggioranza e Governo continuano a non volere approvare le norme che riguardano la violenza contro donne e minori, proposte come emendamenti dal Partito Democratico e che, contrariamente a quanto si dice, non sono in discussione alla Camera ? Lì si sta trattando la materia dello stalking ma, sicuramente, non di tutela delle vittime per quanto riguarda maltrattamenti in famiglia e l'incidente probatorio protetto.

Su questa base, signora Presidente, l'invito che noi dobbiamo fare è per una riflessione approfondita rispetto a quella, molto superficiale, che è stata fatta (perché non si può riflettere in una notte) e per trovare un punto di incontro per quella tutela dei diritti umani che, come dicevo inizialmente, è una tutela trasversale. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. Senatrice Della Monica, la Presidenza l'autorizza ad allegare agli atti il testo del suo intervento.

Sull'ordine dei lavori

RUSSO (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

RUSSO (IdV). Signora Presidente, noto con disappunto che lei, quando mi ha visto rientrare, è rimasta frastornata, quasi a fare intendere che io sarei un bambino capriccioso. Per la verità, le battaglie da lei condotte in tutti questi anni mi hanno insegnato che, a volte, si conducono battaglie anche per asserire principi che non tutti, probabilmente, possono individuare subito.

La mia voglia di presenziare allo scrutinio per l'elezione di due senatori Segretari non era dettata certo da malafede nei confronti dei colleghi. Asserito il principio che io potevo partecipare, per rispetto ai colleghi (perché non era assolutamente mia intenzione sottoporre al vaglio quanto loro stavano per fare), ho deciso di uscire dalla sala. Mi sembra strano che un Regolamento che non prevede espressamente la possibilità di non partecipare, di fatto, non consenta la partecipazione.

In quest'Aula è stata fatta democraticamente una votazione per designare due senatori Segretari. Premetto che si sarebbe dovuta chiudere la votazione alle ore 19, mentre si è chiusa alle ore 19,40, ma questo non è un problema, anche se alcuni colleghi hanno votato dopo l'orario indicato dal Presidente che prima l'ha preceduta sul seggio. Ebbene, io mi sono recato là, facendo un po' come i bambini, soltanto per sapere subito se il mio candidato, il mio amico del cuore, fosse vincitore di questa kermesse.

Questo era il mio intendimento, ma il divieto che qualcuno voleva porre nei confronti della mia voglia di partecipazione è un fatto gravissimo e solo quando ho avuto la certezza di poter partecipare - per rispetto verso i colleghi che là dentro rappresentano il Senato e me in modo degno - ho preferito uscire.

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Russo, spero non voglia attribuirmi alcun gesto, perché la Presidenza non esprime emozioni quando presiede.

Peraltro, le segnalo che il Regolamento prevede espressamente lo spoglio pubblico solo per l'elezione del Presidente della Repubblica e del Presidente del Senato. Per questo ho chiesto anche il parere dei senatori Segretari che stavano procedendo al computo ed allo spoglio dei voti, ed essi hanno espresso un parere positivo. Pertanto, se vi sono ancora perplessità, le si potrà vedere in sede regolamentare, ma mi pare che al momento il problema sia chiuso.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733 (ore 20)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Galperti. Ne ha facoltà.

GALPERTI (PD). Signora Presidente, avendo ascoltato attentamente il dibattito, comunque positivo, che è iniziato e si è svolto oggi al Senato sul disegno di legge in esame, credo si sia rivelato, in maniera aperta e corretta, ma inequivocabile, il tentativo del centrodestra rispetto al provvedimento che abbiamo in esame. Questo tentativo è non solo quello di approvare la legge (è inutile sottolinearlo), ma anche di affermare - e sostanzialmente rivendicare - una sorta di esclusiva sul tema della sicurezza e del controllo dei fenomeni delittuosi. Vi è l'idea, cioè, di far passare nel Paese la tesi che chi mette in atto le politiche necessarie a difendere i cittadini dalla criminalità e dalla delinquenza è il centrodestra, perché il centrosinistra - come abbiamo sentito in alcuni interventi svolti oggi - è inadeguato e ideologicamente impreparato ad affrontare tali tematiche.

E quindi, vi sono non solo la necessità e la volontà di portare a casa una legge, ma anche di affermare un dato politico relativo alla nostra contrarietà, quasi che il centrosinistra avesse nelle sue corde l'idea non di ostacolare e reprimere i fenomeni di contrasto della legge, ma addirittura in qualche maniera di colludere con essi.

Questo viene fatto anche perché le cose non stanno andando come si immaginava: è già stato ricordato qui - ma voglio farlo anch'io in maniera precisa - che gli sbarchi clandestini non solo non sono restati quelli che erano, ma sono aumentati del 60 per cento (ammontavano a 15.999 nel 2006, a 14.236 nel 2007 - e quindi vi era stata una contrazione - e a 23.604 all'11 settembre 2008). Evidentemente, non godono della stessa pubblicità che avevano durante il Governo Prodi, ma questo è un dato di grande difficoltà, rispetto agli annunci delle politiche di contenimento.

Durante la campagna elettorale (ne è stato praticamente il manifesto) è stato promesso che chi fosse entrato clandestinamente sarebbe stato preso, arrestato, processato e sbattuto in galera. Ma l'idea che da delitto sia diventato reato contravvenzionale con la previsione di un'ammenda (si immagina quindi che il clandestino sbarchi con la tessera del bancomat) segna davvero un diverso punto di vista ed anche una grande contraddizione con le promesse annunciate durante la campagna elettorale. E non mi risulta che di questo scollamento, di questo vulnus tra quanto era stato promesso e quanto viene invece previsto nel provvedimento ne sia stata data comunicazione.

Il centrodestra si è finalmente reso conto (non grazie all'Europa di cui abbiamo sentito parlare in termini inequivocabili dalle forze politiche che compongono il centrodestra) che quanto era stato annunciato avrebbe aumentato il carico giudiziario e avrebbe gonfiato ancor di più i numeri cui hanno fatto riferimento il senatore D'Ambrosio e la senatrice Della Monica nei loro interventi e che la norma sarebbe stata non solo difficilmente applicabile, ma persino dannosa.

