DECRETO LEGISLATIVO 3 ottobre 2008 , n. 159
Modifiche  ed integrazioni al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n.
25, recante attuazione della direttiva 2005/85/CE relativa alle norme
minime  per  le  procedure  applicate  negli Stati membri ai fini del
riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.
                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

  Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
  Vista  la direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005,
recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai
fini del riconoscimento dello status di rifugiato;
  Vista  la  legge  6 febbraio  2007,  n.  13,  ed in particolare gli
articoli 1, comma 5, e 12;
  Visto il decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25;
  Visto  il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, concernente
l'attuazione   della   direttiva   2004/83/CE  recante  norme  minime
sull'attribuzione,  a  cittadini  di  Paesi  terzi  o  apolidi, della
qualifica   del  rifugiato  o  di  persona  altrimenti  bisognosa  di
protezione  internazionale,  nonche' norme minime sul contenuto della
protezione riconosciuta;
  Visto  il  decreto-legge  30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con
modificazioni,  dalla  legge  28 febbraio  1990, n. 39, recante norme
urgenti  in  materia  di  asilo politico, di ingresso e soggiorno dei
cittadini   extracomunitari   e  di  regolarizzazione  dei  cittadini
extracomunitari ed apolidi gia' presenti nel territorio dello Stato;
  Visto il decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004,
n.  303,  recante  il  regolamento  relativo  alle  procedure  per il
riconoscimento dello status di rifugiato;
  Vista  la  preliminare  deliberazione  del  Consiglio dei Ministri,
adottata nella riunione del 21 maggio 2008;
  Acquisiti  i  pareri  delle competenti Commissioni della Camera dei
deputati e del Senato della Repubblica;
  Vista  la  deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 23 settembre 2008;
  Sulla proposta del Ministro per le politiche europee e del Ministro
dell'interno,  di  concerto con i Ministri degli affari esteri, della
giustizia, dell'economia e delle finanze e per le pari opportunita';
                                Emana
                  il seguente decreto legislativo:

                               Art. 1.

  1. Al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, sono apportate le
seguenti modificazioni:
    a) all'articolo 4,   comma 3,   le   parole:   «con  decreto  del
Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  su  proposta del Ministro
dell'interno»  sono  sostituite  con  le  seguenti  «con  decreto del
Ministro  dell'interno»  e  dopo  il  primo  periodo  e'  inserito il
seguente:  «In situazioni di urgenza, il Ministro dell'interno nomina
il  rappresentante  dell'ente  locale, su indicazione del sindaco del
comune  presso  cui  ha  sede  la  commissione territoriale, e ne da'
tempestiva  comunicazione  alla  Conferenza Stato-citta' ed autonomie
locali.»;
    b) all'articolo 7,   comma 1,  e'  aggiunto  infine  il  seguente
periodo:  «Il  prefetto competente stabilisce un luogo di residenza o
un'area geografica ove i richiedenti asilo possano circolare.»;
    c) all'articolo 11  il comma 1 e' sostituito dal seguente: «1. Il
richiedente   asilo   ha   l'obbligo,   se  convocato,  di  comparire
personalmente  davanti  alla  Commissione  territoriale.  Ha altresi'
l'obbligo  di  consegnare  i  documenti in suo possesso pertinenti ai
fini della domanda, incluso il passaporto.»;
    d) all'articolo 20, comma 2, la lettera d) e' soppressa;
    e) all'articolo 21,  comma 1,  lettera c),  dopo  le  parole  «di
espulsione»  sono  inserite  le seguenti: «o di respingimento» e sono
soppresse  le  seguenti:  «,  salvo i casi previsti dall'articolo 20,
comma 2, lettera d)»;
    f)  all'articolo 32,  comma 1,  dopo la lettera b) e' inserita la
seguente:  «b-bis)  rigetta  la  domanda  per  manifesta infondatezza
quando  risulta  la palese insussistenza dei presupposti previsti dal
decreto  legislativo  19 novembre 2007, n. 251, ovvero quando risulta
che  la  domanda  e'  stata  presentata  al solo scopo di ritardare o
impedire   l'esecuzione   di   un   provvedimento   di  espulsione  o
respingimento.»;
    g) all'articolo 32,   comma 4,   le   parole:  «lettera b)»  sono
sostituite dalle seguenti «lettere b) e b-bis)»;
    h) all'articolo 35, comma 1, quarto periodo, le parole: «Nei soli
casi  di  trattenimento  disposto  ai  sensi  dell'articolo 21»  sono
sostituite  dalle  seguenti: «Nei casi di accoglienza o trattenimento
disposti ai sensi degli articoli 20 e 21»;
    i) all'articolo 35,  comma 7,  dopo le parole: «dell'articolo 22,
comma 2,»  sono  inserite  le seguenti: «e dell'articolo 32, comma 1,
lettera b-bis),»;
    l)  all'articolo 35,  comma 8,  primo periodo, le parole: «di cui
agli  articoli 20,  comma 2,  lettera d), e 21» sono sostituite dalle
seguenti: «di cui agli articoli 20, comma 2, lettere b) e c), e 21» e
al   medesimo   comma,   secondo   periodo,   le  parole:  «ai  sensi
dell'articolo 20,   comma   2,   lettera d)»  sono  sostituite  dalle
seguenti: «ai sensi dell'articolo 20, comma 2, lettere b) e c)»;
    m) all'articolo 35,   comma   14,   le  parole:  «comma  6»  sono
sostituite dalle seguenti «comma 5».
  Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
    Dato a Roma, addi' 3 ottobre 2008
                             NAPOLITANO

                              Berlusconi,  Presidente  del  Consiglio
                              dei Ministri
                              Ronchi,   Ministro   per  le  politiche
                              europee
                              Maroni, Ministro dell'interno
                              Frattini, Ministro degli affari esteri
                              Alfano, Ministro della giustizia
                              Tremonti,   Ministro   dell'economia  e
                              delle finanze
                              Carfagna,    Ministro   per   le   pari
                              opportunita'
Visto, il Guardasigilli: Alfano

          Avvertenza:
             Il  testo  delle  note  qui  pubblicato e' stato redatto
          dall'amministrazione   competente  per  materia,  ai  sensi
          dell'art.   10,   commi 2   e  3,  del  testo  unico  delle
          disposizioni     sulla     promulgazione    delle    leggi,
          sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
          e  sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
          approvato  con  D.P.R.  28 dicembre  1985, n. 1092, al solo
          fine  di  facilitare la lettura delle disposizioni di legge
          modificate  o  alle  quali  e'  operante il rinvio. Restano
          invariati  il  valore  e l'efficacia degli atti legislativi
          qui trascritti.

        
          Note alle premesse:
    -  L'art.  76 della Costituzione stabilisce che l'esercizio della
funzione  legislativa  non puo' essere delegato al Governo se non con
determinazione  di  principi e criteri direttivi e soltanto per tempo
limitato e per oggetti definiti.
    - L'art.  87  della  Costituzione  conferisce,  tra  l'altro,  al
Presidente  della  Repubblica  il  potere  di  promulgare le leggi ed
emanare i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
    - La direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, e'
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 13 dicembre 2005, n. 326.
    - Si   riporta  il  testo  degli  articoli 1  e  12  della  legge
6 febbraio  2007,  n.  13 (Disposizioni per l'adempimento di obblighi
derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  alle  Comunita'  europee -
Legge   comunitaria   2006),   pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
17 febbraio 2007, n. 40:
    «Art.   1  (Delega  al  Governo  per  l'attuazione  di  direttive
comunitarie).  -  1.  Il  Governo  e'  delegato ad adottare, entro il
termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge,  i  decreti  legislativi  recanti le norme occorrenti per dare
attuazione alle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati
A  e  B.  Per  le  direttive  il  cui termine di recepimento sia gia'
scaduto  ovvero scada nei sei mesi successivi alla data di entrata in
vigore  della  presente  legge, il termine per l'adozione dei decreti
legislativi di cui al presente comma e' ridotto a sei mesi.
    2. I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto dell'art. 14
della  legge  23 agosto  1988, n. 400, su proposta del Presidente del
Consiglio  dei Ministri o del Ministro per le politiche europee e del
Ministro  con  competenza istituzionale prevalente per la materia, di
concerto  con  i  Ministri  degli  affari  esteri,  della  giustizia,
dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati in
relazione all'oggetto della direttiva.
    3.  Gli  schemi  dei decreti legislativi recanti attuazione delle
direttive  comprese  nell'elenco  di  cui  all'allegato  B,  nonche',
qualora  sia  previsto  il ricorso a sanzioni penali, quelli relativi
all'attuazione   delle   direttive   comprese   nell'elenco   di  cui
all'allegato A sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri
previsti  dalla  legge,  alla  Camera  dei deputati e al Senato della
Repubblica affinche' su di essi sia espresso il parere dei competenti
organi   parlamentari.   Decorsi   quaranta   giorni  dalla  data  di
trasmissione,  i  decreti  sono emanati anche in mancanza del parere.
