Legislatura 16º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 095 del 19/11/2008


SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVI LEGISLATURA ------

95a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 

MERCOLEDÌ 19 NOVEMBRE 2008

(Antimeridiana)

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Presidenza del vice presidente NANIA,

indi della vice presidente MAURO

 

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N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Italia dei Valori: IdV; Il Popolo della Libertà: PdL; Lega Nord Padania: LNP; Partito Democratico: PD; UDC, SVP e Autonomie: UDC-SVP-Aut; Misto: Misto; Misto-MPA-Movimento per l'Autonomia: Misto-MPA.

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RESOCONTO SOMMARIO

 

Presidenza del vice presidente NANIA

 

La seduta inizia alle ore 9,36.

 

Il Senato approva il processo verbale della seduta antimeridiana del giorno precedente.

 

Comunicazioni della Presidenza

 

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

 

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

 

PRESIDENTE. Avverte che dalle ore 9,40 decorre il termine regolamentare di preavviso per eventuali votazioni mediante procedimento elettronico.

Seguito della discussione del disegno di legge:

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica

PRESIDENTE. Ricorda che nella seduta pomeridiana di ieri è proseguita la discussione generale.

VALLI (LNP). Il disegno di legge porta a compimento il percorso pluriennale iniziato con la legge Bossi-Fini e il Gruppo Lega Nord Padania, interprete delle istanze provenienti in particolare dalla popolazione delle regioni settentrionali, ha proficuamente contribuito a conseguire tale obiettivo sia in Commissione che in Assemblea. Le proposte emendative sono state orientate a consentire la massima integrazione per gli stranieri regolari e a contrastare con rigore l'immigrazione clandestina, attraverso la collaborazione di tutti i livelli istituzionali, valorizzando il ruolo dei sindaci. Sono pertanto stati previsti strumenti concreti, come l'obbligo di verifica della competenza linguistica per il rilascio di titoli di soggiorno, la richiesta della prova di presenza regolare sul territorio per disincentivare i matrimoni di comodo, la verifica dell'igiene sanitaria degli alloggi nelle procedure di ricongiungimento familiare, non più espletabili con il semplice silenzio-assenso. La tassa di 200 euro per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno è finalizzata a responsabilizzare gli stranieri richiedenti, a finanziare l'azione di contrasto alla clandestinità e a promuovere lo sviluppo economico nei Paesi di provenienza dell'immigrazione, secondo una logica ispirata non a principi di assistenzialismo, ma ad una realistica propensione all'ospitalità degli stranieri capaci di accettare le norme e i valori della società italiana. (Applausi dal Gruppo LNP e della senatrice Rizzotti. Congratulazioni).

PROCACCI (PD). Sottolineando la scarsa attenzione dedicata dal provvedimento alla questione della prevenzione, illustra una proposta presentata anche in occasione della discussione del decreto-legge Gelmini e sconsideratamente ignorata in quella sede, come tutte le proposte dell'opposizione. La positiva esperienza francese suggerisce di affrontare il problema della dispersione scolastica e della violenza minorile attraverso il potenziamento dell'offerta formativa, in particolare nelle zone a rischio già individuate dal Ministero dell'interno e dal Ministero dell'istruzione. In quelle aree infatti è necessario che lo Stato proponga con decisione modelli comportamentali alternativi a quelli della delinquenza, al fine di offrire ai giovani e, di conseguenza, all'intera società una reale opportunità di recupero, prevedendo percorsi formativi speciali e adeguati riscontri economici per i docenti che insegnano in situazioni così difficili. Non è raro infatti che proprio nelle scuole più a rischio si trovino ad operare insegnanti poco motivati e in attesa di trasferimento, che assicurano un'offerta didattica significativamente inferiore. (Applausi dal Gruppo PD).

BAIO (PD). Il provvedimento in esame affronta il problema dell'immigrazione irregolare unicamente in termini di sicurezza pubblica, mentre un'efficace politica del fenomeno migratorio dovrebbe fondarsi anche sull'accoglienza e sull'integrazione, promuovendo una migliore qualità della vita, programmi di risanamento del degrado urbano e il potenziamento delle forme di inclusione e di integrazione sociale. Dai dati a disposizione emerge una crescita costante e continuativa dell'ingresso di cittadini extracomunitari nel territorio italiano, fenomeno complesso cui occorre rispondere con politiche di lungo periodo volte a garantire il rispetto dei diritti umani e a contrastare il dilagante fenomeno del lavoro nero: una volta sbarcati, gli immigrati sono infatti privi di tutela giuridica, sanitaria e previdenziale e inoltre la sanatoria attuata dal Governo di centrodestra nel 2002 ha dimostrato che, una volta regolarizzati, gli immigrati apportano un contributo fondamentale all'economia domestica delle famiglie italiane e allo sviluppo dell'economia nazionale. E' indispensabile promuovere politiche familiari in grado di garantire una corretta e reale integrazione, così come accordi bilaterali con i Paesi di origine atti a costruire una rete di legalità all'interno della quale gestire i flussi. Numerose disposizioni del provvedimento destano perplessità, a cominciare dalla previsione dell'aumento del numero di anni di convivenza post-matrimoniale per ottenere la cittadinanza italiana, misura del tutto inidonea a contenere il fenomeno dei finti matrimoni. Allo stesso modo, non convince l'istituzione presso il Ministero dell'interno di un registro per la schedatura dei clochard, persone che si sono limitate a fare scelte diverse di vita e che nella maggior parte dei casi sono del tutto innocue. È poi del tutto irragionevole la previsione del cosiddetto permesso a punti che, anziché fondarsi su modalità coerenti e partecipative per la realizzazione di una reale e piena integrazione del cittadino straniero, stabilisce rigorosi e poco efficaci parametri premiali per il rilascio del permesso di soggiorno, quasi alla stregua di quanto avviene per la patente a punti. Suscitano infine fortissime perplessità alcuni emendamenti presentati dalla Lega Nord che, collocandosi completamente al di fuori di un clima di apertura, di accoglienza e di pacifica convivenza, contengono disposizioni che offendono il senso civile, quali, ad esempio, il blocco dei flussi di ingresso per due anni, l'obbligo per i medici di segnalare alle autorità gli irregolari che si rivolgono a loro, nonché il pagamento delle prestazioni sanitarie pubbliche e quindi, di fatto, l'impossibilità di accedere al pronto soccorso per i cittadini irregolari. (Applausi dal Gruppo PD).

PORETTI (PD). Il provvedimento contiene norme confuse, vaghe e contraddittorie in materia di contrasto all'immigrazione clandestina, mentre sono del tutto assenti i necessari profili solidaristici finalizzati all'integrazione degli immigrati. In particolare, l'istituzione del reato di immigrazione clandestina si segnala per la sua inefficacia, dal momento che creerà un aggravio intollerabile al sistema giudiziario e carcerario e un aumento delle spese per l'erario; sono criticabili, inoltre, il divieto di contrarre matrimonio per gli stranieri senza permesso di soggiorno, la schedatura dei senza fissa dimora e l'istituzionalizzazione delle ronde, che rischia di aumentare il clima di intolleranza presente nel Paese. Il disegno di legge, già di per sé assai discutibile, rischia di essere peggiorato durante il passaggio parlamentare: la sospensione per un biennio dei flussi migratori, ad esempio, metterà in crisi il sistema economico italiano, dimostrando così l'incapacità di cogliere il ruolo insostituibile svolto dai lavoratori immigrati. La delegazione radicale all'interno del Gruppo del Partito democratico, inoltre, proporrà l'abrogazione degli articoli 34 e 35 del provvedimento, derivanti da una proposta emendativa bipartisan, finalizzata all'inasprimento del regime carcerario duro previsto dall'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario e alla riapertura di alcune carceri insulari. È infatti assolutamente inopportuno prevedere l'irrigidimento di un regime carcerario severissimo, che contraddice la necessaria finalizzazione della pena alla rieducazione del condannato, prevista dalla Costituzione. Invita infine a valutare con attenzione anche un altro emendamento proposto dai senatori radicali, finalizzato all'introduzione nell'ordinamento italiano del reato di tortura. (Applausi della senatrice Marinaro).

MARINARO (PD). Il provvedimento contiene alcune norme condivisibili, ma le disposizioni volte al contrasto dell'immigrazione clandestina, ispirate ad una logica emergenziale e repressiva, appaiono confuse ed inefficaci. Esse disattendono i principi comunitari in materia che segnalano la necessità di politiche finalizzate all'integrazione, all'accesso al mercato del lavoro regolare e alla cooperazione con i Paesi di provenienza dei flussi migratori. Invece, introdurre il reato di immigrazione clandestina, di dubbia costituzionalità sotto molteplici profili, significa non cogliere che il fenomeno della clandestinità deriva non dalla cattiva volontà dei migranti, ma dalle rigidità della cosiddetta legge Bossi-Fini e dai meccanismi di funzionamento del mercato del lavoro. Occorre dunque adeguare e razionalizzare la programmazione dei flussi migratori: appare invece assurdo e fuorviante congelarla per un intero biennio. Sono inoltre palesemente incostituzionali le disposizioni che vietano di contrarre matrimonio a chi non abbia regolare permesso di soggiorno e impongono limitazioni di fatto all'accesso alle prestazioni sanitarie, dal momento che incidono non su meri diritti di cittadinanza, ma su diritti fondamentali dell'uomo. Il rimpatrio assistito dei minori obbligati a prostituirsi potrebbe essere invece controproducente, mentre forti perplessità destano l'introduzione dell'obbligo del test di conoscenza della lingua italiana, senza che siano previsti modi per facilitarne l'apprendimento, e l'introduzione del registro dei senza fissa dimora. Alla politica difensiva e repressiva proposta dal centrodestra in materia di immigrazione, dunque, il Partito democratico contrappone un'impostazione, coerente con i principi europei in materia e capace di coniugare il giusto rigore e l'integrazione dei migranti. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

LUMIA (PD). Gli immigrati costituiscono una risorsa culturale ed economica fondamentale per il Paese e vanno aiutati nel difficile processo di integrazione: il vero nemico da combattere è costituito dalle mafie straniere, responsabili di innumerevoli reati, che vanno isolate e contrastate. La maggioranza, invece, attraverso emendamenti xenofobi, che motivano la contrarietà del Partito democratico al provvedimento, tende a colpire e isolare gli immigrati, rendendone più difficile l'integrazione, e depotenzia il contrasto alla criminalità, togliendo risorse alle forze dell'ordine e riducendo i loro organici. Il provvedimento contiene anche alcune disposizioni condivisibili, che raccolgono i suggerimenti della Commissione antimafia, come l'inasprimento del regime carcerario duro previsto dall'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, misura certo non finalizzata ad imporre ingiuste vessazioni, bensì a spezzare definitivamente il collegamento tra le organizzazioni criminali e i boss mafiosi, per la cui detenzione appare opportuna la riapertura di alcune carceri insulari. Vanno valutate positivamente anche le norme tendenti ad aumentare i poteri del Procuratore nazionale antimafia, a migliorare il sistema della custodia cautelare e a contrastare il riciclaggio di denaro effettuato attraverso il cosiddetto money transfer. Segnala, infine, alcuni emendamenti non approvati in Commissione, che verranno riproposti all'Assemblea, riguardanti l'obbligo della denuncia del reato di estorsione a carico delle imprese sottoposte al racket, l'istituzione di un conto appositamente dedicato da parte delle imprese assegnatarie di appalti pubblici, l'istituzione di un'agenzia per la gestione dei beni confiscati alla criminalità e l'assunzione nella pubblica amministrazione dei testimoni di giustizia. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

PRESIDENTE. Auspica che le interessanti proposte del senatore Lumia vengano prese in considerazione dal relatore e dall'Assemblea.

COLLI (PdL). Il problema della sicurezza non è un'invenzione mediatica del centrodestra ma una reale emergenza, particolarmente avvertita nelle periferie urbane dove l'afflusso incontrollato di immigrati clandestini provoca diffusione dell'illegalità e forti tensioni sociali. A differenza del precedente, il Governo in carica ha saputo adottare provvedimenti concreti quali l'impiego dell'esercito in operazioni di pattugliamento, il rafforzamento delle misure di prevenzione antimafia, l'introduzione del reato di impiego dei minori nell'accattonaggio, l'inasprimento delle sanzioni per reati di deturpamento e imbrattamento, la subordinazione della sospensione condizionale della pena alla rimozione delle conseguenze del danneggiamento. Per l'ingresso illegale nel territorio dello Stato, il Governo ha giustamente rinunciato a introdurre pene detentive che risulterebbero inefficaci: per rendere effettive le espulsioni sarebbe, infatti, necessario riaccompagnare gli stranieri alle frontiere nel più breve tempo possibile, ma si tratta di una misura costosa. Le norme che ridimensionano lo Stato sociale non sono razziste: si tratta semplicemente di privilegiare i cittadini italiani nell'assegnazione di case popolari e nel beneficio di assegni sociali. Rileva infine che la disponibilità del Governo a dialogare con l'opposizione non autorizza comportamenti ostruzionistici. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP. Congratulazioni).

PITTONI (LNP). Occorre anzitutto ricordare che l'immigrato clandestino è tale perché ha violato le procedure d'ingresso previste dallo Stato e che, in base all'ordinamento vigente, lo straniero irregolare ha diritto a qualsiasi cura gratuita se dichiara di essere privo di risorse. Le proposte della Lega Nord si limitano a prevedere la segnalazione alle autorità e il pagamento delle prestazioni non urgenti; analoghe forme di controllo amministrativo sono peraltro previste in altri Paesi europei, che distinguono l'emergenza dall'assistenza. Mentre la sinistra, facendo saltare ogni controllo sull'immigrazione, ha alimentato l'illegalità, nelle Regioni e nei Comuni amministrati dalla Lega Nord gli immigrati sono integrati nelle comunità locali. (Applausi dal Gruppo LNP).

BIANCO (PD). Mentre la modifica dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario e le misure preventive antimafia sono apprezzabili, le norme sull'immigrazione hanno ricevuto critiche puntuali ed aspre da parte del volontariato e degli organi ufficiali della Chiesa cattolica. Un uso spregiudicato del tema della sicurezza è stato uno degli ingredienti del successo elettorale del centrodestra, che è tuttavia privo di una strategia per governare il complesso fenomeno del flussi migratori. Il Governo tende perciò ad adottare misure appariscenti ma inefficaci, come l'impiego di soldati nel pattugliamento delle strade, o addirittura pericolose, come il coinvolgimento delle ronde nell'attività di presidio del territorio che trasmette un messaggio di debolezza dello Stato. Peraltro, anche gli effetti annuncio non si sono verificati: i dati mostrano che dopo la formazione del Governo Berlusconi si è allentata soltanto la pressione mediatica sul tema della sicurezza, ma i reati e gli ingressi irregolari non sono diminuiti. Una politica seria sui temi dell'immigrazione e dell'ordine pubblico richiederebbe accordi internazionali e cooperazione con le forze di polizia dei Paesi di provenienza degli stranieri, procedure amministrative più rapide, riordino delle forze di pubblica sicurezza e stanziamento di adeguate risorse, riduzione dei tempi dei processi e garanzia di effettività della pena. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

 

Presidenza della vice presidente MAURO

SALTAMARTINI (PdL). Il nesso tra immigrazione irregolare e criminalità è un problema reale, come dimostrano i dati relativi alla composizione della popolazione carceraria, allo spaccio di stupefacenti e alla prostituzione. E il primo compito di un moderno Stato di diritto è garantire la sicurezza dei cittadini, senza la quale non si danno libertà, democrazia e sviluppo. Mentre la sinistra ha un approccio ideologico, il centrodestra ha saputo imboccare la via della concretezza prevedendo l'arresto in flagranza e il procedimento per direttissima per i reati di maggiore allarme sociale, il potenziamento delle misure antimafia, la riabilitazione attraverso la riparazione dei danni arrecati, l'aumento delle sanzioni minime che, considerata l'attuale prassi giudiziaria, hanno perduto l'effetto deterrente. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

PRESIDENTE. Dichiara chiusa la discussione generale. Rinvia il seguito dell'esame del disegno di legge ad altra seduta.

CASSON (PD). Ai sensi dell'articolo 113, commi 2 e 4, del Regolamento del Senato, presenta la richiesta, sottoscritta da oltre venti senatori del Partito democratico, di votazione a scrutinio segreto su alcuni emendamenti che incidono su norme costituzionali relative ai rapporti civili ed etico-sociali. Chiede inoltre che l'articolo 19 del disegno di legge sia votato per parti separate, onde consentire l'espressione di un voto a scrutinio segreto sulla parte che non comporta aumenti di spesa.

 

PRESIDENTE. Si riserva di valutare le singole richieste.

LI GOTTI (IdV). Sottolinea che l'articolo 19, proposto del Governo, sostitutivo dell'articolo 9 del provvedimento, concernente il reato di ingresso illegale nel Paese, non è accompagnato dalla relativa relazione tecnica aggiornata.

 

PRESIDENTE. Della questione è già stata investita la Commissione bilancio.

ADAMO (PD). Segnala un errore di sintassi all'articolo 41, primo comma, del disegno di legge e ricorda l'impegno del Governo a correggere il testo ove fa riferimento a norme non più vigenti.

Sull'annunciato regolamento di Trenitalia in materia di trasporto di animali domestici

PORETTI (PD). Il nuovo regolamento annunciato da Trenitalia e accolto con entusiasmo dal Governo, nonostante sia stato corretto rispetto alla formulazione originaria che escludeva completamente l'ammissione di animali domestici sui treni, mantiene comunque disposizioni eccessivamente severe in merito al trasporto di cani e gatti, disincentivando l'uso del mezzo pubblico e vanificando le campagne contro l'abbandono di tali animali.

 

PRESIDENTE. La Presidenza interverrà in proposito presso il Governo.

Discussione e approvazione del disegno di legge:

(1074) Ratifica ed esecuzione della Convenzione basata sull'articolo K3 del Trattato sull'Unione Europea, relativa alla mutua assistenza ed alla cooperazione tra le Amministrazioni doganali, con allegati, fatta a Bruxelles il 18 dicembre 1997, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (Relazione orale)

NESSA, f. f. relatore. Il disegno di legge ratifica e dà esecuzione alla Convenzione che disciplina le modalità di collaborazione tra le Amministrazioni doganali degli Stati membri al fine di prevenire, accertare e reprimere le violazioni alla normativa doganale europea. Al Ministro dell'economia spetta il compito di individuare, tramite decreto, un Ufficio centrale di coordinamento che si interfacci con analoghi organismi negli altri Paesi. Si prevedono inoltre forme di cooperazione transfrontaliera per lo svolgimento nel territorio di un altro Stato di attività investigative e per il mantenimento di uno stretto collegamento tra tutti gli atti di polizia giudiziaria. (Applausi dal Gruppo PdL).

PRESIDENTE. Dichiara aperta la discussione generale.

PEDICA (IdV). Il provvedimento riproduce i contenuti di un'analoga proposta legislativa presentata nella XV legislatura e non esaminata per l'intervenuto scioglimento delle Camere, volta a recepire nell'ordinamento italiano, con opportune norme di adeguamento, la Convenzione relativa alla mutua assistenza e alla cooperazione tra le Amministrazioni doganali. Si tratta di una norma particolarmente importante nel percorso di progressiva integrazione tra i Paesi dell'Unione europea, che acquista un valore ancor più pregnante alla luce della recente crisi finanziaria mondiale, che l'Europa può affrontare e governare con maggiore sicurezza proprio facendo leva sulla collaborazione e sul coordinamento tra gli Stati membri. (Applausi dal Gruppo IdV).

 

PRESIDENTE. Dichiara chiusa la discussione generale.

NESSA, f. f. relatore. Considerata la rilevanza e l'urgenza del provvedimento invita l'Assemblea ad esprimere un voto favorevole.

CRAXI, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Il Governo considera l'azione di contrasto ai reati dogali una componente fondamentale della lotta alla criminalità organizzata, che fonda una parte cospicua del proprio fatturato sul traffico internazionale di droga e armi. Il disegno di legge di ratifica della Convenzione basata sull'articolo K3 del Trattato sull'Unione Europea, già recepita in tutti gli altri Stati membri, appare indispensabile a conseguire anche risultati positivi sul piano economico per quanto riguarda i bilanci nazionali e comunitari. (Applausi dal Gruppo PdL).

PRESIDENTE. Passa all'esame degli articoli.

 

Il Senato approva gli articoli da 1 a 6.

PEDICA (IdV). Il Gruppo Italia dei Valori esprimerà un convinto voto favorevole sul disegno di legge in esame.

PALMIZIO (PdL). Annuncia il voto favorevole del proprio Gruppo.

 

Il Senato approva il disegno di legge n. 1074 nel suo complesso.

Discussione e approvazione del disegno di legge:

(1128) Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti d'America in merito alla conduzione di «ispezioni su sfida» da parte dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, ai sensi della Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione, fatto a Roma il 27 ottobre 2004 (Relazione orale)

COMPAGNA, relatore. La Convenzione di Parigi del 1993, concernente la proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche, ratificata dall'Italia con la legge n. 496 del 1995, è garantita mediante un regime di controllo internazionale basato su dichiarazioni e verifiche accurate sul territorio degli Stati aderenti. In particolare si distingue tra «ispezioni di routine» e «ispezioni su sfida», effettuate dall'OPAC su richiesta di uno Stato che nutra fondati sospetti sullo svolgimento di attività illecite in un altro Stato, che contemplano tempi di preavviso più rapidi. Dal momento che ogni Stato è responsabile di tutte le attività riguardanti l'attuazione della Convenzione di Parigi che hanno luogo sul proprio territorio, indipendentemente dai soggetti che le espletano, comprese quindi le attività nelle basi militari concesse a Paesi alleati nel territorio nazionale, era indispensabile regolamentare, d'intesa con il Governo degli Stati Uniti, lo svolgimento delle attività ispettive su sfida a strutture militari statunitensi in territorio italiano. Con il disegno di legge di ratifica dell'Accordo si disciplinano le procedure tecniche di dettaglio di conduzione dell'ispezione e si prevedono disposizioni per la rendicontazione delle spese sostenute ai fini del rimborso da parte dell'OPAC.

PRESIDENTE. Dichiara aperta la discussione generale.

PEDICA (IdV). Il provvedimento rappresenta un'ulteriore conferma della volontà della comunità internazionale di bandire definitivamente le armi chimiche, che costituiscono una gravissima minaccia per l'uomo e per l'ambiente. La Convenzione di Parigi del 1993 è il risultato di un lungo percorso diplomatico iniziato in seguito alle devastanti conseguenze dell'impiego di gas nella Prima Guerra Mondiale e culminato solo dopo lo scioglimento delle tensioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica. L'Accordo di cui si discute la ratifica regolamenta l'esecuzione di ispezioni su sfida disposte dall'OPAC su strutture militari statunitensi presenti sul territorio nazionale, disciplinandone le procedure tecniche e le modalità di rimborso delle relative spese. Il Gruppo Italia dei Valori è quindi favorevole al disegno di legge in esame, che rende operativa la Convenzione grazie alla piena collaborazione tra Stati e alla condivisione di obiettivi comuni. (Applausi dal Gruppo IdV).

 

PRESIDENTE. Dichiara chiusa la discussione generale.

CRAXI, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. L'accordo costituisce un importante passo in avanti nel campo dell'eliminazione delle armi di sterminio, concorrendo a creare le condizioni affinché le ispezioni su sfida possano essere realizzate in un contesto chiaro e preciso. Essendo uno dei primi nel suo genere, l'accordo potrà inoltre costituire un valido esempio per gli altri Paesi aderenti alla Convenzione di Parigi.

 

PRESIDENTE. Passa quindi alla votazione degli articoli.

 

Il Senato approva gli articoli da 1 a 3.

 

PRESIDENTE. Passa alla votazione finale.

PEDICA (IdV). Il Gruppo dell'Italia dei Valori voterà a favore della ratifica dell'accordo in esame, ritenendo che l'unica via per addivenire al disarmo sia quella di istituire un capillare regime di controllo internazionale basato sulle dichiarazioni degli Stati membri e su attive verifiche sul territorio per attestarne la veridicità. In tale ottica, auspica che la diplomazia italiana, in sede multilaterale, si adoperi per stimolare la sottoscrizione della Convenzione di Parigi da parte di quegli 11 Paesi che non vi hanno ancora aderito, tra cui la Corea del Nord, l'Egitto e il Libano, così da prevenire eventuali effetti collaterali che andrebbero a danno dell'intera collettività. Auspica l'apertura di una nuova era nella lotta al disarmo, all'interno della quale l'OPAC sia in grado di spostare il centro della propria attività dall'eliminazione delle armi chimiche alla promozione di una cultura della cooperazione internazionale e dell'aiuto reciproco. (Applausi dal Gruppo IdV).

MARCENARO (PD). Preannuncia il voto favorevole del Gruppo al provvedimento che costituisce un importante passo in avanti nella lotta per il disarmo e nella costruzione di un sistema di regolazione internazionale di tale settore. (Applausi dal Gruppo PD).

 

Il Senato approva il disegno di legge n. 1128 nel suo complesso.

Discussione e approvazione del disegno di legge:

(1073) Ratifica ed esecuzione del II Protocollo relativo alla Convenzione dell'Aja del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, fatto a L'Aja il 26 marzo 1999, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (Relazione orale)

 

CABRAS, f.f. relatore. Chiede che il testo della relazione sia allegato ai Resoconti della seduta odierna. (v. Allegato B).

 

PRESIDENTE. Non essendovi iscritti a parlare in discussione generale e avendo il sottosegretario Craxi rinunciato ad intervenire, passa alla votazione degli articoli.

 

Il Senato approva gli articoli da 1 a 17.

 

PRESIDENTE. Passa quindi alla votazione finale.

PALMIZIO (PdL). Preannuncia il voto favorevole del proprio Gruppo.

 

Il Senato approva il disegno di legge n. 1073 nel suo complesso.

Discussione e approvazione del disegno di legge:

(1132) Ratifica ed esecuzione della Convenzione sull'Istituto forestale europeo, fatta a Joensuu il 28 agosto 2003 (Relazione orale)

 

PALMIZIO, relatore. Chiede che il testo della relazione sia allegato ai Resoconti della seduta odierna. (v. Allegato B).

CRAXI, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Sottolinea che diverse università e istituti di ricerca italiani hanno già promosso forme di collaborazione con l'Istituto forestale europeo nonostante l'iter di ratifica della Convenzione non sia ancora completato.

 

PRESIDENTE. Passa quindi alla votazione.

 

Il Senato approva gli articoli da 1 a 3, nonché il disegno di legge n. 1132 nel suo complesso.

Discussione e approvazione, con modificazioni, del disegno di legge:

(1133) Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di partenariato e di cooperazione tra le Comunità europee ed i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Tagikistan dall'altra, con allegati e Protocollo, fatto a Lussemburgo l'11 ottobre 2004

 

CABRAS, relatore. Si rimette alla relazione scritta.

