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Interventi e interviste

Interventi - Ministro Roberto Maroni

09.10.2008

Informativa urgente del Governo sui recenti episodi di intolleranza e di violenza di matrice xenofoba o razzista (Bozze non corrette in corso di seduta)



Signor Presidente, colleghi, contrariamente a quanto si fa normalmente in queste occasioni, voglio esordire enunciando già la conclusione cui perverrò al termine di questa mia relazione sui recenti episodi di cronaca enfatizzati dalla stampa come sintomo di un rinascente sentimento razzista diffuso nella popolazione italiana. La mia conclusione è che l'Italia non è oggi un Paese razzista. 
L'analisi dei dati statistici, dei comportamenti delle forze dell'ordine e delle politiche di integrazione che illustrerò tra breve, al contrario, attesta che il nostro Paese manifesta un'elevata capacità di accoglienza degli immigrati e che taluni episodi di violenza che si sono verificati negli ultimi tempi restano del tutto marginali e sono socialmente rifiutati. Al contrario di quanto affermano taluni, in maniera strumentale e non documentata, l'esame dei dati in possesso del Ministero dell'interno relativi agli ultimi quattro anni, dimostra per il 2008 un'inversione di tendenza nel numero di atti di violenza ispirati alla discriminazione e all'intolleranza. 
Numero di episodi che, invece, nel triennio 2005-2007 aveva registrato un progressivo aumento. L'allarme sull'emergenza razzismo ha tratto spunto e vigore da alcuni episodi di violenza, di presunta violenza, sui cittadini di colore da parte delle forze dell'ordine che si sono verificati negli ultimi mesi. Allora, è necessario e utile analizzare e verificare questi episodi, per capire se la natura della violenza che è stata denunciata ha o no connotazioni di tipo razzista.
Tra questi fatti, i due più significativi sono oggetto di indagine da parte della magistratura a Parma. Il primo riguarda la pubblicazione sulla stampa locale e nazionale dell'immagine di una prostituta semi vestita e sdraiata all'interno della caserma della polizia municipale.
Risulta che la foto pubblicata era stata scattata la sera dello scorso 8 agosto all'interno della caserma dove la stessa prostituta era stata accompagnata al termine di un'operazione di controllo del territorio per il contrasto della prostituzione. La cittadina di origine nigeriana risultava priva di documento di identificazione ed in passato era stata più volte arrestata per non avere ottemperato al precedente provvedimento di espulsione.
A seguito della pubblicazione della foto in questione, la competente procura della Repubblica ha delegato la questura di Parma allo svolgimento di indagini finalizzate ad accertare se fossero stati posti in essere maltrattamenti nei confronti della persona fotografata.
La questura non ha segnalato all'autorità giudiziaria comportamenti penalmente rilevanti da parte di operatori della locale polizia municipale. Risulta, dunque, che le procedure di identificazione sono state svolte nel massimo rispetto della legalità.
Nel corso delle indagini effettuate, è emerso, inoltre, che un'altra prostituta di nazionalità uruguayana aveva contattato il comando della polizia municipale di Parma, denunziando che alcuni giornalisti avrebbero preteso una sua intervista per accusare vigili urbani di maltrattamenti e prevaricazioni nei confronti delle persone fermate nel corso del citato controllo antiprostituzione.
La cittadina uruguayana, sentita sul punto dal personale della squadra mobile su delega dell'autorità giudiziaria, ha confermato la correttezza del comportamento del personale della polizia municipale, sia nei suoi confronti sia nei confronti delle altre prostitute fermate nel corso della medesima operazione di controllo.
Il secondo episodio oggetto di indagine è avvenuto il 29 settembre scorso, nell'ambito di un'operazione volta al contrasto dell'attività di spaccio di sostanze stupefacenti. La polizia municipale ha riferito che, in quella circostanza, un cittadino straniero di origine ghanese, presente sul luogo dove era avvenuta la presunta attività di spaccio, aveva opposto resistenza agli agenti che intendevano controllarne l'identità.