Qualora  il  termine per l'espressione del parere parlamentare di cui
al presente comma, ovvero i diversi termini previsti dai commi 4 e 9,
scadano  nei  trenta  giorni  che  precedono  la scadenza dei termini
previsti  ai  commi 1  o  5  o  successivamente,  questi  ultimi sono
prorogati di novanta giorni.
    4.  Gli  schemi  dei decreti legislativi recanti attuazione delle
direttive che comportano conseguenze finanziarie sono corredati dalla
relazione  tecnica  di  cui  all'art.  11-ter,  comma 2,  della legge
5 agosto  1978,  n.  468,  e  successive modificazioni. Su di essi e'
richiesto  anche  il parere delle Commissioni parlamentari competenti
per  i  profili  finanziari.  Il Governo, ove non intenda conformarsi
alle  condizioni  formulate con riferimento all'esigenza di garantire
il   rispetto   dell'art.   81,  quarto  comma,  della  Costituzione,
ritrasmette  alle  Camere  i  testi, corredati dei necessari elementi
integrativi   di   informazione,   per   i  pareri  definitivi  delle
Commissioni  competenti  per  i profili finanziari, che devono essere
espressi entro venti giorni. La procedura di cui al presente comma si
applica  in  ogni caso per gli schemi dei decreti legislativi recanti
attuazione  delle  direttive: 2005/32/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 6 luglio 2005; 2005/33/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 6 luglio 2005; 2005/35/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio,  del  7 settembre  2005;  2005/47/CE  del  Consiglio,  del
18 luglio  2005;  2005/56/CE  del Parlamento europeo e del Consiglio,
del  26 ottobre  2005; 2005/61/CE della Commissione, del 30 settembre
2005; 2005/62/CE della Commissione, del 30 settembre 2005; 2005/65/CE
del   Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  del  26 ottobre  2005;
2005/71/CE  del  Consiglio,  del  12 ottobre  2005;  2005/81/CE della
Commissione,  del  28 novembre  2005;  2005/85/CE  del Consiglio, del
1° dicembre  2005;  2005/94/CE  del  Consiglio, del 20 dicembre 2005;
2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006.
    5  .  Entro  diciotto  mesi  dalla  data  di entrata in vigore di
ciascuno  dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei
principi e criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo
puo'  emanare,  con  la  procedura  indicata  nei  commi 2,  3  e  4,
disposizioni   integrative   e  correttive  dei  decreti  legislativi
adottati  ai  sensi  del  comma 1,  fatto  salvo  quanto previsto dal
comma 6.
    6.  Entro  tre  anni  dalla data di entrata in vigore dei decreti
legislativi  di  cui  al  comma 1,  adottati  per  il  recepimento di
direttive  per  le  quali  la Commissione europea si sia riservata di
adottare  disposizioni  di  attuazione,  il  Governo  e' autorizzato,
qualora  tali  disposizioni  siano  state  effettivamente adottate, a
recepirle nell'ordinamento nazionale con regolamento emanato ai sensi
dell'art.  17,  comma 1,  della  legge  23 agosto  1988,  n.  400,  e
successive  modificazioni, secondo quanto disposto dagli articoli 9 e
11  della  legge  4 febbraio  2005,  n.  11,  e  con le procedure ivi
previste.
    7.  In  relazione  a quanto disposto dall'art. 117, quinto comma,
della  Costituzione  e  dall'art. 16, comma 3, della legge 4 febbraio
2005,  n.  11,  si  applicano  le  disposizioni  di  cui all'art. 11,
comma 8, della medesima legge n. 11 del 2005.
    8.  Il  Ministro  per le politiche europee, nel caso in cui una o
piu'  deleghe  di  cui  al  comma 1  non  risultino ancora esercitate
decorsi  quattro mesi dal termine previsto dalla direttiva per la sua
attuazione,  trasmette  alla  Camera  dei  deputati e al Senato della
Repubblica  una  relazione  che  da'  conto  dei  motivi  addotti dai
Ministri  con  competenza  istituzionale  prevalente per la materia a
giustificazione  del  ritardo.  Il  Ministro per le politiche europee
ogni  sei  mesi  informa  altresi' la Camera dei deputati e il Senato
della  Repubblica  sullo stato di attuazione delle direttive da parte
delle  regioni  e  delle  province  autonome  nelle  materie  di loro
competenza.
