Tar Marche, Sez. I, Sent. n. 1550 del 10 ottobre 2008, Pres. Sammarco, Rel. Manzi. V.C.M.A. – Ministero dellĠinterno.

 

Sul ricorso numero di registro generale 603 del 2005, proposto da V. C. M. A., rappresentata e difesa dall'avv. Simone Frenquellucci, elettivamente domiciliato in Ancona, al Corso Mazzini, n. 73, presso lĠavv. Giulio Sargentoni;
contro
il MINISTERO dellĠINTERNO, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Ancona, presso il cui Ufficio  domiciliato per legge, alla
Piazza Cavour, n. 29;
per l'annullamento
- del decreto del Ministro dellĠInterno n.K.10.C.118175, datato 1.3.2005, notificato il 9.5.2005, con cui  stata respinta la domanda presentata dalla ricorrente per ottenere la cittadinanza italiana, sul presupposto della esistenza a suo carico di una precedente condanna penale ritenuta ostativa al riconoscimento in suo favore dello status di cittadina italiana;
- di tutti gli atti susseguenti, e connessi;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 07/05/2008, il dott. Galileo Omero Manzi e uditi per le
parti i difensori come specificato nel relativo verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con atto notificato il 10.6.2005, depositato il 18.7.2005, la ricorrente, cittadina di nazionalitˆ equadoregna, ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe con il quale il Ministro dellĠInterno ha respinto la sua domanda rivolta ad ottenere la cittadinanza italiana, in quanto ritenuta priva dei requisiti richiesti dalla legge per il riconoscimento di tale status, a causa della preesistenza a suo carico di una condanna penale irrevocabile per il reato di favoreggiamento personale di cui allĠart. 378 del cod. pen..
A fondamento dellĠimpugnativa con il ricorso vengono dedotte le seguenti censure di illegittimitˆ:
Violazione dellĠart. 8 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 e vizio di eccesso di potere sotto i profili del difetto di motivazione, del travisamento e dellĠerronea valutazione dei fatti.
La dedotta invaliditˆ del provvedimento di diniego della cittadinanza italiana viene fatta dipendere dallĠasserita tardivitˆ della sua avvenuta adozione rispetto al termine perentorio di due anni dalla presentazione della relativa domanda fissato dalla citata norma della legge n. 91 del 1992, la cui scadenza precludeva la reiezione della stessa.
In ogni caso, le ragioni preclusive addotte a motivo del diniego della concessione della cittadinanza italiana a favore della ricorrente, secondo il difensore di parte attrice, sono il frutto di unĠerrata valutazione dei fatti, dal momento che la ricorrente nega lĠasserita esistenza a suo carico della condanna penale contestata dallĠAmministrazione a giustificazione del diniego della cittadinanza, poichŽ si ha motivo di ritenere che la stessa sia stata comminata nei confronti di una persona omonima della ricorrente.
Ma, anche a voler prescindere da tale circostanza, sempre secondo il difensore di parte ricorrente, nel caso di specie, lĠeffettiva pena detentiva irrogata con la suddetta sentenza cui ha fatto riferimento il Ministro dellĠInterno, risulta minima (quattro mesi di reclusione) rispetto a quella edittale di quattro anni prevista per il reato di favoreggiamento personale di cui allĠart. 378 del cod. pen.; per cui, in ogni caso, non appare conforme al diritto precludere alla ricorrente, coniugata con un cittadino italiano, lĠacquisto della cittadinanza e sotto questo aspetto il provvedimento impugnato viene ritenuto anche immotivato.
Per contrastare lĠiniziativa giudiziaria di parte ricorrente, in data 25.7.2005, si  costituito in giudizio il Ministero dellĠInterno con il patrocinio dellĠAvvocatura dello Stato che ha confutato le ragioni invalidatorie prospettate con il ricorso, poichŽ la pendenza penale accertata a carico della ricorrente non consentiva un diverso apprezzamento della posizione della medesima ai fini del riconoscimento dello Òstatus civitatisÓ, attesa la previsione della norma riferimento che impone di tener presente la pena edittale dei reati preclusivi a tale riconoscimento e non quella effettivamente comminata dal giudice penale.
DIRITTO
Il ricorso va accolto, attesa lĠassorbente fondatezza della dedotta censura di violazione dellĠart. 8 della legge 5 febbraio 1992, n. 91.
Al di fuori dei casi in cui la cittadinanza italiana si acquista per legge (figlio di padre e madre cittadini e chi  nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi), il Legislatore italiano ha riconosciuto la possibilitˆ di concedere con atto amministrativo la cittadinanza anche agli stranieri, allorquando si verificano le condizioni previste dallĠart. 9 della citata legge n. 91 del 1992.
