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NEWSLETTER
della Segreteria ASGI
23 ottobre 2008
SEGNALAZIONI NORMATIVE
SPECIALE NUOVE NORME SUL
RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE
1. Pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale i testi
dei decreti legislativi correttivi alle norme in materia di ricongiungimento
familiare e di procedura di esame delle domande di asilo
La G.U. n. 247 del 21-10-2008 pubblica i 2 importantissimi decreti
legislativi correttivi delle norme di attuazione delle direttive comunitarie in
materia di ricongiungimento familiare e di procedura di esame delle domande di asilo, le cui norme entreranno in vigore il
prossimo 5 novembre 2008.
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Un primo commento a cura della
Segreteria organizzativa dell’ASGI
Le norme sul ricongiungimento familiare dopo la
riforma
voluta dal governo Berlusconi
a
cura di Walter Citti, della Segreteria organizzativa dell’ASGI
Possono ottenere il ricongiungimento le persone immigrate che hanno raggiunto una stabilità nel nostro paese, che la legge presume raggiunta quando si è in possesso di un permesso di soggiorno di durata indeterminata o di almeno un anno, rinnovabile, per motivo di lavoro, studio, motivi religiosi, asilo, famiglia, attesa della cittadinanza (Cassazione, I sez. civile, 3.4.2008 n. 8582).
Con l’entrata in vigore delle modifiche introdotte con il d.lgs. 3.10.2008 n. 160, il prossimo 5 novembre 2008, saranno innalzati i parametri di reddito necessario per chiamare in Italia un familiare: ora il cittadino straniero dovrà dimostrare di guadagnare un importo pari a quello dell’assegno sociale aumentato della metà dell’importo dell’assegno sociale per ogni familiare da ricongiungere. Alcune agevolazioni sono previste per situazioni considerate meritevoli di particolare tutela: per il ricongiungimento di due o più figli di età inferiore agli anni 14 ovvero per il ricongiungimento di due o più famigliari di titolare dello status di protezione sussidiaria (d.lgs. n. 251/2007) il reddito richiesto sarà in ogni caso non inferire al doppio dell’importo annuo dell’assegno sociale. In definitiva, aumenta il reddito annuo richiesto per ricongiungere il solo coniuge, da euro 5.142 a 7.714, per tre famigliari (coniuge e due figli), da 10.285 a 12.856 e per cinque, da 15.428 a 17.999, e sei, da 15.428 a 20.570 euro e per più familiari. Rimane invariato il reddito richiesto per ricongiungere due o quattro famigliari (10.285 e 15.428).
Ulteriori restrizioni riguardano i beneficiari del ricongiungimento familiare, con riferimento al coniuge, ai figli maggiorenni e ai genitori del titolare. Per il coniuge è ora richiesta l’età minima di diciotto anni e lo status di coniuge non legalmente separato (per i rari casi in cui altri ordinamenti prevedano, al pari di quello italiano, l’istituto della separazione legale). Il limite di età è stato introdotto con l’intento di contrastare i matrimoni forzati. Per i figli maggiorenni, si richiede il possesso del requisito dell’impossibilità di provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita derivante da una condizione di invalidità totale. Tale limite appare di dubbia costituzionalità, sotto il profilo della violazione degli obblighi comunitari, perché si tratta di una condizione non prevista dalla direttiva comunitaria n. 2003/86/CE, anche perché il concetto di invalidità totale è di difficile accertamento in loco ed è soggetto a discipline variabili da Stato a Stato. Per i genitori, si richiede ora il requisito che non abbiano altri figli nel Paese di origine ovvero, se ultrasessantacinquenni, che gli altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per documentati gravi motivi di salute. Si tratta dei medesimi limiti che erano stati introdotti dalla legge n. 189/2002 (“Bossi-Fini”), ma che poi erano stati soppressi dal D. Lgs. n. 5/2007, perché restringono illegittimamente il solo limite previsto dall’art. 4, paragrafo, 2, lett. a) della direttiva, cioè quello che i genitori a carico non dispongano di un adeguato sostegno familiare nel paese d'origine. Conformemente a quanto era stato richiesto dall’ordine del giorno approvato dalla I Commissione della Camera dei Deputati, viene ora richiesto per il ricongiungimento dei genitori ultrassessantacinquenni la stipula di un’assicurazione sanitaria privata ovvero l’iscrizione volontaria e a pagamento del genitore ricongiunto al Servizio Sanitario Nazionale, alle condizioni che saranno fissate da un apposito decreto ministeriale. La norma appare incompatibile ed illogica rispetto all’attuale quadro normativo che prevede l’estensione dell’iscrizione obbligatoria al SSN anche ai famigliari a carico dello straniero titolare del diritto (art. 34 comma 2 del T.U. immigrazione); i famigliari a carico sono identificati in base alle norme del T.U. sugli assegni familiari (d.P.R. n. 797/1955) e includono anche i genitori a carico. Di conseguenza, viene ora previsto che i genitori a carico per i quali viene richiesto il ricongiungimento familiare debbano pagare per l’iscrizione al SSN di cui avrebbero già diritto gratuitamente in base alle norme vigenti!!!.
Sul piano procedurale, il nuovo decreto legislativo
prevede due importanti innovazioni: a) viene elevato da 90 a 180 giorni
il termine oltre il quale
l’interessato può ottenere il visto di ingresso per ricongiungimento familiare
direttamente dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane, quando non
sia ancora intervenuta una decisione sul rilascio del nulla-osta da parte dello
sportello unico per l’immigrazione presso la prefettura competente; b) viene
previsto poi, che ove non sia possibile produrre certificati o attestazioni
relative al rapporto di parentela ovvero sussistano dubbi sulla autenticità
della relativa documentazione, le rappresentanze diplomatiche o consolari
italiane possano provvedere al rilascio di certificazioni sostitutive
attestanti i legami familiari, sulla base dell’esame del DNA, effettuato a
spese del richiedente.
Tale norma è
suscettibile di trovare applicazione nell’ambito delle procedure di ricongiungimento
familiare riguardanti persone
provenienti da Paesi ove le certificazioni di stato civile non appaiono
affidabili, in quanto costituite e rilasciate anche sulla base di meccanismi di
autocertificazione (statutory declaration), come in
diversi paesi africani, tra cui il Ghana.
L’uso dei test
genetici è suscettibile di portare una rilevante
lesione alla dignità delle persone interessate, nonché di incidere pesantemente
sul diritto fondamentale al rispetto della vita privata di cui all’art. 8 della
CEDU. Per tali ragioni, l’uso di tale strumento non può essere banalizzato e
generalizzato, bensì il campo di una sua eventuale applicazione deve essere rigidamente circoscritto e
sottoposto a garanzie giurisdizionali e all’applicazione di un principio di
proporzionalità tra gli opposti interessi e valori in gioco. Lo stesso Garante
per la Privacy, pur adottando un parere favorevole alla normativa ora entrata
in vigore (documento dd. 5 giugno 2008), ha ricordato che tale procedura
fondata sull’uso dei test genetici deve essere strettamente limitata “ai
casi in cui l’interessato non possa fornire documenti ufficiali che provino i
suoli vincoli di consanguineità, in ragione del suo status, ovvero della
mancanza di un’autorità riconosciuta o della presunta inaffidabilità dei
documenti rilasciati dall’autorità locale”, così
come non debbono considerarsi
indispensabili i trattamenti di dati genetici “effettuati nonostante la
disponibilità di procedure alternative che non comportano il trattamento dei
dati medesimi”.