Il giorno successivo lo stesso presentava denuncia presso la stazione dei carabinieri, affermando di essere stato percosso e insultato dagli agenti della polizia municipale, che agivano in borghese, sia nel parco sia presso il loro comando, ove era stato condotto per l'identificazione. Alla vicenda allegava una busta, consegnatagli al momento del rilascio, con intestazione del comune di Parma, sulla quale era riportata la scritta «Emanuel negro». Sulla vicenda sono in corso accertamenti da parte dell'autorità giudiziaria ed è prematuro esprimere valutazioni su questo caso.
Il 14 settembre scorso, nelle prime ore del mattino, a Milano, in una zona non lontana dalla stazione centrale, i proprietari di un bar hanno ucciso un diciannovenne cittadino italiano originario del Burkina Faso.
L'aggressione sarebbe stata motivata da un furto di biscotti e da una presunta sottrazione di parte dell'incasso della giornata, circostanza, quest'ultima, poi rivelatasi non vera, che il ragazzo avrebbe compiuto nel bar insieme ad altri due giovani, anch'essi di colore, risultati in seguito pregiudicati per reati contro il patrimonio. Dalla ricostruzione dei fatti risulta che i titolari del bar, anch'essi pregiudicati, avrebbero inseguito con un furgone i tre giovani, che nel frattempo si erano allontanati. Una volta raggiunti, li avrebbero aggrediti con bastoni e una spranga di ferro, insultandoli e colpendo alla testa il ragazzo poi deceduto. Gli autori dell'omicidio sono stati arrestati dalla polizia di Stato nel pomeriggio dello stesso giorno e hanno ammesso la loro colpevolezza. Nei loro confronti la procura della Repubblica ha contestato il reato di omicidio volontario aggravato da futili motivi, senza l'aggravante della motivazione razziale.
Più significativo, per il risalto che ha avuto sulla stampa, il caso avvenuto della perquisizione della cittadina italiana di origine somala Amina Sheikh Said, sottoposta ai rituali controlli di frontiera lo scorso 21 luglio da parte del personale dell'ufficio di polizia di frontiera aerea di Ciampino. Come ho avuto modo di illustrare ieri nel question time, dalla consultazione degli archivi della polizia emergevano a carico dell'interessata una condanna definitiva per oltraggio, resistenza, violenza e lesioni a pubblico ufficiale, oltre a precedenti per traffico e detenzione, ai fini di spaccio, di sostanze stupefacenti, per i quali la signora era già stata arrestata due volte.
In quelle occasioni il personale della guardia di finanza aveva sequestrato una notevole quantità di una sostanza stupefacente comunemente denominata khat. Si è conseguentemente ritenuto opportuno accompagnare la signora presso la locale sezione dell'agenzia delle dogane per le perquisizioni di competenza doganale, nel rispetto delle modalità e delle garanzie, tra cui l'esclusiva presenza di personale femminile. Nella circostanza l'interessata ha mostrato segni di contrarietà, atteggiamenti degenerati in manifestazioni di escandescenze e di violenza nei confronti del personale operante.
La reazione incontrollata della signora Sheikh Said ha vanificato i tentativi di controllo effettuati dalle operatrici, contro le quali ha gettato i propri indumenti dopo essersi deliberatamente spogliata completamente. 
La funzionaria doganale, al fine di richiedere l'autorizzazione ad eseguire gli accertamenti sanitari per rintracciare eventuali sostanze stupefacenti occultate nel corpo o ingerite, ha chiesto l'intervento del magistrato di turno, che ne ha disposto l'accompagnamento presso una struttura ospedaliera. Il forte stato di agitazione della signora Sheikh Said, che tentava di uscire nuda dall'ufficio doganale, ha richiesto l'intervento di personale medico per sedare e accompagnare l'interessata presso il Policlinico Casilino. Preciso che nella circostanza la signora è stata messa in contatto con il proprio difensore di fiducia, il quale ha tentato inutilmente di convincerla a sottoporsi ai controlli di polizia. Anche dopo gli esami radiografici, la donna si è sempre fermamente rifiutata di rivestirsi pur disponendo dei vestiti raccolti in una busta dal personale operante, che li ha sempre portati al seguito. Conseguentemente, alla signora Sheikh Said è stata notificata la denuncia all'autorità giudiziaria da parte della polizia per il reato di calunnia e resistenza a pubblico ufficiale.