La tesi secondo cui il centrosinistra non sosterrebbe le politiche di contenimento della criminalità è smentita da una serie di elementi che voglio brevemente ricordare perché resti a verbale. Poc'anzi si è fatto riferimento ai Sindaci. Ebbene, non si può affermare che ci sono Sindaci del centrosinistra, del Partito Democratico impegnati in periferia a difendere le loro comunità e, al tempo stesso, immaginare che tra di loro e il Gruppo che noi rappresentiamo esista una qualche differenza. Al contrario, esiste una forte solidarietà e condivisione perché, come è stato ricordato poc'anzi da un senatore della Lega, i Sindaci, i Presidenti di Provincia del centrosinistra, del Partito Democratico sono impegnati a far rispettare la legge e a far guadagnare maggiore sicurezza alle proprie comunità.

Ma è smentito anche dal riferimento al più volte evocato pacchetto Amato. Non si può da una parte denunciare che in quel contesto si determinò una frattura all'interno del centrosinistra (che davvero si verificò) e negare al contempo l'esistenza di quello stesso pacchetto. L'approvazione di quel provvedimento determinò un arretramento politico, ma è altrettanto vero - tutti lo hanno riconosciuto - che in questo provvedimento vi sono tante buone norme apprestate dal precedente Governo Prodi. Ma vi sono altri elementi.

Quello che il Senato si accinge ad approvare è il terzo decreto sicurezza e non mi sembra che da parte del Partito Democratico e dell'opposizione sia stato messo in atto alcun atteggiamento dilatorio o ostruzionistico. Anche quando la Commissione ha deciso di proseguire i propri lavori ininterrottamente per approvare tutti gli emendamenti a notte fonda non mi pare che il centrosinistra abbia espresso la volontà di porre in atto politiche ostruzionistiche. Badate bene, non commetterò l'errore di dire che l'intero provvedimento è sbagliato. Abbiamo indicato una serie di punti, a nostro avviso, critici e al riguardo le risposte (quando sono state fornite) ci sono sembrate lacunose.

Nessuno nega che vi fosse la necessità di inasprire alcune sanzioni, di occuparsi del reato di danneggiamento, piuttosto che del money transfer. Anche durante l'esame in Commissione è stata dimostrata ampia adesione, segno che vi era la volontà politica di garantire maggiore sicurezza nel nostro Paese. Sono stati accolti, ad esempio, alcuni importantissimi emendamenti presentati dal centrosinistra che vanno proprio in questa direzione; anche sul 41-bis che, come tutti sanno, riguarda la lotta alla mafia è stato approvato da tutti un emendamento su insistenza del centrosinistra. Allo stesso modo l'inasprimento delle pene relative alla tratta degli esseri umani è stato proposto con un emendamento del centrosinistra.

Vi è stato quindi un ruolo non solo di condivisione, ma di costruzione e di proposta di questi articoli. Restano non solo i punti critici che sono stati rilevati, ma resiste poi un punto di vista politico e culturale sul quale una differenza sostanziale è emersa ed emerge anche oggi: come infatti è stato detto in modo molto lampante e chiaro, vi è un approccio e si punta a mettere in campo una costruzione in termini di delinquenza, sicurezza, criminalità e immigrazione.

Questo è tanto vero che al riguardo credo si possa dire che la Lega detti ed il Popolo della Libertà scriva, perché, dalle differenze risultanti tra la stesura iniziale del testo del provvedimento e le modifiche apportate in Commissione con gli emendamenti approvati, è possibile fotografare chi indicava la linea politica e qual era l'impostazione culturale sottesa alle norme che, come diceva prima anche la senatrice Della Monica, non ci convince.

In questi giorni è stata pubblicata la 18a diciottesima edizione del dossier statistico Caritas Migrantes, un osservatorio mai confutato e degno di considerazione, da cui risulta che cos'è il fenomeno dell'immigrazione nel nostro Paese. Vorrei citare in proposito qualche dato: gli immigrati regolari in Italia sono 3,9 milioni, quindi quasi 4 milioni; le imprese costituite da stranieri sono 165.114 (nel Veneto nel 2000 vi erano 20.000 imprese straniere, che utilizzavano lavoratori stranieri; oggi sono 40.000, sono cioè raddoppiate in sette anni); il gettito fiscale nel 2007 è stato di 3,74 miliardi di euro, contro un miliardo ristornato in termini di servizi; il contributo alla formazione del PIL, secondo la stima di Unioncamere, è del 9 per cento; i minori residenti nel nostro Paese sono 767.000, di cui 457.000 nati in Italia. Potrei continuare ancora fornendo altri dati per rappresentare la situazione dell'immigrazione nel nostro Paese.

Tuttavia, con il disegno di legge in esame, e con la presentazione che ne è stata fatta, l'immigrazione entra in quest'Aula esclusivamente sotto le voci sicurezza, delinquenza e lotta alla criminalità. Credo sia un po' questo non solo il limite, ma anche l'invalicabile distanza politica tra la posizione del centrodestra e le posizioni del centrosinistra circa il provvedimento in esame. Ed allora al fenomeno dell'immigrazione non si risponde cercando di capire quanto è stato fatto o può essere fatto, quanta ricchezza esso ha prodotto o quali siano le difficoltà da superare, ma si provvede invece ad inserire misure che vanno esattamente all'opposto di quello che è il favorire l'integrazione e quindi la lotta alla clandestinità.

Non voglio qui soffermarmi su tutti i profili che sono già stati richiamati, in maniera più che esaustiva, ma quando si prevede che un immigrato per ogni permesso di soggiorno che rinnova (e quindi non si tratta di un irregolare) o per ogni documento che deve presentare per attestare la propria posizione deve pagare 200 euro, forse quelli che dicono che non vogliono mettere le mani nelle tasche dei cittadini, dovrebbero specificare «nelle tasche dei cittadini italiani», non di quelli stranieri, ma regolarmente soggiornanti nel nostro Paese.

Sono state sottolineate, anche correttamente, alcune questioni relative all'elusione e alla violazione di norme, ad esempio quella concernente i matrimoni fittizi o finti: non si può tuttavia condividere il fatto che, anziché combattere l'elusione e l'aggiramento della norma, si decide di portare in maniera indiscriminata per tutti il termine a due anni, con un'impostazione assai poco garantista per chi del garantismo ha fatto una bandiera, e credo anche giustamente.

Mi domando se il permesso di soggiorno a punti sia una norma che va nella direzione dell'integrazione, della possibilità per chi è qua di lavorare, di sistemarsi, di uscire da posizioni contrarie alla legge o piuttosto una disposizione vessatoria che complica la vita di chi è nel nostro Paese e deve cercare di lavorare, farsi una famiglia e costruirsi un futuro.

