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 NEWSLETTER ASGI

4 NOVEMBRE 2008

 

 RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA

 

 

A. CITTADINANZA ITALIANA

 

1.   Acquisto della cittadinanza italiana.  Il requisito della residenza decennale ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana per naturalizzazione deve essere posseduto dal cittadino straniero attualmente ed ininterrottamente al momento della presentazione della domanda. Eventuali interruzioni della residenza anagrafica per cancellazione dalle liste anagrafiche dei comuni vengono ad interrompere il decorso del termine, anche se l’interessato continua a soggiornare legalmente in Italia. Una sentenza del TAR Veneto conferma un orientamento giurisprudenziale consolidato.

 

TAR Veneto, sez. III, Sent. n. 3125 dd. 6 ottobre 2008

 

Il TAR Veneto ha confermato la legittimità di un provvedimento di diniego dell’acquisto della cittadinanza italiana per naturalizzazione di un cittadino straniero, che,  pur avendo soggiornato legalmente in Italia per più di dieci anni, termine previsto dall’art. 9 della legge sulla cittadinanza italiana ( l. n. 91/92), non era risultato iscritto ininterrottamente nelle liste anagrafiche del comune  per la stessa durata decennale al momento della presentazione dell’istanza di acquisto della cittadinanza, essendo stato cancellato per irreperibilità dalle liste anagrafiche per un periodo di circa due anni, prima di aver ottenuto una nuova iscrizione.

Il TAR Veneto ha confermato una giurisprudenza amministrativa orami consolidata, per cui la condizione di ‘residenza legale’ decennale,  richiesta ai fini della naturalizzazione ai sensi dell’art. 9 della l. n. 91/92 , richiede tanto il soggiorno legale in Italia, comprovato dal possesso del permesso di soggiorno, quanto l’iscrizione nelle liste anagrafiche della popolazione residente, secondo quanto previsto dal regolamento applicativo della legge (d.P.R. n. 572/1993).  Il TAR Veneto, inoltre, conferma che  il requisito della residenza decennale  deve essere posseduto attualmente ed ininterrottamente al momento della presentazione dell’istanza, non potendosi dunque cumulare periodi di residenza diversi e non continuativi, quando cioè il requisito della residenza anagrafica sia venuto a mancare per ragioni quali ad es. l’irreperibilità dell’interessato.

 

 

2.   Nei casi di istanza di acquisto della cittadinanza italiana per matrimonio con cittadino italiano, il Ministero dell’Interno ha un termine perentorio di due anni per negare l’acquisto della cittadinanza, qualora sussistono i motivi impeditivi previsti dalla legge, relativi a determinate condanne penali in Italia o all’estero, ovvero all’esistenza di motivi di ordine pubblico o di sicurezza nazionale. Trascorso tale termine, il Ministero dell’Interno non può più rigettare la domanda prodotta dallo straniero e se lo fa il suo atto è illegittimo e annullabile dal TAR. Il TAR Marche conferma una giurisprudenza amministrativa consolidata.

 

TAR Marche, Sez. I, Sent. n. 1550 dd. 10 ottobre 2008.

 

Nei casi di istanza di acquisto della cittadinanza italiana del cittadino straniero coniugato con cittadino italiano e legalmente residente in Italia da almeno sei mesi successivamente al matrimonio, il Ministero dell’Interno ha un termine perentorio di  due anni per pronunciarsi, trascorsi i quali non può più emanare un provvedimento di rigetto (art. 8 comma 2 l. n. 91/92). Se emette un provvedimento di diniego  trascorso tale termine, il  suo provvedimento è illegittimo e annullabile   dal TAR. Trascorso tale termine di due anni, nel caso in cui il procedimento non si sia ancora concluso, lo straniero richiedente può fare valere il suo diritto davanti al giudice ordinario per richiedere il riconoscimento della cittadinanza italiana, previa verifica dei requisiti di legge. La sentenza del TAR Marche conferma una giurisprudenza  già consolidata da pronunce della Cassazione (Cassazione, civ. sez. Unite, 7 luglio 1993, n. 7441; 27 gennaio 1995, n. 1000) e da diversi tribunali amministrativi (Cons. Stato . I.a sez. 28.08.2002 n. 2508; TAR  Lazio 15.12.2004 n. 16032 e 7.02.2007, n. 859; TAR Lombardia 7.6.2006 n. 1335). Il ricorso al giudice ordinario può risultare efficace in quelle situazioni ove i tribunali civili siano più celeri dell’autorità amministrativa, che attualmente impiega anche 4  anni per concludere un procedimento di acquisto della cittadinanza italiana per matrimonio, e qualora il richiedente tema una decisione tardiva ed arbitraria di rigetto da parte del Ministero dell’Interno e preferisca sottoporre la sua istanza ad un giudice civile.