In questo caso, come ho avuto modo di dire ieri, è acclarato che l'attività svolta dal personale incaricato di svolgere i controlli e dalla polizia è stata pienamente conforme alle leggi e ai regolamenti, e il Governo sostiene fermamente l'operato delle forze dell'ordine. Nel caso di un eventuale processo il Ministero dell'interno si costituirà parte civile.
Un altro episodio si è verificato nella serata del 3 ottobre scorso, pochi giorni fa, quando personale dell'Arma dei carabinieri e della polizia locale, a Padova, nell'ambito di un servizio di controllo del territorio ha tratto in arresto per i reati di spaccio di sostanze stupefacenti e resistenza a pubblico ufficiale un cittadino liberiano e un cittadino nigeriano. Questi ultimi, prima di essere arrestati, hanno tentato la fuga rifugiandosi nel vicino circolo denominato Afro-R-Club, dove successivamente sono stati riconosciuti, bloccati e identificati. La loro perquisizione personale ha consentito il sequestro di circa 2.500 euro in contanti (secondo le forze dell'ordine il presunto provento dell'attività di spaccio).
È stato inoltre sottoposto a perquisizione anche il circolo, all'interno del quale è stato rinvenuto circa un chilo di hashish. Nel corso delle operazioni di perquisizione sono giunti all'interno del locale altri due cittadini camerunensi residenti a Padova, uno dei quali pregiudicato per reati contro l'immigrazione clandestina. Gli stessi, ignorando i militari dell'Arma (in abiti civili benché muniti di distintivo di riconoscimento) nonché il personale della Polizia di Stato, hanno iniziato a dialogare con i propri connazionali. I cittadini camerunensi, invitati ad allontanarsi dal circolo nel quale erano in corso le operazioni, hanno reagito violentemente, tanto che i carabinieri sono stati costretti ad accompagnarli negli uffici del comando provinciale dove sono stati identificati e denunciati all'autorità giudiziaria per resistenza a pubblico ufficiale. A seguito dell'operazione di polizia giudiziaria, peraltro, l'attività del circolo citato è stata sospesa per quarantacinque giorni con un provvedimento del questore.
Gli episodi verificatisi a Castel Volturno il 18 settembre scorso, su cui i giornali hanno scritto in tutti questi giorni e sui quali il Governo ha già riferito, hanno avuto, come è noto, una matrice di tipo camorristico priva di connotazioni razziste.
Chi guarda, quindi, alla realtà dei fatti, di questi fatti - che hanno avuto un grande risalto sulla stampa e che sono stati dipinti come una sequela di azioni generate da un diffuso sentimento di razzismo, da un'emergenza razzista - così come si sono svolti, senza pregiudizi e senza le lenti dell'ideologia o dell'ideologismo, si può rendere conto che non vi è alcun filo conduttore tra questi episodi tale da far supporre una deriva razzista nel Paese. Al contrario, l'Italia può essere considerata, a buon diritto, tra gli Stati più impegnati a livello europeo sul terreno dell'accoglienza degli immigrati e su quello delle politiche dell'integrazione.
Per quanto riguarda il Ministero dell'interno, ricordo le risorse che annualmente vengono destinate per l'accoglienza degli immigrati e dei richiedenti asilo: nel 2008 sono stati messi a disposizione 7 milioni di euro per far fronte alle spese per la costruzione e la ristrutturazione di nuovi centri di accoglienza, 109 milioni 589.742 euro per l'attivazione, la locazione, la gestione e la manutenzione ordinaria e straordinaria delle predette strutture, 747 mila euro per i servizi di accoglienza alla frontiera, 22 milioni 790 mila euro per l'accoglienza degli stranieri richiedenti il riconoscimento dello status di rifugiato; nell'ultimo decreto-legge abbiamo stanziato altri 8 milioni di euro per il 2008 e 32,5 milioni di euro per il 2009-2010, proprio ai fini dell'accoglienza dei cittadini immigrati.