Questa è l'impostazione culturale. Non siamo contrari a tutto il disegno di legge o a tutte le proposte in esso contenute; i punti su cui abbiamo grande perplessità sono stati enunciati ed è quasi inutile che ognuno di noi li ripeta. Certo, in un Paese che non riesce a sapere dove sono i beni immobili (si consideri lo stato di abbandono in cui versa il demanio militare nelle nostre città e nelle nostre Province), che qualcuno si alzi una mattina e proponga di istituire un registro dei senza fissa dimora è una dimostrazione lampante di come la Lega detti la linea e il Popolo della Libertà la scriva. Ci troviamo di fronte a misure paradossali se non parossistiche. Questa è l'impostazione; è stato detto e legittimamente si rispetta questa posizione. Non vi è nulla in questo provvedimento che riguardi la lotta alla criminalità; vi è il tentativo di parificare molto spesso l'equazione, che ripeto ancora una volta, delinquenza-sicurezza-immigrazione.

Le risposte che vengono date, poi, sono del seguente tenore. In un provvedimento che riguarda la sicurezza, e che quindi dovrebbe prevedere la possibilità per tutti coloro che sono nel nostro Paese di costruire un recinto più confortevole alla propria esistenza e alla propria presenza sul territorio, si inseriscono norme discriminatorie che nulla hanno a che vedere con la sicurezza. A questo riguardo alcuni emendamenti, prima presentati e poi cassati, erano ancora più interessanti: basti pensare a quello che prevedeva un referendum tra i cittadini per l'apertura di luoghi di culto. Ci si muoveva, dunque, su due binari diversi e con una diseguaglianza talmente oggettiva che forse hanno indotto, almeno in quel caso, a un ripensamento.

L'impostazione è legittima, ma, per le ragioni che abbiamo detto, non può vederci in alcuna misura favorevoli e non può andare nella direzione che avremmo gradito: infatti, avremmo voluto non sprecare un'occasione importante su un tema così delicato, lasciando fuori le questioni che nulla c'entravano e concentrandoci davvero sulle emergenze e le necessità del nostro Paese. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

PRESIDENTE. Rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

 

Risultato di votazione

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto per l'elezione di due senatori Segretari, ai sensi dell'articolo 5, commi 2-bis e 2-ter, del Regolamento:

Senatori presenti

281

Senatori votanti

281

 

Hanno ottenuto voti i senatori:

Oliva

106

Thaler Ausserhofer

76

Di Nardo

72

Voti dispersi

0

Schede bianche

24

Schede nulle

3

 

Proclamo eletti Segretari i senatori Oliva e Thaler Ausserhofer.

RUSSO (IdV). Signora Presidente, se i votanti sono 281, mi risultano alcuni voti in più.

PRESIDENTE. Chiedo ai senatori Segretari di fare una verifica in tal senso. Il verbale che ho appena letto è stato firmato da tutti e tre i senatori Segretari.

RUSSO (IdV). Mi risultano 21 voti in più.

PRESIDENTE. Non so a cosa lei faccia riferimento.

 

RUSSO (IdV). Facevo riferimento ai voti dispersi.

PRESIDENTE. Non ci sono voti dispersi. Forse, si è trattato di un equivoco. Comunque, per ulteriore chiarezza, rileggo il risultato della votazione. I presenti erano 281 e i votanti 281. Hanno ottenuto 106 voti il senatore Oliva, 76 voti la senatrice Thaler Ausserhofer e 72 voti il senatore Di Nardo. Nessun voto è andato disperso, 24 sono state le schede bianche e 3 le schede nulle.

Risultano pertanto eletti il senatore Oliva e la senatrice Thaler Ausserhofer.

BELISARIO (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BELISARIO (IdV). Signora Presidente, intervengo per segnalare diverse anomalie con riferimento alla votazione. La prima è relativa al prolungamento delle operazioni di voto dalle ore 19 alle ore 19,40. La seconda anomalia, cosa veramente inusitata, è che un senatore del mio Gruppo è stato allontanato dal seggio elettorale ad operazioni di scrutinio in corso.

Le valutazioni politiche avremo modo di farle in altra sede e saranno di altra natura, però, in Aula dobbiamo dire che ci sembra davvero istituzionalmente non corretto che un Gruppo composto da due parlamentari elegga un senatore Segretario d'Aula e un Gruppo composto da quattro parlamentari ne elegga un altro. Ma queste saranno comunque valutazioni che avremo modo di fare in altra sede. Consideriamo solo che l'unico Gruppo voluto dagli elettori, l'Italia dei Valori, è fuori dal Consiglio di Presidenza.

Questa è una inqualificabile bruttura di cui il Senato si è reso protagonista; è politicamente aberrante e assolutamente vergognoso. Di ciò chiederemo ragione in tutte le sedi politiche.

MALAN (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MALAN (PdL). Signor Presidente, riguardo a quanto detto dal senatore Belisario, vorrei solo precisare - nel merito non entro perché si tratta di valutazioni politiche - che il senatore Russo è entrato nella sala di scrutinio chiedendo di poter assistere allo spoglio dei voti.

Dopo aver svolto una consultazione anche con la Presidenza, ci siamo assunti la responsabilità di rispondergli che poteva assistere. La questione si è risolta in questo modo, credo nel pieno rispetto del Regolamento. Quanto al resto sono valutazioni politiche.

PRESIDENTE. In effetti, la questione era già stata chiarita in un momento precedente.

Sulle valutazioni politiche non è questa la sede per discuterne, né tanto meno la Presidenza può intervenire al riguardo. A titolo di precisazione, voglio solo sottolineare che la chiusura delle urne era stata annunciata per le ore 19,30, ma la Presidenza ha potuto annunciarla solo alle ore 19,40 per non interrompere l'intervento in corso in quel momento. In ogni caso, non mi pare che ciò avrebbe cambiato l'esito della votazione.

 

Interrogazioni, annunzio

PRESIDENTE.Comunico che sono pervenute alla Presidenza interrogazioni, pubblicate nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

 

Ordine del giorno
per le sedute di giovedì 13 novembre 2008

PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi giovedì 13 novembre, in due sedute pubbliche, la prima alle ore 9,30 e la seconda alle ore 16, con il seguente ordine del giorno:

(Vedi ordine del giorno)

 

La seduta è tolta (ore 20,25).

