Corte di Cassazione, Sez. V Penale, Sent. n. 2745 del 7 ottobre 2008, Pres. Calabrese, Rel. Marasca.


Sul ricorso proposto da: XXX n. il 26/04/1984
avverso SENTENZA del 04/12/2007 CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere MARASCA GENNARO
Udito il Pubblico Ministero in persona del dottor Vito Monetti, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
La Corte di Cassazione osserva:
XXX  stato condannato in entrambi i gradi di merito – sentenze del GIP presso il Tribunale di Torino emessa ai sensi dellĠarticolo 442 c.p.p. il 12 marzo 2007 e della Corte di Appello della stessa cittˆ del 4 dicembre 2007 – alla pena ritenuta di giustizia per i delitti di ricettazione di una automobile e di violenza privata, cos“ modificata la originaria imputazione di tentato omicidio, aggravata dalla circostanza di cui allĠarticolo 3 del D.L. 112/1993, convertito in legge 205/1993, in danno di YYY, contro il quale lanciava l'auto a notevole velocitˆ urlando schiaccio il negro e costringendo la parte lesa a mettersi in salvo saltando sul marciapiedi.
Con il ricorso per cassazione, il XXX ha dedotto la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all'articolo 3 della legge 205 del 1993.
Il ricorrente, dopo avere segnalato la esistenza di due diversi e contrastanti orientamenti giurisprudenziali sul punto dovuti ad una interpretazione pi restrittiva e ad una pi ampia della norma in questione, rilevava che la sua condotta, dovuta a vanteria e non ad odio razziale non integrava, in base ad entrambe le interpretazioni della giurisprudenza di legittimitˆ, l'aggravante contestata.
Il motivo posto a sostegno del ricorso proposto da XXX non  fondato.
La condotta attribuita al ricorrente non  contestata; il giovane, che era a bordo di una vettura insieme a quattro amici, vista una persona di colore in difficoltˆ sulla strada - era stato investito in precedenza da un pirata - invece di prestargli soccorso, come elementari principi di solidarietˆ avrebbero imposto, ha urlato schiaccio il negro ed ha lanciato lĠauto velocemente contro il malcapitato, che si  sottratto allĠinvestimento saltando sul marciapiede. 
é stato escluso il tentativo di omicidio, ma i giudici del merito hanno ritenuto la sussistenza della violenza privata; insomma il giovane voleva spaventare lĠuomo di colore e costringerlo a sottrarsi allĠinvestimento con un balzo.
La condotta, del tutto ingiustificata e connotata da indubbia gravitˆ, come ritenuto dai giudici di merito,  stata considerata aggravata da motivi di discriminazione razziale.
La decisione non merita alcuna censura sotto il profilo della legittimitˆ.
In effetti la condotta del XXX era finalizzata, quanto meno, ad incutere timore alla persona di colore - schiaccio il negro - e costituiva chiara manifestazione di disprezzo ed avversione nei confronti di una persona di colore, perchŽ l'azione era motivata esclusivamente dal fatto che si trattava di persona appartenente ad una razza diversa.
Insomma proprio la valutazione discriminatoria di inferioritˆ della persona di colore rendeva legittimo, secondo il ricorrente, utilizzare quella persona come semplice oggetto di un gioco pericoloso.
Proprio questi sentimenti di disprezzo razziale, ostilitˆ, desiderio di nuocere ad una persona di razza diversa, di convinzione di avere a che fare con persona inferiore e non titolare degli stessi diritti alimentano quel conflitto tra le persone che testimonia la presenza dellĠodio razziale (vedi anche Cass., Sez. V penale, 20 gennaio 2006 n. 9381).
Appare evidente che lĠazione del XXX avesse oggettivamente finalitˆ di discriminazione razziale e fosse idonea a fare sorgere negli amici in auto identico sentimento di disprezzo motivato da motivi razziali.
Sussiste, pertanto lĠaggravante contestata e non ha alcun rilievo che il movente della condotta dellĠimputato sia da individuare in una smargiassata, come sostenuto dal ricorrente.
Per le ragioni indicate il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato a pagare le spese del procedimento. 
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del procedimento. 
Cos“ deliberato in Camera di consiglio, in Roma, in data 12 giugno 2008.