 

B. PERMESSO DI SOGGIORNO PER MOTIVI DI STUDIO

 

3.   Il TAR Lombardia rigetta la prassi del Ministero dell’Interno secondo il quale non può essere  rilasciato il permesso di soggiorno per studio al cittadino straniero che, pur non avendo superato l’esame di ammissione per il corso di laurea per il quale era stato autorizzato il rilascio del  visto, abbia ottenuto l’iscrizione ad un diverso istituto di studi superiori. Secondo il TAR Lombardia,  il T.U. immigrazione e  il suo regolamento applicativo non impongono l’identità tra il corso di studi per il quale era stato rilasciato il visto e quello poi effettivamente intrapreso dallo straniero, e dunque non può avere effetto  una circolare del Ministero dell’Interno dd. 16 gennaio 2002 che si esprime invece in tal senso.

 

TAR Lombardia, Milano, sez. III, sent. n. 2103 dd. 20 giugno 2008.

 

 

 

C. INDENNITA’ DI DISOCCUPAZIONE

 

  1. Il cittadino straniero  extracomunitario non ha diritto  a ricevere l’indennità di disoccupazione, né ordinaria, né quella agricola, per le giornate trascorse nel paese di origine. E’ legittimo dunque che l’INPS proceda allo scomputo dall’importo dell’indennità di disoccupazione delle giornate in cui il lavoratore straniero non si trova sul territorio italiano, tranne nei casi in cui un trattamento diverso sia previsto da convenzioni bilaterali di sicurezza sociale. Così ha sancito una sentenza della Corte di Cassazione, sez. lavoro, n. 22151 dd. 3 settembre 2008.

 

Corte di Cassazione, sez. lavoro, sentenza n. 22151 dd. 3 settembre 2008.

 

 

 

D. PUBBLICAZIONI DI MATRIMONIO E DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO

 

5.   Il Tribunale civile del luogo di residenza dei futuri  sposi o di uno di essi può ordinare all’ufficiale di stato civile  di procedere alle pubblicazioni di matrimonio pur in assenza di nulla-osta al matrimonio rilasciato alla sposa straniera dalle competenti autorità del paese straniero quando l’impedimento  matrimoniale per l’autorità del paese estero deriva  unicamente da motivi religiosi. Il caso a Treviso di un matrimonio tra un cittadino italiano e una cittadina iraniana.

Come è largamente noto, lo straniero che vuole sposarsi in Italia deve presentare all’ufficiale di stato civile il c.d. nulla osta al matrimonio (art. 116 1. comma Codice civile), attestante la capacità della persona interessata a contrarre matrimonio, secondo la normativa dello Stato di appartenenza.  Qualora la persona interessata non sia in grado di produrre il documento richiesto l’ufficiale di stato civile non può che rifiutarsi di procedere alle pubblicazioni matrimoniali. Se tuttavia, il mancato rilascio del nulla-osta da parte dell’autorità straniera dipende da motivazioni di ordine politico o religioso contrarie ai principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, gli interessati possono inoltrare ricorso al giudice civile del luogo di residenza e chiedere che esso ordini all’ufficiale di stato civile di procedere comunque  alle pubblicazioni matrimoniali. E’ giurisprudenza consolidata ormai nel nostro paese considerare contrario ai principi dell’ordine pubblico, il rifiuto dell’autorità straniera a rilasciare il nulla-osta al matrimonio alla donna che si vuole sposare con un soggetto appartenente a diversa confessione religiosa; divieto, presente tuttora in molti ordinamenti di paesi islamici; ovvero l’autorizzazione dell’autorità straniera subordinata alla conversione religiosa del coniuge “infedele”. In tali situazioni, il giudice civile ha dunque  sempre ordinato all’ufficiale di stato civile di procedere alle pubblicazioni di matrimonio pur in assenza del nulla-osta al matrimonio da parte dell’autorità straniera  (Trib. Napoli 29 aprile 1996, Tribunale Taranto, 13 luglio 1996).

Tale è stato anche il caso portato dinanzi al Tribunale di Treviso, relativo al rifiuto opposto da parte del funzionario consolare delegato presso l’Ambasciata d’Italia a Teheran di procedere alle pubblicazioni di matrimonio tra un cittadino italiano residente a Treviso ed una cittadina iraniana per il mancato rilascio del nulla-osta al matrimonio della sposa da parte delle autorità iraniane.

 

Tribunale di Treviso, sez. I civile, decreto n. 1192 dd. 24 settembre 2008.

 

 

Si ringrazio il socio Avv. Stefano Azzari di Treviso per la segnalazione.

 

 

A cura della Segreteria  organizzativa ASGI