 

PRESIDENTE. Dichiara aperta la discussione generale.

PEDICA (IdV). Il Gruppo dell'Italia dei Valori è favorevole all'accordo di partenariato e cooperazione in oggetto, ritenendo necessario rafforzare il dialogo tra l'Europa e le ex Repubbliche sovietiche e specie con il Tagikistan, che è l'unica con cui non è ancora stata suggellata alcuna forma di partnership economica e politica. Ricorda inoltre che il disegno di legge costituisce la ripresentazione dell'identico provvedimento all'esame del Senato nella scorsa legislatura, il quale non poté terminare il proprio iter a causa dell'anticipato scioglimento delle Camere.

 

PRESIDENTE. Dichiara chiusa la discussione generale.

CRAXI, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. L'accordo di partenariato e cooperazione con il Tagikistan rappresenta un importante strumento nella lotta contro il terrorismo e i traffici illegali e un atto doveroso nei confronti della nutrita comunità imprenditoriale italiana presente nel Paese, anche tenuto conto delle grandi aspettative che le autorità tagike nutrono nei confronti dell'Italia, considerata un punto di riferimento all'interno dell'Unione europea.

 

PRESIDENTE. Passa quindi alla votazione degli articoli, nel testo proposto dalla Commissione.

 

Il Senato approva gli articoli da 1 a 4.

 

PRESIDENTE. Passa alla votazione finale.

PEDICA (IdV). Stigmatizza il ritardo con cui si addiviene alla ratifica dell'Accordo, siglato ben 4 anni fa, il quale non ha tuttavia impedito l'attuazione degli interventi previsti nell'ambito del programma europeo di cooperazione con l'Asia centrale TACIS, che ha assunto oggi la nuova denominazione di CARD.

PALMIZIO (PdL). Preannuncia il voto favorevole al provvedimento.

 

Il Senato approva il disegno di legge n. 1133 nel suo complesso.

 

PRESIDENTE. Dà annunzio degli atti di sindacato ispettivo pervenuti alla Presidenza (v. Allegato B) e comunica l'ordine del giorno della seduta pomeridiana.

 

La seduta termina alle ore 13,07.

  

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del vice presidente NANIA

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,36).

Si dia lettura del processo verbale.

 

STIFFONI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del giorno precedente.

 

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

 

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

 

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 9,40).

 

Seguito della discussione del disegno di legge:

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (ore 9,40)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 733.

Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri è proseguita la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore Valli. Ne ha facoltà.

VALLI (LNP). Signor Presidente, colleghi, il provvedimento al nostro esame rappresenta, sotto diversi profili, il coronamento delle battaglie politiche da tempo perseguite dalla Lega Nord in tema di prevenzione e contrasto dell'immigrazione clandestina e di politica della sicurezza.

Le importanti innovazioni che questa Assemblea si accinge ad approvare rappresentano, infatti, la maturazione di un percorso pluriennale, iniziato nella XIV legislatura parlamentare con la riforma Bossi-Fini, che solo oggi - alla luce dell'attuale contesto socio-economico - sembra trovare pieno compimento.

È innegabile l'importanza del lavoro svolto nelle ultime settimane in Commissione, che ha arricchito il testo con proposte di primario interesse, in larga misura anche grazie all'accoglimento delle sollecitazioni provenienti dal Gruppo della Lega Nord. Va ribadito che le proposte della Lega recepiscono le richieste provenienti da ampie fasce della popolazione residente nelle aree maggiormente interessate dall'emergenza sicurezza, legata al fenomeno migratorio, che sono appunto quelle del Nord.

I principi chiave che hanno orientato l'attività emendativa del nostro Gruppo in Commissione possono riassumersi, da un lato, nell'obiettivo della massima integrazione per gli stranieri regolari, che partecipano attivamente alla vita economica e sociale del Paese e, dall'altro lato, nell'esigenza di un assoluto rigore nel contrasto dell'immigrazione clandestina. Tali finalità potranno essere perseguite solo attraverso la cooperazione di tutti i livelli territoriali a vario titolo interessati, a partire dai sindaci, veri e propri protagonisti della sicurezza pubblica ed urbana a livello locale.

In linea con tali obiettivi, un primo gruppo di emendamenti della Lega Nord approvati in Commissione ha inteso adeguare al nuovo reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio, di cui all'articolo 19, le disposizioni del testo unico dell'immigrazione. In questa prospettiva, si è inteso rendere obbligatoria l'esibizione, da parte dello straniero, di un titolo di soggiorno valido sia ai fini dell'accesso agli atti di stato civile e ai servizi pubblici essenziali, sia - a richiesta dell'autorità giudiziaria - per fini identificativi. L'obiettivo di tali interventi è di introdurre effettivi strumenti di contrasto al soggiorno illegale, superando l'attuale situazione di implicita connivenza con la clandestinità, nella prospettiva di rendere più efficienti i servizi per tutti i cittadini, stranieri e non, che effettivamente contribuiscono all'interesse collettivo.

In linea con il progetto di integrazione perseguito dalla Lega, siamo inoltre intervenuti anche sui requisiti per il rilascio dei titoli che comportino un legame permanente tra lo straniero e lo Stato. Il riferimento è, in primo luogo, al rilascio della carta di soggiorno, subordinato al superamento di un test di lingua e cultura generale. L'obiettivo di tale emendamento è quello di promuovere un'effettiva integrazione anche sul piano culturale degli stranieri che intendano fissare definitivamente la loro residenza sul nostro territorio. È noto, infatti, che alcune comunità diffuse sul nostro territorio, prima tra tutte quella cinese, rivelano persistenti difficoltà ad integrarsi anche sotto il profilo linguistico con la comunità autoctona, creando ghettizzazioni che sicuramente non aiutano la convivenza pacifica.

Analogamente, anche sul tema dei cosiddetti matrimoni di comodo abbiamo cercato di evitare che l'istituto del matrimonio venga utilizzato a scopi utilitaristici per legittimare a posteriori la permanenza nel nostro Paese di stranieri irregolari; in questa prospettiva, si richiede che gli stranieri presentino prova della presenza regolare sul territorio ai fini della contrazione del matrimonio. Conseguenza indiretta dell'emendamento è anche la salvaguardia di un istituto - quello matrimoniale - che rappresenta l'atto costitutivo delle famiglie su cui si fonda la nostra società; non vi potrà infatti mai essere vera integrazione se gli stranieri non saranno compartecipi dell'importanza - e quindi del rispetto - del legame familiare.

Un ulteriore gruppo di emendamenti è intervenuto sulla questione dei ricongiungimenti familiari che, come noto, incide in maniera determinante sul numero delle presenze straniere nel nostro Paese. In particolare, abbiamo ritenuto fondamentale introdurre una nuova procedura sulla verifica delle condizioni igienico-sanitarie degli alloggi ove il ricongiunto intenda fissare la propria residenza, affidando agli uffici comunali le relative competenze. Vivere in una casa degna di questo nome è, infatti, prerequisito essenziale della predisposizione all'integrazione.

In secondo luogo, abbiamo ribadito l'estraneità totale al nostro ordinamento della pratica della bigamia e poligamia, escludendo la possibilità di ottenere il ricongiungimento per più di un coniuge.

Infine, abbiamo escluso che l'assenso al ricongiungimento, proprio per la complessità delle relative verifiche amministrative, possa essere rilasciato attraverso silenzio-assenso, rendendo necessario un provvedimento esplicito dell'amministrazione.

Da ultimo, il modello di integrazione perseguito dalla Lega Nord si esprime in maniera emblematica negli emendamenti approvati in Commissione che hanno introdotto una tassa di 200 euro sulle istanze relative alla cittadinanza e un'analoga tassa (il cui importo sarà determinato con un successivo provvedimento ministeriale) sulle domande di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno. Tali proposte intendono, infatti, da un lato responsabilizzare gli stranieri sui costi non solo amministrativi connessi alla loro integrazione nel nostro Paese e, dall'altro, vincolare risorse certe a progetti di cooperazione internazionale finalizzati a promuovere lo sviluppo dei Paesi terzi maggiormente interessati dal fenomeno migratorio, nonché alle politiche di contrasto alla clandestinità che si esprimono nei rimpatri. Il modello perseguito è chiaramente quello dell'"aiuto in casa loro", per cui il contrasto all'immigrazione clandestina muove innanzitutto da una politica efficace di prevenzione, che sicuramente si fonda sugli accordi bilaterali, ma che necessita anche di concreti strumenti di intervento.

Nel complesso, la ragione delle proposte emendative della Lega si ispira al principio tradizionale europeo dell'ospitalità, che è tale solo quando vi sono le condizioni per far sentire l'ospite a casa propria. In altre parole, è sbagliato ragionare genericamente sull'immigrazione in termini di assistenzialismo, come se il nostro Paese avesse un obbligo morale di accettare tutti indistintamente. Al contrario, la convivenza pacifica è subordinata all'accettazione anche da parte degli stranieri delle regole, dei costumi e anche dei valori che da sempre hanno informato la nostra società. (Applausi dal Gruppo LNP e della senatrice Rizzotti. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Procacci. Ne ha facoltà.

PROCACCI (PD). Signor Presidente, ormai le discussioni generali rischiano di essere un momento molto autoreferenziale, in cui non c'è dialogo, non c'è ascolto, ma rendono comunque possibile - unica cosa positiva - una interlocuzione con i rappresentanti del Governo.

Non voglio contestare il disegno di legge né ripetere le critiche, che condivido quasi per intero, mosse dai colleghi. Voglio solo concentrarmi su un aspetto che in qualche modo ho tentato di sottolineare in occasione del dibattito sul decreto Gelmini e che è stato anche oggetto di un emendamento, naturalmente respinto. Su questo dobbiamo essere molto sinceri, perché sul decreto Gelmini non è stata posta una fiducia di natura formale, ma nella sostanza (e questa è la presa in giro che noi oggi continuiamo a portare avanti e ad accettare), il decreto è arrivato in Aula blindato (il che significa fiducia politica), non consentendo al Governo di accettare anche le critiche e le proposte sagge e condivise che venivano dall'opposizione.

Vorrei soffermarmi - e vedo che il sottosegretario Caliendo pone attenzione alle mie parole - sul tema della prevenzione, che è stato affrontato anche da un collega poc'anzi e nei cui confronti trovo scarsissima considerazione. E se poi c'è qualcosa, le relative misure riguardano soltanto gli extracomunitari.

Abbiamo un problema importante da affrontare, quello della dispersione scolastica e della devianza minorile. Ma non c'è un rigo, né nell'originario decreto né nel disegno di legge che lo converte, su questo problema. Caro Sottosegretario, il problema non attiene alla competenza della pubblica istruzione, ma alle competenze della sicurezza e un decreto sulla sicurezza non può ignorare questo aspetto. Ripeto, non c'è un rigo sulla prevenzione e sulla possibilità e la capacità dello Stato di prevenire, soprattutto curando la formazione dei giovani.

Noi abbiamo un appuntamento con tutti i giovani che poi magari cadono nella devianza: questo appuntamento è la scuola. Il Ministero dell'interno, o comunque chi pensa alla sicurezza in questo Governo, non lo può ignorare. Noi abbiamo un appuntamento con tutti, ma molti sfuggono passandoci tra le mani. C'è una certa attenzione alla dispersione scolastica, ma una volta ottenuta la presenza dei bambini, dei ragazzi, dei giovani nelle nostre aule, noi, lo Stato, che cosa offriamo?

L'esperienza francese è utile. Proprio quella esperienza, a cui dobbiamo guardare, mi porta a sollecitare il Governo a porre attenzione ad un problema che occorre affrontare. Avrei potuto tranquillamente proporre un disegno di legge, ma sappiamo che ormai il Parlamento è ridotto a trasformare in legge i decreti e che tutte le iniziative legislative che i parlamentari assumono finiscono per costituire l'elenco di un blasone personale e non già un contributo concreto alla vita del Paese.

Qual è la proposta? Abbiamo già una mappa delle zone a rischio in Italia, che è stata disegnata congiuntamente dal Ministero dell'istruzione e dal Ministero dell'interno. In queste zone si accede, per quanto riguarda i docenti, con le normali regole di trasferimento. Pertanto, nelle zone a rischio dove vi sono ragazzi che avrebbero bisogno di una fortissima terapia d'urto sul piano delle preparazioni psicologica, didattica, in una parola, formativa, noi offriamo insegnanti che sono presenti in quella scuola casualmente o perché interessati a lavorare in quel territorio. In Francia hanno previsto le cosiddette teste di cuoio della formazione: nelle zone a rischio possono insegnare, nelle classi particolari o nelle zone dove il fenomeno della devianza minorile è fortemente radicato, solo docenti che hanno svolto egregiamente un corso di eccellenza di uno o due anni e quindi sono nelle condizioni di affrontare e formare i giovani difficili.

Può sembrare una proposta qualunque, ma per me è centrale perché non abbiamo altro strumento per combattere la devianza minorile. È chiaro che questi docenti vanno pagati adeguatamente, non devono svolgere lo stesso orario di lavoro di tutti gli altri e devono dedicarsi. Pensate cosa accadrebbe nel nostro Paese se, dalla scuola elementare alla scuola media inferiore e superiore, dessimoai giovani questa opportunità di recupero. Non si tratta soltanto di aiutare i giovani, ma si tratta di aiutare la società intera, perché lavoreremmo sulla prevenzione e non di uno, due o tre casi, ma di decine di migliaia di giovani.

Mi rendo conto che questa azione non ha una ricaduta immediata, ma voi sapete bene che il tema della sicurezza non può essere affrontato con la logica dell'immediatezza, come è avvenuto con la presenza dell'esercito nelle strade. Peraltro, affermo molto pacatamente che la presenza dell'esercito nelle strade produce solo tenerezza: la mattina mi capita di osservare, davanti alle stazioni delle metropolitane, questi giovani vicini ad un carabiniere che non sanno cosa fare e non hanno alcun ruolo, se non quello di esibire la divisa.

Certamente la repressione è necessaria ed è assolutamente indispensabile che i fenomeni mafiosi e criminali in genere vengano repressi; tuttavia, se non decideremo di realizzare la prevenzione, anche attraverso le agenzie di formazione a cominciare dalla scuola, avremo sempre questo problema.

Vorrei chiedere al Governo: qual è l'alternativa antropologica, umana, il modello di comportamento che possiamo dare ai giovani di Napoli o delle zone a rischio della Puglia o della Sicilia? Pensiamo di lottare contro la camorra soltanto con la repressione? Certamente non si risolve la questione in pochi mesi, ma se non cominciamo oggi ciò non avverrà mai.

Per tale motivo, chiedo al Governo un pensiero lungo su questo tema. Magari il Ministro dell'interno ritiene che non sia un suo compito; altrettanto pensa il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca; il Ministro della gioventù dice che interverrebbe qualora ciò esistesse e qualora operasse. Alla fine, nessuno sente su di sé la responsabilità di un tema fondamentale.

Se osservo i risultati ottenuti in Francia, devo riconoscere che è stata percorsa una strada giusta. Si tratta di docenti che guadagnano quasi il doppio rispetto agli altri e che, a seguito di questo corso di formazione di uno o due anni promosso dal Ministero dell'interno e da quello della pubblica istruzione, acquistano un'altissima capacità di formazione di ragazzi difficili. Naturalmente, se si pensa a quanti fondi vengono spesi per combattere le devianze, ci si rende conto che la spesa da sopportare è assolutamente esigua, ma un inizio è comunque necessario.

Signor Sottosegretario, non mi sono soffermato su tante critiche che sono state rivolte in precedenza, ad esempio su come viene visto il fenomeno dell'immigrazione. Si tratta, infatti, di aspetti che sono stati approfonditi e sviscerati sia in Commissione sia in Aula. Mi sono posto il problema di porre all'attenzione questo tema e soprattutto questa strada.

Ora, non le chiedo di darmi una risposta nell'immediato, anche se so bene quanto lei sia attento e presente ai lavori d'Aula a differenza di tanti suoi colleghi che brillano per le assenze, però il tema in discussione sta sicuramente a cuore anche voi. Sarebbe una piccola rivoluzione non soltanto per un debito umano nei confronti dei giovani, ma perché è uno strumento concreto di cambiamento dell'attuale situazione. Altrimenti, lei converrà, come è accaduto per decenni, chissà per quanto altro tempo continueremo a lamentarci dei giovani che vengono assoldati dalla mafia, dalla camorra, dalla 'ndrangheta. Con gli strumenti disponibili siamo impotenti di fronte a tale fenomeno.

Pertanto, chiedo che su questo tema sia posta un'attenzione particolare e che, quando ci si sarà liberati da questo ingorgo di decreti-legge che sta rendendo la vita del Senato e della Camera poco ordinaria, considerato che c'è bisogno anche di approfondire, conoscere e studiare certi fenomeni, si trovi il modo di affrontare concretamente questo tema. Quando si è tentato di farlo attraverso il decreto-legge Gelmini ci si è trovati di fronte soltanto ad un'imbarazzante e devastante silenzio perché maiora premunt, come si suol dire.

A regime, signor Sottosegretario, spero che nell'anno nuovo si trovi la possibilità di discutere intorno a questa proposta; essa è certamente da affinare ed approfondire, da dettagliare e circostanziare, ma è un'idea forte che, anche se non potrà dare risultati nell'immediato, sicuramente potrà darne nel tempo, ma soprattutto potrà coinvolgere le comunità scolastiche. Non sarà possibile combattere i fenomeni delinquenziali e mafiosi senza il concorso di tutta la società. Non sono parole al vento, come quelle usate normalmente nei comizi, ma è una proposta concreta, operativa.

Naturalmente si tratta di costruire un ruolo diverso da quello di docente ordinario, sia ben chiaro. Non si tratta di operare come accade per gli insegnanti di sostegno, perché molti scelgono quella strada in quanto gli è preclusa l'altra. Si utilizza questo metodo per risolvere un problema occupazionale, cosa ben diversa. Si potrebbe addirittura prevedere che, nell'ambito dei docenti titolari, coloro che vogliono impegnarsi e offrirsi dedicandosi in maniera preponderante a questo aspetto, possano farlo frequentando per uno o due anni un corso di eccellenza che li abiliti concretamente all'insegnamento in quelle zone. E quando il Ministero o la direzione regionale dovranno operare trasferimenti, dovranno fare riferimento proprio a quella graduatoria per le zone a rischio. Avremo così una task force di insegnanti capaci di affrontare decisamente il tema.

Basta fare l'esempio di cosa accade nelle zone a rischio, come nel caso di Napoli o Bari. Con riguardo ai trasferimenti in quelle zone si dà sempre la precedenza a chi già lavora nello stesso Comune. Molti docenti si fanno trasferire nelle zone periferiche, che sono a rischio, per poter poi chiedere il trasferimento in una scuola centrale della città. Naturalmente, le lascio immaginare che cosa producono: dopo quindici giorni sono esauriti, si mettono in aspettativa, chiedono permessi per motivi di salute, non vedono l'ora di andarsene, sono profondamente demotivati. Ne consegue, pertanto, che lo Stato nelle zone a rischio offre una proposta formativa assolutamente squalificata e squalificante. Chiudere gli occhi su questa realtà significa non voler affrontare dalle fondamenta il tema della devianza minorile, che alla fine è l'humus dentro cui trova radice la grande delinquenza del nostro Paese.

Come vede, signor Sottosegretario, rappresentanti del Governo, ho colto l'occasione di questa discussione generale sul disegno di legge sulla sicurezza per proporre qualcosa, appunto sulla sicurezza, che non trovo. Sulla prevenzione dei reati commessi da minori, infatti, si soffermano a malapena gli articoli 6 e 8 del disegno di legge in esame, ma nulla a che vedere con la prevenzione reale, che noi possiamo mettere in atto partendo in modo organico e strutturato da una riforma profonda dell'offerta formativa.

Ringrazio il sottosegretario Caliendo dell'attenzione, nonché il Presidente del tempo concessomi. Spero, signor Sottosegretario, appellandomi alla sua sensibilità, che questo tema possa essere affrontato nelle circostanze che lei riterrà. Ne parlerò, se possibile, anche con i Ministri dell'interno, della giustizia e della pubblica istruzione, o con i Presidenti delle Commissioni, ma è importante cercare di mettere a fuoco un'idea che serve al Paese e che dovremmo concretizzare nell'interesse della nostra Italia. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Baio. Ne ha facoltà.

BAIO (PD). Signor Presidente, il disegno di legge al nostro esame si prefigge di contrastare l'immigrazione irregolare e lo fa, purtroppo, solo in termini di sicurezza pubblica. Per cercare di offrire un contributo alla discussione credo che il fenomeno migratorio vada analizzato in tutti i suoi aspetti: l'incidenza che esso ha all'interno della nostra società, qual è la risposta che il Governo e la sua maggioranza oggi danno e come invece dovrebbe essere affrontato.

Non svilupperò gli aspetti penali e punitivi del provvedimento, perché altri colleghi prima e meglio di me l'hanno fatto e lo faranno in seguito.

La prima osservazione d'insieme che mi sento di esprimere al Governo e alla maggioranza è che questo provvedimento, così come è stato costruito, appare come un altro appuntamento sprecato, un appuntamento perso, purtroppo. I termini che, a nostro giudizio, devono contraddistinguere un'efficace politica di governo del fenomeno migratorio sono sostanzialmente tre: accoglienza, integrazione e sicurezza. Affrontare invece il tema dell'immigrazione solo in termini di sicurezza è, a nostro modo di vedere, sbagliato e controproducente. Affrontare il tema della sicurezza vuol dire sostanzialmente leggere il fenomeno non solo e non tanto come questione afferente alla prevenzione e alla repressione di polizia, all'inasprimento di pena o all'introduzione di nuovi reati, ma come questione alla qualità della vita, a migliori servizi, a programmi di risanamento del degrado urbano, a nuove prospettive di educazione e promozione sociale (lo faceva prima anche il collega Procacci), al contenimento dell'emarginazione sociale e al potenzialmente di forme di inclusione e di integrazione.

Secondo i dati ISTAT, i cittadini stranieri residenti, dopo un aumento annuale di circa mezzo milione di unità, all'inizio del 2008 sono quasi 3.433.000, inclusi i comunitari: il 62,5 per cento nel Nord, il 25 per cento nel Centro e il 12,5 per cento nel Mezzogiorno. Le Regioni che hanno una maggiore incidenza di immigrati stranieri sono la Lombardia e il Lazio.

Caritas e Migrantes - due istituzioni all'interno del nostro Paese dei cui dati si avvale anche il Ministero dell'interno - accreditano un numero superiore di immigrati regolarmente presenti, che oscilla tra i 3.800.000 e i 4.000.000, su una popolazione complessiva di 59.619.290 cittadini, con una incidenza del 6,7 per cento (leggermente al di sopra della media dell'Unione europea, che è stata, nel 2006, del 6 per cento e che va gradualmente crescendo). Queste due fonti, anche se differenti, non sono in contrasto perché si riferiscono a distinte categorie di immigrati. Il dossier della Caritas tiene conto anche di quanti, arrivati più di recente, non hanno ancora acquisito la residenza, per il cui ottenimento si richiede, spesso, più di un anno.

È una sintetica fotografia dalla quale emerge, però, un dato interessante per capire quale politica di governo è utile e necessario mettere in campo. Da essa emerge una crescita costante e continuativa dell'ingresso di cittadini extracomunitari sul nostro territorio. Una fotografia dai colori nitidi nella sua componente regolare; una chiarezza che è ormai evidente, oggettiva e accettata anche all'interno del nostro Paese. Invece, è una fotografia in bianco e nero e sfocata per quanto riguarda i cittadini che vengono definiti clandestini. Questo dato lo conosciamo ed è nostro compito rimuovere proprio le zone d'ombra, sicuramente al fine di non negare il rispetto dei diritti umani (perché si tratta non di numeri, ma di persone umane), ma anche per rendere nitide quelle zone d'ombra che contraddistinguono la nostra economia e il mercato del lavoro. Infatti, è enormemente diffuso il mercato del lavoro nero, non solo e non tanto presso le famiglie, ma anche nel mondo produttivo del nostro Paese, con un'ampiezza sconosciuta negli altri Paesi industrializzati. Se vogliamo essere europei dobbiamo tenere conto anche di questo. La massima concentrazione di lavoratori immigrati, pari ai due terzi del totale, si rileva al Nord. A Brescia, per esempio, è nato all'estero un lavoratore ogni cinque occupati; a Mantova, Lodi e Bergamo uno su sei; a Milano uno su sette; sempre a Brescia, è nato all'estero un nuovo assunto ogni tre e a Milano uno ogni quattro, mentre in tutta la Lombardia i nuovi assunti, quasi per la metà (il 45,6 per cento) sono nati all'estero. Questi dati non sono numeri, come ho detto poc'anzi. Sono persone convinte di trovare in Italia soluzione a situazioni esistenziali insostenibili. Sono donne e uomini che cercano un riscatto sociale, culturale ed economico.

La clandestinità - uso un'espressione forte e mi rendo conto che è tale - è spesso una necessità. L'irregolarità è spesso l'unica soluzione alla sopravvivenza. Sta al legislatore, sta a noi, sta alla maggioranza, possibilmente d'accordo anche con l'opposizione (anche se per il momento non lo sta facendo), trovare una soluzione che salvaguardi i diritti umani, perché di questo si tratta e di questo si ha bisogno per la sicurezza del Paese. Gli immigrati che sbarcano sulle nostre coste non sappiamo dove siano e che fine faranno. Non hanno tutela giuridica, sanitaria e previdenziale, e sembra che con questo provvedimento il Governo li voglia etichettare e chiudere nella sfera della clandestinità, senza affrontare il vero problema.

Ripercorriamo la storia degli ultimi anni per capire come queste norme avrebbero condizionato la vita di tante famiglie italiane e il mercato del lavoro. Intendo affrontare il rapporto immigrazione-mercato del lavoro. Ritorniamo indietro, quindi, di qualche anno. Siamo nel 2002. La legge della vostra linea dura ha partorito la sanatoria più generosa nella storia di questo Paese. I dati ci dicono che sono stati regolarizzati 690.968 cittadini stranieri che arrivavano da altri Paesi, che vivevano e lavoravano qui, nel nostro territorio. Ebbene, queste persone (le badanti, le colf) sono utili ed indispensabili. Lo erano nella sanatoria più generosa e lo sono ancora oggi. Quindi non serve l'ipocrisia per generare regolarità, un'economia che emerga dal sommerso, ed anche legalità all'interno del nostro Paese. Sono quindi utili alle nostre famiglie ed al nostro mercato.

Vorrei che provassimo a chiedere insieme ad una famiglia che ha regolarizzato una badante con la stessa sanatoria generosa, se quella persona aveva commesso un reato proprio perché lavorava per loro. Credo che anche l'enfasi del tono di voce che sto usando sta a dimostrare che non aveva commesso un reato. Ebbene, quella persona è stata regolarizzata perché serviva e viveva all'interno della nostra società. Quindi non è possibile ipotizzare. È scorretto dal punto di vista antropologico, sociologico, umano, psicologico ed economico individuare un reato.