Per quanto riguarda in particolare la posizione dello straniero coniugato con un cittadino italiano, lĠart. 5 della legge citata ha previsto la possibilitˆ per il medesimo di acquistare la cittadinanza italiana, quando risiede legalmente da almeno sei mesi nel territorio della Repubblica, ovvero dopo tre anni dalla data del matrimonio, se non vi  stato scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili e se non sussiste separazione legale.
Tuttavia, in tal caso lĠacquisto della cittadinanza che viene formalizzato con un provvedimento del Ministro dellĠInterno, resta comunque subordinato alla insussistenza delle cause preclusive previste dallĠart. 6 della stessa legge che esclude tale possibilitˆ in caso di condanne penali per determinati delitti o nellĠipotesi della sussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica.
Ci˜ premesso, va nel contempo evidenziato che, nel caso di acquisto della cittadinanza per matrimonio con un cittadino italiano, lĠart. 8, comma 2 della citata legge n. 91 del 1992, assegna alla competente Autoritˆ amministrativa un termine perentorio di due anni per pronunciarsi sulla relativa istanza, con la precisazione che, una volta decorso tale termine, resta preclusa allĠAmministrazione lĠemanazione del decreto di rigetto della domanda di cittadinanza, venendo ad operare nel caso di specie una sorta di silenzio assenso sulla relativa istanza dello straniero coniugato con un cittadino italiano, dal momento che, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza, per effetto dellĠinutile decorso del termine suddetto assegnato per la conclusione del relativo procedimento, lĠAmministrazione perde il potere di negare la cittadinanza (Cons. St., Sez. I, 28 agosto 2002, n. 2508; TAR Lazio, Sez. I, 15 dicembre 2004, n. 16032; TAR Lombardia, 7 giugno 2006, n. 1335; TAR Lazio, Sez. II, 5 febbraio 2007, n. 859).
Per cui, alla luce di tale segnalato orientamento della giurisprudenza, bisogna tenere presente che in tema di acquisto della cittadinanza italiana il diritto soggettivo del coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano, affievolisce ad interesse legittimo solo in presenza dellĠesercizio da parte della P.A. del potere discrezionale di valutare lĠesistenza dei motivi preclusivi di cui allĠart. 6 della legge n. 91 del 1992, nel termine assegnato per lĠesercizio di tale potere di apprezzamento, con la conseguenza che, una volta precluso lĠesercizio di tale potere per mancato rispetto del termine per la
conclusione del procedimento fissato dalla legge (due anni dalla data di presentazione della relativa istanza), sussiste il diritto soggettivo allĠemanazione dellĠatto di concessione della cittadinanza che il soggetto interessato pu˜ far valere davanti al giudice ordinario per richiedere, previa verifica dei requisiti di legge, che egli  cittadino italiano (Cass. Civ., SS. UU., 7 luglio 1993, n. 7441; 27 gennaio 1995, n. 1000).
Con riferimento a quanto si  avuto modo di precisare, fondata deve dunque essere valutata la censura di parte ricorrente diretta a denunciare nellĠoperato dellĠAmministrazione intimata una violazione delle previsioni di cui al combinato disposto degli artt. 5, 6 e 8 della legge n. 92 del 1991, poichŽ, secondo quanto risulta dagli atti di causa, il provvedimento impugnato con cui  stato formalizzato il diniego del riconoscimento della cittadinanza italiana in favore della cittadina straniera ricorrente, in quanto coniugata con un cittadino italiano, risulta essere stato adottato in data
1.3.2005 e, quindi, dopo la scadenza del termine perentorio di due anni stabilito dal citato art 8 della legge suddetta e decorrente dalla data di presentazione della domanda del privato (26.4.2001), il cui inutile decorso precludeva allĠAutoritˆ amministrativa il potere di negare la concessione dello Òstatus civitatisÓ alla Sig. ra V..
La riconosciuta fondatezza della esaminata censura di violazione di legge determina di per sŽ la invaliditˆ del provvedimento impugnato e, quindi, consente al Collegio di prescindere dalla delibazione delle residue censure di illegittimitˆ prospettate con il ricorso le quali possono essere dichiarate assorbite.
In conclusione, il ricorso deve dunque essere accolto con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nellĠimporto fissato in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche accoglie il ricorso in epigrafe indicato e per lĠeffetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il Ministero dellĠInterno al pagamento, in favore della ricorrente Sig.ra V. C. M. A., della somma di Euro 1.500,00 (millecinquecento/00) a titolo di rimborso delle spese ed onorari del presente giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autoritˆ amministrativa.
Cos“ deciso in Ancona, nella camera di consiglio del giorno 07/05/2008