 

Allegato B

 

Testo integrale dell'intervento della senatrice Della Monica

nella discussione generale del disegno di legge n. 733

Il disegno di legge n. 733, che qui discutiamo, fa parte del pacchetto sicurezza emanato a maggio e approvato con la legge 24 luglio 2008, n. 125. Il testo contiene norme eterogenee, in materia di immigrazione, di controllo sociale, di contrasto al crimine organizzato, di aggravamento dei reati contro la persona, contro il patrimonio, contro il decoro urbano, la circolazione stradale, con interventi anche sul piano procedurale. Si tratta di un provvedimento complesso, di difficile lettura, che riprende proposte contenute nel cosiddetto pacchetto sicurezza del Governo Prodi, condivisibili quando non risultino stravolte e, quindi, vanificate nell'efficacia (penso alla decadenza dalla patria potestà collegata al nuovo reato in materia di accattonaggio) e che contiene altre disposizioni, introdotte durante i lavori delle Commissioni riunite affari costituzionali e giustizia. Mi riferisco a proposte costruttive del PD, accolte dalla maggioranza, in particolare in materia di criminalità organizzata, di sfruttamento della immigrazione clandestina, di tutela penale rafforzata nei confronti di soggetti vulnerabili (donne, minori): è evidente, quindi, che l'opposizione, e in particolare il PD, le sosterrà anche in Aula.

Si tratta delle uniche norme che rispondono ad una strategia di una politica tesa effettivamente alla sicurezza e al contrasto all'illegalità, nel rispetto dei diritti umani, del diritto antidiscriminatorio, dei principi costituzionali e di quelle norme comunitarie e di diritto internazionale vincolanti per l'Italia e, in quanto tali, costituzionalmente garantite.

Altre norme appaiono, invece, decisamente improponibili, perché inutilmente lesive di diritti garantiti, discriminatorie e tali da allontanare il nostro Paese dai principi costituzionali e da atteggiamenti propri di una società civile. Una pressione sempre più forte sul sistema costituzionale si rivolge, così, e pesantemente alla prima parte della Costituzione. Viene posto in discussione non solo il principio di uguaglianza ma tutto il quadro dei diritti.

A questa prospettiva tutti noi dovremmo opporci trasversalmente e se questo non avviene, è perché si sta consolidando un'abitudine culturale, una sorta di assuefazione all'idea di una comunità chiusa, che coltiva distanza e ostilità; che alimenta il conflitto tra i gruppi sociali contigui, che giustifica le "guerre tra poveri". Così si alzano barriere e si predica una tolleranza che si risolve in accettazione dell'altro, dello straniero, alla sola condizione che questi, il diverso, faccia ciò che a noi serve e che i nostri concittadini rifiutano, alle condizioni che noi imponiamo: esaurita questa funzione il diverso deve sparire, per liberarci da ogni inquietudine umana e sociale.

A questa prospettiva il PD si sta fortemente opponendo perché non solo è miope, manca infatti di una qualsiasi visione strategica del problema della sicurezza e dell'immigrazione. E questo finisce con dare vita a norme che non risolvono anzi aggravano i problemi della sicurezza e della immigrazione irregolare, spingendo gli immigrati clandestini a cercare appoggio e protezione nella criminalità organizzata.

Riprendo parole pronunziate da un esponente della maggioranza, universalmente apprezzato, il senatore Pisanu, che è stato Ministro dell'interno: «L'Italia accorda assistenza umanitaria in base alle regole internazionali a tutti coloro che fuggono da carestie e guerre. Ma contrasta l'immigrazione irregolare, avendo l'obiettivo di favorire quella regolare». Gli immigrati clandestini, sottolinea il ministro Pisanu, diventano un problema perché «inevitabilmente finiscono in mano ad affaristi o al crimine organizzato che li buttano sul mercato nero, se non addirittura nella prostituzione o nella manovalanza criminale».

Ebbene, non c'è dubbio che le organizzazioni criminali possano trovare fra i disperati dell'immigrazione clandestina un terreno di reclutamento favorevole e che queste organizzazioni possano "appaltare" segmenti delle loro attività, le più sporche e rischiose, legate al controllo del territorio come lo spaccio e la prostituzione ad immigrati irregolari, col duplice vantaggio di sviare l'attenzione e di avere un "esercito" di manovalanza ricattabile e pronto a tutto.

Eppure un percorso ad ostacoli per divenire cittadini regolari e tutti gli ostacoli posti per scoraggiare l'immigrazione e per punire gli immigrati produrranno questi effetti.

Parto dal testo emendato del disegno di legge, che introduce come contravvenzione punita con l'ammenda il reato di immigrazione irregolare, con un meccanismo che ignora le vittime di tratta e comunque i titolari di un permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale e che non appare conforme ai principi costituzionali di legalità della pena (articolo 25 della Costituzione), di obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale (articolo 112), di presunzione di innocenza (articolo 27), di eguaglianza di fronte alla legge ( articolo 3) e di effettività del diritto di difesa (articolo 24).

Si finisce con questa ed altre disposizioni a dare vita ad un diritto "speciale", fondato su una sostanziale sospensione di diritti e garanzie fondamentali, che riguarda le persone. Così per lo straniero si finisce col costruire un diritto che lo discrimina e punisce in quanto tale, anche per comportamenti per i quali la sanzione penale è chiaramente impropria e sproporzionata, come nel caso dell'immigrazione irregolare, ovvero è ingiustificatamente diversa da quella prevista per altri soggetti che commettono lo stesso reato. Cito per tutte l'aggravante di pena per la semplice condizione di clandestino introdotta con il decreto-legge sicurezza del 23 maggio 2008, n. 92, convertito con legge 24 luglio 2008, n. 125.

In questo modo si continua a sovraccaricare di compiti inutili il sistema investigativo e giudiziario, a danno della sicurezza dei cittadini, mentre l'unica risposta seria all'immigrazione irregolare è costituita dall'espulsione.

Ed è, invece, sotto questo profilo che servono strumenti e risorse che, nel rispetto dei diritti umani e sulla base di accordi con i Paesi di provenienza per un rimpatrio assistito (come proposto dal PD) rendano effettiva tale misura amministrativa, dando davvero impulso ad una strategia di contrasto all'immigrazione irregolare.