Il fenomeno dell'immigrazione è complesso, difficile ed in continua evoluzione, va affrontato attraverso politiche di lungo periodo, in grado di governare le trasformazioni sociali e le implicazioni economiche che esso porta con sé. Il Governo deve con l'autorevolezza, la tenacia e la perseveranza portare a termine quegli accordi bilaterali con i Paesi di origine dei cittadini extracomunitari che giungono nel nostro territorio, in armonia con le politiche europee, per poter costruire una rete di legalità. Qualche numero ci permette, proprio sugli accordi bilaterali, di capire come stanno andando le cose all'interno del nostro Paese. Secondo i dati forniti dal Ministero dell'interno, non quindi reperiti da altre fonti, 17 sono gli accordi bilaterali di riammissione con i Paesi extra Schengen, raggiunti nel primo Governo Prodi, e uno nel secondo Governo Prodi, durato due anni; quindi 17 più 1, mentre il Governo Berlusconi nella XIV legislatura, durata cinque anni, dal 2001 al 2006, è riuscito a stipularne solo 7. Siamo 18 a 7! Se non si fanno gli accordi con i Paesi extra Schengen, è difficile creare legalità, sia qui sia là, sia nei loro Paesi d'origine sia all'interno del nostro Paese.

Voglio dire che abbiamo bisogno di buon senso e di conoscere quindi bene ed a fondo, razionalmente, senza usare mezzi termini, il fenomeno dell'immigrazione, di poterlo governare, coniugando sicurezza, integrazione, flussi migratori e ricongiungimenti familiari. Già, perché un tema che ricorre sempre è quello della famiglia, grande assente in tutte le politiche di questo Governo. Le politiche familiari sono una strada necessaria da intraprendere, perché non solo stabilizzano, ma sono fondamentali perché si abbia una vera integrazione. La chiave di volta dei ricongiungimenti familiari è scomoda per chi crede che il pugno duro sia la forza della civiltà. Infatti, nel provvedimento in esame, si legge che non sarà più possibile richiedere il visto d'ingresso se il nulla osta non verrà rilasciato dopo 180 giorni dal perfezionamento della pratica. Svanisce così anche l'unica possibilità di garanzia del diritto all'unità familiare, prevista per far fronte alle lentezze burocratiche. Non solo, l'estensione del diritto ad ottenere la carta di soggiorno ai familiari dei titolari della stessa potrà avvenire solo se questi sono soggiornanti già da 5 anni e solo dopo il superamento di un test di lingua italiana. Sul test siamo tutti d'accordo.

Vorrei riportare alcune testimonianze di coloro che ogni giorno si confrontano con l'immigrazione. Secondo Caritas e Migrantes sono le politiche di integrazione il vero banco di prova degli interventi governativi in questo settore. Lo dice anche oggi, ed è riportato dai giornali, la vice presidente di Confindustria Federica Guidi, quindi non una comunista, né una cattocomunista come magari chi vi parla, né una persona di sinistra: è una donna che dall'alto della sua carica economica all'interno del nostro Paese afferma senza mezzi termini che ne abbiamo bisogno.

Lo dice chi studia il fenomeno, come il professor Ambrosini dell'università Cattolica, che nel presentare il dossier 2008 ha spiegato che «o si cambia qualcosa nei modelli di sviluppo e di assistenza, pagandone i prezzi, oppure si proseguirà nell'attuale ipocrisia: dicendo di non poter accogliere, si sta realizzando una società divisa in caste, tra chi ha diritti e chi ne ha meno, o non ne ha affatto». Lo dice anche il presidente della CEI, il cardinal Bagnasco, quando afferma che l'immigrazione «resta uno degli ambiti più critici della nostra vita nazionale. Vogliamo credere che non si tratti già di una regressione culturale in atto, ma motivi di preoccupazione ce ne sono, e talora anche allarmi». Il cardinal Bagnasco è preoccupato anche per 1'incessante arrivo di nuovi irregolari, sempre nostri fratelli, di fronte al quale chiede risposte civili, accordi di cooperazione per portare alla legalità situazioni irregolari, integrazione sociale e accoglienza delle domande di ricongiunzione familiare. Proprio il presidente della CEI rileva anche che «nell'ultimo periodo stanno emergendo qua e là dei segnali di contrapposizione anche violenta, che sarà bene da parte della collettività ai vari livelli non sottovalutare». E noi li ricordiamo proprio perché non li vogliamo sottovalutare.

Questo Governo ha pensato bene che la risposta fosse l'introduzione del reato di immigrazione clandestina; in principio pensavate di punirlo con la reclusione e, in seconda battuta, con l'ammenda fino a 10.000 euro, mentre occorreva superare l'approccio restrittivo ed economicistico che già era in parte presente nella legge Bossi-Fini e che qui trova un compimento. Chi ne farà le spese non saranno le associazioni criminali ma i cittadini stranieri più fragili, quelli che accettano di lavorare in nero pur di avere un'esistenza per lo meno dignitosa; quelli che mandano i soldi guadagnati nei Paesi di origine per alleviare le condizioni economiche delle proprie famiglie; quelli che, pur laureati, fanno gli operai, le colf ed i lavori più umili per sfuggire alla criminalità organizzata. Sono quei cittadini stranieri che abbiamo il dovere di tutelare e con loro avremmo dovuto costruire politiche di legalità: regolarizzare gli irregolari, far emergere il lavoro nero, far sì che le aziende si prendano le loro responsabilità, attraverso misure fiscali e previdenziali.

E non è certo attraverso l'aumento del numero di anni di convivenza post matrimoniale per ottenere la cittadinanza italiana, previsto all'articolo 4, che si può eliminare il fenomeno della strumentalizzazione dell'istituto del matrimonio, che ultimamente è stato più volte all'attenzione della cronaca. La pensa come me non solo la mia Presidente di Gruppo o il segretario del mio partito, ma anche il Presidente della Camera, che fino a prova contraria rappresenta una forza politica fra quelle che oggi governano il nostro Paese. Infatti, in Italia si sta registrando un aumento vertiginoso di matrimoni contratti tra anziani e giovani straniere, per lo più badanti. Calcolati negli oltre 300.000 matrimoni misti che si celebrano ogni anno nel nostro Paese, negli ultimi dieci anni sono stati oltre 30.000 i matrimoni tra uomini della terza età, cioè tra i 70 e gli 85 anni, single, vedovi o già divorziati, e giovanissime straniere. A questo fenomeno si aggiunge quello, molto più ampio nelle proporzioni, dei mariti anziani che lasciano le mogli. Sappiamo benissimo che questo fenomeno c'è, però non è con la soluzione che voi prevedete che esso si risolve e si affronta anche perché daremo la possibilità a chi contrae un matrimonio falso di poterlo fare più liberamente; non c'è più neanche bisogno della convivenza.

Sul tema dell'immigrazione non si può ironizzare; questo provvedimento risulta a metà tra un'opera buffa e un melodramma e non si smentisce nemmeno quando istituisce presso il Ministero dell'interno un registro per la schedatura dei cosiddetti clochard. I senza fissa dimora sono per antonomasia coloro che hanno deciso di sfuggire ad ogni regola, e nelle parole "apposito registro" sembra nascondersi l'intenzione di schedare delle persone che hanno fatto scelte diverse di vita. Qualcuno è anche morto nei giorni scorsi nel nostro Paese e credo che il fenomeno non possa essere affrontato in questo modo.

Ci sorprende anche la formulazione del cosiddetto permesso a punti, con l'obbligo di sottoscrivere un «accordo di integrazione», la tassa di 200 euro per ottenerlo, analoga tassa per la richiesta di cittadinanza e il test sulla conoscenza della lingua italiana per ottenere il permesso di soggiorno CE.

E se non bastasse il provvedimento così come concepito, la Lega ha presentato in Aula degli emendamenti singolari, che offendono il senso civile anche di noi italiani, quali il blocco dei flussi di ingresso per 2 anni, il pagamento delle prestazioni sanitarie pubbliche, l'obbligo per i medici di segnalazione alle autorità degli irregolari che si rivolgono a loro per essere curati. Lo stesso presidente della Camera, onorevole Gianfranco Fini, ha ritenuto il blocco dei flussi - cito testualmente - «non soltanto paradossale, perché alimenterebbe la clandestinità e il lavoro nero, ma sarebbe sbagliato». La Lega ritiene di affrontare la crisi economica e lo stato di recessione che ha investito il nostro Paese attraverso il pugno duro che, come sappiamo, ha sempre sortito un effetto opposto e ha condizionato la maggioranza in negativo.

Come dicevo all'inizio, questo provvedimento è un'altra occasione persa. L'immigrazione continua ad essere vista come un fenomeno che non ci appartiene, anche se è nelle nostre case e nelle nostre strade. L'italianità è qualcosa di più del colore della pelle: il nostro DNA è fatto di fratellanza, di civiltà, di doveri e di diritti, che ci appartengono nella stessa misura in cui riusciamo ad integrare nella nostra cultura anche chi è portatore di una cultura diversa.

Concludo ricordando le parole del Presidente della Repubblica, che è la massima autorità all'interno del nostro Paese: «Debbono cadere vecchi pregiudizi, occorre un clima di apertura e apprezzamento verso gli stranieri che si fanno italiani. In un clima siffatto possono avere successo le politiche volte a stabilire regole e a rendere possibile non solo la più feconda e pacifica convivenza con gli stranieri, ma anche l'accoglimento di un numero crescente di nuovi cittadini».

Mi auguro che queste parole vengano ascoltate e che il provvedimento non sia radicalmente stravolto, ma che almeno vengano modificate le aberrazioni che esso contiene. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Poretti. Ne ha facoltà.

PORETTI (PD). Signor Presidente, onorevoli senatori, il disegno di legge in esame in realtà rappresenta una risposta ad una insicurezza generata più dai media che da altro. In esso troviamo un inasprimento di pene, nuove figure di reato, aggravanti, pene crudeli, ronde, registri, schedature e quant'altro. Norme di maggiore impatto sociale riguardano il tema dell'immigrazione, che viene comunque affrontato in maniera disomogenea, confusa e contraddittoria.

Il contrasto all'immigrazione clandestina si può perseguire in vari modi: innanzi tutto, con l'esercizio dell'azione penale, vale a dire mediante la previsione di pene gravi irrogate in tempi rapidissimi ed effettivamente scontate. Il presupposto per il raggiungimento di questo obiettivo è dato, però, dall'esistenza di un sistema giudiziario e carcerario efficiente che nella realtà italiana è ancora a livello di utopia. Un'altra modalità per combattere l'immigrazione clandestina è quella imperniata esclusivamente sul fronte amministrativo, con l'emanazione e l'esecuzione per così dire a vista dei provvedimenti di espulsione. La strada percorsa dal disegno di legge approvato in Commissione è un ibrido che non risolve il problema dell'immigrazione clandestina, aggrava enormemente il sistema giudiziario e carcerario già al collasso ed è del tutto privo di profili solidaristici ed umanitari, al punto di vietare il matrimonio allo straniero che non è in possesso del permesso di soggiorno o di imporre una nuova tassa sui permessi di soggiorno. Dunque, norme vaghe, spesso inapplicabili, contraddittorie. Penso ad alcuni Comuni: ne cito uno, quello di Firenze, che prevede perfino dei tariffari per gli stranieri che si sposano nel proprio Comune, ma credo che considerazioni analoghe valgano anche per molte altre città storiche e turistiche.

È un evidente controsenso pensare di punire con pene pecuniarie gli stranieri che abbandonano il proprio Paese con la speranza di potersi costruire un'esistenza migliore; ed è tanto più assurdo se si considera che l'ammenda da infliggere per l'ingresso e il soggiorno illegale dello straniero ha carattere penale, non amministrativo, con il risultato che si viene a scaricare sugli organi giudiziari una valanga di processi inutili, con un aggravio enorme di spese per lo Stato, che, oltre a sopportare il costo dei processi, dovrà attivare un ulteriore procedimento per l'esecuzione delle sentenze, nella consapevolezza anticipata di non poter mai ricavare alcun utile.

Ma le disposizioni che maggiormente destano preoccupazione sono quelle che prevedono un farraginoso quanto umiliante meccanismo di integrazione dello straniero, «articolato per crediti», il cui azzeramento determina l'espulsione: una sorta di patente a punti che penalizza lo straniero che non paga le tasse e che premia colui che supera un corso di integrazione sociale e culturale. Vi è poi la norma sulle ronde che prevede il concorso di associazioni di cittadini per cooperare con le forze di polizie all'attività di presidio del territorio, con inevitabili conseguenze in termini di incremento dei fenomeni di intolleranza e razzismo e di intralcio all'attività delle forze di polizia. Ancora, vi è la norma che istituisce il registro dei senza fissa dimora. A che cosa serva non è scritto e non è dato sapere che funzioni abbia. Tra l'altro, se non ne vengono chiarite le funzioni, tale registro appare null'altro che quello per cui è stato pensato: una schedatura. Viene da ripensare al Settecento quando si perseguivano i vagabondi.

A queste disposizioni, che non si può esitare a definire insensate, se ne sono aggiunte altre introdotte con emendamenti che sono stati approvati nelle Commissioni di merito. Vorrei richiamare l'attenzione, in particolare, sulla norma che prevede la sospensione per due anni dell'adozione dei decreti che determinano i flussi di ingresso. Evidentemente i proponenti ancora non hanno chiaro il concetto che gli extracomunitari non clandestini costituiscono una ricchezza per il nostro Paese, rappresentando una insostituibile forza lavoro di cui non possiamo in alcun modo privarci, senza determinare forti contraccolpi in alcuni settori: basti pensare all'edilizia.

Un conto è la verifica della capacità recettiva del Paese, che costituisce presupposto indispensabile per la determinazione dei flussi; altro è la sospensione tout court per due anni del decreto, che viene giustificata «in funzione dell'attuazione del regolamento CE 862/2007 e in armonia con gli impegni assunti nel Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo adottato dal Consiglio europeo del 15-16 ottobre 2008». Si tratta ovviamente di un alibi. Il regolamento, peraltro in vigore dà un anno, non fa che stabilire dei criteri uniformi per le rilevazioni statistiche, applicabili già a partire dall'anno 2008; sicché non si vede quale sia la necessità di arrestare l'ingresso in funzione del regolamento, perché non c'è questa necessità. Né migliore fortuna ha il richiamo al Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo, che sancisce l'impegno dell'Unione europea e degli Stati membri ad attuare una politica giusta, efficace e coerente a fronte delle sfide e delle opportunità rappresentate dalle migrazioni. Il Patto costituisce ormai per l'Unione e i suoi Stati membri il fondamento di una politica comune dell'immigrazione e dell'asilo, ispirata ad uno spirito di solidarietà tra gli Stati membri e di cooperazione con i Paesi terzi. Tale politica comune si fonda anche su una gestione adeguata dei flussi migratori, nell'interesse non solo dei Paesi di accoglienza, ma anche dei Paesi d'origine e del migrante stesso, ma non autorizza, né tantomeno richiede l'adozione di misure così gravi come quella della sospensione dei flussi per due anni: sono misure autolesioniste.

Oltre alla pericolosità intrinseca della portata di molte norme contenute nel provvedimento, non bisogna nemmeno sottovalutare il clima in cui si apre il dibattito: dopo mesi di martellante campagna elettorale incentrata sui problemi della sicurezza, la risposta del Governo, benché a parole sia ispirata dalla volontà di favorire l'integrazione della popolazione immigrata, sembra concepita appositamente per raggiungere l'obiettivo opposto. Questo è un dato preoccupante, specie alla luce dell'escalation degli episodi di intolleranza nei confronti degli immigrati, dei rom e dei senzatetto che si è registrata in questi giorni. Con questo provvedimento il Governo rischia di contribuire all'inasprimento di un clima di insofferenza che già da mesi serpeggia nel Paese (grazie anche ad una campagna elettorale scellerata) e di fomentare improbabili cacce alle streghe, senza aver fatto il minimo passo avanti in materia di sicurezza. Ma, soprattutto, esistono davvero queste streghe? O sono streghe create unicamente dai mezzi di informazione, che hanno ampliato a dismisura la portata delle notizie dedicate alla cronaca nera? Si è creata mediaticamente un'emergenza; la politica risponde non su dati reali concreti, ma su questa emergenza creata.

Io intervengo qui in Aula anche per iniziare a parlare di quello che poi sarà il lavoro che faremo, attraverso gli emendamenti, come opposizione e come delegazione radicale nel Gruppo del Partito Democratico. Parlo della delegazione radicale (e quindi della senatrice Emma Bonino e del senatore Marco Perduca) perché, se su molti emendamenti faremo battaglia comune con il Gruppo del Partito Democratico, su due emendamenti - di cui già inizio a parlare - probabilmente non saremo compatti. Mi riferisco agli articoli 34 e 35, che sono stati inseriti dalle Commissioni riunite tramite emendamentibipartisan, che recano la firma dei due Capigruppo, Anna Finocchiaro e Maurizio Gasparri, e dei Capigruppo nelle rispettive Commissioni affari costituzionali e giustizia. Fanno riferimento all'articolo 41-bis, al carcere duro, all'inasprimento di tale regime carcerario: se ne raddoppia la durata, si dimezzano le ore d'aria, si dimezzano i colloqui con i parenti e con gli avvocati. Per quanto ci riguarda, noi proporremo l'abrogazione. Tengo a ricordare la nostra posizione: secondo noi, si tratta di emendamenti incostituzionali. Proprio poche settimane fa, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura è venuto in visita in Italia per accertare le condizioni di detenzione dei reclusi sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis.

In questa norma uscita dalle Commissioni, come ricordavo, si vuole allungare il regime duro sino a quattro anni, prorogabili all'infinito, si prevede la riapertura di carceri quali l'Asinara e Pianosa, chiuse, anche per i costi enormi, da Governi di centrosinistra e che rischiano di riaprire grazie a Governi di centrodestra, supportati anche - mi auguro che così non sia - dal sostegno del centrosinistra. Si intende poi invertire l'onere della prova della pericolosità, facendola gravare sul detenuto (la cosiddetta probatio diabolica), e ridurre il diritto alla difesa (vengono contingentati i colloqui con i difensori, e, se ne scappa uno in più, lo stesso avvocato difensore rischia il carcere), dando la competenza sui reclami al solo tribunale di sorveglianza di Roma, in palese violazione del principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge. Alcuni mesi fa era intervenuto un giudice californiano, Sitgraves, per dirci che in Italia c'è il rischio di tortura a causa del tanto venerato 41-bis.

Il 41-bis è un regime penitenziario pesantissimo, che, proprio a causa della sua estrema durezza, la Corte costituzionale ha affermato debba essere necessariamente temporaneo. L'isolamento prolungato a cui i detenuti sono sottoposti produce effetti irreversibili di desocializzazione e delocalizzazione, facendo venire meno il principio della pena e del reinserimento del detenuto, come previsto dalla nostra Costituzione. Alcuni anni fa è stato scritto un libro da Maurizio Turco, attualmente deputato radicale nel Gruppo del PD, e da Sergio D'Elia, segretario dell'associazione «Nessuno tocchi Caino», nel quale il regime del 41-bis era stato definito appunto come tortura democratica.

Concludo ricordando un ulteriore emendamento che proporremo e che la delegazione radicale ha già depositato agli atti, per introdurre finalmente in Italia il reato di tortura, al fine di rispettare anche le convenzioni dell'ONU sui diritti umani. Su questo punto mi auguro che possa esserci davvero un'unità del Parlamento, per superare la mancanza del reato di tortura nel nostro codice penale. (Applausi della senatrice Marinaro).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Marinaro. Ne ha facoltà.

MARINARO (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi e rappresentante del Governo, il provvedimento che siamo chiamati a discutere fa parte del pacchetto sicurezza emanato a maggio più per una preoccupazione mediatica che non per guardare in profondità ai problemi che abbiamo di fronte oggi in materia di sicurezza. È un provvedimento che ha un contenuto molto eterogeneo e contiene, accanto a norme condivisibili in materia di lotta alla criminalità organizzata e alla tratta delle persone, altre disposizioni che, come è già stato rilevato in altri interventi, sono di dubbia legittimità democratica, soprattutto in materia di immigrazione e di controllo sociale.

Sul tema immigratorio, è importante ancora una volta sottolineare la necessità di sviluppare una coscienza più forte dell'importanza dell'Europa e delle politiche comunitarie, al cui processo decisionale noi tra l'altro partecipiamo. Dobbiamo farlo non solo perché l'integrazione degli ordinamenti nazionale e comunitario penetri nel tessuto sociale nazionale, ma anche per non incorrere continuamente in cattive figure e nocive marce indietro, come è stato fatto per l'espulsione dei cittadini rumeni, che sono comunitari, o nel caso delle impronte digitali dei minori rom, oppure per non incorrere inutilmente in procedure di infrazione al diritto comunitario, che sono a totale detrimento del ruolo e dell'immagine dell'Italia in Europa e nel mondo.

Il pacchetto di direttive che regola diritti e doveri degli immigrati negli Stati membri ha visto la partecipazione viva ed attiva di autorevoli membri di questo Governo. Mi riferisco nello specifico alle dichiarazioni del ministro Frattini, che fino a pochi mesi fa era commissario europeo, il quale ha sottolineato più volte come, per combattere l'immigrazione illegale, bisogna dotarsi di "un approccio che abbraccia diversi aspetti dell'articolato fenomeno migratorio: politiche di contrasto all'immigrazione illegale; politiche di cooperazione con i Paesi terzi; politiche che permettano agli immigrati di accedere al mercato del lavoro europeo, dove tante professionalità sono già perdute o in via di estinzione, politiche di integrazione, naturalmente. Di tutti questi segmenti, quello della migrazione legale, in particolare, ha bisogno di una risposta politica». Su questo impianto, sembrerebbe esserci un accordo largamente condiviso, così come sul Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo.

Allora, cari colleghi, non si capisce perché introdurre il reato di immigrazione clandestina, che - benché derubricato da reato a contravvenzione non oblabile - continua a sottolineare l'esigenza di incriminare l'immigrazione irregolare, quando la sola misura applicabile resta quella dell'espulsione, la cui esecuzione impedisce peraltro la prosecuzione dell'azione penale. Contrasta con il principio di legalità della pena prevedere che l'adempimento ad un mero provvedimento amministrativo, l'espulsione, possa impedire lo svolgimento del processo, l'accertamento del fatto e della colpevolezza.

Contrasta anche con la presunzione di innocenza e con il diritto alla difesa; è incompatibile con il principio di ragionevolezza dell'articolo 3 della Costituzione nella parte in cui si prevede la sospensione del procedimento penale nei confronti di chi abbia fatto richiesta di un permesso di soggiorno per motivi di protezione internazionale, ma non invece per motivi di protezione sociale (come può avvenire, per esempio, per le vittime della tratta). Sarebbe, anzi, opportuno prevedere una causa di non punibilità per le vittime della tratta che permangono sia pur illegalmente sul territorio nazionale; questa norma risponderebbe a quelle internazionali previste dalla Convenzione di Varsavia del Consiglio d'Europa, ma soprattutto corrisponderebbe alle indicazioni contenute nella direttiva europea n. 81 del 2004 che impone l'accoglienza delle vittime della tratta, anche se sono soggiornanti irregolari.

Questo attiene al piano giuridico; quanto al piano dell'efficacia, a parte l'aggravio del contenzioso giudiziario che la norma determinerà, non muta in nulla la strategia di contrasto all'immigrazione irregolare. Infatti, gli immigrati irregolari saranno colpiti come oggi dal provvedimento amministrativo dell'espulsione.

Voglio segnalare, inoltre, anche l'incriminazione della permanenza illegale; ciò è dovuto - come ha dichiarato anche il prefetto Manganelli nell'audizione delle Commissioni 1a e 2a del Senato - alla considerazione secondo cui il 70 per cento di clandestini sono entrati legalmente in Italia e poi diventati irregolari perché privi di permesso di soggiorno valido (un esempio è rappresentato da un permesso scaduto e non rinnovato). Ricordo a questo fine che al contrario di altri Paesi europei abbiamo una legislazione in materia di ingressi e soggiorno, la cosiddetta Bossi-Fini, che genera all'origine clandestinità e irregolarità. Quando ci sono, infatti, milioni di persone che avendo il permesso di soggiorno sono costrette a rinnovarlo ogni anno e la burocrazia non fa in tempo a provvedervi entro i venti giorni previsti dalla legge, oppure brevi periodi di disoccupazione che coincidono con il rinnovo del permesso di soggiorno, il lavoratore precipita nell'irregolarità.

Siamo di fronte ad una legge che favorisce, inoltre, la clandestinità in ingresso perché impedisce l'incontro regolare tra domanda e offerta di lavoro. Si tratta, infatti, di norme che rompono l'unitarietà del mercato del lavoro, che spingono l'immigrato verso il lavoro in nero e che rendono il lavoratore immigrato invisibile, senza diritti ed in preda allo sfruttamento più bieco. Abbiamo, inoltre, un mercato del lavoro che assorbe una quantità importante di lavoro immigrato in nero. Siamo, quindi, in presenza di dati di fondo che non sono imputabili alla volontà dell'immigrato, ma che sono dovuti a carenze della nostra legislazione in materia di inserimento e di tutele.

Ecco, quindi, il grande problema sociale da affrontare e risolvere che non può essere tutto giocato e risolto sul terreno dell'ordine pubblico o del permesso a punti. C'è un urgente bisogno di sanare, di far emergere, di introdurre nuovi canali di ingressi legali; c'è bisogno urgente di tutelare la dignità delle persone.

Non si risponda, per cortesia, come è stato fatto di recente in questo dibattito, alla richiesta dei sindacati di congelare la Bossi-Fini, che non si può perché è vietato dall'Europa perché ciò non corrisponde al vero. La Commissione e il Consiglio europeo, come ribadito anche nel Patto per l'immigrazione, convengono sulla necessità di regolarizzazione non generale, ma caso per caso, nel quadro delle legislazioni nazionali, per motivi umanitari o economici. Non è forse questo il caso dell'Italia che ha una sacca enorme di irregolari e clandestini dovuta anche ad una programmazione degli ingressi sicuramente da rendere più adeguata ed efficiente, ma certo da non congelare o sospendere come proposto dal Governo?

In questo contesto vale la pena segnalare, inoltre, che considerare il permesso di soggiorno requisito necessario per il rilascio di atti amministrativi quali, per esempio, il poter contrarre matrimonio o fruire di prestazioni sanitarie è in contrasto aperto con la Costituzione italiana e con il diritto comunitario giacché si tratta di diritto fondamentale e non di diritto di cittadinanza.

Anche la norma che consente il rimpatrio assistito dei minori che esercitino la prostituzione solleva perplessità rispetto al diritto comunitario e internazionale per la tutela del minore. E' di tutta evidenza che un minore costretto dalla sua famiglia a venire in Italia per esercitare la prostituzione non potrebbe che essere ulteriormente pregiudicato qualora venisse riconsegnato ai suoi. Inoltre la norma contrasta in più punti con la direttiva n. 38 del 2004 sull'allontanamento dei cittadini comunitari.