Come ho avuto, peraltro, modo di accennare ieri in occasione della seduta del question time, i flussi migratori verso il nostro Paese sono aumentati in maniera esponenziale passando dalle 500 mila persone del 1987 alle attuali 3 milioni 500 mila circa, dato in costante aumento se si considera che gli immigrati che giungono clandestinamente sulle nostre coste, secondo le recenti proiezioni, ammonterebbero a circa trentamila unità solo nel 2008. Oggi in Italia esistono diverse tipologie di centri di accoglienza: i centri di accoglienza veri e propri, la cui capienza complessiva è di 3.635 posti, i centri di primo soccorso e accoglienza in grado di ospitare complessivamente 1049 persone, i centri di accoglienza per i richiedenti asilo con 1057 posti complessivi. La struttura italiana dei centri, la loro organizzazione, la loro gestione e il loro funzionamento - è l'ONU a dirlo - rappresentano una best practice a livello europeo ed internazionale: altro che mancata accoglienza!
Per quanto riguarda i richiedenti asilo e la protezione umanitaria, le richieste di riconoscimento della protezione internazionale sono aumentate dalle 10.348 nel 2006 a 14.053 nel 2007, registrando un incremento del 36 per cento (nei primi nove mesi del 2008 ne sono già pervenute 16.067, il 14 per cento in più rispetto all'intero anno 2007). Si registra anche un aumento delle istanze accolte passate da 878 nel 2006 al 1408 nel 2007, con una crescita del 60 per cento. Anche su questo terreno della richiesta di asilo e di protezione umanitaria si sono fatte spesso polemiche basate su pregiudizi e su scarsa informazione. Rispetto agli altri Paesi europei: la Germania ha una percentuale di accoglimento delle domande presentate del 36 per cento, l'Inghilterra del 48 per cento, la Francia del 22 per cento, la Spagna dell'8,5 per cento, la Grecia dello 0 per cento, l'Italia del 59 per cento.
Siamo il Paese che accoglie di più e meglio coloro che provengono da scenari di guerra o le persone cosiddette vulnerabili: anziani, donne e minori che, se anche non vengono da scenari di guerra, in Italia trovano asilo, perché questo è un loro diritto, e noi lo riconosciamo fino in fondo, molto più di altri Paesi europei. La Conferenza di Parigi sull'asilo dello scorso mese di settembre ha evidenziato l'esigenza di una tempestiva armonizzazione degli ordinamenti nazionali in ambito europeo, che vanno omogeneizzati nella prospettiva della creazione di una procedura unica comune. In questo senso, si muovono alcuni dei progetti già avviati ed anche le proposte di cui l'Italia si è fatta portatrice per un coinvolgimento dell'Europa in iniziative che, in un'ottica di solidarietà ed equa ripartizione degli impegni, vadano a sostegno dei Paesi maggiormente esposti per ragioni geografiche all'impatto migratorio dal sud del mondo.
Ricordo che la normativa europea prevede che una persona che richiede asilo, se l'asilo viene concesso, debba essere stabilmente mantenuta dal Paese dove ha chiesto asilo. Ciò comporta problemi seri per alcuni piccoli Paesi, come Malta e Cipro, e noi siamo disponibili a sostenere la loro iniziativa di coinvolgimento di tutti i Paesi europei, anche direttamente per quanto riguarda l'Italia, mettendo a disposizione le nostre strutture, perché quei Paesi, con la pressione forte che hanno, non sono in grado di garantire a chi richiede asilo un'adeguata sistemazione. Anche da questo punto di vista, l'esperienza dell'Italia rappresenta una best practice a livello europeo.