Inoltre appaiono difficilmente conciliabili con la tutela di diritti fondamentali, riconosciuti dalla Costituzione e da direttive comunitarie, e con una sbandierata tutela del diritto alla sicurezza dei cittadini ulteriori disposizioni del disegno di legge che introducono il cosiddetto permesso di soggiorno a punti per i cittadini stranieri (in contrasto con l'articolo 5 della direttiva 2003/109/CE, con La convenzione europea dei diritti dell'uomo e la Dichiarazione universale dei diritti umani e, quindi, con i principi della nostra Costituzione); estendono il periodo di possibile trattenimento -sotto forma di detenzione amministrativa - nei Centri di identificazione dai 2 mesi attuali a 18 mesi, se vi sono difficoltà nell'accertamento dell'identità e della nazionalità, ovvero nell'acquisizione dei documenti per il viaggio (con una irragionevole e ingiustificata limitazione della libertà personale in sostanziale deroga dell'articolo 13 della Costituzione, collegata esclusivamente ad un differimento nel tempo del problema di come effettuare l'espulsione); subordinano il diritto al riconoscimento dello status di soggiornante di lungo periodo al previo superamento di un test di lingua italiana; impediscono la celebrazione del matrimonio in Italia per gli stranieri che non esibiscano un documento attestante la regolarità del soggiorno (in violazione degli articoli 3 e 30 della Costituzione); ed estendono il ricorso al rimpatrio assistito anche dei minori comunitari che si prostituiscono e che, quindi, sono vittime di cui va favorita la integrazione e la tutela. Diversamente proprio ai minori, cui vanno fermamente affermati i diritti, viene riservato un trattamento deteriore e oltretutto in contrasto con la direttiva 38/2004, già recepita con il decreto legislativo 30/2007, che prevede che i cittadini comunitari possono essere allontanati solo per ragioni di pubblica sicurezza e di pericolosità sociale e i minori soltanto in circostanze eccezionali, qualora vi siano motivi imperativi di pubblica sicurezza.

Altrettanto preoccupanti appaiono altre norme inserite dalla maggioranza nel disegno di legge, che riguardano il controllo sociale in senso lato, prevedendo il presidio del territorio da parte delle ronde (la norma, che consente di fatto la gestione dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza anche a soggetti non istituzionali, è irragionevole poiché attribuisce ingiustificatamente compiti di carattere istituzionale a soggetti privati e contrasta con i principi contenuti negli articoli 3, 13 e 18 della Costituzione), il registro dei senza fissa dimora (in contrasto con il principio di eguaglianza, poiché assoggetta a una sorta di schedatura persone per il solo fatto di essere senza fissa dimora, per di più senza spiegarne la ragione).

A parte l'inammissibilità di alcune scelte, contrarie ai principi costituzionali riguardanti l'eguaglianza e la stessa dignità delle persone, siamo di fronte a norme destinate a far crescere inefficienza e a perpetuare un sistema che genera irregolarità.

Molto lavoro (spesso inutile) attende non solo le Forze di polizia e la magistratura, ma anche la Corte costituzionale. E questo - come autorevolmente sottolineano i costituzionalisti - "accade nei tempi difficili di tutte le democrazie".

Tutto questo in un Paese in cui la consistenza degli immigrati regolari in Italia si aggira tra i 3,5 milioni di residenti accertati dall'ISTAT e i 4 milioni ipotizzati dal dossier Caritas (la presentazione è di questi giorni).

Sia per l'ISTAT che per il dossier la popolazione immigrata è aumentata di diverse centinaia di migliaia, e ciò è avvenuto anche nel 2007, un anno senza regolarizzazioni e quote aggiuntive, segnato, tra l'altro, da un andamento economico negativo.

Nella presentazione del dossier Caritas, Franco Pittau sottolinea: «Questo radicamento, così forte anche in una congiuntura poco favorevole, richiama l'attenzione sulle parole che noi solitamente utilizziamo ("straniero" e "extracomunitario") e porta a concludere che le stesse iniziano ad apparire desuete e inadeguate perché si riferiscono a persone che non sono estranee alla nostra società». E ancora. Gli immigrati esercitano un'incidenza notevole perché costituiscono 1 ogni 15 residenti in Italia e 1 ogni 15 studenti a scuola, quasi 1 ogni 10 lavoratori occupati; inoltre, in un decimo dei matrimoni celebrati in Italia è coinvolto un partner straniero, così come un decimo delle nuove nascite va attribuito a entrambi i genitori stranieri.

Oltre al numero complessivo delle presenze, anche altri dati sono significativi: tra 1,5 e 2 milioni di lavoratori, quasi 800.000 minori, più di 600.000 studenti, più di 450.000 persone nate sul posto, più di 300.000 diventati cittadini italiani, più di 150.000 imprenditori ed il doppio se si tiene conto anche dei soci e delle altre cariche societarie.

Le statistiche criminali, utilizzate in maniera impropria, rischiano di trasformare un grande fatto sociale come l'immigrazione in un fenomeno delinquenziale. Il dossier ha sempre ribadito che la devianza è qualcosa di estremamente grave e che vi è implicato un numero elevato di cittadini stranieri, senza però cadere in conclusioni infondate.

L'analisi congiunta delle statistiche giudiziarie e penitenziarie relative agli anni Duemila ha portato il dossier a queste conclusioni: gli immigrati regolari, quelli della porta accanto per così dire, hanno all'incirca lo stesso tasso di devianza degli italiani; prevalgono le collettività di immigrati che solo marginalmente sono toccate dalle statistiche criminali; gli addebiti giudiziari sono più ricorrenti per gli immigrati che si trovano in situazione irregolare, senza peraltro che essi debbano essere trasformati per principio in delinquenti; la maggiore preoccupazione va riferita alle "mele marce" delle diverse collettività immigrate e alla criminalità organizzata straniera, che sta prendendo piede anche in collaborazione con le organizzazioni malavitose locali. È possibile pervenire a una situazione più soddisfacente con il potenziamento di una strategia preventiva, che insista sulla maggiore convenienza delle vie legali dell'immigrazione e sulla collaborazione delle associazioni degli immigrati, anche perché prevenire costa molto meno che reprimere e i fondi a disposizione sono limitati.

La situazione attuale è una palestra che aiuta a prepararsi al futuro, in cui italiani e immigrati sono chiamati a convivere.

Forse varrebbe la pena di riflettere su questo e mi auguro che la maggioranza lo faccia, ritirando norme inefficaci per la sicurezza e inutilmente lesive di diritti.

Sempre Pittau nella presentazione del dossier Caritas sottolinea: "Gli immigrati hanno un tasso di attività (73 per cento) di 12 punti più elevato degli italiani e tra di loro non vi sarebbero disoccupati se non perdurasse la pessima abitudine di costringerli a lavorare in nero".

A tale proposito: perché maggioranza e Governo non hanno voluto accogliere gli emendamenti presentati in materia di contrasto del grave sfruttamento del lavoro e per la tutela delle vittime? Il grave sfruttamento del lavoro rappresenta oggi una delle più preoccupanti forme che assume il neoschiavismo; quel "dominio dell'uomo sull'uomo" che priva la persona della libertà, dell'autodeterminazione e della dignità, intesa, a la Arendt, quale "diritto ad avere diritti".