E così anche per il test di lingua italiana, in aperto contrasto con la direttiva n. 109 del 2003. Favorire la conoscenza della lingua italiana nel mondo, cari colleghi, lo ricordo anche a noi, significa prima di tutto investire, non solo in politiche mirate, ma anche in termini finanziari e di relazioni più strette con i Paesi terzi; significa fare una convinta battaglia per la difesa della lingua e per la diffusione della nostra cultura nel mondo, a partire dalle nostre comunità all'estero, che hanno registrato significativi tagli soprattutto in questo settore.

Sempre in merito alla direttiva n. 109 del 2003, si evidenzia l'incompatibilità tra il suo articolo 5 e l'introduzione del permesso di soggiorno a punti. Inutile continuare allora con la disanima dei singoli articoli ed emendamenti. Inviterei il Governo, soprattutto il Ministero dell'interno, ad essere più attento e a fare questa disamina prima di incorrere in disdicevoli rapporti con la Commissione europea.

Analoghe considerazioni possono essere svolte relativamente alle norme che fanno parte del cosiddetto controllo sociale, a cominciare dall'istituzione di un registro di persone senza fissa dimora, senza che si possa conoscere né la finalità per cui tale registro è costituito, né quale dovrebbe essere la sua funzione. Una norma siffatta viola il principio di legalità nella misura in cui rimette quasi integralmente la disciplina di un istituto incidente su diritti soggettivi a un mero decreto ministeriale, cioè a un provvedimento amministrativo, che non ha nemmeno lo status di norma regolamentare di rango secondario. Voglio ricordare che non sono neppure disciplinate le modalità di tutela dei dati personali.

Avere la residenza anagrafica, cioè essere registrati negli archivi del comune, là dove realmente si vive, è un diritto della persona, anche se è un "senza tetto", cioè senza una casa "normale", che sia giuridicamente utilizzabile come civile abitazione. Un diritto da cui ne derivano molti altri: il diritto alle cure del Servizio sanitario nazionale, il rilascio della carta di identità, il diritto all'assistenza sociale, l'iscrizione alle liste per l'assegnazione degli alloggi che il comune ha a disposizione, il diritto di voto nelle elezioni politiche e amministrative (quest'ultimo solo per i cittadini italiani o comunitari). Non solo i senzatetto, ma anche le persone senza fissa dimora hanno diritto ad avere una residenza anagrafica.

Se una persona gira l'Italia senza mai fermarsi, perché è un venditore ambulante o perché riceve ospitalità due mesi in un dormitorio di Roma, altri due mesi a Milano e così di seguito per tutto l'anno, e non ha già una residenza anagrafica nel Comune dove è nato o dove ha vissuto in precedenza, ha diritto a stabilire in uno dei Comuni che frequenta la propria residenza anagrafica nella sua qualità di persona senza fissa dimora.

Molti grandi Comuni italiani si sono attrezzati per andare incontro alle esigenze di una minoranza particolarmente disagiata. Ora di questo si tratta e non di altro: non si tratta, insomma, di un diritto di carta da sottovalutare, ma della premessa necessaria per fare delle città società inclusive, non delimitate dal censo, ma davvero universali.

Perciò, a tale proposito, ripetiamoci ancora una volta che più di ogni altro fenomeno della moderna globalizzazione l'immigrazione mette alla prova Stati e Governi. Tale fenomeno potrebbe essere definito un misuratore della qualità delle nostre democrazie e del modello di società. Una politica aperta, inclusiva e rigorosa, capace di conciliare legalità e solidarietà, che parta da un patto di cittadinanza basato su diritti e responsabilità, sarà in grado di proiettarsi nel futuro con maggiori risorse, energie e dinamismo. Politiche difensive e di chiusura invece condannerebbero alla staticità, all'invecchiamento, all'impoverimento ed al declino delle nostre società.

Nell'attuale maggioranza di Governo prevale l'atteggiamento difensivo con la motivazione che occorre cogliere il sentire diffuso nell'opinione pubblica di angoscia ed insicurezza. L'immigrazione diventa così una sorta di scarico a terra di tensioni e malcontenti che, in realtà, hanno origine dall'incapacità di dare risposte credibili ai veri e grandi problemi che riguardano il modello di sviluppo economico, il modello di stato sociale, le politiche di distribuzione del reddito, di protezione, di coesione sociale e di cooperazione con il resto del mondo.

Le politiche difensive e di chiusura hanno un costo enorme per la collettività, in termini finanziari, culturali e di relazioni con i Paesi di provenienza, come stiamo già sperimentando con le vostre politiche di tagli già previsti nella finanziaria in materia di cooperazione allo sviluppo, di promozione della lingua italiana nel mondo, di politiche sociali e sanitarie.

Cosa si può fare, allora, per cambiare questa logica perversa? Lavorare insieme, cari colleghi, per individuare le migliori soluzioni per il nostro Paese, senza calpestare i capisaldi su cui poggia sia la nostra democrazia che l'Europa.

Così intendiamo il Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo, voluto e proposto dalla Presidenza di turno del Consiglio europeo; un patto che riprende l'approccio globale in materia di migrazione, adottato nel dicembre 2005. Tale approccio ribadisce la convinzione che le questioni migratorie, oggi più che mai, costituiscono parte integrante delle relazioni esterne dell'Unione e che una gestione armoniosa ed efficace deve essere globale e deve fondarsi sull'organizzazione della migrazione legale e la lotta contro la migrazione illegale con mezzi capaci di favorire le sinergie tra migrazione e sviluppo.

Si tratta di un approccio che mette l'accento sullo stretto legame tra Paesi d'origine, di transito e di destinazione, rimanendo ancorato alle norme del diritto internazionale e, in particolare, a quelle relative ai diritti fondamentali dell'uomo, alla dignità della persona umana, all'accoglienza dei rifugiati senza se e senza ma. In questo contesto, si afferma che l'immigrazione debba essere il risultato di una duplice volontà, quella del migrante e quella del Paese ospitante, per garantire un reciproco vantaggio ed assicurare un'armoniosa convivenza.

Si sottolinea, perciò, l'importanza di adottare una politica immigratoria in Europa che consenta un equo trattamento e l'integrazione nella società del Paese di accoglienza. Le vostre proposte, invece, calcano la mano solo sulla parte repressiva, minando così il processo di integrazione già in atto nella parte più significativa, sana ed operosa dell'immigrazione nel nostro Paese. È banale affermare che proprio per questo è necessario intraprendere una nuova strada per arginare il clima di paura ed insicurezza che ha determinato un aumento del livello di xenofobia e favorito la rappresentazione negativa dell'immigrazione nel nostro Paese, anche alimentato da una parte dei media e da alcuni esponenti pubblici.

Per tale motivo, proponiamo iniziative non soltanto tese a migliorare la situazione economico-sociale del nostro Paese, ma anche volte ad incidere sul necessario cambiamento culturale, modificando il clima generale che stiamo vivendo; proponiamo di avviare una campagna nazionale lungimirante e solidale per favorire quella presa di coscienza che porta a non identificare nella disgrazia altrui la soluzione della propria; proponiamo la promozione di un discorso pubblico sull'immigrazione più equilibrato, meno legato ai temi della sicurezza e agli interessi politici ed elettorali dei partiti; proponiamo di contribuire alla continuità di un fenomeno così ricco di conseguenze politiche, economiche, sociali e culturali a prescindere dalle maggioranze per assicurare una civile convivenza, il riconoscimento dei diritti civili, sociali e politici; proponiamo un'efficace lotta alla criminalità e alla tratta di persone.

Cari colleghi, anche noi - forse più di voi - vogliamo offrire maggiore sicurezza e serenità ai cittadini italiani. Riteniamo, infatti, che la sicurezza in quanto bene universale sia il presupposto essenziale per un rafforzamento del senso civico, ma soprattutto dell'appartenenza al territorio, alla Nazione e all'Europa, dell'appartenenza ad un insieme di valori e principi che sono il cemento della democrazia partecipata ed inclusiva.

Siamo altresì consapevoli del fatto che il grado di maturità e responsabilità di un Paese moderno, nonché il suo grado di civiltà, si misura nella sua capacità di confrontarsi con la diversità. È uno dei terreni su cui si gioca il futuro dell'Europa e degli Stati che la compongono. Questo è quindi il Patto italiano sull'immigrazione e l'asilo che vi proponiamo per il bene dell'Italia e dell'Europa.

E come dice Confucio: «Non conta il colore del gatto, conta che acchiappi il topo». (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Lumia. Ne ha facoltà.

LUMIA (PD). Signor Presidente, colleghi, la sicurezza è una sfida per la politica, una sfida seria, vera, profonda e a buona ragione sentita dai cittadini. Certo, come tutte le sfide nuove trascina con sé incertezze, approssimazioni, per alcuni versi anche delle ambiguità, aspetti non piacevoli, ma in un certo senso inevitabili.

È una sfida che comporta un dovere della politica. La politica se ne deve occupare con rigore e progettualità. La cosa che la politica deve sicuramente evitare è la strumentalizzazione o farne un uso non di una nobile competizione, ma di una bassa battaglia politica: per tutta la politica è una sfida, per tutta la politica è un dovere. Penso che la sicurezza sia così importante che andrebbe considerata alla stregua di un diritto di nuova generazione, che vale la pena trattare come se fosse un diritto di rilievo costituzionale.

Per il Partito Democratico si fa sempre più strada una consapevolezza di tale solennità, anche se non mancano resistenze spesso per un'antica e per allora fondata paura che la sicurezza possa restringere spazi di libertà ed autonomia dei cittadini e possa enfatizzare il carattere repressivo dello Stato, una preoccupazione che in altri Paesi è fatta propria anche da culture politiche moderate e liberali.

In Italia il centrodestra vive, a differenza di noi, una doppia contraddizione, una di fondo e l'altra pratica, anzi oserei dire molto pratica.

Per la destra italiana, con riferimento a quella di fondo, la sicurezza viene declinata in modo riduttivo, tutta giocata interamente contro le fasce marginali, con in testa l'ossessione sugli immigrati. Appena si sale di grado e si assume la sicurezza come un diritto di tutti ma anche un dovere per tutti, anche per le fasce alte della società - per semplificare, i cosiddetti potenti - allora emerge l'approccio garantista-strumentale, spesso ipergarantista o semplicemente strumentalmente garantista. I reati finanziari contro la pubblica amministrazione, la corruzione, la concussione, le tangenti, l'ambiente devastato, sono la palestra per riscoprire i valori liberali e i valori garantisti.

Per le fasce marginali siete giustizialisti e spietati repressori preferendo enfatizzare la legittima paura dei cittadini piuttosto che curarla con risposte vere ed efficaci. In questo provvedimento tale contraddizione è evidente, esplicita, al punto tale che ci costringe ad assumere un voto contrario.

Mi riferisco agli emendamenti xenofobi e discriminatori che avete approvato sugli immigrati e che sono qui stati contestati bene da parte di molti nostri colleghi con puntualità e con proposte seriamente alternative. Per noi, che non vogliamo sfuggire ad un certo legame che esiste, e che non va negato, tra sicurezza e immigrati, l'approccio è diverso, radicalmente diverso dal vostro. Gli immigrati sono una risorsa, le mafie sono il problema: le mafie albanese, cinese, slava, nigeriana. Le mafie degli immigrati sono realmente un problema.

State ripercorrendo lo stesso tragico errore fatto sulla pelle dei nostri emigrati italiani quando si recavano all'estero, per esempio negli Stati Uniti, alla fine dell'Ottocento e nei primi del Novecento. Siciliani, calabresi, napoletani furono considerati un problema, le mafie no. Il risultato fu paradossale: gli emigrati discriminati, emarginati, i mafiosi accolti e riveriti. Questo approccio trascina con sé un altro risultato negativo: gli emigrati italiani non isolarono a sufficienza le mafie perché comunque ne rappresentavano, in terra lontana, per alcuni versi diversissima nella cultura, nelle tradizioni, una certa e sicura protettiva appartenenza. Le mafie così potevano alimentarsi e integrarsi senza problemi, a suon di denaro, potere e violenza. Esponenti della Lega e del PdL, rischiate di percorrere la stessa, rovinosa strada.

L'immigrato - ripeto - è una risorsa, per il lavoro che viene a svolgere, per la cultura che porta con sé, anche perché costringe a rivedere le nostre assopite identità culturali, territoriali e religiose; per riscoprirle e rimetterle in gioco, per innovarle e saperle integrare. Certo, una risorsa, quella degli immigrati, da regolare, con fermezza e senza falsi e sterili solidarismi. Regole chiare, integrazione rispettosa della nostra Costituzione e della nostra realtà culturale e democratica.

La maggioranza, il vostro Governo, considera gli immigrati ancora un problema, e le mafie no; esse non sono considerate un problema, come lo era Cosa nostra americana, ad esempio. Dobbiamo essere chiari, non dobbiamo avere titubanze ad aggredire le mafie costruite e organizzate dagli immigrati. Sì, lì possiamo tirare fuori i muscoli, fare vedere tutta la necessaria forza, anche repressiva e severa della democrazia.

Pensiamo alla mafia albanese, che nel nostro Paese organizza droga, prostituzione e comincia ad infiltrarsi nel sistema dei subappalti; alla mafia russa, che sta spiccando per la sua forza dirompente nel sistema del riciclaggio, anche nel nostro Paese; alla mafia slava, con i suoi furti, rapine e prostituzione; alla mafia nigeriana, prostituzione e droga in quantità impressionanti; alla mafia cinese, che non solo riduce spesso in schiavitù i propri connazionali, ma si esercita in quel traffico della contraffazione, che mette a serio rischio ampi settori della nostra economia e delle nostre produzioni. Spezzare il meccanismo tra le mafie e gli immigrati è la sfida vera che abbiamo; dobbiamo considerare gli immigrati una risorsa e le mafie un problema: isolare le mafie e integrare gli immigrati e fare in modo che le mafie diventino un problema per gli stessi immigrati, per gli stessi cinesi, albanesi, nigeriani e slavi.

Così possiamo vincere questa battaglia, così possiamo fare tesoro della storia che abbiamo alle nostre spalle; così possiamo, a testa alta, considerarci un Paese moderno, avanzato, in grado di affrontare il tema della sicurezza con una visione ampia, qualificata e capace.

Dicevo che accanto a questa contraddizione di fondo ce n'è un'altra di tipo pratico‑operativa: mi riferisco al tema delle risorse. Proclamate la sicurezza, ne fate una bandiera e al tempo stesso avete fatto delle scelte, a partire dalla finanziaria estiva, che hanno colpito pesantemente il sistema della sicurezza in tutti i settori.

Il sistema della sicurezza è stato colpito sul piano delle risorse finanziarie (oltre un miliardo di euro) e del personale. Abbiamo già una carenza attuale di organico nelle forze di polizia pari a circa 10.000 unità e voi prevedete, al 2012, un'ulteriore riduzione pari a 15.719 unità.

Vi sono carenze di organico che rischiano di compromettere la capacità operativa, la stupenda qualità professionale delle nostre forze di polizia. Ma in realtà state mettendo anche in serio pericolo la banale e quotidiana operatività delle macchine, la possibilità di pagare gli straordinari, di mettere in condizione le forze di polizia di esercitare quel controllo del territorio, quello intelligente, attraverso la polizia di prossimità e attraverso la capacità repressiva immediata, che i cittadini ci chiedono e che tutti spesso indichiamo come un fatto operativo indispensabile e necessario.

Ecco perché questa contraddizione rischia di scaricarsi sulle spalle del Paese, di fare danni. Prima avete negato questi tagli. E dopo che si è scatenato contro di voi tutto il mondo degli operatori della sicurezza, comprese tutte le organizzazioni sindacali delle forze di polizia, avete promesso che avreste recuperato successivamente, con altri provvedimenti. In questo, che si riferisce esplicitamente alla sicurezza, non vi è traccia di recupero delle risorse.

Se la sicurezza è una sfida che la politica deve trattare con rigore e progettualità, allora è importante cambiare passo, diventare più coerenti, aprire un confronto più serio, capace realmente di fare della politica uno strumento nobile, intelligente, moderno, operativo, qualificato. E se la sicurezza è un diritto fondamentale, allora bisogna investire in intelligenza, in strumenti e in risorse, con vere e concrete risorse finanziarie. Provate ad investire un miliardo di euro sulla sicurezza. Provate ad innovare gli apparati tecnologici, gli strumenti operativi delle forze di polizia e vedrete che la sicurezza comincerà a diventare un cammino serio.

In Parlamento - lo riconosco senza nessuna difficoltà - su alcune parti del disegno di legge si è avuta la capacità di fare meglio. A parte le questioni riguardanti gli immigrati dove, invece, si è fatto peggio. Perché quando si pensa di realizzare l'integrazione con quei meccanismi burocratici che avete previsto, cioè imponendo esami e instaurando un sistema di punteggi, è chiaro che non si ha l'idea di che cosa significhi la vera integrazione. Così come è chiaro che quando mettete in pista le ronde non avete idea di che cosa significhi, invece, controllo democratico partecipato e condiviso del territorio.

Ma su altre norme, come ho detto, si è avuta realmente la capacità di fare meglio delle proposte del Governo. Abbiamo collaborato, avanzato proposte. Vi è stato un confronto serio nelle Commissioni ed i risultati si sono avuti soprattutto sulle norme riguardanti la lotta alle organizzazioni mafiose.

Per noi era importante ottenere risultati sul 41-bis. Abbiamo messo a confronto le nostre migliori proposte e negli articoli 34 e 35 del disegno di legge al nostro esame finalmente il 41-bis ha trovato cittadinanza. Siamo riusciti a fare delle cose molto importanti. Finalmente il 41-bis diventa una priorità della politica e del Parlamento. È noto che questo regime è stato pensato dal giudice Falcone per bloccare la capacità delle mafie di continuare a comunicare con l'esterno, di determinare quale appalto truccare, quali forme di estorsione mettere in pista, quali istituzioni condizionare e - perché no? - quale politico votare. E così l'organizzazione mafiosa anche dentro le carceri riesce a strutturarsi. Così il boss, anche ristretto nel regime carcerario, riesce a mantenere una posizione strategica all'interno dell'organizzazione, anzi, in alcune occasioni, il carcere si trasforma in una porzione di territorio dove instaurare un dominio, un controllo gerarchico, una forza di intimidazione pari alla violenza che le organizzazioni mafiose hanno saputo dimostrare - ahimè! - nel nostro Paese.

Ecco perché questa risposta è importante. Ecco perché è stato importante inserire, per quanto riguarda la durata del provvedimento, quattro anni e fare modo che la proroga fosse pari almeno a due anni. Ecco perché è stato importante costruire un sistema di proroga che viene disposto quando risulta che la capacità di mantenere i collegamenti con l'associazione criminale, terroristica o eversiva, non è venuta meno, tenuto conto anche del profilo criminale e della posizione rivestita dal soggetto in seno all'associazione, della perdurante operatività del sodalizio criminale, della sopravvivenza di nuove incriminazioni non precedentemente valutate, degli esiti del trattamento penitenziario e del tenore di vita dei familiari del sottoposto.

Il mero decorso del tempo non costituisce di per sé elemento sufficiente per escludere la capacità di mantenere collegamenti con l'associazione o dimostrare il venir meno dell'operatività della stessa. Si tratta di una grande e positiva innovazione e ritengo che, insieme alle altre innovazioni che vanno segnalate, quelle appunto di videoregistrare i colloqui, laddove spesso sono passati i più terribili messaggi e comandi di violenza da esercitare all'esterno, si persegue lo scopo di garantire un controllo più serio, più rigoroso dei momenti di socializzazione, che spesso si trasformano, invece, in momenti di integrazione criminale e non di recupero educativo e di vera socializzazione; così anche la possibilità di impedire che ci possano essere all'interno, punendoli, forme di collusione e di complicità, prevedendo esplicitamente un reato che va a colpire quelle forme di complicità che si sono instaurate all'interno ed all'esterno per aggirare il 41-bis.

Ma vi è un aspetto che mi preme sottolineare, su cui sfideremo il Governo ad entrare in una fase operativa, che è quella di riapertura delle carceri che si trovano in aree insulari. Penso che Pianosa vada riaperta; è stato un errore chiudere carceri di questo tipo anche perché delle carceri per detenuti comuni nelle isole ci sono. Guarda caso, si sono chiuse solo quelle per il 41-bis. È stato un errore clamoroso perché sappiamo che in gioco non sono i diritti umani, ma solo la possibilità di negare la comunicazione con l'esterno. Nessun capello deve essere torto anche ai più terribili criminali mafiosi! Bisogna impedire loro di poter continuare ad esercitare un dominio verso la società, che è insopportabile per le vite umane, per i diritti democratici, per la libertà della nostra società. Ecco perché queste misure sono importanti e noi le abbiamo proposte e le abbiamo integrate con altre vostre proposte, con un risultato che, oggi, può rappresentare sicuramente un passo in avanti, su cui il Governo, nella fase applicativa, deve dimostrare coerenza e rigore.

Ci sono anche altre norme importanti, in particolare sui poteri del Procuratore nazionale antimafia che per noi sono poteri rilevanti, che andavano migliorati e qualificati, soprattutto per colpire i patrimoni e il sistema del riciclaggio e per sostenere anche - come il relatore ha dimostrato nella sua introduzione - il ruolo dei prefetti, per quanto riguarda il sistema degli appalti: più controllo nel sistema degli appalti. Una capacità di controllare direttamente i cantieri, dove spesso la sovranità delle mafie prende il sopravvento. E così un altro aspetto importante è stato quello di predisporre un sistema di custodia cautelare migliore, più qualificato e, ancora, la capacità di intervenire su quel tipo di riciclaggio che, attraverso il sistema di money transfer, ha garantito alle organizzazioni mafiose di trasferire all'estero ingenti quantità di risorse finanziarie.

È stato anche positivo l'accoglimento della proposta sullo scioglimento dei Consigli comunali.

Sono tutte proposte sulle quali nella Commissione parlamentare antimafia da anni si sono elaborate norme, date delle indicazioni contenute anche nel disegno di legge del passato Governo. Oggi trovano finalmente in Parlamento, qui in Aula, con un confronto serio rispettoso ed intelligente, delle prime soluzioni.

Vorrei ora rivolgermi ai relatori ed al Governo in merito alle norme che non si è avuto il coraggio di approvare in Commissione e che, mi auguro, in Aula trovino spazio. Ci sono infatti ancora delle norme che sono lì, davanti a noi, che hanno bisogno di essere approvate. Innanzi tutto, vogliamo confrontarci in Aula sul tema dell'obbligo della denuncia per le imprese e per gli operatori economici sottoposti ad estorsioni.

Senatore Vizzini, lei sa, perché l'abbiamo condiviso in diverse occasioni, che il tema dell'antiracket è importante e decisivo e noi qui in Parlamento sappiamo che il sistema delle imprese ha fatto dei passi in avanti senza precedenti. Le associazioni antiracket, guidate da Tano Grasso e la Confindustria siciliana con Lo Bello e Montante hanno dato segnali senza precedenti. Non pensa, relatore, che sia giunto il momento di rendere obbligatoria la denuncia attraverso delle penalità, non penali - lo sottolineo - ma amministrative, ed incentivi di tipo fiscale per gli operatori economici che resistono e che rendano vantaggiosa oggi, in questo momento, una scelta diffusa e capillare in grado di spazzare via le organizzazioni mafiose sul tema del racket, che per loro costituisce un risorsa essenziale sia di mantenimento dell'organizzazione sia di controllo del territorio? Perché non fare questo passo in avanti? Perché in Aula non convergere su questo tema? Perché, relatore, non accettare la nostra proposta, attraverso un confronto, un'integrazione, e magari sottoscrivendo un emendamento in comune, come abbiamo fatto per il 41-bis, sul conto dedicato, quel conto specifico che le imprese che vincono un appalto devono aprire per poter garantire la trasparenza del flusso del denaro pubblico - per fare una scuola, una strada, un ospedale, un'importante infrastruttura - e per garantirne le tracciabilità?

Non è questa una misura antiriciclaggio intelligente, condivisa dalle imprese migliori che vogliono risultare vincitrici nel sistema delle opere pubbliche per la qualità della loro capacità imprenditoriale e professionale? È una sfida che vi lanceremo in Aula e su cui vorremmo poter integrare e convergere, come abbiamo fatto per il 41-bis. E perché non fare lo stesso per quanto riguarda l'agenzia per la gestione dei beni confiscati? Alcune norme le abbiamo già approvate; si potrebbe pervenire alla creazione di un'agenzia per la gestione dei beni confiscati, snella, efficace, in grado di far diventare i beni confiscati una risorsa occupazionale, di promozione dei diritti, di trasformazione positiva del territorio. Occorre però stare attenti, relatore, perché lei sa bene che non si può accettare quella proposta, forse un po' buttata lì e non molto pensata del ministro La Russa, di vendere tali beni: lei sa benissimo infatti, come abbiamo potuto verificare in Commissione antimafia, che i beni messi in vendita facilmente possono ritornare patrimonio delle organizzazioni mafiose.

Ecco, questo è un altro terreno, che non è in contraddizione con il potenziamento dei prefetti per la gestione dei beni confiscati che abbiamo introdotto, perché questa agenzia, nella nostra proposta, si struttura sul territorio attraverso le prefetture, lasciando in essere quella proposta che si è elaborata in Commissione e che è diventata realtà.

Infine, sui testimoni di giustizia, tema molto delicato, dico subito, che spesso si fa una confusione orribile: si identificano i testimoni di giustizia con i collaboratori di giustizia. No, i testimoni di giustizia sono cittadini onesti che denunciano e una parte di essi oggi vive in condizioni precarie e di vera e propria emarginazione. Testimoni di giustizia che hanno avuto il coraggio di abbattere il muro dell'omertà, di denunciare, di andare nei processi, di puntare il dito contro boss mafiosi oggi si ritrovano in condizioni di vera e propria emarginazione.

C'è un emendamento - il nostro - che non è esclusivamente nostro ma è patrimonio del lavoro della Commissione parlamentare antimafia di appena pochi mesi fa. Mi riferisco ad una relazione approvata nel febbraio 2008, relatrice un'esponente del centrodestra, dove si identificava nel percorso dei testimoni di giustizia la possibilità per parte di essi, invece di lasciarli a casa in località protette, in condizioni di precariato, di mantenimento e di assistenzialismo, di essere introdotti nella pubblica amministrazione e quindi di avere un lavoro - quel lavoro che avevano e che, per via della loro testimonianza, hanno perduto - potendosi così mantenere, riacquistare dignità, ritornare ad essere cittadini piuttosto che, come è oggi, essere dei mantenuti, emarginati e discriminati, paradossalmente, da parte dello Stato. È una proposta che abbiamo avanzato sulla quale, anche in questo caso, mi auguro vi sia una convergenza, anche perché nell'elaborazione di questa proposta tale convergenza vi è stata: la Commissione parlamentare antimafia ha approvato infatti all'unanimità la relazione di cui l'onorevole Napoli era relatrice.