Per ciò che concerne la cittadinanza, da anni si registra un costante incremento anche delle istanze di acquisto della cittadinanza, sia per matrimonio sia per motivi di residenza. Limitando l'esame agli ultimi cinque anni 2003-2007, si è passati dalle 27.093 istanze, complessivamente presentate nel 2003, alle 46.518 del 2007, con un incremento del 17 per cento per le istanze di cittadinanza per matrimonio e del 173 per cento per quelle che si basano su motivi di residenza. Anche per questo motivo, per garantire il diritto a chi ce l'ha ma per evitare ed impedire gli abusi, il Governo recentemente ha approvato definitivamente la nuova normativa sui ricongiungimenti e sui matrimoni, proprio per evitare abusi. Normativa che è stata passata al vaglio della Commissione europea ed è stata approvata. Si è passati quindi da 13.443 provvedimenti di conferimento della cittadinanza nel 2003 a 38.466 nel 2007, un incremento del 171 per cento per provvedimenti di cittadinanza per matrimonio, e del 195 per cento per quelli per motivi di residenza. Alla luce dei dati che ho esposto, delle politiche d'integrazione, delle iniziative che il Governo italiano in tutti questi anni ha adottato, dei comportamenti che le forze dell'ordine e che le comunità hanno conseguentemente applicato, alla luce di tutto ciò, la politica governativa assicura quel quadro di coesione sociale che è parte essenziale di un più ampio concetto di sicurezza, e che risponde anche alla strategia comune dell'Unione europea in materia di immigrazione e di asilo.
Noi sosteniamo il Patto europeo per l'immigrazione e l'asilo definito dalla Presidenza francese. È stato approvato dall'ultimo Consiglio dei Ministri dell'interno e della giustizia e sarà portato all'approvazione del Consiglio europeo del prossimo 15-16 ottobre. È un patto che contiene misure di grande rigore contro l'immigrazione clandestina e che invita i Paesi membri ad evitare qualunque sanatoria generalizzata di cittadini immigrati, senza un regolare permesso di soggiorno; è anche un patto che intensifica l'azione comune di tutti i Paesi europei per l'accoglienza a chi ne ha diritto, per l'integrazione, e per garantire condizioni di vita umane a chi viene e chiede asilo. È un patto che noi condividiamo e che il Governo italiano sostiene con grande convinzione.
Il modello di integrazione che esiste oggi in Italia funziona, come ha sottolineato con grande lucidità in un articolo pubblicato pochi giorni fa su Il Corriere della Sera, Giuseppe De Rita. Egli esclude una deriva razzista e delinea un modello italiano di integrazione, diverso da altri Paesi europei, ma molto efficace che si basa su tre grandi componenti: le famiglie, le piccole e piccolissime imprese e i centri urbani di dimensioni minori.
Voglio leggere un breve passo che mi pare particolarmente significativo dell'articolo del professor De Rita: «Per carità, abbiamo il dovere di aver paura del razzismo e di riproporre atteggiamenti e comportamenti di adeguata nobiltà. Ma non si sfugge all'impressione che vi sia un notevole scollamento tra le polemiche in corso, con inevitabile loro calor bianco, e la più fisiologica e silenziosa evoluzione del modo in cui si fa quotidianamente integrazione di immigrati nelle fabbriche, nelle famiglie, nelle realtà locali italiane».
Questo modello di integrazione morbida, come la definisce De Rita, va tenuto distinto da due realtà e non si applica in due realtà che sono certamente inquietanti, destano preoccupazione e sono attentamente monitorate dal Governo. Una è quella delle grandi città e delle loro periferie; l'altra è quella delle zone a forte criminalità organizzata dove più alto è il rischio di una commistione tra criminalità ed immigrazione illegale, più vulnerabile alla devianza. È proprio su queste due realtà che il Governo si è impegnato ad incidere in particolare, da un lato, studiando il fenomeno in divenire nelle periferie a rischio onde prevenire episodi come quello delle banlieue francesi: su questo fronte, ho affidato all'Università cattolica di Milano l'incarico di effettuare un'approfondita ricerca scientifica sul tema. E dall'altro, cioè le zone con forte presenza della criminalità organizzata, negli ultimi mesi, il Governo ha dato un forte segnale della presenza dello Stato attraverso l'invio di investigatori, di un contingente eccezionale di forze di polizia e di militari per rafforzare il presidio del territorio.