Un ulteriore cenno alle ronde. Oltre ai profili di costituzionalità e all'inquietudine che la proposta fa nascere, vorrei chiedere seriamente: davvero pensiamo di doverci difendere solo all'esterno e con tutti i mezzi (legittimi o meno) e non nelle mura domestiche (italiane)?

Ancora: nella logica della sicurezza, perché continuate a non volere approvare norme che riguardano la violenza contro donne e minori, proposte come emendamenti e che - contrariamente a quanto dite - non sono in discussione alla Camera?

Congedi e missioni

Sono in congedo i senatori: Alberti Casellati, Caliendo, Casoli, Ciampi, Ciarrapico, Davico, Giovanardi, Mantica, Mantovani, Martinat, Messina, Morra, Palma, Pera, Piccone e Viespoli.

Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Nessa, per attività dell'Assemblea parlamentare dell'Unione dell'Europa occidentale; De Angelis, Donaggio, Nerozzi, Spadoni e Tofani, per attività della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette "morti bianche".

  

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, nuova convocazione

Il Presidente del Senato, d'intesa con il Presidente della Camera dei deputati ha nuovamente convocato la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, per procedere alla sua costituzione, giovedì 13 novembre 2008, alle ore 9, presso il Palazzo di San Macuto.

 

Disegni di legge, annunzio di presentazione

Senatori Germontani Maria Ida, Fleres Salvo

Modifica del Codice Civile in materia di separazione consensuale in assenza di figli minori (1199)

(presentato in data 12/11/2008 ) ;

 

senatori Soliani Albertina, Finocchiaro Anna, Zanda Luigi, Latorre Nicola, Garavaglia Mariapia, Serafini Anna Maria, Rusconi Antonio, Adamo Marilena, Amati Silvana, Armato Teresa, Astore Giuseppe, Baio Emanuela, Blazina Tamara, Ceruti Mauro, Chiaromonte Franca, Chiti Vannino, Crisafulli Vladimiro, Del Vecchio Mauro, Della Monica Silvia, Di Giovan Paolo Roberto, Franco Vittoria, Gasbarri Mario, Ghedini Rita, Legnini Giovanni, Marinaro Francesca Maria, Mazzuconi Daniela, Molinari Claudio, Mongiello Colomba, Passoni Achille, Pegorer Carlo, Pertoldi Flavio, Peterlini Oskar, Rossi Paolo, Vita Vincenzo Maria

Disposizioni per l'integrazione scolastica degli immigrati e a sostegno dell'educazione interculturale (1200)

(presentato in data 12/11/2008 ) ;

 

senatori Gasparri Maurizio, Quagliariello Gaetano

Istituzione della "Giornata della memoria" dedicata a tutti i caduti civili e militari nelle missioni di pace (1201)

(presentato in data 12/11/2008 ) ;

 

senatori Cantoni Gianpiero Carlo, Amati Silvana, Amato Paolo, Caforio Giuseppe, Carrara Valerio, Collino Giovanni, Contini Barbara, De Gregorio Sergio, Del Vecchio Mauro, Galioto Vincenzo, Gamba Pierfrancesco Emilio Romano, Gasbarri Mario, Licastro Scardino Simonetta, Mura Roberto, Negri Magda, Pegorer Carlo, Pinotti Roberta, Ramponi Luigi, Scanu Gian Piero, Scarabosio Aldo, Serra Achille, Sircana Silvio Emilio, Torri Giovanni, Totaro Achille

Modifica dell'articolo 6 del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 82, in materia di arruolamento dei congiunti di appartenenti alle Forze Armate vittime del dovere (1202)

(presentato in data 12/11/2008 ) .

Indagini conoscitive, annunzio

La 3a Commissione permanente è stata autorizzata a svolgere congiuntamente alla III Commissione permanente della Camera dei deputati - ai sensi dell'articolo 48 del Regolamento - un'indagine conoscitiva sulla presidenza italiana del G8 e le prospettive della governance mondiale.

  

La 10a Commissione permanente è stata autorizzata a svolgere, ai sensi dell'articolo 48 del Regolamento, un'indagine conoscitiva sulla condizione competitiva delle imprese industriali italiane, con particolare riguardo ai settori manifatturiero, chimico, meccanico e aerospaziale.

Inchieste parlamentari, annunzio di presentazione di proposte

E' stata presentata la seguente proposta d'inchiesta parlamentare d'iniziativa del senatore:

 

Costa. - "Istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonché le popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale in relazione all'esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico e ad eventuali interazioni" (Doc. XXII, n. 12).

 

Governo, trasmissione di atti e documenti

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con lettera in data 6 novembre 2008, ha inviato la relazione, predisposta da ANAS Spa, sull'attività di vigilanza sulle società concessionarie autostradali svolta dalla medesima società nell'anno 2007 (Atto n. 79).

 

Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 8a Commissione permanente.

  

Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 6 novembre 2008, ha inviato, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge 10 maggio 1983, n. 212, il decreto interdirettoriale concernente la determinazione, per l'anno 2009, dei contingenti massimi nei vari gradi del personale appartenente ai ruoli ispettori e sovrintendenti della Guardia di finanza (Atto n. 80).

 

Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 6a Commissione permanente.

  

Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 6 novembre 2008, ha inviato, ai sensi dell'articolo 30 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, la relazione sulla stima del fabbisogno di cassa del settore pubblico e sulla stima della previsione di cassa del settore statale al 30 giugno 2008 (Doc. XXV, n. 2).

 

Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 125 del Regolamento, alla 5a e alla 6a Commissione permanente.

  

La Presidenza del Consiglio dei ministri, ha inviato, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 25 febbraio 1999, n. 66, il rapporto sull'attività svolta dall'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo, per l'anno 2007 (Doc. LXXV, n. 1).

 

Il predetto documento sarà trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 8a Commissione permanente.

  

Il Ministro degli affari esteri ha inviato, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge 29 ottobre 1997, n. 374, la relazione dei Ministri degli affari esteri, della difesa e dello sviluppo economico sullo stato di attuazione della legge recante "Norme per la messa al bando delle mine antipersona", riferita al secondo semestre 2007 (Doc. CLXXXII, n. 1).

 

Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 3a, alla 4a e alla 10a Commissione permanente.