In conclusione, vi sono ancora una serie di punti che vi sottoporremo in Aula, perché, almeno su questa parte del disegno di legge sulla sicurezza, la sicurezza si prenda sul serio e diventi una sfida che nobiliti la politica e renda il nostro Paese ancora più avanzato e capace di dimostrare che anche sulla sicurezza è in grado di dare risposte efficaci e coerenti con la nostra Carta costituzionale. ((Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Lumia, anche per la concretezza delle proposte che ha avanzato e che mi auguro saranno prese in considerazione dal relatore e dall'Assemblea.

È iscritta a parlare la senatrice Colli. Ne ha facoltà.

COLLI (PdL). Signor Presidente, basterebbe fare una passeggiata in viale Zara o al Gratosoglio, alla periferia di Milano, per capire quanto sia necessario approvare in fretta il pacchetto sicurezza. Cito Milano perché è la città che conosco meglio; ma temo che un giro tra Tor Bella Monaca e Magliana qui a Roma non darebbe esiti più confortanti.

L'emergenza sicurezza non se l'è inventata il centrodestra per far cadere il Governo Prodi, non è uno slogan o un polverone mediatico: è la realtà nella quale vivono tutti i cittadini che non si possono permettere l'attico a Trastevere o il loft in corso Como.

Non credo di dover ricordare a nessuno in quest'Aula lo spettacolo al quale abbiamo assistito quando il Governo Prodi ha tentato di far approvare alcuni provvedimenti sulla sicurezza dopo l'atroce delitto Reggiani. Vi ricordate gli annunci, le smentite, il disegno di legge che diventa decreto e poi ritorna ad essere una bozza? Uno stato di agitazione permanente all'interno della maggioranza di allora, che non produsse alcuna legge sulla sicurezza.

Dal suo insediamento questo Governo ha deciso di utilizzare l'Esercito per pattugliare le periferie più a rischio, ha fatto sentire il fiato sul collo alla camorra e oggi presenta questo disegno di legge che prova a combattere anche l'illegalità diffusa, il vandalismo ed il degrado urbano. Mi riferisco all'articolo del disegno di legge che aumenta la pena per il reato di danneggiamento e, soprattutto, impone che la sospensione condizionale della pena sia subordinata alla riparazione del danno. In sostanza, chi rompe paga e chi sporca pulisce.

Sembra scontato, ma le norme che abbiamo oggi prevedono la reclusione fino ad un anno e una multa di soli 300 euro per chi spacca una cabina telefonica. Calcolando che finire in carcere per un vandalo incensurato è un'eventualità remota, non si può pensare che basti rinunciare ad un paio di jeans o a degli occhiali da sole per continuare a deturpare case, treni, mezzi pubblici o addirittura monumenti.

Stesso discorso per le occupazioni abusive: il ripristino dello stato dei luoghi avverrà a spese dell'occupante e non della collettività. Semplice, direi banale, eppure nessuno ci aveva pensato prima.

Ancora più importante è l'articolo che prevede l'introduzione del reato di impiego di minori nell'accattonaggio. Possibile che non si possa fare nulla contro i genitori, gli zii o gli sconosciuti che usano i bambini per chiedere la carità in metropolitana? Dovremmo alzare le mani e arrenderci di fronte a questo horror show quotidiano? Spero che nessuno provi a dipingere questa misura come razzista o discriminatoria nei confronti dei poveri. Me lo auguro davvero. Sarebbe come giocare sulla pelle di questi bambini - di solito rom - costretti a passare ore intere con la mano tesa, invece di studiare italiano o matematica. Sono diventati dei bancomat in miniatura per genitori senza scrupoli e il buonismo o la tolleranza potrebbero solo essere per loro la più crudele delle punizioni. (Applausi della senatrice Boldi).

Esorto a non mugugnare sulla rinuncia da parte dello stesso Governo alle misure detentive per chi entra illegalmente nel territorio italiano. Non è possibile mettere in carcere per quattro anni i 50.000 clandestini che ogni anno attraversano la frontiera e, probabilmente, non sarebbe nemmeno giusto. Non sono tutti delinquenti. Quello che dobbiamo fare è rendere effettive le espulsioni: più che mantenere in carcere un clandestino dobbiamo rispedirlo a casa nel giro di pochi giorni. Niente fogli di via e pacche sulle spalle. Bisogna riaccompagnarli, nel più breve tempo possibile, il che - è inutile nasconderlo - comporta una spesa piuttosto elevata.

Dobbiamo anche ridimensionare lo Stato sociale a favore degli immigrati regolari. Gli operai, i pensionati e i disoccupati italiani non tollereranno a lungo che le case popolari vengano assegnate solo agli immigrati. Prima che diventino razzisti sul serio è meglio limitare il diritto alla casa popolare o agli assegni sociali per gli stranieri. Chi è nato in Italia e ha lavorato una vita intera per una pensione, perlopiù misera, ha diritto ad una casa popolare e ha diritto di passare avanti in graduatoria agli immigrati che lavorano da noi da qualche anno.

A quanti sono contrari all'approvazione di questa legge consiglio di fare una passeggiata tra le casi popolari delle periferie, dove l'afflusso incontrollato di clandestini genera tensioni per la casa, gare al ribasso sugli stipendi e nuova manovalanza per lo spaccio di droga; o nel quartiere Pigneto, a Roma, dove alcuni cittadini sono andati a vendicarsi dei furti spaccando i negozi degli immigrati; o - peggio ancora - a Napoli, dove (lo abbiamo forse già dimenticato) la camorra vuole risolvere la questione rom lanciando le molotov.

Ecco, questo è lo scenario che ci aspetta se lasciamo le cose così come sono adesso. Il Governo ha presentato un disegno di legge, non un decreto: credo sia un segnale di buona volontà, di dialogo e apertura anche nei confronti dell'opposizione. Non confondiamo questa scelta con l'autorizzazione ad allungare i tempi con mille emendamenti. Risolviamo il problema sicurezza oggi, in quest'Aula, prima che le periferie trovino una soluzione per conto loro. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pittoni. Ne ha facoltà.

PITTONI (LNP). Signor Presidente, colleghi senatori, i flussi d'ingresso in Italia sono definiti dal Consiglio dei ministri, che individua le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro. E i visti d'ingresso per lavoro subordinato, stagionale e autonomo sono rilasciati entro il limite delle quote predette. Se uno straniero è irregolare significa quindi che non ha seguito la procedura stabilita dallo Stato e già questo meriterebbe un approfondimento, visto che a decidere le regole per stare nel Paese dovrebbe essere il Paese stesso e non i trafficanti internazionali di carne umana.

Ma andiamo avanti. Attualmente lo straniero irregolare che si presenta in qualsiasi struttura sanitaria non viene segnalato all'autorità, gli vengono assicurate cure urgenti e - prevede la norma - «essenziali ancorché continuative», cioè ha diritto a qualsiasi cura sanitaria. Se poi con una semplice autodichiarazione sostiene che è privo di risorse economiche, le cure sono gratuite.

Le modifiche richieste dalla Lega Nord sono: sopprimere la dicitura «l'irregolare non viene segnalato all'autorità» e poi richiedere il «pagamento delle prestazioni erogate a parità dei cittadini italiani. In caso di rifiuto del richiedente alla corresponsione di quanto dovuto, le strutture sanitarie ne trasmettono segnalazione all'autorità competente». Sarà rispettato il codice deontologico professionale e il dovere di «prestare assistenza d'urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni». Va tenuto presente che le prestazioni urgenti, maternità, cure a età inferiore a 6 anni, compresa tra 6 e 18 anni e superiore a 65 anni vengono garantite in base a trattati e accordi internazionali; medici e sanitari continueranno a prestare tutte le cure del caso a tutti i tipi di pazienti, come hanno sempre fatto.

Le generalità del paziente e il pagamento sono infatti competenze più amministrative che sanitarie. È quindi la politica che deve mostrare gli attributi, visto anche il degrado al quale ci ha portato la filosofia buonista della sinistra, che ha messo di fatto fuori controllo il fenomeno immigratorio. Per capirsi: non può essere la paura che i clandestini non si curino a far arretrare lo Stato dalle proprie responsabilità. Non possono essere i clandestini a decidere la politica dello Stato. Le regole ci devono essere e ci si deve impegnare a farle rispettare. Dove vengono rispettate, come a Treviso e a Verona, anche a costo della facile e impropria accusa di razzismo e xenofobia (che peraltro vuol dire solo paura del diverso), rivolta agli amministratori della Lega Nord, le cose funzionano e gli immigrati si integrano.

Vogliamo vedere come si comportano su questo tema gli altri Paesi europei? C'è già la segnalazione all'autorità giudiziaria quando si ricorre a cure mediche presso strutture pubbliche in Germania, Grecia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca e Ungheria. In Francia i controlli amministrativi vengono prima della cura; i medici devono verificare i documenti e le prove del loro ingresso e residenza legale in Francia da almeno 3 mesi. Viene garantita l'emergenza, ma non possono usufruire dell'assistenza sanitaria, in Austria, Grecia, Ungheria, Repubblica Slovacca, Paesi Bassi, Irlanda, Danimarca, Polonia, Svezia e Cipro.

La Lega Nord chiede che "irregolare" non si traduca in "privilegiato". Grazie dell'attenzione. (Applausi dal Gruppo LNP).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Bianco. Ne ha facoltà.

BIANCO (PD). Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, colleghi relatori, i senatori delle forze di opposizione che sono intervenuti (i colleghi dell'Italia dei Valori, dell'UDC e, in particolare, i colleghi del Partito Democratico) nel corso dei numerosi interventi hanno prospettato all'attenzione dell'Aula critiche puntuali al disegno di legge che stiamo esaminando.

Altre critiche, molto aspre, sono venute in questi giorni da ambienti non sospettabili di alcuna parzialità. Voglio ricordare le critiche e le osservazioni che sono state prospettate, in particolare sul tema dell'immigrazione, da parte di ambienti autorevolissimi del mondo della Chiesa. Non mi riferisco solo alle tradizionali posizioni del volontariato cattolico, di cui si è fatta portavoce in questi giorni «Famiglia Cristiana», ma anche a quelle che vengono piuttosto dal mondo ufficiale della Chiesa, dalla Conferenza episcopale italiana e dall'organo che implicitamente ne è espressione, cioè il quotidiano «Avvenire».

È stata puntualmente prospettata all'attenzione delle autorità di Governo e del Parlamento la necessità di correggere rigorosamente la rotta, rispetto ad un'impostazione che non presenta i caratteri del rispetto della persona umana che appartengono alla grande tradizione del cristianesimo.

Ma il mio intervento, signor Presidente, anche sulla base dell'esperienza che ho maturato negli anni del mio impegno prima come sindaco di una grande città, poi come presidente dell'ANCI e come Ministro dell'interno, è volto a sottolineare un aspetto in particolare, in aggiunta alle critiche puntuali che - ripeto - sono già state prospettate all'Aula. Quello che voglio segnalare all'attenzione dell'Assemblea è il fatto che, nell'approccio che è stato seguito dal Governo prima con il decreto-legge e poi con il disegno di legge, manca del tutto una strategia seria, vera per affrontare una questione che è reale e della quale tutti insieme, noi forze dell'opposizione, la maggioranza e il Governo, dovremmo farci carico.

La questione della sicurezza è maledettamente seria e non c'è dubbio alcuno che è uno dei problemi più avvertiti tra i bisogni dell'opinione pubblica.

Ricordo anche l'uso un po' spregiudicato che avete fatto, colleghi della maggioranza, del tema della sicurezza: avete cavalcato l'onda e questa è stata certamente una delle ragioni del vostro successo elettorale. Ora avete il dovere, come noi del resto, di dare sul tema della sicurezza una risposta seria, non fondata sostanzialmente sulla mera apparenza.

Non vi è una strategia, dicevo poco fa, vi è un'accozzaglia di norme sulle questioni più disparate, senza una logica.

Presidenza della vice presidente MAURO (ore 11,39)

 

(Segue BIANCO). Pochissime delle norme che avete inserito sono condivisibili e, tra queste, alcune hanno ricevuto un contributo costruttivo dall'opposizione. È qui accanto a me il collega Lumia, che è intervenuto qualche attimo fa. Insieme, abbiamo presentato in Commissione emendamenti in alcune materie, come quelle del contrasto alla criminalità organizzata e del regime del 41-bis, la cui efficacia purtroppo si è notevolmente smarrita nel corso del tempo. Abbiamo perciò contribuito a migliorare alcune delle previsioni normative contenute nel disegno di legge al nostro esame. Avremmo voluto e probabilmente potuto fare molto di più e molto meglio, ma sicuramente - occorre essere obiettivi - è stata inserita qualche misura positiva in questa materia.

Ringrazio perciò i Presidenti delle Commissioni, in particolare il collega Vizzini, per la parte relativa alla competenza della 1a Commissione, per avere contribuito a trovare una soluzione su alcuni degli aspetti a cui ho fatto riferimento, e naturalmente il collega Berselli, per la parte relativa alla giustizia.

Altre norme che sono contenute nel provvedimento (ma non solo, mi riferisco al complesso degli interventi posti in essere in materia di sicurezza) sono assolutamente e straordinariamente inefficaci. E tuttavia sono quelle su cui avete puntato con maggiore forza per dare la percezione agli italiani che volevate affrontare in modo efficace la questione relativa alla sicurezza.

Cito un esempio per tutti: la previsione della presenza dei militari a sostegno delle forze di polizia. Questo è il più classico degli esempi di misure assolutamente inutili ed inefficaci. Basta guardare ciò che avviene per le strade delle nostre città. Nella mia città, a Catania, vedo sistematicamente passeggiare per la centrale via Etnea un poliziotto o un carabiniere che praticamente porta a spasso (la percezione è questa) due militari, a piedi, non si capisce bene per quale motivo, se non quello di farsi vedere. Lo stesso avviene in molte altre città.

Altre previsioni sono sbagliate, nel senso che non solo sono inefficaci, ma rischiano di produrre risultati estremamente negativi, anche in materia di immigrazione.

Ci sono infine alcune norme che sono invece veramente molto pericolose e potrebbero avere un effetto grave nei confronti del vivere civile. Ad esempio, ricordo la previsione delle cosiddette ronde, una misura che dà un segnale clamorosamente sbagliato, perché è come se lo Stato non fosse in grado, con le sue forze di polizia, di garantire la sicurezza e come se il problema della difesa potesse essere affrontato in modo privatistico, con un ritorno all'antico, ad un clima da far west che sinceramente è inaccettabile e incomprensibile.

Manca - dicevo qualche attimo fa - una strategia seria per governare un problema che è complesso anche sul terreno dell'immigrazione. Voglio dire ai colleghi della Lega, che insistono su questo punto, che il tema dell'immigrazione, una delle grandi questioni della società contemporanea, non riguarda l'Italia e i Governi di centrosinistra. È una ricostruzione che può andare bene quando si fa un comizio in un piccolo paese di una valle della Lombardia o del Veneto, ma quando si discute in Parlamento dare di un problema complesso come quello dell'immigrazione una rappresentazione di questo tipo è un atteggiamento quasi caricaturale.

I fenomeni degli spostamenti e dei flussi migratori sono vecchi quanto la civiltà dell'uomo e non si può affrontare una questione come questa se non vi è la consapevolezza che stiamo trattando un problema complesso che riguarda tutti i Paesi, anche quelli che hanno adottato politiche molto dure sul versante del contrasto all'immigrazione clandestina. Cito un esempio per tutti: gli Stati Uniti d'America che vivono questa situazione in maniera particolare sul versante della frontiera con il Messico. Basta vedere la composizione delle città degli Stati del sud, dove ormai la lingua prevalente è lo spagnolo se non lo spanglish, la lingua cocktail che ha dato vita a un'altra civiltà. Ci sono, quindi, fenomeni complessi che vanno certamente affrontati e governati, ma con strategie di medio e lungo periodo, non dettate soltanto da spinte e logiche emotive.

Il più clamoroso dei vizi del vostro modo di impostare la questione dell'immigrazione consiste nel ritenere che un problema come questo si governa o si affronta con la logica degli annunci. Colleghi, avete detto più volte che una delle cose più importanti è mostrare i muscoli, far capire sulla base degli annunci, in questa specie di tam tam che ci sarebbe nelle popolazioni dei Paesi da cui vengono i flussi migratori, quali sono gli atteggiamenti rigorosi o meno che vengono posti in essere dai Paesi. Ebbene, il vostro annuncio appena siete andati al Governo del Paese all'indomani delle elezioni è stato molto forte; avete usato espressioni molto dure. A distanza di qualche settimana, però, l'Italia è stata invasa da flussi di immigrazione clandestina a livelli che non si registravano da tempo. È quindi evidente che l'effetto annuncio non basta per governare e per affrontare questi problemi.

Avete affermato che la politica degli annunci ha riportato grandi successi. L'unico successo che in materia di sicurezza si registra è il fatto che effettivamente una parte dei reati è diminuita, ma non nella realtà: è diminuita nell'annuncio e nello spazio che le reti televisive, in particolare quelle Mediaset, danno al tema della sicurezza. All'indomani delle elezioni del sindaco di Roma magicamente questa pressione mediatica formidabile che ingenerava e creava insicurezza si è praticamente allentata, a fronte di un andamento del numero di reati commessi che ovviamente prescinde da questi elementi.

Avete approcciato le questioni della sicurezza e dell'immigrazione con la logica dell'apparire anziché con quella dell'essere. Risponde - dicevo poco fa - a questa logica l'idea dell'uso dell'esercito "a sostegno" delle forze di polizia. Normalmente inefficace, l'uso delle Forze armate si è giustificato pienamente nel nostro Paese in una condizione drammatica come quella che visse la Sicilia all'inizio degli anni Novanta, quando fu posta in essere l'operazione Vespri siciliani e quando - il collega Lumia lo ricorderà perfettamente - si trattò di inviare in Sicilia 20.000 appartenenti all'esercito per riappropriarsi di un territorio in modo adeguato. Oggi è un'operazione di esclusiva apparenza.

Sempre in una logica di apparenza rientra la misura relativa alle ronde, con la quale si vuole dare una certa percezione al cittadino. Ma il rischio che corriamo - lo voglio dire con un paradosso, che poi tale non è - è che noi sottrarremo ulteriori risorse umane alle forze di polizia, in quanto i poliziotti e i carabinieri dovranno, la mattina, accompagnare a spasso, in passeggiata per il centro della città i soldati e, il pomeriggio e la notte, vigilare che le ronde non commettano disastri, che qualche volta potrebbero anche commettere. Così, anziché utilizzare il loro tempo per fare presidio e prevenzione o cercare chi ha commesso un reato, dovranno dedicarsi ad altro. Addirittura si prevede una sottrazione di risorse. Si prevede una riduzione dell'organico al 2012 (quindi tra meno di quattro anni) di 15.719 appartenenti alle forze di polizia. Il nostro primo problema oggi dovrebbe essere - ed è questa la logica che manca - fare in modo che si individuino risorse effettive, reali per migliorare la capacità di presenza delle forze di polizia. Una buona dislocazione sul territorio delle forze di polizia significa avere capacità di prevenzione. Quella dà sicurezza ai cittadini!

Allora dovremmo lavorare, oggi, anche nella logica dell'emergenza. Se le risorse che sono state individuate per utilizzare i militari a sostegno delle forze di polizia fossero state destinate a detassare o a pagare nuovo straordinario agli appartenenti alle forze di polizia, all'acquisto di benzina per le macchine della Polizia di Stato o dell'Arma dei carabinieri, alla manutenzione dei mezzi, all'aumento del numero delle volanti e delle gazzelle in giro, avremmo dato un segnale concreto e reale. Ma tanto questo a molti di voi, colleghi, non interessa.

Qualche anno fa trasformaste un'idea intelligente e positiva di un modello organizzativo quale era quello della polizia di prossimità nella banalità del poliziotto di quartiere. Ne avete visto l'effetto: una passeggiatina con la divisa. Sostanzialmente quello strumento è finito, perché si è capito che non era efficace. Era mera apparenza.

La logica è quella di affrontare la questione della sicurezza non con la serietà e il rigore con cui dovrebbe essere trattata, ma con la logica dell'apparire. Invece dovremo mettere mano seriamente, lo dico già qui, ad una riforma dell'ordinamento della pubblica sicurezza in Italia, perché ci sono sprechi, ci sono cattive organizzazioni che sostanzialmente penalizzano un Paese che destina risorse adeguate alla sicurezza e che ha, nel suo complesso, tra le sei e le sette forze di polizia, un numero di appartenenti adeguato.

Quanto alla duplicazione, alla triplicazione o alla quadruplicazione, più volte ho fatto l'esempio del mare: a garantire la sicurezza nel mare sono contemporaneamente presenti pattuglie della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, della Guardia di finanza, delle Capitanerie di porto, della Marina militare, del Corpo forestale dello Stato e della Polizia penitenziaria. Un modo serio di affrontare il problema della sicurezza è quello di promuovere una specializzazione, una semplificazione, una crescita di responsabilità del ruolo e delle competenze del Ministro dell'interno. Quanti uomini in più potremmo mettere sul territorio per un'efficace azione di prevenzione pagandoli meglio, consentendogli di fare più seriamente il loro lavoro, facendo crescere la loro professionalità? Tutto questo francamente manca.

La stessa cosa vale per il tema dell'immigrazione. In passato ci trovammo ad affrontare una vera, drammatica emergenza sul fronte del contrasto all'immigrazione clandestina. Voglio ricordare che nel 1996-1997, quando il Ministro dell'interno si chiamava Giorgio Napolitano, in Italia ci fu un'ondata davvero drammatica di immigrazione clandestina, sia dal versante dell'Albania sia dal versante della Tunisia e del Marocco. Grazie all'azione intelligente del Ministro dell'interno di allora, che poi è stata seguita successivamente anche da altri Ministri, tra i quali il sottoscritto, è stato posto un argine vero a quei flussi di immigrazione clandestina. Come? Investendo in Albania, riorganizzando le forze di polizia di quel Paese. Allo stesso modo, abbiamo aiutato la Tunisia e il Marocco a fronteggiare e a fermare, prima che partissero, le ondate di immigrazione clandestina.

Pertanto può e deve essere svolta un'azione efficace di contrasto all'immigrazione clandestina, che si rende necessaria per un Paese che vuole affrontare seriamente il problema dell'immigrazione. Tutto ciò va realizzato, però, con politiche adeguate, come ad esempio prevedendo i flussi di immigrazione di cui il Paese ha bisogno. L'idea di eliminare completamente per due anni ogni possibilità di ingresso produrrà immediatamente nuovi clandestini. L'industria italiana, infatti, ha bisogno di manodopera che non trova nel nostro Paese, così come le famiglie hanno bisogno di queste persone. Si verificherà il solito problema: preferiamo l'immigrazione illegale, magari a più basso costo e correndo il rischio di avere un'area che sia toccata dalla criminalità, anziché affrontare seriamente la questione, prevedendo i flussi e seguendo la politica delle quote riconosciute. Noi abbiamo posto in essere tale politica con i Paesi che collaborano con l'Italia, come ad esempio la Tunisia; a questo Paese abbiamo riconosciuto ogni anno un certa quota di immigrazione legale, gestita sostanzialmente al suo interno.

Dunque, è necessario avviare un'azione seria, fatta di accordi internazionali e di cooperazione: quando ci sono queste premesse i flussi si riducono. Naturalmente servono provvedimenti seri che, sul versante dell'immigrazione clandestina, sono costituiti da azioni amministrative. Infatti, i provvedimenti amministrativi sono molto più efficaci e rapidi per arrivare all'espulsione, non comportano i rischi di intasamento delle aule giudiziarie e non creano degenerazioni. Ho notato le esitazioni del Governo, che inizialmente era partito lancia in resta per istituire il reato di immigrazione clandestina, ma poi ha fatto marcia indietro.

Signora Presidente, onorevoli colleghi, il riordino della pubblica sicurezza, le politiche di lungo periodo per l'immigrazione, l'effettività della pena e la riduzione dei tempi dei processi sul versante della giustizia sono misure di un'azione seria che noi intendiamo contrapporre alla vostra, che è una politica degli annunci.

Per tali ragioni abbiamo presentato e sosterremo un complesso di emendamenti per trasformare radicalmente quello che oggi è, a nostro avviso, un testo inefficace e pericoloso. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Saltamartini. Ne ha facoltà.

*SALTAMARTINI (PdL). Signora Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame, che giunge a conclusione dopo un iter abbastanza breve, rappresenta in concreto la politica dei fatti nei riguardi di fenomeni che costituiscono un pericolo per la nostra democrazia.

Prima di iniziare un'analisi del provvedimento in titolo, credo sia giusto ringraziare i relatori, i senatori Berselli e Vizzini, e anche il sottosegretario Caliendo.

Onorevoli colleghi dell'opposizione, non siamo in presenza di un fenomeno, come quello delineato, rappresentato dalla percezione di insicurezza. Nel nostro Paese si pone un problema piuttosto concreto relativo alla criminalità. Lo scorso anno sono stati denunciati 2.700.000 reati e metà della popolazione carceraria è composta da cittadini extracomunitari. Dai dati degli ultimi dieci anni delle denunce e dei processi emerge che il 50 per cento degli omicidi viene commesso da cittadini extracomunitari, che in Italia costituiscono il 5 per cento della popolazione; oltre il 75 per cento dei reati in materia di spaccio di stupefacenti è commesso da cittadini extracomunitari; la prostituzione è in mano a bande straniere; un numero elevatissimo di scippi (reato che crea un notevole allarme sociale) è realizzato da cittadini stranieri.

Dobbiamo, dunque, introdurre misure di sicurezza che siano in linea con i princìpi fondamentali di un Paese civile ed avanzato. Partendo da un antesignano, cioè da Thomas Hobbes, autore del "Leviatano", possiamo affermare che lo Stato nasce proprio per difendere i cittadini e la cessione di sovranità e delle libertà naturali avviene - appunto - nel momento in cui si conforma lo Stato moderno.

Credo che con alcuni provvedimenti, dal decreto-legge n. 92 del 2008 fino ad oggi, abbiamo realizzato una concreta politica della sicurezza e lo abbiamo fatto seguendo i filoni degli studi più avanzati, che tendono ad affrontare i fenomeni connessi con la criminalità con pene miti ma che possano effettivamente colpirli e frenarli.