    9.   Il   Governo,  quando  non  intende  conformarsi  ai  pareri
parlamentari  di cui al comma 3, relativi a sanzioni penali contenute
negli   schemi   di  decreti  legislativi  recanti  attuazione  delle
direttive  comprese  negli  elenchi  di  cui  agli  allegati  A  e B,
ritrasmette  con  le sue osservazioni e con eventuali modificazioni i
testi  alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica. Decorsi
trenta  giorni  dalla  data  di trasmissione, i decreti sono adottati
anche in mancanza di nuovo parere.».
    «Art.  12  (Attuazione  della direttiva 2005/85/CE del Consiglio,
del 1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate
negli  Stati  membri  ai fini del riconoscimento e della revoca dello
status   di   rifugiato). - 1.   Nella  predisposizione  del  decreto
legislativo   per   l'attuazione   della   direttiva  2005/85/CE  del
Consiglio,   del  1° dicembre  2005,  recante  norme  minime  per  le
procedure  applicate  negli Stati membri ai fini del riconoscimento e
della  revoca  dello  status  di  rifugiato,  il  Governo e' tenuto a
seguire,  oltre  ai  principi  e criteri direttivi di cui all'art. 2,
anche il seguente: nel caso in cui il richiedente asilo sia cittadino
di  un Paese terzo sicuro, ovvero, se apolide, vi abbia in precedenza
soggiornato  abitualmente,  ovvero  provenga  da  un Paese di origine
sicuro,  prevedere  che  la domanda di asilo e' dichiarata infondata,
salvo  che  siano  invocati gravi motivi per non ritenere sicuro quel
Paese  nelle  circostanze  specifiche in cui si trova il richiedente.
Tra  i  gravi  motivi possono essere comprese gravi discriminazioni e
repressioni  di comportamenti riferiti al richiedente e che risultano
oggettivamente  perseguiti nel Paese d'origine o di provenienza e non
costituenti reato per l'ordinamento italiano».
    - Il decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25 (Attuazione della
direttiva  2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate
negli  Stati  membri  ai fini del riconoscimento e della revoca dello
status  di  rifugiato),  e'  pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale 16
febbraio 2008, n. 40.
    - Il  decreto  legislativo  19 novembre  2007, n. 251 (Attuazione
della  direttiva  2004/83/CE recante nome minime sull'attribuzione, a
cittadini  di  Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o
di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonche'
norme   minime  sul  contenuto  della  protezione  riconosciuta),  e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4 gennaio 2008, n. 3.
    - Il  decreto-legge  30 dicembre  1989,  n.  416, convertito, con
modificazioni,  dalla  legge  28 febbraio  1990, n. 39, e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 30 dicembre 1989, n. 303.
    - Il  decreto  del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004,
n.  303,  e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22 dicembre 2004, n.
299.
Note all'art. 1:
    - Si  riporta  il  testo degli articoli 4, 7, 11, 20, 21, 32 e 35
del  decreto  legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, come modificato dal
presente decreto legislativo:
    «Art.  4  (Commissioni  territoriali  per il riconoscimento della
protezione  internazionale).  - 1. Le Commissioni territoriali per il
riconoscimento  dello  status  di rifugiato, di cui all'art. 1-quater
del   decreto-legge   30 dicembre   1989,  n.  416,  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  28 febbraio  1990,  n.  39, assumono la
denominazione  di:  "Commissioni  territoriali  per il riconoscimento
della    protezione   internazionale",   di   seguito:   "Commissioni
territoriali",  e si avvalgono del supporto organizzativo e logistico
del   Dipartimento  per  le  liberta'  civili  e  l'immigrazione  del
Ministero dell'interno.
    2. Le Commissioni territoriali sono fissate nel numero massimo di
dieci. Con decreto del Ministro dell'interno sono individuate le sedi
e le circoscrizioni territoriali in cui operano le commissioni.
    3.  Le  Commissioni  territoriali  sono  nominate con decreto del
Ministro dell'interno, e sono composte, nel rispetto del principio di
equilibrio  di  genere, da un funzionario della carriera prefettizia,
con funzioni di presidente, da un funzionario della Polizia di Stato,
da   un  rappresentante  di  un  ente  territoriale  designato  dalla
Conferenza  Stato-citta'  ed  autonomie locali e da un rappresentante
dell'ACNUR. In situazioni di urgenza, il Ministro dell'interno nomina
il  rappresentante  dell'ente  locale, su indicazione del sindaco del
comune  presso  cui  ha  sede  la  commissione  territoriale, e ne da
tempestiva  comunicazione  alla  Conferenza Stato-citta' ed autonomie
locali.  Per  ciascun  componente sono nominati uno o piu' componenti
supplenti.  L'incarico  ha  durata  triennale  ed  e' rinnovabile. Le
Commissioni  territoriali  possono essere integrate, su richiesta del
presidente della Commissione nazionale per il diritto di asilo, da un
funzionario  del  Ministero  degli  affari esteri con la qualifica di
componente  a  tutti  gli  effetti, ogni volta che sia necessario, in
relazione   a   particolari   afflussi   di   richiedenti  protezione
internazionale,  in ordine alle domande per le quali occorre disporre
di  particolari elementi di valutazione in merito alla situazione dei
Paesi di provenienza di competenza del Ministero degli affari esteri.