  

Il Ministro degli affari esteri, con lettera in data 5 novembre 2008, ha inviato, ai sensi dell'articolo 3, ultimo comma, della legge 28 dicembre 1982, n. 948, la relazione sulle attività svolte nell'anno 2007 dagli enti a carattere internazionalistico sottoposti alla vigilanza del Ministero degli affari esteri inclusi nella tabella di contributi ordinari 2007-2009 (Doc. CLXXII, n. 1).

 

Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 3a Commissione permanente.

Corte dei conti, trasmissione di relazioni sulla gestione finanziaria di enti

Il Presidente della Sezione del controllo sugli Enti della Corte dei conti, con lettera in data 7 novembre 2008, ha inviato, in adempimento al disposto dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI), per gli esercizi 2006 e 2007 (Doc. XV, n. 37).

 

Alla determinazione sono allegati i documenti fatti pervenire dall'Ente suddetto ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della legge stessa.

 

Il predetto documento è stato deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 11a Commissione permanente.

 

Interrogazioni, apposizione di nuove firme

La senatrice Amati ha aggiunto la propria firma all'interrogazione 3-00189 della senatrice Sbarbati.

  

Interrogazioni

SBARBATI - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Premesso che:

l'acufene è uno dei più comuni disturbi lamentati dalla popolazione che può colpire in età pediatrica, anche se il rischio di insorgenza aumenta con l'età sino a raddoppiare dopo i 40 anni senza differenze di rilievo fra i sessi;

è una disfunzione del sistema uditivo che porta alla percezione di un suono in assenza di una stimolazione sonora, particolarmente fastidiosa, che ha un impatto altamente negativo sulla qualità della vita dei soggetti colpiti;

può insorgere a causa di traumi acustici o cranici, a seguito di processi patologici che colpiscono l'orecchio interno, per l'assunzione di farmaci ototossici, ma nel 60 per cento dei casi non è possibile individuarne uno specifico fattore scatenante;

è un fenomeno complesso non solo di origine auricolare, ma multifattoriale, ampiamente condizionato da danni organici e non, tale da coinvolgere aree insospettabili del sistema nervoso centrale e periferico;

produce vari disturbi del sonno, ha effetti negativi sulla capacità di concentrazione e sull'attenzione dei soggetti colpiti, può provocare disagi analogico-visivi e depressione con conseguenze invalidanti;

nei soggetti colpiti questo disturbo provoca un cambio di abitudini e ha effetti sui comportamenti e sullo stile di vita (non frequentano i locali affollati e rumorosi, non possono svolgere attività che richiedono concentrazione, nei casi più gravi richiede l'interruzione dell'attività lavorativa o almeno un cambio di mansione),

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non ritenga di dover riconoscere questa malattia, a volte sottovalutata, quale disturbo con conseguenze gravi e a tale scopo finanziare studi e ricerche per assumerne scientifica consapevolezza e avviare le cure del caso;

se sia in possesso di dati circa la consistenza della popolazione residente che ne è affetta e se non intenda avviare campagne di sensibilizzazione e prevenzione di un disturbo la cui insorgenza è maggiore se si vive o si lavora in ambienti ad elevato inquinamento acustico.

(3-00394)

Interrogazioni con richiesta di risposta scritta

SACCOMANNO - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che:

con l'articolo 28-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, introdotto dall'articolo 2, comma 13 del decreto-legge n. 262 del 2006, ha fatto ingresso nel nostro ordinamento il pagamento delle cartelle esattoriali mediante compensazione volontaria con i crediti di imposta;

in sede di erogazione di un rimborso di imposta, l'Agenzia delle entrate verifica se il beneficiario risulta iscritto a ruolo e, in caso affermativo, segnala la cosa all'agente della riscossione che ha in carico il ruolo, mettendo a disposizione dello stesso le somme da rimborsare;

la trasmissione avviene per via telematica;

l'agente della riscossione verifica la presenza dei ruoli ed entro dodici giorni dal ricevimento dell'elenco, riscontrati gli elementi nella propria banca dati rinvia l'elenco all'Agenzia delle entrate;

contemporaneamente all'invio dell'elenco, Equitalia sospende tutte le procedure di recupero e invia al contribuente una comunicazione di proposta di compensazione, indicando tutti i dati utili all'identificazione dei ruoli e dei rimborsi oggetto della proposta di compensazione;

la comunicazione deve contenere anche tutte le modalità e la modulistica affinché il contribuente possa aderire alla proposta, i tempi di adesione (60 giorni dalla notifica), l'indicazione che gli interessi e gli aggi di riscossione continueranno a decorrere fino alla data di adesione alla compensazione e l'annotazione che, in mancanza di adesione Il concessionario riprenderà tutte le azioni di recupero della partita;

entro 5 giorni lavorativi dall'eventuale risposta del contribuente (o, in mancanza di risposta, entro 80 giorni dalla notifica della comunicazione), l'agente della riscossione comunica all'Agenzia l'esito della proposta;

in caso di esito negativo, o in mancanza di risposta, il concessionario della riscossione revoca la sospensione e riprende tutte le attività previste per il recupero delle somme iscritte a ruolo;

in caso di esito positivo, l'agente della riscossione provvederà al versamento a proprio favore delle somme di cui il contribuente risulta debitore - fino a concorrenza dell'importo dei rimborsi spettanti - rilasciando quietanza di pagamento al contribuente. Inoltre provvederà a comunicare i dati relativi ai ruoli e alle somme oggetto di compensazione all'Agenzia delle entrate, che avrà cura di erogare al contribuente l'eventuale eccedenza a credito;

considerato che:

a quanto consta all'interrogante, l'Agenzia delle entrate, Ufficio di Barletta "Area controllo Team 3", a seguito di richiesta di compensazione dei crediti di imposta da parte dei contribuenti,e l'Agenzia di Brindisi hanno fatto sapere di non essere nelle condizioni di applicare le norme contenute all'articolo 28-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in quanto mancanti di procedura telematica ed in quanto in attesa di comunicazioni a livello centrale a tal proposito;

l'impossibilità di aderire alle richieste dei contribuenti da parte delle suddette Agenzie provocherà gravi danni e disagi per tutti i contribuenti che attendono da anni il riconoscimento di crediti di imposta,

l'interrogante chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della grave deficienza denunciata, per l'applicazione delle norme contenute all'articolo 28-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602;

quali provvedimenti si intendano prendere per rendere immediatamente operativi detti Uffici, onde permettere a tutti i contribuenti di quelle aree, che sono nelle condizioni di farlo, di chiedere la compensazione dei crediti di imposta.