Anche dove è stato
introdotto, come di recente nella legislazione francese (l’art. 13 loi
1631-2007 del 20 novembre 2007:
legge Sarkozy), l’uso dei test genetici è stato sottoposto a strette misure di garanzia, limitandolo alle situazioni di inesistenza
dell’atto di stato civile ovvero all’esistenza di seri dubbi sulla sua autenticità,
sottoponendolo all’autorizzazione dell’autorità giudiziaria ed escludendovi in
ogni caso i test di paternità che avrebbero avuto gravi conseguenze in termini di ingerenza nella vita
privata delle persone (l’eventuale
scoperta di figli “adulterini” come conseguenza del test) e, dunque
limitandoli alla prova della sola filiazione materna. L’uso dei test genetici
nella procedura di ricongiungimento familiare è stato peraltro autorizzato in
Francia dalla normativa sull’immigrazione solo in via sperimentale e temporanea ed in relazione a
determinati paesi di provenienza
che devono essere espressamente indicati da un decreto approvato previo parere
del Conseil d’Etat, così come viene previsto che i
costi siano a carico dello Stato e non degli interessati. In altri paesi, quali
ad es. i Paesi Bassi, la previsione
di test genetici ai fini della prova dei legami familiari è stata introdotta nelle procedure di
ricongiungimento famigliare con costi a carico degli interessati, ma con
diritto al rimborso da parte dello Stato in caso di esito favorevole al
richiedente.
Desta pertanto
perplessità il fatto che in Italia l’introduzione dei test genetici nelle
procedure di ricongiungimento familiare non sia stata accompagnata dalla
medesime misure di garanzia vigenti in Francia, ove purtuttavia, autorevoli istituzioni hanno comunque
manifestato opposizione alla loro introduzione, sottolineandone i risvolti
potenzialmente discriminatori (si veda ad es. la deliberazione n. 2007/370 dd.
17.12. 2007 dell’HALDE, l’Authority indipendente francese contro le
discriminazioni razziali prevista in ossequio alla direttiva europea n. 2000/43,
cioè l’equivalente dell’UNAR).
Al di là dei profili di legittimità, l’esame del DNA si rivela un onere del tutto irrazionale e sproporzionato per diversi motivi. In primo luogo in molti Stati esteri non è materialmente disponibile un’attrezzatura medica idonea a svolgere un simile esame. In secondo luogo anche nei Paesi esteri in cui tale attrezzatura sia presente essa è spesso inadeguata rispetto alle necessità e dunque l’esame del DNA ha costi elevati e tempi lunghissimi.
Pubblichiamo di seguito un intervento dell’avv. Massimo Pastore,
del direttivo dell’ASGI concernente il trattamento delle domande di
ricongiungimento familiare presentate prima dell’entrata in vigore del nuovo
decreto legislativo e tuttora pendenti al momento della sua entrata in vigore
(5 novembre 2008).