Ove  necessario,  le  Commissioni  possono  essere  composte anche da
personale in posizione di collocamento a riposo da non oltre due anni
appartenente  alle  amministrazioni  o  agli enti rappresentati nella
Commissione.  Al  presidente  ed ai componenti effettivi o supplenti,
per ogni partecipazione alle sedute della Commissione, e' corrisposto
un  gettone  di  presenza.  L'ammontare  del  gettone  di presenza e'
determinato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze.
    4. Le Commissioni territoriali sono validamente costituite con la
presenza  della  maggioranza  dei componenti e deliberano con il voto
favorevole  di  almeno  tre componenti. In caso di parita' prevale il
voto del presidente.
    5.  Salvo  quanto  previsto  dall'art.  7 del decreto legislativo
30 maggio  2005, n. 140, la competenza delle Commissioni territoriali
e' determinata sulla base della circoscrizione territoriale in cui e'
presentata  la  domanda  ai  sensi dell'art. 26, comma 1. Nel caso di
richiedenti  accolti  o trattenuti ai sensi degli articoli 20 e 21 la
competenza e' determinata in base alla circoscrizione territoriale in
cui e' collocato il centro.
    6.  Le  attivita'  di  supporto delle commissioni sono svolte dal
personale  in  servizio  appartenente  ai  ruoli dell'Amministrazione
civile dell'interno.».
    «Art.  7  (Diritto di rimanere nel territorio dello Stato durante
l'esame della domanda). - 1. Il richiedente e' autorizzato a rimanere
nel  territorio dello Stato, ai fini esclusivi della procedura, fatto
salvo  quanto previsto dall'art. 11 del decreto legislativo 30 maggio
2005,  n.  140, fino alla decisione della Commissione territoriale in
ordine  alla  domanda,  a  norma dell'art. 32. Il prefetto competente
stabilisce   un  luogo  di  residenza  o  un'area  geografica  ove  i
richiedenti asilo possano circolare.
    2.  La  previsione  di cui al comma 1 non si applica a coloro che
debbano essere:
      a) estradati  verso  un  altro  Stato  in virtu' degli obblighi
previsti da un mandato di arresto europeo;
      b) consegnati   ad   una   Corte   o  ad  un  Tribunale  penale
internazionale;
      c) avviati  verso  un  altro  Stato  dell'Unione competente per
l'esame dell'istanza di protezione internazionale.».
    «Art.  11  (Oblighi  del  richiedente asilo). - 1. Il richiedente
asilo  ha l'obbligo, se convocato, di comparire personalmente davanti
alla  Commissione territoriale. Ha altresi' l'obbligo di consegnare i
documenti  in  suo possesso pertinenti ai fini della domanda, incluso
il passaporto.
    2. Il  richiedente  e' tenuto ad informare l'autorita' competente
in ordine ad ogni suo mutamento di residenza o domicilio.
    3.  In caso di mancata osservanza dell'obbligo di cui al comma 2,
eventuali  comunicazioni  concernenti  il  procedimento  si intendono
validamente effettuate presso l'ultimo domicilio del richiedente.
    4.  In tutte le fasi della procedura, il richiedente e' tenuto ad
agevolare   il   compimento   degli   accertamenti   previsti   dalla
legislazione in materia di pubblica sicurezza».
    «Art.  20  (Casi  di  accoglienza).  - 1. Il richiedente non puo'
essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda.
    2.  Il  richiedente  e'  ospitato  in  un  centro  di accoglienza
richiedenti asilo nei seguenti casi:
      a) quando   e'  necessario  verificare  o  determinare  la  sua
nazionalita'  o  identita',  ove  lo  stesso  non sia in possesso dei
documenti  di  viaggio  o  di  identita',  ovvero  al  suo arrivo nel
territorio  dello  Stato abbia presentato documenti risultati falsi o
contraffatti;
      b) quando  ha  presentato  la domanda dopo essere stato fermato
per  aver  eluso  o  tentato  di  eludere il controllo di frontiera o
subito dopo;
      c) quando ha presentato la domanda dopo essere stato fermato in
condizioni di soggiorno irregolare;
      d) (soppressa).