Vedete, un grande illuminista come Cesare Beccaria, non a caso il padre della moderna scienza criminologica, molti secoli fa aveva scritto che i processi devono essere immediati e le pene lievi. Con questo provvedimento ci si comincia ad incamminare in questa direzione. All'interno del provvedimento si allarga la platea dei reati per cui si deve procedere all'arresto in flagranza di reato, tra cui i furti commessi da persone travisate o che portano armi pur senza farne uso oppure le violazioni del domicilio, in questo specifico caso una misura preventiva rispetto all'elevatissimo numero di rapine in villa che negli ultimi mesi hanno funestato la libertà, la proprietà e i diritti dei cittadini di molte Regioni del Nord. Nel precedente decreto-legge abbiamo introdotto il procedimento per direttissima per questi specifici casi. Quindi, arresto in flagranza, prove evidenti e procedimento per direttissima costituiscono gli epigoni di questa politica del diritto e della tutela dell'ordine pubblico.

Mi permetto ora di sottolineare a beneficio del sottosegretario Caliendo che la norma che esclude l'obbligo di procedere per direttissima, per esigenze di ordine cautelare del pubblico ministero, implichi che queste ultime debbano essere motivate e che un giudice debba controllare se effettivamente l'elusione del principio del procedimento per direttissima sia effettivamente radicato nelle esigenze investigative.

Continuando poi in questa disamina, è altresì noto che i moderni studi di criminologia hanno dimostrato in modo inconfutabile, di fronte a studi molto interessanti fatti nel nostro Paese da Barbagli e Gatti, che la sanzione penale continua ad essere un efficace deterrente rispetto all'aumento di questi reati. Dunque, ci siamo già incamminati in questa direzione prevedendo un aggravamento di pene, a seguito di tutta una serie di circostanze aggravanti, per fatti compiuti contro persone handicappate, contro minori, nel concorso di reati in presenza di minori e anche e soprattutto per reati commessi in prossimità delle scuole.

Credo, sempre facendo riferimento a tale questione, che i prossimi interventi normativi dovranno anche intraprendere la via di un aumento delle sanzioni minime dei reati perché queste ultime, per come sono state delineate nel minimo dal codice Rocco del 1931, sono in questomomento frustrate da una prassi giudiziaria che tende a partire dalle pene minime, poi diminuite in considerazione della generalizzata prassi di riconoscere la prevalenza di tutte le circostanze generiche e un terzo di sconto con il giudizio abbreviato. Ciò determina che in realtà la sanzione criminale è uno spauracchio virtuale per molti reati, ma non costituisce un efficace elemento di deterrenza.

E veniamo poi ad un ulteriore elemento che si connota e si radica nei princìpi del liberalismo democratico occidentale. Quando nel secolo scorso, nel 1831, Alexis de Tocqueville si recò in viaggio negli Stati Uniti per studiare la detenzione carceraria cellulare, una volta tornato in Europa pubblicò il famoso studio «La democrazia in America», in cui si pone in luce che alcuni istituti riabilitativi di quel Paese, i cosiddetti probation and parole, possono essere concessi solo a condizione che l'autore di reati abbia ripagato la vittima e riparato i danni del suo agire criminale.

Anche in quest'ottica abbiamo reintrodotto per due reati lo stesso principio. Per il reato di danneggiamento e di deturpamento di cose altrui, infatti, non solo si esclude l'applicazione della sospensione condizionale della pena, ma gli autori stessi sono obbligati a riparare il danno o ad effettuare prestazioni sociali. Anche in merito all'altro reato della contravvenzione per chi entra illegalmente sul territorio nazionale o ivi si trattiene senza regolare permesso di soggiorno, viene esclusa la punibilità per coloro i quali sono espulsi. Il dibattito in quest'Aula ha invece posto in luce un feticcio ideologico.

Vedete, le norme sull'immigrazione prescrivono già che lo straniero che entra nel territorio nazionale dopo otto giorni debba rendere la dichiarazione di soggiorno. Quella norma è imperfetta perché accanto al principio non prevede sanzione alcuna rispetto al comportamento adottato. Quella è una norma che costituisce un'antinomia, perché accanto ad un precetto non c'è la sanzione prevista per questo tipo di comportamento.

Prima dell'introduzione di questa sanzione si interveniva con l'articolo 650 del codice penale, con la sanzione per l'omesso adempimento ad ordini legalmente impartiti dall'autorità di polizia. Ebbene, con l'introduzione della contravvenzione, noi seguiamo perfettamente il sistema delineato dal codice Rocco, in forza del quale l'inadempimento di ordine amministrativo di polizia è sanzionato con una contravvenzione.

C'è di più. Non si tratta solo di una incongruenza dal punto di vista giuridico, perché una norma sprovvista di sanzione non è una norma ma un consiglio (semmai una norma etica), ma tale previsione nasce sin delle prime leggi dell'unità d'Italia, sin dal primo testo organico delle leggi di pubblica sicurezza del 1865, e già il codice Zanardelli del 1889, che venne approvato insieme al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, prevedeva questa sistematica. Noi non facciamo altro che reintrodurre una norma, l'articolo 142, che il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931, ancora in vigore, prevedeva.

Ne consegue che tutte le censure che sono state esplicitate in quest'Aula del Parlamento, in forza delle quali la norma sarebbe irragionevole dal punto di vista di costituzionalità, pongono in luce il difetto gravissimo di argomentazioni ideologiche, che non hanno davvero alcun fondamento.

Chi in quest'Aula del Senato può immaginare o pensare che la sovranità del Parlamento può essere limitata da un ricorso recettizio e ripetuto alle sentenze della Corte costituzionale? Io credo che noi abbiamo il dovere di fare delle buone leggi, che la Corte costituzionale ha il dovere di essere il guardiano della Costituzione, ma che maggioranza e minoranza debbano cooperare e partecipare per realizzare delle norme penali incriminatrici che abbiano effettivamente la capacità di costituire un deterrente per questi gravissimi fenomeni criminali è un dovere per tutti.

Infine, vorrei soffermarmi sull'intervento preciso e puntuale riguardo alla criminalità organizzata. Voglio ripetere in quest'Aula che il primo decreto‑legge con cui siamo intervenuti sulla materia è il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92. Il 23 maggio del 1992 ci fu la strage di Capaci, con l'assassinio di Giovanni Falcone, della moglie e della loro scorta. Ebbene, esattamente nella stessa data, dopo 16 anni, noi realizziamo un intervento specifico contro la mafia e la criminalità organizzata, prevedendo un aggravamento preciso delle condizioni del 41-bis, introducendo un reato specifico per l'elusione alle prescrizioni del 41-bis. Interveniamo in materia di misure di prevenzione antimafia (legge n. 1426 del 1956) con tutta una serie di misure interdittive nei riguardi della criminalità organizzata.

Reintroduciamo nel codice di procedura penale l'obbligo della custodia cautelare in carcere di persone nei cui riguardi ci siano sufficienti elementi di responsabilità e colpevolezza in merito ai reati di associazione mafiosa, anche di associazioni criminali straniere. Interveniamo in materia di confisca dei beni di provenienza illecita.

Vedete, cari colleghi, sta proprio qui la differenza che c'è tra un'esposizione ideologica e una trattazione concreta di questi temi. Ripercorrendo quanto detto all'inizio di questo mio intervento, è necessario aggiungere che gli interventi in una società aperta - per usare la descrizione che fa Karl Popper delle società moderne - descrivono la necessità e l'obbligo dei Paesi avanzati e democratici di intervenire appunto sulle libertà positive, che richiedono l'intervento fattivo dello Stato.

Tale intervento dello Stato per limitare e contrastare la criminalità trova oggi gli epigoni più importanti e significativi anche da parte della moderna sociologia e psicologia criminale. In particolare, lo stesso John Rawls, ha sostenuto che molti reati sono causa del differente trattamento di ricchezza tra i cittadini, ebbene anche questo famosissimo studioso americano sostiene che non vi è libertà, non vi è democrazia e non vi è sviluppo economico senza sicurezza.

La differenza tra noi e voi, colleghi dell'opposizione, è che noi siamo passati dalla logica della propaganda a quella dei fatti, perché i 13 milioni di cittadini che hanno votato il PdL ci hanno affidato il dovere e la responsabilità di avviare l'Italia verso i suoi più alti e immancabili destini. (Applausi dal Gruppo PdL).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

CASSON (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signora Presidente, come Partito Democratico intendiamo presentare una richiesta ai sensi dell'articolo 113, commi 2 e 4, del Regolamento del Senato; in particolare, verrà depositata anche per iscritto una richiesta di votazione a scrutinio segreto, sottoscritta da oltre venti senatori. Riteniamo che questo sia il momento più opportuno in quanto il Regolamento recita: «deve essere presentata dopo la chiusura della discussione e prima che il Presidente abbia invitato il Senato a votare». Pensiamo sia più corretto informare i senatori ed il Governo della presentazione di tale richiesta in modo tale che quando si arriverà al momento dell'illustrazione e della votazione degli emendamenti tutti siano in grado di rendersi conto delle richieste, molto dettagliate, formulate con la nota scritta.

Si fa riferimento, in particolare, a 48 emendamenti concernenti 33 articoli, per violazione degli articoli 13, 14, 15, 18, 19, 22, 24, 25, 27, 29, 30, 31 e 32 della Carta costituzionale. Si tratta di articoli riguardanti i rapporti civili, i diritti e i doveri dei cittadini, le libertà e i doveri fondamentali, in particolare le questioni relative alla libertà personale, all'inviolabilità del domicilio, della corrispondenza, al diritto di associazione, alla libera professione di fede religiosa. Si tratta, inoltre, degli articoli concernenti l'educazione e l'istruzione dei minori e la tutela della salute di tutte le persone.

La nota scritta contiene - come ho detto - le firme di oltre venti senatori del Partito Democratico. Sono indicati in maniera dettagliata gli emendamenti che vengono contestati sotto il profilo della legittimità costituzionale e, accanto ad ognuno di essi, sono segnalati gli articoli della Costituzione che si ritengono violati. Nella seconda parte vengono indicati anche gli articoli specifici del disegno di legge che, secondo i medesimi criteri, si ritengono contestabili; nell'ultima parte, si segnala che per quanto concerne in particolare l'articolo 19, comma 3, si richiede il voto per parti separate, ai sensi dell'articolo 113, comma 6, del Regolamento del Senato, in quanto non potrebbe essere sottoposto a scrutinio segreto, diversamente dai restanti commi che attengono all'articolo 13 della Costituzione poiché, attribuendo nuove competenze ai giudici di pace, comporta un aumento di spesa e sappiamo che su questo non è possibile richiedere il voto segreto.

Per tutti gli altri emendamenti e articoli - ripeto - avanziamo questa richiesta che consegnerò per iscritto alla Presidenza del Senato.

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Casson. La Presidenza ne prende atto e valuterà le singole richieste quando si passerà all'esame degli articoli.

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signora Presidente, intendo far presente che nel disegno di legge originario, in relazione all'articolo 9, cioè quello che introduceva il reato di ingresso illegale nel territorio dello Stato, il Governo aveva previsto che tale norma fosse suscettibile di produrre nuovi e maggiori oneri, tanto è vero che allegava una relazione tecnica sui nuovi e maggiori oneri derivanti dall'introduzione del reato, così come proposto.

In sede di presentazione degli emendamenti, il Governo ha sostituito l'articolo 9 con l'articolo 19, che modifica la materia suscettibile di provocare nuovi e maggiori oneri. Purtroppo però questo emendamento non è stato accompagnato dalla relazione tecnica aggiornata alla nuova realtà, per cui la invito, signora Presidente, a far presente al Governo la necessità di produrla, con riferimento appunto al nuovo articolo 19.

PRESIDENTE. Senatore Li Gotti, la questione è all'attenzione della Commissione bilancio.

ADAMO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

ADAMO (PD). Signora Presidente, intervengo sulle segnalazioni riguardanti il testo, visto che è terminata la discussione generale. Resta solamente ai relatori ed al Governo l'eventualità di produrre degli emendamenti, anche sulla scorta, per esempio, dell'intervento del collega Li Gotti.

Al di là della segnalazione già fatta sull'articolo 19, comma 3, laddove vi è l'impegno del Governo a produrre un emendamento perché il testo fa riferimenti legislativi ad una legislazione inesistente, vuoto piuttosto serio, mi permetto di segnalare un punto. Non va bene che le nostre leggi - in un momento in cui il Ministro della pubblica istruzione richiama tanto gli studenti e gli insegnanti alla preparazione e alla serietà - escano con un anacoluto grande come una casa. Mi permetto di segnalarvi l'articolo 41, comma 1, nel testo proposto dalle Commissioni riunite, laddove è scritto: «Art. 4-bis.- (Accordo di integrazione) 1. Ai fini di cui al presente testo unico, si intende con integrazione quel processo finalizzato a promuovere la convivenza dei cittadini italiani e di quelli stranieri, nel rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione italiana, impegnandosi reciprocamente (...)». Se il relatore o il Governo si degnano di mettere un soggetto a questo testo ci evitano di produrre un testo di legge con un errore di sintassi.

PRESIDENTE. Va bene, senatrice Adamo. Prendiamo atto di questo intervento.

 

Sull'annunciato regolamento di Trenitalia
in materia di trasporto di animali domestici

PORETTI (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PORETTI (PD). Signora Presidente, vorrei richiamare l'attenzione dell'Assemblea su un tema, quello degli animali, cani e gatti, della nostra convivenza con i nostri migliori amici a quattro zampe e della politica di Trenitalia, monopolista del trasporto pubblico su rotaia. A fronte di oltre 170.000 animali che lo scorso anno hanno preso il treno, ieri vi è stata la presentazione da parte di Trenitalia e di Ferrovie dello Stato del nuovo regolamento che entrerà in vigore il prossimo 1° dicembre, presentato e plaudito dal Governo, rappresentato da due sottosegretari, Francesca Martini per il lavoro, salute e politiche sociali e Michela Brambilla per il turismo. Si tratta di un nuovo regolamento che ci viene presentato come un passo in avanti: orbene, un passo in avanti rispetto ad una prima proposta che arrivava da Trenitalia di escludere completamente cani e gatti dai treni sicuramente lo è; un passo in avanti rispetto alla civiltà di un Paese sicuramente non lo è. I cani di taglia media o grande non potranno più viaggiare se non relegati nell'ultima carrozza della seconda classe, una sorta di carro-bestiame; non potranno viaggiare dalle ore 7 alle ore 9 probabilmente perché i regionali già sono dei carri-bestiame e quindi non aggiungeranno animali veri ad una condizione di viaggio da animali; potranno viaggiare nelle piattaforme dei treni regionali, e non so chi ha plaudito a questo accordo se ha mai viaggiato in una piattaforma di un treno regionale.

A fronte di questo rigore zoofobico ovviamente nessuno si aspetti di più. Non ci sarà un servizio in più in quell'ultima carrozza di seconda classe, ma soltanto un po' più di lercio rispetto a treni che già lerci sono e non per colpa degli animali! Questo sia chiaro. Insomma, un modo per scoraggiare ad utilizzare i treni.

Mi domando - e chiedo alla Presidenza di farsi portavoce presso il Governo e di informare il Parlamento - a che cosa servano campagne contro l'abbandono degli animali se poi questa è la politica del monopolista Trenitalia; a che cosa servano campagne per l'uso dei mezzi pubblici quando si incoraggiano i possessori di animali ad utilizzare il proprio mezzo.

Mi auguro che il tema degli animali, della convivenza con essi sia trattato in termini di civiltà e di rispetto reciproco e non di uso dell'arroganza. Chiedo pertanto alla Presidenza di farsi portavoce di questa istanza, per il rispetto delle persone che convivono con gli animali.

PRESIDENTE. Senatrice Poretti, la Presidenza prende atto del suo intervento e si riserva di intervenire presso il Governo.

 

Discussione e approvazione del disegno di legge:

(1074) Ratifica ed esecuzione della Convenzione basata sull'articolo K3 del Trattato sull'Unione Europea, relativa alla mutua assistenza ed alla cooperazione tra le Amministrazioni doganali, con allegati, fatta a Bruxelles il 18 dicembre 1997, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (Relazione orale) (ore 12,18)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1074.

Il facente funzioni di relatore, senatore Nessa, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare.

NESSA, f.f. relatore. Signora Presidente, il provvedimento in titolo, d'iniziativa governativa, riproduce i contenuti dell'analoga proposta legislativa presentata nella XV legislatura e non esaminata per l'intervenuto scioglimento delle Camere.

Il disegno di legge reca, oltre alle consuete disposizioni di autorizzazione alla ratifica, ordine di esecuzione ed entrata in vigore, anche norme di adattamento e attuazione nell'ordinamento interno dei contenuti della Convenzione europea sulla cooperazione tra amministrazioni doganali.

Giova ricordare in premessa che la Convenzione in titolo è stata sottoscritta nel 1997 e disciplina le modalità di collaborazione tra le amministrazioni doganali degli Stati membri al fine di prevenire, accertare e reprimere le violazioni alla normativa doganale, e tende a sostituire integralmente il previgente accordo del 1967.

Tra le peculiarità della Convenzione si segnalano l'individuazione in ciascuno Stato degli uffici di coordinamento, che si interfaccino tra loro nella mutua assistenza e cooperazione, nonché precise forme di collaborazione transfrontaliera per lo svolgimento in territorio di altro Stato contraente di attività investigative (inseguimento e sorveglianza, consegne controllate, operazioni di infiltrazione, squadre investigative speciali), oltre alla prestazione di assistenza.

Le disposizioni di adattamento derivano dalla necessità di individuare, da parte di ciascuno Stato, secondo le proprie leggi in materia doganale, le amministrazioni di riferimento cui spetta la concreta attuazione della convenzione.

In tale ottica, in particolare, l'articolo 3 del disegno di legge demanda a un decreto del Ministro dell'economia il compito di individuare, in seno al Ministero medesimo, un ufficio centrale di coordinamento di livello dirigenziale non generale, e di stabilirne composizione, compiti e modalità di funzionamento.

L'articolo 4, poi, detta norme di coordinamento. Esso precisa che le forme di cooperazione previste nella convenzione sono effettuate secondo le leggi di ciascuno Stato contraente e secondo le modalità nazionali, senza deroghe alla disciplina in materia stabilita singolarmente.

Inoltre, vengono introdotte disposizioni di dettaglio sullo svolgimento delle operazioni di cooperazione transfrontaliera, improntate al mantenimento dello stretto collegamento tra tutti gli atti di polizia giudiziaria e l'avviso all'autorità giudiziaria competente, cui spetta comunque la facoltà di disporre diversamente.

In conclusione, si propone l'approvazione del provvedimento. (Applausi dal Gruppo PdL).

PRESIDENTE. Invito i relatori, quando intervengono, a prendere posto al banco delle Commissioni. Senatore Nessa, prenda posto al banco delle Commissioni, per cortesia.

Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore Pedica. Ne ha facoltà.

PEDICA (IdV). Signora Presidente, affronto il primo dei trattati internazionali oggi in discussione, che riproduce pedissequamente una proposta legislativa ad opera della maggioranza nella scorsa legislatura, proposta la quale, per l'interruzione della stessa, non fu oggetto di discussione da parte dell'Assemblea.

La Convenzione europea sulla cooperazione tra amministrazioni doganali, modificando anche il nostro ordinamento interno, necessita di una normativa di recepimento che adegui il sistema internazionale e il disegno di legge n. 1074 provvede giustamente in tal senso. Nello specifico, al fine di individuare l'amministrazione che deve occuparsi in maniera concreta dell'applicazione della cooperazione fra amministrazioni, il provvedimento in discussione con l'articolo 3 affida al Ministro dell'economia il compito di istituire un ufficio centrale di coordinamento e di stabilirne le modalità operative specifiche, la composizione e i compiti. Attendiamo dunque di valutare nel dettaglio l'applicazione amministrativa di una Convenzione che comunque appoggiamo pienamente come Gruppo dell'Italia dei Valori.

Ricordiamo poi, come è stato illustrato, che al fine di far dialogare a pieno le amministrazioni doganali vengono dettate nell'articolato della Convenzione le modalità per la collaborazione transfrontaliera e per lo svolgimento sul territorio di un altro Stato firmatario delle necessarie attività investigative.

Mi compiaccio innanzi tutto, signora Presidente, cari colleghi, che si continui a procedere sul cammino di integrazione europea della quale questo Trattato rappresenta un ulteriore importante passo, in quanto vincola gli Stati membri ad una più stretta cooperazione e ad un maggior coordinamento anche in materia di gestione doganale. Negli ultimi anni, e ancora di più nel delicato contesto di crisi finanziaria globale degli ultimi mesi, il fatto di appartenere alla compagine europea ha portato numerosi benefici all'Italia e ci ha permesso di procedere con un passo più sicuro anche in momenti difficili come quello attuale.

L'Italia dei Valori riafferma il sostegno all'Unione europea ed una maggiore integrazione degli Stati membri per poter meglio affrontare questioni che sempre di meno riuscirebbero ad essere gestibili a livello nazionale. Anche nella delicatezza dell'attuale contesto economico mondiale l'Europa unita è chiamata a prendere posizione nella ricerca di una globalizzazione governabile in cui la circolazione di capitali finanziari si lega inscindibilmente ad una maggiore circolazione di beni ed anche di persone. Nel rinnovato sforzo per costruire dei soggetti adeguati al nuovo modello comune europeo, diventa appunto necessaria una più stretta cooperazione doganale ed un maggiore coordinamento tra le stesse autorità, come cita l'articolo 6, comma 3, della Convenzione.

La ratifica di questa Convenzione è ancora più importante se poi si allarga il quadro e si considera la sua importanza al fine della ricezione e della rapida implementazione di altre componenti della legge comunitaria, attualmente oggetto di esame in 14a Commissione.

Ci auguriamo, inoltre, cari colleghi, che lo sviluppo di pratiche di cooperazione doganali, quali lo scambio di funzionari di collegamento di cui all'articolo 6, le opere di infiltrazione di cui all'articolo 23 e le squadre investigative speciali comuni, sia il preludio alla progressiva convergenza di obiettivi degli Stati membri anche in tema di politica estera e difesa. (Applausi dal Gruppo IdV).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Palmizio. Ne ha facoltà.

 

PALMIZIO (PdL). Rinuncio ad intervenire, signora Presidente.

 

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Ha facoltà di parlare il relatore facente funzioni.

NESSA, f.f. relatore. Signora Presidente, ringrazio il collega Pedica per il suo intervento. Ritengo che sia importante votare questo provvedimento perché, in questo caso, prima si fa e più e meglio si riesce a cooperare. Pertanto, chiedo all'Aula di approvarlo.

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la rappresentante del Governo.

CRAXI, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signora Presidente, il Governo considera l'azione di contrasto dei reati doganali come un elemento fondamentale della più generale lotta di contrasto alla criminalità organizzata in settori quali il traffico di droga, di armi e di esplosivi, di rifiuti tossici, i furti di beni del patrimonio artistico, oltre naturalmente al commercio illecito di merci soggette a imposta.

Siamo del resto impegnati non solo ad intensificare la lotta alla criminalità in ambito europeo, ma anche a sostenere adeguatamente la nostra economia nel contesto estremamente dinamico della libera circolazione dei capitali e delle persone a livello dell'Unione europea. Dall'applicazione di questa Convenzione ci si attende anche un impatto positivo sul bilancio nazionale, oltre che su quello comunitario, nonché sull'andamento dei mercati falsati dall'offerta di beni e servizi oggetto di frodi commerciali.

Per questi motivi, il Governo ne auspica una rapida approvazione, tenuto conto che anche tutti gli altri Stati dell'Unione europea hanno ormai già provveduto alla ratifica. (Applausi dal Gruppo PdL).

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli.

Metto ai voti l'articolo 1.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 2.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 3.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 4.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 5.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 6.

È approvato.

Passiamo alla votazione finale.

PEDICA (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PEDICA (IdV). Signora Presidente, come già anticipato nel corso della discussione generale, il Gruppo dell'Italia dei Valori appoggia pienamente la ratifica e l'esecuzione della Convenzione basata sull'articolo K3 del Trattato sull'Unione europea, relativa alla mutua assistenza ed alla cooperazione tra le amministrazioni doganali, e dichiara il suo voto favorevole.

PALMIZIO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PALMIZIO (PdL). Signora Presidente, dichiaro il voto favorevole del Gruppo del Popolo della Libertà al disegno di legge al nostro esame.

PRESIDENTE.Metto ai voti il disegno di legge, nel suo complesso.

È approvato.

 

Discussione e approvazione del disegno di legge:

(1128) Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti d'America in merito alla conduzione di «ispezioni su sfida» da parte dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, ai sensi della Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione, fatto a Roma il 27 ottobre 2004 (Relazione orale) (ore 12,29)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1128.

Il relatore, senatore Compagna, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.

COMPAGNA, relatore. Signora Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, il provvedimento in titolo, d'iniziativa governativa, reca le consuete disposizioni di autorizzazione alla ratifica, ordine di esecuzione ed entrata in vigore dell'Accordo di Roma del 27 ottobre 2004 tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo degli Stati Uniti d'America in merito alla conduzione di «ispezioni su sfida» da parte dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPAC), ai sensi della Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione (Convenzione di Parigi) ratificata dall'Italia con legge 18 novembre 1995, n. 496.

Detta legge di ratifica - giova ricordare, come segnalato anche dalla senatrice Amati nel corso dell'esame in sede consultiva da parte della Commissione difesa lo scorso 6 novembre - è stata oggetto di incisiva modifica, con riferimento alle disposizioni interne di adattamento e all'apparato sanzionatorio, da parte della legge 4 aprile 1997, n. 93, recante «Norme di attuazione e modifiche della legge 18 novembre 1995, n. 496, concernente la Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione, con annessi, adottata a Parigi il 13 gennaio 1993». L'Accordo tra Italia e Stati Uniti oggi in esame invece non ha determinato la necessità di prevedere ulteriori disposizioni di adattamento della normativa interna né di modifica della legislazione vigente sotto il profilo sanzionatorio.

Il sostrato dell'Accordo di cui si propone al Senato la ratifica è quindi costituito dall'appena citata Convenzione di Parigi, con la quale sono stati raggiunti decisivi accordi in materia di disarmo, con il bando totale di un'intera categoria di armi di distruzione di massa (le armi chimiche). L'effettività della Convenzione è garantita mediante un regime di controllo internazionale basato su dichiarazioni e, soprattutto, verifiche accurate sul territorio degli Stati aderenti.

In particolare, la Convenzione introduce «ispezioni di routine» e «ispezioni su sfida», con modalità diverse anche per quanto concerne il tempo di preavviso: 48-72 ore per le prime, solo 12 ore per le seconde.

Secondo la Convenzione di Parigi le «ispezioni su sfida» si effettuano in base alla richiesta di uno Stato parte, che nutra fondati sospetti sullo svolgimento di attività illecite in un altro Stato parte. L'impulso dello Stato che prende l'iniziativa viene indirizzato all'OPAC (Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche), la quale, onde valutare la fondatezza della richiesta, convoca una seduta urgente del suo consiglio esecutivo. Quest'ultimo si pronuncia con un voto a maggioranza qualificata (tre quarti) dei propri membri, rigettando oppure accogliendo la richiesta. In caso affermativo, l'OPAC invia gli ispettori, con un brevissimo preavviso, non inferiore comunque alle 12 ore, nello Stato parte «sfidato».