Evitare l'insorgenza di fenomeni di matrice razzista è un compito delle istituzioni che non devono mai sottovalutare il problema. Le forze politiche tutte, anche quelle di opposizione, devono con responsabilità collaborare... e non strumentalizzare singoli episodi di cronaca quotidiana che non sono ascrivibili a moventi di razzismo.
Noi combattiamo e combatteremo la criminalità con ogni mezzo, affermando il rispetto della legge con tutto il rigore necessario e senza mai guardare in faccia a nessuno. Rigore che peraltro è preteso a gran voce dai cittadini ed è reso necessario proprio a causa del comportamento lassista tenuto dal Governo precedente in materia di immigrazione e sicurezza.
Lasciatevelo dire, cari colleghi dell'opposizione: attribuire l'insorgere di una presunta deriva razzista alle politiche in materia di sicurezza di questo Governo è veramente irresponsabile.
Vorrei concludere il mio intervento, riferendo all'Aula due attestati di riconoscimento sulla politica italiana in materia di integrazione. Non è vero che riceviamo solo condanne dall'Europa o dal mondo.
Il primo attestato - al di là delle polemiche credo che queste informazioni interessino anche i colleghi che protestano perché abbiano modo di capire esattamente come stanno le cose e poi elaborare il loro giudizio basato su fatti e non su pregiudizi - riguarda il rapporto MIPEX 2006, Migrant Integration Policy Index, redatto per conto della Commissione europea dal British Council, che stabilisce, secondo accurate ricerche e dati verificabili, il livello di efficacia delle politiche di integrazione nell'ambito degli Stati dell'Unione europea.
La graduatoria prende in esame sei diverse macroaree di intervento politico: l'accesso al mercato del lavoro, i ricongiungimenti familiari, la partecipazione alla vita politica, l'accesso alla cittadinanza, la lotta contro la discriminazione e il soggiorno di lungo periodo. Ebbene, tra le nazioni dall'area europea che attuano le migliori politiche di integrazione, su 25 l'Italia è al settimo posto, ma è ancora più significativo il fatto che dei cinque Paesi con il più alto tasso di popolazione immigrata (Regno Unito, Francia, Spagna, Germania e Italia), l'Italia è al primo posto per le politiche di integrazione, al primo posto.
Il secondo attestato proviene dall'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Guterres. L'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, durante la sessione plenaria, a Ginevra, del 6 ottobre, tre giorni fa, ha elogiato l'Italia per l'approccio di insieme della politica migratoria e dei diritti umani - questo sui giornali non è comparso e chissà perché non compare mai - sottolineando come il nostro Paese stia dando concreta testimonianza della possibilità di condurre una politica nazionale dell'immigrazione ispirata al necessario rigore e nel pieno rispetto dei diritti umani. L'Alto commissario ONU per i rifugiati si è espresso in questo modo rispetto all'Italia.
Concludo, signor Presidente e colleghi: il giusto equilibrio tra rigore e politiche di accoglienza è il punto di riferimento della politica sulla sicurezza di questo Governo, in materia appunto di sicurezza, immigrazione e diritti civili.
Facciamo nostre le parole che il Santo Padre ha pronunciato lo scorso 31 agosto. Benedetto XVI si è soffermato sull'emergenza della migrazione irregolare, sollecitando la nostra solidarietà, cosa che noi facciamo quotidianamente, ma richiamando il dovere della legalità, che si impone a tutti, e io dico in primo luogo a chi è ospite in un Paese straniero.





   
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