(4-00793)

PORETTI, PERDUCA, SOLIANI - Al Ministro per le pari opportunità - Premesso che:

nel mese di ottobre 2008 nel Comune di Parma è stata presentata un'interrogazione dal consigliere del quartiere Oltretorrente di «Impegno per Parma», Stefano Salvarani, che chiedeva alla Presidente della circoscrizione Marina Ravanetti presso il Comune di effettuare maggiori controlli sull'attività del nuovo circolo Arci, il «Borgo B», situato nel borgo Bernabei, in quanto gestito da due omosessuali;

in seguito, è stata presentata una lettera contenente la richiesta da parte dei gestori del circolo di «una pubblica e immediata presa di distanza dalla posizione discriminatoria e omofobica del consigliere Stefano Salvarani sia del sindaco Pietro Vignali che dei capigruppo di "Impegno per Parma" in consiglio comunale (Vittorio Guasti) e nel consiglio di quartiere (Salvatore Gerace) chiediamo che questa presa di distanza comporti il suo allontanamento dal gruppo »;

il consigliere «sotto accusa» si difende affermando che «su pressione di alcuni cittadini che erano preoccupati per la riapertura del locale con questa nuova gestione di omosessuali e che potesse diventare un Arcigay ho richiesto un controllo al Comune per verificare che tutto fosse a posto e che le normative in materia venissero rispettate a tutela dei residenti della zona»;

i gestori del circolo hanno anche annunciato l'intenzione di avviare una raccolta di firme per chiedere le dimissioni di Salvarani dal consiglio di quartiere e allo stesso tempo hanno proclamato l'organizzazione per giovedì 13 novembre 2008 di una «serata antiomofobica e di solidarietà» per rispondere «ai pregiudizi e all'istinto razzistico manifestato dal consigliere con la sua richiesta»,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti e se intenda esprimere solidarietà ai gestori del locale;

se confermi la necessità di promuovere una campagna contro le discriminazioni, tramite strumenti normativi e impegnando le amministrazioni locali come primo baluardo contro ogni forma di pregiudizio omofobico.

(4-00794)

TOTARO - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Risultando all'interrogante che:

il "Corriere fiorentino" del 12 novembre 2008 riporta un articolo a firma di Antonella Mollica, riguardante lo stato della sanità nella Regione Toscana, dal titolo "Chirurgia, il dossier che accusa i baroni";

nel citato articolo la giornalista riferisce gli esiti dell'indagine condotta dai tecnici del centro gestione rischio clinico a seguito dell'incidente occorso alle Scotte di Siena (un paziente è entrato in coma dopo la somministrazione di un farmaco errato);

tra le altre cose, secondo l'articolo pubblicato dal "Corriere fiorentino", "l'area chirurgica è tra le più refrattarie alla cultura della sicurezza. La formazione dei neoassunti ha forti lacune";

si legge, inoltre, che "le direzioni sanitarie di presidio svolgono con difficoltà la revisione delle cartelle cliniche e la funzione di controllo delle condizioni operative";

nel dossier viene avanzata anche la proposta di provvedimenti nei confronti "di quei dirigenti di struttura che non formano i propri collaboratori" in sala operatoria,

l'interrogante chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e riportato dalla stampa relativamente allo stato della sanità nella Regione Toscana e, in caso affermativo, se e quali provvedimenti intenda intraprendere al fine di individuare le misure necessarie a rendere sicure e affidabili le strutture sanitarie e tranquillizzare di conseguenza tutti i pazienti che vi si recano per ovvii motivi di cura.

(4-00795)

FLERES - Al Ministro della giustizia - Premesso che:

in Sicilia hanno sede ventisette istituti di pena destinati agli adulti e quattro istituti minorili con un numero complessivo di reclusi pari a 6.533, numero che ammonta a circa il 15 per cento del totale della popolazione carceraria nel nostro Paese;

nella maggior parte delle suddette strutture si registrano ormai da anni problemi di sovraffollamento e, secondo i dati aggiornati al 31 luglio 2008, le situazioni più allarmanti si segnalano nei seguenti istituti: Casa circondariale di Agrigento, con 397 detenuti a fronte di una capienza di 260; Casa circondariale Piazza Lanza (Catania), con 322 detenuti presenti a fronte di una capienza di 245; Casa di reclusione di Augusta (Siracusa), con 449 detenuti a fronte di una capienza di 329; Ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), con 269 detenuti a fronte di una capienza di 216; Casa circondariale di Caltagirone (Catania), con 214 detenuti a fronte di una capienza di 75; Casa circondariale Ucciardone (Palermo) con 652 detenuti a fronte di una capienza di 419; Casa circondariale di Piazza Armerina (Enna) che ospita 85 detenuti a fronte di una capienza di 45; Casa circondariale di Messina, con 412 detenuti a fronte di una capienza di 283; Casa circondariale di Siracusa, con 458 detenuti a fronte di una capienza di 290; Casa circondariale di Termini Imerese, (Palermo) con 124 detenuti a fronte di una capienza di 77; Casa circondariale di Mistretta (Messina), con 39 detenuti a fronte di una capienza di 16; Casa di reclusione di Favignana (Trapani), con 120 detenuti a fronte di una capienza di 95;

questa situazione, oltre a determinare seri problemi sanitari, più volte sollevati dagli stessi specialisti di medicina penitenziaria, non agevola certamente gli interventi di reinserimento sociale che dovrebbero essere avviati nei predetti istituti;

a fronte dei dati sopra esposti risultano essere state realizzate delle strutture destinate ad ospitare detenuti quali il carcere di Gela e di quello di Villalba, entrambi in provincia di Caltanissetta;

si tratta di due edifici completati da anni e persino dotati dei relativi arredi, praticamente abbandonati all'usura del tempo;

il carcere di Villalba, il cui costo complessivo è stato di otto miliardi di lire e che può ospitare sino a 300 detenuti, è stato addirittura utilizzato per tre anni ed è stato successivamente chiuso senza una valida motivazione,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo se sia a conoscenza di quanto indicato in premessa;

se non ritenga di dover disporre l'immediata apertura delle carceri di Villalba e Gela;

se non ritenga di procedere, con la massima tempestività, ad effettuare le indagini necessarie a stabilire se ricorrano ipotesi di danno erariale.

(4-00796)

Interrogazioni, già assegnate a Commisssioni permanenti, da svolgere in Assemblea

  

L'interrogazione 3-00120, delle senatrici Amati e Mongiello, precedentemente assegnata per lo svolgimento alla 7aCommissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport), sarà svolta in Assemblea, in accoglimento della richiesta formulata in tal senso dall'interrogante.