    3.  Nel  caso  in  cui  al comma 2, lettera a), il richiedente e'
ospitato  nel  centro  per  il  tempo  strettamente  necessario  agli
adempimenti  ivi  previsti  e,  in  ogni  caso,  per  un  periodo non
superiore a venti giorni. Negli altri casi il richiedente e' ospitato
nel  centro  per  il  tempo  strettamente  necessario all'esame della
domanda innanzi alla commissione territoriale e, in ogni caso, per un
periodo non superiore a trentacinque giorni. Allo scadere del periodo
di  accoglienza al richiedente e' rilasciato un permesso di soggiorno
temporaneo  valido  tre  mesi,  rinnovabile fino alla decisione della
domanda.
    4.  La  residenza  nel  centro  non  incide  sull'esercizio delle
garanzie  inerenti  alla  sua domanda, ne' sulla sfera della sua vita
privata,  fatto salvo il rispetto delle regole di convivenza previste
nel  regolamento  di  cui  al  comma 5,  che garantiscono comunque la
facolta'  di  uscire dal centro nelle ore diurne. Il richiedente puo'
chiedere  al  prefetto  un  permesso temporaneo di allontanamento dal
centro  per  un  periodo  di  tempo  diverso  o superiore a quello di
uscita,  per  rilevanti  motivi  personali  o  per  motivi  attinenti
all'esame  della  domanda,  fatta salva la compatibilita' con i tempi
della  procedura  per  l'esame  della  domanda.  Il  provvedimento di
diniego  sulla  richiesta  di  autorizzazione  all'allontanamento  e'
motivato e comunicato all'interessato ai sensi dell'art. 10, comma 4.
    5.  Con  il  regolamento  di  cui  all'art.  38  sono fissate, le
caratteristiche  e  le modalita' di gestione, anche in collaborazione
con  l'ente  locale, dei centri di accoglienza richiedenti asilo, che
devono  garantire  al  richiedente  una ospitalita' che garantisca la
dignita'   della   persona   e  l'unita'  del  nucleo  familiare.  Il
regolamento tiene conto degli atti adottati dall'ACNUR, dal Consiglio
d'Europa  e dall'Unione europea. L'accesso alle strutture e' comunque
consentito  ai  rappresentanti  dell'ACNUR,  agli  avvocati  ed  agli
organismi  ed enti di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata
nel settore, autorizzati dal Ministero dell'interno».
    «Art.   21   (Casi   di  trattenimento).  -  1.  E'  disposto  il
trattenimento,  nei centri di cui all'art. 14 del decreto legislativo
25 luglio 1998, n. 286, del richiedente:
      a) che   si   trova  nelle  condizioni  previste  dall'art.  1,
paragrafo F, della Convenzione di Ginevra;
      b) che  e'  stato  condannato  in  Italia  per  uno dei delitti
indicati  dall'art. 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale,
ovvero  per reati inerenti agli stupefacenti, alla liberta' sessuale,
al  favoreggiamento  dell'immigrazione  clandestina  verso l'Italia e
dell'emigrazione  clandestina  dall'Italia  verso  altri Stati, o per
reati   diretti   al   reclutamento  di  persone  da  destinare  alla
prostituzione  o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da
impiegare in attivita' illecite;
      c) che  e'  destinatario di un provvedimento di espulsione o di
respingimento.
    2. Il provvedimento di trattenimento e' adottato dal questore con
le  modalita'  di  cui  all'art. 14 del decreto legislativo 25 luglio
1998,  n.  286. Quando e' gia' in corso il trattenimento, il questore
chiede  al  tribunale  in  composizione  monocratica  la  proroga del
periodo  di  trattenimento per ulteriori trenta giorni per consentire
l'espletamento della procedura di cui all'art. 28.
    3.  L'accesso  ai  centri  di  identificazione  ed  espulsione e'
comunque  garantito  ai  rappresentanti  dell'ACNUR, agli avvocati ed
agli organismi di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel
settore autorizzati dal Ministero dell'interno».