Nei contenuti, quindi, la Convenzione di Parigi prescrive agli Stati aderenti di non possedere o, comunque, di distruggere le armi chimiche in suo possesso o che sono «ubicate in qualunque luogo sotto la sua giurisdizione o controllo» e di smantellare ogni impianto di produzione. Ne consegue che ogni Stato parte diventa responsabile di tutte le attività, riguardanti l'attuazione della Convenzione di Parigi, che hanno luogo sul suo territorio indipendentemente dai soggetti che le espletano: ciò determina l'inclusione anche delle attività nelle basi militari concesse a Paesi alleati nel territorio nazionale.

L'Accordo in esame si inscrive in tale contesto, con la finalità di regolamentare, d'intesa con il Governo degli Stati Uniti d'America, lo svolgimento delle attività ispettive in territorio italiano nel caso che uno Stato terzo chieda all'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche di effettuare una «ispezione su sfida» a strutture militari statunitensi situate in Italia. Il riferimento è, tra l'altro, alle basi di Aviano, Sigonella, «Camp Darby» di Livorno, Bagnoli, La Maddalena e alle navi della VI Flotta, se in acque territoriali.

L'Accordo, pertanto, ribadisce la sovranità dello Stato sul territorio nazionale sul quale insiste «ogni attrezzatura, edificio, nave o aeromobile di bandiera gestiti od occupati per scopi governativi non commerciali da una delle parti del presente Accordo» ed «ogni struttura o locale utilizzato da una delle parti sul territorio dell'altra parte in base ad un accordo con il Governo di quest'ultima».

Viene altresì stabilita la responsabilità della conduzione dell'ispezione in capo allo Stato che riceve l'«ispezione su sfida» sul proprio territorio e vengono disciplinate le procedure tecniche di dettaglio di conduzione dell'ispezione, compresi il sistema di scambio della notifica ricevuta dall'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche e la corretta individuazione dello Stato parte ispezionato.

Ulteriori disposizioni riguardano la rendicontazione delle spese sostenute per lo svolgimento dell'ispezione, che devono essere trasmesse all'OPAC per il rimborso. Si ricorda infine che, secondo la Convenzione Parigi, qualora l'ispezione rivelasse la non fondatezza degli elementi della richiesta di ispezione valutata dall'OPAC, lo Stato italiano potrebbe ottenere dall'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche stessa il rimborso delle spese sostenute durante la procedura. Qualora poi emergessero responsabilità dirette degli Stati Uniti d'America, lo Stato italiano potrà richiedere a questi ultimi il rimborso delle spese sostenute.

In conclusione, esaminati tutti i punti, si propone all'Assemblea l'approvazione del provvedimento.

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore Pedica. Ne ha facoltà.

PEDICA (IdV). Signora Presidente, oggi discutiamo la ratifica di un Trattato internazionale di grande importanza per l'Italia e per tutta la comunità internazionale. Il Trattato in questione è relativo alla ratifica dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti d'America in merito alla conduzione di «ispezioni su sfida» da parte dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPAC), ai sensi della Convenzione di Parigi (ratificata dall'Italia con la legge n. 496 del 18 novembre 1995) sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione, tentando di limitare anche la produzione e l'impiego di determinate sostanze chimiche di largo consumo civile, ma che sono potenzialmente utilizzabili anche per realizzare armi chimiche.

Questo Trattato è dunque un corollario operativo della Convenzione di Parigi, che rende effettive le importanti innovazioni in materia di disarmo con il bando dell'intera categoria delle armi chimiche.

Con la ratifica della Convenzione, gli Stati aderenti si sono anche impegnati a non effettuare preparativi militari per realizzare armi chimiche e a non incoraggiare altri Paesi ad intraprendere attività proibite.

Italia dei Valori sostiene la campagna che storicamente, fin dagli anni Settanta, con il Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), è stata condotta dalle organizzazioni internazionali, dal Governo italiano e dalla stessa società civile per il disarmo internazionale e considera come un progresso significativo questo ulteriore passo verso un regime di controllo internazionale della detenzione di armi, in questo caso chimiche.

Le armi chimiche, per la loro letalità, costituiscono una seria minaccia per il genere umano, in primis, e anche per l'ambiente.

Il tentativo di proibire l'uso delle armi chimiche nei conflitti armati è una battaglia di antica data, che ha conosciuto più riprese nell'ultimo secolo, senza però raggiungere risultati concreti a livello internazionale, fino alla suddetta Convenzione di Parigi.

La Convenzione dell'Aja del 1907, per esempio, benché proibisse espressamente l'uso di armi tossiche e di armi che potessero provocare sofferenze superflue, non ha impedito l'impiego massiccio di gas asfissianti durante la prima guerra mondiale, con le catastrofiche conseguenze che tutti ben conosciamo.

Contrariamente a quanto si crede, furono i francesi che, nell'agosto del 1914, a guerra appena iniziata, lanciarono sul nemico granate contenenti alfa bromo xylene, una sostanza ascrivibile più alla classe dei gas antisommossa, che non alle vere e proprie armi chimiche.

Dopo il conflitto, l'intera comunità mondiale rimase profondamente segnata dalle crudeltà perpetrate in quella che venne definita sopratutto una guerra di trincea. Si tentò pertanto di arginare, per il futuro, l'uso delle armi chimiche, per tutelare appunto le generazioni future.

Il successivo Protocollo di Ginevra del 1925 aveva proibito più esplicitamente l'uso dei gas asfissianti e dei mezzi di guerra biologica, ma ancora una volta non aveva vietato in modo definitivo l'uso di tali armi, perché era ancora consentito farvi ricorso, come risposta ad una eventuale aggressione con l'uso di armi chimiche.

La spinta a riconsiderare l'abolizione dell'uso delle armi chimiche si è riproposta a causa del ripetuto impiego di gas da parte dell'Iraq contro l'Iran, nella seconda metà degli anni Ottanta.

Inizialmente, nel 1985, fu l'Australia a farsi promotrice di un gruppo informale incaricato di prevenire l'esportazione di composti utilizzabili per la realizzazione di armi chimiche. Al cosiddetto Australian group, aderirono 15 Paesi occidentali, tra cui l'Italia.

Nel 1990, la fine dell'epoca della guerra fredda portò gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica a firmare un accordo per la distruzione e la non produzione di armi chimiche.

Con la Convenzione di Parigi, si è compiuto un passo ulteriore, reso possibile anche dal clima di distensione internazionale e di aumento della fiducia nei rapporti tra Est e Ovest, a seguito della fine delle tensioni del mondo bipolare.

Nel 1993, dunque, dopo l'approvazione da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, il testo definitivo della Convenzione per la messa al bando delle armi chimiche è disponibile alla firma degli Stati. La Francia, Paese depositario del Protocollo di Ginevra del 1925, organizza una conferenza, alla fine della quale i circa 150 partecipanti dichiarano il proprio impegno al rifiuto di impiegare armi chimiche, da attuare con la eliminazione totale di tali armi.

La Convenzione firmata a Parigi il 13 gennaio 1993, sulla messa al bando delle armi chimiche, e la Convenzione firmata a Parigi, Mosca e Washington, sulla proibizione delle armi batteriologiche, costituiscono lo sbocco di un lungo e complesso lavoro diplomatico protrattosi per l'intero secolo XX sullo sfondo di numerosi episodi bellici.

La Convenzione prescrive agli Stati aderenti di non possedere e, comunque, di distruggere le armi chimiche in loro possesso e che ciascuno Stato è responsabile di tutte le attività riguardanti l'attuazione della Convenzione che hanno luogo sul suo territorio, indipendentemente dai soggetti che le espletano. Ciò determina l'inclusione anche delle attività delle basi militari concesse ai Paesi alleati nel territorio nazionale.

L'effettività della Convenzione di Parigi è garantita mediante un regime di controllo internazionale basato su dichiarazioni e verifiche sul territorio; in particolare, la Convenzione introduce «ispezioni di routine» e «ispezioni su sfida», con modalità diverse anche per quanto concerne il tempo di preavviso (48-72 ore per le prime, 12 ore per le seconde).

Le ispezioni su sfida, su cui ci troviamo oggi a deliberare, si effettuano in base alla richiesta di uno Stato parte che nutre fondati sospetti sullo svolgimento di attività illecite in un altro Stato parte. L'impulso dello Stato che prende l'iniziativa viene indirizzato all'OPAC la quale, onde valutare la fondatezza della richiesta, convoca una seduta urgente del consiglio esecutivo, che si pronuncia rigettando oppure accogliendo la richiesta di ispezione. In caso affermativo, l'OPAC invia gli ispettori nello Stato interessato.

Venendo, quindi, all'Accordo in esame, questo ha la finalità di regolamentare, d'intesa con il Governo degli Stati Uniti d'America, lo svolgimento delle attività ispettive in territorio italiano nel caso che uno Stato parte terzo chieda all'OPAC di effettuare un'«ispezione su sfida» a strutture militari statunitensi situate in Italia. L'Accordo ribadisce la sovranità dello Stato sul territorio nazionale sul quale insiste ogni attrezzatura, edificio, nave o aeromobile di bandiera gestiti ed occupati per scopi governativi non commerciali da una delle parti e stabilisce la responsabilità della conduzione delle ispezioni in capo allo Stato che la riceve.

Vengono, inoltre, disciplinate le procedure tecniche di dettaglio di conduzione dell'ispezione, il sistema di scambio della notifica ricevuta dall'OPAC e la corretta individuazione dello Stato parte ispezionato e ulteriori disposizioni che riguardano la rendicontazione delle spese sostenute per lo svolgimento dell'ispezione che deve essere trasmessa all'OPAC per il rimborso. Nel caso in cui l'ispezione rilevasse la non fondatezza degli elementi della richiesta di ispezione valutata dall'OPAC, lo Stato italiano può ottenere dall'OPAC medesima il rimborso delle spese sostenute durante la procedura. Qualora poi emergessero responsabilità dirette degli Stati Uniti d'America, lo Stato italiano potrà richiedere a questi ultimi il rimborso delle spese sostenute. Questo elemento è un importante baluardo di tutela della sovranità nazionale.

Signora Presidente, questo Accordo, sostenuto dall'Italia dei Valori e su cui ci troviamo oggi a deliberare, rende operativa la Convenzione e permette che venga scritto un nuovo capitolo nella storia del disarmo grazie alla piena collaborazione amministrativa.

Questo risultato è reso possibile dai rapporti di leale collaborazione che l'Italia ha con il Governo statunitense, anche con la nuova amministrazione del nuovo presidente degli Stati Uniti d'America, Barack Obama, che l'Italia dei Valori ha salutato con entusiasmo. Speriamo tutti che si possa ancora di più evolvere verso una sinergia di intenti sempre più intensa. (Applausi dal Gruppo IdV).

 

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Ha facoltà di parlare il relatore.

COMPAGNA, relatore. Signora Presidente, non intendo replicare.

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la rappresentante del Governo.

CRAXI, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signora Presidente, l'Accordo rappresenta il definitivo, concorde e palese impegno d'Italia e Stati Uniti d'America, entrambi membri originari della Convenzione, a promuovere, con il ricorso a meccanismi di trasparenza e cooperazione, le intese internazionali più significative nel campo dell'eliminazione delle armi di sterminio. Siamo, pertanto, soddisfatti perché questo Accordo costituisce un ulteriore passo avanti in tale percorso, concorrendo a creare le condizioni affinché siano realizzabili in un contesto chiaro le «ispezioni su sfida» che dovessero essere condotte a strutture americane in Italia, contribuendo a dare piena, concreta ed effettiva applicazione alla Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche.

Vorrei infine sottolineare come l'Accordo sia uno dei primi nel suo genere e rappresenti quindi un esempio anche per altri Paesi aderenti alla Convenzione di Parigi, al quale potranno ispirarsi.

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli.

Metto ai voti l'articolo 1.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 2.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 3.

È approvato.

Passiamo alla votazione finale.

PEDICA (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PEDICA (IdV). Signora Presidente, onorevoli colleghi, l'Italia dei Valori accoglie con favore la ratifica ed esecuzione del Trattato in materia di ispezioni su sfida, soprattutto per come, nell'Accordo di implementazione, viene privilegiato l'aspetto preventivo. Infatti non si disciplina l'uso concreto ed effettivo delle armi chimiche ex post, a danno effettuato ma, giustamente, si agisce ex ante, controllando che ciascuno Stato non le produca, non le detenga, non le immagazzini. L'unica via per addivenire al disarmo è proprio quella di istituire un capillare regime di controllo internazionale, che si basi, da una parte, sulle dichiarazioni degli Stati membri, e, dall'altra, su attive verifiche sul territorio della veridicità delle dichiarazioni stesse.

Come illustrato, la Convenzione prevede una doppia tipologia di ispezione: le ispezioni di routine e le ispezioni su sfida. Ad oggi, nessuno Stato parte ha richiesto all'Organizzazione ispezioni su sfida, ma sono state effettuate esercitazioni di simulazione per predisporre il personale e le procedure. Gli Stati che non hanno aderito alla Convenzione non possono essere ispezionati dall'OPAC. È tuttavia previsto che l'Organizzazione renda disponibili i suoi mezzi alle Nazioni Unite, se queste lo richiedono. Il problema in futuro sarà proprio quello di estendere il regime di controllo a tutte le aree del pianeta, soprattutto nei Paesi in cui la Convenzione di Ginevra non è ancora operativa.

Ma qual è la situazione attuale dell'iter di ratifica della Convenzione e degli Accordi operativi? Onorevoli colleghi, alla fine del 2008, il numero dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione ha superato la quota di 180. Le dichiarazioni degli Stati firmatari hanno permesso di quantificare e controllare l'entità degli arsenali di armi chimiche presenti nel mondo e di controllarne il processo di distruzione. Le ispezioni agli arsenali militari ed alle industrie chimiche detentrici di prodotti sensibili si susseguono con cadenza regolare.

L'Italia dei Valori prende atto di questo ottimo risultato, ma ricorda due linee direttrici d'azione che determineranno in futuro l'effettivo successo della battaglia per il disarmo chimico, durata quasi un secolo. Da un lato, abbiamo la necessità che vengano rispettati i criteri di universalità che sono alla base della reale efficacia di un trattato di disarmo. Nonostante le 180 adesioni al Trattato, rimangono undici Stati che non sono parte della Convenzione, di cui quattro firmatari che non hanno ancora ratificato (Bahamas, Repubblica Dominicana, Israele e Myanmar) e sette che non hanno assolutamente firmato (Angola, Corea del Nord, Egitto, Iraq, Libano, Somalia e Siria).

Considerando come soprattutto i Paesi non firmatari siano teatro di situazioni di estrema fragilità, sarebbe auspicabile che la diplomazia italiana, in sede multilaterale, si adoperasse per stimolare la sottoscrizione dell'Accordo di questi Paesi, in modo da prevenire effetti collaterali che andrebbero a danno di tutta la comunità internazionale. L'Angola, per esempio, vanta l'esercito meglio equipaggiato di tutta l'Africa subsahariana e minaccia di intervenire a fianco della Repubblica democratica del Congo per sedare eserciti di ribelli nel Nord del Kivu, come già fece durante la prima guerra del Congo, durante la quale, ricordiamo, morirono quattro milioni di persone. In una situazione di tale precarietà, la sottoscrizione della Convenzione di Ginevra rappresenta una tutela necessaria della popolazione africana.

Per rimanere nel continente dimenticato, sottolineo che anche la Somalia presenta una situazione interna estremamente fragile, di cui risentono i Paesi confinanti. Di fatto, dal 1991, da quando il presidente Siad Barre è stato estromesso, il Paese è stato teatro di carestie e di continui scontri estremamente cruenti e sanguinosi, anzi sanguinosissimi, cui hanno partecipato anche gli eserciti etiope, statunitense e dell'Unione africana, arrivando addirittura alla dichiarazione unilaterale d'indipendenza del Somaliland.

In un contesto così fragile e che minaccia in ogni momento di scivolare in aperti scontri, si rende assolutamente necessario supportare la ratifica della Conferenza di Ginevra sul bando delle armi chimiche. Si ricorda inoltre come la Convenzione sia anche un importante vincolo per combattere il commercio di tali armi, che è molto più facile abbia luogo in contesti governativi fragili o corrotti. Considerato questo, l'Italia dei Valori sottolinea l'impellente importanza di supportare la ratifica di Paesi non firmatari come la Corea del Nord, la Siria, il Libano e l'Iraq, e di quelli firmatari che però non hanno ancora ratificato, in particolare Israele e Myanmar.

La seconda linea di azione, che permetterà l'effettivo successo della Convenzione ed il raggiungimento dei suoi obiettivi ultimi, è relativa alla cooperazione internazionale in campo chimico. Questo viene considerato come il secondo step, da valutare in seguito al disarmo. Si potrà dunque parlare di una nuova era nella lotta al disarmo quando l'OPAC sarà in grado di spostare il centro delle sue attività dall'eliminazione delle armi chimiche in senso stretto alla piena cooperazione internazionale nel campo chimico. Tra i compiti dell'OPAC rientra anche la promozione di una cultura della cooperazione internazionale e dell'aiuto reciproco in tale settore.

In conclusione, signora Presidente, l'Italia dei Valori si augura che questa fase possa venire presto raggiunta, grazie anche alla pronta sottoscrizione dell'Accordo da parte degli Stati che non hanno ancora firmato. Ribadisco ancora una volta, a nome del Gruppo Italia dei Valori, il sostegno alla ratifica e all'esecuzione del corollario operativo della Convenzione di Ginevra in merito alle ispezioni su sfida. (Applausi dal Gruppo IdV).

MARCENARO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MARCENARO (PD). Signora Presidente, intervengo per preannunciare il voto favorevole del Gruppo del Partito Democratico sul provvedimento in esame. Tale voto favorevole si basa su due questioni essenziali: innanzi tutto, il provvedimento costituisce un passo in avanti significativo nella lotta per il disarmo, soprattutto nella lotta per la messa al bando di quelle particolari armi di distruzione di massa rappresentate dalle armi chimiche; in secondo luogo, si tratta di un passo in avanti nella costruzione di un sistema di regolazione internazionale di cui c'è sempre più bisogno. Pertanto, devono essere apprezzati anche i passi parziali come quello oggi compiuto. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. Metto ai voti il disegno di legge, nel suo complesso.

È approvato.

 

Discussione e approvazione del disegno di legge:

(1073) Ratifica ed esecuzione del II Protocollo relativo alla Convenzione dell'Aja del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, fatto a L'Aja il 26 marzo 1999, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (Relazione orale) (ore 12,57)

PRESIDENTE.L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1073.

Il facente funzioni di relatore, senatore Cabras, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare.

CABRAS, f.f. relatore. Signora Presidente, chiedo di poter allegare il testo della relazione.

PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza in tal senso.

Non essendovi iscritti a parlare nella discussione generale e poiché il rappresentante del Governo non intende intervenire, passiamo all'esame degli articoli.

Metto ai voti l'articolo 1.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 2.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 3.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 4.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 5.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 6.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 7.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 8.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 9.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 10.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 11.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 12.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 13.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 14.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 15.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 16.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 17.

È approvato.

Passiamo alla votazione finale.

PALMIZIO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PALMIZIO (PdL). Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole sul provvedimento a nome del Gruppo PdL.

PRESIDENTE. Metto ai voti il disegno di legge, nel suo complesso.

È approvato.

Discussione e approvazione del disegno di legge:

(1132) Ratifica ed esecuzione della Convenzione sull'Istituto forestale europeo, fatta a Joensuu il 28 agosto 2003 (Relazione orale) (ore 12,59)

PRESIDENTE.L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1132.

Il relatore, senatore Palmizio, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.

PALMIZIO, relatore. Signora Presidente, chiedo di poter allegare il testo della relazione.

 

PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza in tal senso.

Non essendovi iscritti a parlare nella discussione generale, ha facoltà di parlare la rappresentante del Governo.

CRAXI, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signora Presidente, molte università e istituti di ricerca italiani hanno mostrato interesse per l'EFI e si sono già associati sebbene lo Stato italiano non abbia ancora completato l'iter di ratifica della Convenzione.

PRESIDENTE.Passiamo all'esame degli articoli.

Metto ai voti l'articolo 1.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 2.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 3.

È approvato.

 

Metto ai voti il disegno di legge, nel suo complesso.

È approvato.

 

Discussione e approvazione, con modificazioni, del disegno di legge:

(1133) Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di partenariato e di cooperazione tra le Comunità europee ed i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Tagikistan dall'altra, con allegati e Protocollo, fatto a Lussemburgo l'11 ottobre 2004 (ore 13)

PRESIDENTE.L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1133.

La relazione è stata già stampata e distribuita. Chiedo al relatore se intende integrarla.

CABRAS, relatore. Signora Presidente, mi rimetto alla relazione scritta.

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore Pedica. Ne ha facoltà.

PEDICA (IdV). Signora Presidente, ci troviamo oggi a deliberare in merito all'Accordo di partenariato e di cooperazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, ed il Tagikistan dall'altra. L'Accordo, una volta entrato in vigore, non implica la necessità di adottare elementi innovativi nel quadro della legislazione italiana, né pone problematiche di compatibilità con il diritto comunitario in quanto trattasi della ratifica di un Accordo concluso in sede comunitaria nel 2004 secondo le procedure proprie dell'Unione europea per la preparazione, il negoziato e la conclusione degli accordi con i Paesi terzi.

Il presente disegno di legge costituisce la ripresentazione dell'identico provvedimento all'esame del Senato nella scorsa legislatura, Atto Senato n. 1778, che non ha potuto terminare il proprio iter a causa dell'anticipato scioglimento delle Camere.

L'Italia dei Valori riconosce l'importanza di rafforzare il dialogo con le ex Repubbliche dell'URSS di cui il Tagikistan rappresenta l'unica con le quali non sia stata ancora suggellata una partnership economica e politica.

Facendo riferimento ai nostri valori di cooperazione e dialogo, come logica di gestione nei rapporti internazionali sia a livello bilaterale che, come in questo caso, multilaterale all'interno della cornice dell'Unione europea, sosteniamo il rafforzamento della collaborazione politica, economica e commerciale tra Unione europea e Tagikistan e, più in generale, nella regione dell'Asia centrale, oltre al sostegno della crescita economica, dello sviluppo sostenibile e della lotta contro la povertà.

L'Italia dei Valori si dichiara pertanto favorevole alla ratifica dell'Accordo di partenariato e di cooperazione tra le Comunità europee e il Tagikistan.

 

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Ha facoltà di parlare il relatore.

CABRAS, relatore. Signor Presidente, rinunzio alla replica.

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la rappresentante del Governo.

CRAXI, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. L'Accordo di partenariato e di cooperazione rappresenta uno strumento prezioso nelle nostre relazioni con Dusanbe non solo nella lotta contro il terrorismo e i traffici illegali ma anche in considerazione della presenza in loco di una nostra attiva e qualificata presenza imprenditoriale. Sono inoltre da tenersi nella dovuta considerazione le grandi aspettative che le autorità tagike nutrono nei confronti del nostro Paese, ai loro occhi un importante punto di riferimento nell'Unione europea.

Consapevole di tale ruolo, il Governo italiano non ha mancato di assicurare Dusanbe, in tutte le occasioni di incontro, ampio sostegno e disponibilità. In conclusione, la ratifica dell'Accordo da parte italiana appare assolutamente prioritaria per la coerenza della nostra azione di politica estera in ambito comunitario, oltre che un tangibile segno di rinnovato interesse dell'Italia verso questo Paese, e più in generale verso l'area che rappresenta un importante fonte di approvvigionamento energetico.

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli, nel testo proposto dalla Commissione.

Metto ai voti l'articolo 1.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 2.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 3.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 4.

È approvato.

Passiamo alla votazione finale.

PEDICA (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PEDICA (IdV). Signora Presidente, cari colleghi, anche sulla ratifica contenuta nel disegno di legge n. 1133 vorrei portare alla vostra attenzione le tempistiche - che oserei definire bibliche - impiegate dall'Italia per discutere della ricezione di questo Accordo internazionale. L'Accordo tra l'Unione europea e il Tagikistan venne infatti siglato addirittura nel 2004, dando inoltre luogo alla successiva riformulazione del programma europeo di cooperazione regionale con l'Asia centrale (TACIS), ristrutturato in quello che oggi chiamiamo programma CARD. Tali programmi sono e sono stati finanziati, peraltro, con un pool di risorse provenienti dagli Stati membri, tra cui l'Italia, che pure non aveva ancora ratificato il Trattato, ma all'interno della cui cornice stava però già operando.

L'Italia dei Valori, constatato come tre o quattro anni siano decisamente troppi per ratificare un Trattato come quello oggi in discussione, si augura che in futuro questioni che riguardano l'adempimento dei nostri obblighi, derivanti dall'appartenenza alla Comunità europea, vengano gestite con maggiore sollecito.

PALMIZIO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PALMIZIO (PdL). Signora Presidente, intervengo solo per esprimere un voto favorevole del mio Gruppo.

PRESIDENTE. Metto ai voti il disegno di legge, nel suo complesso.

È approvato.

 

Interpellanze e interrogazioni, annunzio

PRESIDENTE.Comunico che sono pervenute alla Presidenza un'interpellanza e interrogazioni, pubblicate nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ricordo che il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica oggi, alle ore 16,30, con lo stesso ordine del giorno.

La seduta è tolta (ore 13,07).

Allegato A

DISEGNO DI LEGGE

Ratifica ed esecuzione della Convenzione basata sull'articolo K3 del Trattato sull'Unione Europea, relativa alla mutua assistenza ed alla cooperazione tra le Amministrazioni doganali, con allegati, fatta a Bruxelles il 18 dicembre 1997, nonchè norme di adeguamento dell'ordinamento interno (1074)

ARTICOLI DEL DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

Approvato

(Autorizzazione alla ratifica)

    1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione basata sull'articolo K3 del Trattato sull'Unione europea, relativa alla mutua assistenza ed alla cooperazione tra le Amministrazioni doganali, con allegati, fatta a Bruxelles il 18 dicembre 1997, di seguito denominata «Convenzione».

Art. 2.

Approvato

(Ordine di esecuzione)

    1. Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 32 della medesima Convenzione.

Art. 3.

Approvato

(Ufficio di coordinamento)

1. Per i fini di cui all'articolo 5 della Convenzione, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, lettera e), della legge 23 agosto 1988, n. 400, e dell'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, è individuato, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze un ufficio di livello dirigenziale non generale che assume la denominazione di «Ufficio centrale di coordinamento». Resta fermo il numero complessivo degli uffici di livello dirigenziale non generale del Ministero dell'economia e delle finanze. Con il medesimo decreto sono definite la composizione, l'organizzazione e le modalità di funzionamento dell'Ufficio centrale di coordinamento.

    2. Il Ministero dell'economia e delle finanze, sentito l'Ufficio centrale di coordinamento dispone l'attuazione degli scambi di funzionari di collegamento ai sensi dell'articolo 6 della Convenzione.