Come incideranno le previste modifiche sulle domande già presentate? La procedura di ricongiungimento familiare si articola
in due fasi: la prima, di competenza dello Sportello Unico Immigrazione
(SUI), si conclude con il rilascio del nullaosta ed è rivolta ad accertare i
c.d. requisiti oggettivi per l'esercizio del
diritto da parte di chi presenta la domanda (titolo di soggiorno, alloggio e
reddito). La seconda, di competenza dei Consolati italiani, è rivolta al
rilascio del visto previo accertamento dei requisiti soggettivi (presupposti di parentela o coniugio e altre condizioni che
riguardano i familiari da ricongiungere). Secondo la prevalente
giurisprudenza (per tutte: Cass. I civ., n. 15247/06) se la legge cambia
mentre il procedimento è ancora in corso, la decisione finale deve essere
assunta in base a quanto prevede la nuova normativa (principio del tempus
regit actum). D'altro canto, la modifica delle
condizioni di legge non può invece incidere su posizioni giuridiche già
acquisite. In caso di procedimento complesso, ciascun atto che concorre al
risultato finale (nel nostro caso: nullaosta e visto) sarà dunque
disciplinato dalla legge vigente al momento della sua adozione, con il
risultato che le novità legislative incideranno sulle fasi non ancora
concluse, ma non su quelle già esaurite. Da tali principi derivano le seguenti conseguenze: a)
i nuovi parametri di reddito richiesti per poter esercitare il diritto
verranno applicati solo se il nullaosta non è ancora stato rilasciato dallo
SUI; b) le condizioni più restrittive imposte al ricongiungimento con
genitori a carico, coniugi minorenni e figli maggiorenni, potranno
determinare il diniego del visto, anche se il nullaosta è già stato
rilasciato; c) le modifiche non avranno invece nessuna conseguenza per chi ha
già ottenuto sia il nullaosta sia il visto: in tal casi, dovrà essere
rilasciato il permesso di soggiorno. Le modifiche avranno conseguenze sui tempi
necessari per l'esame delle domande? La disciplina del ricongiungimento familiare dettata dalla legge 40/98 ha previsto un'importante garanzia per chi presenta domanda di ricongiungimento familiare: il silenzio-assenso nel caso in cui l'ufficio responsabile per il rilascio del nullaosta (attualmente: lo SUI) non decida entro 90 giorni sull'istanza. Ciò significa che, quando lo SUI non risponde nel termine previsto, il beneficiario della domanda di ricongiungimento può richiedere direttamente al Consolato il visto per motivi familiari, in assenza del nullaosta. Questo importante strumento di garanzia, volto ad assicurare che l'esercizio di un diritto fondamentale non sia vanificato dall'inefficienza dell'amministrazione, era già stato di fatto indebolito dall'introduzione della procedura telematica di presentazione delle istanze (aprile 2008), e prima ancora dalla previsione dell'inoltro della domanda allo SUI tramite raccomandata. Nell'uno e nell'altro caso, infatti, il momento di inoltro della richiesta non coincide più con l'avvio del procedimento amministrativo, e quindi con il decorso del termine di 90 giorni. Nonostante la proclamata intenzione di accelerare con l’invio telematico l’istruttoria della domande, il risultato effettivamente raggiunto è che, tra l'invio telematico e la convocazione dell'interessato per presentare i documenti richiesti, decorrono ormai di regola diversi mesi di attesa, che non hanno alcuna incidenza per la formazione del silenzio-assenso. Lo schema di decreto legislativo prevede ulteriormente che il termine per l'esame della domanda di nullaosta venga raddoppiato (180 giorni in luogo degli attuali 90). Pur mantenendo ferma la previsione del silenzio-assenso in caso di mancato rispetto del termine, dunque, la nuova previsione non potrà non incidere (negativamente) sui tempi di esame delle domande. Avv. Massimo Pastore - ASGI Intervento
pubblicato su “Il Sole 24 ore” edizione
di lunedì 13 ottobre 2008. |
2.
Sull’uso
improprio del decreto legislativo correttivo ed integrativo a precedenti
disposizioni di attuazione e recepimento del diritto comunitario, in relazione
ai criteri fissati dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità e con
riferimento proprio al decreto legislativo di modifica delle norme sul
ricongiungimento familiare, pubblichiamo di seguito il saggio di Francesca
Biondi Dal Monte e Massimiliano Vrenna (socio ASGI), già pubblicato sull’edizione n. 79 dd. 1
settembre 2008 della rivista on-line www.immigrazione.it
(per
gentile concessione degli autori)
Alcune
riflessioni a margine del cosiddetto “pacchetto sicurezza”: lo strumento del
decreto correttivo. |
Massimiliano Vrenna, Centro di Ricerca
Wiss, Scuola Superiore di Studi Universitari e di perfezionamento S. Anna di
Pisa e Francesca
Biondi Dal Monte, Università di Ferrara. Articolo estratto da www.immigrazione.it n. 79 -01
settembre 2008 |