    «Art.  32  (Decisione).  -  1.  Fatto salvo quanto previsto dagli
articoli 23,  29  e  30  la Commissione territoriale adotta una delle
seguenti decisioni:
      a) riconosce   lo   status   di   rifugiato   o  la  protezione
sussidiaria,  secondo  quanto  previsto  dagli  articoli 11  e 17 del
decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251;
      b) rigetta  la domanda qualora non sussistano i presupposti per
il riconoscimento della protezione internazionale fissati dal decreto
legislativo  19 novembre  2007,  n. 251, o ricorra una delle cause di
cessazione  o esclusione dalla protezione internazionale previste dal
medesimo  decreto  legislativo,  ovvero il richiedente provenga da un
Paese  di origine sicuro e non abbia addotto i gravi motivi di cui al
comma 2;
      b-bis)  rigetta  la  domanda  per manifesta infondatezza quando
risulta  la palese insussistenza dei presupposti previsti dal decreto
legislativo  19 novembre  2007,  n. 251, ovvero quando risulta che la
domanda  e'  stata  presentata  al solo scopo di ritardare o impedire
l'esecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento.
    2. Nel caso in cui il richiedente provenga da un Paese di origine
sicuro  ed  abbia  addotto  gravi motivi per non ritenere sicuro quel
Paese   nelle  circostanze  specifiche  in  cui  egli  si  trova,  la
Commissione  non  puo' pronunciarsi sulla domanda senza previo esame,
svolto  in  conformita'  ai principi ed alle garanzie fondamentali di
cui al capo secondo. Tra i gravi motivi possono essere comprese gravi
discriminazioni  e repressioni di comportamenti non costituenti reato
per  l'ordinamento  italiano, riferiti al richiedente e che risultano
oggettivamente perseguibili nel Paese di origine sicuro.
    3.  Nei  casi  in  cui  non  accolga  la  domanda  di  protezione
internazionale  e  ritenga  che  possano  sussistere  gravi motivi di
carattere  umanitario, la Commissione territoriale trasmette gli atti
al  questore  per  l'eventuale  rilascio del permesso di soggiorno ai
sensi  dell'art.  5, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998,
n. 286.
    4.  La  decisione  di  cui  al comma 1, lettera b)e b-bis), ed il
verificarsi  delle ipotesi previste dagli articoli 23 e 29 comportano
alla  scadenza  del  termine  per  l'impugnazione  l'obbligo  per  il
richiedente  di  lasciare  il territorio nazionale, salvo che gli sia
stato  rilasciato  un  permesso  di soggiorno ad altro titolo. A tale
fine  si  provvede  ai  sensi  dell'art.  13,  comma 4,  del  decreto
legislativo  25 luglio  1998,  n.  286,  nei  confronti  dei soggetti
accolti  o  trattenuti  ai  sensi  degli  articoli 20 e 21 e ai sensi
dell'art. 13, comma 5, del medesimo decreto legislativo nei confronti
dei  soggetti  ai quali era stato rilasciato il permesso di soggiorno
per richiesta asilo».
    «Art.   35  (Impugnazione).  -  1.  Avverso  la  decisione  della
Commissione  territoriale e' ammesso ricorso dinanzi al tribunale che
ha  sede nel capoluogo di distretto di Corte d'appello in cui ha sede
la  Commissione  territoriale che ha pronunciato il provvedimento. Il
ricorso  e'  ammesso  anche  nel  caso  in  cui  l'interessato  abbia
richiesto   il   riconoscimento   dello  status  di  rifugiato  e  la
Commissione   territoriale   lo  abbia  ammesso  esclusivamente  alla
protezione   sussidiaria.   Il   ricorso   e   proposto,  a  pena  di
inammissibilita', nei trenta giorni successivi alla comunicazione del
provvedimento;  allo  stesso  e'  allegata  copia  del  provvedimento
impugnato.  Nei casi di accoglienza o trattenimento disposti ai sensi
degli   articoli 20   e  21,  il  ricorso  e'  proposto,  a  pena  di
inammissibilita',  nei  quindici giorni successivi alla comunicazione
del  provvedimento  dinanzi al tribunale che ha sede nel capoluogo di
distretto di Corte d'appello in cui ha sede il centro.
    2.  Avverso la decisione della Commissione nazionale sulla revoca
o  sulla  cessazione  dello  status  di rifugiato o di persona cui e'
accordata  la  protezione  sussidiaria, e' ammesso ricorso dinanzi al
tribunale  competente  in relazione alla Commissione territoriale che
ha  emesso  il  provvedimento che ha riconosciuto lo status di cui e'
stata dichiarata la revoca o la cessazione.
    3.  Tutte  le  comunicazioni  e  notificazioni si eseguono presso
l'avvocato del ricorrente mediante avviso di deposto in cancelleria.