    3. L'Ufficio centrale di coordinamento provvede al necessario raccordo con gli altri organi e strutture centrali di coordinamento nazionali secondo le vigenti disposizioni.

Art. 4.

Approvato

(Norme di coordinamento)

    1. L'esecuzione delle forme di cooperazione previste al titolo IV della Convenzione è consentita, nei limiti di cui all'articolo 2 della Convenzione medesima, alle Autorità indicate nell'articolo 4, numero 7), della stessa Convenzione.

    2. Per lo svolgimento delle forme di cooperazione particolari di cui al titolo IV della Convenzione che comportano l'esecuzione, l'omissione o il ritardo di atti di polizia giudiziaria, l'ufficiale di polizia giudiziaria procedente dà immediato avviso, anche orale, all'autorità giudiziaria territorialmente competente, che autorizza con decreto.

    3. Nel caso di esecuzione delle operazioni di cui agli articoli 20 e 21 della Convenzione nel territorio nazionale da parte di funzionari degli altri Stati contraenti, l'ufficiale di polizia giudiziaria procedente dà immediato avviso, anche orale, all'autorità giudiziaria competente, che autorizza con decreto.

    4. In ogni caso, l'ufficiale di polizia giudiziaria procedente trasmette, senza ritardo, motivato rapporto all'autorità giudiziaria.

    5. I funzionari degli altri Stati contraenti, che prendono parte nel territorio nazionale alle squadre investigative costituite ai sensi dell'articolo 24 della Convenzione, non rivestono la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria.

    6. L'autorità giudiziaria adita ai sensi dei commi 2 e 3 può disporre diversamente e impartire le disposizioni per l'esecuzione dell'operazione richiesta. Nei casi d'urgenza, la stessa autorità giudiziaria può assumere le proprie determinazioni anche oralmente, ma il relativo provvedimento è emesso entro le successive quarantotto ore.

    7. Nei casi previsti dagli articoli 22 e 23 della Convenzione, le relative operazioni sono eseguite con le modalità di cui all'articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146.

    8. Restano ferme le disposizioni previste dal codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, per quanto riguarda la protezione dei dati trattati in attuazione della Convenzione.

Art. 5.

Approvato

(Copertura finanziaria)

        1. Per l'attuazione della presente legge è autorizzata la spesa di euro 2.078.580 per l'anno 2008 e di euro 1.828.410 a decorrere dall'anno 2009. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando per gli anni 2008 e 2009 l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e, a decorrere dall'anno 2010: l'accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze per euro 35.427; l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia per euro 74.000; l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri per euro 264.265; l'accantonamento relativo al Ministero dell'interno per euro 132.000; l'accantonamento relativo al Ministero per i beni e le attività culturali per euro 24.000; l'accantonamento relativo al Ministero della salute per euro 313.000; l'accantonamento relativo al Ministero dei trasporti per euro 6.000; l'accantonamento relativo al Ministero dell'università e della ricerca per euro 30.000 e l'accantonamento relativo al Ministero della solidarietà sociale per euro 949.718.

        2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 6.

Approvato

(Entrata in vigore)

    1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

DISEGNO DI LEGGE

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti d'America in merito alla conduzione di "ispezioni su sfida" da parte dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, ai sensi della Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione, fatto a Roma il 27 ottobre 2004 (1128)

ARTICOLI DEL DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

Approvato

(Autorizzazione alla ratifica)

    1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti d'America in merito alla conduzione di «ispezioni su sfida» da parte dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, ai sensi della Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione, fatto a Roma il 27 ottobre 2004.

Art. 2.

Approvato

(Ordine di esecuzione)

    1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo XI dell'Accordo stesso.

Art. 3.

Approvato

(Entrata in vigore)

    1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

DISEGNO DI LEGGE

Ratifica ed esecuzione del II Protocollo relativo alla Convenzione dell'Aja del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, fatto a L'Aja il 26 marzo 1999, nonchè norme di adeguamento dell'ordinamento interno (1073)

ARTICOLI DEL DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

Approvato

(Autorizzazione alla ratifica)

    1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare il II Protocollo relativo alla Convenzione de L'Aja del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, fatto a L'Aja il 26 marzo 1999.

Art. 2.

Approvato

(Ordine di esecuzione)

    1. Piena ed intera esecuzione è data al Protocollo di cui all'articolo l, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 43 del Protocollo stesso.

Art. 3.

Approvato

(Definizioni)

    1. Ai fini della presente legge si intende per:

        a) «Convenzione», la Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, firmata a L'Aja il 14 maggio 1954, ratificata ai sensi della legge 7 febbraio 1958, n. 279;

        b) «Protocollo», il II Protocollo per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, firmato a L'Aja il 26 marzo 1999, di cui la presente legge autorizza la ratifica;

        c) «illecitamente», in violazione del diritto nazionale del territorio occupato o del diritto internazionale;

        d) «beni culturali», i beni culturali di cui all'articolo 1 della Convenzione, ovunque essi si trovino;

        e) «protezione rafforzata», il sistema di protezione stabilito dagli articoli 10 e 11 del Protocollo.

Art. 4.

Approvato

(Salvaguardia dei beni culturali)

    1. Ai fini dell'adozione delle misure propedeutiche di salvaguardia dei beni culturali ai sensi e per gli effetti stabiliti dall'articolo 5 del Protocollo, si applicano:

        a) le norme riguardanti l'obbligo di catalogazione dei beni culturali previsto dalle disposizioni in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio;

        b) le norme tecniche dettate dalla disciplina legislativa e regolamentare in materia di sicurezza e di prevenzione incendi;

        c) le disposizioni regolamentari di organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali che individuano gerarchicamente e territorialmente le strutture competenti in materia di protezione del patrimonio culturale nazionale, nell'ambito delle cui attribuzioni sono da intendere comprese le attività di salvaguardia dei beni culturali in caso di conflitto armato;

        d) le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che individuano enti e strutture cui sono attribuite competenze in materia di sicurezza e tutela del patrimonio culturale.

Art. 5.

Approvato

(Criteri per l'applicazione dell'articolo 10 del Protocollo)

    1. Nell'ambito dei beni appartenenti al patrimonio culturale nazionale, sottoposti alle misure di tutela previste dal decreto legislativo di cui al Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, il Ministero per i beni e le attività culturali individua i beni, di proprietà pubblica e privata, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 10 del Protocollo da inserire nella lista indicata all'articolo 11, paragrafo 1, del Protocollo, in quanto meritevoli di tutela rafforzata in virtù della loro massima importanza per l'umanità, sentito il Ministero della difesa in ordine al requisito di cui all'articolo 10, lettera c), del Protocollo.

Art. 6.

Approvato

(Ambito di applicazione)

    1. Le disposizioni penali della presente legge si applicano a chiunque commette il fatto in danno di beni situati nel territorio dello Stato nel corso di un conflitto armato o di missioni internazionali.

    2. Le disposizioni penali della presente legge si applicano altresì quando nel corso di un conflitto armato o di missioni internazionali:

        a) il fatto è commesso dal cittadino italiano in danno di beni situati in territorio estero;

        b) i fatti previsti dagli articoli 7, comma 2, 8, comma 2, e 9, sono commessi dallo straniero in danno di beni situati in territorio estero, sempre che lo straniero si trovi nel territorio dello Stato.

Art. 7.

Approvato

(Attacco e distruzione di beni culturali)

    1. Chiunque attacca un bene culturale protetto dalla Convenzione è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.

    2. Se il fatto previsto dal comma 1 è commesso su un bene culturale sottoposto a protezione rafforzata la pena è della reclusione da cinque a quindici anni.

    3. Le pene stabilite dai commi 1 e 2 sono aumentate se al fatto consegue la distruzione del bene.

Art. 8.

Approvato

(Utilizzo illecito di un bene culturale protetto)

    1. Chiunque utilizza un bene culturale protetto dalla Convenzione ovvero la zona circostante a sostegno di un'azione militare è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

    2. Se il fatto previsto dal comma 1 è commesso su un bene culturale sottoposto a protezione rafforzata, la pena è della reclusione da due a sette anni.

    3. Le pene stabilite dai commi 1 e 2 sono aumentate se al fatto consegue la distruzione del bene.

Art. 9.

Approvato

(Devastazione e saccheggio di beni culturali protetti)

    1. Chiunque commette fatti di devastazione ai danni di beni culturali protetti dalla Convenzione o dal Protocollo, è punito con la reclusione da otto a quindici anni.

    2. Le pene stabilite dal comma 1 si applicano anche a chiunque saccheggia beni culturali protetti dalla Convenzione o dal Protocollo.

Art. 10.

Approvato

(Impossessamento illecito e danneggiamento di un bene culturale protetto)

    1. Chiunque illecitamente si impossessa di un bene culturale protetto dalla Convenzione, ovvero, avendone a qualunque titolo la disponibilità, se ne appropria, ovvero lo distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibile, è punito con la reclusione da due a otto anni.

    2. Se il fatto previsto dal comma 1 è commesso su un bene culturale sottoposto a protezione rafforzata, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.

Art. 11.

Approvato

(Esportazione e trasferimento illecito di beni culturali protetti)

    1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque nel corso delle attività di cui all'articolo 6 esporta, rimuove o trasferisce illecitamente la proprietà di beni protetti dalla Convenzione o dal Protocollo è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

    2. La pena stabilita dal comma 1 è aumentata se al fatto consegue la distruzione del bene.

Art. 12.

Approvato

(Alterazione o modificazione d'uso di beni culturali protetti)

    1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, nel corso delle attività di cui all'articolo 6, altera o modifica arbitrariamente l'uso di un bene protetto dalla Convenzione ovvero illecitamente effettua scavi archeologici, è punito con la reclusione da uno a tre anni.

    2. La pena stabilita dal comma 1 è aumentata se al fatto consegue la distruzione del bene.

Art. 13.

Approvato

(Causa di esclusione della punibilità)

    1. Non è punibile chi commette i fatti di cui agli articoli 7 e 8 per esservi costretto da una necessità militare imperativa ai sensi dell'articolo 6 del Protocollo.

Art. 14.

Approvato

(Reati militari, giurisdizione e competenza)

    1. I reati di cui agli articoli 7, 8, 9, 10, 11 e 12 sono reati militari. Si applica l'articolo 27, primo comma, del codice penale militare di pace.

    2. Nei casi in cui i reati di cui al comma 1 sono commessi all'estero e la giurisdizione è attribuita all'autorità giudiziaria militare, è competente il tribunale militare di Roma.

    3. Nei casi in cui i reati di cui al comma 1 sono commessi all'estero e la giurisdizione è attribuita all'autorità giudiziaria ordinaria, è competente il tribunale di Roma.

Art. 15.

Approvato

(Norma di coordinamento)

    1. Le disposizioni della presente legge si osservano anche quando è disposta l'applicazione del codice penale militare di guerra, salvo che questo preveda sanzioni più gravi.

Art. 16.

Approvato

(Copertura finanziaria)

    1. Per l'attuazione della presente legge, è autorizzata la spesa di euro 8.980 per l'anno 2008, di euro 4.890 per l'anno 2009 e di euro 8.980 a decorrere dal 2010. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del programma ''Fondi di riserva e speciali'' della missione ''Fondi da ripartire'' dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.

    2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 17.

Approvato

(Entrata in vigore)

    1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

DISEGNO DI LEGGE

Ratifica ed esecuzione della Convenzione sull'Istituto forestale europeo, fatta a Joensuu il 28 agosto 2003 (1132)

ARTICOLI DEL DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

Approvato

(Autorizzazione alla ratifica)

    1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione sull'Istituto forestale europeo, fatta a Joensuu il 28 agosto 2003.

Art. 2.

Approvato

(Ordine di esecuzione)

    1. Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 15 della Convenzione stessa.

Art. 3.

Approvato

(Entrata in vigore)

    1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

DISEGNO DI LEGGE

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di partenariato e di cooperazione tra le Comunità europee ed i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Tagikistan dall'altra, con allegati e Protocollo, fatto a Lussemburgo l'11 ottobre 2004 (1133)

ARTICOLI NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

Art. 1.

Approvato

(Autorizzazione alla ratifica)

    1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo di partenariato e di cooperazione tra le Comunità europee ed i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Tagikistan dall'altra, con allegati e Protocollo, fatto a Lussemburgo l'11 ottobre 2004.

Art. 2.

Approvato

(Ordine di esecuzione)

    1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 100 dell'Accordo stesso.

Art. 3.

Approvato

(Copertura finanziaria)

    1. Per l'attuazione della presente legge è autorizzata la spesa di euro 12.500 annui a decorrere dall'anno 2008. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando gli accantonamenti relativi al Ministero degli affari esteri per gli anni 2008 e 2009 ed al Ministero della solidarietà sociale a decorrere dall'anno 2010.

    2. Il Ministro dell'economia e finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 4

Approvato

(Entrata in vigore)

    1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale .

Allegato B

 

Relazione orale del senatore Cabras sul disegno di legge n. 1073

Il provvedimento in titolo, d'iniziativa governativa, riproduce i contenuti dell'analoga proposta legislativa presentata nella XV legislatura e non esaminata per l'intervenuto scioglimento delle Camere.

Il disegno di legge reca, oltre alle consuete disposizioni di autorizzazione alla ratifica, ordine di esecuzione ed entrata in vigore, anche norme di adattamento e attuazione nell'ordinamento interno dei contenuti del II Protocollo della Convenzione dell'Aja per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato.

Giova ricordare in premessa che la Convenzione in titolo è stata sottoscritta nel 1954 e tende a garantire la tutela del patrimonio artistico e culturale anche in caso di eventi bellici. Essa assoggetta a distinti regimi di protezione («generale» e «speciale») le categorie di beni tutelati, prevedendo la protezione da parte delle Forze armate nazionali e da parte degli Stati contraenti per evitarne il saccheggio e la sottrazione.

Il Protocollo aggiuntivo in esame integra e rende maggiormente applicabile la Convenzione anche in Italia, in cui i beni da assoggettare a protezione speciale risultavano essere poco numerosi, nonostante la ricchezza del patrimonio artistico.

In particolare, il Protocollo prevede un terzo regime di protezione dei beni artistici («protezione rafforzata») intermedio rispetto a quello generale e speciale, con iscrizione dei beni stessi in una lista internazionale redatta sotto il controllo di un apposito Comitato intergovernativo.

Possono essere qualificati beni a protezione rafforzata quelli con un'importanza di grandissimo rilievo per l'umanità, che godano di un elevato livello di protezione legislativa e amministrativa per l'eccezionale valore storico e culturale, e che non siano utilizzati per scopi militari. Il Comitato intergovernativo valuta le proposte formulate da ciascuno Stato contraente e delibera a maggioranza qualificata (quattro quinti) l'inclusione nella lista. L'elenco è reso noto a tutti gli Stati aderenti, all'UNESCO e all'ONU.

Inoltre, il Protocollo stabilisce i presupposti che fanno scattare il regime di protezione rafforzata ovvero lo rendono inapplicabile: il discrimine è costituito dal ricorrere di una necessità militare imperativa ovvero dell'individuazione di un obiettivo militare. La valutazione è affidata ai comandi militari, e la responsabilità in caso di violazione e, quindi, di danneggiamento o distruzione ingiustificata di beni culturali, è individuale. Per tale motivo, ogni Stato è tenuto a disciplinare apposite fattispecie penali incriminatici di tali condotte e a stabilirne la giurisdizione nazionale e le regole di estradizione.

Apposite disposizioni del Protocollo sono poi dedicate alla definizione e composizione degli organi istituzionali deputati all'applicazione dello stesso, nonché alle forme di cooperazione e assistenza tra Stati.

Ciò premesso per quanto concerne il contenuto del Protocollo, occorre notare che il disegno di legge prevede anche disposizioni di adattamento della normativa interna al Protocollo medesimo.

Esse derivano dalla necessità di individuare, a livello nazionale, le misure propedeutiche di salvaguardia dei beni culturali, facendo riferimento alle disposizioni già vigenti in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio, alle norme antincendio e, in generale, alle norme che individuano enti e strutture deputate alla sicurezza e tutela del patrimonio culturale (articolo 4).

L'articolo 5 del disegno di legge traduce a livello nazionale i requisiti stabiliti nel protocollo per la qualificazione dei beni a protezione rafforzata, demandando al Ministero per i beni e le attività culturali il compito dell'individuazione specifica degli stessi, con riferimento ai criteri del rilievo universale del bene e del livello di protezione interna per il valore storico eccezionale, sentito il Ministero della difesa per quanto concerne il requisito del mancato utilizzo per scopi militari del bene. In mancanza di una normativa nazionale omogenea e univocamente interpretabile, la scelta del legislatore è stata quella di affidare alle autorità ministeriali di settore il compito di tradurre le indicazioni elaborate a livello internazionale, onde redigere la lista dei beni culturali italiani di rilievo, da sottoporre al Comitato intergovernativo affinché ne valuti la meritevolezza di protezione rafforzata in caso di conflitto bellico.

Infine, gli articoli da 6 a 15 del disegno di legge recano disposizioni in materia penale.

Sono introdotte le nuove fattispecie incriminatici dell'attacco e distruzione di beni culturali, dell'utilizzo illecito di un bene culturale protetto, della devastazione e saccheggio di beni culturali protetti, dell'impossessamento illecito e danneggiamento di un bene culturale protetto, dell'esportazione e trasferimento illecito di beni culturali protetti, dell'alterazione o modificazione d'uso di beni culturali protetti.

Vengono altresì definiti l'ambito di applicazione dei nuovi reati, la causa di esclusione della punibilità della necessità militare imperativa e il coordinamento tra giurisdizione penale e militare.

In conclusione, si propone l'approvazione del provvedimento da parte dell'Assemblea.

Relazione orale del senatore Palmizio sul disegno di legge n. 1132

Il provvedimento in titolo, d'iniziativa governativa, reca le consuete disposizioni di autorizzazione alla ratifica, ordine di esecuzione ed entrata in vigore della Convenzione sull'Istituto forestale europeo.

Quanto ai contenuti della Convenzione oggetto di ratifica, giova anzitutto ricordare che l'Istituto forestale europeo (EFI) è stato fondato nel 1993 dal Governo della Finlandia per promuovere la ricerca nelle scienze forestali in Europa. Dalla creazione, si sono registrate numerose adesioni, e dopo un decennio gli enti associati erano 130.

Le motivazioni dell'interesse sollevato dalle iniziative promosse dall'EFI risiedono nel coinvolgimento delle maggiori università di scienze forestali d'Europa, comprese quelle italiane, i cui ricercatori, in diretto rapporto con i corrispondenti esteri, partecipano spesso ai congressi, alle riunioni ed ai programmi dell'EFI ed hanno anche assunto incarichi di responsabilità nei relativi organi statutari.

Nel 2003, su richiesta dei soci fondatori e degli organismi associati, il Governo finlandese ha promosso la trasformazione dell'EFI in ente di diritto internazionale, e il 28 agosto 2003 è stata firmata dai rappresentanti di 12 Stati, tra cui l'Italia, la Convenzione che costituisce l'Istituto forestale europeo in organismo internazionale.

A fronte di 20 Stati europei firmatari, la ratifica della Convenzione è ad oggi intervenuta in 13 Stati (Austria, Bulgaria, Croazia, Danimarca, Finlandia, Germania, Norvegia, Portogallo, Romania, Slovenia, Spagna, Svezia e Turchia), il che ha consentito il superamento della soglia di otto ratifiche e l'entrata in vigore della stessa.

La sollecita ratifica del Trattato anche da parte dell'Italia risulta opportuna anche onde consentire l'inserimento di docenti e ricercatori delle università negli organi dirigenziali e nei comitati scientifici dell'EFI, ora divenuto organismo internazionale, senza che ciò comporti oneri finanziari. Infatti, gli impegni che la Convenzione prevede per gli Stati partecipanti sono limitati al supporto al lavoro dell'EFI, fornendo, a richiesta, le informazioni attinenti le foreste che non risultino disponibili presso altri organismi. Inoltre, con la ratifica anche l'Italia potrà dare concreto ed ulteriore impulso alla ricerca forestale in Europa.

Ogni Stato deve poi partecipare all'attività degli organi statutari dell'EFI. Questi sono: consiglio, conferenza, comitato direttivo e segretariato, con a capo il direttore. Il consiglio è costituito dai rappresentati degli Stati membri, ad esso spettano la nomina di metà del comitato direttivo e la decisione di questioni generali di ordine tecnico, finanziario ed amministrativo. La conferenza, costituita dai rappresentanti dei membri associati, nomina a sua volta metà del comitato direttivo, e ha poteri d'impulso e raccomandazione. Il comitato direttivo prende le decisioni fondamentali per l'attività dell'Istituto, approva i bilanci e decide sulle spese, nomina il direttore e relaziona, per quanto necessario, alla conferenza ed al consiglio. Il segretariato, sotto la guida del direttore, provvede ai necessari atti esecutivi.

Riguardo agli ulteriori contenuti di dettaglio del Trattato, basti ricordare che gli articoli 1, 2 e 3 indicano il nome e la sede dell'Istituto, precisandone gli scopi e le finalità divulgative, mentre gli articoli 4, 5, 6, 7, 8, 9, descrivono le qualità di parti contraenti e di membri associati (istituzioni di ricerca europee) e affiliati (istituzioni di ricerca non europee, prive di potere decisionale), gli organi dell'Istituto - consiglio, conferenza, comitato direttivo e segretariato - e la loro composizione e funzionamento. Gli articoli 10 e 11 trattano degli aspetti finanziari e di bilancio e gli articoli 12 e 13 precisano gli aspetti giuridici, anche ai fini di eventuali dispute.

Infine, gli articoli 14 e 15 riguardano le modalità per la firma e la ratifica del Trattato e la sua entrata in vigore e gli articoli da 16 a 19 prevedono disposizioni transitorie, le modalità per effettuare emendamenti, per il recesso e per l'estinzione della Convenzione.

In conclusione, si propone l'approvazione del provvedimento.

Congedi e missioni

Sono in congedo i senatori: Alberti Casellati, Caliendo, Castelli, Ciampi, Ciarrapico, D'Ambrosio Lettieri, Davico, Dell'Utri, Di Stefano, Galioto, Giovanardi, Gramazio, Mantica, Mantovani, Martinat, Palma, Pera, Piccone, Tancredi e Viespoli.

 

Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Cantoni, dalle ore 11, per attività della 4a Commissione permanente; Blazina e Peterlini, per attività dell'Assemblea parlamentare dell'Iniziativa Centro Europea (INCE); Divina, per attività dell'Assemblea parlamentare della NATO; Amoruso, per attività dell'Unione Interparlamentare.

Regolamento del Senato, ritiro di firme da proposte di modificazione

In data 18 novembre 2008, il senatore Belisario ha dichiarato di ritirare la propria firma dalla proposta di modificazione del Regolamento: Micheloni ed altri. - "Introduzione dell'articolo 23-bis, che istituisce la Giunta per gli affari delle comunità italiane residenti all'estero, e modificazioni agli articoli 21, 34, 40 e 125-bis del Regolamento del Senato" (Doc. II, n. 5).

 

Disegni di legge, annunzio di presentazione

Senatori Belisario Felice, Pardi Francesco, Giambrone Fabio, Carlino Giuliana, Astore Giuseppe, Bugnano Patrizia, Caforio Giuseppe, De Toni Gianpiero, Di Nardo Aniello, Lannutti Elio, Li Gotti Luigi, Mascitelli Alfonso, Pedica Stefano, Russo Giacinto

Nuove disposizioni in materia di risoluzione dei conflitti di interesse ed in materia di incandidabilità e di ineleggibilità alla carica di deputato e senatore (1212)

(presentato in data 18/11/2008);

 

senatori Perduca Marco, Poretti Donatella

Disposizioni in materia di dispensazione dei medicinali (1213)

(presentato in data 18/11/2008);

 

senatori Lannutti Elio, Belisario Felice, Astore Giuseppe, Bugnano Patrizia, Caforio Giuseppe, Carlino Giuliana, De Toni Gianpiero, Di Nardo Aniello, Giambrone Fabio, Li Gotti Luigi, Mascitelli Alfonso, Pardi Francesco, Pedica Stefano, Russo Giacinto

Divieto di assunzione di partecipazioni di controllo di enti o imprese di stati non aderenti all'unione europea o all'associazione europea di libero scambio-efta, nelle imprese operanti in settori strategici dell'economia nazionale (1214)

(presentato in data 18/11/2008).

Disegni di legge, presentazione di relazioni

A nome della 3ª Commissione permanente Aff. Esteri in data 19/11/2008 il senatore Cabras Antonello ha presentato la relazione 1133-A sul disegno di legge:

"Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di partenariato e di cooperazione tra le Comunità europee ed i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Tagikistan dall'altra, con allegati e Protocollo, fatto a Lussemburgo l'11ottobre 2004" (1133).

Petizioni, annunzio

Sono state presentate le seguenti petizioni:

 

la signora Gabriella Cucchiara, di Roma, chiede l'inviolabilità della documentazione cartacea e telematica di qualsiasi atto pubblico, a tutela del diritto soggettivo e degli interessi legittimi dei cittadini (Petizione n. 425);

 

il signor Francesco Di Pasquale, di Cancello ed Arnone (Caserta), chiede:

 

l'istituzione di un sistema di controllo satellitare per contrastare l'emergenza rifiuti in Campania (Petizione n. 426);

 

l'aumento degli interessi attivi sui depositi bancari e postali (Petizione n. 427);

 

il signor Guido Celoni, di Acqui Terme (Alessandria), chiede norme in materia di testamento biologico (Petizione n. 428);

 

il signor Biagio Barberis, di Eboli (Salerno), ed altri cittadini chiedono l'adozione di politiche sociali ispirate al modello vigente in Finlandia (Petizione n. 429);

 

il signor Giuseppe Catanzaro, di Cammarata (Agrigento), chiede iniziative volte ad appurare la verità storica di fatti e circostanze concernenti l'esito del referendum istituzionale del 1946 (Petizione n. 430);

 

il signor Lorenzo Ciuffreda, di Foggia, ed altri cittadini chiedono la parificazione dei diplomi accademici di secondo livello conseguiti nei conservatori alle lauree specialistiche di secondo livello (Petizione n. 431);

 

il signor Donato Loprete, di Fasano (Brindisi), chiede l'adozione di nuove norme per l'accesso ai ruoli della pubblica amministrazione e della magistratura (Petizione n. 432).

 

Tali petizioni, ai sensi dell'articolo 140 del Regolamento, sono state trasmesse alle Commissioni competenti.

 

 

Avviso di rettifica

 

Nel Resoconto sommario e stenografico della 94a seduta pubblica del 18 novembre 2008, a pagina 33, alla seconda riga dell'intervento del senatore Ferrara, dopo le parole: "esiste la ludopatia, io non ne sono affetto," inserire le seguenti: "anzi sono affetto da ludoapatia,".