    4. Il procedimento si svolge dinanzi al tribunale in composizione
monocratica con le modalita' dei procedimenti in camera di consiglio.
    5.  Entro  cinque  giorni dal deposito del ricorso, il tribunale,
con  decreto  apposto in calce allo stesso, fissa l'udienza in camera
di consiglio. Il ricorso e il decreto di fissazione dell'udienza sono
notificati  all'interessato e comunicati al pubblico ministero e alla
Commissione    nazionale    ovvero    alla   competente   Commissione
territoriale.
    6.  La  proposizione  del  ricorso  avverso  il provvedimento che
rigetta  la  domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o di
persona  cui  e'  accordata  la  protezione  sussidiaria ai sensi dei
commi 1 e 2 sospende l'efficacia del provvedimento impugnato.
    7.  La  proposizione  del  ricorso  avverso  il provvedimento che
dichiara  inammissibile  la domanda di riconoscimento dello status di
rifugiato  o  di  persona  cui e' accordata la protezione sussidiaria
ovvero  avverso  la decisione adottata dalla Commissione territoriale
ai  sensi  dell'art.  22,  comma 2,  e dell'art. 32, comma 1, lettera
b-bis),  non  sospende  l'efficacia  del  provvedimento impugnato. Il
ricorrente  puo'  tuttavia  chiedere al tribunale, contestualmente al
deposito   del  ricorso,  la  sospensione  del  provvedimento  quando
ricorrano  gravi  e  fondati  motivi.  In tale caso il tribunale, nei
cinque  giorni  successivi  al  deposito,  decide  con  ordinanza non
impugnabile,   anche  apposta  in  calce  al  decreto  di  fissazione
dell'udienza.  Nel caso di sospensione del provvedimento impugnato al
richiedente  e'  rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta di
asilo ed e' disposta l'accoglienza nei centri di cui all'art. 20.
    8.  La  procedura  di cui al comma 7 si applica, in ogni caso, al
ricorso  presentato dal richiedente di cui agli articoli 20, comma 2,
lettere  b),  e  c)  e  21.  Il  richiedente  ospitato  nei centri di
accoglienza  ai  sensi  dell'art.  20,  comma  2,  lettere  b) e c) o
trattenuto  ai  sensi dell'art. 21 permane nel centro in cui si trova
fino alla adozione dell'ordinanza di cui al comma 7.
    9. All'udienza puo' intervenire un rappresentante designato dalla
Commissione   nazionale   o   territoriale  che  ha  adottato  l'atto
impugnato.  La  Commissione  interessata puo' in ogni caso depositare
alla  prima  udienza  utile  tutti  gli  atti e la documentazione che
ritiene necessari ai fini dell'istruttoria.
    10. Il  tribunale,  sentite  le  parti e assunti tutti i mezzi di
prova   necessari,   decide   con   sentenza  entro  tre  mesi  dalla
presentazione   del  ricorso,  con  cui  rigetta  il  ricorso  ovvero
riconosce  al  ricorrente  lo status di rifugiato o di persona cui e'
accordata  la protezione sussidiaria; la sentenza viene notificata al
ricorrente  e  comunicata  al  pubblico  ministero e alla Commissione
interessata.
    11.  Avverso  la  sentenza  pronunciata  ai sensi del comma 10 il
ricorrente  ed  il  pubblico  ministero possono proporre reclamo alla
Corte  d'appello,  con ricorso da depositarsi nella cancelleria della
Corte  d'appello,  a  pena  di  decadenza,  entro  dieci giorni dalla
notificazione o comunicazione della sentenza.
    12. Il reclamo non sospende gli effetti della sentenza impugnata;
tuttavia la Corte d'appello, su istanza del ricorrente, puo' disporre
con  ordinanza  non  impugnabile  che l'esecuzione sia sospesa quando
ricorrano gravi e fondati motivi.
    13.  Nel procedimento dinanzi alla Corte d'appello, che si svolge
in camera di consiglio, si applicano i commi 5, 9 e 10.
    14.  Avverso  la  sentenza pronunciata dalla Corte d'appello puo'
essere  proposto  ricorso  per  cassazione.  Il  ricorso  deve essere
proposto,   a   pena   di   decadenza,   entro  trenta  giorni  dalla
notificazione  della  sentenza.  Esso viene notificato ai soggetti di
cui  al  comma 5,  assieme  al  decreto di fissazione dell'udienza in
camera di consiglio, a cura della cancelleria. La Corte di cassazione
si pronuncia in camera di consiglio ai sensi dell'art. 375 c.p.c.».

        
      

22.10.2008
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